GALATINE CONTRO GALATEA…E’ NATURALE – Seconda Commissione 12.12.2016

galatea

GALATINE CONTRO GALATEA…E’ NATURALE  Seconda Commissione 12.12.2016

marchio GALATINE contro marchio GALATEA E’ NATURALE

Il marchio anteriore è GALATINE  – Classe 29 − Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili.
Classe 30 − Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; tavolette a base di latte, caramelle, caramelle morbide; toffee, caramelle al latte.

Il marchio posteriore è GALATEA E’ NATURALE – Classe 30 − Gelati; semi-lavorati e basi per la preparazione di gelati; sorbetti; granite; torte gelato e parfait.

La divisione Opposizione accoglieva l’opposizione per tutti i prodotti in contestazione in quanto riteneva sussistente un rischio di confusione ravvisando che  i prodotti contestati “gelati” sono parte della lista di prodotti del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici. – I prodotti contestati “torte gelato e parfait” sono prodotti che rientrano nella più ampia categoria di prodotti dell’opponente “pasticceria”, la quale consiste in prodotti quali torte e dessert, le cui materie prime fondamentali sono lo zucchero e il latte. Da ciò consegue che tali prodotti sono anch’essi identici. – I prodotti contestati “sorbetti; granite” sono anch’essi prodotti che rientrano in una categoria più ampia, nello specifico quella dei “gelati” del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici.

La divisione Opposizione ha correttamente riconosciuto che l’elemento dominante e di maggior impatto della domanda di marchio “GALATEA” è l’elemento grafico, mentre alcun elemento dominante viene ravvisato nel marchio anteriore “GALATINE” [sic]. – Il carattere distintivo del marchio anteriore “GALATINE” dev’essere considerato “ridotto”, tenuto conto, tra l’altro, che l’opponente non ha invocato alcun elevato carattere distintivo del proprio marchio a seguito dell’uso intenso o della notorietà nel mercato italiano, e che il richiamo del marchio al prodotto “latte” descrive uno dei principali ingredienti dei prodotti di cui alla classe 30.

La Commissione ritiene che le somiglianze tra i segni in conflitto siano tali da poter indurre i consumatori rilevanti, il cui livello di attenzione sarà tuttalpiù di grado medio, a ritenere che i prodotti alimentari identici nella classe 30, contraddistinti dai marchi in questione, provengano dalla medesima impresa o da imprese economicamente collegate.

Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso dev’essere respinto.

COMMISSIONI DI RICORSO

DECISIONE della Seconda Commisione di ricorso del 12 dicembre 2016

Nel procedimento R 207/2016-2

MILK & FRUIT S.R.L. Via Venezia 11 31028 Tezze Di Vazzola (TV) Italia Richiedente / ricorrente rappresentato da METROCONSULT S.R.L., Via Sestriere, 100, 10060 None (TO), Italia

contro

CLOETTA ITALIA S.R.L. Via Milano, 16 26100 Cremona Italia Opponente / resistente rappresentato da PERANI & PARTNERS SPA, Piazza San Babila, 5, 20122 Milano, Italia

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 450 743 (domanda di marchio dell’Unione europea  n. 13 187 695)

LA SECONDA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da T. de las Heras (Presidente), C. Negro (Relatore) e C. Govers (Membro)
Cancelliere: H. Dijkema
ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
12/12/2016, R 207/2016-2, galatea …è naturale (marchio figurativo) / GALATINE

Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda del 20 agosto 2014, MILK & FRUIT S.R.L. (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del marchio figurativo
per i seguenti prodotti:
Classe 30 − Gelati; semi-lavorati e basi per la preparazione di gelati; sorbetti; granite; torte gelato e parfait. La richiedente forniva la seguente descrizione del marchio: Il marchio consiste nella dicitura “galatea” inserita all’interno di un’impronta sostanzialmente rettangolare con angoli smussati, essendo le sillabe “gala” separate da “tea” da una retta ed essendo l’impronta posizionata al di sopra della scritta “…è naturale”.

2 La domanda di marchio veniva pubblicata dall’Ufficio in data 6 ottobre 2014.

3 In data 18 dicembre 2014, CLOETTA ITALIA S.R.L. (“l’opponente”) presentava un’opposizione alla registrazione del marchio in questione per tutti i prodotti rivendicati.

4 L’opposizione si fondava sul motivo previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE.

5 L’opponente basava l’opposizione sul seguente marchio anteriore: – marchio italiano denominativo No 1 319 714 GALATINE, depositato il 13 agosto 2008 e registrato il 21 luglio 2010 per i seguenti prodotti:
Classe 29 − Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili.
Classe 30 − Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; tavolette a base di latte, caramelle, caramelle morbide; toffee, caramelle al latte.

6 Con decisione del 2 dicembre 2015 (“la decisione impugnata”), la divisione Opposizione accoglieva l’opposizione per tutti i prodotti in contestazione in quanto riteneva sussistente un rischio di confusione. In particolare, la divisione Opposizione ravvisava quanto segue:
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– I prodotti contestati “gelati” sono parte della lista di prodotti del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici. – I prodotti contestati “torte gelato e parfait” sono prodotti che rientrano nella più ampia categoria di prodotti dell’opponente “pasticceria”, la quale consiste in prodotti quali torte e dessert, le cui materie prime fondamentali sono lo zucchero e il latte. Da ciò consegue che tali prodotti sono anch’essi identici. – I prodotti contestati “sorbetti; granite” sono anch’essi prodotti che rientrano in una categoria più ampia, nello specifico quella dei “gelati” del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici. – L’ambito di protezione del marchio anteriore comprende la lista alfabetica della classe 30. Tra i prodotti che compongono detta lista si trovano le “polveri per gelati”. I “semilavorati e basi per la preparazione di gelati” contestati includono, in quanto categoria più ampia, le “polveri per gelati” dell’opponente. È impossibile per la divisione Opposizione filtrare questi prodotti dalla categoria sopra menzionata. Poiché la divisione Opposizione non può scorporare ex officio l’ampia categoria di prodotti della richiedente, i prodotti in questione sono considerati identici. – Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nelle prime cinque lettere di entrambi, è cioè “GALAT-“. Essi differiscono, invece, nelle loro parti finali, e cioè nelle tre lettere INE del marchio anteriore e nelle due lettere “EA” del marchio impugnato, oltre che negli elementi grafici e nell’espressione “…è naturale” del marchio impugnato. – Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei marchi coincide nel suono delle lettere “GALAT-“ presenti identicamente in entrambi i segni. Entro questi limiti i marchi sono simili dal punto di vista fonetico. La pronuncia dei segni differisce nel suono delle lettere “INE” del marchio anteriore e delle lettere “EA” del marchio impugnato che non trovano alcuna corrispondenza. Va notato altresì che le prime due sillabe sono identiche in entrambi i marchi, essendo le terze sillabe in entrambi i casi comunque molto simili, trattandosi delle sillabe “TI” e “TE”, le quali hanno in comune la prima lettera e presentano le vocali “I” ed “E”, che hanno suoni simili. Solo le ultime due sillabe dei marchi in conflitto (NE e A) sono del tutto differenti. Inoltre, la pronuncia differisce per quanto riguarda la presenza delle parole “è naturale” nel marchio impugnato, le quali non trovano corrispondenza alcuna nel marchio anteriore. – Sotto il profilo concettuale, il marchio anteriore “GALATINE” non ha un significato per il pubblico di riferimento. Il marchio impugnato “Galatea” (sic) può fare riferimento a un “genere di crostacei marini con addome ridotto e ripiegato, chele e antenne lunghe e sottili” o al “nome di una ninfa, deriv. di gála ‘latte’, con riferimento alla spuma bianca del mare” (Dizionario Italiano On-line della pagina web www.sapere.it). Ciononostante, la divisione Opposizione ritiene che detto elemento del marchio impugnato sarà associato a uno o a entrambi detti significati solo da una assai esigua parte del pubblico del territorio di riferimento, trattandosi di termini del tutto rari e inusuali. Al contrario, l’espressione “è
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naturale” del marchio impugnato sarà intesa come un riferimento generico a qualcosa che è della natura, che riguarda la natura o si riferisce alla natura. Limitatamente a questo elemento, e per quanto sia compreso il termine “Galatea” (sic), i marchi non sono concettualmente simili. – L’elemento “è naturale” del segno impugnato è associato all’idea di “natura”, nel senso di “senza l’aggiunta di elementi esterni”, “non artificiale”. Tenendo conto che i prodotti rilevanti sono prodotti alimentari, si considera che questo elemento è dotato di una limitata capacità distintiva per questi prodotti. Il pubblico comprende il significato dell’elemento e non presterà la stessa attenzione a tale elemento di limitata capacità distintiva che rivolgerà agli altri elementi più distintivi del marchio. Di conseguenza, l’impatto di tale elemento è limitato in sede di valutazione del rischio di confusione fra i marchi. – L’elemento “galatea” nel segno impugnato, insieme alla forma geometrica su cui è riprodotto, è l’elemento dominante in quanto dotato di maggiore impatto visivo, in virtù della sua posizione centrale e delle sue dimensioni. – L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà. Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale. – I prodotti identici sono diretti al grande pubblico, il cui grado di attenzione varia da medio a basso, trattandosi di prodotti di consumo quotidiano il cui acquisto può essere frequente. – Tra il termine “GALATINE” del marchio anteriore e la parola “GALATEA” che è parte del marchio della richiedente esiste una significativa somiglianza sia visiva che fonetica. Ciò in particolare è dovuto al fatto che gli elementi comuni si trovano nella prima parte dei segni, su cui i consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione. – Dal punto di vista concettuale è vero che il marchio impugnato ha almeno due significati reali. Tuttavia, l’uso del termine “galatea” con tali significati è senza dubbio assai poco comune. Pertanto difficilmente la sua conoscenza da parte del pubblico in relazione a detti significati avrà alcuna rilevanza. – Gli ulteriori elementi del marchio impugnato, vale a dire la particolare rappresentazioni figurativa ed l’elemento verbale “…è naturale” hanno un impatto limitato. L’espressione “…è naturale” ha scarsa capacità distintiva e non è l’elemento dominante del marchio, quindi verrà preso in considerazione solo in un secondo momento rispetto al termine “galatea”. Per quanto riguarda poi il fatto che il marchio impugnato contenga elementi figurativi, si deve tener presente che, in linea di principio, quando un segno è composto di elementi figurativi e denominativi, l’elemento denominativo ha sul consumatore di solito un impatto più forte dell’elemento figurativo.
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– Alla luce del principio di interdipendenza, sussiste un rischio di confusione da parte del pubblico.

7 In data 29 gennaio 2016 la richiedente presentava un ricorso avverso la decisione impugnata. L’Ufficio riceveva la memoria contenente i motivi di ricorso in data 1 aprile 2016.

8 Nelle sue osservazioni in risposta ricevute dall’Ufficio in data 14 giugno 2016, l’opponente chiedeva il rigetto del ricorso e la conferma della decisione impugnata.

Conclusioni e argomenti delle parti

9 Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue: – Gli elementi di dissomiglianza sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale (sotto quest’ultimo aspetto, la richiedente contesta l’affermazione della decisione impugnata secondo cui i possibili significati del termine “GALATEA” sarebbero di difficile conoscenza da parte dei consumatori italiani) prevalgono su quelli di uguaglianza, pertanto i marchi a confronto dovranno considerarsi differenti. – La divisione Opposizione ha correttamente riconosciuto che l’elemento dominante e di maggior impatto della domanda di marchio “GALATEA” è l’elemento grafico, mentre alcun elemento dominante viene ravvisato nel marchio anteriore “GALATINE” [sic]. – Il carattere distintivo del marchio anteriore “GALATINE” dev’essere considerato “ridotto”, tenuto conto, tra l’altro, che l’opponente non ha invocato alcun elevato carattere distintivo del proprio marchio a seguito dell’uso intenso o della notorietà nel mercato italiano, e che il richiamo del marchio al prodotto “latte” descrive uno dei principali ingredienti dei prodotti di cui alla classe 30. – I segni condividono la componente verbale identica GALAT, descrittiva dei prodotti rivendicati in classe 30. Tale coincidenza è tuttavia superata, nell’impressione globale suscitata nei marchi, dalle differenze evidenziate, sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale. – L’identità/somiglianza tra i segni è conditio sine qua non per la sussistenza del rischio di confusione e nel caso in oggetto sono ravvisabili differenze tra i segni in conflitto tali da giustificare il rigetto dell’opposizione.

10 Nelle osservazioni in risposta al ricorso, l’opponente contesta integralmente gli argomenti della richiedente, chiedendo la conferma della decisione impugnata. L’opponente richiama inoltre quanto previamente argomentato circa l’accresciuta distintività del marchio anteriore, quantomeno sul mercato italiano, dove il marchio è presente e utilizzato da oltre mezzo secolo.
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Motivazione
Osservazioni preliminari sui regolamenti applicabili

11 La domanda di marchio è stata presentata prima dell’entrata in vigore (il 23 marzo 2016) del nuovo Regolamento sul marchio dell’Unione Europea come modificato dal Regolamento (UE) 2015/2424. Pertanto, il precedente Regolamento (CE) N. 207/2009 (RMC) si applica al ricorso in oggetto (04/10/2016, T−549/14, Castello / Castellò (fig.) et al., EU:T:2016:594, § 33), almeno per quanto riguarda disposizioni di carattere non strettamente procedurale (13/06/2013, C−346/12 P, Milram, EU:C:2013:397, § 2). Tuttavia, per facilità di riferimento, la Commissione di ricorso farà in seguito riferimento al RMUE e alla nuova terminologia introdotta dal Regolamento (UE) 2015/2424, tenendo presente che i cambiamenti sostanziali introdotti da quest’ultimo non si applicano al caso in esame.

12 Poiché il nuovo Regolamento recante modalità di esecuzione del regolamento sul marchio dell’Unione Europea (REMUE) non entrerà in vigore prima dell’1 ottobre 2017, la Commissione continuerà a fare riferimento al vigente Regolamento (CE) N. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento sul marchio comunitario (REMC).
Ammissibilità

13 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE

14 L’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE dispone che, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

15 L’esistenza di un rischio di confusione dal punto di vista del pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

16 Questa valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, e in particolare tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (29/09/1998, C−39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17; 22/06/1999, C−342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 19).
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17 L’interdipendenza tra questi fattori trova espressione nel settimo ‘considerando’ del RMUE, secondo cui è opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione, a sua volta, dipende segnatamente dalla notorietà del marchio sul mercato e dal grado di somiglianza tra il marchio e il segno e tra i prodotti o servizi designati.

18 La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. 11/11/1997, C−251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 25).
Pubblico rilevante

19 Per quanto riguarda il pubblico pertinente, il territorio rilevante è, nella fattispecie, l’Italia, poiché il marchio anteriore è protetto in tale stato membro.

20 Occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria.

21 Occorre, altresì, prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (v. 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

22 Nella fattispecie, è pacifico che i prodotti alimentari in conflitto si dirigono al grande pubblico, il cui livello di attenzione sarà tuttalpiù di grado medio. La Commissione conferma al riguardo la valutazione non controversa della decisione impugnata.
Comparazione dei prodotti

23 L’identità dei prodotti in conflitto appartenenti alla classe 30, correttamente stabilita nella decisione impugnata, non rappresenta un punto controverso. La Commissione fa proprie, al riguardo, le considerazioni e conclusioni della divisione Opposizione.
Comparazione dei segni

24 Passando al raffronto dei marchi, si rileva che, quanto alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, la valutazione globale del rischio di confusione dev’essere fondata sull’impressione d’insieme da essi prodotta, tenuto conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (11/11/1997, C−251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

25 Inoltre, secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico pertinente, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti (23/10/2002, T−6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 30).
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26 Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando ciascun marchio nel suo complesso, anche se ciò non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante. Per esempio quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva in memoria, di guisa che tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (12/11/2008, T-7/04, Limoncello, EU:T:2008:481, § 40, e giurisprudenza ivi citata).

27 Quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più determinate componenti di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso (23/10/2002, T-6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 35).

28 Per quanto attiene al carattere distintivo degli elementi costitutivi dei segni, in primo luogo la Commissione ritiene infondata l’affermazione della richiedente (non condivisa dall’opponente) secondo cui la componente verbale “GALA(T)”, comune ai segni in conflitto, sarebbe descrittiva dei prodotti de quibus in quanto evocativa del termine “latte”. Infatti, in assenza di qualsivoglia argomento o prova a sostegno di tale affermazione, non vi è ragione alcuna di supporre che il consumatore medio italiano dei prodotti in questione sarà in grado di comprendere il significato del termine greco traslitterato “gala” (i.e. “latte”).

29 In secondo luogo, la Commissione ritiene che l’elemento verbale “galatea” rappresenta l’elemento maggiormente distintivo del marchio contestato. Ciò poiché, da un lato, la dicitura “è naturale”, peraltro chiaramente secondaria per dimensioni, descrive/loda l’origine naturale (i.e. non artificiale) dei prodotti alimentari in questione, con la conseguenza che essa è priva di capacità distintiva: il pubblico italiano non la percepirà in alcun modo come un’espressione dotata di una qualche funzione indicatrice dell’origine commerciale dei prodotti. Dall’altro, la rappresentazione grafica del segno contestato, consistente nella lieve stilizzazione degli elementi verbali nonché nella particolare etichetta rettangolare bicolore con angoli smussati su cui si staglia il termine “galatea” è, sebbene non trascurabile, meno distintiva rispetto a tale termine, rispetto al quale essa ha una funzione più che altro decorativa. Giova ricordare, al riguardo, che quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, oggetto di maggior attenzione rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in questione citando il nome piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio (14/07/2005, T-312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289). Nella fattispecie, la rappresentazione grafica del segno contestato non è tale da costituire un’eccezione a tale principio. Contrariamente a quanto affermato dalla richiedente, la divisione Opposizione non ha
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“riconosciuto che l’elemento dominante e di maggior impatto della domanda di marchio ‘GALATEA’ è l’elemento grafico”, bensì che tale ruolo dominante sotto l’aspetto visivo è svolto dall’elemento “GALATEA” “insieme alla forma geometrica su cui è riprodotto”. Il fatto che il vocabolo “galatea”, visualmente inscindibile dalla particolare forma grafica in cui è riprodotto, rappresenti l’elemento di maggior impatto visivo non inficia le precedenti considerazioni relative alla maggior distintività della componente verbale rispetto a quella figurativa.

30 Tenuto conto di quanto sopra, sotto il profilo visivo, la Commissione concorda con la divisione Opposizione sul fatto che i segni sono simili nella misura in cui coincidono nelle lettere “GALAT”, disposte nel medesimo ordine, che costituiscono le prime cinque lettere del marchio anteriore (composto da otto lettere in totale) e dell’unico elemento verbale distintivo (di sette lettere) del segno contestato. Si rileva poi che le restanti lettere di tali elementi verbali (rispettivamente “-INE” e “–EA”) non sono del tutto distinte, dal momento che hanno in comune la lettera “E”. Le lettere in comune rappresentano, inoltre, la prima parte in entrambi i marchi, che è, di norma, quella maggiormente in grado di attrarre l’attenzione del consumatore. Né la presenza dell’espressione “…è naturale”, priva di capacità distintiva e chiaramente secondaria nel segno contestato per posizione e dimensioni, né la particolare rappresentazione grafica di tale segno è in grado di controbilanciare le importanti coincidenze innanzi menzionate, con la conseguenza che i segni presentano una somiglianza visiva non trascurabile.

31 Sotto il profilo fonetico, come correttamente affermato nella decisione impugnata, i marchi sono simili nella misura in cui la loro pronuncia coincide nel suono delle lettere “GALAT-”, corrispondenti alla parte iniziale del vocabolo costituente il marchio anteriore e dell’unico elemento verbale distintivo del segno contestato. Si rileva inoltre, in linea con la divisione Opposizione, che le prime due sillabe dei marchi sono identiche e che le rispettive terze sillabe sono comunque molto simili, trattandosi delle sillabe “TI” e “TE”, le quali hanno in comune la prima lettera e presentano le vocali “I” ed “E”, che hanno suoni simili. La Commissione ritiene che l’elemento denominativo “è naturale” del marchio contestato non sia particolarmente determinante sotto l’aspetto fonetico, nella misura in cui la stragrande maggioranza dei consumatori di riferimento ne ometteranno la pronuncia, non solo per esigenze di economia di linguaggio, ma anche per le caratteristiche peculiari di tale elemento verbale, il quale è privo di capacità distintiva e riveste, come si è osservato, un ruolo subordinato nel segno quanto a posizione e dimensioni (per analogia, 16/09/2009, T-400/06, zerorh+, EU:T:2009:331, § 58). Ne consegue che il grado di somiglianza fonetica tra i segni è di grado medio.

32 Sotto il profilo concettuale, è pacifico che il marchio anteriore “GALATINE” è privo di significato per il pubblico di riferimento. Quanto al termine “galatea” del marchio impugnato, la Commissione ritiene, in linea con la decisione impugnata, che la grande maggioranza dei consumatori italiani non sarà in grado di attribuire alcun significato preciso a tale termine, e che solo una porzione assai esigua del pubblico di riferimento possa effettuare un collegamento concettuale tra il vocabolo “galatea” e “un genere di crostacei” o “il nome di una ninfa”. L’uso del termine con tali significati è, infatti, poco comune. Con
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riguardo al primo significato, “galatea” è un termine specifico della zoologia/biologia marina, mentre il collegamento con il secondo significato (nome proprio di una ninfa), ai più ignoto, è inoltre scoraggiato dalla rappresentazione della prima lettera “g” in minuscolo.

33 Quanto al significato dell’espressione “è naturale” nel segno contestato, esso si riduce, come osservato, a una mera affermazione descrittiva/laudatoria, con la conseguenza che la presenza di tale elemento non contribuisce ad alcuna differenza concettuale significativa tra i segni.

34 Si deve pertanto confermare la conclusione della divisione Opposizione in base alla quale i marchi in conflitto non presentano somiglianze (o differenze) concettuali rilevanti dal punto di vista concettuale.
Valutazione globale del rischio di confusione

35 Il carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore deve considerarsi normale, in quanto “GALATINE” è un vocabolo di fantasia, privo di riferimenti concettuali ai prodotti in questione. La rivendicazione, da parte dell’opponente, dell’accresciuto carattere distintivo del marchio attraverso l’uso intensivo non è sorretta dal necessario materiale probatorio.

36 I prodotti rivendicati dai marchi in conflitto sono identici. I marchi presentano indubbie somiglianze, in particolare sotto l’aspetto visivo e fonetico, in grado di influenzare in maniera efficace la percezione del pubblico. Tali somiglianze non sono peraltro controbilanciate da alcuna differenza concettuale rilevante, per lo meno per la maggioranza dei consumatori italiani di riferimento.

37 Alla luce di quanto sopra, tenuto conto, in particolare, del principio dell’interdipendenza dei fattori, la Commissione ritiene che le somiglianze tra i segni in conflitto siano tali da poter indurre i consumatori rilevanti, il cui livello di attenzione sarà tuttalpiù di grado medio, a ritenere che i prodotti alimentari identici nella classe 30, contraddistinti dai marchi in questione, provengano dalla medesima impresa o da imprese economicamente collegate.

38 Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso dev’essere respinto.
Spese

39 Poiché la richiedente è la parte soccombente ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1 RMUE, essa dovrà sopportare le spese del procedimento di ricorso. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 6, RMUE e della regola 94, paragrafo 3, ultima frase, REMC, la richiedente è pertanto tenuta a rimborsare le spese di rappresentanza sostenute dall’opponente nel procedimento di ricorso per l’importo specificato nella regola 94, paragrafo 7, lettera d), REMC (550 euro). Quanto al procedimento di opposizione, la fissazione delle spese stabilita nella decisione impugnata è confermata.
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Dispositivo Per questi motivi,

LA COMMISSIONE
così decide:
1. Il ricorso è respinto;

2. La richiedente sopporterà l’onere delle spese sostenute dall’opponente nel procedimento di ricorso, il cui importo è fissato a 550 euro.
Signed T. de las Heras
Signed C. Negro
Signed C. Govers
Registrar:
Signed H.Dijkema
12/12/2016, R 207/2016-2, galatea …è naturale (marchio figurativo) / GALATINE




START UP INITIATIVE – Prima Sezione EUIPO – 15.12.2016

start up initiative

START UP INITIATIVE – Prima Sezione Euipo – 15.12.2016

marchio figurativo START UP INITIATIVE

La prima commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso. In particolare, essa negava la registrazione del marchio richiesto, con la motivazione che l’espressione «start up initiative» era priva di carattere distintivo in relazione ai servizi in questione e che la presenza della nuvoletta di un fumetto nel marchio richiesto non era sufficiente a conferire a quest’ultimo, nel suo complesso, un carattere distintivo.

Nel caso di specie, la nuvoletta si presenta come un semplice elemento figurativo, tanto più che, come ha rilevato in sostanza la commissione di ricorso, esso si discosta dalla tecnica utilizzata più frequentemente nei fumetti per rappresentare visivamente una parola, in ragione della completa assenza di personaggi o altre figure nel marchio richiesto. Il pubblico non comprenderà quindi necessariamente la forma che circonda la parola «up» come la nuvoletta di un fumetto, bensì come una semplice cornice di fantasia, che non può, in quanto tale, trasmettere un messaggio che possa essere ricordato dai consumatori.

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

15 dicembre 2016(*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo START UP INITIATIVE – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Obbligo di motivazione – Articolo 75 del regolamento n. 207/2009»

Nella causa T-529/15,

Intesa Sanpaolo SpA, con sede a Torino (Italia), rappresentata da P. Pozzi e F. Braga, avvocati,
ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato inizialmente da P. Bullock, successivamente da L. Rampini, in qualità di agenti,
convenuto,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 29 giugno 2015 (procedimento R 2777/2014-1), relativa alla domanda di registrazione del marchio figurativo START UP INITIATIVE come marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),
composto da H. Kanninen (relatore), presidente, I. Pelikánová e L. Calvo-Sotelo IbáñezMartín, giudici,
cancelliere: A. Lamote, amministratrice
visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2015,
visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 novembre 2015,
in seguito all’udienza del 1° luglio 2016,
ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1        Il 19 giugno 2014, la ricorrente, Intesa Sanpaolo SpA, presentava una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).
2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:
3        I servizi per i quali è stata richiesta la registrazione rientrano nelle classi 35, 36, 41 e 42 dell’accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ogni classe, nella sostanza, in particolare, alla seguente descrizione:
–        classe 35: servizi nel campo della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale;
–        classe 36: servizi di finanziamento, di stima, immobiliari, assicurativi e di investimento;
–        classe 41: servizi concernenti la formazione e l’educazione nonché le attività sportive e culturali;
–        classe 42: servizi scientifici e tecnologici e servizi di analisi e di ricerche industriali, di progettazione e sviluppo di hardware e software.
4        Con decisione del 12 settembre 2014, l’esaminatore respingeva la domanda di registrazione per i servizi indicati al precedente punto 3, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 207/2009.
5        Il 30 ottobre 2014 la ricorrente proponeva ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.
6        Con decisione del 29 giugno 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso. In particolare, essa negava la registrazione del marchio richiesto, con la motivazione che l’espressione «start up initiative» era priva di carattere distintivo in relazione ai servizi in questione e che la presenza della nuvoletta di un fumetto nel marchio richiesto non era sufficiente a conferire a quest’ultimo, nel suo complesso, un carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

Conclusioni delle parti
7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
–        «accertare la violazione e non corretta applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, e dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009»;
–        annullare la decisione impugnata;
–        condannare l’EUIPO alle spese.
8        L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso;
–        condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Osservazioni preliminari sul primo capo delle conclusioni della ricorrente
9        L’EUIPO ha affermato che il ricorso non poteva avere lo scopo di ottenere una sentenza dichiarativa e che le conclusioni della ricorrente volte a far sì che il Tribunale dichiari che la decisione impugnata è in contrasto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, e con l’articolo 75 del regolamento n. 207/2009 dovevano essere intese come dirette ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata.
10      La ricorrente ha confermato, in sede d’udienza, che il primo capo delle sue conclusioni non era indipendente dal secondo capo, con il quale essa ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata.
11      Alla luce di questa precisazione, va constatato che il primo capo delle conclusioni, nella sostanza, coincide con il secondo capo delle conclusioni, vertente sull’annullamento della decisione impugnata. Pertanto, non è necessario né statuire su questo primo capo delle conclusioni né, a fortiori, pronunciarsi sulla ricevibilità dello stesso.

