SOMIGLIANZA TRA MARCHI pur essendo differenti nella parte verbale

Il marchio anteriore è il marchio CHIANTI CLASSICO, il marchio registrato successivamente e impugnato è il gallo nero GHISU, entrambi in classe 33 designano vini.

La commissione di ricorso rileva che entrambe le parti sanno della notorietà del marchio anteriore; i segni in conflitto sono somiglianti e possono ragionevolmente originare nella mente dei consumatori un nesso e fuorviarli negli acquisti. Tenuto conto dell’immagine di prestigio associata al marchio anteriore, l’uso del marchio può generare un indebito vantaggio a favore della ricorrente.

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione)
14 aprile 2021(*)
«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo
GHISU

– Marchio collettivo nazionale figurativo anteriore CHIANTI CLASSICO –Impedimento
alla registrazione relativo – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto
articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001] – Vantaggio tratto indebitamente dal
carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore»
Nella causa T‑ 201/20,
Berebene Srl, con sede a Roma (Italia), rappresentata da A. Massimiani, avvocato,
ricorrente,
contro
Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da
M. Capostagno, in qualità di agente,
convenuto,
controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente
dinanzi al Tribunale:
Consorzio vino Chianti Classico, con sede a Radda in Chianti (Italia), rappresentato da S. Corona e
F. Corona, avvocati,
avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso
dell’EUIPO del 23 gennaio 2020 (procedimento R 592/2019-1), relativa a un procedimento di
opposizione tra il Consorzio vino Chianti Classico e la Berebene,
IL TRIBUNALE (Decima Sezione),
composto da A. Kornezov, presidente, E. Buttigieg (relatore) e K. Kowalik-Bańczyk, giudici,
cancelliere: E. Coulon
visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 aprile 2020,
visto il controricorso dell’EUIPO depositato nella cancelleria del Tribunale il 3 agosto 2020,
visto il controricorso dell’interveniente, depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 agosto 2020,
vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla
notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza,
e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del
Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1 Il 21 settembre 2017 la Berebene Srl, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di
marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO),
ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio
dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE)
2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione
europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].
2 Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il seguente segno figurativo:
3 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano segnatamente, nella classe 33 ai
sensi dell’Accordo di Nizza, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai
fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono
alla seguente descrizione: «Bevande alcoliche (escluse le birre)».
4 La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea
n. 2017/184 del 27 settembre 2017.
5 Il 21 dicembre 2017 il Consorzio vino Chianti Classico, interveniente, ha presentato
opposizione, ai sensi dell’articolo 46 del regolamento 2017/1001, alla registrazione del marchio
richiesto, per alcuni dei prodotti cui esso si riferisce, ossia i prodotti della classe 33 di cui al
precedente punto 3.
6 L’opposizione si basava sul marchio collettivo italiano figurativo registrato il 20 gennaio 2014
con il numero 1571590, per vini della classe 33, riprodotto qui di seguito:
7 I motivi invocati a sostegno dell’opposizione erano, in particolare, quelli di cui all’articolo 8,
paragrafo 5, del regolamento 2017/1001.
8 Per provare la notorietà del marchio anteriore, l’interveniente ha prodotto un gran numero di
documenti.
9 Con decisione del 18 gennaio 2019, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione per
tutti i prodotti della classe 33, constatando l’esistenza dell’impedimento di cui all’articolo 8,
paragrafo 5, del regolamento 2017/1001.
10 Il 14 marzo 2019 la ricorrente ha presentato ricorso all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a
71 del regolamento 2017/1001, contro la decisione della divisione di opposizione.
11 Con decisione del 23 gennaio 2020 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima
commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso sulla base dell’articolo 8, paragrafo 5, del
regolamento n. 2017/1001. La commissione di ricorso ha rilevato che la notorietà del marchio
anteriore era un fatto pacifico tra le parti. Ha rilevato, inoltre, la sussistenza di una somiglianza tra i
segni in conflitto e di un nesso tra i marchi in conflitto nella mente dei consumatori. Ha concluso
che, tenuto conto dell’immagine di eccellenza e di prestigio associata al marchio anteriore, l’uso del
marchio richiesto era suscettibile di generare un indebito vantaggio a favore della ricorrente.

Conclusioni delle parti
12 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– di conseguenza, disporre la registrazione del marchio richiesto per i prodotti della classe 33;
– condannare l’EUIPO alle spese processuali per i procedimenti di opposizione e di ricorso.
13 L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
14 Tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi, ossia il
21 settembre 2017, che è determinante ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, i
fatti del caso di specie sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009,
come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21) (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2020,
Primart/EUIPO, C‑ 702/18 P, EU:C:2020:489, punto 2 e giurisprudenza citata).
15 Per quanto riguarda le norme sostanziali, i riferimenti, fatti dalla commissione di ricorso nella
decisione impugnata e dall’EUIPO nel controricorso, all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento
2017/1001 devono essere intesi nel senso che riguardano la medesima disposizione dal tenore
identico del regolamento n. 207/2009.
