Registrazione marchi a Imperia

Registrare un marchio a Genova

Registrazione Marchi a Imperia ROSSI & MARTIN Ufficio Marchi e Brevetti

Per la registrazione di un marchio a Imperia affidati all’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN.

telefona subito (0187 7322720521 223260 340 7053450) o invia subito una email (carlorossi@infogiur.com) per maggiori informazioni o per iniziare subito la tua pratica

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registriamo e tuteliamo marchi dal 2004 per passione, per questo siamo efficienti ed economici

Per depositare il tuo marchio o il tuo brevetto lavoriamo in contatto diretto con te dai nostri uffici di Parma e La Spezia ed operiamo, con clienti di tutta Italia e di tutto il mondo, su tre livelli:

Italia (marchi nazionali): operiamo per clienti di tutta italia e di tutto il mondo direttamente con la Camera di Commercio di Imperia (ove necessario) e con l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti con sede a Roma

Unione Europea (marchi comunitari): operiamo per clienti di tutta italia e di tutto il mondo direttamente con l’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato interno, autorità competente per i marchi comunitari, con sede ad Alicante (Spagna)

Mondo (marchi internazionali): operiamo per clienti di tutta italia e di tutto il mondo direttamente con la World Intellectual Property Organization con sede a Ginevra (Svizzera)

Registrazione Marchi a  Imperia

Quindi con i nostri Uffici Marchi e Brevetti di Parma e La Spezia siamo in grado provvedere alla registrazione marchi a Imperia e avrai in modo veloce ed economico il deposito del tuo marchio o del tuo brevetto ovunque si trovi la tua impresa. Normalmente le pratiche sono fatte interamente per posta elettronica e telefono, ma se preferisci potrai recarti presso uno dei nostri Uffici Marchi e Brevetti o chiederci di raggiungerti presso la sede della tua impresa.

Lo studio ROSSI & MARTIN ti assiste, per la registrazione marchi a Imperia, nel deposito della domanda di registrazione di marchi nazionali, comunitari e internazionali

per la registrazione marchi a Imperia, noi provvediamo per te alla:

– verifica dei requisiti di registrabilità del marchio;

– verifica della preesistenza di marchi identici o simili attraverso apposite ricerche di anteriorità;

– redazione e deposito della domanda di registrazione;

– sorveglianza sul marchio registrato.

PROCEDURA PER REGISTRARE UN MARCHIO A  IMPERIA

1. Contattaci
>con i moduli on-line<;
oppure via e-mail: carlorossi@infogiur.com
oppure telefonicamente (Parma 0521 223260 – La Spezia 0187 732272 – cell. 340 7053450).

2. Preventivo e accettazione preventivo
– ti inviamo i preventivi richiesti in base alle informazioni ricevute
– ci comunichi via e-mail, via fax o telefonicamente l’accettazione del preventivo e provvedi al pagamento mediante bonifico bancario o carta di credito.

3. Esame del marchio – individuazione dei prodotti/servizi
– provvediamo ad esaminare la presenza dei requisiti essenziali per la registrazione del marchio (novità, capacità distintiva, liceità):
– provvediamo a individuare i prodotti e servizi da rivendicare nella domanda di deposito;
– ti consigliamo le strategie più opportune da adottare nella richiesta di registrazione del marchio (essenziali per registrare un marchio come ad es. scelta di marchio denominativo o figurativo, scelta di marchio nazionale, comunitario o internazionale, scelta di rivendicazione dei colori nei marchi figurativi, etc.).

4. Ricerca di anteriorità (opzionale)
– su richiesta del Cliente viene effettuata la ricerca di anteriorità e predisposta una relazione;
– comunichiamo i risultati della ricerca e la relativa relazione al cliente;
– sulla base dei risultati della ricerca il cliente decide se proseguire nella registrazione o se apportare modifiche al marchio;
– su espresso esonero del Cliente si può procedere al deposito della domanda anche in assenza di ricerca di anteriorità. Provvediamo comunque alla verifica dell’esistenza di marchi perfettamente identici dal punto di vista denominativo.

– Le ricerche di anteriorità sono di due tipi:
a) Ricerca denominativa (vengono individuati i marchi identici o simili dal punto di vista denominativo – letterale);
b) Ricerca figurativa (vengono individuati i marchi identici o simili dal punto di vista grafico);
In presenza di marchi complessi (composti cioè sia da un elemento figurativo che da un elemento denominativo) è opportuno effettuare sia la ricerca denominativa che quella figurativa.

5. Deposito del marchio
– Ci invii per fax o posta elettronica la lettera di incarico;
– Provvedi al pagamento degli onorari e delle tasse mediante bonifico bancario o carta di credito;
– Provvediamo per te al pagamento delle tasse e alla predisposizione e al deposito della domanda di registrazione presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (marchi nazionali) o presso l’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato Interno (marchi comunitari) o presso l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (marchi internazionali);
– Ti diamo conferma dell’avvenuto deposito per posta elettronica con la documentazione attestante il deposito;
– Ti teniamo aggiornato sullo stato della pratica fino alla formale registrazione e provvediamo a ricordarti, prima della scadenza (10 anni dal deposito), la necessità del rinnovo del marchio.

La domanda di registrazione del marchio è depositata e da questo momento decorre la tutela prevista dal Codice della Proprietà Industriale (D.lgs. n. 30/2005). Così provvediamo alla registrazione marchi a  Imperia.

6. Tutela del marchio
Non ci limitiamo solo alla registrazione marchi a Imperia, ma provvediamo anche a prestarti assistenza per la tutela del marchio contro eventuali violazioni, sia in sede extragiudiziale (con l’esame della pratica e l’invio di lettere di diffida), che davanti alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale dei Tribunali di tutta Italia.

Se vuoi fare prima, clicca qui per registrare un marchio direttamente on-line

Per informazioni scrivere a carlorossi@infogiur.com o telefonare allo 0521 223260 (Parma) o 0187 732272 (La Spezia) ti spiegheremo senza impegno come registrare un marchio o qualsiasi altra informazione sul tuo marchio, ovunque si trovi la tua impresa

Registrazione marchi a Imperia con ROSSI & MARTIN Ufficio Marchi e Brevetti

 

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Uso del cognome come marchio – Cassazione 25.02.2015

Alessi vs Alessi Giacinto

Uso del cognome come marchio quando è già stato registrato da altri

marchio ALESSI contro marchio ALESSI GIACINTO

E’ convinzione diffusa che sia possibile l’uso del cognome come marchio (o il proprio nome e cognome come marchio) anche se qualcun altro ha in precedenza depositato lo stesso cognome come marchio.

Purtroppo la corte dei cassazione non la pensa così ed in molti casi, come in quello della sentenza 25.02.2015 n. 3806, ha vietato l’uso del cognome come marchio a chi lo ha depositato successivamente ad altri affermando che una volta che un segno costituito da un certo nome anagrafico sia stato validamente registrato come marchio, neppure la persona che legittimamente porti quel nome può più adottarlo (come marchio) in settori merceologici identici o affini. Il diritto al nome trova, perciò, una chiara compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, rispetto all’avvenuta sua registrazione da parte di altri

Cassazione civile  sezione I, 25.02.2015, n. 3806 “uso del cognome come marchio”

marchio ALESSI contro marchio ALESSI GIACINTO

di seguito la sentenza integrale “uso del cognome come marchio”

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 13956/2007 proposto da:
ALESSI   S.P.A.   – ricorrente –
contro
EXCLUSIVE  DI  ALESSI GIACINTO S.R.L. – controricorrente –
avverso  la  sentenza n. 497/2006 della CORTE D’APPELLO  di  PALERMO, depositata il 26/04/2006;

Fatto “uso del cognome come marchio”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Alessi Spa, titolare della omonima ditta e del marchio comunitario “Alessi”, operante nel settore della pubblicità, premesso che altra società, la Exclusive di Alessi Giacinto srl, operante nello stesso settore, aveva fatto uso del suo marchio nella propria denominazione sociale, in tal modo operando una contraffazione dello stesso, ha chiesto le che fosse inibito l’uso illecito di tale segno, sia come marchio, sia come cuore della ditta, sia come insegna, con la conseguente condanna alla rimozione di esso ed al risarcimento dei danni.

1.1. La convenuta si è costituita contestando la confondibilità dei segni ed il Tribunale di Palermo, sul rilievo del fatto che l’inserimento nei segni complessi del cognome ” A.” aveva funzione meramente descrittiva e non distintiva e che non sussisteva il rischio di confusione tra le due imprese (che, in quanto operanti nel settore della pubblicità, si rivolgevano a operatori capaci di scelte selettive), ha respinto tutte le domande.

2. L’appello proposto dalla Alessi Spa è stato rigettato dalla Corte territoriale (di Palermo) che ha confermato la sentenza impugnata e condannato l’appellante al pagamento delle spese processuali.

2.1. Secondo il giudice di appello, alla luce delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 480 del 1992, art. 6, (avvenute con la recezione in Italia della direttiva CEE n. 88/104 e l’introduzione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis), che hanno escluso il precedente regime di tutela esclusiva ed assoluta al segno patronimico, andava compiuta una verifica in concreto in ordine al carattere distintivo o semplicemente descrittivo dell’inserimento del patronimico (nella specie: il nome ” A.”) nel segno distintivo successivo, sebbene di pertinenza di un imprenditore sociale. Nel caso esaminato, il nucleo centrale del secondo segno (il vero e proprio “cuore del marchio”), secondo il giudice distrettuale, per l’ampiezza dei caratteri, l’uso di una doppia colorazione e l’originale intreccio di alcune lettere, era costituito dal logo “Esclusive”, non dal patronimico. Di conseguenza, il marchio complesso così formato indicherebbe semplicemente che la società denominata “Exclusive” si appartiene al signor ” A.G.”.

2.2. In conclusione, le differenze grafiche, stilistiche e di sostanza tra i due marchi dimostrerebbero l’originalità di quello della società Esclusive e la sua certa differenziazione rispetto al preesistente. Inoltre, la destinazione del prodotto offerto dalle due imprese di pubblicità a una cerchia selezionata di utenti, aventi sicure capacità di discriminazione del prodotto, impedirebbe ogni possibile confusione o associazione tra i segni.

3. Avverso tale decisione la Alessi Spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi di censura, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c., contro cui resiste la Excluslve di Alessi Giacinto srl, con controricorso e memoria illustrativa.