Nel merito
12      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi di ricorso vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009 e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.
Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009
13      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è venuta meno al suo obbligo di motivazione.
14      Al riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 75, prima frase, del regolamento n. 207/2009, le decisioni dell’EUIPO devono essere motivate. Secondo la
giurisprudenza, tale obbligo ha la medesima portata di quello sancito dall’articolo 296, secondo comma, TFUE ed il suo scopo è consentire, da un lato, agli interessati di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato al fine di tutelare i propri diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione europea di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della decisione [v. sentenze del 6 settembre 2012, Storck/UAMI, C-96/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:537, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 luglio 2008, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T-304/06, EU:T:2008:268, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].
15      Emerge dalla giurisprudenza della Corte che la valutazione dei motivi di impedimento alla registrazione di una domanda di marchio deve vertere su ciascuno dei prodotti o dei servizi per i quali la registrazione del marchio è richiesta (v. sentenza del 17 ottobre 2013, Isdin/Bial-Portela, C-597/12 P, EU:C:2013:672, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
16      La Corte ha ammesso che, qualora lo stesso impedimento sia opposto per una categoria o un gruppo di prodotti o di servizi, la motivazione può essere globale per tutti i prodotti o i servizi interessati (v. sentenza del 17 ottobre 2013, Isdin/Bial-Portela, C-597/12 P, EU:C:2013:672, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
17      Tuttavia, una siffatta facoltà si estende solo a prodotti e a servizi che presentano tra loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, al punto da formare una categoria o un gruppo di prodotti o servizi di sufficiente omogeneità. La circostanza che i prodotti o i servizi interessati rientrino nella medesima classe ai sensi dell’accordo di Nizza di per sé non basta a concludere nel senso di una siffatta omogeneità, in quanto queste classi contengono spesso una grande varietà di prodotti o di servizi che non presentano necessariamente tra di essi un tale nesso sufficientemente diretto e concreto (v. sentenza del 17 ottobre 2013, Isdin/BialPortela, C-597/12 P, EU:C:2013:672, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
18      L’omogeneità dei prodotti o dei servizi, come definita dalla giurisprudenza citata al precedente punto 17, è valutata alla luce del motivo concreto di impedimento alla registrazione del marchio in questione (v., in tal senso, ordinanza dell’11 dicembre 2014, FTI Touristik/UAMI, C-253/14 P, non pubblicata, EU:C:2014:2445, punto 48) e sussiste la possibilità di procedere ad una motivazione globale per i prodotti e i servizi che presentino tra di loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, tanto da formare una categoria sufficientemente omogenea per consentire che tutte le considerazioni di fatto e di diritto, che formano la motivazione della decisione in questione, chiariscano a sufficienza l’iter logico seguito per ciascuno dei prodotti e dei servizi appartenenti a tale categoria e possano essere applicate indistintamente a ciascuno di tali prodotti e di tali servizi [sentenza del 2 aprile 2009, Zuffa/UAMI (ULTIMATE FIGHTING CHAMPIONSHIP), T-118/06, EU:T:2009:100, punto 28].
19      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe effettuato un’analisi «frammentaria e sommaria» in relazione a ciascuno dei servizi designati dal marchio richiesto.
20      Per i servizi della classe 35, la motivazione fornita non sarebbe applicabile a servizi diversi dalla redazione di testi pubblicitari. Taluni servizi di detta classe, in linea di principio, non sarebbero forniti da un prestatore alle imprese in fase di lancio (start up). Così avverrebbe per servizi quali la gestione aziendale per conto di sportivi o i servizi di
abbonamento a giornali per terzi, che non potrebbero essere considerati come servizi rivolti a start up.
21      Per i servizi della classe 36, la commissione di ricorso non avrebbe spiegato il nesso che potrebbe sussistere, ad esempio, tra servizi quali i servizi di deposito in casseforti, le collette e le agenzie doganali, da un lato, e le iniziative destinate ad imprese in fase di lancio, dall’altro lato.
22      Per i servizi della classe 41, la motivazione non sarebbe sufficiente poiché, secondo la ricorrente, tali servizi, che includono in particolare l’organizzazione di concorsi di bellezza, non sono omogenei.
23      Per i servizi compresi nella classe 42, la motivazione della decisione impugnata non potrebbe applicarsi a servizi quali l’esplorazione subacquea, gli esami geologici e le prove tessili, che non sarebbero in alcun modo connessi a servizi quali i servizi scientifici e tecnologici, i servizi di analisi e di ricerche industriali e i servizi di progettazione e di sviluppo. Per di più, l’argomento secondo cui le start up sarebbero create in settori innovativi dal punto di vista tecnologico sarebbe in contraddizione con l’argomento secondo cui i servizi compresi nella classe 41 includerebbero attività di divertimento e di ricreazione.
24      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. Esso ritiene che il motivo di ricorso sia infondato in quanto, principalmente, tutti i servizi interessati dalla domanda di marchio possono essere forniti a start up o essere forniti da queste ultime.
25      A tal proposito, per quanto riguarda la classe 35, i servizi ivi elencati e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Pubblicità; Gestione di affari commerciali; Amministrazione commerciale; Lavori di ufficio; Affissioni; Affitto di distributori automatici; Affitto di spazio pubblicitario su qualsiasi media di comunicazione; Agenzie d’informazioni commerciali; Agenzie di pubblicità; Agenzie per l’importazione e l’esportazione; Aggiornamento di documentazione pubblicitaria; Amministrazione commerciale di licenze di prodotti e di servizi di terzi; Analisi del prezzo di costo; Assistenza nella direzione di imprese industriali o commerciali; Consultazione professionale di affari; Consultazioni per la direzione degli affari; Consultazioni per questioni riguardanti il personale; Contabilità; Decorazione di vetrine; Diffusione di annunci pubblicitari; Diffusione (distribuzione) di campioni; Dimostrazione pratica di prodotti; Direzione professionale delle attività artistiche; Distribuzione di materiale pubblicitario (volantini, prospetti, stampati, campioni); Elaborazione di statistiche; Fatturazione; Gestione amministrativa di alberghi; Gestione aziendale per conto degli sportivi; Gestione di archivi informatici; Informazioni (di affari); Informazioni e consulenza commerciale ai consumatori; Investigazioni (per affari); Layout per scopi pubblicitari; Locazione di spazi pubblicitari; Marketing; Noleggio di fotocopiatrici; Noleggio di macchine e di attrezzature per ufficio; Noleggio di materiale pubblicitario; Organizzazione di esposizioni per scopi commerciali o pubblicitari; Organizzazione di fiere per scopi commerciali o di pubblicità; Organizzazione di sfilate di moda a fini promozionali; Perizie in materia di affari; Preparazione di fogli di paga; Presentazione di prodotti con qualsiasi mezzo di comunicazione per la vendita al dettaglio; Previsioni economiche; Produzione di spot pubblicitari; Progetti (assistenza nella direzione degli affari); Promozione delle vendite per i terzi; Pubblicazione di testi pubblicitari; Pubblicità on-line su rete informatica; Pubblicità per corrispondenza; Pubblicità per posta; Pubblicità radiofonica; Pubblicità televisiva; Raccolta di dati in uno schedario centrale; Ragguagli d’affari; Reclutamento di personale; Redazione di testi pubblicitari; Relazioni
pubbliche; Ricerca di sponsor; Ricerche di informazioni su schedari informatici (per terzi); Ricerche (di mercato-); Ricerche (per affari-); Riproduzione di documenti; Selezione di personale con procedimenti psicotecnici; Servizi di abbonamento ai giornali per i terzi; Servizi di abbonamento ai servizi di telecomunicazione per i terzi; Servizi di approvvigionamento per conto terzi (acquisto di prodotti e di servizi par altre imprese); Servizi di comparazione dei prezzi; Servizi di consulenza per l’organizzazione e la direzione degli affari; Servizi di consulenza per l’organizzazione degli affari; Servizi di consulenza per la direzione degli affari; Servizi di dattilografia; Servizi di fotocopiatura; Servizi di indossatrici a fini pubblicitari o di promozione delle vendite; Servizi di rassegne stampa; Servizi di rialloggio per imprese; Servizi di risposta (telefonica) (per abbonati assenti); Servizi di segreteria; Servizi di stenografia; Servizi di subappalto (assistenza commerciale); Servizi di telemarketing; Sistemazione di dati in uno schedario centrale; Sondaggio di opinione; Stesura di dichiarazioni fiscali; Stesura di estratti di conti; Stime in materia di affari commerciali; Studi (di mercato); Trascrizione di comunicazioni; Trattamento amministrativo di ordinazioni di acquisti; Trattamento di testi; Uffici di collocamento; Vendita all’asta; Verifica di conti».
26      Al punto 20 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha spiegato che, per quanto riguarda tutti questi servizi, il marchio richiesto sarebbe inteso come l’indicazione, fornita al destinatario dei servizi, del fatto che, nel campo segnatamente della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale, questi ultimi risponderebbero in maniera particolarmente idonea alle esigenze delle start up. La commissione di ricorso ha precisato che il marchio richiesto designava il soggetto destinatario del servizio, vale a dire la start up, e la maniera concreta di aiutare quest’ultima mediante la creazione di iniziative negli svariati settori indicati nella lista dei servizi di cui alla classe 35. Essa ha preso a titolo esemplificativo la redazione di testi pubblicitari e ha indicato che il marchio richiesto avrebbe informato il pubblico del fatto che il servizio rappresentava un’iniziativa che il prestatore metteva a disposizione della start up.
27      Così facendo, la commissione di ricorso ha sufficientemente motivato in punto di diritto la decisione impugnata per quanto riguarda i servizi della classe 35.
28      Nelle circostanze del caso di specie, infatti, la motivazione poteva essere globale dati i servizi in questione, che rientrano nel campo segnatamente della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale. Tali servizi possono interessare le start up, in quanto, come rilevato a giusto titolo dalla commissione di ricorso al punto 21 della decisione impugnata, il lancio di una nuova impresa può richiedere l’elaborazione di un progetto d’impresa, il disegno di una campagna pubblicitaria, consulenza commerciale, selezione di personale, noleggio di apparecchiature d’ufficio, lavori di dattilografia, ricerche di mercato e ciascuno degli altri servizi elencati nella classe 35. Il fatto che, in tale classe, siano elencati anche servizi quali la gestione aziendale per conto di sportivi o i servizi di abbonamento a giornali per terzi non permette di rimettere in discussione tale valutazione. Da una parte, la gestione aziendale per conto di terzi e, in particolare, di sportivi può essere un servizio destinato ad una start up, specialmente se quest’ultima opera in campo sportivo. Dall’altra, anche i servizi di abbonamento a giornali per terzi possono interessare le start up, in quanto esse possono assolutamente aver bisogno, nell’ambito delle loro attività, di sottoscrivere tali abbonamenti.
29      La commissione di ricorso poteva quindi motivare la decisione impugnata, come ha fatto ai punti 20 e 21 della stessa, senza ulteriori precisazioni. Questa motivazione poteva in
effetti essere applicabile a tutti i servizi della classe 35 che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio, nonostante le differenze che sussistono tra loro.
30      Per quanto riguarda la classe 36, i servizi ivi elencati e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Assicurazioni; Affari finanziari; Affari monetari; Affari immobiliari; Affari bancari; Affìtto di appartamenti; Affìtto di imprese agricole; Agenzie di credito; Agenzie di locazione (proprietà immobiliari); Agenzie di recupero di crediti; Agenzie doganali; Agenzie immobiliari; Amministrazione di beni immobiliari; Amministrazione di immobili; Amministrazione di patrimoni; Analisi (finanziaria); Assicurazione contro gli incidenti; Assicurazione contro l’incendio; Assicurazione malattia; Assicurazione marittima; Assicurazione (sulla vita); Brokeraggio; Collette di beneficenza; Consulenza in materia di assicurazioni; Consulenza in materia finanziaria; Costituzione di capitali; Deposito di valori; Deposito in casseforti; Emissione di assegni di viaggio; Emissione di buoni di valore; Emissione di carte di credito; Fatture; Garanzie (cauzioni); Home banking; Informazioni (finanziarie); Informazioni in materia di assicurazioni; Intermediazione di crediti dì carbonio; Investimento di capitali; Istituto per contratti di affitto; Leasing; Locazione di uffici (immobili); Mediazione in assicurazioni; Mediazione in beni immobiliari; Mediazione in borsa; Operazioni di cambio; Operazioni di compensazione (cambio); Pagamento a rate; Perizie fiscali; Prestiti contro sicurezza; Prestiti (finanziamenti); Prestito su garanzia di beni mobili; Quotazione di borsa; Raccolte di denaro; Riscossione di pigioni; Servizi attuari; Servizi di carte di credito; Servizi di carte di debito; Servizi di cassa di previdenza; Servizi di finanziamento; Servizi di fondo di previdenza; Servizi di liquidazione di imprese (affari finanziari); Servizi di pagamento delle pensioni; Servizi di prestito su pegno; Servizi fiduciari; Sponsorizzazione (finanziaria-); Stima del legname non abbattuto; Stima di beni immobiliari; Stima di francobolli; Stima di gioielli; Stima di oggetti d’arte; Stima di oggetti di antiquariato; Stima numismatic[a]; Stime finanziarie (assicurazioni, banche, immobili); Stime finanziarie dei costi di riparazione; Stime in materia di lana; Trasferimento elettronico di fondi; Verifica degli assegni».
31      Al punto 23 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha spiegato che una start up aveva bisogno di finanziamenti, servizi di stima, servizi immobiliari, servizi assicurativi, servizi d’investimento e di ogni altro servizio che la ricorrente aveva elencato nella sua domanda di marchio per quanto riguarda la classe 36. Essa ha precisato che si trattava di servizi destinati al mondo imprenditoriale in generale e ancor più alle imprese appena costituite che puntavano sulle nuove tecnologie e che erano, quindi, finanziariamente più fragili ed esposte.
32      Così facendo, la commissione di ricorso ha sufficientemente motivato in punto di diritto la decisione impugnata per quanto riguarda i servizi della classe 36 che costituiscono l’oggetto del marchio richiesto.
33      Tali servizi, infatti, presentano tra loro un nesso sufficientemente diretto e concreto in quanto, come precisato dalla commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, ciascuno di tali servizi può «rientra[re] nel concetto di iniziativa posta in essere dalla [ricorrente] a favore delle start up». Gli elementi forniti dalla ricorrente non permettono di escludere che servizi quali i servizi di deposito in casseforti, le collette e le agenzie doganali possano rivestire un interesse per imprese appena create al pari, per esempio, dei servizi di finanziamento, di stima, immobiliari, assicurativi e di investimento.
34      Per quanto riguarda la classe 41, i servizi che rientrano nel suo campo d’applicazione e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Educazione; Formazione; Divertimento; Attività sportive e culturali; Accademie (educazione); Addestramento di animali; Affitto di apparecchi e accessori cinematografici; Affitto di arredamenti per spettacoli; Affitto di arredi da teatro; Affitto di campi da tennis; Affitto di films cinematografici; Affitto di registrazioni sonore; Affitto di stazioni radiofoniche e televisive; Allenamento (formazione); Campi (stages) di addestramento sportivo; Circhi; Composizione musicale per i terzi; Corsi di fitness cumulative; Cronometraggio delle manifestazioni sportive; Cultura fisica; Divertimento radiofonico; Divertimento televisivo; Doppiaggio; Educazione religiosa; Esercitazione pratica (dimostrazione); Fornitura di installazioni sportive; Fornitura di percorsi di golf; Fornitura on-line di pubblicazioni elettroniche non scaricabili; Fotografia; Gestione di sale da gioco; Giardini di attrazione; Giochi d’azzardo o scommesse; Informazioni in materia di divertimento; Informazioni in materia di educazione; Informazioni in materia di ricreazione; Insegnamento della ginnastica; Insegnamento per corrispondenza; Interpretazione del linguaggio gestuale; Layout, non per scopi pubblicitari; Locali notturni; Locazione di videonastri; Messa a disposizione di impianti di karaoke; Microfilmatura; Montaggio di programmi radiofonici e televisivi; Montaggio di videonastri; Noleggio di apparecchi audio; Noleggio di apparecchi d’illuminazione per set teatrali o studi televisivi; Noleggio di attrezzature di giochi; Noleggio di equipaggiamenti di immersione subacquea; Noleggio di equipaggiamento per gli sports ad eccezione dei veicoli; Noleggio di giocattoli; Noleggio di impianti sportivi; Noleggio di magnetoscopi; Noleggio di stadi; Noleggio di videocamere; Organizzazione di balli; Organizzazione di competizioni sportive; Organizzazione di concorsi di bellezza; Organizzazione di concorsi (educazione o divertimento); Organizzazione di esposizioni per scopi culturali o educativi; Organizzazione di lotterie; Organizzazione di sfilate di moda per intrattenimento; Organizzazione di spettacoli (servizi di impresari); Organizzazione e direzione di concerti; Organizzazione e direzione di conferenze; Organizzazione e direzione di congressi; Organizzazione e direzione di convegni; Organizzazione e direzione di seminari; Organizzazione e direzione di simposi; Organizzazione e gestione di laboratori di formazione; Orientamento professionale; Pensionati; Pianificazione di ricevimenti (divertimento); Prenotazione di posti per spettacoli; Prestito di libri; Produzione di film non per scopi pubblicitari; Produzione di films su videonastri; Produzione di musica; Produzione di spettacoli; Proiezione [in] sale cinematografiche; Prove pedagogiche; Pubblicazione di libri; Pubblicazione di testi eccetto quelli pubblicitari; Pubblicazione elettronica di libri e di riviste on line; Pubblicazioni tramite computer; Rappresentazione di spettacoli; Rappresentazioni teatrali; Redazione di sceneggiature; Redazione di testi (eccetto quelli pubblicitari); Registrazione di films su videonastri; Reportage fotografici; Riqualificazione professionale; Sale da musica; Scuole materne (educazione); Servizi di agenzie di modelli per artisti; Servizi di biblioteche itineranti; Servizi di biglietteria (divertimento); Servizi di calligrafi; Servizi di campi di vacanze (divertimento); Servizi di casinò (giochi); Servizi di club del benessere (salute e fitness); Servizi di clubs (divertimento o educazione); Servizi di cronisti; Servizi di discjockey; Servizi di discoteche; Servizi di fornitura di strutture ricreative; Servizi di giardini zoologici; Servizi di giochi proposti on line (partendo da una rete informatica); Servizi di interpretariato linguistico; Servizi di museo (presentazioni, esposizioni); Servizi di orchestre; Servizi di personal trainer (fitness); Servizi di studio di registrazione; Servizi di traduzione; Servizi per artisti di spettacoli; Sottotitolazione; Studi per cinema».
35      Va rilevato che la commissione di ricorso ha raggruppato tutti questi servizi in tre categorie e ha addotto una motivazione circostanziata per ciascuna di dette categorie.
36      Ai punti da 26 a 28 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha operato una distinzione tra tre gruppi di servizi, vale a dire il gruppo dei servizi attinenti alla formazione e all’educazione, il gruppo dei servizi attinenti alle attività sportive e culturali e il gruppo dei servizi attinenti alle attività di divertimento e di ricreazione e i restanti servizi.
37      Al punto 26 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha affermato che, per i servizi attinenti alla formazione e all’educazione, l’espressione contenuta nel marchio designerebbe la tematica dei servizi, vale a dire che «i corsi di formazione e simili sono dedicati alle iniziative destinate a favorire il decollo di start up». Al punto 27 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha spiegato che, per i servizi attinenti alle attività sportive e culturali, il marchio richiesto sarebbe percepito come l’indicazione che tali attività costituirebbero la materializzazione di iniziative a favore di imprese di recente costituzione e non come indicazione della provenienza del servizio o dell’attività da un’impresa particolare. La commissione di ricorso ne ha dedotto che, per tali servizi, il marchio richiesto non adempierebbe alcuna funzione informativa. Al punto 28 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha precisato che lo stesso varrebbe per le attività di divertimento, ricreazione e i restanti servizi relativamente ai quali il marchio richiesto si limitava ad informare il pubblico che si trattava di servizi ed attività che rientravano nel novero di un’iniziativa realizzata da una start up.
38      Così facendo, la motivazione addotta dalla commissione di ricorso è sufficiente e la ricorrente non presenta alcun argomento che possa dimostrare che le categorie di servizi individuate dalla commissione di ricorso non siano state determinate correttamente. Occorre inoltre precisare che l’organizzazione di concorsi di bellezza, messa in evidenza dalla ricorrente, può perfettamente rientrare nel terzo gruppo di servizi identificati dalla commissione di ricorso, il quale comprende in particolare le attività di divertimento e ricreazione.
39      Per quanto riguarda la classe 42, i servizi ivi elencati e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Servizi scientifici e tecnologici e servizi di ricerca e progettazione ad essi relativi; Servizi di analisi e di ricerche industriali; Progettazione e sviluppo di hardware e software; Affitto di computers; Aggiornamento di software; Agrimensura; Allestimento di piani per la costruzione; Analisi chimic[he]; Analisi della scrittura (grafologia); Analisi delle acque; Analisi di sistemi informatici; Architettura; Autenticazione di opere d’arte; Collaudi di materiali; Consulenza di architettura; Consulenza in materia di economia dell’energia; Consulenza in materia di software; Consulenza nella progettazione e nello sviluppo di computers; Controllo di pozzi di petrolio; Controllo di qualità; Controllo tecnico per autoveicoli; Conversione di dati e di programmi informatici (diversi d[a]lla conversione fisica); Conversione di dati o di documenti da un supporto fisico verso un supporto elettronico; Creazione e gestione di siti web per i terzi; Decorazione interna; Digitalizzazione di documenti (scansione); Disegni industriali; Duplicazione di programmi informatici; Elaborazione (ideazione) di software; Esami di giacimenti petroliferi; Esami geologici; Esplorazioni subacquee; Fornitura di informazioni scientifiche e consulenza in relazione alla emissione di anidride carbonica; Fornitura di motori di ricerca per Internet; Ingegneria; Inseminazione di nuvole; Installazione di software; Locazione di software informatici; Manutenzione di programmi per computers; Monitoraggio dei sistemi informatici tramite accesso remoto; Noleggio di server Web; Noleggio di spazi e assistenza per siti informatici per i terzi (siti web); Perizie (lavori d’ingegneria); Pianificazione urbanistica; Progettazione di sistemi informatici; Programmazione per computers; Prove tessili; Recupero di dati in banche dati informatiche; Ricerca di petrolio; Ricerca e sviluppo
di nuovi prodotti per i terzi; Ricerca geologica; Ricerche biologiche; Ricerche geologiche; Ricerche in batteriologia; Ricerche in chimica; Ricerche in cosmetologia; Ricerche in fisica; Ricerche in materia di protezione dell’ambiente; Ricerche in meccanica; Ricerche tecniche; Servizi d’analisi per la ricerca di giacimenti petroliferi; Servizi di informazioni meteorologiche; Servizi di chimica; Servizi di disegnatori di arti grafiche; Servizi di disegnatori per imballaggi; Servizi di figurinista; Servizi di laboratori scientifici; Servizi di protezione contro i virus informatici; Stilismo (estetica industriale); Studi di progetti tecnici; Taratura (misurazione); Valutazione della qualità della lana; Valutazione qualitativa del legname».
40      Ai punti da 29 a 31 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che tutti i servizi menzionati erano servizi scientifici e tecnologici, servizi di analisi e ricerche industriali, progettazione e sviluppo di hardware e software e di servizi ordinati alfabeticamente secondo la lingua italiana, che vanno dall’affitto di computer alla valutazione della qualità del legname, passando per l’inseminazione delle nuvole, l’esame di giacimenti petroliferi e i servizi di figurinisti. Il messaggio veicolato dal marchio richiesto per detti servizi e attività sarebbe quello, puramente informativo, che detti servizi vengono resi e dette attività vengono esercitate nell’ambito di iniziative imprenditoriali che ruotano attorno ad una start up. Le start up verrebbero create nei settori innovativi dal punto di vista tecnologico, che corrispondono precisamente a quelli di cui all’enunciato dei servizi della classe 42. L’impiego del marchio richiesto per tali servizi e attività non adempierebbe alcuna funzione distintiva. Il marchio richiesto si limiterebbe a informare il pubblico, non già sulla provenienza imprenditoriale di servizi e attività, ma circa il quadro imprenditoriale all’interno del quale i servizi sarebbero resi e le attività sarebbero realizzate.
41      Va considerato che, così facendo, la commissione di ricorso ha sufficientemente motivato in punto di diritto la decisione impugnata per quanto riguarda i servizi di cui alla classe 42. Questi presentano, infatti, tra loro, un nesso sufficientemente diretto e concreto, tenuto conto del fatto che possono tutti essere ricompresi in settori innovativi dal punto di vista tecnologico, nei quali le start up sono create. Quanto alla questione di sapere se tale argomento sia in contraddizione con quello avanzato circa alcuni dei servizi compresi nella classe 41 e che corrispondono ai servizi di divertimento e ricreazione, va rilevato che la mera constatazione formulata dalla commissione di ricorso, nella decisione impugnata, secondo cui le start up vengono create nei settori tecnologicamente innovativi, come quelli di cui all’enunciato della classe 42, non può essere interpretato nel senso che le start up non vengono mai create in altri settori, come quelli nei quali sono resi i servizi di divertimento e ricreazione di cui alla classe 41. Ne deriva che il rilievo vertente su una contraddizione interna della motivazione è privo di fatto di qualsiasi fondamento e deve, di conseguenza, essere respinto.
42      Risulta da quanto precede che la commissione di ricorso non è incorsa in errore allorché ha raggruppato i servizi oggetto della domanda di marchio in più categorie e ha adottato una motivazione globale per ciascuna di tali categorie. Per il resto, va aggiunto che le start up possono essere presenti in un gran numero di settori e possono attingere quindi a servizi di natura molto varia. Ciò conduce a ritenere che la motivazione possa essere identica per i diversi servizi che possono essere offerti a tali start up e che corrispondono ad attività a favore di queste ultime o da esse realizzate, indipendentemente dal fatto che detti servizi possano non essere necessariamente omogenei. Non era necessario, in tale contesto, ripetere la stessa motivazione per ogni servizio o ogni categoria di servizi.
43      Il primo motivo di ricorso dev’essere, pertanto, respinto in quanto infondato.
Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009
44      La ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
45      La ricorrente contesta la decisione impugnata, in quanto si è ritenuto che il pubblico non anglofono comprenderebbe le parole «start up initiative», quando invece il consumatore, al di fuori dei paesi anglofoni, non sarebbe in grado di comprendere il significato di tali parole e percepirebbe il marchio richiesto come un segno composto da termini di pura fantasia.
46      Secondo la ricorrente, il marchio richiesto non è privo di carattere distintivo in relazione ai servizi oggetto della domanda di marchio, dal momento che si tratterebbe di un marchio complesso, costituito da una combinazione di elementi denominativi e figurativi che gli conferiscono carattere distintivo. Il marchio richiesto apparirebbe come un logo di fantasia costituito dalla figura di due parole, «start» e «initiative», disposte su due righe «allineate a destra». Tale immagine sarebbe accompagnata dalla nuvoletta di un fumetto, a richiamare la figura di una bocca stilizzata che pronuncerebbe la parola «up». La scelta originale consisterebbe nell’aver abbinato questa nuvoletta alle parole «start» e «initiative», anziché rappresentare un personaggio, il che testimonierebbe un carattere fortemente distintivo del marchio richiesto. Quest’ultimo rimarrebbe così impresso nella mente del consumatore e svolgerebbe la propria funzione di indicazione dei servizi resi.
47      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
48      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo».
49      I marchi contemplati dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 sono quelli considerati inidonei a svolgere la funzione sostanziale del marchio, cioè quella di identificare l’origine commerciale del prodotto o del servizio in questione al fine di consentire al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio di fare, al momento di un successivo acquisto, la stessa scelta, qualora l’esperienza si riveli positiva, o di fare un’altra scelta, qualora essa risulti negativa [sentenze del 3 luglio 2003, Best Buy Concepts/UAMI (BEST BUY), T-122/01, EU:T:2003:183, punto 20; del 21 gennaio 2011, BSH/UAMI (executive edition), T-310/08, non pubblicata, EU:T:2011:16, punto 23, e del 23 gennaio 2014, Novartis/UAMI (CARE TO CARE), T-68/13, non pubblicata, EU:T:2014:29, punto 12].
50      Risulta dalla giurisprudenza che un carattere minimamente distintivo è sufficiente affinché non sia applicato l’impedimento assoluto di registrazione previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [sentenze del 27 febbraio 2002, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL), T-34/00, EU:T:2002:41, punto 39, e del 23 gennaio 2014, CARE TO CARE, T-68/13, non pubblicata, EU:T:2014:29, punto 13].
51      Il carattere distintivo deve essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico
di riferimento, che è costituito dal consumatore di tali prodotti o servizi (v. sentenza del 21 gennaio 2010, Audi/UAMI, C-398/08 P, EU:C:2010:29, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).
52      Innanzitutto, va constatato che la commissione di ricorso ha rilevato, a giusto titolo e senza essere contraddetta su questo punto dalla ricorrente, che il pubblico di riferimento era costituito da persone che, professionalmente o meno, potevano chiedere una prestazione di servizi nel settore della pubblicità, degli affari, della finanza, dell’assicurazione, della promozione immobiliare, dell’educazione, della cultura, dello sport, dello spettacolo, della ricerca scientifica, della tecnologia, della progettazione industriale, dell’ingegneria e, in particolare, nei settori di attività oggetto dei servizi di cui alla domanda di marchio.
53      La ricorrente contesta la decisione impugnata, in quanto si è ritenuto che il pubblico non anglofono comprenderebbe le parole «start up initiative». Secondo la ricorrente, il consumatore, al di fuori dei paesi anglofoni, non sarebbe in grado di comprendere il significato di tali parole e percepirebbe il marchio richiesto come un segno composto da termini di pura fantasia.
54      A tal proposito, al punto 14 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che, nei settori economici interessati dalla domanda di marchio, l’impiego della lingua inglese fosse estremamente diffuso e che il pubblico che operava in tali settori, all’interno dell’Unione, fosse in grado di leggere e capire l’espressione «start up initiative» e anche d’identificare, in particolare, i termini «start» e «initiative». Al punto 16 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha aggiunto che l’espressione «start up» è di uso comune in inglese per identificare aziende di recente costituzione e che la parola inglese «initiative» significa «iniziativa». Entrambe le espressioni sarebbero agevolmente comprese da un pubblico non anglofono e l’espressione «start up» sarebbe entrata nel linguaggio comune in Italia e sarebbe notoriamente associata ad iniziative imprenditoriali nel settore delle nuove tecnologie e di Internet.
55      Tale valutazione non risulta viziata da errori. Come rilevato dalla commissione di ricorso, l’espressione «start up» è entrata a tal punto nel linguaggio comune, in Italia come in altri Stati membri, da poter ritenere che una parte del pubblico, anche non anglofono, la comprenda. A parte il fatto che la ricorrente ha addotto esempi fondati su categorie di persone molto specifiche, essa non ha prodotto elementi che permettano di concludere che una gran parte del pubblico di riferimento non conosca l’espressione «start up» e non possa comprenderne il significato corretto, né che tale pubblico possa non conoscere l’espressione «initiative». La ricorrente non ha dimostrato neppure che il pubblico che conosce l’espressione «start up» e l’espressione «initiative» rappresenta una parte trascurabile del pubblico di riferimento. A tal proposito, occorre ricordare che, affinché un segno ricada sotto il divieto previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, è sufficiente che sussista un impedimento rispetto a una parte non trascurabile del pubblico destinatario e che non è necessario valutare se anche gli altri consumatori appartenenti al pubblico di riferimento conoscano detto segno [v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2015, bd breyton-design/UAMI (RACE GTP), T-520/14, non pubblicata, EU:T:2015:884, punto 29 e giurisprudenza ivi citata]. Peraltro, va aggiunto che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il paragrafo 1 di questo stesso articolo si applica anche se le cause d’impedimento relative esistono soltanto per una parte dell’Unione.
56      Inoltre, per quanto concerne la questione di sapere se il segno richiesto sia privo di carattere distintivo, occorre ricordare, in via preliminare, che, trattandosi di un marchio
composto da più elementi denominativi e figurativi, è possibile verificare, in parte, un eventuale carattere distintivo di ciascuno dei suoi elementi, presi separatamente, ma il suddetto carattere deve, comunque, dipendere da un esame dell’insieme che questi formano. Infatti, il mero fatto che ciascuno di tali elementi, considerati separatamente, sia privo di carattere distintivo non esclude che la combinazione che essi formano possa presentare un carattere distintivo (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2004, SAT.1/UAMI, C-329/02 P, EU:C:2004:532, punto 28).
57      La commissione di ricorso ha ritenuto che l’elemento costituito dalla nuvoletta di un fumetto rappresentasse solamente una piccola parte del segno e che influisse in maniera relativamente marginale sull’impressione visiva del marchio richiesto nel suo insieme. Essa ha aggiunto che non era dimostrato che il pubblico avrebbe percepito l’elemento in questione come la nuvoletta di un fumetto, dato che quest’ultima emana normalmente dalla bocca di un personaggio per trasmettere un messaggio. Essa ha ritenuto che, nel marchio richiesto, non fosse riconoscibile alcun personaggio e che il pubblico non avrebbe compreso quindi la forma che circonda la parola «up» come la nuvoletta di un fumetto, bensì come una semplice cornice di fantasia. Il pubblico sarebbe portato a leggere l’espressione «start up» e l’espressione «initiative» secondo una sequenza logica. Tale sequenza formerebbe un’espressione che ha un significato, a differenza dell’espressione «start initiative up». Peraltro, il fatto che la parola «up» sia racchiusa nella nuvoletta di un fumetto e sia scritta in bianco su sfondo scuro non impedirebbe al pubblico di leggere d’istinto tale parola dopo «start», perché «start up», a differenza di «start initiative», sarebbe un concetto ad esso familiare.
58      Tale valutazione non risulta viziata da errori.
59      Innanzitutto, è incontestabile che l’espressione «start up initiative» ha un significato proprio, riconoscibile dal pubblico, a differenza dell’espressione «start initiative up». È poco probabile che il pubblico comprenda quest’ultima espressione invece della prima.
60      Inoltre, il fatto che, in un segno, sia utilizzata la tecnica del fumetto non è sufficiente a conferirgli un carattere distintivo, in quanto tale tecnica è comunemente utilizzata per ogni sorta di messaggi e di supporti.
61      Nel caso di specie, la nuvoletta si presenta come un semplice elemento figurativo, tanto più che, come ha rilevato in sostanza la commissione di ricorso, esso si discosta dalla tecnica utilizzata più frequentemente nei fumetti per rappresentare visivamente una parola, in ragione della completa assenza di personaggi o altre figure nel marchio richiesto. Il pubblico non comprenderà quindi necessariamente la forma che circonda la parola «up» come la nuvoletta di un fumetto, bensì come una semplice cornice di fantasia, che non può, in quanto tale, trasmettere un messaggio che possa essere ricordato dai consumatori [v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2007, Cain Cellars/UAMI (Rappresentazione di un pentagono), T-304/05, non pubblicata, EU:T:2007:271, punti 22 e 23 e giurisprudenza ivi citata].
62      Infine, va ricordato che un elemento denominativo è descrittivo e privo di qualsiasi carattere distintivo se, in almeno uno dei suoi significati potenziali, designa una caratteristica dei prodotti o dei servizi interessati. Ciò avviene quando il nesso stabilito tra il contenuto di tale elemento, da una parte, e i prodotti o i servizi in questione, dall’altra, è sufficientemente concreto e diretto da dimostrare che tale elemento consente, nella mente del pubblico di riferimento, un’identificazione immediata di detti prodotti o di detti servizi [v. sentenza del
14 gennaio 2016, International Gaming Projects/UAMI (BIG BINGO), T-663/14, non pubblicata, EU:T:2016:5, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].
63      Dal momento che il pubblico di riferimento ricorderà principalmente il marchio richiesto grazie all’espressione «start up initiative», deve essere avallata la valutazione della commissione di ricorso quanto alla mancanza di carattere distintivo del marchio richiesto per quanto riguarda i diversi servizi oggetto di detto marchio.
64      Per quanto riguarda, infatti, in primo luogo, i servizi della classe 35, il marchio richiesto potrà essere inteso come l’indicazione del destinatario dei servizi, vale a dire che questi, nel campo segnatamente della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale, rispondono in maniera particolarmente idonea alle esigenze delle start up, come ritenuto a giusto titolo dalla commissione di ricorso al punto 20 della decisione impugnata.
65      Per quanto riguarda, in secondo luogo, i servizi della classe 36, il marchio richiesto potrà essere compreso come l’indicazione, da un lato, dei soggetti ai quali sono destinati i servizi, vale a dire le start up, e, dall’altro, del genere di iniziative, nel settore della finanza, dell’assicurazione e della gestione immobiliare, che viene loro messo a disposizione, come ritenuto ancora una volta a giusto titolo dalla commissione di ricorso al punto 22 della decisione impugnata.
66      Per quanto riguarda, in terzo luogo, i servizi della classe 41, il marchio richiesto potrà designare l’oggetto dei servizi coperti dalle tre categorie determinate dalla commissione di ricorso ai punti da 26 a 28 della decisione impugnata. Per la prima categoria, difatti, relativa ai servizi attinenti la formazione e l’educazione, il marchio richiesto potrà designare i servizi destinati a favorire il lancio di una start up. Per la seconda categoria, relativa ai servizi attinenti alle attività sportive e culturali, esso potrà indicare la materializzazione di iniziative a favore delle start up. Per la terza categoria, relativa alle attività di divertimento, ricreazione e i restanti servizi, esso potrà designare i servizi che rientrano nel novero di una iniziativa realizzata da una start up.
67      Per quanto riguarda, in quarto luogo, i servizi della categoria 42, che comprende i servizi scientifici e tecnologici, i servizi di analisi e ricerche industriali, la progettazione e lo sviluppo di hardware e software e i servizi che vanno dall’affitto di computer alla valutazione della qualità del legname, passando per l’inseminazione delle nuvole, l’esame di giacimenti petroliferi e i servizi di figurinisti, il marchio richiesto potrà essere compreso, come ritenuto dalla commissione di ricorso ai punti 29 e 30 della decisione impugnata, come informativo del fatto che tali servizi vengono resi e dette attività vengono esercitate nell’ambito di iniziative imprenditoriali che ruotano intorno ad una start up, con la precisazione che queste ultime vengono create nei settori tecnologicamente innovativi.
68      Risulta da quanto precede che la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione allorché ha concluso che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo. Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo di ricorso in quanto infondato e, pertanto, il ricorso nel suo complesso.