16 A sostegno del ricorso, la ricorrente adduce che la decisione della commissione di ricorso si
basa su un’errata comparazione dei segni in conflitto e su un’errata valutazione globale del rischio di
confusione. Tenuto conto del fatto che la decisione impugnata è fondata unicamente
sull’impedimento alla registrazione di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009,
occorre intendere le censure della ricorrente come dirette a contestare l’applicazione da parte della
commissione di ricorso di quest’ultima disposizione.
17 Ai termini dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione
del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è
esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se viene chiesta per prodotti o servizi
non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio
dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione, o, nel
caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato
membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito
vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli
stessi.
18 La tutela estesa accordata al marchio anteriore dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento
n. 207/2009 presuppone quindi la coesistenza di varie condizioni cumulative relative, in primo
luogo, all’identità o alla somiglianza dei marchi in conflitto, in secondo luogo, all’esistenza di una
notorietà del marchio anteriore invocata a sostegno dell’opposizione e, in terzo luogo, all’esistenza
di un rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal
carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi loro pregiudizio (sentenza del 28
giugno 2018, EUIPO/Puma, C‑ 564/16 P, EU:C:2018:509, punto 54).
19 Nel caso in esame, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver erroneamente
valutato i fattori da prendere in considerazione nell’analisi dei rischi di cui all’articolo 8, paragrafo
5, del regolamento n. 207/2009 e, di conseguenza, di aver erroneamente affermato che i presupposti
per l’applicazione di tale disposizione erano soddisfatti nella fattispecie. Pur non contestando che il
marchio anteriore goda di un elevato grado di notorietà, come rilevato dalla commissione di ricorso
al punto 27 della decisione impugnata, essa ritiene che la valutazione della commissione di ricorso
sia erronea per quanto riguarda, in primo luogo, la comparazione dei segni in conflitto, in secondo
luogo, l’esistenza di un nesso tra i marchi nonché, in terzo luogo, l’esistenza di un rischio che l’uso
senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o
dalla notorietà del marchio anteriore.
Sull’identità o somiglianza dei segni in conflitto
20 Per quanto riguarda la comparazione tra i segni in conflitto, la ricorrente sostiene, in primo
luogo, che la valutazione della commissione di ricorso al riguardo è vaga e approssimativa in quanto
conclude per l’esistenza di una «certa somiglianza» senza indicare concretamente i motivi che
rendono i segni simili. In secondo luogo, tale valutazione sarebbe altresì contraddittoria per il fatto
che, sebbene la commissione di ricorso abbia escluso l’esistenza di una somiglianza tra i segni in
conflitto sul piano visivo e fonetico, essa ha concluso per l’esistenza di una somiglianza globale tra
detti segni. In terzo luogo, la ricorrente sostiene che i segni in conflitto non sono simili
concettualmente poiché il messaggio veicolato da detti segni non dipende dalla raffigurazione di un
gallo ed è diverso in quanto il marchio anteriore è un marchio collettivo e designa vini rossi che
provengono dalla zona vitivinicola del Chianti in Toscana, mentre il marchio richiesto è un marchio
individuale che designa un vino bianco proveniente dalla zona vitivinicola della Gallura in Sardegna,
che deve il proprio nome all’animale in parola.
21 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.
22 A tale riguardo, occorre ricordare che l’esistenza di una somiglianza tra un marchio anteriore e
un marchio richiesto costituisce una condizione d’applicazione comune al paragrafo 1, lettera b), e al
paragrafo 5, dell’articolo 8 del regolamento n. 207/2009. Tale condizione presuppone, sia
nell’ambito del paragrafo 1, lettera b), sia in quello del paragrafo 5 di detto articolo, l’esistenza, in
particolare, di elementi di somiglianza visiva, fonetica o concettuale [v., in tal senso, sentenze del 24
marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑ 552/09 P, EU:C:2011:177, punto 52, e del 4 ottobre 2017, Gappol
Marzena Porczyńska/EUIPO – Gap ((ITM) (GAPPOL), T‑ 411/15, non pubblicata, EU:T:2017:689,
punto 148].
23 Tuttavia, il grado di somiglianza richiesto nell’ambito dell’una e dell’altra delle suddette
disposizioni è diverso. Infatti, mentre l’attuazione della tutela introdotta dall’articolo 8, paragrafo 1,
lettera b), del regolamento n. 207/2009 è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza
tra i marchi in conflitto tale da generare, nel pubblico di riferimento, un rischio di confusione tra
questi ultimi, l’esistenza di un siffatto rischio non è richiesta ai fini della tutela conferita dal
paragrafo 5 del medesimo articolo. Infatti, le violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del
regolamento n. 207/2009 possono essere la conseguenza di un minor grado di somiglianza tra i
marchi anteriore e richiesto, purché tale grado di somiglianza sia sufficiente affinché il pubblico di
riferimento operi un accostamento tra i detti marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra questi ultimi.
