Il marchio fiere RIMINI FIERA vince il round in cassazione contro il marchio RIMINI FIERE
marchio fiere RIMINI FIERA contro marchio RIMINI FIERE
Attraverso l’uso diffuso nel mercato, un marchio originariamente debole (se non addiritttura nullo) in quanto descrittivitivo del servizio che deve contraddistinguere e neppure formalmente registrato, può diventare forte, celebre (quindi tutelabile anche in altri settori merceologici) e prevalere come marchio di fatto anche su marchi registrati successivamente.
Il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione.
Cassazione civile sezione I, 16.11.2015, n. 23393 “marchio fiere”
RIMINI FIERA S.P.A. contro RIMINIFIERE S.R.L.
di seguito la sentenza integrale Marchio fiere – Rimini Fiera
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA CIVILE “marchio fiere”
ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso 15802/2011 proposto da:
RIMINIFIERE S.R.L. – ricorrenti –
contro
RIMINI FIERA S.P.A. – controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1714/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/05/2010 “marchio fiere”
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO “marchio fiere”
Con citazione notificata il 12/3/2005, a seguito di pronuncia di incompetenza del Tribunale di Roma preventivamente adito, la s.p.a. Rimini Fiera già Ente Autonomo Fiera di Rimini, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli la Riminifiere srl per ottenere la pronuncia di nullità del marchio Riminifiere depositato dalla convenuta il 12.10.01 e della relativa registrazione.
Si costituiva la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda ed avanzando domanda riconvenzionale perchè fosse dichiarata la nullità del marchio nazionale e comunitario “RiminiFiera” dell’attrice, successivamente registrato.
Rigettata istanza di sospensione del giudizio in attesa dell’esito di altro giudizio promosso dalla convenuta dinnanzi al Tribunale di Rimini, culminato con sentenza di rigetto della domanda ed oggetto di gravame, il Tribunale di Napoli, con sentenza del l’17/3/2007- 13/4/2007, in accoglimento della domanda attrice dichiarava la nullità del marchio “Riminifiere” della convenuta, registrato il 24/3/2003, dichiarava la litispendenza della domanda riconvenzionale di nullità del marchio italiano “Riminifiera” dell’attrice rispetto al giudizio all’epoca pendente dinnanzi alla Corte di Appello di Bologna, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale di nullità del marchio comunitario dell’attrice, provvedeva sulle spese di lite e altri provvedimenti accessori.
Il Tribunale riteneva provato il preuso del marchio di fatto dell’attrice con notorietà nazionale non limitata in ambito locale almeno fin dagli anni 90, in base alla documentazione prodotta, rilevando l’esistenza di siti internet registrati dall’attrice dal 1997 e fino al 2001, quali segni distintivi autonomi. Rilevava, inoltre, che il marchio di fatto “Riminifiera” era sicuramente valido con capacità distintiva, laddove quello della convenuta era del tutto simile e confondibile, essendo l’unica differenza la vocale finale, “e” invece di “a” di scarsissimo rilievo, atteso anche lo scarso valore dell’aspetto grafico di entrambi i marchi e l’affinità dei settori, anzi la parziale coincidenza dei servizi assicurati dalle parti. Riconosceva, infine il carattere di rinomanza al marchio dell’attrice onde la tutela ultramerceologica, nonchè l’esclusione della novità del marchio registrato dalla convenuta, stigmatizzando il carattere nullo del domain name corrispondente al marchio usato dalla convenuta, di carattere decettivo, generante,cioè confusione negli utenti sulla qualità dei servizi di riferimento, con ulteriore profilo di nullità.
Avverso tale decisione proponeva appello la convenuta, lamentando il mancato accoglimento dell’istanza di sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello pendente tra le parti presso la Corte di Appello di Bologna, nonchè la pronuncia di litispendenza sulla sua domanda riconvenzionale e la pronuncia di inammissibilità della domanda concernente il marchio comunitario, ritenuta erroneamente priva di connessione con le domande svolte in giudizio.
Nel merito, l’appellante ribadiva la piena validità del proprio marchio, come segno nuovo ed originale, che doveva qualificarsi come marchio forte. L’appellante ribadiva che il segno della appellata non poteva considerarsi marchio valido o marchio di fatto nonchè l’assenza di rischio confusorio anche, con riferimento al domain name e che l’attività svolta su internet era del tutto lecita, essendosi essa limitata, nel suo sito a pubblicare un elenco delle manifestazioni organizzate a Rimini.