Diritto “uso del cognome come marchio”
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 227 c.p.c., e del R.D. n. 929 del 1942, art. 13, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente ha formulato il seguente duplice quesito di diritto: “a) Se sia violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c., omessa pronuncia su una specifica domanda di una parte, e se questa violazione si riverberi sull’intera decisione, determinandone la nullità, quando l’omessa disamina della domanda in questione costituisca il presupposto della sentenza; b) e se l’inserimento nella denominazione sociale di una società di capitali del marchio altrui costituisca violazione dell’art. 13 L.M. (ora 22 CPI)”.

Secondo la ricorrente, il giudice distrettuale avrebbe omesso di esaminare la domanda di inibitoria richiesta anche nella parte riguardante la denominazione o ragione sociale, sulla base dell’art. 13 L.M. (ora art. 22 CPI), che consentirebbe di esaminare il conflitto marchio-ditta allo stesso modo del conflitto marchio- marchio. E poichè non è consentito adottare come ditta, denominazione sociale o insegna un segno uguale o simile all’altrui marchio, nella specie il giudice distrettuale avrebbe omesso di rilevare anche una violazione dell’art. 13 menzionato. Tale omissione, anche motivazionale, avrebbe gravemente condizionato tutto il giudizio.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto: “Se la limitazione dei diritti di marchio di impresa registrato, di cui all’art. 1 bis, comma 1, lett. a), LM possa essere applicata solo in relazione all’uso nell’attività economica di nome e indirizzo di terzi persone fisiche, ovvero possa esserlo anche all’uso di denominazioni o ragioni sociali di società”.

La ricorrente, pur non ignorando l’esistenza di un diverso orientamento, dottrinale e giurisprudenziale (espresso anche dalla Corte di Giustizia UE, nel caso Anheuser – Busch Inc. – Budejovicky budvar, narodni podnik del 16 nov. 2004), afferma l’erroneità di tale indirizzo e la correttezza di quell’altro secondo cui l’art. 1- bis, lett. a) LM (ora 22, lett. a), CPI) andrebbe interpretato come applicabile solo alle persone fisiche e non alle società. Ciò in quanto: i) è il nome personale che rispecchia i caratteri più propri, intimi e pubblici dell’individuo, caratteristiche mancanti nei nomi delle società (salvo eccezioni, riferibili a società aventi una lunga storia); ii) il patronimico non è frutto della scelta di colui che ne è titolare, diversamente che per gli enti;

iii) l’opposta interpretazione finirebbe per legittimare il comportamento di chi mira a sfruttare, mettendosi nella sua scia, di un marchio preesistente.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto: “Se nel regime dell’art. 1 bis, comma 1, lett. a), LM, ed in quello successivo dell’art. 21.1.a) CPI, la liceità dell’uso da parte del terzo del proprio nome che collida con un anteriore marchio registrato altrui, sia subordinata alla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi del terzo”.

Assume la ricorrente che, ove anche si ritenesse applicabile l’art. I- bis, lett. a), LM al nome di società, la sentenza sarebbe errata.

Infatti, la condizione richiesta dalla norma (ossia la conformità ai principi della correttezza professionale, in funzione solo descrittiva) per l’affievolimento del diritto del titolare del marchio registrato (qualificato come di diritto di proprietà) è costituita dall’esistenza di una reale esigenza descrittiva, nella specie mancante di ogni motivazione.

1.4. Con il quarto motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente, in relazione alla presunta violazione di legge, ha formulato il seguente doppio quesito di diritto: “Se l’inserimento del marchio forte altrui nella propria denominazione sociale e nel proprio marchio complesso di fatto possa considerarsi oppure no legittimo sotto il profilo sia della tutela del marchio registrato, sia della correttezza professionale; e se la disciplina dell’art. 1 bis, lett. a), LM, ed in particolare il diritto ivi configurato di uso dell’attività economica del loro nome e indirizzo, sia applicabile anche alla denominazione sociale di società di capitali in quanto contengano il nome di un socio eguale o simile al marchio del titolare”.

Infatti, essendo il patronimico un marchio forte (o, addirittura, fortissimo), in quanto dotato di capacità distintiva (specie quando sia privo di significato di linguaggio comune e sia comunque inidoneo a richiamare l’attività del titolare), il suo inserimento in un marchio complesso (qual è quello della società resistente, secondo la motivazione del giudice distrettuale) costituirebbe sempre fattispecie confusoria e, quindi, illecita. Ciò in quanto, anche l’impossessamento di un singolo elemento dell’altrui marchio complesso, ove dotato di capacità distintiva, costituirebbe contraffazione del marchio, quantomeno per associazione o agganciamento (entrambe pratiche scorrette sotto il profilo professionale).

1.5. Con il quinto motivo di ricorso (violazione degli artt. 2564, 2567 e 2598 c.c., e dell’art. 17, comma 1, lett. c) LM, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente, in relazione alla presunta violazione di legge, ha formulato il seguente quesito di diritto: “Se la previsione dell’art. 1 bis, lett. a), LM (ora art. 21, comma 1, lett. a CPI), possa applicarsi anche all’ipotesi di contraffazione di ditta, specificamente se il diritto su di una ditta e/o denominazione sociale permetta al titolare di esso di vietare ai terzi l’uso nella attività economica del loro nome e indirizzo quando consistano in, o comprendano, quella ditta e/o denominazione sociale”.

Secondo la ricorrente, il giudice distrettuale avrebbe considerato come assorbite, dal rigetto della domanda basata sull’art. 1 bis LM, le richieste di inibitoria svolte, anche ai sensi degli artt. 2564, 2567 e 2598 c.c., con riferimento alla ditta ed alla denominazione sociale, entrambe costituite dal nome “Alessi”. Tale omissione, anche motivazionale, riguarderebbe anche l’applicabilità dell’art. 1 bis LM alla ditta.

2.1. Il primo motivo di ricorso può essere esaminato assieme al quinto, in quanto ne condivide la sorte, risultando del pari inammissibili.

2.2. Infatti, i due motivi difettano di autosufficienza non avendo il ricorrente indicato nè il quando nè il dove, ma soprattutto il come, siano stati proposti e posti nella fase di merito, specie quando – come nella specie – la sentenza di appello abbia trascurato di specificare ciò che il ricorrente presume di aver fatto.

2.3. In particolare, il primo motivo (con particolare riferimento al primo quesito proposto) pur facendo riferimento alle conclusioni rassegnate nel giudizio di appello (senza ulteriori specificazioni: data, udienza, verbale, ecc.) nulla aggiunge in ordine alla domanda introduttiva ed alla sua formulazione, con ciò rendendosi non autosufficiente ai fini dello scrutinio da parte di questa Corte.

2.4. Quanto alla seconda parte del quesito avanzato con il primo motivo (se l’inserimento nella denominazione sociale di una società di capitali del marchio altrui costituisca violazione dell’art. 13 L.M.), esso, al di là della indicazione della disposizione di legge (che è comunque compito del giudice: iura novit curia), è sostanzialmente assorbita dalla quarta censura di cui si passerà a dire tra breve.

2.5. Con riferimento al quinto motivo, invece, il ricorrente non può rimediare, come ha cercato di fare, alla stessa mancanza che ha afflitto anche il primo, attraverso il richiamo a luoghi e momenti del processo della fase di merito, con la memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c., che consente solo di meglio argomentare quanto già svolto ma non di rispondere alle eccezioni avversarie, tempestivamente sollevate (nella specie: l’eccezione di novità della questione sollevata solo nella fase di legittimità). Infatti, (per tutte, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7260 del 2005), questa Corte ha già chiarito che la memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ. ha la sola funzione di illustrare i motivi del ricorso, e non è pertanto idonea a far venire meno una causa di inammissibilità dei motivi stessi, sostituendosi, quoad effectum, ad essi.

3. I restanti motivi, invece, sono pienamente ammissibili, risultando chiaro dal combinato tra il testo del ricorso e quello della sentenza di merito, il tenore delle domande e delle questioni poste.

3.1. Queste, infatti, per il tramite della tutela accordata al marchio registrato, attengono anzitutto all’interpretazione dell’art. 1 bis, comma 1, lett. a) della legge marchi (LM) del 1942 (R.D. n. 929 del 1942), inserito, a seguito della riforma del 1992 (D.Lgs. n. 480 del 1992, emanato con la recezione in Italia della direttiva CEE n. 88/104), non più in vigore, essendolo ora l’art. 21 del Codice della proprietà industriale (CPI), di cui al D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Ma, come si è già accennato sopra, riguardano anche il problema della denominazione sociale e dei limiti che ad essa pone l’art. 13 L.M. (ora 22 CPI).

In particolare, attengono alle questioni che seguono, tra loro strettamente connesse:

a) se la limitazione dei diritti di marchio di impresa registrato possa essere applicata solo in relazione all’uso, nell’attività economica, di nome e indirizzo di terzi persone fisiche, ovvero possa esserlo anche riguardo all’uso di denominazioni o ragioni sociali di società (ed in particolare il diritto di uso dell’attività economica del “loro nome e indirizzo”, sia applicabile anche alla denominazione sociale di società di capitali in quanto contengano il nome di un socio eguale o simile al marchio del titolare);

b) se la liceità dell’uso da parte del terzo del proprio nome, che collida con un anteriore marchio registrato altrui, sia subordinata alla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi del terzo;

c) se l’inserimento del marchio forte altrui nella propria denominazione sociale e nel proprio marchio complesso di fatto possa considerarsi oppure no legittimo, sotto il profilo sia della tutela del marchio registrato, sia della correttezza professionale.

3.2. Con riferimento al marchio, in sè e per sè (ed in relazione al conflitto marchio-marchio), le questioni sollevate con i tre motivi di ricorso sopra menzionati trovano una risposta nel precedente di questa stessa sezione n. 29879 del 2011.

Con esso, infatti, si è esaminata una fattispecie concreta del tutto analoga, affrontandola e risolvendola nell’identico stadio della legislazione (ossia alla luce del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 1 bis, in materia di marchi registrati, nel testo aggiunto dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, art. 2).

In base a tale previgente articolazione normativa (ma, nella specie, applicabile ratione temporis), in una fattispecie in cui questa Corte ha ravvisato il cuore del secondo marchio (“AVC by Adriana V. Campanile”), nel patronimico comune ai due (“Campanile”), ritenendo insufficiente la differenziazione rispetto al primo marchio (“Campanile”), già registrato dal ricorrente e contrassegnante la produzione ed il commercio degli stessi prodotti, questa Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui “l’utilizzazione commerciale del nome patronimico, deve essere conforme ai principi della correttezza professionale e, quindi, non può avvenire in funzione di marchio, cioè distintiva, ma solo descrittiva, in ciò risolvendosi la preclusione normativa per il titolare del marchio di vietare ai terzi l’uso nell’attività economica del loro nome; ne consegue che sussiste la contraffazione quando il marchio accusato contenga il patronimico protetto, pur se accompagnato da altri elementi”.

