ZAGO contro LUIGINOZAGO Divisione di Opposizione 23-07-2018

ZAGO contro LUIGINOZAGO

Settore vini, classe 33 e classe 35 per la vendita al dettaglio. Due marchi: il marchio anteriore ZAGO, il marchio impugnato: LUIGINOZAGO.

Il marchio LUIGINOZAGO oltre alla parte denominativa ha anche una parte figurativa rappresentata da un carretto.

Ad avviso della Divisione di Opposizione è molto probabile che il pubblico di riferimento percepisca il marchio impugnato come un sottomarchio quindi esiste un rischio di configurazione.   Dato  che i marchi coincidono nella parola “ZAGO”  i consumatori potrebbero percepire ZAGO come riferito alla stessa persona, poiché intenderanno il marchio impugnato come un nome completo che include il cognome di cui è costituito il marchio  anteriore e LUIGINO come nome di battesimo della stessa persona.

Inoltre, il Tribunale ha sostenuto che, nel settore dei vini, i consumatori di tali prodotti sono abituati a designarli e a riconoscerli in funzione dell’elemento denominativo che serve a identificarli, in special modo nei bar o ristoranti in cui i vini vengono ordinati a voce dopo aver letto il loro nome sul menu.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 779 034

 

Gens sas di Zago Rita & C., Via L. Einaudi 18, 33080, Prata di Pordenone (PN), Italia (opponente), rappresentata da Jacobacci & Partners S.p.A., Via Berchet, 9, 35131, Padova, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Luigino Zago Società Agricola S.S., Vicolo C. Battisti, 12 – Loc. Candelù, 31052 Maserada Sul Piave (TV), Italia (richiedente), rappresentata da Patrizia Massa, Via Castelfranco Veneto, 4, 31100 Treviso, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 23/07/2018, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 779 034 è accolta per tutti i prodotti e servizi contestati, ossia:

 

Classe 33:         Bevande alcoliche; vini; vini spumanti.

 

Classe 35:         Vendita al dettaglio tramite catalogo di bevande alcoliche (escluse le birre); servizi al dettaglio in relazione a bevande alcoliche (tranne la birra); servizi all’ingrosso in relazione a bevande alcoliche (tranne la birra); servizi di vendita al dettaglio per corrispondenza di bevande alcoliche (escluse le birre); vendita al dettaglio mediante reti informatiche globali di bevande alcoliche (tranne le birre).

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 15 430 333 è respinta per tutti i prodotti e servizi contestati. Si può procedere per i restanti prodotti e servizi.

 

  1. La richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate a 620EUR.

 

 

NOTA PRELIMINARE

 

A decorrere dal 01/10/2017, il regolamento (CE) n. 207/2009 e il regolamento (CE) n. 2868/95 sono stati abrogati e sostituiti dal regolamento (UE) 2017/1001 (versione codificata) (RMUE), dal regolamento delegato (UE) 2017/1430 (RDMUE) e dal regolamento di esecuzione (UE) 2017/1431 (REMUE), senza pregiudizio delle disposizioni transitorie. Inoltre, dal 14/05/2018, il regolamento delegato (UE) 2017/1430 e il regolamento di esecuzione (UE) 2017/1431 sono stati codificati e abrogati dal regolamento delegato (UE) 2018/625 e dal regolamento esecutivo (UE) 2018/626. Ogni richiamo al RMUE, al RDMUE e al REMUE contenuto nella presente decisione fa riferimento ai regolamenti attualmente in vigore, salvo che sia altrimenti indicato.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 15 430 333, per il marchio figurativo “”, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 33 e una parte dei servizi compresi nella classe 35 . L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 15 204 051 per il marchio denominativo “ZAGO”. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

PROVA DELL’USO

 

Ai sensi dell’articolo 47, paragrafi 2 e 3, RMUE, su istanza del richiedente, l’opponente è tenuto a fornire la prova che nel termine di cinque anni che precedono

la data di deposito o, ove applicabile, la data di priorità del marchio contestato, il   marchio anteriore è stato oggetto di uso effettivo nel territorio in cui tale diritto è tutelato per i prodotti o per i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso. Il marchio anteriore è assoggettato all’obbligo d’uso se, alla data in questione, lo stesso era registrato da almeno cinque anni.

 

La medesima disposizione prevede che, in mancanza di tale prova, l’opposizione è respinta.

 

La richiedente ha chiesto all’opponente di presentare la prova dell’uso, dei marchi sui quali si basa l’opposizione, inter alia, il marchio dell’Unione europea n. 15 204 051.