Riprendeva poi le difese in materia di abuso di posizione dominante da parte dell’appellata di violazione del diritto al nome e sosteneva che il marchio di fatto di quest’ultima non poteva considerarsi di rinomanza al fine del riconoscimento di una tutela ultramerceologica, ribadendo la sua assenza di mal fede.
Si costituiva l’appellata, deducendo la pretestuosità nonchè l’infondatezza del gravarne chiedendo la conferma della sentenza.
La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 1714/10 rigettava l’appello. “marchio fiere”
Avverso la detta decisione ricorre per cassazione la Riminifiere srl sulla base di sei motivi cui resiste con controricorso la Riminifìera spa.
La ricorrente ha depositato memoria.
Diritto “marchio fiere”
MOTIVI DELLA DECISIONE “marchio fiere”
Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 300 c.p.c., per la mancata interruzione del processo a seguito della trasformazione dell’Ente autonomo Fiera di Rimini,parte originaria nel giudizio, in Rimini Fiera spa.
Con il secondo motivo nega che l’espressione Riminifiera costituisca un marchio di fatto, e per di più “forte”, con capacità distintiva acquisita grazie alla registrazione come nome a dominio.
Con il terzo motivo contesta la tesi sostenuta dalla sentenza secondo cui il termine “fiera” non potesse essere utilizzato se non dagli enti e dalla imprese la cui attività consistesse nella organizzazione di manifestazioni fieristiche e non da imprese che svolgessero un diverso tipo di attività.
Con il quarto motivo deduce nuovamente con più approfondite argomentazioni che l’espressione Riminifiera non riveste natura di marchio forte.
Con quinto ed il sesto motivo contesta il carattere di rinomanza riconosciuto al marchio Riminifiera e l’esistenza di un rischio di confusione tra i due marchi oggetto di controversia anche in ragione delle diverse classi merceologiche cui essi si riferiscono.
Va preliminarmente esaminata la questione di nullità del processo sollevata in udienza dal PG per non essere stato il PM parte nei giudizi di primo e secondo grado con conseguente richiesta di rinvio della causa in primo grado per l’integrazione del contraddittorio.
L’eccezione non può essere accolta. “marchio fiere”
Questa Corte ha già chiarito in via generale che nei procedimenti in cui sia previsto l’intervento obbligatorio del P.M., la nullità derivante dalla sua omessa partecipazione al giudizio si converte in motivo di gravame ai sensi degli artt. 158 e 161 c.p.c., secondo un orientamento consolidato, il rinvio contenuto nell’ultima parte dell’art. 158 c.p.c., al successivo art. 161, comporta la conversione, anche con riferimento all’ipotesi della nullità derivante dalla mancata partecipazione del pubblico ministero, in mezzo di impugnazione (Cass., 31 marzo 2011, n. 7423; Cass., 3 maggio 2000, n. 5504; Cass., 23 febbraio 2000, n. 2073).
Avuto riguardo anche alla disposizione contenuta nell’art. 397 c.p.c., n. 1, che prevede l’ipotesi specifica della revocazione proponibile dal solo pubblico ministero nelle cause in cui il proprio intervento è obbligatorio, deve ritenersi che le altre parti non siano legittimate, in via concorrente, a proporre impugnazione in relazione a tale omissione (Cass., 2 dicembre 1993, n. 11960; Cass. 16361/14).
Nella presente causa nessuna impugnazione è stata proposta da nessuna delle parti nè dal PM. Si aggiunge peraltro che nel caso di specie, in cui si verte in tema di proprietà industriale, è stato altresì chiarito che l’art. 122 del codice della proprietà intellettuale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) prevede che “in deroga all’art. 70 c.p.c., l’intervento in causa del P.M. non è obbligatorio” nelle cause che vertono sulla decadenza o nullità di un titolo di proprietà industriale, nè il successivo art. 245, che contiene le disposizioni di carattere transitorio, ha introdotto alcun elemento di novità nell’ordinamento, con la conseguenza che le nuove disposizioni processuali trovano immediata applicazione ai processi in corso relativamente agli atti da compiere successivamente alla loro entrata in vigore, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 preleggi. Pertanto, non essendo più obbligatoria la partecipazione del P.M. al giudizio, a partire dal 19 marzo 2005 (data in cui è entrato in vigore il predetto codice), questi non acquista la qualità di parte necessaria, ove, come nella specie, non sia intervenuto in giudizio, sicchè non sussiste, in grado di appello, la necessità d’integrare il contraddittorio nei suoi confronti, (Cass. 9548/12).