Per contro, non risulta né dal tenore letterale delle citate disposizioni né dalla giurisprudenza che la
somiglianza tra i marchi in conflitto debba essere valutata in modo diverso a seconda che tale
valutazione sia effettuata alla luce dell’una o dell’altra di tali disposizioni (sentenza del 24 marzo
2011, Ferrero/UAMI, C‑ 552/09 P, EU:C:2011:177, punti 53 e 54).
24 Occorre poi ricordare che il confronto dei segni deve fondarsi, per quanto attiene alla
somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva
prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [sentenza
25 gennaio 2012, Viaguara/UAMI – Pfizer (VIAGUARA), T‑ 332/10, non pubblicata,
EU:T:2012:26, punto 32]. Parimenti, occorre osservare che la somiglianza dei segni in conflitto deve
essere valutata dal punto di vista del consumatore medio, facendo riferimento alle qualità intrinseche
di detti segni, come sono registrati o come sono richiesti [v., in tal senso, sentenza del 12 novembre
2015, CEDC International/UAMI – Fabryka Wódek Polmos Łańcut (WISENT VODKA),
T‑ 450/13, non pubblicata, EU:T:2015:841, punto 95].
25 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se la commissione di ricorso abbia
correttamente concluso per l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto.
26 In primo luogo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la
valutazione da parte della commissione di ricorso della somiglianza tra i segni in conflitto non è né
vaga né approssimativa. Ai punti da 16 a 22 della decisione impugnata, la commissione di ricorso
ha, infatti, confrontato i segni in conflitto verificando concretamente, come richiesto dalla
giurisprudenza citata al precedente punto 23, l’esistenza di elementi di somiglianza e di differenza
visiva, fonetica e concettuale. Essa ha correttamente rilevato, al punto 16 della decisione impugnata,
che i segni in conflitto erano entrambi composti da elementi denominativi e da elementi figurativi
costituiti dall’immagine di un gallo intero visto di profilo e posto in rilievo, attraverso le sue
dimensioni rispetto agli elementi denominativi che compongono i segni, la sua posizione centrale e
la rappresentazione dei suoi tratti caratteristici. Ha poi preso in considerazione sia gli elementi
figurativi sia gli elementi denominativi nel confrontare i segni su ciascun piano.
27 Per quanto riguarda il confronto sul piano visivo, la commissione di ricorso ha quindi
osservato, al punto 18 della decisione impugnata, che le parti figurative dei segni in conflitto erano
simili in quanto entrambe contenevano l’immagine di un uccello domestico riprodotta in maniera
assai simile. Ha poi rilevato che, per quanto riguarda il marchio anteriore, il suo elemento figurativo
raffigurante il gallo nero costituiva l’elemento dominante del segno in quanto privo di attinenza con i
prodotti designati dal marchio, ossia i vini, mentre il suo elemento denominativo «chianti classico»
era meno distintivo per tali prodotti, giacché designava una zona vitivinicola ben nota. Ha quindi
concluso, contrariamente a quanto rileva la ricorrente, non già per l’assenza di somiglianza sul piano
visivo, bensì per l’esistenza di una somiglianza visiva «medio-bassa», tenuto conto delle forti
somiglianze delle parti figurative dei segni in conflitto e dell’assenza di somiglianza tra i loro
elementi denominativi.
28 Per quanto riguarda la somiglianza fonetica, risulta dal punto 20 della decisione impugnata
che la commissione di ricorso non ha preso una posizione definitiva sul confronto fonetico dei segni
in conflitto, ma si è limitata ad osservare che, sebbene gli elementi denominativi dei segni in
conflitto, che sono pronunciati, siano diversi, un confronto tra tali segni sul piano fonetico era
difficile da effettuare poiché il marchio anteriore era noto anche come Gallo Nero o Marchio del
Gallo Nero.
29 Per quanto riguarda il confronto sul piano concettuale, la commissione di ricorso ha concluso,
al punto 21 della decisione impugnata, che la somiglianza dei segni era di grado intermedio in
considerazione del concetto veicolato dall’elemento figurativo dei due segni che rinvia al concetto di
gallo, immediatamente riconoscibile nei due segni. Secondo la commissione di ricorso, tale concetto
era controbilanciato, ma non cancellato, da quello veicolato dagli elementi denominativi differenti
costituenti i segni in conflitto.
30 Da quanto precede risulta che solo dopo aver concretamente rilevato gli elementi di
somiglianza e di dissomiglianza tra i segni in conflitto e dopo averli ponderati nell’ambito di una
valutazione globale, la commissione di ricorso ha concluso, al punto 22 della decisione impugnata,
per l’esistenza di una somiglianza tra tali segni. L’argomento della ricorrente relativo alla vaghezza e
all’approssimazione della valutazione della somiglianza dei segni in conflitto da parte della
commissione di ricorso deve pertanto essere respinto.