Sulle spese
69      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:
1)      Il ricorso è respinto.
2)      La Intesa Sanpaolo SpA è condannata alle spese.
Kanninen Pelikánová Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 dicembre 2016.
Il cancelliere       Il presidente
E. Coulon       A. M. Collins
* Lingua processuale: l’italiano.




SMARTLINE – Nona Sezione EUIPO – 13.12.2016

smartline

SMARTLINE – Nona Sezione Euipo – 13.12.2016

marchio SMARTLINE

Con decisione del 3 luglio 2014, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione per l’insieme dei prodotti interessati, con la motivazione che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo.

Al punto 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che era pacifico che l’elemento figurativo, consistente in un simbolo di accensione anteposto all’elemento denominativo «smartline», fosse il simbolo più comunemente utilizzato per l’accensione di apparecchi elettronici, di solito di colore rosso, per motivi di maggiore visibilità.

La commissione di ricorso ha ritenuto che il segno richiesto non fosse idoneo a fungere da indicatore dell’origine commerciale dei prodotti in argomento, dato che il pubblico avrebbe percepito detto segno, nel suo insieme, come un’informazione di carattere promozionale sulle caratteristiche di detti prodotti

La ricorrente sostiene che l’espressione «smartline» non è descrittiva, dato che ha una duplicità di significato, vale a dire «linea intelligente» e «linea elegante», che la rende a suo modo originale.

La ricorrente sostiene, poi, che il simbolo dell’accensione non presenta alcun nesso con l’espressione «smartline», in particolare rispetto a prodotti che non possono essere accesi, come le custodie per telefoni cellulari. Pertanto, il segno in esame presenterebbe una sua intrinseca riconoscibilità e consentirebbe al consumatore di ripetere la sua esperienza di acquisto. Tale abbinamento tra la parte simbolica e quella verbale sarebbe del tutto personale e originale, e comporterebbe un lavoro di «decodificazione» o di «decifrazione» da parte del consumatore.

L’EUIPO confuta tali argomenti in quanto infondati.

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

13 dicembre 2016 (*)
«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo smartline – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T-744/15,
Puro Italian Style SpA, con sede in Modena (Italia), rappresentata da F. Terrano, avvocato,
ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,
convenuto,
avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 7 ottobre 2015 (procedimento R 2258/2014-1), relativa a una domanda di registrazione del marchio figurativo smartline come marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),
composto da S. Gervasoni, presidente, R. da Silva Passos (relatore) e K. Kowalik-Bańczyk, giudici,
cancelliere: E. Coulon
visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2015,
visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 marzo 2016,
visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti
1        Il 7 febbraio 2014, la Puro Italian Style SpA, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà
intellettuale (EUIPO) ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).
2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo di seguito riprodotto:
3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 9 ai sensi dell’accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Custodie per telefoni cellulari e smartphone; custodie per computer e tablet; custodie per lettori MP3; custodie per apparecchi fotografici; custodie per telecamere digitali; auricolari; auricolari bluethooth; altoparlanti esterni; cuffie audio; cuffie audio bluethooth; proteggi-schermi per cellulari, smartphone, computer e tablet; ricaricatori per telefoni cellulari, smartphone, tablet, computer e lettori MP3; caricabatterie per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; caricabatteria da auto per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; batterie esterne per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; batterie di ricarica d’emergenza per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; supporti per telefoni cellulari, smartphone e tablet; supporti orientabili per computer; strumenti per trasmissione senza fili ad alta frequenza».
4        Con decisione del 3 luglio 2014, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione per l’insieme dei prodotti interessati, con la motivazione che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.
5        Il 29 agosto 2014 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione dell’esaminatore, in forza degli articoli da 58 a 60 del regolamento n. 207/2009.
6        Con decisione del 7 ottobre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. Innanzitutto, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 13 della decisione impugnata, che il pubblico di riferimento era composto sia dal grande pubblico, il cui consumatore medio viene ritenuto normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia da un pubblico professionale, il cui livello di attenzione si ritiene generalmente superiore alla media, e che occorreva fondarsi sulla comprensione da parte dei consumatori anglofoni, essendo il marchio costituito da una parola inglese.
7        Ciò posto, la commissione di ricorso ha in seguito ritenuto, al punto 15 della decisione impugnata, che l’elemento denominativo «smartline» del segno richiesto, costituito dai termini inglesi «smart» e «line», fosse impiegato nella sua forma grammaticale consueta e secondo una costruzione lessicalmente corretta. Secondo la commissione di ricorso, l’espressione «smartline» poteva tradursi in italiano con «linea intelligente» o «linea elegante» ed essere quindi percepita dal pubblico anglofono interessato come un’espressione elogiativa. Infatti, da un lato, al punto 23 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha rilevato che, trattandosi di prodotti che per loro natura incorporano una tecnologia altamente avanzata o che sono in grado di incorporarla (ad esempio, le cuffie, gli altoparlanti, le batterie e i caricabatterie per telefoni portatili, smartphone, tablet e computer), l’utilizzo di tale espressione rafforzava la connotazione elogiativa, ormai totalmente banale, di «prodotto intelligente» o «dotato d’intelligenza artificiale». Dall’altro lato, per quanto riguarda i prodotti quali le custodie e i salvaschermi per cellulari, smartphone, tablet e computer, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 25 della decisione impugnata, che la suddetta espressione conteneva la stessa connotazione elogiativa banale, indicando che si trattava di custodie per una «linea di prodotti intelligenti», e di una «linea elegante» di custodie per tali prodotti elettronici.
8        Al punto 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che era pacifico che l’elemento figurativo, consistente in un simbolo di accensione anteposto all’elemento denominativo «smartline», fosse il simbolo più comunemente utilizzato per l’accensione di apparecchi elettronici, di solito di colore rosso, per motivi di maggiore visibilità. La commissione di ricorso ha aggiunto che tale elemento figurativo non era né inusuale per il consumatore medio, né in grado di sviare l’attenzione del consumatore dal messaggio trasmesso dall’espressione «smartline», sia per quanto riguarda i prodotti elettronici in esame sia per le loro custodie ed accessori. Allo stesso modo, riguardo alla rappresentazione grafica del segno di cui trattasi, la commissione di ricorso ha osservato che i caratteri di stampa comuni e in tonalità di grigio applicati all’elemento «smartline» non aggiungevano alcun carattere distintivo al segno in esame.
9        Di conseguenza, al punto 34 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che il segno richiesto non fosse idoneo a fungere da indicatore dell’origine commerciale dei prodotti in argomento, dato che il pubblico avrebbe percepito detto segno, nel suo insieme, come un’informazione di carattere promozionale sulle caratteristiche di detti prodotti. Per tale motivo, la prima commissione di ricorso è giunta alla conclusione che il segno richiesto non poteva essere registrato, in quanto privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

Conclusioni delle parti

10      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
–        annullare la decisione impugnata;
–        condannare l’EUIPO alle spese.
11      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso in quanto infondato;
–        condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
12      La ricorrente deduce un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
13      Innanzitutto, la ricorrente sostiene che l’espressione «smartline» non è descrittiva, dato che ha una duplicità di significato, vale a dire «linea intelligente» e «linea elegante», che la rende a suo modo originale. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso non avrebbe attribuito sufficiente valore all’elemento figurativo (in prosieguo: il «simbolo dell’accensione» e alla sua influenza nella valutazione globale del segno di cui trattasi. A tal riguardo, nonostante il simbolo dell’accensione sia comunemente utilizzato per indicare la funzione di accensione di prodotti elettronici, cosa ben diversa è utilizzarlo come elemento figurativo associato all’espressione «smartline». Infatti, tale simbolo sarebbe decontestualizzato e trasformato in logo, conferendogli un significato diverso rispetto a quello tecnico da esso originariamente posseduto.
14      La ricorrente sostiene, poi, che il simbolo dell’accensione non presenta alcun nesso con l’espressione «smartline», in particolare rispetto a prodotti che non possono essere accesi, come le custodie per telefoni cellulari. Pertanto, il segno in esame presenterebbe una sua intrinseca riconoscibilità e consentirebbe al consumatore di ripetere la sua esperienza di acquisto. Tale abbinamento tra la parte simbolica e quella verbale sarebbe del tutto personale e originale, e comporterebbe un lavoro di «decodificazione» o di «decifrazione» da parte del consumatore.
15      Inoltre, la ricorrente rileva che l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui il marchio richiesto non permetterebbe di escludere che il segno controverso possa essere utilizzato anche nel suo significato tecnico per indicare dove si trova il pulsante di accensione nei prodotti elettronici si basa su un ragionamento puramente ipotetico e non è fondata su alcun elemento.
16      Infine, sarebbe errato il ragionamento dell’EUIPO secondo cui il carattere distintivo non risulterebbe da una relazione tra il segno e il prodotto contraddistinto dal marchio, come la custodia, bensì da un confronto tra il segno e un prodotto altro, quale il cellulare.
17      Ciò posto, la ricorrente sostiene che il segno richiesto presenta un carattere distintivo per i prodotti interessati appartenenti alla classe 9.
18      L’EUIPO confuta tali argomenti in quanto infondati.
19      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo». Inoltre, l’articolo 7, paragrafo 2, di detto regolamento stabilisce che «il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte [dell’Unione europea]».
20      Secondo una giurisprudenza costante, i marchi cui si riferisce l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 sono quelli reputati inidonei a svolgere la funzione essenziale del marchio, vale a dire quella di identificare l’origine del prodotto o del servizio, allo scopo di consentire in tal modo al consumatore che acquista il prodotto o il servizio
designato dal marchio di fare la medesima scelta in occasione di un acquisto successivo qualora l’esperienza si riveli positiva, oppure un’altra scelta, ove l’esperienza risulti negativa [sentenza del 31 marzo 2004, Fieldturf/UAMI (LOOKS LIKE GRASS… FEELS LIKE GRASS… PLAYS LIKE GRASS), T-216/02, EU:T:2004:96, punto 23].
21      Il carattere distintivo dev’essere valutato, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi per i quali viene chiesta la registrazione e, dall’altro, con riferimento alla percezione che ha il pubblico di riferimento, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto [sentenze del 31 marzo 2004, LOOKS LIKE GRASS… FEELS LIKE GRASS… PLAYS LIKE GRASS, T-216/02, EU:T:2004:96, punto 26, e del 21 gennaio 2011, BSH/UAMI (executive edition), T-310/08, non pubblicata, EU:T:2011:16, punto 24].
22      I marchi composti da elementi che sono, fra l’altro, utilizzati come slogan commerciali, indicazioni di qualità o espressioni che invitano ad acquistare i prodotti o i servizi contraddistinti da detti marchi, non sono esclusi dalla registrazione a motivo di un siffatto utilizzo. Per quanto riguarda la valutazione del carattere distintivo di simili marchi, a questi non vanno applicati criteri più restrittivi di quelli utilizzabili per altri tipi di segni [sentenze del 21 gennaio 2011, executive edition, T-310/08, non pubblicata, EU:T:2011:16, punto 25, e del 12 febbraio 2014, Oetker Nahrungsmittel/UAMI (La qualité est la meilleure des recettes), T-570/11, non pubblicata, EU:T:2014:72, punto 22].
23      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, un marchio costituito da uno slogan pubblicitario deve essere considerato privo di carattere distintivo se è idoneo ad essere percepito dal pubblico di riferimento soltanto come una mera formula promozionale. Invece, a un siffatto marchio deve riconoscersi carattere distintivo se, al di là della sua funzione promozionale, possa essere prima facie percepito dal pubblico di riferimento come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti e dei servizi interessati [ordinanza del 12 giugno 2014, Delphi Technologies/UAMI, C-448/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:1746, punto 36, e sentenza del 24 novembre 2015, Intervog/UAMI (meet me), T-190/15, non pubblicata, EU:T:2015:874, punto 20].
24      Nel caso di specie, occorre preliminarmente rilevare che i prodotti designati dal marchio richiesto consistono in prodotti elettronici e accessori per simili prodotti, rientranti nella classe 9.
25      Per quanto riguarda il pubblico di riferimento, da un lato, si deve sottolineare che la ricorrente non contesta il fatto che, come ritenuto dalla commissione di ricorso al punto 13 della decisione impugnata, i prodotti interessati dal marchio richiesto si rivolgano sia al consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, sia al pubblico professionale. Dall’altro lato, la ricorrente non contesta neppure che il pubblico di riferimento sia composto in particolare dal pubblico anglofono dell’Unione europea.
26      In primo luogo, per quanto riguarda la percezione dell’elemento denominativo del segno richiesto, va evidenziato che la commissione di ricorso ha giustamente rilevato, al punto 14 della decisione impugnata, che la parola inglese «smartline», composta dai termini «smart» e «line», ha una duplicità di significato, vale a dire, da un lato, una «linea intelligente», cioè una linea di prodotti in grado di compiere qualche operazione in modo indipendente o dotati di un dispositivo di controllo computerizzato, e, dall’altro, quello di «linea elegante».
27      A tal proposito, si deve ricordare che è stato giudicato che la circostanza che un marchio richiesto sia tale da avere una pluralità di significati non implica necessariamente, di per sé, che esso abbia un carattere distintivo quando è percepito prima facie dal pubblico di riferimento come un messaggio promozionale e non come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi interessati [sentenza dell’8 ottobre 2015, Société des produits Nestlé/UAMI (NOURISHING PERSONAL HEALTH), T-336/14, non pubblicata, EU:T:2015:770, punto 41]. Sebbene il fatto che il marchio richiesto possa avere una pluralità di significati costituisca una delle caratteristiche idonee a conferire al segno, in via di principio, un carattere distintivo, non si tratta del fattore determinante per dichiarare la sussistenza di tale carattere distintivo [sentenza del 29 gennaio 2015, Blackrock/UAMI (INVESTING FOR A NEW WORLD), T-59/14, non pubblicata, EU:T:2015:56, punto 38].
28      Nel caso di specie, la circostanza che la parola «smartline» sia tale da presentare diverse accezioni non è pertanto decisiva, dato che, nell’ambito di una valutazione complessiva del marchio richiesto, quest’ultimo ha manifestamente ed essenzialmente un senso elogiativo e promozionale per i prodotti interessati. Infatti, essa suggerisce sostanzialmente al pubblico di riferimento l’idea di «linea intelligente» o di «linea elegante» per i prodotti oggetto della domanda. A fronte di detto marchio, il pubblico di riferimento non sarebbe indotto a percepire in quest’ultimo, al di là dell’informazione promozionale secondo cui il marchio richiesto è una «linea intelligente» o una «linea elegante», un’indicazione qualsiasi circa l’origine commerciale dei medesimi prodotti.
29      Inoltre, come giustamente afferma l’EUIPO, i concetti di «intelligenza» e di «eleganza» sono sempre più inscindibilmente legati nel mercato attuale dei prodotti in questione. Di conseguenza, per quanto concerne gli «smartphones», è incontestabile come lo sforzo dei produttori interessati sia diretto ad offrire al pubblico un prodotto che sia allo stesso tempo pratico e funzionale, ma anche esteticamente attrattivo.
30      È dunque a giusto titolo che la commissione di ricorso, al punto 34 della decisione impugnata, ha affermato che il segno richiesto era privo di carattere distintivo a causa dell’inidoneità del medesimo segno, nel suo complesso, a fungere da indicatore dell’origine commerciale dei prodotti in argomento, dato che il pubblico percepisce il segno, nel suo complesso, come un’informazione di carattere promozionale sulle caratteristiche dei prodotti di cui trattasi. Infatti, il senso promozionale o elogiativo del segno richiesto, immediatamente percepito ed inteso come tale dal pubblico di riferimento, mette in secondo piano ogni indicazione commerciale dei prodotti interessati, così che il suddetto marchio non sarà memorizzato dal pubblico di riferimento come un’indicazione di provenienza.
31      Di conseguenza, occorre considerare che l’elemento «smartline» del marchio richiesto consiste, nel suo complesso, in un messaggio promozionale o elogiativo privo del carattere distintivo minimo richiesto.
32      In secondo luogo, per quanto riguarda gli elementi figurativi del segno richiesto, ai fini della valutazione del carattere distintivo del segno medesimo, occorre esaminare se essi permettano al marchio richiesto di divergere dalla semplice percezione degli elementi verbali utilizzati, dal punto di vista dei consumatori medi ragionevolmente attenti (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2015, meet me, T-190/15, non pubblicata, EU:T:2015:874, punto 30).
33      A tal riguardo, si deve rilevare che, al punto 20 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha giustamente considerato che tali elementi non apparivano in grado di sviare il consumatore dalla percezione del segno come un messaggio promozionale o elogiativo sopra constatato.
34      Innanzitutto, il simbolo dell’accensione non può apportare al segno richiesto alcun elemento distintivo rispetto ai prodotti in questione. A tal proposito, l’accensione rappresenta una funzione essenziale di gran parte dei prodotti di cui trattasi, quali gli altoparlanti, gli auricolari, le batterie e i caricabatterie, i telefoni portatili, gli «smartphone», i tablet e i computer. Al contrario, come sostiene l’EUIPO, il suddetto simbolo potrebbe rafforzare il senso elogiativo dell’espressione «smartline», suggerendo che tali prodotti potrebbero incorporare un sistema intelligente per la ricarica più veloce delle batterie oppure riferirsi ad un’accensione più rapida degli altoparlanti.
35      Infine, in merito all’argomento della ricorrente secondo cui l’espressione «smartline» non presenterebbe alcun nesso con il simbolo dell’accensione, specialmente rispetto a prodotti che, per loro natura, non posso essere accesi, si deve affermare che giustamente la commissione di ricorso ha osservato, al punto 18 della decisione impugnata, che nella percezione del consumatore i prodotti elettronici e le loro custodie ed accessori costituiscono un unicum inseparabile. Infatti, come sostiene l’EUIPO, occorre rilevare che esistono, sul mercato, prodotti quali le custodie di telefoni cellulari o di computer, realizzati e presentati come un «tutt’uno» con il prodotto che contengono, al fine di permettere al consumatore di accendere l’apparecchio senza estrarlo dalla sua custodia.
36      Infine, per quanto riguarda gli altri elementi figurativi del segno richiesto, si deve constatare che questi ultimi non sono maggiormente capaci di conferire un carattere distintivo al segno in esame. Infatti, come giustamente affermato dalla commissione di ricorso al punto 27 della decisione impugnata, da un lato, il rosso è il colore più comunemente usato per indicare il pulsante di accensione degli apparecchi elettronici. Dall’altro, il carattere di stampa dell’elemento denominativo, che si annovera tra i caratteri di stampa più comunemente utilizzati sul mercato, segnatamente l’Arial, così come il colore grigio, che, pur impiegato in diverse sfumature, in fondo rappresenta una versione più chiara del nero, sono privi di qualsivoglia originalità tale da compensare la percezione del segno come un messaggio elogiativo rispetto ai prodotti interessati.
37      Ciò posto, giustamente la commissione di ricorso ha concluso nel senso dell’assenza di carattere distintivo del segno controverso, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
38      In considerazione di quanto precede, occorre respingere l’unico motivo di ricorso dedotto dalla ricorrente in quanto infondato e, per l’effetto, il ricorso in toto.
Sulle spese
39      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, quest’ultima deve essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle dell’EUIPO, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Nona Sezione)
dichiara e statuisce:
1)      Il ricorso è respinto.
2)      La Puro Italian Style SpA sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Gervasoni da Silva Passos Kowalik-Bańczyk
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 dicembre 2016.
Il cancelliere       Il presidente
E. Coulon       H. Kanninen




BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO Quinta Commissione 14.11.2016

bio-bono

BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO Quinta Commissione 14.11.2016

marchio BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO

In particolare, l’esaminatore riteneva che il consumatore medio di lingua italiana avrebbe percepito l’espressione contenuta nel marchio come “ottenuto con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Pertanto, l’esaminatore ravvisava che il segno richiesto, considerato nel suo insieme, avrebbe informato immediatamente il consumatore di riferimento, senza che fosse necessaria ulteriore riflessione alcuna, che i prodotti oggetto della domanda sono ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata.

L’esaminatore concludeva che il marchio, valutato nel suo insieme, è costituito essenzialmente da un’espressione che, senza tenere conto di taluni elementi stilizzati trasmette informazioni ovvie e dirette sul genere, qualità, quantità, valore e metodo di produzione dei prodotti, nonché l’oggetto dei servizi richiesti nella Classe 43.

Alla luce del suo carattere puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi obiettati, l’esaminatore riteneva che il segno fosse altresì carente di capacità distintiva, dato che gli elementi figurativi erano stati ritenuti essere così minimi per natura da poter permettere all’espressione contenuta nel marchio di svolgere la sua funzione essenziale di indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e servizi obiettati.

Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE 10 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, recita che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.

COMMISSIONI DI RICORSO

DECISIONE della Quinta Commissione di ricorso del 14 novembre 2016

Nel procedimento R 1357/2016-5

PROGETTI E SAPORI S.R.L. Via dei Banchi 6 50123 Firenze Italia Richiedente / Ricorrente rappresentata da Stefano Fanfani, Viale Fratelli Rosselli, 57, 50144 Firenze, Italia

RICORSO concernente la domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea n. 15 236 532

LA QUINTA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da G. Humphreys quale membro unico ai sensi dell’articolo 135, paragrafi 2 e 5, RMUE, dell’articolo 1 quater, paragrafo 2, RP-CdR e dell’articolo 10 della decisione del Presidium sull’organizzazione delle Commissioni di ricorso nella versione attualmente in vigore e ai sensi della decisione della Quinta Commissione di ricorso n. 1 del 2 febbraio 2015 sulle decisioni monocratiche
Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda depositata in data 18 marzo 2016, PROGETTI E SAPORI S.R.L. (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del seguente marchio figurativo dell’Unione europea
per i prodotti e servizi nelle classi 3, 4, 8, 21, 24, 25, 31, 33 e 43.

2 In data 1 aprile 2016 l’esaminatore emetteva un rifiuto provvisorio di registrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere (b) e (c), RMUE, entrambe in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, relativamente a una parte dei prodotti e servizi rivendicati, ovverosia i seguenti:

Class 3 – Saponi per la cura del corpo; Saponette; Sapone da barba; Sapone profumato; Sapone da bagno; Saponi per uso personale; Profumi; Oli profumati; Creme e lozioni profumate per il corpo; Deodoranti per uso umano o animale [profumeria]; Cosmetici; Oli cosmetici; Tinture cosmetiche; Creme cosmetiche; Nécessaires di cosmetica; Gel per uso cosmetico; Tonici per uso cosmetico; Matite per uso cosmetico; Ovatta per uso cosmetico; Cosmetici per uso personale; Creme e lozioni cosmetiche; Prodotti cosmetici per la cura della pelle; Preparati cosmetici per la cura del corpo; Creme per il viso per uso cosmetico; Dentifrici e collutori; Lozioni per la pulizia dei denti; Polvere dentifricia; Preparati cosmetici per l’igiene orale e dentaria; Prodotti per la pulizia dei denti; Prodotti rinfrescanti per l’alito; Spray per la bocca, non per uso medico; Spray per la gola [non medicati]; Acqua di colonia; Creme profumate; Fragranze; Prodotti di profumeria; Salviette profumate.

Classe 4 – Candele e stoppini per l’illuminazione; Candele profumate.

Classe 31 – Frutta e ortaggi freschi; Legumi freschi; Funghi freschi; Erbaggi freschi; Granaglie [cereali].
14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

Classe 33 – Acquavite; Alcoolici; Bevande distillate; Gin [acquavite]; Grappa; Idromele; Kirsch; Liquori; Vini; Vodka; Whisky; Vermut; Rum; Aperitivi; Bevande alcoliche; Bourbon; Digestivi [alcooli e liquori].

Classe 43 – Fornitura di alimenti e bevande; Catering; Servizi di ristorazione; Somministrazione di bevande alcoliche; Somministrazione di cibi e bevande in ristoranti e bar; Gastronomie [ristoranti]; Pizzerie; Pub [bar]; Servizi di bar-ristoranti; Servizi di ristorazione mobili.

3 In particolare, l’esaminatore riteneva che il consumatore medio di lingua italiana avrebbe percepito l’espressione contenuta nel marchio come “ottenuto con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Pertanto, l’esaminatore ravvisava che il segno richiesto, considerato nel suo insieme, avrebbe informato immediatamente il consumatore di riferimento, senza che fosse necessaria ulteriore riflessione alcuna, che i prodotti oggetto della domanda sono ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata. Anche in relazione con i servizi della Classe 43 l’esaminatore considerava che il marchio indicasse che detti servizi hanno per oggetto la somministrazione di prodotti ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata. Da tutte queste considerazioni l’esaminatore concludeva che il marchio, valutato nel suo insieme, è costituito essenzialmente da un’espressione che, senza tenere conto di taluni elementi stilizzati trasmette informazioni ovvie e dirette sul genere, qualità, quantità, valore e metodo di produzione dei prodotti, nonché l’oggetto dei servizi richiesti nella Classe 43.

Alla luce del suo carattere puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi obiettati, l’esaminatore riteneva che il segno fosse altresì carente di capacità distintiva, dato che gli elementi figurativi erano stati ritenuti essere così minimi per natura da poter permettere all’espressione contenuta nel marchio di svolgere la sua funzione essenziale di indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e servizi obiettati.

4 L’Ufficio non riceveva osservazione di risposta alcuna da parte della richiedente.

5 Con decisione del 16 giugno 2016 (“la decisione impugnata”), l’esaminatore confermava la sua obiezione ed emetteva un rifiuto definitivo rispetto alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e servizi menzionati al punto 2 della presente decisione.

6 In data 25 luglio 2016 la richiedente presentava ricorso avverso la decisione impugnata, chiedendone l’annullamento nella misura in cui l’esaminatore aveva rifiutato i prodotti e servizi obiettati (“i prodotti e servizi oggetto del ricorso”). L’Ufficio riceveva la rispettiva memoria contenente i motivi di ricorso in data 25 luglio 2016.

Motivi del ricorso

7 Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue: – Si allega che nel caso di specie il marchio, considerato nel suo complesso (parole, elementi figurativi e colori), non trasmette informazioni ovvie,

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univoche e dirette circa le caratteristiche dei prodotti e dei servizi oggetto del ricorso. – È infatti possibile ammettere che, al massimo, l’espressione contenuta nel marchio potrebbe essere allusiva. Nonostante, l’esaminatore non ha tenuto debita considerazione del fatto che il segno in esame è costituito non solo da elementi denominativi, bensì anche da elementi figurativi che non sono minimali o semplici figure geometriche. Inoltre, il segno include il colore rosso, bianco e verde. – L’espressione “BIO BONO” può essere soggetta a varie interpretazioni e, quindi, non è descrittiva come argomentato dall’esaminatore. – In particolare, il termine “BIO” è un’abbreviazione di almeno due parole diverse, vale a dire “biologico” e “biografia”. – Inoltre, il termine “BONO” si tratta di una parola popolare-dialettale che creerà un effetto sorprendente presso il pubblico di riferimento. Non è quindi un’espressione banale, bensì insolita. Il pubblico di riferimento la considererà insolita o quantomeno sorprendente. – Si aggiunge che, per una parte del pubblico residente in Toscana ed Emilia Romagna, l’espressione contenuta nel marchio desterà ancor più sorpresa giacché i consumatori in dette regioni percepiranno l’espressione “BIO BONO” come una chiara allusione ad un’imprecazione tipica nei loro dialetti, ovverosia “DIO BONO”. – Contrariamente a quanto ritenuto dall’esaminatore, nel caso in esame, se anche per assurdo non si prendessero in considerazione gli elementi figurativi del marchio, solamente una piccola parte del pubblico di riferimento (gli abitanti di alcune regioni dell’Italia centrale) potrebbe percepire un significato descrittivo nell’espressione “BIO BONO”, e comunque limitatamente ai soli prodotti oggetto del ricorso. – Nello specifico si pone risalto che le caratteristiche figurative del segno che contribuiscono a dotare questo di capacità distintiva sono le seguenti: • Il termine “BIO” è riprodotto in caratteri di dimensioni visibilmente maggiori rispetto al termine “BONO”. • Sopra al termine “BIO” appare la rappresentazione di un cerchio bianco che sarebbe il punto in cima alla lettera “I”. Tuttavia, le regole della ortografia italiana non prevedono un punto sopra alla lettera “I” quando questa è in carattere maiuscolo. • Il cerchio in questione è in dimensioni sproporzionate rispetto alla stessa lettera “I” ed intersecandosi con il bordo del disco rosso crea un effetto di discontinuità. • La stilizzazione della foglia verde include un contorno bianco che anch’esso crea un effetto di discontinuità nel bordo del disco rosso.

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• Il disco rosso è in secondo piano e non è qualificabile come un cerchio vero e proprio.

Motivazione

8 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 and 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.

9 Tuttavia, il ricorso è infondato. Le ragioni di questa Commissione sono esposte in seguito. Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE

10 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.

11 Secondo il paragrafo 2, di tale disposizione, il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.

12 Per costante giurisprudenza, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti (v., per analogia, 04/05/1999, C-108/97 & C-109/97, Chiemsee, EU:C:1999:230, § 25, 12/02/2004, C-265/00, Biomild, EU:C:2004:87, § 35, e anche 27/02/2002, T219/00, Ellos, EU:T:2002:44, § 27).

13 I segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione (v. 29/04/2004, C-468/01 P – C-472/01 P, Tabs, EU:C:2004:259, § 39; 26/11/2003, T-222/02, Robotunits, EU:T:2003:315, § 34; e 22/06/2005,T-19/04, Paperlab, EU:T:2005:247, § 24).

14 Non è neppure necessario, affinché l’Ufficio opponga un simile diniego, che il segno in questione sia effettivamente utilizzato a fini descrittivi, ma occorre unicamente che esso possa essere utilizzato a tali fini (v. 23/10/2003, C191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32).

15 Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della suddetta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o dei servizi di cui trattasi (v. 23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32).

16 È inoltre indifferente che le caratteristiche dei prodotti o dei servizi che possono essere descritte dal segno in questione siano essenziali o accessorie sul piano
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commerciale, oppure che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche (v., per analogia, 12/02/2004, C-363/99, Postkantoor, EU:C:2004:86, § 101 e 102; v. altresì 16/12/2010, T-281/09, Chroma, EU:T:2010:537, § 29).

17 Ne consegue che, perché un segno ricada nel divieto enunciato dalla detta disposizione, occorre che esista una relazione sufficientemente diretta e concreta tra il segno ed i prodotti o servizi in questione, tale da consentire al pubblico interessato di percepire immediatamente e direttamente una descrizione dei prodotti e servizi di cui trattasi o di una delle loro caratteristiche (v. 22/06/2005, T-19/04, Paperlab, EU:T:2005:247, § 25; e, in questo senso, anche 27/02/2002, T-106/00, Streamserve, EU:T:2002:43, § 40).

18 Il carattere distintivo o descrittivo di un marchio deve essere valutato, da una parte, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali la registrazione del segno è richiesta e, dall’altra, in relazione alla percezione da parte del pubblico cui ci si rivolge (v. 07/06/2005, T-316/03, MunichFinancialServices, EU:T:2005:201, § 26).

19 La Commissione ritiene che nel caso di specie il pubblico pertinente sia composto soprattutto da consumatori medi, normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti (v. 27/02/2002, T-219/00, Ellos, EU:T:2002:44, § 30; v. altresì, per analogia, 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

20 Il segno consiste nell’espressione “BIO BONO”, accompagnata da certi elementi figurativi. I termini che compongono il segno appartengono alla lingua italiana. Pertanto, in linea con quanto stabilito dall’esaminatore, la sussistenza dell’impedimento assoluto ex articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del RMUE deve essere valutata tenendo in conto la percezione del pubblico italofono dell’Unione europea.

21 D’accordo con quanto citato dall’Enciclopedia e dal Vocabolario della Lingua Italiana online “Treccani”, gli elementi del marchio oggetto della domanda significano: BIO “…si sono sviluppati successivamente i significati di ‘relativo alla scienza della biologia’ (bioarcheologia, bioinformatica e bioinformatico) e di ‘prodotto, ottenuto con processi naturali, che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente’ (biocombustibile, bioedilizia, bioplastica). Da ultimo, al confisso bio- si è sovrapposto anche il valore di ‘biotecnologico, relativo alle biotecnologie’ (bioattacco, biobanca, biochirurgia, biodiritto, biosicurezza, bioterrorismo e bioterrorista)” (http://www.treccani.it/enciclopedia/bio_%28Lessico-del-XXISecolo%29/). BONO “agg. – Variante popolare di buono. È forma frequente anche in molti composti, nei quali si oscilla tuttavia tra bono- e buono- (per es. bongustaio e buongustaio, bonavoglia e buonavoglia)” (http://www.treccani.it/vocabolario/bono/). BUONO Dei prodotti della terra o dell’industria di qualità pregiata, che possiedono requisiti commerciali apprezzabili: zona che produce b. vini (con
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riferimento al vino, è frequente l’uso ellittico, allusivo: un litro, un bicchiere di quello b.; mi porti un fiaschetto, ma di quello b., mi raccomando!); una b. tela; b. lana (per il sign. iron., v. buonalana); una b. camicia; un buon dentifricio (http://www.treccani.it/vocabolario/buono1/).