E’ appena il caso di rilevare che alla fattispecie in esame è applicabile ratione temporis il citato art. 122 c.p.i, poichè il giudizio è iniziato con citazione del 12.3.05 onde lo stesso si è svolto sotto il vigore della nuova normativa.
Il primo motivo è infondato. “marchio fiere”
Nel caso di specie si è verificata la privatizzazione di un ente pubblico in società per azioni.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che in caso di c.d. privatizzazione degli enti pubblici realizzata senza l’estinzione del preesistente soggetto a fronte della costituzione di quello nuovo, con trasferimento a quest’ultimo dei rapporti attivi e passivi di cui il primo era in precedenza titolare, si ha mera trasformazione del soggetto preesistente in un diverso tipo di persona giuridica. (Cass. 27139/06).
Nel caso di specie, la legge regionale Emilia Romagna 12/2000 non contiene espressa menzione dell’estinzione dell’Ente, nè ne prevede la soppressione e la liquidazione per cui il medesimo risulta meramente trasformato in società di capitali, senza estinzione nè mutamento di stato – bensì solo di forma di organizzazione – a tale vicenda pertanto sopravvivendo senza soluzione di continuità con mantenimento della propria identità soggettiva.
Ne consegue che nessun evento interruttivo si è verificato ancorchè la detta trasformazione sia intervenuta in corso di causa. (Cass. sez. un 6841/96).
Si osserva, in particolare, che l’art. 8, della citata legge regionale, laddove prevede che “gli entri autonomi fieristici di Bologna, Parma, Piacenza e Rimini sono tenuti a trasformarsi in distinte società per azioni “entro il termine di 730 giorni dalla entrata in vigore della legge”, lascia persistere la soggettività dell’ente non prevedendone l’estinzione o la liquidazione bensì la semplice trasformazione.
Nel caso di specie peraltro il motivo risulta manifestamente infondato poichè la causa è stata iniziata nel 2004 dalla Rimini Fiera spa ben quattro anni dopo l’avvenuta trasformazione onde nessun problema di estinzione del soggetto processuale sussiste.
Il secondo motivo con cui si contesta il carattere forte del marchio della contro ricorrente è in parte inammissibile ed in parte infondato. “marchio fiere”
Occorre preliminarmente rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare (fatta salva la convalidazione di cui al R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 48) il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione. (Cass. 14342/03).
Nel caso di specie la Corte d’appello di Napoli ha accertato il preuso a carattere nazionale del Marchio Riminifiera della contro ricorrente essendo lo stesso stato adoperato in occasione di fiere, saloni internazionali,inserito in pubblicazioni internazionali e adoperato su siti internet registrati dal 1997.
La Corte di appello ha rilevato con la motivazione dianzi descritta la sussistenza del secondary meaning per cui il marchio, di per sè descrittivo, in ragione della sua diffusione non solo a livello nazionale ma anche internazionale ha acquisito per effetto della predetta divulgazione un carattere distintivo particolarmente intenso tal da doversi considerare non solo un marchio forte ma addirittura un marchio notorio tale da ottenere un tutela ultramerceologica.
Il motivo non contesta tali circostanze ma si limita a contestare il carattere forte del marchio in esame sostenendo che, essendo lo stesso puramente descrittivo e generico, sarebbe in realtà un marchio debole.
Ciò rende in primo luogo la censura inammissibile in quanto non censura la ratio decidendi non contestando la rilevanza delle argomentazioni circa la acquisita notorietà del marchio.
La stessa sarebbe comunque priva di fondamento.
Questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la tutela del cosiddetto “secondary meaning“, prevista dal R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 47 bis, introdotto dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, si riferisce ai casi in cui un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintive per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, acquisti in seguito tali capacità, in conseguenza del consolidarsi del suo uso sul mercato, così che l’ordinamento si trova a recepire il “fatto” della acquisizione successiva di una “distintività” attraverso un meccanismo di “convalidazione” del segno (Cass. 8119/09).
Va ulteriormente osservato che il principio del secondary meaning è estensibile anche al caso di trasformazione di un marchio originariamente debole in un marchio forte.