 

La data di deposito della domanda contestata è l’11/05/2016 e la data pertinente della registrazione del marchio anteriore (depositato il 02/05/2016) è il 29/04/2018. Pertanto, dato che il marchio anteriore dell’Unione europea non è stato registrato da almeno 5 anni alla data di deposito della domanda di registrazione del marchio contestato, la richiesta di prova dell’uso non è ammissibile riguardo a questo diritto anteriore.

 

Per ragioni di economia procedurale la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione proprio a questo diritto anteriore, la registrazione di marchio dell’Unione europea n. 15 204 051 per il marchio denominativo “ZAGO”.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. I prodotti e servizi

 

I prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 32:       Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; sciroppi altri preparati per fare bevande (tutti i prodotti non alcolici menzionati senza contenuto di frutta e/o aromi alla frutta).

 

Classe 33:       Bevande alcoliche (eccetto le birre).

 

I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

 

Classe 33:       Bevande alcoliche; vini; vini spumanti.

 

Classe 35:       Vendita al dettaglio tramite catalogo di bevande alcoliche (escluse le birre); servizi al dettaglio in relazione a bevande alcoliche (tranne la birra); servizi all’ingrosso in relazione a bevande alcoliche (tranne la birra); servizi di vendita al dettaglio per corrispondenza di bevande alcoliche (escluse le birre); vendita al dettaglio mediante reti informatiche globali di bevande alcoliche (tranne le birre).

 

In via preliminare, occorre osservare che, secondo l’articolo 33, paragrafo 7, RMUE, i prodotti e i servizi non sono considerati simili o diversi tra loro per il fatto che figurano nella stessa classe o in classi distinte della classificazione di Nizza.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e i punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Prodotti contestati in classe 33

 

I prodotti contestati bevande alcoliche sono identicamente coperti dal marchio anteriore, sebbene quest’ultimo contenga la specificazione “eccetto le birre”.

 

I vini e i vini spumanti contestati sono compresi nell’ampia categoria delle bevande alcoliche (eccetto le birre) dell’opponente. Pertanto, sono identici.

 

Servizi contestati in classe 35

 

Secondo la giurisprudenza, i servizi di “vendita al dettaglio” concernenti la vendita di specifici prodotti presentano un basso grado di somiglianza con tali prodotti (05/05/2015, T-715/13, Castello (fig.) /Castelló y Juan S.A. (fig.) et al., § 33). Sebbene la natura, la finalità e la modalità di utilizzazione di detti prodotti e servizi non siano le stesse, essi presentano alcune somiglianze dal momento che sono complementari e i servizi sono prestati generalmente negli stessi luoghi in cui i prodotti sono offerti in vendita. Inoltre, i prodotti e i servizi in questione sono diretti al medesimo pubblico.

 

Gli stessi principi si applicano ai servizi resi in diverse forme consistenti esclusivamente in attività di vendita effettiva di prodotti, quali servizi di punti vendita al dettaglio, servizi di vendita all’ingrosso, servizi di vendita su Internet, servizi di vendita mediante catalogo o per corrispondenza nella classe 35.

 

Pertanto, i servizi contestati vendita al dettaglio tramite catalogo di bevande alcoliche (escluse le birre); servizi al dettaglio in relazione a bevande alcoliche (tranne la birra); servizi all’ingrosso in relazione a bevande alcoliche (tranne la birra); servizi di vendita al dettaglio per corrispondenza di bevande alcoliche (escluse le birre); vendita al dettaglio mediante reti informatiche globali di bevande alcoliche (tranne le birre presentano un basso grado di somiglianza con le bevande alcoliche (eccetto le birre) dell’opponente.

 

 

  1. Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti e servizi che risultano essere identici e simili in basso grado sono diretti sia al grande pubblico che ad una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale (per ciò che riguarda i servizi della Classe 35, per esempio, i servizi di vendita all’ingrosso). Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. I segni

 

 

ZAGO

 

 

Marchio anteriore

 

Marchio impugnato

 

Il territorio di riferimento è l’Unione europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore possa essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57).

 

Con riferimento al marchio impugnato, la Divisione d’Opposizione rileva, in via preliminare, che, in genere, non è opportuno dividere artificialmente un segno per analizzare le sue diverse componenti, in quanto il pubblico, solitamente, percepisce un  marchio nella sua interezza e non procede ad un’analisi di ogni suo singolo elemento. D’altro canto, non è nemmeno possibile trascurare che almeno una parte del pubblico di riferimento, in particolare il pubblico di lingua italiana, distinguerà facilmente nel marchio impugnato la sequenza iniziale di lettere “LUIGINO” come un nome proprio maschile (utilizzato comunemente come derivazione del nome “Luigi”) seguito dal cognome “ZAGO”. Di conseguenza, la Divisione d’Opposizione reputa opportuno incentrare la comparazione dei segni sulla parte del pubblico di lingua italiana che percepirà il marchio impugnato come un marchio che contiene un nome e un cognome, sebbene trascritti in un’unica parola.