22 Alla luce dei significati sopracitati, la Commissione ritiene che l’espressione contenuta nel marchio, valutata nel suo insieme, sarà compresa dal pubblico di riferimento come un riferimento a un prodotto “ottenuto mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Tale considerazione conferma la conclusione dell’esaminatore che ha pertanto attribuito correttamente un significato compiuto all’espressione contenuta nel marchio.

23 I prodotti e servizi oggetto del ricorso sono, da un lato, prodotti cosmetici e certi prodotti per la casa quali candele e simili, e, dall’altro lato, sono cibo, bevande e i loro relativi servizi di ristorazione, fornitura e somministrazione.

24 La Commissione concorda appieno con l’esaminatore nel ritenere che, effettivamente, data la natura e le caratteristiche dei prodotti e servizi di cui trattasi, il messaggio convogliato dall’accostamento dei termini “BIO” e “BONO” permetterà a quantomeno una parte consistente del pubblico di riferimento di percepire nel segno una connotazione puramente descrittiva.

25 Infatti, tutti i prodotti oggetto del ricorso possono essere ottenuti mediante processi di lavorazione naturali e rispettosi per l’ambiente, così come possono contenere ingredienti di origine biologica. Tale considerazione trova riscontro anche relativamente ai prodotti oggetto del ricorso della classe 4, i quali possono essere ottenuti attraverso l’uso di cere e fibre di origine naturale.

26 Dunque, l’esaminatore ha a giusto titolo concluso che il pubblico di riferimento percepirà l’espressione contenuta nel segno come un’indicazione diretta e immediata circa il fatto che i prodotti oggetto del ricorso sono stati ottenuti con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente e che essi sono di qualità pregiata.

27 Conseguentemente, almeno per una parte consistente del grande pubblico italofono l’espressione contenuta nel segno avrà una valenza meramente descrittiva circa il genere, qualità, valore e metodo di produzione dei prodotti.

28 Dette considerazioni sono altresì valide in relazione ai servizi oggetto del ricorso poiché essi hanno come oggetto principale cibi e bevande, in relazione a cui, come visto sopra, l’espressione contenuta nel segno trasmette un’informazione che descrive il loro genere, la loro qualità e le loro caratteristiche.

29 In quanto alle doglianze mosse dalla ricorrente circa il fatto che il termine “BIO” avrebbe più di un significato, la Commissione ritiene che sia doveroso notare che lo stesso Tribunale ha in precedenza chiarito il significato di tale parola, che, nel senso stretto del termine, è derivante dal greco e significa “vita” o “vivente”. Nella sua sentenza, il Tribunale ha altresì puntualizzato che il termine “BIO” costituisce l’abbreviazione dell’aggettivo “biologico”, aggettivo del quale il termine “organico” è sinonimo. Il Tribunale ha anche osservato che, nel commercio, il termine “BIO” può eventualmente essere percepito in modo
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differente a seconda del prodotto offerto in vendita cui il detto termine si ricollega, ma che, in linea generale, rinvia all’idea di rispetto dell’ambiente, di utilizzo di materie naturali o, addirittura, di procedimenti di fabbricazione ecologici (v., in questo senso, 29/04/2010, T-586/08, BioPietra, EU:T:2010:171, § 24-25). Inoltre, il significato correttamente attribuito dall’esaminatore è stato individuato tenendo conto dei prodotti e servizi di cui trattasi, per i quali, contrariamente il termine in esame risulta essere assai rilevante. Quindi, l’argomento della richiedente che il termine “BIO” può essere soggetto a più interpretazioni deve essere rigettato.

30 Inoltre, la Commissione riconosce che, come d’altronde correttamente rilevato anche dall’esaminatore, il termine “BONO” è una variante popolare, ovverosia forma dialettale che corrisponde all’aggettivo “buono” (http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=bono). Ciò nonostante, la Commissione ritiene che, contrariamente a quanto sostenuto dalla richiedente, il pubblico pertinente percepirà senz’altro la dicitura in esame pressoché identica al vocabolo “buono”. Infatti, anche relativamente a quest’elemento del segno, il significato del vocabolo individuato dall’esaminatore deve essere valutato nel contesto merceologico dei prodotti rivendicati e non in astratto. Anche l’argomento sollevato dalla richiedente che il pubblico in certe regioni dell’Italia centrale (Emilia Romagna e Toscana) assocerebbe l’intera espressione contenuta nel marchio come “dio bono” non è solo di per sé del tutto infondato dato che le due espressioni si differenziano giusto nelle loro lettere iniziali, che sono le parti a cui i consumatori presteranno una maggiore attenzione data la loro brevità, ma è anche irrilevante nel contesto merceologico dei prodotti e servizi oggetto del ricorso. Non è nemmeno accettabile ritenere che solo una parte residuale del pubblico italofono possa riconoscere immediatamente il vocabolo “buono” quando vedrà il termine “bono”. Anche solo tenendo conto dell’Italia centrale, la quale include anche la capitale Roma (2,675.000 abitanti circa) ed ha una popolazione di circa 12 milioni di abitanti residenti, è possibile concludere che una parte sostanziale del pubblico di riferimento in Italia associa queste due parole al medesimo significato (v. in questo senso, 13/09/2012, T-72/11, Espetec, EU:T:2012:424, § 35-36)

31 Inoltre, la prossimità tra questi due vocaboli appartenenti all’italiano basico è così lampante che il pubblico italiano nel suo complesso, e non solo quello dell’Italia centrale, non avrà inconveniente alcuno a considerarli come sinonimi.

32 Per tutte queste ragioni, la Commissione è in disaccordo con la richiedente secondo cui l’espressione in esame sarebbe composta di elementi che sono inaspettati e che creano un certo effetto sorpresa. Invece, non trattandosi di una dicitura suggestiva, bensì descrittiva, l’espressione “BIO BONO” esprime in un linguaggio chiaro e immediato informazioni ovvie e dirette circa il fatto che i prodotti oggetto del ricorso sono stati ottenuti con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente e che essi sono di qualità pregiata e che i servizi oggetto del ricorso erogano e distribuiscono prodotti aventi siffatte caratteristiche. Si ricorda, in ogni caso, che la questione se l’espressione in esame sia effettivamente usata a tali fini descrittivi in relazione ai citati prodotti e servizi è indifferente, posto che è sufficiente che possa essere usata a tali fini (v. 09/12/2009, T-486/08, Superskin, EU:T:2009:487, § 34).
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33 In quanto all’elemento figurativo del segno, la Commissione concorda con l’esaminatore sul fatto che detto elemento non sarà in grado di modificare in maniera significativa l’impatto puramente descrittivo dato dall’elemento denominativo in modo da rendere il segno, nel suo complesso, capriccioso agli occhi del consumatore di riferimento.

34 Al contrario, in contrasto con quanto asserito dalla richiedente, gli elementi del segno non solo sono caratterizzati da una certa semplicità, ma hanno anche la funzione di esaltare il messaggio descrittivo convogliato dall’elemento denominativo del segno. In particolare, i colori verde, bianco e rosso ricordano immediatamente il tricolore della bandiera italiana e quindi il pubblico di riferimento potrà percepire che i prodotti della richiedente, oltre ad essere biologici e di qualità, provengono dall’Italia. Allo stesso modo, la rappresentazione dell’elemento circolare e quello della foglia stilizzata costituiranno nella percezione del consumatore la rappresentazione di un frutto.

35 In quanto alle caratteristiche di tutti questi elementi su cui si sofferma la richiedente per argomentare che la vertente grafica del segno avrebbe di per sé un certo gradiente distintivo, la Commissione osserva come dette caratteristiche siano minime e riconducibili a dettagli su cui l’attenzione del consumatore non si soffermerà in modo particolare. L’impiego del punto sulla lettera “I” e l’impressione di discontinuità dei bordi dell’elemento circolare avranno un impatto pressoché nullo nella percezione del pubblico.

36 Pertanto, tutti gli elementi del segno, valutati individualmente e nel loro insieme, producono un messaggio puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi oggetto del ricorso.

37 Ne consegue che il segno oggetto della domanda di marchio è descrittivo per i consumatori di lingua italiana relativamente a tutti i prodotti e servizi oggetto del ricorso. Alla luce di ciò, la Commissione conferma che, con riguardo a questi prodotti e servizi, la domanda di marchio della richiedente deve essere rifiutata ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), RMUE, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) RMUE

38 Anche se come emerge dall’articolo 7, paragrafo 1, RMUE, è sufficiente che sia applicabile uno degli impedimenti assoluti elencati in questa disposizione affinché il segno di cui trattasi non possa essere registrato come marchio della UE (v. 16/12/2010, T-281/09, Chroma, EU:T:2010:537, § 51), questa Commissione conferma che la domanda di marchio deve essere rigettata per i prodotti e servizi richiesti non solo in vista del suo carattere esclusivamente descrittivo, ma anche poiché il segno in oggetto non sarà percepito come un segno distintivo dal pubblico pertinente in relazione ai tali prodotti e servizi. Le ragioni di questa Commissione sono le seguenti.

39 Infatti, in base a una giurisprudenza costante, sussiste un’evidente intersecazione degli ambiti di applicazione delle diverse cause di impedimento indicate alle lettere b) e c) di tale disposizione, il che implica, in particolare, che un marchio che sia descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi è, per tale motivo, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a questi
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stessi prodotti o servizi, senza pregiudizio di altri eventuali motivi che possano giustificare l’assenza di carattere distintivo (v., in tal senso, 12/02/2004, C-265/00, Biomild, EU:C:2004:87, § 18-19).

40 Nel caso di specie, la carenza di capacità distintiva del marchio relativamente ai servizi richiesti risulta altresì in tutta la sua evidenza se si tiene conto che il segno in oggetto, la cui evidente connotazione descrittiva è stata innanzi evidenziata, si riduce a un messaggio informativo ordinario circa il genere, la qualità e le caratteristiche dei prodotti oggetto del ricorso, prodotti a cui si riferiscono i servizi oggetto del ricorso. Tale messaggio dal carattere meramente informativo non necessita di alcuno sforzo interpretativo, ancorché minimo, né innesca un processo cognitivo presso il pubblico di riferimento (v. 21/01/2010, C-398/08 P, Vorsprung durch Technik, EU:C:2010:29, § 57).

41 Per ultimo, ancora con riguardo alla veste grafica del segno, che, secondo la richiedente, catturerebbe in maniera particolare l’attenzione del pubblico destinatario, la Commissione ribadisce che, tuttavia, essa risulta un espediente grafico dalla connotazione descrittiva ed altresì banale. L’aspetto figurativo del segno non aggiunge distintività alcuna e non è in grado di alterarne il carattere puramente descrittivo del marchio, bensì non fa altro che rafforzare i concetti espressi dagli elementi denominativi a cui è associato. Ne consegue che quello usato nel segno della richiedente non si tratta di un espediente grafico di impatto sufficiente (v. 21/05/2015, T-203/14, Splendid, EU:T:2015:301, § 24-34).

42 Pertanto la veste grafica del segno non è suscettibile di dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo. Il segno è conseguentemente privo di qualsiasi elemento di caratterizzazione in grado di imprimersi in modo duraturo e diretto nella mente del consumatore (v., per analogia, 28/06/2011, T-487/09, ReValue, EU:T:2011:317, § 39 e 15/12/2009, T-476/08, Best Buy, EU:T:2009:508, § 27-29, confermata dalla sentenza del 13/01/2011, C-92/10 P, Best Buy, EU:C:2011:15). 43 Per queste ragioni, il segno della richiedente manca altresì di carattere distintivo intrinseco rispetto ai prodotti e servizi oggetto del ricorso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), RMUE in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. Conclusione 44 Alla luce di tutti gli argomenti innanzi esposti, il ricorso deve essere respinto.
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Dispositivo
Per questi motivi,
LA COMMISSIONE
così decide: Il ricorso è respinto.




VITAE contro VITIS VITAE – Divisione d’Opposizione 15.12.2016

cattura-vitae

VITAE contro VITIS VITAE – Divisione d’Opposizione 15.12.2016

marchio VITAE  contro marchio VITIS VITAE

Il marchio anteriore è un marchio denominativo. Nel caso di marchi denominativi è protetta la parola come tale e non la forma in cui è scritta. Pertanto, è irrilevante se il marchio è rappresentato in lettere minuscole o maiuscole, o in una loro combinazione.

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dalle parole “Vitis Vitae” in caratteri leggermente stilizzati disposte in colonna su due righe e da un elemento figurativo raffigurante la pianta di una vite.

L‘elemento “VITIS” presente nel segno contestato sarà associato da una parte significativa del pubblico di riferimento a “vite” (pianta dal cui frutto, uva, si trae il vino). Posto che i prodotti rilevanti sono vino, si ritiene che questo elemento sia debole per i prodotti in questione. Per la parte residuale del pubblico che non ricollegherà “VITIS” a nessun significato, si ritiene che questo abbia un carattere distintivo normale. L‘elemento figurativo del segno impugnato sarà anch’esso associato alla pianta della vite ed è pertanto debole. La stilizzazione del marchio impugnato ha carattere meramente decorativo ed è pertanto di minor capacità distintiva.

Dal momento che l’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, non è necessario valutarne l’elevato carattere distintivo dovuto all’uso intensivo fattone dall’opponente. In effetti il risultato sarebbe lo stesso anche qualora il marchio anteriore  possedesse un elevato carattere distintivo.

OPPOSIZIONE N. B 2 606 484

 

Grande Vitae GmbH, Annenheider Allee 97, 27751 Delmenhorst, Germany (opponente), rappresentata da Francesco Paolo Fumarola, Via Paretone Zona I, 109/B, 74015 Martina Franca, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Revino Italia Limited, Unit 1404, 14/F Wing Tuck Commercial Centre, 177-183 Wing Lok Street, Hong Kong, Repubblica Popolare Cinese (richiedente), rappresentata da Matteo Biondetti, Via San Paolo, 7, 20121, Milano, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 15/12/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 606 484 è accolta per tutti i prodotti contestati.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 305 941 è totalmente respinta.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in 650EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 305 941. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell‘Unione Europea n. 1 769 314. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell‘Unione Europea dell’opponente n. 1 769 314.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 33: Bevande alcooliche (tranne le birre).

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 33: Vino.

 

Il vino è incluso nell‘ampia categoria dell‘opponente bevande alcooliche (tranne le birre). Essi sono, pertanto, identici.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

 

VITAE
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

Il territorio di riferimento è l‘Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo. Nel caso di marchi denominativi è protetta la parola come tale e non la forma in cui è scritta. Pertanto, è irrilevante se il marchio è rappresentato in lettere minuscole o maiuscole, o in una loro combinazione.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dalle parole “Vitis Vitae” in caratteri leggermente stilizzati disposte in colonna su due righe e da un elemento figurativo raffigurante la pianta di una vite.

 

L‘elemento “VITIS” presente nel segno contestato sarà associato da una parte significativa del pubblico di riferimento a “vite” (pianta dal cui frutto, uva, si trae il vino). Posto che i prodotti rilevanti sono vino, si ritiene che questo elemento sia debole per i prodotti in questione. Per la parte residuale del pubblico che non ricollegherà “VITIS” a nessun significato, si ritiene che questo abbia un carattere distintivo normale. L‘elemento figurativo del segno impugnato sarà anch’esso associato alla pianta della vite ed è pertanto debole. La stilizzazione del marchio impugnato ha carattere meramente decorativo ed è pertanto di minor capacità distintiva.

 

L‘elemento “VITAE” presente in entrambi i segni sarà associato da una parte significativa del pubblico di riferimento a “vita”. Questo elemento non ha nessun significato concreto in relazione ai prodotti rilevanti e pertanto ha un carattere distintivo normale. Per la parte residuale del pubblico che non assocerà “VITAE” a nessun significato, questo ha comunque un carattere distintivo normale.

 

I marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nel termine “VITAE”. Essi differiscono nel termine “VITIS”, nella stilizzazione e nell’elemento figurativo del segno contestato che, tuttavia, sono deboli.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali, quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59).

 

Pertanto, i segni sono simili in misura media.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono della parola “VITAE”, presente in modo identico in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono della parola “VITIS” del segno contestato, che, tuttavia, è debole.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, nella misura in cui i marchi saranno associati da parte del pubblico ai significati descritti, i marchi sono concettualmente simili in misura media mentre, per la rimanente parte del pubblico, poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

Ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto. Tuttavia, per motivi di economia procedurale, nel caso presente non è necessario valutare le prove presentate dall’opponente a sostegno della sua rivendicazione (cfr. sotto “Valutazione globale”).

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

 

La Corte ha stabilito il principio fondamentale secondo cui la valutazione del rischio di confusione comporta un certo grado di interdipendenza tra i fattori rilevanti e, in particolare, tra i risultati riscontrati in precedenza relativamente al grado di somiglianza tra i marchi e a quello tra i prodotti o servizi. Pertanto un minor grado di somiglianza tra i prodotti e servizi può essere compensato da un maggior grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17). Il principio di interdipendenza è essenziale per l’analisi del rischio di confusione.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

I prodotti sono identici.

 

I marchi sono simili dal punto di vista visivo, fonetico e concettuale in misura media. In particolare, il marchio anteriore, VITAE, è interamente incluso nel segno contestato ed ha un ruolo distintivo autonomo in quest’ultimo. I marchi differiscono nella parola “VITIS” nella stilizzazione e nell‘elemento figurativo del segno contestato che, tuttavia, sono deboli.

 

Si ritiene, pertanto, che le differenze tra i segni non siano sufficienti a compensare le somiglianze tra di essi.

 

Il richiedente sostiene che il marchio anteriore possiede un modesto carattere distintivo, in quanto esistono sul mercato vari vini comprendenti il termine “VITAE”. A tal riguardo, il richiedente fa riferimento ad alcuni esempi.  La Divisione d’Opposizione rileva che le prove addotte non sono in grado di dimostrare che i consumatori sono stati esposti ad una diffusa utilizzazione di marchi contenenti “VITAE” e sono quindi abituati a tale uso. In base a tali circostanze, la rivendicazione del richiedente dev’essere respinta.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione Europea n. 1 769 314 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

Dal momento che l’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, non è necessario valutarne l’elevato carattere distintivo dovuto all’uso intensivo fattone dall’opponente. In effetti il risultato sarebbe lo stesso anche qualora il marchio anteriore  possedesse un elevato carattere distintivo.

 

Poiché il marchio anteriore dell’Unione Europea n. 1 769 314 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente  (16/09/2004, T‑342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Francesca CANGERI SERRANO Martina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).

 




MARCHI DESCRITTIVI – tabella decisioni EUIPO

MARCHI DESCRITTIVI – tabella decisioni EUIPO

NOME MARCHIO PRODOTTI/SERVIZI DATA DECISIONE NOTE

Moda Italiana

Moda Italiana

14; 18; 25 14/09/2016
 

bagaglio-a-mano

Bagaglio a mano

18; 25;34 19/02/2016

halal-malaysia

Halal Malaysia

 5, 18, 25, 29, 30, 31, 32, 43  25/05/2010

clean-berries

Clean Berries

 1, 5, 29, 31, 35  22/02/2016

cattura-il-fanale

Il Fanale

 

 35  28/04/2016
 

BIOFORM-PLUS

17/10/2016



YAMAMAY contro MAIMAI MADE IN ITALY- Divisione d’Opposizione 21.10.2016

YAMAMAY contro MAIMAI MADE IN ITALY– Divisione d’Opposizione 21.10.2016

marchio YAMAMAY contro marchio MAIMAI MADE IN ITALY

 

Entrambi i marchi sono marchi denominativi. Il marchio anteriore “YAMAMAY” è privo di significato. Al contrario, l’espressione in lingua inglese “MADE IN ITALY” del marchio contestato sarà compresa dalla pressoché totalità del pubblico rilevante, sia per la sua semplicità che l’uso assai vasto che se ne fa in relazione a prodotti di largo consumo di qualsivoglia natura, come avente il significato di “fatto in Italia”.

OPPOSIZIONE N. B 2 138 652

 

Inticom S.p.A., Via Carlo Noè, 22, 21013 Gallarate (VA), Italia (opponente), rappresentata da Barzanò & Zanardo Milano S.p.A., Via Borgonuovo, 10, 20121 Milano, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Calzaturificio Emmegiemme Shoes S.r.l., S.S. 275 KM 12,950, 73030 Surano (LE), Italia (richiedente), rappresentata da Riccardo Fragalá, Piazzale Clodio 18, 00195 Roma, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 21/10/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 138 652 è totalmente respinta.

 

  1. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 11 266 624. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 5 343 769. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, e articoli in queste materie e non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e finimenti, articoli di selleria.

 

Classe 25:      Articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria.

 

Classe 26:       Merletti, pizzi e ricami, nastri e lacci; bottoni, ganci e occhielli, spille ed aghi; fiori artificiali.

 

A seguito di una limitazione rivendicata dalla richiedente, i prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali.

 

Classe 25:       Calzature; sandali da bagno; berretti; maglieria ad eccezione di abbigliamento intimo; stivali; stivaletti; punte di calzature [spunterbi]; stivaletti con lacci; scaldacolli; sciarpe da collo; girocollo [sciarpe]; cappucci [indumenti]; visiere di berretto; cinture [abbigliamento]; scialli; maglioni ad eccezione di abbigliamento intimo; pullover; casule; gambali di stivali; solette; camicie, ad eccezione di abbigliamento intimo; sparati di camicie; camicie a maniche corte, ad eccezione di abbigliamento intimo, pigiameria e costumi; articoli di abbigliamento, ad eccezione di abbigliamento intimo, pigiameria e costumi; cappelli; copricapo [cappelleria]; ferramenti per calzature; colli finti [colletti staccabili]; tute [indumenti]; abiti [completi]; indumenti confezionati; cravatte; tomaie; ghette; pantaloni, ad eccezione di abbigliamento intimo; guanti [abbigliamento]; foulards [fazzoletti]; sciarpe; indumenti lavorati a maglia, ad eccezione di abbigliamento intimo; scarpe con suola di sparto; sotto-piedi; cappotti; abbigliamenti impermeabili; jerseys [indumenti], ad eccezione di abbigliamento intimo; gonne, ad eccezione di abbigliamento intimo; polsini [abbigliamento]; pantofole; scarpe da spiaggia; abiti, esclusi costumi da bagno per uomo, donna e bambino; zoccoli [calzature]; sandali; soprabiti; talloniere; guardoli per calzature; giacche; suole; scarpe; tacchi; scarpe per lo sport; tacchetti per scarpe da calcio; calzature per lo sport; fasce per la testa [abbigliamento]; parka; bandane [foulards]; abbigliamento per ginnastica, ad eccezione di abbigliamento intimo; abbigliamento in finta pelle, ad eccezione di abbigliamento intimo; abbigliamento in pelle, ad eccezione di abbigliamento intimo; sari; tee-shirt, ad eccezione di abbigliamento intimo; turbanti; cravatte lavallière; cinture portafoglio [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; cappelli di carta [abbigliamento]; minigonne a pantalone, ad eccezione di abbigliamento intimo e esclusi costumi da bagno per uomo, donna e bambino; poncho; sarong; abiti scamiciati, ad eccezione di abbigliamento intimo; grembiuli abiti; visiere [cappelleria]; canottiere da sport, ad eccezione di abbigliamento intimo; valenki [stivali in feltro].

 

Classe 26:      Fibbie per calzature.

 

Alcuni dei prodotti contestati sono identici ai prodotti sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti sopra elencati. L’esame dell’opposizione sarà quindi effettuato come se tutti i prodotti contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che sono stati presupposti essere identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

YAMAMAY  MAIMAI MADE IN ITALY 
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Entrambi i marchi sono marchi denominativi. Il marchio anteriore “YAMAMAY” è privo di significato. Al contrario, l’espressione in lingua inglese “MADE IN ITALY” del marchio contestato sarà compresa dalla pressoché totalità del pubblico rilevante, sia per la sua semplicità che l’uso assai vasto che se ne fa in relazione a prodotti di largo consumo di qualsivoglia natura, come avente il significato di “fatto in Italia”.

 

Inoltre, se per una parte del pubblico rilevante, quale ad esempio il pubblico di lingua spagnola o bulgara, l’elemento ‘MAIMAI’ del segno contestato è privo di significato, non si può escludere che per altre parti del pubblico rilevante questa espressione sarà associata ad un contenuto semantico ben preciso. Ad esempio, per i consumatori di lingua italiana “MAIMAI” sarà inteso come la ripetizione dell’avverbio “mai”, che tra gli altri significati possiede quello di “in nessun altro tempo” mentre al tempo stesso non si può escludere che almeno alcuni tra i consumatori di lingua inglese lo associno all’espressione di origine neozelandese “mai mai”, la quale indica un riparo o nascondiglio, specie utilizzato con fini venatori.

 

Inoltre, mentre il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri, l’espressione ‘MADE IN ITALY” del segno contestato sarà associata ad una semplice informazione relativa  al luogo di produzione ed origine dei prodotti. Questo elemento è pertanto non distintivo per tutti i prodotti nelle Classi 18, 25 e 26.

 

Infine, i marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “MA” e “MA” dei termini “YAMAMAY” e “MAIMAI”, benché vada tenuto in conto che dette lettere sono collocate in posizioni diverse e separate, precedute e seguite da lettere diverse. I marchi differiscono infatti nella prime due lettere “YA” del marchio anteriore nonché nella sua ultima lettera “Y”, nelle lettere “I” che seguono le due lettere “MA” in “MAIMAI”, nonché nelle lettere che compongono l’espressione “MADE IN ITALY”, benché, come visto poc’anzi, facciano parte di un elemento non distintivo del marchio impugnato.

 

Pertanto, i segni sono visivamente simili in ridotta misura.

 

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia del marchio anteriore e dell’unico elemento distintivo (MAIMAI) del marchio impugnato solo coincide in alcune lettere, ovvero “MA” e “MAI/MAY”. I segni presentano un diverso numero di sillabe, tre nel caso del marchio anteriore e due nel caso del marchio contestato, sempre non tenendo in considerazione l’espressione non distintiva “MADE IN  ITALY” del segno impugnato. Inoltre, il marchio anteriore presenta una sillaba al principio, ovvero “YA”, che non ha nessuna controparte nel marchio impugnato mentre il marchio impugnato la terza lettera “I” del termine “MAIMAI”, che neppure presenta una controparte fonetica nel marchio sul quale si basa l’opposizione.

 

Pertanto, i segni sono foneticamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, per una parte del pubblico rilevante nessuno degli elementi distintivi dei due segni ha un significato. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale e data l’irrilevanza dell’espressione “MADE IN ITALY” del marchio contestato, l’aspetto concettuale è, per una parte del pubblico, ininfluente ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Tuttavia, per un’altra parte del pubblico rilevante, quale ad esempio quella di lingua italiana o inglese, mentre il termine “MAIMAI” segno impugnato sarà percepito come avente un significato, l’altro segno è privo di qualsiasi significato. Pertanto, poiché uno dei due segni non sarà associato ad alcun significato, i marchi in questione non sono concettualmente simili.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I prodotti coperti dai marchi in disputa sono stati presupposti essere identici nella loro totalità.

I marchi sono visivamente e foneticamente simili rispettivamente in ridotta misura e in media misura. Da un punto di vista concettuale, se per una parte del pubblico i marchi, e nella fattispecie il marchio anteriore e l’unico elemento distintivo del marchio impugnato, ovvero il termine “MAIMAI”, sono privi di significati, vi è pure una parte del pubblico rilevante che assocerà a quest’ultimo elemento del marchio impugnato un significato, e quindi sarà in possesso di un elemento, ovvero una differenziazione concettuale, in gradi di aumentare la loro distinguibilità.

 

Se infatti l’espressione “MADE IN ITALY”, per la sua mancanza di carattere distintivo, è da considerarsi incapace di svolgere alcun ruolo di una anche minima rilevanza nel marchio contestato, la Divisione d’Opposizione ritiene che le differenze tra il termine “YAMAMAY” e il termine “MAIMAI” siano comunque notevoli.

 

Dette differenze, che da un punto di vista fonetico sono in una qual certa misura minori, data l’identità fonetica tra le lettere “Y” ed “I”, sono al contrario dal punto di vista visivo assai chiare e nette. Ciò è dovuto non solo ai singoli elementi che le compongono, ma anche e soprattutto alla struttura dei marchi, all’ordine in cui detti elementi sono riprodotti nonché alla lunghezza complessiva dei termini “YAMAMAY” da un lato e “MAIMAI” dall’altro.

 

Per quanto riguarda i prodotti in questione, o almeno una parte di essi, ovvero quelli nella Classe 25, si deve poi tenere presente che in genere, nei negozi di abbigliamento, i clienti possono scegliere da soli i capi che desiderano acquistare oppure possono farsi assistere dal personale preposto alla vendita. Benché la comunicazione orale relativa al prodotto e al marchio non sia esclusa, la scelta del capo di abbigliamento avviene, generalmente, su base visiva. Pertanto, la percezione visiva dei marchi in questione interverrà, di norma, prima dell’atto di acquisto. L’aspetto visivo riveste, quindi, maggiore importanza nella valutazione globale del rischio di confusione (06/10/2004, T‑117/03 – T‑119/03 & T‑171/03, NL, EU:T:2004:293, § 50). Di conseguenza, le notevoli differenze visive esistenti tra i segni, dovute alla presenza di elementi diversi, assumono uno speciale rilievo nella valutazione del rischio di confusione e fanno da contraltare alle maggior somiglianze fonetiche.

 

Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti fossero identici, non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.

 

Poiché l’opposizione è priva di fondamento ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, non è necessario esaminare la prova dell’uso presentata dall’opponente.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Andrea VALISA Michele M.BENEDETTI-ALOISI

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).

 




TUUM contro THUN – Court of Justice 06.12.2016

TUUM contro THUN – COURT OF JUSTICE  06.12.2016

marchio TUUM contro marchio THUN

Il marchio nazionale figurativo anteriore THUN  designa prodotti appartenenti, segnatamente, alla classe 14 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici».

Con decisione del 3 settembre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso con la motivazione che nel caso di specie sussisteva un rischio di confusione.

Nel caso di specie è pacifico tra le parti che i prodotti in parola sono di norma venduti secondo modalità che consentono all’acquirente di vedere il marchio. Peraltro, nel caso in cui, all’atto dell’acquisto, il cliente sia assistito da un gioielliere, che pronunci i segni in questione, questi sarà un professionista in grado di spiegare la diversa origine dei prodotti.

 Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo unico della ricorrente deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere annullata, in conformità al primo capo della domanda presentata dalla ricorrente.  Per ciò che riguarda il capo della domanda della ricorrente volto al rigetto dell’opposizione, occorre rilevare che la ricorrente chiede in sostanza al Tribunale di adottare la decisione che a suo avviso avrebbe dovuto emanare l’EUIPO, ossia una decisione che dichiarasse che non ricorrevano le condizioni per un’opposizione.

 La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 3 settembre 2015 (procedimento R 2624/20141) è annullata.

TESTO DELLA DECISIONE

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

6 dicembre 2016(*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo TUUM – Marchio nazionale figurativo anteriore THUN – Impedimento relativo alla registrazione – Assenza di rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T-635/15,

Tuum Srl, con sede in San Giustino (Italia), rappresentata da B. Saguatti, avvocato,ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale: Thun SpA, con sede in Bolzano (Italia), rappresentata da L. Sergi e G. Muscas, avvocati,
avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 settembre 2015 (procedimento R 2624/2014-1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Thun e la Tuum,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),
composto da G. Berardis (relatore), presidente, D. Spielmann e P.G. Xuereb, giudici,
cancelliere: A. Lamote, amministratore
visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2015,
visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 febbraio 2016,
visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 gennaio 2016,
visto il quesito scritto posto dal Tribunale alle parti e le loro risposte orali in udienza e,
in seguito all’udienza del 15 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1        Il 28 giugno 2013 la Tuum Srl, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione appartengono alla classe 14 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; oreficeria, gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 143/2013 del 31 luglio 2013.

5        Il 31 ottobre 2013 la Thun SpA, interveniente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione era fondata sul marchio figurativo nazionale anteriore, registrato in Italia il 1° luglio 2009 con il riferimento 1204573, costituito dal segno figurativo seguente:

7        Il marchio anteriore designa prodotti appartenenti, segnatamente, alla classe 14 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici».

8        Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

9        Con decisione del 29 agosto 2014, la divisione di opposizione ha accolto integralmente l’opposizione, dichiarando che sussisteva un rischio di confusione nel caso di specie.

10      Il 13 ottobre 2014 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione d’opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

11      Con decisione del 3 settembre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso con la motivazione che nel caso di specie sussisteva un rischio di confusione. A tal fine, essa ha considerato quanto segue:
–        il pubblico di riferimento era situato in Italia ed era costituito sia da specialisti sia dal grande pubblico, il cui livello di attenzione variava tra medio ed elevato, in funzione del prezzo dei prodotti interessati;
–        i prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto erano sostanzialmente identici;
–        i segni erano complessivamente simili, in forza delle loro somiglianze visiva e fonetica, mentre non era possibile stabilire alcun nesso concettuale tra di essi, in considerazione della loro mancanza di significato derivante, per quanto riguarda il marchio richiesto, dall’assenza di prova del fatto che il pubblico di riferimento, o una parte consistente di esso, riconoscesse nell’elemento «tuum» un termine latino.