Questa Corte ha infatti già chiarito che, la distinzione tra marchi forti e marchi deboli non si specifica ulteriormente, quanto ai marchi forti, a seconda che tale natura sia originaria oppure acquisita con l’uso di mercato, onde, in presenza di un fenomeno di “secondary meaning”, va riconosciuta al marchio “originariamente” debole la stessa tutela accordata ai marchi “originariamente” forti e l’accertamento della relativa contraffazione va effettuato secondo i criteri che presiedono alla tutela del marchio forte, atteso che il segno risultante in origine caratterizzato da una minor capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all’uso, abbisogna della più rigorosa tutela riconosciuta al marchio forte, in mancanza della quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve invece tollerare otterrebbero l’effetto di frustrare il risultato conseguito attraverso l’uso di mercato. (Cass. 5091/00 – Cass. 12940/03 – v. anche Cass. 10071/08).
Anche il terzo motivo risulta infondato. “marchio fiere”
La società ricorrente contesta in sostanza che al marchio della sua controparte non poteva essere riconosciuta la protezione ultramerceologica.
Tuttavia il motivo non si incentra in termini specifici sulla questione della rinomanza attribuita al marchio della controricorrente dalla Corte d’appello sostenendo, invece, la diversa argomentazione secondo cui, non svolgendo essa attività di carattere fieristico, non le si poteva precludere l’uso del marchio recanti i nomi Fiera e Rimini.
Tale censura non coglie in alcun modo la ratio decidendi della sentenza che ha fatto discendere dalla natura di marchio celebre della controricorrente il fatto che lo stesso godesse di protezione ulteramerceologica.
E’ fin troppo nota la giurisprudenza sul punto di questa Corte secondo cui in relazione ai marchi cosiddetti “celebri”, infatti, deve accogliersi una nozione più ampia di “affinità” la quale tenga conto del pericolo di confusione in cui il consumatore medio può cadere attribuendo al titolare del marchio celebre la fabbricazione anche di altri prodotti non rilevantemente distanti sotto il piano merceologico e non caratterizzati – di per sè – da alta specializzazione. (Cass. 14315/99) cosicchè il prodotto meno noto si avvantaggi di quello notorio e del suo segno.. (Cass. 13090/13).
Del tutto correttamente quindi la Corte d’appello ha ritenuto che il carattere di rinomanza del marchio della contro ricorrente escludesse la possibilità di una sua utilizzazione anche per merci e servizi non affini e la censura, non cogliendo siffatta ratio, deve ritenersi inammissibile.
Il quarto motivo è infondato. “marchio fiere”
L’assunto della ricorrente secondo cui il proprio marchio Rimini Fiere sarebbe un marchio forte perchè, non svolgendo essa attività fieristica, costituirebbe un marchio di fantasia.
L’infondatezza di tale assunto discende da quanto affermato in occasione del motivo precedente e, cioè che, essendo il marchio della contro ricorrente un marchio notorio, non è consentito ad altri soggetti l’utilizzo dello stesso marchio anche per prodotti o servizi non affini, a prescindere che il marchio della ricorrente possa in astratto essere considerato un marchio forte.
Infondato è poi l’assunto secondo cui il marchio della contro ricorrente sarebbe un marchio denominativo mentre quello della ricorrente sarebbe un marchio complesso in cui è inserito anche il termine Riminifiere.
E’ fin troppo nota sul punto la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il marchio complesso è costituito da una composizione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante, il cui esame da parte del giudice deve effettuarsi in modo parcellizzato per ciascuno di essi, pur essendone la forza distintiva affidata all’elemento costituente il c.d. cuore del marchio. Esso si distingue dal marchio d’insieme, in cui manca l’elemento caratterizzante e tutti i vari elementi sono singolarmente privi di distintività, derivando il valore distintivo, più o meno accentuato, soltanto dalla loro combinazione o, appunto, dal loro “insieme”. Ne deriva che, mentre nel marchio complesso ogni singolo segno in esso incluso che abbia capacità distintiva è tutelabile autonomamente come marchio, in quello d’insieme i singoli segni non sono autonomamente tutelabili come privative. (Cass. 24610/10).
In primo luogo la ricorrente non precisa quali sarebbero gli ulteriori elementi distintivi inseriti nel proprio marchio complesso dotati di autonoma capacità distintiva. Va inoltre rammentato che, di regola e salvo diversa espressa allegazione e prova, il carattere distintivo di un marchio complesso va di regola individuato nella sua parte denominativa onde nel caso di specie deve ritenersi che,in assenza di ogni ulteriore allegazione della ricorrente, il termine Riminifiere sia quello avente capacità distintiva, ma per quanto in precedenza detto tale segno risulta contraffazione del marchio della ricorrente.