31 Del pari, non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo il quale la valutazione
globale della commissione di ricorso per quanto riguarda la somiglianza tra i segni in conflitto è
contraddittoria. Infatti, da un lato, la ricorrente effettua una lettura erronea della decisione impugnata
nella parte in cui rileva che la commissione di ricorso ha concluso per l’assenza di somiglianza dei
segni sul piano visivo e fonetico, mentre quest’ultima ha rilevato che i segni erano simili almeno
debolmente sul piano visivo (v. precedente punto 27), e che era difficile confrontarli sul piano
fonetico (v. precedente punto 28).
32 Dall’altro lato, correttamente la commissione di ricorso ha rilevato, al punto 20 della decisione
impugnata, che, ai fini della sua decisione, non era indispensabile accertare con precisione se i segni
in conflitto fossero complessivamente simili sul piano fonetico. Infatti, contrariamente a quanto
sostiene la ricorrente, non è contraddittorio concludere, nell’ambito della comparazione dei segni in
sede di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, nel senso
dell’esistenza di una somiglianza globale tra i segni in conflitto senza prendere una posizione
definitiva su tale somiglianza sul piano fonetico, a condizione che la somiglianza globale sia
sufficiente affinché il pubblico interessato connetta mentalmente detti marchi, vale a dire stabilisca
un nesso tra gli stessi. Pertanto, un grado di somiglianza, ancorché tenue, e anche su un solo piano,
non consente, di per sé, di escludere l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento
n. 207/2009 (v. in tal senso, sentenza del 20 novembre 2014, Intra-Presse/Golden Balls, C‑ 581/13 P
e C‑ 582/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2387, punti da 72 a 77).
33 Infine, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente con i quali essa intende contestare la
conclusione della commissione di ricorso sulla somiglianza concettuale tra i segni in conflitto,
occorre rilevare che essi sono fondati sulla natura collettiva del marchio anteriore in
contrapposizione alla natura individuale del marchio richiesto nonché sul fatto che tali marchi
designerebbero i vini o rossi per il marchio anteriore o bianchi per il marchio richiesto, e aventi
un’origine geografica diversa.
34 Tuttavia, siffatti argomenti non sono pertinenti nell’ambito della valutazione della somiglianza
concettuale dei segni in conflitto che deve essere fondata sulla percezione di tali segni da parte del
pubblico di riferimento. Infatti, da un lato, tale percezione non può essere diversa a seconda che si
tratti di un marchio individuale o di un marchio collettivo. Infatti, occorre rilevare, al pari
dell’EUIPO, che il confronto tra i segni in conflitto, dei quali uno compone un marchio collettivo e
l’altro compone un marchio individuale, è fondato sugli stessi criteri applicabili al confronto tra i
segni che compongono due marchi individuali (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2020,
Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi/EUIPO,
C‑ 766/18 P, EU:C:2020:170, punto 59). Di conseguenza, nulla impedisce di concludere che il
segno che compone un marchio individuale e quello che compone un marchio collettivo veicolano lo
stesso concetto o, come nel caso di specie, un concetto simile.
35 Dall’altro lato, è vero che taluni elementi dei segni in conflitto, vale a dire l’elemento
denominativo «chianti» per il marchio anteriore, che rinvia a una regione in Italia rinomata per i vini
(punto 18 della decisione impugnata), e l’elemento figurativo del marchio richiesto raffigurante il
gallo, che è il simbolo della regione della Gallura in Sardegna, sono idonei a veicolare un concetto

legato all’origine geografica dei vini designati dai marchi di cui trattasi. Tuttavia, ciò non incide sul
fatto che i segni in conflitto si riferiscono anche, nella mente del pubblico di riferimento, al concetto
di gallo, come rilevato dalla commissione di ricorso, data la presenza della raffigurazione di tale
volatile nei due segni e che, per questo, essi sono simili sul piano concettuale.
36 Inoltre, l’argomento della ricorrente, secondo il quale la differenza tra i segni in conflitto sul
piano concettuale risulterebbe dal fatto che il segno anteriore è utilizzato per designare i vini rossi,
mentre il segno richiesto designa i vini bianchi, è irrilevante nell’ambito della comparazione dei
segni sul piano concettuale, la quale si basa sulla comparazione dei concetti veicolati dai segni in
conflitto e non sulla comparazione dei prodotti designati dai marchi di cui trattasi.
37 Ne consegue che è infondato l’argomento della ricorrente volto a mettere in discussione la
valutazione della commissione di ricorso secondo la quale i segni in conflitto sono simili sul piano
concettuale.
38 Da quanto precede risulta che correttamente e senza alcuna contraddizione la commissione di
ricorso ha concluso che, alla luce delle somiglianze tra i marchi sul piano visivo e concettuale, esiste
globalmente una somiglianza tra i segni in conflitto.