3.2.1. Tale enunciato, peraltro, è stato ribadito anche nel quadro della legislazione attualmente vigente (ossia nel vigore del Codice della proprietà industriale, ai sensi del menzionato D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 21) dalla sentenza n. 6021 del 2014, con la quale è stato affermato che l’avvenuta modifica normativa, rispetto alla previsione del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 1 bis (con la soppressione dal testo normativo delle parole “e quindi non in funzione di marchio, ma solo in funzione descrittiva”), ha lasciato ferma la necessità che l’uso del marchio debba essere conforme ai principi della correttezza professionale (e, a tal proposito, si veda altresì il riferimento contenuto nella recentissima sentenza di questa sezione n. 23648/14 depositata il 6 novembre 2014).

3.3. Invero, una volta che un segno costituito da un certo nome anagrafico sia stato validamente registrato come marchio, neppure la persona che legittimamente porti quel nome può più adottarlo (come marchio) in settori merceologici identici o affini (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7482 del 1995). Il diritto al nome trova, perciò, una chiara compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, rispetto all’avvenuta sua registrazione da parte di altri.

E tuttavia, il rigore di tale previsione è attenuato dalla facoltà, consentita dalla legge, di far uso del proprio nome anagrafico (o del proprio indirizzo) che sia coincidente con un marchio registrato anteriore.

3.4. Tale limitazione, in apparenza, maggiore sotto il vigore del menzionato art. I-bis LM rispetto all’attuale tenore dell’art. 21 del CPI, è rimasto sostanzialmente immutato (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6021 del 2014), dovendosi avere riguardo al principio della correttezza professionale, come del resto richiede la stessa giurisprudenza comunitaria in tema di malafede nella registrazione dei marchi patronimici (da ultimo: Tribunale dell’Unione Europea, 11/07/2013, causa T-321/10; Corte giustizia dell’Unione Europea, 05/07/2011, causa C-263/09).

3.5. Nel caso che ci occupa, tuttavia, vi è stato l’inserimento di un marchio forte altrui (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4839 del 2000: è da escludere che il marchio costituito dall’uso di un patronimico possa essere considerato debole, sempre che il nome utilizzato non abbia alcuna relazione col prodotto e non venga usato nella consuetudine di mercato per designare una categoria di prodotti) nella propria denominazione sociale (conflitto marchio- ditta), oltre che nel proprio marchio complesso di fatto.

3.5.1. Infatti, il giudice di merito non ha correttamente considerato che il marchio patronimico ha generale valenza di marchio forte (così la dottrina prevalente e la stessa giurisprudenza di questa Corte: Sentenze nn. 4839 del 2000 e 29879 del 2011).

3.5.2. Per questa sola ragione il suo inserimento in altro marchio o in altra ragione sociale non può considerarsi nè legittimo nè lecito salvo che l’uso da parte del terzo del proprio nome (che collida con un anteriore marchio registrato altrui), sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi del terzo.

3.5.3. Nella specie, come illustrano le premesse fattuali del caso, l’inserimento nel marchio complesso e nella denominazione sociale della del cognome ” A.” – secondo la Corte territoriale – avrebbe avuto funzione meramente descrittiva e non distintiva e, perciò, non sussisterebbe il rischio di confusione tra le due imprese.

2.5.4. In tal modo, però, come osserva la ricorrente, la pretesa descrittività dell’addizione del patronimico al presunto cuore del marchio (la parola “Exlusive”) ha comportato una modificazione della denominazione sociale di una società di capitali con l’inserimento del nome di un socio eguale (o simile) a quello contenuto nel marchio anteriore, appartenente al suo titolare.

2.6. Non è tanto, quindi, un problema di inapplicabilità dell’uso del patronimico in ambito societario, come opina la ricorrente (pur consapevole del diverso indirizzo adottato dalla giurisprudenza comunitaria che, con quella sopra menzionata al p.3.4., mostra, quantomeno in tema di marchio di società, di non restringersi al solo caso citato nel ricorso), ma di valutazione della correttezza dell’uso del patronimico di un socio sia nel marchio e sia nella stessa denominazione sociale di una società di capitali. Ciò che non appare corretto in quanto (salvo, quantomeno nel regime antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, che nelle società di persone: cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9154 del 1997: l’inserimento nella ragione sociale di una società in accomandita semplice di un nome patronimico facente parte di un marchio brevettato da altro imprenditore è lecito, purchè l’uso dello stesso nome non importi confondibilità nel mercato ovvero non determini il presupposto dell’illecito concorrenziale) un socio di una tale compagine non connota affatto i beni o servizi offerti dalla stessa società in modo che sorga l’esigenza e l’interesse ad aggiungere una nota descrittiva nella sua ragione sociale. E ciò, in quanto, il soggetto che utilizza o finalizza beni e servizi 2: nel proprio ciclo economico è il soggetto-società, non i titolari (ad es.: persone fisiche) delle sue partecipazioni sociali. E, del resto, come correttamente nota la società ricorrente, tali partecipazioni possono essere cedute senza che la denominazione sociale debba mutare in corrispondenza della vicenda traslativa delle dette partecipazioni.

2.6.1. Si possono, al riguardo, concordandosi con il PG di udienza, corroborare le innanzi citate conclusioni, richiamando il “case” già scrutinato da questa Corte con un remoto, ma assai autorevole, precedente, quello offerto da Cass. Sez. 1, nella Sentenza n. 6678 del 1987: “Qualora due società di capitali inseriscano, nella propria denominazione, lo stesso cognome, il quale assuma per entrambe efficacia identificante, e si verifichi possibilità di confusione, in relazione all’oggetto ed al luogo delle rispettive attività, l’obbligo di apportare integrazioni o modificazioni idonee a differenziare detta denominazione, posto dall’art. 2564 c.c., a carico della società che per seconda abbia usato quella uguale o simile, non trova deroga nella circostanza che detto inserimento sia legittimo e riguardi il cognome di imprenditore individuale la cui impresa sia stata conferita nella società, poichè anche in tale ipotesi la denominazione della società può essere liberamente formata, nè nel fatto che il suddetto uso sia stato praticato per cinque anni ed in buona fede, senza contestazione, non essendo analogicamente applicabile, in tema di confondibilità fra ditte, il R.D. 21 giugno, n. 929, art. 48, sui marchi d’impresa (trattandosi di norma speciale circa la convalida, per effetto dell’indicato uso quinquennale, del brevetto viziato)”.

2.7. In conclusione, i tre motivi di ricorsi sono fondati (sia con riferimento ai profili del conflitto marchio-marchio che a quelli del conflitto marchio-denominazione sociale) e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio affinchè il giudice di merito (in uno con la liquidazione delle spese di questa fase) compia un nuovo esame dei fatti e delle domande proposte dalla ricorrente, facendo applicazione dei seguenti principi di diritto:

Un segno distintivo costituito da un certo nome anagrafico e validamente registrato come marchio, non può essere di regola adottato, in settori merceologici identici o affini, nè come marchio nè come denominazione sociale, salvo il principio di correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, atteso che il diritto al nome trova, se non una vera e propria elisione, una sicura compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, ove esso sia divenuto oggetto di registrazione da parte di altri;

L’inserimento nella denominazione sociale del patronimico di uno dei soci, coincidente con il nome proprio precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, non è conforme alla correttezza professionale, se non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi offerti, esigenza non ravvisabile per la sola circostanza che il nome sia patronimico di un socio.

PQM

Accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Palermo, in altra composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 8 gennaio 2015.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2015

Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015

 uso del cognome come marchio

Alessi vs Alessi Giacinto

Alessi vs Alessi Giacinto




Marchio fiere RIMINI FIERA

marchio fiere Rimini

Il marchio fiere RIMINI FIERA vince il round in cassazione contro il marchio RIMINI FIERE

marchio fiere RIMINI FIERA contro marchio RIMINI FIERE

Attraverso l’uso diffuso nel mercato, un marchio originariamente debole (se non addiritttura nullo) in quanto descrittivitivo del servizio che deve contraddistinguere e neppure formalmente registrato, può diventare forte, celebre (quindi tutelabile anche in altri settori merceologici) e prevalere come marchio di fatto anche su marchi registrati successivamente.

Il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione.

Cassazione civile  sezione I, 16.11.2015, n. 23393 “marchio fiere”

RIMINI  FIERA  S.P.A. contro RIMINIFIERE  S.R.L.

di seguito la sentenza integrale Marchio fiere – Rimini Fiera

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA CIVILE “marchio fiere”

ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso 15802/2011 proposto da:

RIMINIFIERE  S.R.L.  – ricorrenti –

contro

RIMINI  FIERA  S.P.A. – controricorrenti –

avverso  la  sentenza n. 1714/2010 della CORTE D’APPELLO  di  NAPOLI, depositata il 07/05/2010 “marchio fiere”

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO “marchio fiere”

Con citazione notificata il 12/3/2005, a seguito di pronuncia di incompetenza del Tribunale di Roma preventivamente adito, la s.p.a. Rimini Fiera già Ente Autonomo Fiera di Rimini, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli la Riminifiere srl per ottenere la pronuncia di nullità del marchio Riminifiere depositato dalla convenuta il 12.10.01 e della relativa registrazione.

Si costituiva la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda ed avanzando domanda riconvenzionale perchè fosse dichiarata la nullità del marchio nazionale e comunitario “RiminiFiera” dell’attrice, successivamente registrato.

Rigettata istanza di sospensione del giudizio in attesa dell’esito di altro giudizio promosso dalla convenuta dinnanzi al Tribunale di Rimini, culminato con sentenza di rigetto della domanda ed oggetto di gravame, il Tribunale di Napoli, con sentenza del l’17/3/2007- 13/4/2007, in accoglimento della domanda attrice dichiarava la nullità del marchio “Riminifiere” della convenuta, registrato il 24/3/2003, dichiarava la litispendenza della domanda riconvenzionale di nullità del marchio italiano “Riminifiera” dell’attrice rispetto al giudizio all’epoca pendente dinnanzi alla Corte di Appello di Bologna, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale di nullità del marchio comunitario dell’attrice, provvedeva sulle spese di lite e altri provvedimenti accessori.