Conclusioni delle parti

12      Tenuto conto delle precisazioni effettuate in sede di udienza, come risposta a taluni quesiti orali sottoposti dal Tribunale, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
–        annullare la decisione impugnata;
–        respingere definitivamente e interamente l’opposizione diretta contro la registrazione del marchio richiesto per i prodotti rivendicati nella classe 14;
–        condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese, ivi comprese quelle sostenute nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

13      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso;
–        condannare la ricorrente alle spese.

14      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso;
–        confermare la decisione impugnata;
–        dichiarare irricevibile la domanda della ricorrente intesa al rigetto dell’opposizione;
–        condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

15      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

16      Prima di esaminare tale motivo, occorre pronunciarsi in merito alla ricevibilità della ricerca di mercato che la ricorrente ha accluso al ricorso e che viene contestata dalle altre parti in causa.
Sulla ricerca di mercato allegata al ricorso

17      La ricorrente ha accluso al ricorso una ricerca di mercato realizzata nel 2012 e intesa a comprovare il fatto che il pubblico pertinente non confonde i marchi in conflitto e che essi sono coesistiti pacificamente sul mercato.

18      Come osservano giustamente l’EUIPO e l’interveniente, tale ricerca di mercato, che è stata presentata dalla ricorrente per la prima volta nel contesto del procedimento dinanzi al Tribunale, non può essere presa in considerazione e deve essere respinta in quanto irricevibile. Infatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. Detto documento deve essere quindi respinto senza che sia necessario esaminare il suo valore probatorio [v., per analogia, sentenza del 14 aprile 2016, Henkell & Co. Sektkellerei/EUIPO – Ciacci Piccolomini d’Aragona di Bianchini (PICCOLOMINI), T-20/15, EU:T:2016:218, punto 53 e giurisprudenza citata].

19      Di conseguenza, ai fini del presente procedimento, non si può tener conto della ricerca di mercato in questione.
Sul motivo unico tratto dalla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

20      Nell’ambito del suo motivo unico relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è incorsa in errori nella valutazione della somiglianza sia dei prodotti sia dei segni, che hanno inciso sulla sua conclusione secondo la quale nel caso di specie sussiste un rischio di confusione.

21      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

22      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), sub ii), del regolamento n. 207/2009, si intendono per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio dell’Unione europea.

23      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento, tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati. [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T-162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza citata].

Sul pubblico di riferimento

24      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti o di servizi interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T-256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza citata].

25      Al punto 14 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha ritenuto che, dato che il marchio anteriore era registrato in Italia, il pubblico di riferimento fosse situato nel territorio di quello Stato membro. Atteso che i prodotti interessati dai marchi in conflitto erano destinati sia a specialisti nel settore della gioielleria sia al grande pubblico e che tali prodotti avevano prezzi variabili, tale commissione ha aggiunto che il livello di attenzione del pubblico di riferimento era medio per i prodotti di prezzo più contenuto mentre era elevato per quelli più costosi.

26      Occorre confermare queste constatazioni, che, del resto, non sono realmente contestate dalle parti. In effetti, se la ricorrente fa valere che il pubblico di riferimento è più attento quando si tratta di acquistare gioielli di prezzo assai elevato, è giocoforza constatare che la definizione fornita dalla commissione di ricorso tiene conto di questa circostanza.
Sulla comparazione dei prodotti

27      Ai punti da 15 e 18 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha considerato che i prodotti contraddistinti dal marchio richiesto erano sostanzialmente identici a quelli designati dal marchio anteriore, dal momento che i loro rispettivi enunciati coincidevano, con l’unica eccezione dell’«oreficeria», che figurava unicamente nell’elenco attinente al marchio richiesto, ma era molto affine, se non identica, alla «gioielleria» coperta dal marchio anteriore.

28      La ricorrente non mette in discussione tali affermazioni, sebbene sostenga che, in realtà, il marchio anteriore riguarda prodotti molto specifici, meno preziosi dei suoi, e differenti da questi ultimi, i quali, a suo parere, sono destinati ad un pubblico diverso, tramite altri canali di distribuzione.

29      L’EUIPO e l’interveniente ribattono che la commissione di ricorso si è correttamente fondata sui prodotti per i quali era stato registrato il marchio anteriore. L’interveniente aggiunge che, ad ogni modo, gli argomenti della ricorrente attinenti alle differenze tra i prodotti interessati sono errati.

30      Si deve rammentare che, per costante giurisprudenza, il confronto dei prodotti previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 deve riferirsi alla descrizione dei prodotti designati dal marchio anteriore e non ai prodotti per i quali questo marchio è stato effettivamente utilizzato, a meno che detto marchio non sia già soggetto all’obbligo dell’utilizzo, a norma dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, di tale regolamento e che, in seguito ad una richiesta di prova dell’uso effettivo di tale marchio, detta prova sia fornita solo rispetto a una parte dei prodotti o dei servizi per cui il marchio anteriore è stato registrato [v. sentenza del 12 dicembre 2014, Selo Medical/UAMI – biosyn Arzneimittel (SELOGYN), T-173/13, non pubblicata, EU:T:2014:1071, punto 19 e giurisprudenza citata].

31      Nel caso di specie non poteva essere presentata alcuna domanda di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, poiché quest’ultimo usufruiva del periodo di tolleranza di cinque anni a decorrere dalla sua registrazione previsto dall’ultima parte della prima frase dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, applicabile ai marchi nazionali anteriori in forza del paragrafo 3 di detto articolo.

32      La ricorrente riconosce questa circostanza, ma afferma che occorrerebbe nondimeno tener conto del fatto che i prodotti protetti dal marchio anteriore e quelli designati dal marchio richiesto non coincidono e si rivolgono a pubblici diversi.

33      Ebbene, un argomento del genere non può essere seguito, giacché rimette in discussione la scelta del legislatore secondo cui un marchio registrato da meno di cinque anni al momento in cui viene depositata la domanda di marchio dell’Unione europea protegge tutti i prodotti e i servizi per cui è stato registrato, a prescindere dall’uso che ne sia stato concretamente fatto.

34      Peraltro, occorre far notare che l’argomento addotto dalla ricorrente, secondo cui essa vende esclusivamente prodotti preziosi, è irrilevante, in quanto essa non ha affatto circoscritto la sua domanda di marchio dell’Unione europea a tali prodotti. Pertanto, qualora essa ottenesse la registrazione del marchio richiesto, sarebbe autorizzata ad utilizzarlo per qualsiasi tipo di prodotti contemplati da suddetta domanda, ivi inclusi prodotti simili, o addirittura identici, a quelli dell’interveniente.

35      Alla luce delle suesposte considerazioni occorre confermare la constatazione della commissione di ricorso secondo cui i prodotti cui si riferiscono i marchi in conflitto sono sostanzialmente identici.
Sulla comparazione dei segni

36      La commissione di ricorso ha ritenuto che i segni fossero complessivamente simili, in virtù delle loro somiglianze visiva e fonetica, mentre la somiglianza concettuale era neutra.

37      La ricorrente afferma che la commissione di ricorso avrebbe dovuto, in un primo momento, compararli in modo unitario e sintetico, e solo in un secondo momento, in modo analitico, tenendo conto delle somiglianze e delle differenze specifiche. Essa aggiunge che le valutazioni svolte dalla commissione di ricorso riguardanti le tre suddette somiglianze sono errate.

38      L’EUIPO e l’interveniente replicano che la commissione di ricorso ha esaminato i segni in conflitto nella loro globalità. L’interveniente precisa che la necessità di procedere a una siffatta valutazione globale non esclude l’esame analitico degli elementi che compongono ciascun segno, e ciò sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale.

–       Osservazioni preliminari

39      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza citata).

40      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico si riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C-193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 42). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale
marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C-193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

41      Pertanto, la ricorrente è nel giusto quando asserisce che la somiglianza dei segni va valutata in maniera globale. Tuttavia, come fa correttamente osservare l’interveniente, la suddetta valutazione complessiva può essere preceduta da un esame analitico dei segni in conflitto sotto i profili visivo, fonetico e concettuale, allo scopo, segnatamente, di individuarne gli eventuali elementi distintivi e dominanti.

42      Il primo argomento della ricorrente, quindi, non è idoneo a dimostrare che la commissione di ricorso abbia proceduto in modo errato.
–       Sulla comparazione visiva

43      Ai punti 21 e 29 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha rilevato che i segni in conflitto presentavano una certa somiglianza visiva, in quanto erano entrambi composti da un elemento denominativo consistente in quattro lettere maiuscole, di cui la prima e la terza coincidevano, inserite all’interno di un elemento figurativo caratterizzato da una figura geometrica semplice, circolare per quanto attiene al marchio richiesto e quadrata per quanto riguarda il marchio anteriore. Le differenze derivanti dalle lettere seconda e quarta di ciascun elemento denominativo, dalla collocazione di tali elementi all’interno degli elementi figurativi e dalla presenza di una linea nera orizzontale che sottolinea l’elemento denominativo solo nel marchio anteriore non sono state reputate sufficienti ad escludere l’esistenza di tale somiglianza.

44      La ricorrente rimarca che gli elementi figurativi dei segni in conflitto sono differenti e non trascurabili, che i caratteri impiegati per gli elementi denominativi sono diversi e che questi ultimi elementi si distinguono nella loro lettere seconda e quarta. Pertanto, a suo modo di vedere, tali segni, che sono brevi, non possono essere confusi sul piano visivo.

45      L’EUIPO e l’interveniente ribattono che la commissione di ricorso poteva legittimamente considerare che i segni in conflitto, nonostante talune differenze che essa ha menzionato, fossero simili, in ragione della loro struttura di base, costituita da quattro lettere, con caratteri tipografici simili, che coincidono parzialmente e che figurano all’interno di forme geometriche semplici.

46      In primo luogo, giova rammentare che, secondo la giurisprudenza, quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, giacché il consumatore medio farà più facilmente riferimento al prodotto in questione citandone il nome, piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [v. sentenza del 7 febbraio 2013, AMC-Representações Têxteis/UAMI – MIP Metro (METRO KIDS COMPANY), T-50/12, non pubblicata, EU:T:2013:68, punto 29 e giurisprudenza citata]. È proprio questa l’ipotesi che si verifica nel caso di specie, giacché gli elementi denominativi dei segni in conflitto occupano un posto importante all’interno di ciascuno di questi e i corrispondenti elementi figurativi non colpiscono particolarmente l’attenzione.

47      In secondo luogo, va notato che, invero, gli elementi denominativi dei segni in conflitto hanno in comune la struttura, dato che entrambi constano di quattro lettere. Tuttavia, sebbene le loro prime e terze lettere coincidano, le seconde e le quarte differiscono. Inoltre, e soprattutto, nonostante gli elementi denominativi di cui si tratta comincino con la stessa lettera «t» e le lettere «n» e «m» non siano molto diverse, detti elementi producono cionondimeno sul pubblico italiano un’impressione complessiva differente, giacché in italiano è alquanto insolito imbattersi in parole che presentino due lettere «u» consecutive o una lettera «h» preceduta da una lettera «t» e seguita da una «u», come ha asserito la ricorrente in sede di udienza per rispondere a un quesito del Tribunale, senza che le altre parti la smentissero. In virtù del loro carattere inusitato, tali sequenze di lettere, che sono differenti l’una dall’altra, attirano particolarmente l’attenzione del pubblico di riferimento.

48      A questo riguardo, non può avere successo l’argomento, propugnato dall’EUIPO in sede di udienza, secondo cui il pubblico di riferimento rammenta meramente il fatto che i segni in conflitto presentano ognuno una sequenza di lettere inusitata, ma non si ricorda delle differenze tra tali sequenze. In effetti, dal momento che tali sequenze di lettere, insolite e differenti l’una dall’altra, riguardano la metà, se non di più, dei rispettivi elementi dei segni in conflitto, che sono corti, non è concepibile che il pubblico di riferimento non se ne ricordi, sebbene, per costante giurisprudenza, il consumatore medio solo raramente abbia la possibilità di procedere ad un raffronto diretto dei vari marchi, ma debba invece fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria (v. sentenza del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C-412/05 P, EU:C:2007:252, punto 60 e giurisprudenza citata).

49      In terzo luogo, sebbene gli elementi denominativi dei segni in conflitto siano scritti in lettere maiuscole, con caratteri non particolarmente stilizzati, resta il fatto che il marchio richiesto utilizza caratteri più fini e allungati, mentre il marchio anteriore contiene caratteri più spessi, posti in risalto dall’elemento figurativo della sottolineatura.

50      In quarto luogo, gli elementi figurativi al cui interno si collocano gli elementi denominativi differiscono quanto alle loro forme e allo spessore dei loro bordi. Nel marchio richiesto, infatti, si tratta di una circonferenza dal bordo molto spesso, mentre nel marchio anteriore di un quadrato dal bordo fino. Benché entrambe le forme in parola costituiscano figure geometriche semplici, non si può ritenere che la differenza tra un cerchio e un quadrato sfugga al pubblico di riferimento o non sia tenuta a mente da quest’ultimo.

51      In quinto luogo, per quanto attiene alla collocazione dell’elemento denominativo all’interno dell’elemento figurativo, occorre osservare che, nel marchio richiesto, la parola «tuum» appare nel mezzo del cerchio, circostanza che conferisce un’impressione complessiva di simmetria, laddove, nel marchio anteriore, la parola «thun» è posizionata verso il basso del quadrato, il che trasmette un’impressione complessiva di asimmetria.

52      Le differenze testé evidenziate consentono di trarre la conclusione che, considerati ciascuno nel suo complesso, i segni in conflitto non sono simili sul piano visivo, contrariamente a quanto ha deciso la commissione di ricorso.
–       Sulla comparazione fonetica

53      Al punto 22 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha ritenuto che a livello fonetico i segni in conflitto presentassero un alto grado di somiglianza. Al riguardo, a suo avviso, la maggior parte del pubblico di riferimento considera le parole «thun» e «tuum»
come parole straniere e le pronuncia come monosillabi, senza tener conto della lettera «h» del marchio anteriore né della seconda lettera «u» del marchio richiesto. La commissione di ricorso ha aggiunto che, quand’anche il pubblico di riferimento suddividesse la parola «tuum» in due sillabe, la pronuncia di quest’ultima rimarrebbe cionondimeno analoga a quella della parola «thun», giacché la lettera «h» in italiano è muta ed entrambi i segni iniziano quindi con il medesimo suono, prodotto dalle lettere «t» e «u», e terminano con suoni simili, quelli delle lettere «m» e «n».

54      La ricorrente afferma che il pubblico italiano pronuncia il termine «thun» in una sola sillaba, con una cadenza secca e tronca, mentre riconosce nella parola «tuum» un aggettivo possessivo latino, che pronuncia in due sillabe, con una cadenza piana e prolungata. Le impressioni fonetiche complessive prodotte da ciascuno dei segni in conflitto sarebbero dunque diverse, anche tenuto conto della loro brevità.

55      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

56      In primo luogo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, non può in generale presumersi la conoscenza di una lingua straniera [sentenza del 13 settembre 2010, Inditex/UAMI – Marín Díaz de Cerio (OFTEN), T-292/08, EU:T:2010:399, punto 83; v. anche, in questo senso, sentenza del 24 giugno 2014, Hut.com/UAMI – Intersport France (THE HUT), T-330/12, non pubblicata, EU:T:2014:569, punto 40].

57      Ciò vale in particolare qualora, come nel caso di specie, si tratti di una lingua morta, cui il pubblico pertinente è inevitabilmente meno esposto rispetto ad una lingua straniera vivente e di uso molto diffuso.

58      Sebbene, come fa valere la ricorrente, l’italiano derivi dal latino, e tale lingua sia insegnata nel contesto di taluni studi superiori ed utilizzata in alcune preghiere, tali circostanze non bastano per presupporre che la maggior parte del pubblico pertinente pronunci la parola «tuum» secondo le regole del latino, e quindi in due sillabe.

59      Peraltro, come fa correttamente notare l’interveniente, la circostanza addotta dalla ricorrente che parole in latino come virus, gratis, sponsor, agenda, super, deficit, ultimatum, referendum, ultra, bis e aula magna possano essere di uso corrente è irrilevante ai fini di chiarire se il pubblico di riferimento riconosca la parola «tuum» come appartenente al latino, poiché non è dimostrato che tale parola sia di uso corrente. Del resto, non è provato che il pubblico di riferimento, quando utilizza le suddette parole, sappia che si tratta di espressioni latine.

60      Pertanto, la commissione di ricorso ha ritenuto correttamente che sia la parola «thun» sia la parola «tuum» siano pronunciate come composte ognuna di una sillaba. Essa era nel giusto anche quando ha osservato che le pronunce di ognuna di tali sillabe presentano un elevato grado di somiglianza, poiché cominciano con la stessa consonante «t», seguita foneticamente dalla vocale «u», anche nel marchio anteriore, giacché in italiano la lettera «h» è muta, e che esse terminano con suoni simili, ossia quelli delle lettere «n» e «m». Anche ammettendo che una parte del pubblico di riferimento, davanti alla sequenza di lettere «t» e «h» del marchio anteriore, la quale non esiste in italiano, non si limiti a ignorare la lettera «h», bensì si avvalga, ad esempio, delle regole dell’inglese, occorre considerare che tale modo di procedere riguarderebbe solo un numero limitato di consumatori, dato che la maggior parte impiega, invece, la pronuncia per la quale ha optato la commissione di ricorso.

61      In secondo luogo, ad ogni modo, va osservato che, come fanno notare l’interveniente e l’EUIPO, la commissione di ricorso ha esaminato l’ipotesi che la parola «tuum» sia pronunciata in due sillabe. Le sue considerazioni in proposito, da cui si evince che il grado di somiglianza rimarrebbe elevato anche in un caso del genere, sono condivisibili, giacché la sillaba «tu» produrrebbe lo stesso suono dell’inizio della parola «thun» e la sillaba «um» sarebbe pronunciata in modo simile alla fine di tale parola.

62      In terzo luogo, la ricorrente non può desumere alcun argomento utile dalla sentenza del 16 gennaio 2008, Inter-Ikea/UAMI – Waibel (idea) (T-112/06, non pubblicata, EU:T:2008:10), che essa deduce in giudizio. Infatti, in tale occasione il Tribunale ha certamente constatato che la somiglianza fonetica tra le parole «idea» e «ikea» era debole, nonostante le distinguesse una sola lettera, ma si è a tale scopo fondato sulla sonorità totalmente differente delle consonanti «d» e «k». Nel caso di specie, invece, quand’anche si aderisse alla tesi della ricorrente, ne risulterebbe semplicemente una pronuncia più lunga della vocale «u» nel marchio richiesto, senza che muti in misura significativa la percezione della sonorità.

63      In quarto luogo, per quanto concerne le decisioni emesse dagli organi di primo grado dell’EUIPO che la ricorrente menziona, basti ricordare che, per costante giurisprudenza, le commissioni di ricorso non possono essere vincolate dalle decisioni di organi di grado inferiore dell’EUIPO [v. sentenza del 26 novembre 2015, Nürburgring/UAMI – Biedermann (Nordschleife), T-181/14, non pubblicata, EU:T:2015:889, punto 44 e giurisprudenza citata]. In ogni caso, le decisioni che le commissioni di ricorso dell’EUIPO devono adottare, in forza del regolamento n. 207/2009, relativamente alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale. Pertanto la legittimità di dette decisioni deve essere valutata unicamente sul fondamento di tale regolamento e non sulla base di una prassi decisionale precedente. Inoltre, se è pur vero che, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO deve prendere in considerazione le decisioni già adottate e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso, l’applicazione di tali principi deve, però, essere conciliata con il rispetto del principio di legalità (v. sentenza del 26 novembre 2015, Nordschleife, T-181/14, non pubblicata, EU:T:2015:889, punti 45 e 46 e giurisprudenza citata).

64      Conseguentemente, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C-51/10 P, EU:C:2011:139, punti 75 e 76).

65      Per di più, per motivi di certezza del diritto e di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione dei marchi. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C-51/10 P, EU:C:2011:139, punto 77).

66      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata si desume che la commissione di ricorso ha proceduto ad un esame completo e concreto prima di pronunciarsi sulla somiglianza fonetica tra il marchio richiesto e il marchio anteriore.

67      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve confermare la constatazione della commissione di ricorso secondo cui, a livello fonetico, i segni in conflitto presentano un alto grado di somiglianza, per lo meno per una parte cospicua del pubblico di riferimento.
–       Sulla comparazione concettuale

68      Al punto 23 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha considerato che, in assenza di prove o indizi che il pubblico di riferimento associ l’elemento «tuum» del marchio richiesto ad una parola in latino, i segni in conflitto sono percepiti come parole di fantasia, senza alcun nesso concettuale, il che, sostanzialmente, equivale ad affermare che la somiglianza concettuale è neutra.

69      La ricorrente sostiene che il pubblico di riferimento riconosce nell’elemento «tuum» del marchio richiesto l’aggettivo possessivo latino che significa «tuo», presente in particolare nella versione latina della preghiera «Padre Nostro», laddove l’elemento «thun» del marchio anteriore è percepito come un elemento di fantasia. Ne conseguirebbe che i segni in conflitto sono concettualmente diversi.

70      L’EUIPO e l’interveniente controbattono che non è possibile presumere che la maggior parte del pubblico italiano conosca il significato della parola «tuum» e che gli argomenti dedotti dalla ricorrente a tale riguardo non dimostrano che sia così.

71      In proposito, per le ragioni già esposte ai punti da 56 a 59 supra, non si può ritenere che la maggior parte del pubblico di riferimento riconosca nell’elemento «tuum» un aggettivo possessivo latino.

72      Da ciò si evince che per lo meno un’ampia parte del pubblico di riferimento non attribuisce alcun significato ai segni in conflitto, circostanza che, per costante giurisprudenza, permette di trarre la conclusione che il confronto sul piano concettuale è neutro [sentenze del 29 aprile 2014, Asos/UAMI – Maier (ASOS), T-647/11, non pubblicata, EU:T:2014:230, punto 27; dell’8 luglio 2015, Deutsche Rockwool Mineralwoll/UAMI – Redrock Construction (REDROCK), T-548/12, EU:T:2015:478, punto 71, e del 28 gennaio 2016, Sto/UAMI – Fixit Trockenmörtel Holding (CRETEO), T-640/13, non pubblicata, EU:T:2016:38, punto 86].
–       Conclusioni sulla comparazione dei segni

73      Al punto 24 della decisione impugnata, la commissione di ricorso è giunta alla conclusione che «te[ne]ndo conto delle forti somiglianze esistenti sotto i profili esaminati», i segni in conflitto erano simili. Parimenti, al punto 28 di tale decisione, la commissione di ricorso si è riferita all’esistenza di un’«elevata somiglianza visiva e fonetica».

74      Orbene, non è facile comprendere quali siano queste «forti somiglianze», al plurale, né come mai l’aggettivo «elevata» si applichi anche alla somiglianza visiva. Infatti, ai punti della decisione impugnata specificamente dedicati alla comparazione dei segni sotto i tre profili, visuale, fonetico e concettuale, la commissione di ricorso ha spiegato le ragioni per cui riteneva che esistesse un grado elevato di somiglianza fonetica, che la comparazione concettuale era neutra e che esisteva solo un certo grado di somiglianza visiva. Ebbene, quest’ultima constatazione non equivale affatto a quella di una somiglianza visiva forte o elevata. Si tratta quindi di un errore da parte della commissione di ricorso la quale, quando ha
tratto le conclusioni dalla sua analisi della comparazione dei segni sotto i tre aspetti summenzionati, si è discostata, senza motivo alcuno, dall’esito cui era pervenuta per quanto attiene alla somiglianza visiva.

75      A questo riguardo non appaiono convincenti le tesi propugnate dall’EUIPO e dall’interveniente in sede di udienza per rispondere al quesito scritto del Tribunale che poneva in evidenza la mancanza di coerenza tra, da un lato, il punto 21 della decisione impugnata e, dall’altro, i punti 24 e 28 della stessa. In effetti, considerato il contesto in cui è inserito, l’aggettivo «certa», collocato davanti al sostantivo «somiglianza» all’interno del citato punto 21, possiede un valore di attenuazione, che è assolutamente coerente con le osservazioni formulate dalla commissione di ricorso figuranti nel medesimo punto.

76      Ad ogni modo, per le ragioni esposte ai punti da 46 a 52 supra, occorre smentire la constatazione della commissione di ricorso relativa all’esistenza di una certa somiglianza visiva, stante il fatto che, sotto questo profilo, i segni sono differenti.

77      Tutto ciò premesso, occorre considerare che l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto è limitata all’aspetto fonetico, rispetto al quale essa possiede un grado elevato.
Sul rischio di confusione

78      La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza dei fattori che vengono presi in considerazione, e in particolare della somiglianza dei marchi e di quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C-39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T-81/03, T-82/03 e T-103/03, EU:T:2006:397, punto 74].

79      Ai punti da 28 a 31 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ravvisato l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto – anche per i prodotti per cui il pubblico di riferimento è più attento a causa del prezzo – a motivo dell’identità dei prodotti stessi, delle somiglianze visiva e fonetica dei segni, che, in questo contesto, essa ha qualificato come elevate (punto 28 della decisione impugnata) e soprattutto dell’impressione globale di somiglianza che tali segni suscitavano (punto 30 della decisione impugnata).

80      In proposito, occorre in primo luogo rilevare che i segni sono differenti sul piano visivo, così come risulta dai punti da 46 a 52 supra.

81      In secondo luogo, in base alla giurisprudenza, nella valutazione globale del rischio di confusione, l’aspetto visivo, fonetico o concettuale dei segni in conflitto non ha sempre lo stesso valore. Occorre analizzare le condizioni obiettive nelle quali i marchi possono presentarsi sul mercato. L’importanza degli elementi di somiglianza o di differenza tra i segni può dipendere, in particolare, dalle caratteristiche intrinseche degli stessi o dalle condizioni di commercializzazione dei prodotti o dei servizi contrassegnati dai marchi in conflitto. Ove i prodotti contrassegnati dai marchi in questione siano di norma venduti in negozi self-service, in cui è lo stesso consumatore a scegliere il prodotto, facendo quindi affidamento principalmente sull’immagine del marchio apposto su di esso, una somiglianza visiva tra i segni avrà, in linea generale, maggiore rilevanza. Se, invece, il prodotto considerato viene per lo più offerto in vendita oralmente, verrà di norma attribuito più valore ad una somiglianza
fonetica tra i segni [sentenze del 6 ottobre 2004, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection), da T-117/03 a T-119/03 e T-171/03, EU:T:2004:293, punto 49, e del 15 dicembre 2010, Novartis/UAMI – Sanochemia Pharmazeutika (TOLPOSAN), T-331/09, EU:T:2010:520, punto 61].

82      A tale riguardo, come ha fatto opportunamente notare la ricorrente, in particolare in occasione dell’udienza, dalla giurisprudenza risulta anche che il grado di somiglianza auditiva tra due marchi ha un’importanza ridotta nel caso di prodotti commercializzati in modo che, di regola, il pubblico rilevante, al momento dell’acquisto, percepisca in modo visivo il marchio che li designa [sentenze del 14 ottobre 2003, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), T-292/01, EU:T:2003:264, punto 55, e del 21 febbraio 2013, Esge/UAMI – De’Longhi Benelux (KMIX), T-444/10, non pubblicata, EU:T:2013:89, punto 37].

83      Nel caso di specie è pacifico tra le parti che i prodotti in parola sono di norma venduti secondo modalità che consentono all’acquirente di vedere il marchio. Peraltro, nel caso in cui, all’atto dell’acquisto, il cliente sia assistito da un gioielliere, che pronunci i segni in questione, questi sarà un professionista in grado di spiegare la diversa origine dei prodotti.

84      Infine, occorre rilevare che l’interveniente, pur menzionando, in sede d’udienza, la notorietà del marchio anteriore, ha omesso di eccepire e, a maggior ragione, di dimostrare, davanti all’EUIPO, il carattere distintivo accresciuto di esso, sebbene tale fattore, per costante giurisprudenza, avrebbe potuto aumentare la probabilità di esistenza di un rischio di confusione [v. sentenza del 7 maggio 2015, Cosmowell/UAMI – Haw Par (GELENKGOLD), T-599/13, EU:T:2015:262, punto 74 e giurisprudenza citata].

85      Tutto ciò premesso, occorre escludere l’esistenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto per quanto riguarda i prodotti in parola. Ciò vale a maggior ragione per quanto concerne prodotti più costosi tra quelli coperti da tali marchi, ossia prodotti che, in virtù del loro prezzo, rendono il pubblico di riferimento più attento e, di riflesso, meno esposto a questo rischio.
Conclusioni in merito all’esito del ricorso

86      Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo unico della ricorrente deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere annullata, in conformità al primo capo della domanda presentata dalla ricorrente.

87      Per ciò che riguarda il capo della domanda della ricorrente volto al rigetto dell’opposizione, occorre rilevare che, per il tramite di tale capo, la ricorrente chiede in sostanza al Tribunale di adottare la decisione che a suo avviso avrebbe dovuto emanare l’EUIPO, ossia una decisione che dichiarasse che non ricorrevano le condizioni per un’opposizione. Di conseguenza, la ricorrente chiede la riforma della decisione impugnata, come prevista all’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. Tale domanda è quindi ricevibile, a dispetto di quanto asserisce l’interveniente [v., in questo senso, sentenza del 16 gennaio 2014, Investrónica/UAMI – Olympus Imaging (MICRO), T-149/12, non pubblicata, EU:T:2014:11, punto 65 e giurisprudenza citata].

88      Inoltre, giova rammentare che il potere di riforma, riconosciuto al Tribunale in forza dell’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, non ha come effetto di conferire a
quest’ultimo la facoltà di procedere a una valutazione alla quale la commissione di ricorso non ha ancora proceduto. Pertanto, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che detta commissione era tenuta a prendere (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C-263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72).

89      Nel caso di specie sussistono i presupposti affinché il Tribunale eserciti il suo potere di riforma. Dalle considerazioni riprodotte ai punti da 22 a 85 supra si evince infatti che la commissione di ricorso era tenuta a dichiarare che, contrariamente a quanto aveva considerato la divisione di opposizione, nel caso in esame non sussisteva un rischio di confusione. Di conseguenza, mediante riforma della decisione impugnata, occorre respingere l’opposizione.
Sulle spese
90      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’EUIPO e l’interveniente sono rimaste soccombenti, occorre condannarle alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.
91      Inoltre, poiché la ricorrente ha chiesto che l’EUIPO e l’interveniente siano condannati anche alle spese da essa sostenute durante il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate come spese ripetibili. Pertanto, occorre condannare l’EUIPO e l’interveniente a sopportare anche dette spese.
92      Per quanto riguarda la ripartizione delle spese, sarà operata un’equa valutazione delle circostanze di specie decidendo che l’EUIPO e l’interveniente sopportino ciascuno, oltre alle proprie spese, la metà di quelle sostenute dalla ricorrente, sia dinanzi al Tribunale sia dinanzi alla commissione di ricorso.
Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:
1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 3 settembre 2015 (procedimento R 2624/20141) è annullata.
2)      L’opposizione è respinta.
3)      L’EUIPO sopporta le proprie spese nonché la metà di quelle sostenute dalla Tuum Srl, sia dinanzi al Tribunale, sia dinanzi alla commissione di ricorso.
4)      La Thun SpA sopporta le proprie spese nonché la metà di quelle sostenute dalla Tuum, sia dinanzi al Tribunale, sia dinanzi alla commissione di ricorso.
Berardis Spielmann Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 dicembre 2016.

Il cancelliere       Il presidente
E. Coulon       G. Berardis




CARUSO contro TOMCARUSO – Divisione di Annullamento EUIPO 5.01.2016

CARUSO contro TOMCARUSO – Divisione di Annullamento EUIPO 5.01.2016

marchio CARUSO  contro marchio TOMCARUSO

Marchio anteriore Caruso contro marchio impugnato Tomcaruso

La Richiedente CARUSO adduce un solo motivo di nullità del Marchio Comunitario contestato TOMCARUSO : il Marchio Comunitario contestato è simile al marchio anteriore azionato, data la presenza dell’identico cognome “Caruso”, e copre prodotti identici o simili a quelli per i quali il marchio anteriore è protetto.

Quando due segni contengono lo stesso cognome, ma solo uno di essi contiene anche un nome, è prassi ritenere che ci sia, in linea di massima, un rischio di confusione. I consumatori possono essere indotti erroneamente ad attribuire un’origine comune ai prodotti in questione. La presenza di un nome in uno dei segni in conflitto non è sufficiente affinché i consumatori possano distinguere i due segni in tutta sicurezza.

Considerato quanto precede, la Divisione di Annullamento ritiene che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico di lingua italiana.

TESTO DELLA DECISIONE

ANNULLAMENTO N. 9251 C (NULLITÀ)

 

Raffaele Caruso S.p.A. (o più brevemente Caruso S.p.A.), Via Croce Rossa, 2, 43019, Soragna (PR), Italia (Richiedente), rappresentata da Società Italiana Brevetti S.p.A., Piazza di Pietra, 39, 00186, Roma, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Marketing 360º S.r.l., Via Umberto Giordano, 72, 60019, Senigallia (AN), Italia (Titolare del marchio comunitario), rappresentata da Brema S.r.l., Casella Postale 155, Via XX Settembre, 72, 47900, Rimini, Italia (rappresentante professionale).