La ricorrente deduce anche una violazione del diritto al nome ai sensi dell’art. 7 c.c..
Tale assunto è manifestamente infondato poichè tale norma è inerente ai diritti della personalità della persona fisica mentre la ditta rientra nella protezione dei “segni distintivi” nell’ambito del diritto commerciale, ossia quella della L. n. 929 del 1942, art. 21, (Cass. 16022/00; Cass. 2735/98; 24620/10).
Infondato è anche il quinto motivo che si basa sull’assunto che il marchio della Rimini Fiere spa sia un marchio debole quando invece lo stesso è stato riconosciuto forte e di rinomanza come evidenziato in occasione dell’esame del secondo motivo.
Valgono sul punto le argomentazioni in precedenza espresse.
Il sesto motivo è inammissibile prima ancora che infondato. “marchio fiere”
Con tale motivo si contesta la ritenuta confondibilità tra i due marchi.
La censura risulta invero del tutto generica.
Non vengono invero addotti argomenti specifici per cui la valutazione della Corte d’appello sarebbe inadeguata limitandosi a sostenere che non era stata analizzata la documentazione prodotta, di cui peraltro, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non viene indicato di quali documenti si trattasse e dove gli stessi siano rinvenibili tra la documentazione della fase di merito e facendo addirittura invito a questa Corte di analizzare il contenuto del sito web; attività preclusa in questa sede di legittimità.
In ogni caso, si rileva che sul punto la Corte d’appello ha osservato che la veste grafica dei due marchi era irrilevante e che la confondibilità risultava dal fatto che i due marchi divergevano solo per la lettera finale.
Tale motivazione risulta del tutto corretta anche se sintetica e sul punto ci si riporta a quanto espresso in occasione del quarto motivo circa i marchi complessi ed i marchi denominativi.
E’ infatti evidente che la Corte d’appello ha ritenuto che nel caso specie l’elemento qualificante e distintivo del marchio della ricorrente fosse il termine Riminifiera avente carattere determinante mentre gli altri elementi grafici non avevano alcun carattere distintivo autonomo.
Non sussistono infine le condizioni per la rimessione alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del TFUE. La questione di cui il ricorrente chiede la rimessione alla Corte di giustizia è la seguente “si chiede all’Ecc.mo Collegio di trasmettere gli atti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee alfine di verificare se la registrazione da parte di una società di un marchio corrispondente alla propria denominazione possa essere considerata nulla in ragione peraltro del fatto che il segno distintivo sia in grado di assumere i connotati del marchio forte, non essendo direttamente ricollegabile all’attività svolta dalla società stessa”.
In primo luogo la richiesta è del tutto priva di argomentazioni illustrative ed esplicative non essendo tra l’altro neppure indicato in relazione a quale articolo della direttiva comunitaria 89/104 CE si richiede l’interpretazione della Corte di Giustizia.
Inoltre, la stessa è del tutto irrilevante in relazione alla decisione adottata.
Il principio affermato è che il marchio della controricorrente è un marchio di rinomanza con estensione della protezione ultramerceologica. Posto che il marchio della ricorrente è successivo, vale il principio generale di cui all’art. 4, n. 2, della direttiva 89/104 CEE secondo cui è escluso dalla registrazione o se registrato può essere dichiarato nullo il marchio se questo è identico o simile ad un marchio anteriore e l’identità o la somiglianzà dei prodotti o dei servizi crea un rischio di confusione per il pubblico in ragione anche del rischio di associazione tra i due marchi.
Vale poi nel caso di specie il principio specifico di cui all’art. 4, comma 4, della citata direttiva secondo cui il marchio identico o simile ad altro già registrato non è suscettibile di registrazione anche in relazione a prodotti non affini rispetto a quelli cui si riferisce il marchio già registrato se quest’ultimo gode di notorietà.
In siffatte previsioni normative è del tutto irrilevante il carattere forte o debole del marchio successivo.
Il ricorso va in conclusione respinto. “marchio fiere”
La società ricorrente va di conseguenza condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 8000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Manda alla cancelleria per la comunicazione del dispositivo della presente sentenza all’UIBM. Così deciso in Roma, il 25 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2015 “marchio fiere”
Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015