Il Tribunale riteneva provato il preuso del marchio di fatto dell’attrice con notorietà nazionale non limitata in ambito locale almeno fin dagli anni 90, in base alla documentazione prodotta, rilevando l’esistenza di siti internet registrati dall’attrice dal 1997 e fino al 2001, quali segni distintivi autonomi. Rilevava, inoltre, che il marchio di fatto “Riminifiera” era sicuramente valido con capacità distintiva, laddove quello della convenuta era del tutto simile e confondibile, essendo l’unica differenza la vocale finale, “e” invece di “a” di scarsissimo rilievo, atteso anche lo scarso valore dell’aspetto grafico di entrambi i marchi e l’affinità dei settori, anzi la parziale coincidenza dei servizi assicurati dalle parti. Riconosceva, infine il carattere di rinomanza al marchio dell’attrice onde la tutela ultramerceologica, nonchè l’esclusione della novità del marchio registrato dalla convenuta, stigmatizzando il carattere nullo del domain name corrispondente al marchio usato dalla convenuta, di carattere decettivo, generante,cioè confusione negli utenti sulla qualità dei servizi di riferimento, con ulteriore profilo di nullità.

Avverso tale decisione proponeva appello la convenuta, lamentando il mancato accoglimento dell’istanza di sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello pendente tra le parti presso la Corte di Appello di Bologna, nonchè la pronuncia di litispendenza sulla sua domanda riconvenzionale e la pronuncia di inammissibilità della domanda concernente il marchio comunitario, ritenuta erroneamente priva di connessione con le domande svolte in giudizio.

Nel merito, l’appellante ribadiva la piena validità del proprio marchio, come segno nuovo ed originale, che doveva qualificarsi come marchio forte. L’appellante ribadiva che il segno della appellata non poteva considerarsi marchio valido o marchio di fatto nonchè l’assenza di rischio confusorio anche, con riferimento al domain name e che l’attività svolta su internet era del tutto lecita, essendosi essa limitata, nel suo sito a pubblicare un elenco delle manifestazioni organizzate a Rimini.

Riprendeva poi le difese in materia di abuso di posizione dominante da parte dell’appellata di violazione del diritto al nome e sosteneva che il marchio di fatto di quest’ultima non poteva considerarsi di rinomanza al fine del riconoscimento di una tutela ultramerceologica, ribadendo la sua assenza di mal fede.

Si costituiva l’appellata, deducendo la pretestuosità nonchè l’infondatezza del gravarne chiedendo la conferma della sentenza.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 1714/10 rigettava l’appello. “marchio fiere”

Avverso la detta decisione ricorre per cassazione la Riminifiere srl sulla base di sei motivi cui resiste con controricorso la Riminifìera spa.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto “marchio fiere”

MOTIVI DELLA DECISIONE “marchio fiere”

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 300 c.p.c., per la mancata interruzione del processo a seguito della trasformazione dell’Ente autonomo Fiera di Rimini,parte originaria nel giudizio, in Rimini Fiera spa.

Con il secondo motivo nega che l’espressione Riminifiera costituisca un marchio di fatto, e per di più “forte”, con capacità distintiva acquisita grazie alla registrazione come nome a dominio.

Con il terzo motivo contesta la tesi sostenuta dalla sentenza secondo cui il termine “fiera” non potesse essere utilizzato se non dagli enti e dalla imprese la cui attività consistesse nella organizzazione di manifestazioni fieristiche e non da imprese che svolgessero un diverso tipo di attività.

Con il quarto motivo deduce nuovamente con più approfondite argomentazioni che l’espressione Riminifiera non riveste natura di marchio forte.

Con quinto ed il sesto motivo contesta il carattere di rinomanza riconosciuto al marchio Riminifiera e l’esistenza di un rischio di confusione tra i due marchi oggetto di controversia anche in ragione delle diverse classi merceologiche cui essi si riferiscono.

Va preliminarmente esaminata la questione di nullità del processo sollevata in udienza dal PG per non essere stato il PM parte nei giudizi di primo e secondo grado con conseguente richiesta di rinvio della causa in primo grado per l’integrazione del contraddittorio.

L’eccezione non può essere accolta. “marchio fiere”

Questa Corte ha già chiarito in via generale che nei procedimenti in cui sia previsto l’intervento obbligatorio del P.M., la nullità derivante dalla sua omessa partecipazione al giudizio si converte in motivo di gravame ai sensi degli artt. 158 e 161 c.p.c., secondo un orientamento consolidato, il rinvio contenuto nell’ultima parte dell’art. 158 c.p.c., al successivo art. 161, comporta la conversione, anche con riferimento all’ipotesi della nullità derivante dalla mancata partecipazione del pubblico ministero, in mezzo di impugnazione (Cass., 31 marzo 2011, n. 7423; Cass., 3 maggio 2000, n. 5504; Cass., 23 febbraio 2000, n. 2073).

Avuto riguardo anche alla disposizione contenuta nell’art. 397 c.p.c., n. 1, che prevede l’ipotesi specifica della revocazione proponibile dal solo pubblico ministero nelle cause in cui il proprio intervento è obbligatorio, deve ritenersi che le altre parti non siano legittimate, in via concorrente, a proporre impugnazione in relazione a tale omissione (Cass., 2 dicembre 1993, n. 11960; Cass. 16361/14).

Nella presente causa nessuna impugnazione è stata proposta da nessuna delle parti nè dal PM. Si aggiunge peraltro che nel caso di specie, in cui si verte in tema di proprietà industriale, è stato altresì chiarito che l’art. 122 del codice della proprietà intellettuale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) prevede che “in deroga all’art. 70 c.p.c., l’intervento in causa del P.M. non è obbligatorio” nelle cause che vertono sulla decadenza o nullità di un titolo di proprietà industriale, nè il successivo art. 245, che contiene le disposizioni di carattere transitorio, ha introdotto alcun elemento di novità nell’ordinamento, con la conseguenza che le nuove disposizioni processuali trovano immediata applicazione ai processi in corso relativamente agli atti da compiere successivamente alla loro entrata in vigore, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 preleggi. Pertanto, non essendo più obbligatoria la partecipazione del P.M. al giudizio, a partire dal 19 marzo 2005 (data in cui è entrato in vigore il predetto codice), questi non acquista la qualità di parte necessaria, ove, come nella specie, non sia intervenuto in giudizio, sicchè non sussiste, in grado di appello, la necessità d’integrare il contraddittorio nei suoi confronti, (Cass. 9548/12).

E’ appena il caso di rilevare che alla fattispecie in esame è applicabile ratione temporis il citato art. 122 c.p.i, poichè il giudizio è iniziato con citazione del 12.3.05 onde lo stesso si è svolto sotto il vigore della nuova normativa.

Il primo motivo è infondato. “marchio fiere”

Nel caso di specie si è verificata la privatizzazione di un ente pubblico in società per azioni.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che in caso di c.d. privatizzazione degli enti pubblici realizzata senza l’estinzione del preesistente soggetto a fronte della costituzione di quello nuovo, con trasferimento a quest’ultimo dei rapporti attivi e passivi di cui il primo era in precedenza titolare, si ha mera trasformazione del soggetto preesistente in un diverso tipo di persona giuridica. (Cass. 27139/06).

Nel caso di specie, la legge regionale Emilia Romagna 12/2000 non contiene espressa menzione dell’estinzione dell’Ente, nè ne prevede la soppressione e la liquidazione per cui il medesimo risulta meramente trasformato in società di capitali, senza estinzione nè mutamento di stato – bensì solo di forma di organizzazione – a tale vicenda pertanto sopravvivendo senza soluzione di continuità con mantenimento della propria identità soggettiva.

Ne consegue che nessun evento interruttivo si è verificato ancorchè la detta trasformazione sia intervenuta in corso di causa. (Cass. sez. un 6841/96).

Si osserva, in particolare, che l’art. 8, della citata legge regionale, laddove prevede che “gli entri autonomi fieristici di Bologna, Parma, Piacenza e Rimini sono tenuti a trasformarsi in distinte società per azioni “entro il termine di 730 giorni dalla entrata in vigore della legge”, lascia persistere la soggettività dell’ente non prevedendone l’estinzione o la liquidazione bensì la semplice trasformazione.

Nel caso di specie peraltro il motivo risulta manifestamente infondato poichè la causa è stata iniziata nel 2004 dalla Rimini Fiera spa ben quattro anni dopo l’avvenuta trasformazione onde nessun problema di estinzione del soggetto processuale sussiste.

Il secondo motivo con cui si contesta il carattere forte del marchio della contro ricorrente è in parte inammissibile ed in parte infondato. “marchio fiere”

Occorre preliminarmente rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare (fatta salva la convalidazione di cui al R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 48) il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione. (Cass. 14342/03).

Nel caso di specie la Corte d’appello di Napoli ha accertato il preuso a carattere nazionale del Marchio Riminifiera della contro ricorrente essendo lo stesso stato adoperato in occasione di fiere, saloni internazionali,inserito in pubblicazioni internazionali e adoperato su siti internet registrati dal 1997.

La Corte di appello ha rilevato con la motivazione dianzi descritta la sussistenza del secondary meaning per cui il marchio, di per sè descrittivo, in ragione della sua diffusione non solo a livello nazionale ma anche internazionale ha acquisito per effetto della predetta divulgazione un carattere distintivo particolarmente intenso tal da doversi considerare non solo un marchio forte ma addirittura un marchio notorio tale da ottenere un tutela ultramerceologica.

Il motivo non contesta tali circostanze ma si limita a contestare il carattere forte del marchio in esame sostenendo che, essendo lo stesso puramente descrittivo e generico, sarebbe in realtà un marchio debole.

Ciò rende in primo luogo la censura inammissibile in quanto non censura la ratio decidendi non contestando la rilevanza delle argomentazioni circa la acquisita notorietà del marchio.

La stessa sarebbe comunque priva di fondamento.

Questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la tutela del cosiddetto “secondary meaning“, prevista dal R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 47 bis, introdotto dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, si riferisce ai casi in cui un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintive per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, acquisti in seguito tali capacità, in conseguenza del consolidarsi del suo uso sul mercato, così che l’ordinamento si trova a recepire il “fatto” della acquisizione successiva di una “distintività” attraverso un meccanismo di “convalidazione” del segno (Cass. 8119/09).

Va ulteriormente osservato che il principio del secondary meaning è estensibile anche al caso di trasformazione di un marchio originariamente debole in un marchio forte.

Questa Corte ha infatti già chiarito che, la distinzione tra marchi forti e marchi deboli non si specifica ulteriormente, quanto ai marchi forti, a seconda che tale natura sia originaria oppure acquisita con l’uso di mercato, onde, in presenza di un fenomeno di “secondary meaning”, va riconosciuta al marchio “originariamente” debole la stessa tutela accordata ai marchi “originariamente” forti e l’accertamento della relativa contraffazione va effettuato secondo i criteri che presiedono alla tutela del marchio forte, atteso che il segno risultante in origine caratterizzato da una minor capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all’uso, abbisogna della più rigorosa tutela riconosciuta al marchio forte, in mancanza della quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve invece tollerare otterrebbero l’effetto di frustrare il risultato conseguito attraverso l’uso di mercato. (Cass. 5091/00 – Cass. 12940/03 – v. anche Cass. 10071/08).