 

 

Il 05/01/2016, la Divisione di Annullamento emana la seguente

 

 

DECISIONE

 

  1. La domanda di nullità è accolta.

 

  1. Il marchio comunitario n. 8 255 382 è dichiarato interamente nullo.

 

  1. Il Titolare del Marchio Comunitario sopporta l’onere delle spese, fissate a 1.150 EUR.

 

 

 

MOTIVAZIONI

 

La Richiedente ha presentato una domanda di nullità contro tutti i prodotti del marchio comunitario n. 8 255 382. La domanda si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio internazionale n. 1 015 735 che designa l’Unione Europea. La Richiedente ha invocato l’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), RMC in combinato disposto con l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC.

 

 

SINTESI DEGLI ARGOMENTI DELLE PARTI

 

La Richiedente adduce un solo motivo di nullità del Marchio Comunitario contestato: il Marchio Comunitario contestato è simile al marchio anteriore azionato, data la presenza dell’identico cognome “Caruso”, e copre prodotti identici o simili a quelli per i quali il marchio anteriore è protetto.

 

A sostegno delle proprie osservazioni, la Richiedente ha fornito la seguente documentazione:

 

–       Allegato 1: estratto dalla banca dati “Romarin” e relativa traduzione in italiano;

 

–       Allegato 2: fotografie di capi di abbigliamento a marchio “Tom Caruso”.

 

 

La Titolare del marchio comunitario rigetta ogni pretesa avversaria ed eccepisce che i segni sono dissimili. In particolare, la Titolare del marchio evidenzia che:

 

–       non si può trascurare la dominanza della parola “Tom” e la sua componente grafica, tenuto anche conto che la lettera stilizzata “o” è oggetto di una separata registrazione comunitaria nelle stesse classi merceologiche;

 

–       il Marchio Comunitario contestato non costituisca un patronimico poiché è frutto della fantasia del suo ideatore e non si riferisce ad una persona fisica reale.

 

Per quanto concerne i prodotti coperti dai marchi, la Titolare del marchio ammette che vi siano alcuni prodotti simili nella Classe 25 e afferma che i restanti prodotti sono dissimili.

 

La Titolare del marchio evidenzia poi che il pubblico di riferimento è diverso e che non può sussistere nessun rischio di associazione circa la provenienza tra i prodotti, essendo i prodotti coperti dal Marchio Comunitario impugnato indirizzati a un pubblico giovane e sportivo e quelli coperti dal marchio anteriore azionato indirizzati a una nicchia di consumatori maggiormente esigenti, alla ricerca di prodotti sartoriali e di alta qualità.

 

A sostegno delle proprie osservazioni la Titolare del marchio ha fornito la seguente documentazione:

 

–       Allegato A: un elenco dei punti vendita dove sono commercializzati i prodotti a marchio “Tom Caruso”;

 

–       Allegato B: la storia della nascita del marchio “Tom Caruso” disponibile sul sito Internet aziendale;

 

–       Allegato C: un listino prezzi pubblicato sul sito Internet aziendale;

 

–       Allegato D: articoli di giornale che informano sulla natura sartoriale degli abiti prodotti dalla Richiedente, sui prezzi medi di tali abiti e sulla partecipazione della Richiedente a eventi italiani di alta moda.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 53, PARAGRAFO 1, LETTERA a), RMC IN COMBINATO DISPOSTO CON L’ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMC

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento nell’ambito di una valutazione complessiva di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

La domanda si basa su più di un marchio anteriore. Per ragioni di economia procedurale, la Divisione di Annullamento esaminerà in primo luogo la domanda in relazione al marchio anteriore internazionale n. 1 015 735 che designa l’Unione Europea.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I fattori pertinenti per il confronto dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

I prodotti sui quali si basa la domanda sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria.

 

Classe 25:      Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.

 

A seguito della limitazione del marchio comunitario contestato richiesta in data 13/01/2014 dal rappresentante professionale della titolare del marchio comunitario oggetto del presente procedimento, i prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 24:      Asciugamani, teli da mare, teli di spugna.

 

Classe 25:      Magliette, canotte, felpe, T-shirt, top; abbigliamento da spiaggia, costumi da bagno, bikini, tanga, copricostume, abiti da spiaggia, boxer; calzoncini da bagno, bermuda, pantaloncini, parei, accappatoi; accappatoi da piscina e/o da mare; abbigliamento per la ginnastica e lo sport; abbigliamento tecnico per la ginnastica e lo sport, in particolare per beachtennis, surf, skateboard, snowboard, kitesurf e windsurf; cappelli, berretti; scarpe, stivali, sandali, zoccoli, pantofole, sandali da bagno, scarpe da bagno; scarpe per lo sport in particolare per beachtennis, surf, skateboard, snowboard, kitesurf e windsurf.

 

Classe 28:       Articoli ed attrezzi per la ginnastica e lo sport, in particolare per beachtennis, surf, skateboard, snowboard, kitesurf e windsurf (escluso articoli per i sub); articoli ed arnesi per la pesca.

 

Al fine di determinare l’effettiva portata della protezione attribuibile a un elenco di prodotti, è necessario interpretarne la formulazione.

 

Il termine in particolare, utilizzato nell’elenco di prodotti del Titolare del marchio comunitario, indica che i prodotti specifici sono solo esempi di elementi inclusi nella categoria e che la protezione non si limita a questi. In altri termini, introduce un elenco non esaustivo di esempi (sull’uso del termine in particolare, cfr. il riferimento nella sentenza del 09/04/2003, T‑224/01, “Nu‑Tride”).

In via preliminare, occorre osservare che, secondo la regola 2, paragrafo 4, REMC, la classificazione di Nizza serve esclusivamente a fini amministrativi. Pertanto, i prodotti o servizi non possono essere considerati simili o diversi l’uno rispetto all’altro semplicemente in base al fatto che essi figurano nelle stesse classi o in classi diverse della classificazione di Nizza.

 

Prodotti contestati in classe 24

 

Asciugamani, teli da mare, teli di spugna contestati sono simili ad articoli di abbigliamento del marchio anteriore, i quali comprendono, tra gli altri, anche prodotti tessili da bagno, quali accappatoi e asciugamani. I prodotti in questione possono essere realizzati in materiali tessili, avere la medesima natura e il medesimo scopo (indossati al fine di assorbire l’acqua). Si noti che teli da mare possono essere coordinati ad abbigliamento da spiaggia e costumi da bagno e che asciugamani e teli di spugna possono essere coordinati ad articoli di abbigliamento quali pigiami, camicie da notte e vestaglie. Tali prodotti sono destinati al medesimo consumatore finale e sono, di regola, commercializzati attraverso i medesimi canali di distribuzione e punti vendita.

 

 

Prodotti contestati in classe 25

 

I prodotti contestati magliette, canotte, felpe, T-shirt, top; abbigliamento da spiaggia, costumi da bagno, bikini, tanga, copricostume, abiti da spiaggia, boxer; calzoncini da bagno, bermuda, pantaloncini, parei, accappatoi; accappatoi da piscina e/o da mare; abbigliamento per la ginnastica e lo sport; abbigliamento tecnico per la ginnastica e lo sport, in particolare per beachtennis, surf, skateboard, snowboard, kitesurf e windsurf; cappelli, berretti sono inclusi nell’ampia categoria articoli di abbigliamento del marchio anteriore. I prodotti sono identici.

 

I prodotti contestati cappelli, berretti sono inclusi nell’ampia categoria cappelleria del marchio anteriore. I prodotti sono identici.  

 

I prodotti contestati scarpe, stivali, sandali, zoccoli, pantofole, sandali da bagno, scarpe da bagno; scarpe per lo sport in particolare per beachtennis, surf, skateboard, snowboard, kitesurf e windsurf sono inclusi nell’ampia categoria scarpe del marchio anteriore. I prodotti sono identici.

 

Prodotti contestati in classe 28

 

I prodotti contestati articoli ed attrezzi per la ginnastica e lo sport, in particolare per beachtennis, surf, skateboard, snowboard, kitesurf e windsurf (escluso articoli per i sub); articoli ed arnesi per la pesca sono articoli per lo sport e la ginnastica.

 

Gli articoli d’abbigliamento, scarpe e cappelleria includono gli articoli d’abbigliamento, scarpe e cappelleria di tipo sportivo, che sono capi d’abbigliamento destinati ad essere utilizzati durante lo svolgimento di un’attività fisica o di uno sport. Lo scopo e la natura di questi prodotti sono diversi da quelli degli articoli per lo sport e la ginnastica, i quali sono articoli e attrezzature per la pratica di ogni tipo di sport e ginnastica (pesi, cavezze, racchette da tennis, palle e attrezzature ginniche. Tuttavia, le imprese che producono articoli per lo sport e la ginnastica possono anche produrre abbigliamento, scarpe, cappelleria di tipo sportivo. In tal caso, i canali di distribuzione possono coincidere. Pertanto, vi è un basso grado di somiglianza fra l’abbigliamento sportivo, scarpe sportive e gli articoli per lo sport e la ginnastica.

Gli articoli d’abbigliamento, scarpe e cappelleria di tipo sportivo sono ricompresi nelle categorie generali degli articoli d’abbigliamento, scarpe e cappelleria. Pertanto, gli articoli d’abbigliamento, scarpe e cappelleria presentano un basso grado di somiglianza con gli Articoli per lo sport e la ginnastica. Ne consegue che esiste un basso grado di somiglianza tra articoli d’abbigliamento, scarpe e cappelleria della Richiedente e articoli ed attrezzi per la ginnastica e lo sport, in particolare per beachtennis, surf, skateboard, snowboard, kitesurf e windsurf (escluso articoli per i sub); articoli ed arnesi per la pesca del Titolare del marchio comunitario.

 

 

  1. b) I segni

 

 

CARUSO

 

Marchio anteriore

Marchio contestato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

Il carattere unitario del marchio comunitario comporta che un marchio comunitario anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio comunitario che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (sentenza del 08/09/2008, C‑514/06 P, «Armacell», paragrafo 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione di Annullamento ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo formato dalla sola parola “CARUSO”. Il marchio contestato è un marchio figurativo costituito da due parole “Tom Caruso” in caratteri stilizzati, in cui il termine “Caruso” si trova al di sotto della lettera “m” di “Tom”.

 

Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nella parola “Caruso”, che rappresenta il marchio anteriore e che costituisce la seconda parola del marchio contestato. Essi differiscono, invece, nella parola “Tom” che è presente nel solo marchio contestato e che è rappresentata in caratteri stilizzati, arrotondati.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei marchi coincide nel suono delle lettere “Caruso” presenti identicamente in entrambi i segni. Entro questi limiti i marchi sono simili dal punto di vista fonetico. La pronuncia differisce nel suono della parola “Tom” del marchio contestato, che non trova alcuna corrispondenza nel marchio anteriore.

 

Sotto il profilo concettuale, l’elemento “Tom” presente nel marchio contestato sarà percepito dal pubblico italiano come un nome di origine inglese/americana. L’elemento “Caruso” di entrambi i marchi sarà percepito come un cognome di origine italiana: l’aggiunta del nome proprio maschile di persona “Tom” nel caso del marchio impugnato non altera tal percezione. Di conseguenza, entro i suddetti limiti, i segni sono identici dal punto di vista concettuale.

 

Tenuto conto delle summenzionate coincidenze visive, fonetiche e concettuali, si ritiene che i segni siano simili.

 

  1. c) Elementi distintivi e dominanti dei segni

 

Nel determinare l’esistenza del rischio di confusione, il confronto dei segni in conflitto deve basarsi sull’impressione generale fornita dai marchi, tenuto conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti.

 

I marchi non contengono elementi che potrebbero essere considerati chiaramente dominanti (ovvero dotati di maggiore impatto visivo) o più distintivi rispetto ad altri.

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui tener conto nella valutazione complessiva del rischio di confusione.

 

La Richiedente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Pubblico di riferimento – livello di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio della categoria di prodotti interessati sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Inoltre, il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o servizi in questione.

 

Nel caso di specie, i prodotti che risultano essere identici o simili in diverso grado sono diretti al grande pubblico. Il livello di attenzione del pubblico di riferimento è medio.

 

  1. f) Valutazione complessiva, altri argomenti e conclusioni

 

I prodotti oggetto della comparazione di cui alla lettera a) della presente decisione sono identici o simili e sono diretti al grande pubblico.

 

Il pubblico di riferimento è il grande pubblico dotato di un livello di attenzione medio. Diversamente da quanto asserito dalla Titolare del marchio, il fatto che i prodotti coperti dal marchio comunitario impugnato siano indirizzati a un pubblico giovane e sportivo e quelli coperti dal marchio anteriore azionato siano indirizzati a una nicchia di consumatori maggiormente esigenti, alla ricerca di prodotti sartoriali e di alta qualità, non gioca alcun ruolo nell’ambito della valutazione del rischio di confusione, il quale deve sempre essere valutato rispetto alla percezione dei consumatori dei prodotti coperti dal marchio anteriore così come appaiono nel Registro (es. articoli di abbigliamento).

 

Ciò premesso, si rileva che tale argomentazione lungi dall’escludere il rischio di confusione, lo incrementa. A tal proposito si rileva che spesso, aziende o stilisti che operano nella fascia alta del settore dell’abbigliamento,  si espandono in seguito verso settori più giovani tramite creazioni casual. Ciò avviene normalmente tramite un marchio derivato che richiama sempre in un modo o nell’altro il marchio principale. Si pensi ad esempio ad ARMANI® / ARMANI JEANS®, DOLCE & GABBANA ® / D&G® , VERSACE®/VERSUS®, POLO RALPH LAUREN®/ POLO SPORT®, BURBERRY®/ BURBERRY BRIT®. L’analogia con i segni in esame è evidente.

Nei menzionati casi il secondo marchio – il derivato – distingue sempre una linea di prodotti casual che è  destinata, in linea di principio,  ad un pubblico più giovane.

 

Per quanto riguarda i segni, la Divisione di Annullamento osserva quanto segue.

 

Mentre il marchio anteriore è un marchio denominativo (“CARUSO”), il marchio impugnato è un marchio figurativo composto da soli elementi denominativi dall’aspetto stilizzato (“Tom Caruso”).

 

La Divisione di Annullamento, anzitutto, osserva come il segno della Richiedente sia incluso nella sua interezza in quello della Titolare del marchio. Al riguardo si deve rilevare che in conformità con la consolidata giurisprudenza, l’inclusione del marchio anteriore in quello in contestazione rappresenta, in linea di principio, un’indicazione che i segni sono simili (04/05/2005, T-22/04, Westlife, EU:T:2005:160, § 40).

 

Nel caso di specie, le differenze tra i segni non sono sufficienti per annullare le loro somiglianze.

 

Nello specifico, circa la differenza iniziale dei marchi data dalla presenza nel marchio impugnato dell’elemento verbale “Tom”, la Divisione di Annullamento osserva che, in conformità con la consolidata giurisprudenza del Tribunale, è importante ricordare che, sebbene sia vero che la parte iniziale di un segno composto da elementi verbali può essere in grado di attirare l’attenzione del consumatore, questa considerazione non può applicarsi in tutti i casi (16/05/2007, T-158/05, Alltrek, EU:T:2007:143, § 70). In particolare, il principio secondo cui il consumatore presta una particolare importanza all’inizio di un marchio non può essere valutato indipendentemente dalle circostanze del caso di specie e, specialmente, dalle caratteristiche specifiche dei segni raffrontati (07.03.2013, T-247/11, Fairwild, EU:T:2013:112, § 33).

 

Nella fattispecie, il pubblico percepirà il termine ”Caruso”, presente in entrambi i segni e preceduto dal nome proprio maschile “Tom” nel caso del marchio impugnato, come indicazione di un cognome di origine italiana. Diversamente da quanto asserito dalla Titolare del marchio, il fatto che il marchio comunitario contestato sia frutto della fantasia del suo ideatore e non si riferisca ad una persona fisica reale non altera in alcun modo la percezione da parte del pubblico italiano che è in grado di identificare, da un lato, nella parola “Tom” un nome maschile piuttosto comune di origine inglese/americana, portato anche da persone famose, quali ad esempio l’attore statunitense Tom Cruise, e dal gatto della nota serie di cartoni animati “Tom & Jerry”,  e, dall’altro, in “Caruso” un cognome maschile di origine italiana, portato, tra gli altri, dal famoso tenore Enrico Caruso.

 

Ai sensi della consolidata Giurisprudenza del Tribunale, il pubblico, ed in particolare di lingua italiana, conferisce particolare importanza ai cognomi quali indicatori di origine (v. sentenza del 01/03/2005, T-185/03, ‘ENZO FUSCO’). Ciò ancor più quando, come nel caso di specie, non risultano essere particolarmente diffusi.

 

In tal senso, e a seguito di una semplice indagine statistica, si può desumere che il cognome “CARUSO” non sia particolarmente diffuso in Italia, considerando che, secondo i dati forniti dal sito www.cognomix.it in data 08/12/2015, detto cognome risulta portato da circa 9.663 persone nel territorio italiano, a fronte di una popolazione complessiva di 60.782.668 abitanti (dati ISTAT al 31/12/2013).

 

Quando due segni contengono lo stesso cognome, ma solo uno di essi contiene anche un nome, è prassi ritenere che ci sia, in linea di massima, un rischio di confusione. I consumatori possono essere indotti erroneamente ad attribuire un’origine comune ai prodotti in questione. La presenza di un nome in uno dei segni in conflitto non è sufficiente affinché i consumatori possano distinguere i due segni in tutta sicurezza.

 

È poi opportuno puntualizzare che la componente verbale “Caruso”, nonostante le sue dimensioni minori rispetto all’elemento “Tom” del marchio contestato, è identica al solo elemento in cui consiste il marchio anteriore. La stilizzazione e le maggiori dimensioni dell’elemento “Tom” non sono di natura tale da deviare l’attenzione del consumatore dal cognome “Caruso”. Neppure il fatto che la lettera stilizzata “o” sia oggetto di una separata registrazione comunitaria nelle stesse classi merceologiche può indurre il consumatore a focalizzare la sua attenzione sulla parola “Tom” piuttosto che su quella “Caruso”.

 

Inoltre, il consumatore non ha presenti entrambi i segni al momento dell’atto dell’acquisto, ma decide in conformità a una memoria incompleta e incerta, per cui sarà indotto a dare più peso alle somiglianze piuttosto che alle differenze dei segni.

 

Considerato quanto precede, la Divisione di Annullamento ritiene che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico di lingua italiana.

 

Dal carattere unitario del marchio comunitario, sancito dall’articolo 1, paragrafo 2, RMC, discende che un marchio comunitario anteriore produce i medesimi effetti in tutti gli Stati membri. I marchi comunitari anteriori possono, pertanto, essere invocati per contestare una domanda di marchio successiva che pregiudichi la loro protezione anche quando ciò avvenga unicamente in relazione alla percezione dei consumatori di una parte dell’Unione europea. Ne consegue che il principio di cui all’articolo 7, paragrafo 2, RMC, secondo cui è sufficiente l’esistenza di un impedimento assoluto soltanto per una parte dell’Unione perché una domanda di marchio sia respinta, si applica per analogia all’impedimento relativo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC.

 

Pertanto, la domanda di annullamento basata sulla registrazione del marchio comunitario deve considerarsi fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

Poiché la registrazione internazionale anteriore n. 1 015 735 che designa l’Unione Europea porta all’accoglimento della domanda di annullamento e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare l’ulteriore diritto anteriore invocato dalla Richiedente (v. sentenza del 16/09/2004, T-342/02, “Moser Grupo Media”) e la prova d’uso fornita in relazione a detto diritto.

 

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMC, la parte soccombente in una procedura di annullamento sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché risulta soccombente, la titolare del marchio comunitario deve sopportare l’onere delle tasse di annullamento nonché tutte le spese sostenute dalla richiedente nel corso di tale procedimento.

 

Secondo la regola 94, paragrafi 3, 6 e 7, lettera d), punto iii), REMC, le spese da rimborsare alla richiedente sono le tasse di annullamento e le spese di rappresentanza, che devono essere determinate sulla base degli importi massimi ivi stabiliti.

 

 

La Divisione di Annullamento

 

Andrea VALISA

Karin KUHL

Michele M. BENEDETTI ALOISI

   

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMC, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro la decisione stessa ove quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMC, il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno di notifica della decisione. Inoltre, entro quattro mesi da tale data deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 800 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della divisione di annullamento.

 

Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMC, tale richiesta deve essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considera presentata soltanto ad avvenuto pagamento della tassa per la revisione della determinazione delle spese, fissata in 100 EUR (articolo




VIPAL contro VIPOL – Divisione d’Opposizione EUIPO 29.11.2016

VIPAL contro VIPOL – Divisione d’Opposizione EUIPO 29.11.2016

marchio VIPAL  contro marchio VIPOL

Siamo di fronte ad un marchio anteriore denominato VIPAL e ad un marchio impugnato denominato VIPOL.

I prodotti contestati sono i seguenti:

Classe 17: Guarnizioni, mastici e stucchi; nastri adesivi, strisce, fasce e pellicole; pastiglie per frizioni e freni; rivestimenti per rulli in gomma; rivestimenti in gomma per la protezione di componenti elettrici; fogli elastomerici per la protezione di superfici in aree utilizzate per la pallinatura; coperture in gomma per interruttori; rivestimenti d’amianto; guarnizioni, mastici e stucchi; insonorizzanti ed articoli e materiali di barriera (acustica); tubi flessibili, condutture e loro raccordi e raccorderia, comprese le valvole, non in metallo; polistirene [semilavorato].

E quindi ad esempio le pastiglie per frizioni e freni del marchio impugnato VIPOL sono componenti dei freni a disco. Esse sono comprese o si sovrappongono con i con i prodotti in materie plastiche semilavorate del marchio anteriore VIPAL dal momento che possono essere costituite da materiale polimerico. Essi sono, pertanto, identici.

Così come le condutture sono dei complessi di tubi o latri condotti. Esse includono o si sovrappongono con tubi (non in metallo) del marchio anteriore.

Quindi, essendo considerati identici, i prodotti possono creare confusione nel pubblico di riferimento perché quest’ultimo considera i prodotti commercializzati dalla stessa azienda.

 

TESTO DELLA DECISIONE

OPPOSIZIONE N. B 2 629 205

 

Marpal SA Administração e Participações, a Brazilian company, Avenida Cristóvão Colombo, 2834, Sala 901, Porto Alegre – Rio Grande do Sul 90560-002, Brasil (opponente), rappresentata da Cabinet @Mark, 16, rue Milton, 75009 Paris,Francia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

SC Vipol Impex SRL, Drumul Leordeni, nr 106, sector 4, Bucuresti, hala ” P.I. Arcom” Bucuresti, Romania (richiedente), rappresentata da Bogdan Alecu, Brasov, strada Paducelului 18, 600012 Brasov, Romania (rappresentante professionale).

 

Il 29/11/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 629 205 è accolta per tutti i prodotti contestati, ossia

 

Classe 17: Guarnizioni, mastici e stucchi; nastri adesivi, strisce, fasce e pellicole; pastiglie per frizioni e freni; rivestimenti per rulli in gomma; rivestimenti in gomma per la protezione di componenti elettrici; fogli elastomerici per la protezione di superfici in aree utilizzate per la pallinatura; coperture in gomma per interruttori; rivestimenti d’amianto; guarnizioni, mastici e stucchi; insonorizzanti ed articoli e materiali di barriera (acustica); tubi flessibili, condutture e loro raccordi e raccorderia, comprese le valvole, non in metallo; polistirene [semilavorato].

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 175 525 è respinta per tutti i prodotti contestati. Si può procedere per i restanti prodotti.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate a 650 EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti della [domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 175 525, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 17. L’opposizione si basa registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 867 467. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 17: Prodotti di riparazione gommati per camere d’aria, pneumatici a tela radiale e convenzionali, pneumatici, compresi quelli senza camera d’aria e pneumatici mediante processi a freddo e a caldo, strutture per pneumatici comuni o convenzionali e camere d’aria; kit per la riparazione di camere d’aria comprese gomma, toppe, adesivi, colle, piastre per camere d’aria, liquidi (non compresi in altre classi);caucciù, guttaperca, gomma, amianto, mica e prodotti in tali materie non compresi in altre classi; fluidi di riparazione gommati, strutture per pneumatici, fascette per camere d’aria, fluidi autovulcanizzanti per laminatura a freddo di riparazioni, materiali vulcanizzanti, ovvero gomma vulcanizzata, mastici vulcanizzanti; liquidi autovulcanizzanti, soluzioni di gomma per vulcanizzazione, colle e cementi; leganti vulcanizzanti, materiali in gomma per il rigeneramento dei pneumatici; prodotti in materie plastiche semilavorate; composti di tenuta e isolanti; tubi flessibili non metallici; prodotti semilavorati in materia plastica; materie per turare, stoppare e isolare; tubi (non in metallo); prodotti in materie plastiche semilavorate; tubi flessibili; non in metallo; materiali in gomma o sintetici (plastica) sotto forma di blocchi, piastre, barre, tappi, fogli, fili o nastri (tutti prodotti semilavorati);pezzi di ricambio in gomma o plastica per riparazione di tubi flessibili (tubi flessibili dell’acqua, tubi flessibili per veicoli) e per pneumatici di veicoli);kit di riparazione per tubi flessibili (tubi flessibili dell’acqua, tubi flessibili per automobili) e per pneumatici di veicoli; contenenti piastre, tappi, fogli, nastri, nodi di gomma o plastica; gomma in strisce e cuscinetti orbitali (composti di gomma non vulcanizzata sotto forma di fogli o strisce per rigenerazione di pneumatici);gomma per cuscinetti (composti di gomma non vulcanizzata utilizzati tra la struttura e la parte superiore del pneumatico), fogli di gomma, rivestimenti per pareti laterali, gomma di spessore, gomma per cuscini di corda estrusa; buste utilizzate nel processo di rigenerazione con vulcanizzazione a freddo (composti di gomma vulcanizzata);tubi di vulcanizzazione (composti di gomma vulcanizzata utilizzati per gonfiare pneumatici durante il processo di rigenerazione); “Vulk Flap” e “Protefort Flap” (protezioni, composti di gomma vulcanizzata utilizzati come protezione per pneumatici o airbag nel processo di rigenerazione);imbottiture di assorbimento in gomma; toppe – composti di gomma vulcanizzata utilizzati per riparazioni su pneumatici e camere d’aria; riparazioni e kit per riparazione di camere d’aria di biciclette e motociclette; sigilli; sigillanti di riparazione (composti sigillanti per giunti);strisce di riparazione (composti di gomma vulcanizzata per riparazione e giunzione di nastri trasportatori).

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 17: Guarnizioni, mastici e stucchi; nastri adesivi, strisce, fasce e pellicole; pastiglie per frizioni e freni; rivestimenti per rulli in gomma; rivestimenti in gomma per la protezione di componenti elettrici; fogli elastomerici per la protezione di superfici in aree utilizzate per la pallinatura; coperture in gomma per interruttori; rivestimenti d’amianto; guarnizioni, mastici e stucchi; insonorizzanti ed articoli e materiali di barriera (acustica); tubi flessibili, condutture e loro raccordi e raccorderia, comprese le valvole, non in metallo; polistirene [semilavorato].

 

I tubi flessibili includono i tubi flessibili; non in metallo dell’opponente. Dal momento che la Divisione d’Opposizione non può scorporare ex officio la ampia categoria di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente.

 

I prodotti contestati guarnizioni e stucchi (elencati due volte); fogli elastomerici per la protezione di superfici in aree utilizzate per la pallinatura; Insonorizzanti ed articoli e materiali di barriera (acustica) sono compresi o si sovrappongono con i composti di tenuta e isolanti del marchio anteriore. Essi sono, pertanto, identici.

 

I prodotti contestati coperture in gomma per interruttori; rivestimenti per rulli in gomma; rivestimenti in gomma per la protezione di componenti elettrici sono compresi nei prodotti in tali materie non compresi in altre classi  [gomma] dell’opponente. Essi sono, pertanto, identici.

 

Le pastiglie per frizioni e freni sono componenti dei freni a disco. Esse sono comprese o si sovrappongono con i con i prodotti in materie plastiche semilavorate del marchio anteriore dal momento che possono essere costituite da materiale polimerico. Essi sono, pertanto, identici.

 

I mastici (elencati due volte) includono in quanto categoria più ampia i mastici vulcanizzanti del marchio anteriore. Dal momento che la Divisione d’Opposizione non può scorporare ex officio la  ampia categoria di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente.

 

I nastri adesivi sono compresi o si sovrappongono ai materiali in gomma o sintetici (plastica) sotto forma di nastri. Essi sono, pertanto, identici.

 

Le fasce includono in quanto categoria più ampia le fascette per camere d’aria del marchio anteriore. Dal momento che la Divisione d’Opposizione non può scorporare ex officio la  ampia categoria di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente.

 

Le pellicole sono comprese nei prodotti semilavorati in materia plastica del marchio anteriore. Essi sono, pertanto, identici.

 

Le strisce includono in quanto categoria più ampia le strisce di riparazione (composti di gomma vulcanizzata per riparazione e giunzione di nastri trasportatori) del marchio anteriore. Dal momento che la Divisione d’Opposizione non può scorporare ex officio la  ampia categoria di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente.

 

I rivestimenti d’amianto sono compresi nell’ampia categoria prodotti in tali materie (amianto) non compresi in altre classi del marchio anteriore. Essi sono, pertanto, identici.

 

Le condutture sono dei complessi di tubi o latri condotti. Esse includono o si sovrappongono con tubi (non in metallo) del marchio anteriore. Dal momento che la Divisione d’Opposizione non può scorporare ex officio la  ampia categoria di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente.

 

I prodotti contestati raccordi e raccorderia, comprese le valvole, non in metallo (per condutture) sono compresi nell’ampia categoria o si sovrappongono con i prodotti in materie plastiche semilavorate. Essi sono, pertanto, identici.

 

Il polistirene [semilavorato] è compreso nell’ampia categoria prodotti semilavorati in materia plastica del marchio anteriore. Essi sono, pertanto, identici.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici sono diretti sia al grande pubblico che a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia variabile da medio ad alto in funzione del prezzo e dell’uso specifico di alcuni prodotti (per esempio i fogli elastomerici per la protezione di superfici in aree utilizzate per la pallinatura che sono utilizzati in processi industriali o i rivestimenti d’amianto utilizzati nell’industria e nell’edilizia).

 

 

  1. c) I segni

 

 

VIPAL VIPOL

Marchio anteriore

Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

I marchi sono entrambi denominativi e sono privi di un significato specifico in relazione ai prodotti in oggetto.

 

I marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri. Inoltre, i marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “V-I-P-*-L”. I marchi presentano la stessa struttura e lunghezza. Essi differiscono unicamente nella penultima lettera “A” del marchio anteriore e “O” del segno contestato.

 

L´inizio dei marchi in conflitto sono identiche. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Pertanto, i segni sono molto simili.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “V-I-P-*-”L”, presenti in modo identico in entrambi i segni nella loro parte iniziale. I marchi hanno la stessa cadenza e intonazione. La pronuncia differisce unicamente nel suono della “A” del marchio anteriore e “O” del segno contestato.

 

Pertanto, i segni sono molto simili.

 

Sotto il profilo concettuale, nessuno dei (due) segni ha un significato per il pubblico del territorio di riferimento. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni. Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

 

I prodotti sono identici.

 

Il marchio anteriore ha un carattere distintivo normale.

 

I marchi sono molto simili dal punto di vista visivo e fonetico secondo quanto più sopra esposto. I marchi hanno la stessa struttura e lunghezza. Essi differiscono unicamente nella penultima lettera.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26). Anche i consumatori dotati di un alto grado di attenzione sono costretti ad affidarsi al ricordo imperfetto dei marchi (sentenza del 21/11/2013, T-443/12, ancotel, EU:T:2013:605, § 54).

 

Alla luce di quanto sopra la Divisione d´Opposizione ritiene che le limitate differenze tra i marchi non sono sufficienti a controbilanciare le sostanziali somiglianze tra di essi.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione Europea n. 8 867 467 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María Clara

IBÁÑEZ FIORILLOFrancesca CANGERI SERRANOMartina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




GEMS contro GEM – Divisione d’Opposizione EUIPO 22.11.2016

GEMS contro GEM – Divisione d’Opposizione EUIPO 22.11.2016

marchio GEMS contro marchio GEM

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore GEMS.  Il marchio contestato GEM è stato pubblicato il 07/01/2015. L’opponente doveva pertanto dimostrare che il marchio sul quale si basa, tra gli altri, l’opposizione ha formato oggetto di un uso effettivo e serio nell’Unione europea dal 07/01/2010 al 06/01/2015 compreso.

Le prove, tuttavia, non contengono nessun riferimento ai rimanenti prodotti nella classe 18, ovvero cuoio e sue imitazioni, articoli di queste materie non compresi in altre classi, valigette, borsette, borse da viaggio, sacchi per alpinisti, portadocumenti, portafogli da uomo, portamonete, non in metalli preziosi, ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio, fruste e articoli di selleria.