Sul nesso tra i marchi in conflitto
39 Come risulta dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 23, le violazioni di cui
all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, quando si verificano, sono la conseguenza
di un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore che gode di notorietà e il marchio richiesto,
sulla base del quale il pubblico di riferimento fa un confronto tra tali marchi, cioè stabilisce un nesso
tra di essi, anche se non li confonde. È sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e
il marchio richiesto abbia come effetto che il pubblico di riferimento stabilisca un nesso tra tali
marchi. Conformemente alla giurisprudenza, il fatto che il marchio richiesto evochi il marchio
anteriore nella mente del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed
avveduto, equivale all’esistenza di un siffatto nesso (v. per analogia, sentenza del 27 novembre
2008, Intel Corporation, C‑ 252/07, EU:C:2008:655, punto 60).
40 L’esistenza del nesso menzionato al precedente punto 39, così come l’esistenza di un rischio
di confusione, devono essere oggetto di valutazione globale, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti
del caso di specie. Tra detti fattori figurano il grado di somiglianza tra i marchi in esame, la natura
dei prodotti o dei servizi contraddistinti da tali marchi, compreso il grado di prossimità o di
dissomiglianza di tali prodotti o servizi, nonché il pubblico interessato, il livello di notorietà del
marchio anteriore e il grado di carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, del
marchio anteriore [sentenze del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑ 552/09 P, EU:C:2011:177, punto
56, e del 10 ottobre 2019, McDreams Hotel/EUIPO – McDonald’s International Property (mc
dreams hotels Träumen zum kleinen Preis!), T‑ 428/18, non pubblicata, EU:T:2019:738, punto 30].
41 La commissione di ricorso, sulla base di un’analisi di ciascuno dei fattori pertinenti citati dalla
giurisprudenza richiamata al precedente punto 40, ha concluso, al punto 30 della decisione
impugnata, nel senso dell’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico di
riferimento. A tal riguardo, essa ha ritenuto che i segni in conflitto presentassero una somiglianza
visiva e concettuale in quanto contenevano l’immagine di un gallo, in sostanza, che i prodotti fossero
identici, in quanto i prodotti designati dal marchio richiesto comprendevano i vini oggetto del
marchio anteriore, che il marchio anteriore godesse di una notorietà elevata ed avesse un carattere
distintivo intrinseco, rafforzato dal suo uso per decenni. Infine, la commissione di ricorso ha ritenuto
che sussistesse un rischio di confusione o, quanto meno, un rischio di associazione tra i marchi, in
quanto essi coincidevano nei loro elementi distintivi rappresentati dal gallo e designavano prodotti
identici. La presenza del termine «ghisu» nel marchio richiesto non era sufficiente, secondo la
commissione di ricorso, ad escludere il rischio che quest’ultimo potesse essere inteso come una
variante autorizzata del marchio collettivo anteriore.
42 Al fine di contestare la conclusione della commissione di ricorso secondo cui esiste un nesso
tra i marchi controversi, la ricorrente solleva le censure relative, in sostanza, in primo luogo, al grado
di somiglianza tra i segni in conflitto e, in secondo luogo, alla natura e al grado di prossimità dei
prodotti oggetto dei marchi in conflitto.
43 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.
Sul grado di somiglianza tra i segni in conflitto
44 Per quanto riguarda il grado di somiglianza tra i segni in conflitto, più questi sono simili, più è
verosimile che il marchio richiesto evocherà, nella mente del pubblico di riferimento, il marchio
anteriore notorio. Inoltre, più il marchio anteriore presenta un carattere distintivo forte, sia esso
intrinseco o acquisito in seguito all’uso che è stato fatto di tale marchio, più è verosimile che, di
fronte ad un marchio identico o simile, il pubblico di riferimento stabilisca un nesso con detto
marchio anteriore (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑ 252/07,
EU:C:2008:655, punti 44 e 54).
45 In primo luogo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso non ha preso
sufficientemente in considerazione l’esistenza della denominazione di origine controllata e garantita
(DOCG) «Vermentino di Gallura», il cui nome proviene dalla parola «gallo» e il cui disciplinare di
produzione imporrebbe l’utilizzo di una figura di un gallo stilizzato per tutti i prodotti di tipo
vermentino provenienti dalla zona vitivinicola della Gallura in Sardegna.
46 A tal riguardo, occorre rilevare, al pari dell’EUIPO e dell’interveniente, che il disciplinare
della DOCG «Vermentino di Gallura» prodotto dalla ricorrente a sostegno del suo argomento
riguarda soltanto il marchio collettivo della DOCG «Vermentino di Gallura», che non è in
discussione nella presente causa. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente non è pertinente per
confutare la conclusione della commissione di ricorso relativa all’esistenza di una somiglianza tra il
marchio anteriore e il marchio richiesto individuale, dal momento che la valutazione dell’esistenza di
una siffatta somiglianza deve essere effettuata caso per caso e secondo le caratteristiche proprie dei
segni di cui trattasi [sentenza del 24 settembre 2015, Dellmeier/UAMI – Dell (LEXDELL),
T‑ 641/14, non pubblicata, EU:T:2015:683, punto 20]. Inoltre, come affermano, in sostanza,
l’EUIPO e l’interveniente, dal disciplinare di produzione dei vini coperti dalla DOCG «Vermentino
di Gallura» non si evince che la ricorrente debba ottenere una registrazione a suo nome di un
marchio individuale contenente l’immagine di un gallo. Detto disciplinare menziona unicamente
l’utilizzo di un logo o di un marchio collettivo, appartenente come diritto collettivo a tutti i
produttori di vini cui si applica la DOCG di cui trattasi, composto da un bicchiere contenente un
gallo stilizzato, il che sembra peraltro essere ammesso dalla ricorrente.