Anche il terzo motivo risulta infondato. “marchio fiere”

La società ricorrente contesta in sostanza che al marchio della sua controparte non poteva essere riconosciuta la protezione ultramerceologica.

Tuttavia il motivo non si incentra in termini specifici sulla questione della rinomanza attribuita al marchio della controricorrente dalla Corte d’appello sostenendo, invece, la diversa argomentazione secondo cui, non svolgendo essa attività di carattere fieristico, non le si poteva precludere l’uso del marchio recanti i nomi Fiera e Rimini.

Tale censura non coglie in alcun modo la ratio decidendi della sentenza che ha fatto discendere dalla natura di marchio celebre della controricorrente il fatto che lo stesso godesse di protezione ulteramerceologica.

E’ fin troppo nota la giurisprudenza sul punto di questa Corte secondo cui in relazione ai marchi cosiddetti “celebri”, infatti, deve accogliersi una nozione più ampia di “affinità” la quale tenga conto del pericolo di confusione in cui il consumatore medio può cadere attribuendo al titolare del marchio celebre la fabbricazione anche di altri prodotti non rilevantemente distanti sotto il piano merceologico e non caratterizzati – di per sè – da alta specializzazione. (Cass. 14315/99) cosicchè il prodotto meno noto si avvantaggi di quello notorio e del suo segno.. (Cass. 13090/13).

Del tutto correttamente quindi la Corte d’appello ha ritenuto che il carattere di rinomanza del marchio della contro ricorrente escludesse la possibilità di una sua utilizzazione anche per merci e servizi non affini e la censura, non cogliendo siffatta ratio, deve ritenersi inammissibile.

Il quarto motivo è infondato. “marchio fiere”

L’assunto della ricorrente secondo cui il proprio marchio Rimini Fiere sarebbe un marchio forte perchè, non svolgendo essa attività fieristica, costituirebbe un marchio di fantasia.

L’infondatezza di tale assunto discende da quanto affermato in occasione del motivo precedente e, cioè che, essendo il marchio della contro ricorrente un marchio notorio, non è consentito ad altri soggetti l’utilizzo dello stesso marchio anche per prodotti o servizi non affini, a prescindere che il marchio della ricorrente possa in astratto essere considerato un marchio forte.

Infondato è poi l’assunto secondo cui il marchio della contro ricorrente sarebbe un marchio denominativo mentre quello della ricorrente sarebbe un marchio complesso in cui è inserito anche il termine Riminifiere.

E’ fin troppo nota sul punto la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il marchio complesso è costituito da una composizione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante, il cui esame da parte del giudice deve effettuarsi in modo parcellizzato per ciascuno di essi, pur essendone la forza distintiva affidata all’elemento costituente il c.d. cuore del marchio. Esso si distingue dal marchio d’insieme, in cui manca l’elemento caratterizzante e tutti i vari elementi sono singolarmente privi di distintività, derivando il valore distintivo, più o meno accentuato, soltanto dalla loro combinazione o, appunto, dal loro “insieme”. Ne deriva che, mentre nel marchio complesso ogni singolo segno in esso incluso che abbia capacità distintiva è tutelabile autonomamente come marchio, in quello d’insieme i singoli segni non sono autonomamente tutelabili come privative. (Cass. 24610/10).

In primo luogo la ricorrente non precisa quali sarebbero gli ulteriori elementi distintivi inseriti nel proprio marchio complesso dotati di autonoma capacità distintiva. Va inoltre rammentato che, di regola e salvo diversa espressa allegazione e prova, il carattere distintivo di un marchio complesso va di regola individuato nella sua parte denominativa onde nel caso di specie deve ritenersi che,in assenza di ogni ulteriore allegazione della ricorrente, il termine Riminifiere sia quello avente capacità distintiva, ma per quanto in precedenza detto tale segno risulta contraffazione del marchio della ricorrente.

La ricorrente deduce anche una violazione del diritto al nome ai sensi dell’art. 7 c.c..

Tale assunto è manifestamente infondato poichè tale norma è inerente ai diritti della personalità della persona fisica mentre la ditta rientra nella protezione dei “segni distintivi” nell’ambito del diritto commerciale, ossia quella della L. n. 929 del 1942, art. 21, (Cass. 16022/00; Cass. 2735/98; 24620/10).

Infondato è anche il quinto motivo che si basa sull’assunto che il marchio della Rimini Fiere spa sia un marchio debole quando invece lo stesso è stato riconosciuto forte e di rinomanza come evidenziato in occasione dell’esame del secondo motivo.

Valgono sul punto le argomentazioni in precedenza espresse.

Il sesto motivo è inammissibile prima ancora che infondato. “marchio fiere”

Con tale motivo si contesta la ritenuta confondibilità tra i due marchi.

La censura risulta invero del tutto generica.

Non vengono invero addotti argomenti specifici per cui la valutazione della Corte d’appello sarebbe inadeguata limitandosi a sostenere che non era stata analizzata la documentazione prodotta, di cui peraltro, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non viene indicato di quali documenti si trattasse e dove gli stessi siano rinvenibili tra la documentazione della fase di merito e facendo addirittura invito a questa Corte di analizzare il contenuto del sito web; attività preclusa in questa sede di legittimità.

In ogni caso, si rileva che sul punto la Corte d’appello ha osservato che la veste grafica dei due marchi era irrilevante e che la confondibilità risultava dal fatto che i due marchi divergevano solo per la lettera finale.

Tale motivazione risulta del tutto corretta anche se sintetica e sul punto ci si riporta a quanto espresso in occasione del quarto motivo circa i marchi complessi ed i marchi denominativi.

E’ infatti evidente che la Corte d’appello ha ritenuto che nel caso specie l’elemento qualificante e distintivo del marchio della ricorrente fosse il termine Riminifiera avente carattere determinante mentre gli altri elementi grafici non avevano alcun carattere distintivo autonomo.

Non sussistono infine le condizioni per la rimessione alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del TFUE. La questione di cui il ricorrente chiede la rimessione alla Corte di giustizia è la seguente “si chiede all’Ecc.mo Collegio di trasmettere gli atti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee alfine di verificare se la registrazione da parte di una società di un marchio corrispondente alla propria denominazione possa essere considerata nulla in ragione peraltro del fatto che il segno distintivo sia in grado di assumere i connotati del marchio forte, non essendo direttamente ricollegabile all’attività svolta dalla società stessa”.

In primo luogo la richiesta è del tutto priva di argomentazioni illustrative ed esplicative non essendo tra l’altro neppure indicato in relazione a quale articolo della direttiva comunitaria 89/104 CE si richiede l’interpretazione della Corte di Giustizia.

Inoltre, la stessa è del tutto irrilevante in relazione alla decisione adottata.

Il principio affermato è che il marchio della controricorrente è un marchio di rinomanza con estensione della protezione ultramerceologica. Posto che il marchio della ricorrente è successivo, vale il principio generale di cui all’art. 4, n. 2, della direttiva 89/104 CEE secondo cui è escluso dalla registrazione o se registrato può essere dichiarato nullo il marchio se questo è identico o simile ad un marchio anteriore e l’identità o la somiglianzà dei prodotti o dei servizi crea un rischio di confusione per il pubblico in ragione anche del rischio di associazione tra i due marchi.

Vale poi nel caso di specie il principio specifico di cui all’art. 4, comma 4, della citata direttiva secondo cui il marchio identico o simile ad altro già registrato non è suscettibile di registrazione anche in relazione a prodotti non affini rispetto a quelli cui si riferisce il marchio già registrato se quest’ultimo gode di notorietà.

In siffatte previsioni normative è del tutto irrilevante il carattere forte o debole del marchio successivo.

Il ricorso va in conclusione respinto. “marchio fiere”

La società ricorrente va di conseguenza condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 8000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Manda alla cancelleria per la comunicazione del dispositivo della presente sentenza all’UIBM. Così deciso in Roma, il 25 settembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2015 “marchio fiere”

Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015

marchio fiere

marchio fiere – RIMINI FIERA




Marchio mobili DIVANI E DIVANI

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Il marchio mobili DIVANI E DIVANI vince il round in cassazione contro il marchio DIVINI E DIVANI

marchio mobili DIVANI E DIVANI contro marchio DIVINI E DIVANI

Cassazione civile sezione I, 02.02.2015, n. 1861

Natuzzi S.p.A. contro Divini & Divani S.r.l.

BENI – Immateriali – Marchio – Debole o forte – Marchio debole – Tutela contro la contraffazione – Presupposti – Adozione di mere varianti formali – Sufficienza – Fattispecie
In tema di marchi di impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non preclude la tutela nei confronti della contraffazione in presenza dell’adozione di mere varianti formali, in sé inidonee ad escludere la confondibilità con ciò che del marchio imitato costituisce l’aspetto caratterizzante, non potendosi, invero, limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza prossima all’identità, cioè di sostanziale sovrapponibilità del marchio utilizzato dal concorrente a quello registrato anteriormente. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto insuscettibile di tutela il marchio costituito dalla combinazione di parole di uso comune “Divani & Divani” benché le stesse avessero assunto efficacia individualizzante del prodotto). (Cassa con rinvio, Bari, 21/04/2008)

Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015

marchio mobili divani e divani

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ROSSI & MARTIN Ufficio Marchi e Brevetti è composto dagli avvocati dello studio legale Rossi & Martin abilitati ad operare sia per la registrazione ed il rinnovo di marchi e brevetti che per la tutela legale, sia stragiudiziale che giudiziale in tutta Italia oltre che nell’Unione Europea ed in tutto il mondo grazie alla rete di consulenti e domiciliatari IN – Infogiur Network. Per i brevetti d’invenzione più complessi ci avvaliamo della collaborazione esterna di ingegneri specializzati.

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registriamo e tuteliamo marchi dal 2004

Per depositare il tuo marchio o il tuo brevetto lavoriamo dai nostri uffici di Parma e La Spezia ed operiamo, con clienti di tutta Italia e di tutto il mondo, su tre livelli:

Italia (marchi nazionali): operiamo per clienti di tutta italia e di tutto il mondo direttamente con tutte le camere di commercio italiane e con l’Ufficio Marchi e Brevetti Italiano con sede a Roma

Unione Europea (marchi comunitari): operiamo per clienti di tutta italia e di tutto il mondo direttamente con l’Ufficio per l’Armonizzazione del Mercato interno, autorità competente per i marchi comunitari, con sede ad Alicante (Spagna)

Mondo (marchi internazionali): operiamo per clienti di tutta italia e di tutto il mondo direttamente con la World Intellectual Property Organization con sede a Ginevra (Svizzera)

Quindi con il nostro Ufficio Marchi e Brevetti siamo in grado di depositare il tuo marchio o il tuo brevetto ovunque si trovi la tua impresa. Normalmente le pratiche sono risolte interamente per posta elettronica e telefono, ma se preferisci potrai recarti presso un Ufficio Marchi e Brevetti per te più comodo (Parma o La Spezia) o chiederci di raggiungerti presso la sede della tua impresa.