La Divisione d’Opposizione ritiene, pertanto, che le prove fornite dall’opponente non sono sufficienti a dimostrare che il marchio anteriore è stato utilizzato in modo effettivo e serio nel territorio di riferimento durante il periodo di riferimento per tali  prodotti e non prenderà in considerazione i summenzionati prodotti, per i quali è presunto che l’uso è stato provato, nella seguente comparazione.

L’opposizione n. B 2 503 301 è totalmente respinta.

 

 

OPPOSIZIONE N. B 2 503 301

 

Gems di Massimo Beltempo, Via Aldo Moro n. 245, 03010 Frosinone, Italia (opponente), rappresentata da Notarbartolo & Gervasi, Via Luigi Mercantini 5, 10121 Torino, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Camillo Pronti, Via Degani 20/a, 29121 Piacenza, Italia, Elena Pronti, Via Degani, 20/a, 29121 Piacenza, Italia, Paolo Battaglia, Corso Cristoforo Colombo 8, 20144 Milano, Italia, Antonio Ponte, Via Barbavara 5, 20144 Milano, Italia (richiedenti), rappresentati da Lunati & Mazzoni S.R.L., Via Carlo Pisacane, 36, 20129 Milano Italia (rappresentante professionale).

 

Il 22/11/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 503 301 è totalmente respinta.

 

  1. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione Europea n. 13 543 392 . L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 1 434 604 . L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

OSSERVAZIONI PRELIMINARI

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell’opponente dell’Unione Europea n. 1 434 604.

 

PROVA DELL’USO

 

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, RMUE, su istanza del richiedente, il titolare di un marchio anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione del marchio impugnato, il marchio anteriore è stato seriamente utilizzato nei territori in cui è tutelato per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione.

 Secondo la medesima disposizione, in mancanza di tale prova l’opposizione è respinta.

Il richiedente ha chiesto all’opponente di presentare la prova dell’uso dei marchi sui quali si basa l’opposizione inter alia del marchio dell’Unione europea n. 1 434 604.

La richiesta è stata presentata a tempo debito ed è ammissibile, dato che il marchio anteriore era stato registrato più di cinque anni prima della pubblicazione della domanda contestata.

Il marchio contestato è stato pubblicato il 07/01/2015. L’opponente doveva pertanto dimostrare che il marchio sul quale si basa, tra gli altri, l’opposizione ha formato oggetto di un uso effettivo e serio nell’Unione europea dal 07/01/2010 al 06/01/2015 compreso. Le prove devono altresì dimostrare l’uso del marchio/dei marchi in relazione ai prodotti sui quali si basa l’opposizione, in particolare:

 

Classe 18:  Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; borse, valigette, zainetti, borsette, borse da viaggio, sacchi per alpinisti, sacche sportive; portadocumenti, portafogli da uomo, portamonete, non in metalli preziosi; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria.

 

Classe 25:  Articoli di abbigliamento, calzature e cappelleria.

 

Classe 28:  Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi, tranne l’attrezzatura da golf e le borse per mazze da golf.

 

Conformemente alla regola 22, paragrafo 3, REMUE, le prove relative all’uso consistono in indicazioni riguardanti il luogo, il tempo, l’estensione e la natura dell’utilizzazione del marchio dell’opponente, per i prodotti e i servizi rispetto ai quali esso è stato registrato e sui quali si basa l’opposizione.

 

Ai sensi della regola 22, paragrafo 2, REMUE, l’Ufficio, ha concesso all’opponente fino al 14/02/2016 per presentare le prove dell’uso del marchio anteriore. In data 05/02/2016 l’Ufficio, su richiesta dell’opponente, ha concesso una proroga del termine per presentare le prove d’uso. L’opponente ha presentato alcune prove d’uso il 13/04/2016 (entro il termine).

 

Le prove d’uso da prendere in considerazione sono le seguenti:

 

  • (Allegato 2) Circa seicento fatture relative al periodo 02/2010 – 12/2014 emesse su clienti in Spagna, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Italia, Polonia, Slovacchia, Germania, Romania, Slovenia, Cipro, Ungheria, Portogallo, Repubblica Ceca, Grecia, per la vendita di diversi articoli di abbigliamento, (quali tute, T-shirt, cappelli, polo, felpe, bermuda, guanti, scaldacollo, berretti, pantaloni, maglie, canotte, giacche, zuccotti, casacche, pantaloncini, giacche gilet, calze, bomber, ciabatte, scarpe, kit, pinocchietti) zaini, borse, borracce, cestelli porta borracce, diversi articoli per la ginnastica e lo sport (quali palloni da calcio, fasce da capitano, delimitatori, parastinchi, basi di gomma per paletti, bandierine guardalinee, ricambi angolo, fondi iniettati, cerchi piatti, tappetini, coni forati) e in cui appaiono i segni e . Gli importi sono stati omessi. Tuttavia, l’opponente nelle sue osservazioni ha indicato che i prodotti recanti il marchio anteriore sono stati venduti per i seguenti importi complessivi: 21.737, 86 Euro nel 2010, 85.739,72 nel 2011, 40.485,78 nel 2012, 192.176,33 nel 2013 e 202.619,59 nel 2014. Nelle fatture, inoltre, appaiono i codici degli articoli e le quantità.

 

  • (Allegato 3) Copia di un contratto di licenza datato 01/05/2010 relativo all’uso del marchio ‘GEMS’ in Europa per prodotti nelle classi 18, 25 e 28.

 

  • (Allegato 4) Copie di listini prezzi prodotti relativi al periodo 2010-2013 e moduli d’ordine relativi all’anno 2014 recanti il marchio ‘GEMS’. In tali documenti i prodotti sono raggruppati in base ai nomi delle diverse linee di prodotti (quali TEAM, GOALKEEPER, TRAINING, RELAX, FREETIME, WINTER, ecc.) e consistono in articoli d’abbigliamento (quali tute, giacche, felpe, bermuda, polo, cappelli, guanti, ciabatte, calze), scarpe, borse, zainetti, sacche sportive, palloni e accessori per lo sport (quali tabelloni per sostituzione giocatori, tappetini, ostacoli, coni gonfiabili, paletti). I listini prezzi includono, inoltre, i codici dei prodotti che corrispondono a quelli riportati nelle fatture.

 

  • (Allegato 5) Copia di cataloghi in italiano ed inglese datati nel periodo 2010-2014. Nei cataloghi appare, in particolare, il marchio in relazione a diversi articoli d’abbigliamento sportivo raggruppati in base ai nome delle diverse linee (quali completi per lo sport, T-shirt, pantaloncini, magliette, pantaloni, tute da ginnastica, maglie, canotte, casacche, k-way, cappelli, berretti, polo, bermuda, felpe, giacche, giacche a vento, gilet, guanti, scaldacollo, pantaloni pinocchietto, calze), ciabatte e scarpe per lo sport, borse per lo sport, zaini per lo sport, sacche sportive, trolley, e articoli per lo sport (quali palloni, set guardalinee, coni, cerchi, borracce, paletti, ostacoli, scalette, tabelloni delle sostituzioni). I cataloghi includono, inoltre, la storia del marchio ‘GEMS’ e che questo è utilizzato per calzature e abbigliamento sportivo.

 

  • (Allegato 6) Copie di estratti di riviste e pubblicazioni in italiano, di carattere pubblicitario, datati nel periodo 2010- 2012 in cui appaiono utilizzati in particolare i marchi e  sia in contesti pubblicitari sia apposti direttamente su scarpe.

 

  • (Allegato 7) Copie di otto accordi relativi all’uso del marchio ‘GEMS’ in manifestazioni sportive in Italia e relativi alla sua sponsorizzazione e pubblicità. Gli accordi sono datati 2010-2011.

 

  • (Allegato 8) Copie di cinque fatture datate nel periodo 2010-2012 relative all’uso del marchio ‘GEMS’ nella pubblicità. Le fatture sono in italiano ed emesse da società con sede in Italia. In allegato alle fatture sono state presentate fotografie in cui il marchio ‘GEMS’ risulta apposto sui cartelloni posti intorno alla pista presso la quale si svolgeva la manifestazione sponsorizzata.

 

  • (Allegato 9) Copie di materiale promozionale e pubblicitario di varia natura in cui appare il marchio GEMS: una brochure e un calendario relativi alla sponsorizzazione di due eventi sportivi nel 2011; tre volantini datati dal 2012 al 2015 relativi ad abbigliamento, scarpe e borse. Tale materiale è in italiano.

 

I documenti presentati si riferiscono ai seguenti prodotti che rientrano nella classe 25:

 

Tute, T-shirt, cappelli, polo, felpe, bermuda, guanti, scaldacollo, berretti, pantaloni, maglie, canotte, giacche, zuccotti, casacche, pantaloncini, gilet, calze, bomber, ciabatte, scarpe, kit, completi per lo sport, giacche a vento e pinocchietti.

La Divisione d’Opposizione non entrerà nella valutazione se l’uso sia stato provato per l’ampia categoria dei prodotti o invece per una sottocategoria né se sono sufficienti le informazioni sulla natura dell’uso, il luogo dell’uso, il periodo d’uso e l’estensione dell’uso in relazione ai suddetti prodotti e procederà sulla base della presunzione che l’uso sia stato provato per l’intera classe 25 coperta dal marchio anteriore.

 

In relazione alla classe 28, i documenti contengono un riferimento a diversi articoli per la ginnastica e lo sport, quali palloni da calcio, fasce da capitano, delimitatori, parastinchi, basi di gomma per paletti, bandierine guardalinee, ricambi angolo, fondi iniettati, cerchi piatti, tappetini, coni forati, ostacoli, scalette, paletti, tabelloni per sostituzioni giocatori. La Divisione d’Opposizione non entrerà nella valutazione se l’uso sia stato provato per l’ampia categoria dei prodotti o invece per una sottocategoria né se sono sufficienti le informazioni sulla natura dell’uso, il luogo dell’uso, il periodo d’uso e l’estensione dell’uso in relazione ai suddetti prodotti, e procederà sulla base della presunzione che l’uso sia stato provato per l’intera classe 28 coperta dal marchio anteriore.

 

In relazione alla classe 18, i documenti contengono un riferimento ad alcuni prodotti in concreto, ovvero borse, zainetti e sacche sportive. La Divisione d’Opposizione La Divisione d’Opposizione non entrerà nella valutazione se sono sufficienti le informazioni sulla natura dell’uso, il luogo dell’uso, il periodo d’uso e l’estensione dell’uso in relazione ai suddetti prodotti, e procederà sulla base della presunzione che l’uso sia stato provato per tali prodotti. La Divisione d’Opposizione, pertanto, prenderà in considerazione i summenzionati prodotti, per i quali è presunto che l’uso è stato provato, nella seguente comparazione.

 

Le prove, tuttavia, non contengono nessun riferimento ai rimanenti prodotti nella classe 18, ovvero cuoio e sue imitazioni, articoli di queste materie non compresi in altre classi, valigette, borsette, borse da viaggio, sacchi per alpinisti, portadocumenti, portafogli da uomo, portamonete, non in metalli preziosi, ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio, fruste e articoli di selleria.

 

La Divisione d’Opposizione ritiene, pertanto, che le prove fornite dall’opponente non sono sufficienti a dimostrare che il marchio anteriore è stato utilizzato in modo effettivo e serio nel territorio di riferimento durante il periodo di riferimento per tali  prodotti e non prenderà in considerazione i summenzionati prodotti, per i quali è presunto che l’uso è stato provato, nella seguente comparazione.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione e per i quali è presunto che l’uso è stato provato sono i seguenti:

 

Classe 18: Borse, zainetti, sacche sportive.

 

Classe 25: Articoli di abbigliamento, calzature e cappelleria.

 

Classe 28: Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi, tranne l’attrezzatura da golf e le borse per mazze da golf.

 

A seguito del rigetto parziale del marchio contestato in un procedimento d’opposizione parallelo, i prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 16: Portadocumenti; borse con manici.

 

Classe 25: Talloniere.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Prodotti contestati in classe 16

 

I portadocumenti impugnati sono cartelle e cartelline di cartoncino usate per l’archiviazione di documenti d’ufficio. Le borse con manici impugnate sono fatte di carta, cartone o plastica e sono utilizzati per l’imballaggio o per usi concreti quali, la spazzatura o la cottura per microonde. Questi prodotti sono dissimili dai prodotti del marchio anteriore nelle classi 18 (borse, zainetti, sacche sportive), 25 (articoli di abbigliamento, calzature e cappelleria) e 28 (articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi, tranne l’attrezzatura da golf e le borse per mazze da golf). Tali prodotti differiscono in natura e scopo poiché le borse servono per trasportare cose e entrambe le liste hanno borse ma di diverso tipo. Inoltre, essi non coincidono in canali di distribuzione, pubblico rilevante e origine commerciale e non sono complementari né in competizione tra loro. Essi sono, pertanto, dissimili.

 

Prodotti contestati in classe 25

 

I prodotti contestati talloniere sono parti delle scarpe utilizzate nella fabbricazione e riparazione delle calzature. Questi prodotti sono dissimili dai prodotti del marchio anteriore nelle classi 18, 25 e 28. Il mero fatto che certi prodotti possono essere composti di diverse parti non determina automaticamente che i prodotti finiti siano simili alle loro parti. Le talloniere sono parti delle scarpe destinate a un pubblico specifico, ovvero quello imprenditoriale (calzaturifici), mentre il marchio anteriore copre prodotti finiti destinati al pubblico in generale che è il consumatore finale. Tali prodotti, pertanto, differiscono nel pubblico rilevante. Inoltre, essi non coincidono in natura, scopo, metodo d’uso, canali di distribuzione e origine commerciale.

 

 

  1. b) Conclusione

 

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, la somiglianza dei prodotti o dei servizi è una condizione necessaria per la sussistenza del rischio di confusione. Poiché i prodotti sono chiaramente dissimili, una delle condizioni necessarie enunciate dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE non è soddisfatta. L’opposizione deve quindi essere respinta.

 

L’opponente ha basato l’opposizione anche sui seguenti marchi:

 

Marchio italiano n. 1 602 517 per il marchio verbale “GEMS” per scarpe nella classe 25;

 

Marchio internazionale n. 619 038 per il marchio verbale “GEMS” per abbigliamento, calzature, cappelleria nella classe 25 e articoli per la ginnastica e lo sport nella classe 28.

 

Questi marchi hanno uno scopo di protezione più limitato rispetto al marchio anteriore dell’Unione Europea n. 1 434 604. Inoltre, l’opponente ha presentato per questi marchi le medesime prove d’uso più sopra esaminate. Il risultato dell’opposizione, pertanto, non può essere diverso in relazione a tali marchi.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Francesca CANGERI SERRANO Martina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




DRINK CUP contro CUP DRINK – Divisione d’Opposizione EUIPO 17.11.2016

DRINK CUP contro CUP DRINK – Divisione d’Opposizione EUIPO 17.11.2016

marchio  Drink Cup contro marchio Cup Drink

 

OPPOSIZIONE N. B 2 324 856

 

Drink Cup S.r.l., Via Leinì, 142, 10036 Settimo Torinese (TO), Italia (opponente), rappresentata da Studio Torta S.p.A., Via Viotti, 9, 10121 Torino, Italia  (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

N.F. Food S.r.l., Via Italia 3/A, 24060 Villongo (BG), Italia (richiedente), rappresentata da Ing. C. Corradini & C. S.r.l., Via Dante Alighieri 4, 42121 Reggio Emilia, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 17/11/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

  1. L’opposizione n. B 2 324 856 è accolta per tutti i prodotti e servizi contestati.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 219 077 è totalmente respinta.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in 650EUR.

 

MOTIVAZIONE

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 219 077. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 6 391 775. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE e l’articolo 8, paragrafo 4, RMUE.

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 6 391 775 dell’opponente.

 

  1. a) I prodotti e servizi

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 11:       Apparati di refrigerazione di acqua potabile; apparati di distribuzione di acqua potabile.

 

Classe 21:      Bottiglie e bottiglioni di plastica.

 

Classe 32:      Acqua potabile.

 

I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

 

Classe 7:        Macchine per la produzione di bevande.

 

Classe 11:      Apparecchi elettrici per fare bevande.

 

Classe 32:       Concentrati per fare bevande; preparati per fare bevande; concentrati per la preparazione di bevande analcoliche.

 

Classe 43:       Servizi di ristorazione, caffetterie, bar e gelaterie.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Prodotti contestati in classe 7

 

I prodotti contestati macchine per la produzione di bevande presentano alcuni punti di contatto con gli apparati di refrigerazione di acqua potabile del marchio anteriore. Questi prodotti sono infatti apparati aventi lo scopo di produrre o trattare bevande, tra le quali l’acqua. Oltre ad essere diretti ai medesimi consumatori, questi prodotti possono essere usati in combinazione tra loro, oltre ad avere la medesima origine e poter essere distribuiti attraverso i medesimi canali. Pertanto, essi sono da considerarsi simili.

 

Prodotti contestati in classe 11

 

Quanto visto poc’anzi per i prodotti nella classe 7 è altrettanto valido per quanto riguarda i prodotti contestati apparecchi elettrici per fare bevande. Questi prodotti possono infatti presentare i medesimi pubblico rilevante, origine nonché canali di distribuzione degli apparati di refrigerazione di acqua potabile nella classe 11 dell’opponente. Ne consegue che i suddetti prodotti debbano essere considerati simili.

 

Prodotti contestati in classe 32

 

I prodotti contestati concentrati per fare bevande; preparati per fare bevande; concentrati per la preparazione di bevande analcoliche sono da mettere in relazione con l’acqua potabile nella classe 32 del marchio anteriore. Questi prodotti normalmente condividono pubblico rilevante, origine e canali di distribuzione. Inoltre, non è da escludersi che essi si trovino in competizione gli uni con gli altri. Alla luce di ciò, la Divisione d’Opposizione ritiene che questi prodotti debbano considerarsi simili in alto grado.

 

 

Servizi contestati in classe 43

 

I contestati servizi di ristorazione, caffetterie, bar e gelaterie sono destinati a servire cibo e bevande direttamente per il consumo.

 

Il semplice fatto che i cibi e le bevande siano consumati in un ristorante non è una ragione sufficiente per individuare una somiglianza tra loro (sentenza del 09/03/2005, T-33/03, Hai, EU:T:2005:89, § 45 e la decisione del 20/10/2011, R 1976/2010-4, THAI SPA/SPA et al., § 24-26).

 

Ciononostante, in determinate situazioni questi prodotti e servizi possono essere complementari (sentenze del 17/03/2015, T-611/11, Manea Spa, EU:T:2015:152, § 52; 15/02/2011, T-213/09, Yorma’s, EU:T:2011:37, § 46).

 

Nel presente caso i suddetti servizi sono, pur avendo una natura diversa, sono complementari rispetto all’acqua potabile nella classe 11 del marchio anteriore. Inoltre questi prodotti e servizi possono avere la medesima origine ed essere distribuiti attraverso i medesimi canali. Pertanto, essi sono da considerarsi simili in basso grado.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti e servizi che risultano essere simili in diversi gradi sono diretti sia al grande pubblico che a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

  1. c) I segni

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento per la quale gli elementi verbali dei segni in disputa non possiedono alcun significato, quale ad esempio quella dotata di una sufficiente conoscenza della lingua bulgara, lituana e spagnola.

 

Il marchio anteriore è un marchio figurativo. Esso è composto dai termini “DRINK” e “CUP” posti l’uno sopra l’altro e riprodotti in caratteri di fantasia. Al di sopra di questi elementi verbali si trova un elemento figurativo formato dalla raffigurazione stilizzato di un bicchiere mezzo pieno circondato da un cerchio all’interno del quale si trova la rappresentazione di una sorta di goccia di grosse dimensioni, anch’essa stilizzata.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo formato dai termini “CUP” e “DRINK” riprodotti uno sopra l’altro usando caratteri di fantasia. Il termine “CUP” risulta essere di colore più scuro. Tra questi due elementi giace un elemento figurativo costituito  dalla raffigurazione di due foglie altamente stilizzate.

 

Il marchio contestato non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

L’elemento figurativo del segno anteriore sarà associato all’idea di un bicchiere contenente del liquido. Tenendo a mente che i prodotti e servizi relativi sono tutti da mettere in relazione ad acqua e bevande, questo elemento è debole per tutti i prodotti e servizi.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere che formano i termini “CUP” e “DRINK”. Tuttavia, essi differiscono nel modo in cui dette lettere sono nello specifico rappresentate (tipo di caratteri, posizione) nonché negli elementi figurativi di entrambi i segni, per quanto considerando che nel caso del marchio anteriore l’elemento anteriore è da considerarsi debole.

 

Inoltre, quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

 

Pertanto, i segni sono visivamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “CUP” e “DRINK”, presenti in modo identico in entrambi i segni.  La pronuncia differisce a causa della posizione in cui dette lettere sono collocate.

 

Di conseguenza i segni sono, da un punto di vista fonetico, molto simili.

 

Sotto il profilo concettuale, gli elementi verbali dei segni non hanno significato alcuno per il pubblico di lingua bulgara, lituana e spagnola. Tuttavia, i marchi presentano una differenza concettuale limitata alla presenza di elementi figurativi dal diverso contenuto semantico posti in entrambi i marchi, ovvero il bicchiere mezzo pieno e la goccia da un lato e le due foglie dall’altro.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

Ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto. Tuttavia, per motivi di economia procedurale, nel caso presente non è necessario valutare le prove presentate dall’opponente a sostegno della sua rivendicazione (cfr. sotto “Valutazione globale”).

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta ,nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale, nonostante la presenza in esso di un elemento di modesta capacità distintiva, secondo quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente decisione.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

 

I prodotti e servizi coperti dai marchi in disputa sono stati riscontrati essere simili in diverso grado.

 

I segni sono simili sia da un punto di vista fonetico che visivo. Essi contengono infatti i medesimi elementi verbali, ovvero i due termini “CUP” e “DRINK”. Questa circostanza possiede, giocoforza, una maggior rilevanza che la semplice differenza derivante da un uso di una rappresentazione grafica diversa (caratteri, colori, posizione) e dalla presenza di ulteriori elementi figurativi. Questi ultimi peraltro non paiono in grado di svolgere un ruolo se non secondario in considerazione del fatto che o si tratta di elementi deboli, come nel caso degli elementi figurativi del marchio anteriore o di elementi, e ciò vale per entrambi i marchi, la cui natura, come già evidenziato nella sezione c) della presente decisione, determina un minore impatto rispetto agli elementi verbali.

 

 

È quindi pacifico aspettarsi che i consumatori faranno più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali, ovvero “CUP” e ‘”DRINK”, i quali sono nella sostanza, i medesimi.

 

È pertanto opinione della Divisione d’Opposizione che sussista un rischio di confusione in quanto le differenze esistenti tra i segni sono limitate ad elementi ed aspetti secondari.

 

Ciò soprattutto se si tiene conto del fatto che il consumatore medio raramente ha la possibilità di fare un confronto diretto tra diversi marchi, ma deve fidarsi del ricordo imperfetto che ha degli stessi (22/06/1999, C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

Inoltre, si deve tenere presente che il rischio di confusione riguarda situazioni nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e presuppone che i prodotti/servizi designati appartengano alla stessa impresa o a imprese economicamente collegate.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione da parte del pubblico, tra gli altri, di lingua bulgara, lituana e spagnola, per il quale i termini “CUP” e “DRINK”, in quanto privi di significato, sono distintivi. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 6 391 775 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti e servizi contestati.

 

Dal momento che l’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, non è necessario valutarne l’elevato carattere distintivo dovuto alla notorietà rivendicata dall’opponente. In effetti, il risultato sarebbe lo stesso anche qualora il marchio anteriore possedesse un elevato carattere distintivo.

 

Poiché la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 6 391 775 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti e servizi contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente, né tantomeno la prova d’uso richiesta (16/09/2004, T‑342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).

 

Poiché l’opposizione è stata pienamente accolta in base al motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, non è necessario procedere all’esame dei rimanenti motivi invocati, ovvero quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 4 RMUE.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

Francesca CANGERI SERRANO Andrea VALISA Michele M.

BENEDETTI-ALOISI

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




SEVENTY contro SEVENTYSEVEN- Divisione d’Opposizione EUIPO 11.11.2016

SEVENTY contro SEVENTYSEVEN – Divisione d’Opposizione EUIPO 11.11.2016

marchio SEVENTY  contro marchio SEVENTYSEVEN

Siamo di fronte ad un marchio anteriore denominato  Seventy e ad un marchio impugnato denominato Seventyseven

I segni, considerati nel loro insieme, sono simili, in particolare, dal punto di vista fonetico e soprattutto concettuale.

L’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore e sul fatto che ci sia un rischio di confusione fosse solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 551 698

 

Ca’ Da Mosto Spa, Via Venezia 146, 30037 Scorze’ (VE), Italia (opponente), rappresentata da Glp S.r.l., Viale Europa Unita, 171, 33100 Udine (UD), Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Lorenzo Malafarina, Via San Tomaso 21, 24121 Bergamo, Italia, (richiedente).

 

Il 11/11/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 551 698 è accolta per tutti i prodotti contestati, ossia:

 

Classe 25: Articoli di abbigliamento

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 949 227 è respinta per tutti i prodotti contestati. Si può procedere per i restanti prodotti e servizi.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate a 650 EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 949 227, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 25. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio italiana n. 511 358. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, letteae  b) e l’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione italiana del marchio dell’opponente n. 511 358.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 25: Articoli di abbigliamento

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 25: Articoli di abbigliamento

 

Gli Articoli di abbigliamento sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti.

 

  1. b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

 

SEVENTY   
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Italia.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

 

Il segno contestato è un marchio figurativo complesso che si compone sia di elementi verbali sia figurativi. A prima vista ed in prima approssimazione, esso si presenta innanzitutto come una struttura rettangolare composta dalla sovrapposizione di elementi geometrici rettangolari modulari al cui interno sono inscritti l’elemento verbale dominante costituito dalla parola “SEVENTYSEVEN” cui è sovrapposto l’elemento figurativo caratterizzato da un pittogramma dotato di una certa originalità. Inoltre, a questa struttura appena descritta, si aggiungono degli ulteriori elementi geometrici che spiccano per essere di colore arancione rispetto al resto del segno che è dominato dalla combinazione bianco/nero. Inoltre, un ulteriore elemento grafico costituito da una serie di cerchietti collocati su di una linea orizzontatale e che viene definito come “Logo monocromatico/negativo/scala di grigio”, si trova collocato nel settore rettangolare alla base del segno contestato. A questi elementi si aggiungono delle parole che per la loro dimensione non sono leggibili (ITALIAN LUXURY HERITAGE) e che, quindi, possono essere trascurate ai fini della presente comparazione.

 

Innanzitutto, non è possibile, per la complessità della peculiare combinazione di elementi sostanzialmente equivalenti dal punto di vista dell’impatto visivo, individuare all’interno del segno richiesto, degli elementi che siano dominanti (in quanto dotati di maggiore impatto visivo) rispetto ad altri secondari.

 

Dal punto di vista della distintività del segno richiesto si deve costatare innanzitutto la presenza di elementi distintivi come la parola “SEVENTYSEVEN”, ed il simbolo grafico ad essa sovrapposto. Peraltro, la composizione grafica stessa del segno richiesto, come descritta più sopra, no è priva di carattere distintivo nel suo complesso.

 

Tuttavia, da questo punto di vista la parola “SEVENTYSEVEN” ed il disegno ad essa sovrapposto devono essere considerati come gli elementi più distintivi della domanda sia ex se che nella loro combinazione in senso modulare più volte ripetuta all’interno dello stesso segno.

 

Per quanto riguarda la comparazione dei segni va premesso che generalmente, il consumatore non confronta i marchi fianco a fianco, ma sceglie sulla base di una memoria imperfetta.

 

In questo contesto è necessario tener conto del fatto che il consumatore medio ha anche una memoria normale, e che è sufficiente che egli possa dubitare che il marchio (o il prodotto) che si trova di fronte sia quello (o possa essere riferito alla stessa fonte produttiva di quello) che egli conosce.

 

Tenuto conto del fatto che il consumatore medio generalmente, non è, a prima vista, in grado di riconoscere le differenze tra i marchi come nel caso in cui egli fosse posto di fronte a entrambe per studiarne più attentamente le differenze, la prima impressione che ottiene dalla sua esposizione al segno o prodotto deve essere determinante.

 

Pertanto, più peso deve essere dato agli elementi comuni che possono dare adito a confusione, mentre le differenze che sfuggono al consumatore medio non deve essere enfatizzate.

 

Si deve infine rilevare che per quella parte del pubblico Italiano che comprende il significato dei segni, i termini “SEVENTY” e “SEVENTYSEVEN” indicano rispettivamente i numeri “settanta” e “settantasette” e sono normalmente distintivi poiché non hanno relazione alcuna con i prodotti in questione.

Il termine “ITALIAN” verrà compreso dal pubblico di riferimento come indicativo di “Italiano/a”, il termine “LUXURY” sebbene straniero verrà compreso come indicativo di “lusso e ciò si deve al fatto che tale termine è spesso usato nel mercato e nella pubblicità. Il termine “HERITAGE” verrà compreso come “eredità” o “lascito” solo da  quella parte del pubblico con una conoscenza media della lingua Inglese.

 

Tutto ciò premesso, come già menzionato tali termini saranno leggibili stante la limitata dimensione.

 

Visivamente, premesso quanto sopra, il marchio richiesto contiene il marchio anteriore “SEVENTY” al quale aggiunge un ulteriore elemento di somiglianza per il raddoppio delle lettere SEVEN. Sotto ogni altro aspetto i segni sono diversi. Tuttavia, data la collocazione della parola “SEVENTYSEVEN” all’interno della domanda impugnata, la sua dimensione relativa e la sua ripetizione all’interno del segno impugnato, si deve concludere che esiste un grado non trascurabile di somiglianza tra i segni. L’impressione di similarità dei segni è vieppiù rafforzata se si tiene conto del fatto che la parola “SEVENTYSEVEN” della domanda è piuttosto lunga, cosicché l’attenzione del consumatore più facilmente si centrerà sulla prima parte della parola stessa che riproduce in modo identico il segno dell’opponente. Infatti, i consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Inoltre, quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, come è il caso del marchio impugnato, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59).

 

Gli ulteriori elementi della domanda impugnata, sono, come detto,  visivamente secondari quand’anche percepiti non contribuiranno a creare una differenza visiva sostanziale fra i segni a confronto.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, dato quanto osservato in merito alla comparazione visiva, si deve concludere che i segni sono simili per la sottolineata presenza del marchio anteriore nel marchio oggetto della domanda. Similitudine rafforzata per la duplicazione delle lettere “SEVEN”. Il fatto già rilevato della moltiplicazione della parola “SEVENTYSEVEN” accentua, piuttosto che mitigare, la somiglianza dei segni in conflitto. Pertanto, nonostante le differenze che riguardano, come s’è detto, elementi marginali (come le parole ITALIAN LUXURY HERITAGE) che per la loro dimensione risulta poco probabile che possano essere letti e pronunciati almeno a prima vista.

 

I segni devono considerarsi simili in grado medio.

 

Sotto il profilo concettuale, il pubblico nel territorio di riferimento percepirà il segno anteriore come la traduzione inglese del numero “settanta” e il marchio contestato come quella di “settantasette”. Pur trattandosi di parole inglesi, si tratta comunque di parole che hanno per oggetto dei numeri semplici. L’insegnamento dei numeri fa parte dell’insegnamento di base della lingua inglese nelle scuole italiane. Pertanto non è ragionevole pensare che esse non siano capite da una parte rilevante del pubblico di riferimento. Siccome i segni saranno associati a un significato molto simile (o identico nel caso, per esempio, in cui il consumatore percepisca unicamente, o ricordi unicamente, la parte iniziale della parola “SEVENTYSEVEN”), i segni sono concettualmente molto simili. Per quanto riguarda la differenza concettuale contenuta nelle parole “ITALIAN LUXURY HERITAGE”, valgono, mutatis mutandis, le considerazioni precedenti.

 

Perciò i segni devono considerarsi simili in grado elevato.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

Ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto. Tuttavia, per motivi di economia procedurale, nel caso presente non è necessario valutare le prove presentate dall’opponente a sostegno della sua rivendicazione (cfr. sotto “Valutazione globale”).

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Il rischio di confusione riguarda situazioni nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e presuppone che i prodotti/servizi designati appartengano alla stessa impresa o a imprese economicamente collegate.

 

 

Inoltre, si tiene conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria (22/06/1999, C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

Nel presente caso, i prodotti a confronto sono identici.

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è normale.

 

I segni, considerati nel loro insieme, sono simili, in particolare, dal punto di vista fonetico e soprattutto concettuale. Infatti, l’elemento maggiormente distintivo della domanda di marchio, cioè la parola “SEVENTYSEVEN contiene come suo primo elemento l’intero marchio anteriore “SEVENTY” e l’ulteriore elemento grafico del segno impugnato sebbene non irrilevante non è in grado di far passare in secondo piano l’elemento verbale “SEVENTYSEVEN”. Come s’è detto più sopra nel paragrafo relativo alla comparazione fonetica, è molto probabile che il pubblico di riferimento fissi la propria attenzione (e, quindi, condizioni il proprio ricordo) con riferimento alla sola parola “SEVENTY” per indicare il prodotto, in quanto essa rappresenta la prima parte di un marchio piuttosto lungo come la parola “SEVENTYSEVEN”.