 

Sia gli elementi verbali che figurativi (il disegno di un carretto) del marchio della richiedente sono da ritenersi distintivi in quanto non presentano alcun significato attinente ai prodotti e servizi rilevanti. Nessuno di tali elementi, inoltre, domina il segno dal punto di vista visivo. Ciò detto, si ritiene che la parola “ZAGO” costituisce senz’altro l’elemento che maggiormente richiama l’attenzione del consumatore. Si tratta, infatti, di un elemento corrispondente a un cognome italiano e, quindi, capace di suscitare una chiara e immediata associazione con l’origine dei prodotti e servizi in esame. Gli ulteriori elementi del marchio non avrebbero certo lo stesso impatto sul consumatore del cognome “ZAGO”, il quale verrà riconosciuto come elemento maggiormente distintivo del segno (si veda, in tal senso, 20/02/2013, T-631/11, B Berg, EU:T:2013:85, § 48; 01/03/2005, T-185/03, Enzo Fusco, EU:T:2005:73; 13/07/2005, T-40/03, Julián Murúa Entrena, EU:T:2005:285).

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo costituito unicamente dal termine “ZAGO”, il quale come detto verrà percepito dal pubblico italiano come un cognome. Essendo un segno denominativo, il marchio dell’opponente non presenta per definizione elementi che potrebbero essere considerati più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

La richiedente argomenta che i segni non coincidono nelle prime lettere e, pertanto differiscono sia sotto il profilo visuale che fonetico. A questo proposito, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, se è pur vero che la parte iniziale dei marchi potrebbe catturare maggiormente l’attenzione del consumatore rispetto alle parti seguenti, tale considerazione non può valere in tutti i casi (16/05/2007, T‑158/05, ALLTREK, § 70).

 

Nella fattispecie, i marchi coincidono nella parola “ZAGO”, che è l’unico elemento del marchio anteriore, il quale è interamente incluso nel segno impugnato di cui costituisce, tra l’altro, l’elemento maggiormente distintivo.

 

Visivamente, i segni coincidono nell’elemento verbale distintivo “ZAGO”. Tuttavia, essi differiscono nell’ulteriore elemento verbale del marchio impugnato “LUIGINO”, meno distintivo, rispetto a “ZAGO”, nonché nell’elemento figurativo del marchio impugnato.

 

Pertanto, i segni sono visivamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere del termine “ZAGO”, l’unico elemento del marchio anteriore e l’elemento più distintivo del segno della richiedente. La pronuncia differisce nel suono che origina la pronuncia dell’elemento verbale “LUIGINO” del marchio impugnato.

 

Pertanto, i segni sono foneticamente molto simili.

 

Sotto il profilo concettuale, si fa riferimento alle precedenti affermazioni riguardanti il contenuto semantico trasmesso dai marchi. Poiché, i segni saranno associati a un significato simile, vale a dire al medesimo cognome, i segni sono concettualmente molto simili, nonostante la presenza degli elementi aggiuntivi nel marchio contestato.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I prodotti e servizi in disputa sono stati riscontrati essere in parte identici e in parte simili in basso grado. Essi sono diretti sia al grande pubblico che ad una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale che presteranno un grado di attenzione medio.

 

I segni sono molto simili sia da un punto di vista fonetico che concettuale. Dal punto di vista visivo, essi sono da considerarsi simili in media misura. Essi coincidono nel termine distintivo “ZAGO”, che è l’unico elemento del marchio anteriore e che sarà percepito come l’elemento identificante l’origine commerciale dei prodotti e servizi del marchio impugnato per le ragioni esplicitiate nella sezione c) della presente decisione.

 

Valutare il rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori di riferimento che entrano in considerazione e, in particolare, una somiglianza dei marchi e tra i prodotti o servizi. Pertanto, un minor grado di somiglianza tra i prodotti

e i servizi può essere compensato da un maggiore grado di somiglianza tra i marchi

e viceversa (29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17). Nel presente caso un maggiore grado di somiglianza tra i marchi compensa il basso grado di somiglianza tra i servizi del marchio impugnato e i prodotti del marchio anteriore.