47 In secondo luogo, la ricorrente afferma che un confronto tra un marchio collettivo anteriore e
un marchio individuale sarebbe fuorviante, sicché, nel caso di specie, occorrerebbe o confrontare il
marchio richiesto con i marchi individuali dei prodotti provenienti dalla zona vitivinicola del Chianti
o valutare se il marchio collettivo Vermentino di Gallura possa utilizzare l’immagine di un gallo.
48 Tuttavia, come rilevato al precedente punto 45, l’esistenza di una somiglianza tra i segni in
conflitto deve essere effettuata caso per caso e secondo le caratteristiche proprie dei segni di cui
trattasi e non, come sembra suggerire la ricorrente, tenendo conto dei segni che non sono oggetto
della domanda di registrazione o nell’ambito dell’opposizione. Inoltre, come rilevato al precedente
punto 34, la natura collettiva o individuale dei marchi non ha alcuna importanza per valutare se,
nella percezione del pubblico di riferimento, i segni siano simili o dissimili.
49 In terzo luogo, la ricorrente sostiene che non possa essere stabilito un nesso tra i segni in
conflitto considerate le differenze di utilizzo dei segni, in particolare la posizione e la dimensione dei
segni sulle bottiglie e le caratteristiche organolettiche diverse dei vini contrassegnati dai marchi in
conflitto, in quanto il marchio collettivo anteriore così come il marchio collettivo della DOCG
«Vermentino di Gallura», che a sua volta rappresenterebbe un gallo stilizzato, sarebbero apposti sul
collo della bottiglia, mentre l’etichetta con il marchio individuale richiesto sarebbe apposta sul corpo
della bottiglia. Di conseguenza, il consumatore dei prodotti designati dai due marchi non avrebbe
mai sotto gli occhi due etichette recanti la raffigurazione del gallo.
50 A tal riguardo, occorre rilevare che, poiché le particolari modalità di commercializzazione dei
prodotti di cui trattasi possono variare nel tempo e secondo la volontà dei titolari dei marchi, esse
non sono appropriate ai fini dell’analisi prospettica di un nesso tra i marchi nella mente del pubblico
di riferimento (v., in tale senso e per analogia, sentenza del 15 marzo 2007, T.I.M.E. ART/UAMI,
C‑ 171/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:171, punto 59). Tale argomento della ricorrente deve
pertanto essere respinto.
51 Si deve quindi concludere che nessuno degli argomenti della ricorrente è idoneo a confutare la
valutazione effettuata dalla commissione di ricorso relativa al grado di somiglianza tra i segni in
conflitto nell’ambito dell’esame del nesso, nella mente del pubblico di riferimento, tra i marchi
controversi.
Sulla natura e sul grado di prossimità dei prodotti cui si riferiscono i marchi in conflitto
52 La ricorrente sottolinea la differenza tra i prodotti per i quali sono utilizzati i segni in conflitto,
essendo uno un vino bianco del tipo vermentino di Gallura e l’altro un vino rosso del Chianti. Tali
prodotti sono spesso ripartiti nei luoghi di distribuzione a seconda del colore o della regione
d’origine, per cui non sarebbe realistico immaginare che il consumatore possa trovare i prodotti
designati dai due marchi fianco a fianco o ritenere che tali prodotti abbiano un’origine commerciale
comune. Poiché il marchio anteriore designa una zona ben delimitata di produzione di vini rossi, la
notorietà di cui gode non potrebbe applicarsi a prodotti diversi da quelli per i quali è utilizzato, vale
a dire per vini rossi provenienti dalla zona geografica del Chianti.
53 A tale riguardo, occorre rilevare che il segno oggetto della domanda di marchio tende ad
essere registrato in generale per «bevande alcoliche (escluse le birre)» e che la ricorrente non ha
limitato i prodotti oggetto della registrazione richiesta al vino bianco. Orbene, nell’ambito della
valutazione del grado di prossimità tra i prodotti di cui trattasi in sede di esame dell’esistenza di un
nesso nella mente del pubblico di riferimento tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8,
paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, occorre prendere in considerazione i prodotti per i quali è
chiesta la registrazione del marchio e non quelli per i quali esso è effettivamente utilizzato. Pertanto,
l’argomento sollevato dalla ricorrente in merito alla differenza tra i prodotti commercializzati recanti
i segni in conflitto è inoperante.