Il nostro Ufficio Marchi e Brevetti garantisce anche ogni altro servizio in merito al tuo marchio o al tuo brevetto, dal rinnovo alla cessione alla tutela legale.

Il nostro Ufficio Marchi e Brevetti in Italia opera per le seguenti province

Abruzzo
registrazione marchi e brevetti  
Teramo
Pescara

avvocato Giulio De Carolis registrazione marchi Pescara

avvocato Giulio De Carolis registrazione marchi Pescara

Chieti
Basilicata  
registrazione marchi e brevetti
Potenza

avv. Mariagrazia RUGGIERI registrazione marchi Potenza

avv. Mariagrazia RUGGIERI registrazione marchi Potenza

Matera
Calabria  
registrazione marchi e brevetti Cosenza
Catanzaro
Reggio di Calabria
Crotone
Vibo Valentia
Campania  
registrazione marchi e brevetti Napoli
Benevento
Caserta 
Avellino
Salerno
Emilia-Romagna  
registrazione marchi e brevetti Piacenza
Parma

avvocato diritto commerciale Parma

avvocato Luigi Martin registrazione marchi Parma

Reggio nell’Emilia
Modena

avvocato Cristina Battilega registrazione marchi Modena

avvocato Cristina Battilega registrazione marchi Modena

Bologna

Avv. Benedetta Taglioli Bertuzzi – Bologna

Ferrara
Ravenna

Forli’-Cesena
Rimini

Carpi

Friuli-Venezia Giulia  
registrazione marchi e brevetti Udine
Gorizia
Trieste
Pordenone
Lazio  
registrazione marchi e brevetti Roma
Rieti
Viterbo
Latina
Frosinone
Liguria  
registrazione marchi e brevetti Imperia
Savona
Genova
La Spezia
Lombardia  
registrazione marchi e brevetti Milano
Como
Sondrio
Monza Brianza
Bergamo

Brescia

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Cremona
Mantova
Lecco
Lodi
Marche
registrazione marchi e brevetti Ancona
Pesaro e Urbino
Macerata
Ascoli Piceno

Molise  
registrazione marchi e brevetti Campobasso
Isernia
Piemonte  
registrazione marchi e brevetti Torino
Vercelli
Novara
Cuneo
Asti
Alessandria

avv. Monica Sozzi – registrazione marchi Alessandria

Biella
Verbano-Cusio-Ossola
Puglia  
registrazione marchi e brevetti Bari

Foggia
Taranto
Brindisi
Lecce
Sardegna  
registrazione marchi e brevetti Sassari
Nuoro
Cagliari
Oristano
Sicilia  
registrazione marchi e brevetti Trapani
Palermo
Messina
Agrigento

avvocato Luca Vetro registrazione marchi Agrigento

avvocato Luca Vetro registrazione marchi Agrigento

Caltanissetta
Enna
Catania
Ragusa
Siracusa
Toscana  
registrazione marchi e brevetti Firenze
Lucca
Pistoia
Massa-Carrara
Livorno
Pisa
Arezzo
Siena
Grosseto
Prato

avv. Alessandro BARTOLINI registrazione marchi Prato

avv. Alessandro BARTOLINI registrazione marchi Prato

Trentino-Alto Adige
registrazione marchi e brevetti Trento  
Bolzano
Umbria  
registrazione marchi e brevetti Perugia
Terni
Valle d’Aosta  
registrazione marchi e brevetti Aosta
Veneto  
registrazione marchi e brevetti Verona

Avv. Leonardo Pasetto – registrazione marchi Verona

Belluno
Treviso
Venezia
Padova
 Vicenza

Avv. Carlo Rossi – foro della Spezia — Avv. Luigi Martin – foro di Parma

Ufficio Marchi e Brevetti , noi provvediamo per te alla registrazione del tuo marchio o del tuo brevetto

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Registrare un marchio a Genova 2015

Ufficio Marchi Brevetti Genova

Registrare un marchio a Genova – report 2015

l’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN riferisce che nel gennaio 2015 sono state 44 le domande per registrare un marchio a Genova.

>>Come registrare un marchio a Genova con l’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN<<

Chi ha depositato un marchio a Genova?

Le domande per registrare un marchio a Genova sono state intestate (almeno formalmente) principalmente a persone fisiche (20 depositi) poi a società a responsabilità limitata (12 depositi), al terzo posto le società per azioni (4 depositi).

ecco le categorie di soggetti che hanno deciso di registrare un marchio a Genova (per domande di registrazione):

persone fisiche: 20

associazioni: 1

associazioni sportive: 1

società in nome collettivo (S.n.c.): 3

società in accomandita semplice (S.a.s.): 3

società a responsabilità limitata (S.r.l.): 12

società per azioni (S.p.A.): 4

Registrare un marchio a Genova con l’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN

Per quali prodotti e servizi sono stati depositati i marchi a Genova?

Le domande più numerose (10) sono state per la classe di servizi n. 41 (educazione, formazione, divertimento, attività sportive e culturali ), a seguire con cinque domande ciascuna le classi n. 18 (Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; Pelli di animali; Bauli e valigie; Ombrelli e ombrelloni; Bastoni da passeggio; Fruste e articoli di selleria), n. 25 (articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria), n. 30 (Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè; Riso; Tapioca e sago; Farine e preparati fatti di cereali; Pane, pasticceria e confetteria; Gelati; Zucchero, miele, sciroppo di melassa; Lievito, polvere per fare lievitare; Sale; Senape; Aceto, salse (condimenti); Spezie; Ghiaccio), n. 32 (Birre; Acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; Bevande a base di frutta e succhi di frutta; Sciroppi e altri preparati per fare bevande) e n. 33 (Bevande alcoliche (escluse le birre))