 

Inoltre, il rischio di confusione riguarda situazioni nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e presuppone che i prodotti/servizi designati appartengano alla stessa impresa o a imprese economicamente collegate. Difatti, nel presente caso, è altamente possibile che il pubblico di riferimento percepisca il marchio impugnato come un sottomarchio, ossia una variante del marchio anteriore, configurato in modo diverso a seconda del tipo di prodotti e servizi che designa (23/10/2002, T-104/01, Fifties, EU:T:2002:262, § 49), considerando che i marchi coincidono nell’elemento “ZAGO” che i consumatori potrebbero percepire come riferito alla stessa persona, poiché intenderanno il marchio impugnato come un nome completo che include il cognome di cui è costituito il marchio  anteriore.

 

Inoltre, il Tribunale ha sostenuto che, nel settore dei vini, i consumatori di tali prodotti sono abituati a designarli e a riconoscerli in funzione dell’elemento denominativo che serve a identificarli, in special modo nei bar o ristoranti in cui i vini vengono ordinati a voce dopo aver letto il loro nome sul menu (23/11/2010, T-35/08, Artesa Napa Valley, EU:T:2010:476, § 62; 13/07/2005, T-40/03, Julián Murúa Entrena, EU:T:2005:285, § 56; 12/03/2008, T-332/04, Coto d’Arcis, EU:T:2008:69, § 38). Ne consegue che, in tali casi, può essere opportuno attribuire particolare importanza alla somiglianza fonetica tra i segni in questione. Tali considerazioni intervengono allorché si constata un rischio di confusione.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione almeno, ma non necessariamente soltanto, da parte del pubblico di lingua italiana. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 15 204 051 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti e servizi contestati anche per i servizi considerati simili in basso grado ai prodotti del marchio anteriore.

 

Poiché il diritto anteriore n. 15 204 051 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente (16/09/2004, T 342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268) e nemmeno l’analisi delle loro prove d’uso.

 

Per dovere di completezza si rileva che la richiedente, afferma che il marchio anteriore possiede un modesto carattere distintivo, ritenuta la diffusione nel settore vitivinicolo di numerosi segni distintivi siano essi denominazioni sociali, insegne, domini o per l’appunto marchi. A sostegno della propria tesi, la richiedente presenta esempi di etichette di omonimie ZAGO. Tuttavia, la Divisione d’Opposizione rileva che l’esistenza di più etichette non rispecchia necessariamente l’uso del marchio “ZAGO” o di qualsiasi patronimico sul mercato. In base a tali circostanze, la rivendicazione del richiedente dev’essere respinta.

 

La richiedente richiama inoltre a sostegno delle proprie argomentazioni precedenti decisioni nazionali. Tuttavia, va osservato che le decisioni rese a livello nazionale relative a conflitti fra marchi identici o simili non sono vincolanti per l’Ufficio perché il regime del marchio dell’Unione europea è un sistema autonomo che si applica indipendentemente da qualsiasi sistema nazionale (13/09/2010, T‑292/08, Often, EU:T:2010:399).

 

Sebbene le precedenti decisioni nazionali non abbiano carattere vincolante, le motivazioni ivi espresse e le conclusioni raggiunte dovrebbero comunque essere prese nella dovuta considerazione, in particolare nel caso in cui tali decisioni siano state adottate in uno Stato membro rilevante ai fini del presente procedimento.

 

Nel caso in esame si osserva  che il precedente invocato dalla richiedente, sentenza n. 2191 del 4 febbraio 2016 che ha confermato la sentenza n. 544/2010 del 19 aprile 2010 ed, in particolare, il principio – in materia di marchi del settore vitivinicolo – secondo il quale “l’uso di un marchio contrassegnato da identico cognome, accompagnato da diverso nome di battesimo e dalla raffigurazione delle colline langarole, non è suscettibile di integrare contraffazione del marchio anteriore con identico cognome ma diverso prenome”, non è rilevante ai fini del presente procedimento, dal momento che tale precedente si riferisce all’analisi del reato di contraffazione e non del rischio di confusione.

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 109, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente all’articolo 109, paragrafi 1 e 7, RMUE, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), punto i) REMUE (in precedenza regola 94, paragrafi 3 e 6, e regola 94, paragrafo 7, lettera d), punto i), REMUE, in vigore prima del 01/10/2017), le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

Divisione d’Opposizione

 

 

Pierluigi M. VILLANI María Clara

IBÁÑEZ FIORILLO

Riccardo RAPONI

 

Ai sensi dell’articolo 67, RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 68, RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.