54 Il pubblico al quale occorre fare riferimento non deve essere il pubblico composto dai
consumatori che possono utilizzare sia i prodotti designati dal marchio anteriore sia i prodotti
contrassegnati dal marchio contestato, come avviene nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 8,
paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, ma il pubblico che potrà richiamare alla mente
il marchio anteriore quando si troverà davanti ai prodotti contrassegnati dal marchio contestato.
Orbene, a meno che tale pubblico sia totalmente distinto da quello dei prodotti contrassegnati dal
marchio anteriore e che quest’ultimo non abbia acquisito notorietà tale da andare al di là del
pubblico interessato ai prodotti da esso designati, una tale possibilità che sia richiamato alla mente il
marchio anteriore non può essere esclusa [sentenza del 28 maggio 2020, Martínez
Albainox/EUIPO – Taser International (TASER), T‑ 342/19, non pubblicata, EU:T:2020:234, punto
37].
55 Nel caso di specie, la ricorrente non ha sostenuto dinanzi alla commissione di ricorso e non ha
presentato dinanzi al Tribunale argomenti convincenti per dimostrare che la notorietà del marchio
anteriore si estendeva unicamente a vini rossi. Infatti, essa non ha contestato la conclusione della
commissione di ricorso ai punti 25 e 27 della decisione impugnata, secondo la quale il marchio
anteriore godeva di un elevato grado di notorietà per quanto riguarda i vini. Al contrario, come
risulta dal punto 26 della decisione impugnata, durante il procedimento amministrativo la ricorrente
ha ammesso che l’interveniente ha dato prova dell’elevato grado di notorietà del marchio anteriore
nel mercato italiano dei vini.
56 In ogni caso, i prodotti «Bevande alcoliche (escluse le birre)», oggetto del marchio richiesto,
che comprendono, in particolare, i vini, e i «vini» oggetto del marchio anteriore notorio, sono
identici, e ciò anche se la notorietà di quest’ultimo dovesse essere limitata a vini rossi come sostiene
la ricorrente.
57 Alla luce di tutto quanto precede, si deve concludere che gli argomenti addotti dalla ricorrente
non sono idonei ad inficiare la conclusione della commissione di ricorso quanto alla possibilità per il
pubblico di riferimento di stabilire un nesso tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo
5, del regolamento n. 207/2009.
Sull’esistenza di un rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga
indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o
rechi pregiudizio agli stessi
58 Per quanto riguarda la condizione per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del
regolamento n. 207/2009, relativa al rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto
tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi
pregiudizio agli stessi, essa riguarda tre tipi di rischi distinti e alternativi, vale a dire che l’uso senza
giusto motivo del marchio richiesto, in primo luogo, rechi pregiudizio al carattere distintivo del
marchio anteriore, in secondo luogo, rechi pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore o, in terzo
luogo, tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore
[v. sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑ 215/03, EU:T:2007:93,
punto 36 e giurisprudenza citata].
59 Il terzo tipo di rischi menzionati al precedente punto 58 deve essere inteso come un rischio che
l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche da quest’ultimo proiettate siano trasferite ai
prodotti designati dal marchio richiesto, cosicché la loro commercializzazione possa essere agevolata
da tale associazione con il marchio anteriore notorio (v. sentenza del 10 ottobre 2019, mc dreams
hotels Träumen zum kleinen Preis! T‑ 428/18, non pubblicata, EU:T:2019:738, punto 89 e
giurisprudenza citata). Il vantaggio risultante dall’uso da parte di un terzo di un segno simile ad un
marchio notorio è tratto indebitamente da detto terzo dai citati carattere distintivo o notorietà di detto
marchio quando egli, con siffatto uso, tenta di porsi nel solco tracciato dal marchio notorio al fine di
approfittare del potere attrattivo, della reputazione e del prestigio di quest’ultimo, e di sfruttare,
senza alcun corrispettivo economico, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio
notorio per creare e mantenere l’immagine di quest’ultimo (sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal
e a., C‑ 487/07, EU:C:2009:378, punto 50).
60 Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha concluso, ai punti 34 e 35 della decisione
impugnata, che l’apposizione di un segno contenente l’immagine di un gallo sui vini della ricorrente
avrebbe il risultato prevedibile di trasferire l’immagine di eccellenza, di prestigio e di legame con un
territorio, di cui gode il marchio anteriore dell’interveniente, sui prodotti della ricorrente dello stesso
tipo e, di conseguenza, di facilitare la commercializzazione di questi ultimi, dando luogo ad un
profitto indebito a favore della ricorrente.
61 La ricorrente contesta tale valutazione della commissione di ricorso. Essa adduce, in primo
luogo, che l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 richiede un palese sfruttamento
parassitario affinché possa realizzarsi un indebito vantaggio. Sostiene che il rischio di trarre un
indebito vantaggio deve essere serio, nel senso che è prevedibile, e non meramente ipotetico. In
secondo luogo, essa sostiene di non aver realizzato vantaggi riconducibili alla notorietà dei vini
provenienti dalla zona del Chianti e osserva che i segni in conflitto riguardano prodotti che non sono
in concorrenza gli uni con gli altri. Infine, essa fa valere che l’interveniente non avrebbe fornito
prove di un pregiudizio. L’indebito vantaggio asserito dall’interveniente sarebbe quindi ipotetico.