Chi ha deciso di registrare un marchio a Genova ha scelto le seguenti classi

Classe Descrizione  numero domande deposito
1 Prodotti chimici destinati all’industria, alle scienze, alla fotografia, come anche all’agricoltura, all’orticoltura e alla silvicoltura; Resine artificiali allo stato grezzo, materie plastiche allo stato grezzo; Concimi per i terreni; Composizioni per estinguere il fuoco; Preparati per la tempera e la saldatura dei metalli; Prodotti chimici destinati a conservare gli alimenti; Materie concianti; Adesivi (materie collanti) destinati all’industria domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
2 Colori, vernici, lacche; Prodotti preservanti dalla ruggine e dal deterioramento del legno; Materie tintorie; Mordenti; Resine naturali allo stato grezzo; Metalli in fogli e in polvere per pittori, decoratori, tipografi e artisti  domande per registrare un marchio a Genova: due
3 Preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; Preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; Saponi; Profumeria, olii essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; Dentifrici domande per registrare un marchio a Genova: una
4 Olii e grassi industriali; Lubrificanti; Prodotti per assorbire, bagnare e far rapprendere la polvere; Combustibili (comprese le benzine per i motori) e materie illuminanti; Candele e stoppini per illuminazione domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
5 Prodotti farmaceutici e veterinari; Prodotti igienici per scopi medici; Alimenti e sostanze dietetiche per uso medico o veterinario, alimenti per neonati; Complementi alimentari per umani ed animali; Impiastri, materiale per fasciature; Materiali per otturare i denti e per impronte dentarie; Disinfettanti; Prodotti per la distruzione degli animali nocivi; Fungicidi, erbicidi domande per registrare un marchio a Genova: due
6 Metalli comuni e loro leghe; Materiali per costruzione metallici; Costruzioni metalliche trasportabili; Materiali metallici per ferrovie; Cavi e fili metallici non elettrici; Serrami e chincaglieria metallica; Tubi metallici; Casseforti; Prodotti metallici non compresi in altre classi; Minerali domande per registrare un marchio a Genova: due
7 Macchine e macchine-utensili; Motori (eccetto quelli per veicoli terrestri); Giunti e organi di trasmissione (eccetto quelli per veicoli terrestri); Strumenti agricoli tranne quelli azionati manualmente; Incubatrici per uova; Distributori automatici domande per registrare un marchio a Genova: una
8 Utensili e strumenti azionati manualmente; Coltelleria, forchette e cucchiai; Armi bianche; Rasoi domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
9 Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; Apparecchi e strumenti per la conduzione, distribuzione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità; Apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; Supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; Compact disk, DVD e altri supporti di registrazione digitale; Meccanismi per apparecchi di prepagamento; Registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione, computer; Software; Estintori domande per registrare un marchio a Genova: quattro
10 Apparecchi e strumenti chirurgici, medici, dentari e veterinari, membra, occhi e denti artificiali; Articoli ortopedici; Materiale di sutura domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
11 Apparecchi di illuminazione, di riscaldamento, di produzione di vapore, di cottura, di refrigerazione, di essiccamento, di ventilazione, di distribuzione d’acqua e impianti sanitari domande per registrare un marchio a Genova: due
12 Veicoli; Apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici domande per registrare un marchio a Genova: una
13 Armi da fuoco; Munizioni e proiettili; Esplosivi; Fuochi d’artificio domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
14 Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; Oreficeria, gioielleria, pietre preziose; Orologeria e strumenti cronometrici domande per registrare un marchio a Genova: una
15 Strumenti musicali domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
16 Carta, cartone e prodotti in queste materie, non compresi in altre classi; Stampati; Articoli per legatoria; Fotografie; Cartoleria; Adesivi (materie collanti) per la cartoleria o per uso domestico; Materiale per artisti; Pennelli; Macchine da scrivere e articoli per ufficio (esclusi i mobili); Materiale per l’istruzione o l’insegnamento (tranne gli apparecchi); Materie plastiche per l’imballaggio (non comprese in altre classi); Caratteri tipografici; Cliché domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
17 Caucciù, guttaperca, gomma, amianto, mica e prodotti in tali materie non compresi in altre classi; Prodotti in materie plastiche semilavorate; Materie per turare, stoppare e isolare; Tubi flessibili non metallici domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
18 Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; Pelli di animali; Bauli e valigie; Ombrelli e ombrelloni; Bastoni da passeggio; Fruste e articoli di selleria domande per registrare un marchio a Genova: cinque
19 Materiali da costruzione non metallici; Tubi rigidi non metallici per la costruzione; Asfalto, pece e bitume; Costruzioni trasportabili non metalliche; Monumenti non metallici domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
20 Mobili, specchi, cornici; Prodotti, non compresi in altre classi, in legno, sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, balena, tartaruga, ambra, madreperla, spuma di mare, succedanei di tutte queste materie o in materie plastiche domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
21 Utensili e recipienti per uso domestico o di cucina; Pettini e spugne; Spazzole (eccetto i pennelli); Materiali per la fabbricazione di spazzole; Materiale per pulizia; Paglia di ferro; Vetro grezzo o semilavorato (eccetto il vetro da costruzione); Vetreria, porcellana e maiolica non comprese in altre classi domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
22 Corde, spaghi, reti, tende, teloni, vele, sacchi (non compresi in altre classi); Materiale d’imbottitura (tranne il caucciù o le materie plastiche); Materie tessili fibrose grezze domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
23 Fili per uso tessile domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
24 Tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi; Coperte da letto; Copritavoli domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
25 Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria domande per registrare un marchio a Genova: cinque
26 Merletti, pizzi e ricami, nastri e lacci; Bottoni, ganci e occhielli, spille e aghi; Fiori artificiali domande per registrare un marchio a Genova: una
27 Tappeti, zerbini, stuoie, linoleum e altri rivestimenti per pavimenti; Tappezzerie per pareti in materie non tessili domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
28 Giochi, giocattoli; Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi; Decorazioni per alberi di Natale domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
29 Carne, pesce, pollame e selvaggina; Estratti di carne; Frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; Gelatine, marmellate, composte; Uova; Latte e prodotti derivati dal latte; Olii e grassi commestibili domande per registrare un marchio a Genova: due
30 Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè; Riso; Tapioca e sago; Farine e preparati fatti di cereali; Pane, pasticceria e confetteria; Gelati; Zucchero, miele, sciroppo di melassa; Lievito, polvere per fare lievitare; Sale; Senape; Aceto, salse (condimenti); Spezie; Ghiaccio domande per registrare un marchio a Genova: cinque
31 Granaglie e prodotti agricoli, orticoli, forestali, non compresi in altre classi; Animali vivi; Frutta e ortaggi freschi; Sementi; Piante e fiori naturali; Alimenti per gli animali; Malto domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
32 Birre; Acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; Bevande a base di frutta e succhi di frutta; Sciroppi e altri preparati per fare bevande domande per registrare un marchio a Genova: cinque
33 Bevande alcoliche (escluse le birre) domande per registrare un marchio a Genova: cinque
34 Tabacco; Articoli per fumatori; Fiammiferi domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
35 Pubblicità; Gestione di affari commerciali; Amministrazione commerciale; Lavori di ufficio domande per registrare un marchio a Genova:  tre
36 Assicurazioni; Affari finanziari; Affari monetari; Affari immobiliari  domande per registrare un marchio a Genova: nessuno
37 Costruzione; Riparazione; Servizi d’installazione domande per registrare un marchio a Genova: una
38 Telecomunicazioni domande per registrare un marchio a Genova: una
39 Trasporto; Imballaggio e deposito di merci; Organizzazione di viaggi  domande per registrare un marchio a Genova: tre
40 Trattamento di materiali  domande per registrare un marchio a Genova: nessuna
41 Educazione; Formazione; Divertimento; Attività sportive e culturali  domande per registrare un marchio a Genova: dieci
42 Servizi scientifici e tecnologici e servizi di ricerca e progettazione ad essi relativi; Servizi di analisi e di ricerche industriali; Progettazione e sviluppo di hardware e software  domande per registrare un marchio a Genova: due
43 Servizi di ristorazione (alimentazione); Alloggi temporanei  domande per registrare un marchio a Genova: tre
44 Servizi medici; Servizi veterinari; Cure d’igiene e di bellezza per l’uomo o per gli animali; Servizi di agricoltura, orticoltura e silvicoltura  domande per registrare un marchio a Genova: tre
45 Servizi giuridici; Servizi di sicurezza per la protezione di beni e persone; Servizi personali e sociali resi da terzi destinati a soddisfare necessità individuali  domande per registrare un marchio a Genova: nessuno

Registrare un marchio a Genova con l’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN

Ecco l’elenco delle domande per registrare un marchio a Genova nel gennaio 2015

NOME MARCHIO CLASSI
essenza di riviera 03 – 30
monstertuna 25
maremosso 29 carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili
wapsac italia world association promotional savate and chauss’fight 41 attività sportiva dilettantistica
carbonari 33 bevande alcoliche (escluse le birre)
mattonata 33 bevande alcoliche (escluse le birre)
salce 197 18
pocket parking 09
disegno di fantasia 18
my cover store 09, 35, 42
liberi tutti ski club 41
liberi tutti ski school 41
la strega cattiva 14, 18, 25
acting tour visite guidate d’attore di daniele gatti 39
salce 197 18
pizzeria d’asporto la sorrentina 30, 43
nino grillo 33 bevande alcoliche (escluse le birre)
blumoon 25
garganella 32 birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcooliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande33 bevande alcooliche (tranne le birre)
marton 32 birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande a base di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande33 bevande alcoliche (escluse le birre)43 servizi di ristorazione (alimentazione); alloggi temporanei
baroli dal 1948 18, 25
culezionista 38
oktoberfest langhe 32, 41
oktoberfest cherasco 32, 41
oktoberfest torino 32, 41
sigillo d’oro 29 tonno all’olio.
i boccini 30 pastine frolle.
Figurativo (unicorno) 06 tutti i prodotti ed in dettaglio ” minuterie metalliche per calzature”26 tutti i prodotti ed in dettaglio ” accessori per scarpe, aghi, fibbie, ganci, stringhe ed occhielli”
juzaphoto 09, 35, 38, 41, 42
me all sound 09 apparecchi per la riproduzione, trasmissione e registrazione del suono
me all light 11 apparecchi per l’illuminazione
lupo antica trattoria genova 30, 43
genovapiedi 41
be-tweener 25, 35, 41
crocierando 39
secril 05 prodotti farmaceutici, fitoterapici, prodotti dietetici
slimmer 05 prodotti farmaceutici, fitoterapici, prodotti dietetici
psico bio genealogia 41, 44
epix 02
ska 02
la superba by paolo olmo 06, 07, 11, 12
psiconaturhouse naturalmente in salute 44
manutengo’ 37, 44
canestrelletti da sempre specialita’ di questo negozio dal 1957 da gianni alimentari 30

Registrare un marchio a Genova con l’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN

Registrare un marchio a Genova

Registrare un marchio a Genova con l’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN

Link utili: UIBM

Registrare un marchio a Genova con l’Ufficio Marchi e Brevetti ROSSI & MARTIN




Come depositare un brevetto

come depositare un brevetto

COME DEPOSITARE UN BREVETTO PER INVENZIONE

1. Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le invenzioni nuove che implicano un’attivita’ inventiva e sono atte ad avere un’applicazione industriale.
2. Non sono considerate come invenzioni ai sensi del comma 1 in particolare:
a) le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici;
b) i piani, i principi ed i metodi per attivita’ intellettuali, per gioco o per attivita’ commerciale ed i programmi di elaboratore;
c) le presentazioni di informazioni.
3. Le disposizioni del comma 2 escludono la brevettabilita’ di cio’ che in esse e’ nominato solo nella misura in cui la domanda di brevetto o il brevetto concerna scoperte, teorie, piani, principi, metodi, programmi e presentazioni di informazioni considerati in quanto tali.
4. Non sono considerati come invenzioni ai sensi del comma 1 i metodi per il trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo umano o animale. Questa disposizione non si applica ai prodotti, in particolare alle sostanze o alle miscele di sostanze, per l’attuazione di uno dei metodi nominati;
5. Non possono costituire oggetto di brevetto le razze animali ed i procedimenti essenzialmente biologici per l’ottenimento delle stesse. Questa disposizione non si applica ai procedimenti microbiologici ed ai prodotti ottenuti mediante questi procedimenti.




Contesazione della bollea dell’acqua. La prova é a carico del gestore

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Un marchio per il Golfo Paradiso

Marchio territoriale Golfo Paradiso

Marchio territoriale Golfo Paradiso

registrazione Brand territoriale per promozione locale Golfo Pradiso

Il Golfo Paradiso Vetta Portofino sceglie un marchio per la valorizzazione e promozione del territorio (Corriere Mercantile 29.12.2014)




Un marchio per rilanciare l’economia locale

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Interessi legali al 0,5% dal 1 gennaio 2015

La riduzione degli interessi legali dall’attuale 1% allo 0,5% andrà a vantaggio di chi deve regolarizzare omessi versamenti verso l’erario con ravvedimento operoso per somme dovute a partire dal 2015 o comunque per gli interessi maturati dopo il 31.12.2014.

Da non confondersi gli interessi legali con gli interessi moratori dovuti per le transazioni commerciali, ed apllicati normalmente nel recupero crediti del notro studio legale, che attualmente sono fissati nell’8,15% annuo ai sensi del D.LGS. 231/2002




In continuo aumento il valore dei marchi cinesi del settore alimentare

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Grazie all’immenso mercato che hanno a disposizione, i marchi cinesi dell’alimentare stanno surclassando quelli occidentali in termine di valore assoluto delle vendite. Lo riferisce una ricerca riportata sul Sole 24 Ore del 15 dicembre 2014. Ovviamente diverso é il discorso relativo alla qualità.




10 anni di registrazione marchi

RossiMartin registrano marchi da 10 anni in tutta Italia, nell'Unione Europea e in tutto il mondo

RossiMartin registrano marchi da 10 anni in tutta Italia, nell’Unione Europea e in tutto il mondo

Vuoi registrare un marchio?
Io credo che registrare un marchio significhi fermare prima degli altri una bella idea, poterla usare solo io, visto che ci ho lavorato, e mettere questo valore anche nel bilancio della mia azienda.
Da 10 anni per i nostri clienti di tutta Italia e dell’estero registriamo marchi di tutti i tipi: nazionali, europei e internazionali.
Appoggiati allo studio Rossi&Martin e puoi registrare il tuo marchio, rinnovarlo, trasferirlo, avere una quotazione del valore e tutelarlo in caso di concorrenza sleale.
Basta una telefonata o una e-mail e in pochissimo tempo avrai ciò che ti serve.

La spesa parte da 500 euro per i marchi nazionali e da 1.200 euro per quelli comunitari.