62 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.
63 A tal riguardo, occorre ricordare che, contrariamente a quanto lascia intendere la ricorrente, il
titolare del marchio anteriore notorio non è tenuto a dimostrare, in sede di applicazione dell’articolo
8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, l’esistenza di un pregiudizio effettivo e attuale ai suoi
marchi. Esso deve soltanto addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di
un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio [v. sentenza del 30 novembre
2016, K&K Group/EUIPO – Pret A Manger (Europe) (Pret A Diner), T‑ 2/16, non pubblicata,
EU:T:2016:690, punto 58 e giurisprudenza citata]. È possibile pervenire a una conclusione del
genere in particolare sulla base di deduzioni logiche risultanti dall’analisi delle probabilità e tenendo
conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente nonché di qualsiasi altra circostanza
del caso di specie [v. sentenza dell’11 aprile 2019, Inditex/EUIPO – Ansell (ZARA TANZANIA
ADVENTURES), T‑ 655/17, non pubblicata, EU:T:2019:241, punto 48 e giurisprudenza citata].
64 Per quanto riguarda l’argomento dedotto dalla ricorrente in merito alla natura meramente
ipotetica del rischio di indebito vantaggio nel caso di specie, occorre osservare, in primo luogo, che
l’elevata notorietà del marchio anteriore non è contestata. Inoltre, come giustamente rilevato dalla
commissione di ricorso al punto 30 della decisione impugnata, senza che tale affermazione sia
contestata dalla ricorrente, il marchio anteriore gode di un carattere distintivo intrinseco per il fatto
che l’elemento figurativo dominante del gallo non ha alcun nesso evidente con i prodotti di cui
trattasi, carattere distintivo che è del resto rafforzato dal suo uso.
65 Orbene, conformemente alla giurisprudenza, più il carattere distintivo e la notorietà del
marchio anteriore saranno rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione (v.,
sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑ 252/07, EU:C:2008:655, punto 69 e
giurisprudenza citata).
66 In secondo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto, al punto 34 della decisione
impugnata, che l’immagine di eccellenza e di prestigio associata dai consumatori ai vini
dell’interveniente potesse essere trasferita ai prodotti contrassegnati dal marchio richiesto, in
particolare ai vini della ricorrente.
67 A questo proposito, si deve ricordare che il marchio agisce come mezzo di trasmissione di
messaggi riguardanti, in particolare, le qualità o caratteristiche particolari dei prodotti o servizi che
designa, o le immagini e sensazioni che proietta, come, in questo caso, l’eccellenza, il prestigio e il
legame con un territorio. In tal senso, il marchio possiede un valore economico intrinseco autonomo
e distinto da quello dei prodotti o servizi per i quali è registrato. I messaggi in parola, veicolati in
particolare da un marchio notorio o ad esso associati, conferiscono a quest’ultimo un valore
importante e meritevole di tutela, tanto più che, nella maggior parte dei casi, la notorietà di un
marchio è il risultato di sforzi e investimenti considerevoli del suo titolare (v., per analogia, sentenza
del 22 marzo 2007, VIPS, T‑ 215/03, EU:T:2007:93, punto 35).
68 Nel caso di specie, si deve osservare che, vista l’elevata notorietà e il carattere distintivo
intrinseco del marchio anteriore, il fatto di utilizzare un segno avente una certa somiglianza con il
marchio anteriore per prodotti identici a quelli designati da quest’ultimo presenta un rischio non
ipotetico che il pubblico di riferimento stabilisca un nesso tra i marchi associando l’immagine del
gallo del marchio richiesto ai prodotti dell’interveniente, di modo che l’uso del marchio richiesto
possa trarre un vantaggio indebito dalla notorietà, dal prestigio e dall’eccellenza proiettata dal
marchio anteriore, il che rischia di dar luogo a un vantaggio indebito risultante dagli sforzi
commerciali dell’interveniente per lo sviluppo del suo marchio.
69 Di conseguenza, la commissione di ricorso non ha errato nel concludere che l’uso del marchio
richiesto poteva dar luogo ad un indebito vantaggio a favore della ricorrente.
70 Da tutto quanto precede risulta che il ricorso deve essere integralmente respinto senza che
occorra pronunciarsi sulla ricevibilità del secondo e, in parte, del terzo capo delle conclusioni,
contestata dall’EUIPO.
Sulle spese
71 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.
72 La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alle
domande dell’EUIPO e dell’interveniente.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Decima Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) La Berebene Srl è condannata alle spese.
Kornezov Buttigieg Kowalik-Bańczyk
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 aprile 2021.
Il cancelliere Il presidente
E. Coulon M.