Togliti il pensiero, contatta Rossi&Martin e avrai il tuo marchio registrato
Parma: +39 0521 223260
La Spezia: +39 0187 732272
cellulare: 340 7053450
e-mail: info@infogiur.it




MERCATI DEL 13 NOV. 2014

MERCATI 13 NOV. 2014 (IL SOLE24ORE 14.11)

Chiusura mercati 13 nov. 2014

Chiusura mercati 13 nov. 2014

 




Semplificazione per le manifestazioni a premi con vincite in buoni acquisto

 

 

 

semplificazioni operazioni a premio buoni sconto

semplificazioni operazioni a premio buoni sconto

Semplificazione per le manifestazioni a premi con vincite in buoni acquisto

La legge di conversione del DL 91/2014 (Disposizioni urgenti per … il rilancio e lo sviluppo delle imprese…) ha previsto che non sono soggette alla disciplina delle manifestazioni a premio le iniziative in cui i premi consistono in buoni da usarsi presso lo stesso punto vendita (o comunque presso un punto vendita della stessa catena).

La norma non è molto chiara, si parla genericamente di buoni, non specificando se si tratti di buoni acquisto o di buoni sconto, nel dubbio penserei che si tratti di entrambi.

La norma è ancora più dubbia per un altro aspetto. Nel nuovo caso di esclusione/semplificazione si fa riferimento genericamente alle “manifestazioni a premio“. Il termine manifestazioni, per il d.p.r. 430/01 comprende sia le operazioni a premio che i concorsi a premio. Quindi alla lettera la nuova semplificazione dovrebbe riguardare anche i concorsi, con la conseguenza che se in un concorso a premi mettessi in palio un buono acquisto da un milione di euro presso il mio stesso punto vendita (o della mia catena), non dovrei soggiacere alle procedure e alle garanzie della normativa sui concorsi (garanzia di elargizione della vincita, notaio, etc.). Abbastanza curiosa come conclusione, e sicuramente in contraddizione con le tutele per i consumatori che il legislatore ha voluto garantire con la normativa del d.p.r. 430/01.

Probabilmente si tratta di una svista dovuta a scarsa preparazione e precisione di chi ha redatto la norma che verosimilmente si vuole intendere applicabile solo alle operazioni a premio. Nel dubbio meglio attendere chiarimenti dal Ministero dello Sviluppo Economico prima di pensare ad una estensione anche ai concorsi.

Qui sotto la norma per esteso

LEGGE 11 agosto 2014, n. 116 di conversione con modifica del D.l. 91/2014 Dopo l’articolo 22 sono inseriti i seguenti: «Art. 22-bis. – (Semplificazioni nelle operazioni promozionali). – 1. All’articolo 6, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430, dopo la lettera c) e’ inserita la seguente: “c-bis) le manifestazioni nelle quali, a fronte di una determinata spesa, con o senza soglia d’ingresso, i premi sono costituiti da buoni da utilizzare su una spesa successiva nel medesimo punto vendita che ha emesso detti buoni o in un altro punto vendita facente parte della stessa insegna o ditta”.

 

 

 

 




80.000 euro di multa per aver organizzato un gioco su Facebook

La incredibile storia di 80.000 euro di multa per aver organizzato un gioco su Facebook
Il Ministero per lo Sviluppo Economico ha ritenuto che il gioco (totalmente gratuito senza scopo di lucro) violasse la normativa sulle manifestazioni a premio commerciali e lo ha sanzionato con una multa di 80.000 euro, multa annullata dal Tribunale di Roma dopo il ricorso prentato da Carlo Rossi & Partners

Un giovane (lo chiameremo con un nome di fantasia, “Mario”), nel 2012, per divertimento ed hobby, dal computer di casa, ha pubblicato un sito web ed una pagina su Facebook ove raccoglieva elenchi di iniziative promozionali di aziende terze (campioni ed omaggi gratuiti, concorsi operazioni e altro).
Mario con questa iniziativa voleva, quale consumatore, fornire un servizio gratuito informativo nei confronti di altri consumatori. In particolare nelle iniziative segnalate molto spesso le aziende offrivano campioni omaggio dei propri prodotti. A riprova della bontà delle segnalazioni Mario chiedeva ai propri utenti e followers di pubblicare su Facebook una foto dei campioni omaggio ottenuti, al fine di dare conferma del fatto che le aziende segnalate avessero effettivamente inviato gli omaggi. In cambio, per rendere più interessante questa iniziativa (totalmente gratuita e “hobbistica”), ha destinato a proprie spese alcuni gradget in regalo a chi effettuava più segnalazioni.
Il Ministero per lo Sviluppo Economico, sempre nel 2012, venuto al corrente di questa iniziativa, la ha ritenuta una violazione della normativa sui concorsi a premio commerciali/pubblicitari, ed ha emesso la incredibile sanzione di 80.000 euro. Mario, incredulo, si è visto improvvisamente la vita rovinata da una multa ministeriale per aver organizzato una innocua e gratuita iniziativa dal computer di casa. Roba da far impallidire pure Kafka.
Il giovane, disperato, si è visto così costretto a rivolgersi ad un avvocato. La somma della multa è stata quindi ridotta, dallo stesso Ministero, a 50.000 euro dopo le memorie difensive presentate dagli avvocati di Mario agli uffici che hanno emesso la sanzione.
E’ stato quindi necessario, per uscire da questo incubo, che Mario, sempre tramite i propri avvocati, presentasse ricorso al Trinunale di Roma, competente per le sanzioni emesse dal Ministero. Il Tribunale di Roma finalmente, con sentenza depositata all’inizio di febbraio 2014, accogliendo in toto le argomentazioni degli avvocati, ha annullato la sazione ed ha pure condannato il Ministero a rifondere le spese legali a Mario nella misura di 5.000 euro.
Mario se la è cavata, ma dopo anni di disperazione, e per aver combattuto fino all’ultimo, insieme ai suoi avvocati, contro una burocrazia che definire kafkiana è un immeritato eufemismo. Qualcun altro avrebbe potuto scegliere altre soluzioni, come troppo spesso, recentemente, purtroppo accade.




l credito IVA trimestrale nei confronti del fisco può essere validamente ceduto

A nulla valgono le obiezioni dell’Agenzia delle Entrate e neppure le relative circolari che cercavano di impedire questo importante strumento di finanziamento per le imprese

Corte di Appello di Venezia 27 maggio – 2 ottobre 2013

L’Agenzia delle Entrate, seguendo il proprio criterio di “Stato Padrone”, ha sempre negato la possibilità alle imprese di cedere a terzi i crediti iva trimestrali.

La cessione dei crediti IVA trimestrali consentirebbe alle imprese di ottenere delle importanti linee di finanziamento, fondamentali a volte per la loro sopravvivenza, ma all’Agenzia delle Entrate questo non interessa, interessa invece non avere terzi “rompiscatole” che abbiano legittimazione a recuperare i crediti IVA al posto delle imprese creditrici.

Per fortuna la società che, dopo aver acquistato il credito IVA trimestrale, aveva tentato inutilmente di far riconoscere la validità della cessione all’Agenzia delle Entrate, ha deciso di non arrendersi e di fare causa all’Agenzia.

Il Tribunale in primo grado ha dato ragione a questa coraggiosa società, e la Corte di Appello ha confermato la decisione, confermando un importantissimo principio di civiltà giuridica: i crediti iva trimestrali nei confronti del fisco possono essere ceduti dalle imprese per finanziarsi.




MARCHI D’IMPRESA: depositato il marchio “SECONDAMANO – BIMBO”

MARCHI D’IMPRESA: depositato il marchio “SECONDAMANO – BIMBO”

Il 23 luglio 2013 è stato depositato il marchio nazionale “SECONDAMANO – BIMBO”.

Secondamano Bimbo nasce da un’idea di Raffaella Audisio, titolare e ideatrice del negozio.
Nell’anno 2006, quando la sua bimba aveva 8 mesi, Raffaella si ritrovava in casa una gran quantità di articoli e giocattoli, comprati o regalati, molto spesso non utilizzati o usati veramente poco e talvolta acquistati a prezzi davvero esagerati, così, decide di aprire un negozio di usato per bambini al quale poi affianca anche articoli nuovi mantenendo comunque prezzi molto accessibili.

La regola fondamentale di Raffaella è quella della massima sicurezza e igiene, qualsiasi articolo entri nel suo negozio viene rigorosamente smontato, in modo da poter riconoscere eventuali difetti, e successivamente lavato e sterilizzato per poi essere riproposto ai clienti.

Raffaella, sempre disponibile per aiuti e suggerimenti, ha con i suoi clienti un rapporto molto familiare e rassicurante.

www.secondamanobimbo.it

CR




Dichiarato incostituzionale il divieto di pignoramenti contro le ASL

Corte Costituzionale 12 luglio 2013 n. 186

La Consulta ha negato la possibilità di privilegi incondizionati in favore delle pubbliche amministrazioni

Il divieto di azioni esecutive nei confronti delle Asl delle Regioni soggette a commissariamento si pone in contrasto con l’art. 24 Cost., in quanto vanifica gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai numerosi creditori delle aziende sanitarie.

Con l’art. 1, comma 51, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2011), come modificato dall’art. 17, co. 4, lett. e), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 il governo e le camere avevano disposto prima la sola inefficacia e poi direttamente l’estinzione di diritto dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito operate nel corso delle procedure esecutive sulle rimesse finanziarie trasferite dalle Regioni soggette a commissariamento alle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle Regioni medesime.

I creditori delle ASL hanno giustamente lamentato che, per effetto di tale legge, non fosse possibile porre in esecuzione i titoli esecutivi ottenuti ottenuti dai tribunali per il recupero dei loro cediti e che fosse così leso il diritto di agire in giudizio (art. 24 Cost.), il principio della parità delle parti in causa (art. 111 Cost.), e la libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.).

La Corte Costituzionale ha confermato che la legge impugnata si pone in contrasto con l’art. 24 Cost. in quanto vengono vanificati gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai numerosi creditori delle aziende sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi.
Infatti alcuni creditori si trovavano, dopo anni di peripezie giudiziarie, nell’impossibilità di ottenere i soldi dovuti dalle ASL nonstante i giudici gliene avessero riconosciuto il pieno diritto e oltrettutto dopo aver sopportato ingenti spese legali e di tasse processuali.

La Consulta ha negato la possibilità di privilegi incondizionati in favore delle pubbliche ammistrazioni .

Si spera ora che i creditori delle ASL, che hanno intrapreso questa lunga ed estenuante procedura, possano arrivare ad ottenere quanto a loro dovuto, sempre che nel frattempo non abbiano dovuto chiudere i battenti!

CR