 

Di conseguenza, viste le coincidenze tra i segni, si ritiene che le differenze visive e fonetiche tra i segni non siano tali da scongiurare un rischio di confusione.

 

Pertanto, alla luce della notevole somiglianza fonetica e concettuale dell’elemento maggiormente distintivo del segno impugnato, cioè la parola “SEVENTYSEVEN”, con il marchio anteriore “SEVENTY”, nonché, come sottolineato anteriormente, della sua somiglianza visiva, e tenuto conto dell’identità dei prodotti contestati, si deve concludere che sussiste un rischio di confusione.

 

Infatti, per quanto attiene alle differenze visive, esse, come sottolineato anteriormente, riguardano elementi di minore rilevanza distintiva che, pertanto, non hanno un’influenza significativa al momento della valutazione di un rischio di confusione.

 

Di conseguenza, debitamente considerato ogni fattore di rilevanza nel presente caso, inclusa l’interdipendenza tra gli stessi, fra cui – tra gli altri – il fatto che un minor grado di somiglianza tra i marchi può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i prodotti (nel presente caso persino identità), la Divisione d’Opposizione ritiene che sussiste un rischio di confusione per il pubblico italiano di riferimento.

 

Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio italiano n. 511 358, deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

Dal momento che l’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, non è necessario valutarne l’elevato carattere distintivo dovuto alla notorietà rivendicata dall’opponente. In effetti, il risultato sarebbe lo stesso anche qualora il marchio anteriore possedesse un elevato carattere distintivo.

 

Poiché il diritto anteriore “n. 511358” porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente (16/09/2004, T‑342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).

 

Poiché l’opposizione è stata pienamente accolta in base al motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, non è necessario procedere all’esame dei rimanenti motivi invocati, ovvero quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Michele M.BENEDETTI-ALOISI Andrea VALISA

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

 




LA CARRIE contro CARRIE LOVE SHOP – Divisione d’Opposizione EUIPO 11.11.2016

LA CARRIE BAG contro CARRIE LOVE  SHOP – Divisione d’Opposizione EUIPO 11.11.2016

marchio LA CARRIE  BAG contro marchio CARRIE LOVE SHOP

Carrie Bag è il marcio anteriore, Carrie Love Shop è il marchio impugnato. Nel presente caso i segni coincidono in quello che è l’elemento maggiormente distintivo, il termine “CARRIE”  (che  è anche l’elemento dominante del marchio anteriore, quello che colpirà più l’attenzione del consumatore) essendo scarsamente rilevanti gli ulteriori elementi figurativi e grafici presenti nei segni. Ne discende che il marchio contestato Carrie Love Shop deve essere respinto per i prodotti considerati identici o simili, anche in grado basso, a quelli del marchio anteriore Carrie Bag.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 587 056

 

Bigfoot S.r.l., Via Emilia Levante, 233, 48014 Castel Bolognese (RA) Italia (opponente), rappresentata da Ing. Claudio Baldi S.r.l., Viale Cavallotti, 13

60035, Jesi (AN), Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Villa Group S.r.l., Via Torri Bianche 1, Palazzo Sequoia, – 8° Piano 20871 Vimercate (MB), Italia (richiedente), rappresentata da Dott. Franco Cicogna & C.Srl, Via Visconti di Modrone 14/A, 20122, Milano, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 11/11/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 587 056 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti contestati:

 

Classe 14:         Oggetti in materiali preziosi e loro leghe; articoli di gioielleria; gioielli; gemelli e fermacravatte; orologi da polso; orologi in genere; cinturini per orologi; cronometri; articoli di bigiotteria placcati in metalli preziosi; astucci ed altri contenitori per orologi e per gioielli. Cuoio; imitazioni di cuoio; cuoio grezzo o semilavorato; borse; borsette; portamonete; portafogli; porta carte di credito di pelle; astucci portachiavi; zaini; sacche multiuso per lo sport; sacche; sacchi da spiaggia; custodie per documenti; borse della spesa con le ruote; borse per la spesa in stoffa; cartelle scolastiche; valigette; borse da sport; borsoni; borse a tracolla; marsupi; astucci per cosmetici [vuoti]; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; guinzagli per animali.

 

Classe 18:         Borse; borsette; valigie; zaini; portafogli; borsellini; cartelle; cartelle portadocumenti in pelle e in similpelle; borselli; bauli; pelle; articoli di pelle; cuoio e articoli di cuoio; articoli in similpelle; ombrelli da sole; ombrelloni; ombrelli; bastoni da passeggio; finimenti ed altri articoli di selleria

 

Classe 25:         Abbigliamento per uomo, donna e ragazzi in genere, comprendente: abiti in pelle; camicie; camicette; gonne; tailleurs; giacche; pantaloni; pantaloncini; maglie; magliette; pigiami; calze; canottiere; busti; reggicalze; mutande; reggiseni; sottovesti; cappelli; foulards; cravatte; impermeabili; soprabiti; cappotti; costumi da bagno; tute sportive; giacche a vento; pantaloni da sci; cinture; pellicce; sciarpe; guanti; vestaglie; calzature in genere, comprendenti: pantofole, scarpe, scarpe sportive, stivali e sandali.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 251 169 è respinta per tutti i prodotti suindicati. Si può procedere per i restanti prodotti.
  2. Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti  della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 251 169 vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella/e classi 14, 18 e 25. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 12 510 061. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 14:       Gioielleria; bigiotteria; ornamenti [gioielleria]; ornamenti di bigiotteria; ornamenti per abiti sotto forma di gioielleria; braccialetti [gioielleria]; orecchini; collane [gioielleria]; catenine [gioielleria]; anelli [gioielleria]; spille [gioielleria]; ferma-cravatte; ciondoli; bottoni per polsini; portachiavi di fantasia; cofanetti per gioielli; scatole in metallo prezioso; statuette in metalli preziosi; orologeria e strumenti cronometrici; orologi [da polso e da tasca].

 

Classe 18:       Cuoio; imitazioni di cuoio; cuoio grezzo o semilavorato; borse; borsette; portamonete; portafogli; porta carte di credito di pelle; astucci portachiavi; zaini; sacche multiuso per lo sport; sacche; sacchi da spiaggia; custodie per documenti; borse della spesa con le ruote; borse per la spesa in stoffa; cartelle scolastiche; valigette; borse da sport; borsoni; borse a tracolla; marsupi; astucci per cosmetici [vuoti]; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; guinzagli per animali.

 

Classe 25:       Scarpe; stivali; stivaletti; scarpe in cuoio; calosce [soprascarpe di gomma]; stivali da pioggia; calzature per lo sport; sandali; pantofole; suole; tacchi; tomaie; articoli di abbigliamento; maglioni; cardigan; panciotti; vestiti; pantaloni; pantaloncini; maglie; impermeabili; abbigliamento in pelle; calze; reggicalze da donna; reggicalze da uomo; giacche a vento; pantaloni da sci; pellicce; cappotti da sera; soprabiti; gonne; abiti; giacche; magliette; tshirt; abbigliamento per ginnastica; colletti; camicie; foulards [fazzoletti]; foulard da collo; costumi da bagno; tute per correre; tute sportive felpate; abiti da sposa; accappatoi da bagno; biancheria intima; reggiseno; busti; sottovesti [indumenti]; mutande; slip; camicie da notte; vestaglie da casa; pigiama; guanti; scialli; sciarpe; cravatte; papillon; cinture [abbigliamento]; bretelle; cappelli; berretti.

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 14:       Oro; argento; platino; metalli preziosi e loro leghe; oggetti in materiali preziosi e loro leghe; diamanti; brillanti; pietre preziose; articoli di gioielleria; gioielli; gemelli e fermacravatte; orologi da polso; orologi in genere; cinturini per orologi; cronometri; articoli di bigiotteria placcati in metalli preziosi; astucci ed altri contenitori per orologi e per gioielli.

 

Classe 18:       Borse; borsette; valigie; zaini; portafogli; borsellini; cartelle; cartelle portadocumenti in pelle e in similpelle; borselli; bauli; pelle; articoli di pelle; cuoio e articoli di cuoio; articoli in similpelle; ombrelli da sole; ombrelloni; ombrelli; bastoni da passeggio; finimenti ed altri articoli di selleria

 

Classe 25:       Abbigliamento per uomo, donna e ragazzi in genere, comprendente: abiti in pelle; camicie; camicette; gonne; tailleurs; giacche; pantaloni; pantaloncini; maglie; magliette; pigiami; calze; canottiere; busti; reggicalze; mutande; reggiseni; sottovesti; cappelli; foulards; cravatte; impermeabili; soprabiti; cappotti; costumi da bagno; tute sportive; giacche a vento; pantaloni da sci; cinture; pellicce; sciarpe; guanti; vestaglie; calzature in genere, comprendenti: pantofole, scarpe, scarpe sportive, stivali e sandali.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Prodotti contestati in classe 14

 

 

I rimanenti prodotti contestati, ad esclusione di cinturini per orologi, sono identici a quelli del marchio anteriore poiché: 1) da esso specificamente rivendicati  protetti dal (includendo sinonimi);  2) sono inclusi in categorie generali da questo rivendicate.

 

I cinturini per orologi contestati sono simili ai prodotti orologeria e strumenti cronometrici del marchio anteriore poiché condividono questi l’origine imprenditoriale, in canali commerciali,  il consumatore finale ed infine presentano un nesso di complementarietà.

 

I prodotti contestati oro; argento; platino; metalli preziosi e loro leghe; diamanti; brillanti; pietre preziose; sono dissimili rispetto a tutti prodotti protetti dal marchio anteriore. Ciò si deve al fatto che i prodotti contestati sono materie prime, in alcuni casi semilavorate, che sebbene vengano usate per produrre la maggior parte dei prodotti protetti dal marchio dell’opponente in classe 14  presentano una differente origine imprenditoriale, differenti canali di distribuzione sono destinati ad un consumatore finale differente e soddisfano differenti necessità.

 

Prodotti contestati in classe 18

 

I prodotti contestati borse; borsette; valigie; zaini; portafogli; borsellini; cartelle; cartelle portadocumenti in pelle e in similpelle; borselli; bauli; pelle; articoli di pelle; cuoio e articoli di cuoio; articoli in similpelle; ombrelli da sole; ombrelloni; ombrelli; bastoni da passeggio sono identici ai prodotti rivendicati dal marchio anteriore poiché  a seconda dei casi: 1) identicamente rivendicati dal marchio anteriore, includendo sinonimi; 2) inclusi in categorie  generali rivendicate dal marchio anteriore  (es. zaini è incluso della categoria generale di borse); 3) alcuni dei prodotti contestati includono prodotti rivendicati dal marchio anteriore e l’Ufficio non può scorporare ex officio le  ampie categorie di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente (es. i prodotti cuoio o articoli di cuoio contestati includono  praticamente la totalità dei prodotti rivendicati dal marchio opponente).

 

I prodotti contestati finimenti ed altri articoli di selleria sono simili in basso grado ai guinzagli per animali rivendicati dal marchio anteriore. Ciò si deve al fatto che i prodotti presentano la medesima natura, il medesimo proposito, il controllo e la conduzione di animali, possono avere la medesima origine imprenditoriale,  e che sono sovente venduti anche in negozi quali sellerie.

 

Prodotti contestati in Classe 25

 

I prodotti contestati abbigliamento per uomo, donna e ragazzi in genere, comprendente: abiti in pelle; camicie; camicette; gonne; tailleurs; giacche; pantaloni; pantaloncini; maglie; magliette; pigiami; calze; canottiere; busti; reggicalze; mutande; reggiseni; sottovesti; cappelli; foulards; cravatte; impermeabili; soprabiti; cappotti; costumi da bagno; tute sportive; giacche a vento; pantaloni da sci; cinture; pellicce; sciarpe; guanti; vestaglie; calzature in genere, comprendenti: pantofole, scarpe, scarpe sportive, stivali e sandali sono identici ai prodotti rivendicati dal marchio anteriore sia perché da questo identicamente rivendicati (includendo sinonimi), sia perché inclusi nelle categorie generali di  scarpe  e articoli di abbigliamento.

 

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici o simili in diverso grado sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione possa variare da medio a elevato a seconda della fascia di prezzo in cui si collocheranno i prodotti in questione.

 

 

  1. c) I segni

 

 

Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Il marchio anteriore è un marchio figurativo composto dai termini “ La” e “Carrie” rappresentati in corsivo sotto ai quali vi è il termine “BAG” in maiuscolo stampatello. Il tutto è di colore nero.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo composto da una gruccia per abiti. Nell’arco formato da detta gruccia vi sono i termini “Carrie”, “Love” e “Shop” rappresentati in caratteri corsivi stilizzati .

 

Il termine “CARRIE “ in entrambi i segni verrà percepito come indicativo di un nome proprio di persona di origine britannica e di genere femminile che non presenta nessun tipo di relazione con i prodotti in oggetto, pertanto la capacità distintiva del medesimo è normale.

 

E’ lecito ritenere  che una parte rilevante del pubblico di lingua italiana sia in grado di comprendere il significato dell’elemento “BAG”, ciò si deve al fatto che si tratta di un termine che appartiene al c.d. basic english e che inoltre il medesimo è parte del termine composto “SHOPPING BAG” che viene riportato nel dizionario Treccani (http://www.treccani.it/vocabolario/shopping-bag/) come indicativo di Borsa per gli acquisti. Se così il termine “Bag” è privo di capacità distintiva almeno per una parte dei prodotti della classe 18. Il termine “La” è un articolo determinativo singolare femminile, che verrà compreso come tale giacché l’uso del medesimo unitamente ad un nome proprio di persona, soprattutto se femminile, è da sempre comune per lo meno nel territorio della Lombardia.

 

Gli elementi “LOVE” e “SHOP” del segno contestato saranno associati rispettivamente al concetto di amore e di negozio,  giacché si tratta di termini di uso comune (si veda supra il significato di “shopping bag”). Tenendo a mente che i prodotti in questione sono prodotti che normalmente si comprano in negozi, la Divisione d’Opposizione ritiene che il termine “SHOP” sia privo di capacità distintiva. Per ciò che concerne il termine “LOVE” si ritiene che il medesimo sia di per se debole poiché spesso usato, anche nella lingua italiana e soprattutto nella pubblicità come laudativo. Infine, la gruccia presenta una capacità distintiva virtualmente nulla in relazione ai prodotti della classe 25, e comunque limitata in relazione ai prodotti delle classi 14 e 18, poiché quasi tutti i prodotti venduti in queste classi vengono spesso venduti in negozi di abbigliamento.

 

L’elemento “LA CARRIE ” nel segno anteriore è l’elemento dominante in quanto dotato di maggiore impatto visivo.

 

Il marchio impugnato non presenta elementi dominanti o di maggiore impatto visivo.

 

Visivamente, i segni coincidono in termini di “CARRIE” che è l’elemento dominate e maggiormente distintivo di entrambi i segni. Tuttavia, essi differiscono in termini di “LA” e “BAGdel marchio anteriore e nei termini “LOVE” ”SHOP e nella gruccia che come detto presentano una capacità d’intuitiva limitata o nulla, nella misura sopra evidenziata.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, come il marchio contestato, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “C-A-R-R-I-E”, presenti in modo identico in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono delle lettere di tuti gli altri termini presenti nei segni.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, il pubblico nel territorio di riferimento percepirà entrambi i segni convogliano il concetto associato al termine “CARRIE” che è l’elemento distintivo di entrambi i segni. I rimanenti elementi, “BAG”, “LOVE”, “SHOP” e la rappresentazione della gruccia  comunicheranno i concetti corrispondenti, così come sopra esposti, ma poiché sono, a seconda dei casi, deboli o carenti di capacità distintiva in relazione a tutti o parte dei prodotti non influiranno o influiranno in maniera limitata nella comparazione dei segni. L’articolo “LA” non ha una valenza concettuale specifica poiché in tale contesto viene assorbito dal termine “CARRIE”.

 

I segni sono concettualmente simili in grado elevato.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti  in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale nonostante la presenza in esso di alcuni elementi di modesta capacità distintiva, secondo quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente decisione.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Nel valutare il rischio di confusione i marchi debbono essere comparati tramite una valutazione globale basata sull’ analisi della somiglianza visiva, fonetica e concettuale in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. sentenza del 11 novembre 1997, C-251/95, “Sabèl”, §  22 e ss.).

 

In tal senso, una maggiore somiglianza fra i marchi può compensare una minore somiglianza fra i prodotti e servizi e viceversa (Sentenza del 29 settembre 1988, C39/97 ‘Canon’ §  17).

 

Nel presente caso io segni coincidono in quello che è l’elemento maggiormente distintivo, il termine “CARRIE”  (che inter alia è anche l’elemento dominante del marchio anteriore, quello che colpirà più l’attenzione del consumatore)essendo scarsamente rilevanti gli ulteriori elementi figurativi e grafici presenti nei segni per le ragioni precisate supra nella presente decisione.

 

Il consumatore che non ha presenti entrambe i segni al momento dell’atto dell’acquisto, ma decide sulla base di una memoria incompleta ed incerta, sarà indotto a dare più peso alle somiglianze piuttosto che alle differenze dei segni, generando così una sicura associazione o richiamo reciproco che non è adeguatamente controbilanciato dalle differenze concettuali e nemmeno visive o fonetiche dei segni a confronto.

 

Di contro, l’elevata somiglianza concettuale in aggiunta alla somiglianza fonetica e visiva certamente indurranno il consumatore ad associare nella propria mente i segni e stante l’identità o somiglianza – anche in basso grado dei prodotti – il rischio che il consumatore ritenere che i prodotti presentino la medesima origine imprenditoriale è estremamente probabile.

 

Tutto ciò premesso, anche volendo dotare di capacità distintiva media, in relazione ad alcuni prodotti il termine “BAG” e la gruccia del segno impugnato, detti elementi  non sono sufficienti a controbilanciare la somiglianza fra i segni dovuta alla presenza in entrambi del termine “CARRIE”.

 

Considerato quanto precede, la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana  e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio dell’Unione europea dell’opponente. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati identici o simili, anche in grado basso, a quelli del marchio anteriore.

 

I restanti prodotti contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti prodotti non può essere accolta.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, RMUE, ove le parti risultino soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni, o qualora l’equità lo richieda, la Divisione d’Opposizione decide una ripartizione differente.

 

Poiché l’opposizione è stata accolta solo per una parte dei prodotti contestati, entrambe le parti sono risultate soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni. Di conseguenza, ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Michele Maria BENEDETTI ALOISI Andrea VALISA

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.




MOKADOR contro MOKABAR – Divisione d’Opposizione EUIPO 04.11.2016

MOKADOR contro MOKABAR – Divisione d’Opposizione EUIPO 04.11.2016

Mokador è il marchio anteriore e  Mokabar coffee is our passion è il  marchio impugnato.

L’opposizione di Mokador  è respinta e quindi Mokabar coffee is our passion continuerà ad usare il proprio marchio.

Infatti per quanto riguarda quella parte del pubblico che non ha dimestichezza con la lingua inglese, si riscontrano nel marchio impugnato alcuni elementi che indubbiamente giocano un ruolo di rilievo nel rendere i marchi distinguibili. I termini “is” and “our”, e anche il termine “passion” anche per quella parte del pubblico che lo assocerà al concetto di “passione”, non presentano infatti alcun legame con i prodotti e servizi oggetto di protezione dei marchi in conflitto. È quindi opinione della Divisione d’Opposizione che per questa parte del pubblico non sussista alcun rischio di confusione, anche e soprattutto in virtù del fatto che gli elementi che coincidono sono di modesta capacità distintiva.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 482 936

Castellari Holding S.r.l., Via Provinciale Granarolo, 139, 48018 Faenza (RA), Italia (opponente), rappresentata da Giambrocono & C. S.p.A., Galleria Cavour, 2, 42100 Reggio Emilia, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Mokabar di Bertolino Ermenegildo e C. S.n.c., Via Stradella 238/5, 10147 Torino, Italia (richiedente), rappresentata da Simona Calò, Corso Galileo Ferraris n. 123 bis, 10128 Torino, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 04/11/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

L’opposizione n. B 2 482 936 è totalmente respinta.

L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 494 018. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 11 480 472. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 11 480 472

a) I prodotti e servizi

I prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 11:      Macchine per caffè, the, tisane.

Classe 30:       Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè, tisane, orzo per l’alimentazione umana, camomille; gelati; zucchero, miele; cialde e capsule per caffè, tè e loro succedanei, tisane, orzo e camomille; cioccolato e prodotti di pasticceria e confetteria; creme al caffè e preparati, cialde e capsule per realizzare le stesse.

Classe 35:       Servizi di vendita al dettaglio, anche on-line, di macchine per caffè, the, tisane; caffè, tè, cacao e succedanei del caffè, tisane, orzo per l’alimentazione umana, camomille; gelati; zucchero, miele; cialde e capsule per caffè, tè e loro succedanei, tisane, orzo e camomille; cioccolato e prodotti di pasticceria e confetteria; creme al caffè e preparati, cialde e capsule per realizzare le stesse.

Classe 43:       Servizi di ristorazione quali bar, ristoranti e pasticcerie.    

 I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

Classe 30:       Caffè; miscele di caffè; caffè in chicchi; caffè macinato; caffè aromatizzato; caffè decaffeinato; caffè in forma macinata; caffè [tostato, in polvere, in grani o come bevanda].

Classe 35:       Vendita al dettaglio di prodotti alimentari; servizi pubblicitari, di ricerche di mercato e promozionali; informazioni e consulenza commerciale ai consumatori.

Classe 40:      Lavorazione e torrefazione del caffè.

 Alcuni dei prodotti e servizi contestati sono identici ai prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti e servizi sopra elencati. L’esame dell’opposizione verrà quindi effettuato come se tutti i prodotti e servizi contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore.

 

b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti e servizi considerati identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

c) I segni

 

MOKADOR
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Unione europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo. Il segno contestato è un marchio figurativo costituito dal termine “Mokabar” riprodotto in caratteri di fantasia di colore bianco dalla forma arrotondata posti su di uno sfondo rosso. Al di sotto di questi elementi si trova la dicitura “coffee is our passion”, riprodotta utilizzando caratteri minuscoli di colore rosso.

 

I marchi in disputa non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

L’elemento ‘MOKA’ del marchio anteriore verrà riconosciuto dai consumatori come  una variante grafica di moca, che è il nome dato in commercio a un tipo molto diffuso di caffettiera per uso domestico, solitamente in duralluminio, dalla caratteristica forma a due tronchi di piramide, per lo più ottagonale, che si uniscono mediante avvitamento delle due basi minori o, in alternativa, un tipo di caffè pregiato, a grani piccoli e tondeggianti, proveniente dalla città di Moca (arabo Mokkā), nello Yemen (per entrambe queste definizioni, vedasi il Vocabolario online Treccani). Ciò vale sia per i consumatori di lingua italiana che per i restanti consumatori, in considerazione del fatto che gli equivalenti in altre lingue europee sono identici o assai simili, come nel caso, ad esempio del termine mocha in inglese o moca in spagnolo. Tenendo a mente che i prodotti e servizi relativi sono o possono riguardare caffè, questo elemento è di modesta capacità distintiva per la totalità di essi.

 

Per quanto riguarda il marchio impugnato, una distinzione deve essere tracciata tra il pubblico di lingua inglese che comprenderà gli elementi verbali del marchio nella loro interezza e i consumatori che, al contrario, solo comprenderanno parte dei suddetti elementi verbali.

 

La parte di pubblico di lingua inglese percepirà il termine “MOKABAR” come composto dai termini “MOKA”, nel senso visto poc’anzi per quanto concerne il marchio anteriore, e “BAR”, nel senso, tra gli altri, di esercizio pubblico in cui si sosta brevemente per consumare bevande, dolci e cibi leggeri stando in piedi, o seduti su alti sgabelli, presso il bancone di mescita che separa gli avventori dal personale di servizio. Per quanto riguarda i restanti elementi verbali, ovvero “coffee is our passion”, essi saranno intesi come una frase traducibile come “il caffè è la nostra passione”, e quindi come uno slogan di carattere meramente elogiativo dell’attività aziendale.

 

Tenendo a mente che i prodotti e servizi relativi sono caffè o servizi che possono avere ad oggetto il caffè e la sua vendita, lavorazione e promozione nelle classi 30, 35 e 40, tutti questi elementi sono di modesta capacità distintiva per questi prodotti e servizi.

 

Per quanto riguarda la restante parte di pubblico rilevante, ovvero quella che non domina la lingua inglese, la differenza nel grado di comprensione è alterata dal fatto che non tutti gli elementi del marchio impugnato saranno intesi. Se infatti gli elementi “MOKABAR” e “coffee” saranno praticamente intesi da tutti i consumatori rilevanti, o per la presenza di detti termini o termini molto simili aventi il medesimo contenuto semantico anche nelle altre lingue, i restanti termini saranno visti come privi di significato, con l’eccezione del termine “passion”, che è simile ai suoi equivalenti in lingue quali, ad esempio,  l’italiano e lo spagnolo. Per quanto riguarda questa seconda parte del pubblico di rilevante ad avere modesta capacità distintiva sono quindi solo gli elementi “MOKABAR” e “coffee”, anche in questo caso per quanto concerne la totalità dei prodotti e servizi.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere, per quanto nel caso del marchio impugnato, in caratteri di fantasia, “MOKA” e “R” degli elementi “MOKADOR” e “MOKABAR”. Per quanto riguarda il termine “MOKA”, si tenga tuttavia presente che detto termine è di modesta capacità distintiva per la totalità del pubblico rilevante. Al contrario, i marchi differiscono nelle lettere “-DO-“ del marchio anteriore e “-BA” e “coffee is our passion” del marchio impugnato. È poi vero che le prime parti dei marchi in conflitto sono identiche. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore. Tuttavia, proprio le parti che coincidono dei segni presentano modesta capacità distintiva.

 

Pertanto, i segni sono simili in ridotta misura.

 

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “MOKA” e dell’ultima lettera “R” dei termini “MOKADOR” e “MOKABAR”, presenti in modo identico in entrambi i segni. È pero da tenere in conto che per quanto riguarda le lettere “MOKA”, esse fanno parte di un termine che sarà estrapolato dai consumatori e da considerarsi di modesta capacità distintiva. La pronuncia differisce nel suono delle lettere ‘”DO” del segno anteriore e “BA” e “coffee is our passion” del marchio impugnato. Pertanto, i segni sono simili in ridotta misura.

 

Sotto il profilo concettuale, i marchi coincidono nel contenuto semantico del termine “MOKA”, il quale è tuttavia, come visto poc’anzi, un termine di modesta capacità distintiva. Al contrario, essi differiscono nei restanti termini del marchio impugnato, i quali sono o deboli nella loro totalità (per quanto riguarda il pubblico che ha una certa dimestichezza con la lingua inglese) o almeno in parte.  In tal senso, i segni sono quindi concettualmente simili in ridotta misura.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale, nonostante la presenza in esso di un elemento di modesta capacità distintiva, secondo quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente decisione.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I marchi in conflitto presentano solo limitate somiglianze. In particolare, essi sono simili in ridotta misura sia da un punto di vista visivo che fonetico e concettuale.

 

Gli elementi di maggior spicco che essi hanno in comune, ovvero le prime quattro lettere “MOKA” che  costituiscono il principio dei termini “MOKADOR” del marchio anteriore e “MOKABAR” del marchio impugnato, verranno senza dubbio riconosciuti dalla totalità del pubblico rilevante come elementi di limitata capacità distintiva a causa dei significati, strettamente legati al caffè, che ad essi verranno associati.

 

Per quanto riguarda quella parte del pubblico che non ha dimestichezza con la lingua inglese, si riscontrano nel marchio impugnato alcuni elementi che indubbiamente giocano un ruolo di rilievo nel rendere i marchi distinguibili. I termini “is” and “our”, e anche il termine “passion” anche per quella parte del pubblico che lo assocerà al concetto di “passione”, non presentano infatti alcun legame con i prodotti e servizi oggetto di protezione dei marchi in conflitto. È quindi opinione della Divisione d’Opposizione che per questa parte del pubblico non sussista alcun rischio di confusione, anche e soprattutto in virtù del fatto che gli elementi che coincidono sono di modesta capacità distintiva.

 

Ciò pare altresì applicabile ai consumatori di lingua inglese, i quali comprenderanno tutti gli elementi del marchio impugnato. Per essi, tuttavia, il marchio impugnato presenta modesta capacità distintiva nella sua interezza. Di fondamentale rilevanza diventano quindi le differenze che si riscontrano in quegli elementi che non sono in grado di evocare alcun contenuto semantico, quali ad esempio le ultime tre lettere del marchio anteriore, ovvero “DOR”.

 

È pertanto fuor di dubbio che gli elementi aggiuntivi e differenti dei marchi sono chiaramente percettibili, anche tenendo conto del fatto che gli elementi comuni presentano un carattere distintivo limitato per il pubblico di riferimento, indipendentemente dal grado di comprensione della lingua inglese.

 

Da quanto sopra consegue che le somiglianze esistenti tra i segni riguardano elementi che hanno un rilievo secondario nell’impressione generale prodotta dai segni stessi. Pertanto, le somiglianze non sono sufficienti a causare un rischio di confusione da parte del pubblico.

 

 

Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti e servizi fossero identici non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.

 

 

L’opponente ha basato l’opposizione anche sui seguenti marchi anteriori:

 

  • La registrazione internazionale del marchio n. 787 399 per il marchio figurativo che designa Spagna, Austria, Regno Unito, Romania, Danimarca, Polonia, Benelux, Grecia, Finlandia, Germania, Francia, Svezia.
  • La registrazione internazionale del marchio n. 881 659 per il marchio figurativo che designa Spagna, Austria, Regno Unito, Romania, Bulgaria, Polonia, Benelux, Croazia, Grecia, Finlandia, Germania, Francia.
  • La registrazione di marchio italiano n. BO2014C000753 per il marchio figurativo .

Gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente sono meno simili al marchio contestato, dato che contengono elementi verbali e figurativi aggiuntivi quali il termine “Castellari” o la raffigurazione stilizzata di una persona seduta che non sono presenti nel marchio contestato. Inoltre, essi coprono un elenco più ristretto di prodotti. Pertanto, il risultato non può essere diverso in relazione ai prodotti e servizi per i quali l’opposizione è già stata respinta. Di conseguenza, in relazione a tali prodotti e servizi, il rischio di confusione non sussiste.

 

Poiché l’opposizione è priva di fondamento ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, non è necessario esaminare la prova dell’uso presentata dall’opponente.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

Karin KUHL Andrea VALISA Michele M.BENEDETTI-ALOISI

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).

 




ART BRACE contro M BRACE – Divisione d’Opposizione EUIPO 27.10.2016

ART BRACE contro M BRACE  – Divisione d’Opposizione EUIPO 27.10.2016

marchio ART BRACE contro  contro marchio M BRACE

Nel presente caso, l’opposizione è basata su una registrazione di marchio internazionale estesa alla Francia e l’opponente non ha prodotto, entro i termini prescritti, nessun documento attestante la relativa registrazione

Conformemente alla regola 20, paragrafo 1, REMUE, se entro il termine di cui alla regola 19, paragrafo 1, REMUE l’opponente non ha provato l’esistenza, la validità e la portata della protezione del suo marchio anteriore ART BRACE o del suo diritto anteriore, nonché il suo diritto a proporre l’opposizione, l’opposizione viene respinta in quanto infondata.

TESTO DELLA DECISIONE

OPPOSIZIONE N. B 2 654 518

Lecante S.A., 125 rue Bataille, 69008 Lione, Francia (opponente), rappresentata da Colbert Innovation -Roosevelt Consultants, 139, rue Vendôme, 69477 Lione Cédex 06, Francia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Indaco S.r.l., Contrada Iscalunga snc, 85020 Filiano PZ, Italia (richiedente), rappresentata da Perani & Partners Spa, Piazza San Babila, 5, 20122 Milano, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 27/10/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 654 518 è totalmente respinta.

 

  1. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti  della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 811 954, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 10. L’opposizione si basa, sulla registrazione di marchio internazionale n. 1 259 815 che designa la Francia e copre la classe 10. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), RMUE.

 

PROVA DELL’ESISTENZA E VALIDITÀ DEL DIRITTO ANTERIORE

 

Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE, nel corso del procedimento l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, nei procedimenti concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.

Ne discende che l’Ufficio non può tenere conto di diritti asseriti per i quali l’opponente non abbia prodotto prove adeguate.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 1, REMUE, l’Ufficio dà alla parte opponente l’opportunità di presentare i fatti, le prove e le osservazioni a sostegno della sua opposizione o di completare eventuali fatti, prove od osservazioni che siano già stati presentati insieme con l’atto di opposizione entro un termine fissato dall’Ufficio.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 2, REMUE, entro il termine di cui sopra, l’opponente deposita inoltre le prove dell’esistenza, della validità e della portata della protezione del suo marchio anteriore o diritto anteriore, nonché la prova del suo diritto a proporre opposizione

In particolare, se l’opposizione è basata su un marchio registrato che non è un marchio dell’Unione europea, l’opponente deve presentare una copia del relativo certificato di registrazione ed eventualmente dell’ultimo certificato di rinnovo, da cui risulti che il periodo di protezione del marchio si estende oltre il termine di cui al paragrafo 1, e le eventuali proroghe, o i documenti equivalenti, rilasciati dall’amministrazione dalla quale il marchio è stato registrato regola 19, paragrafo 2, lettera a), punto ii), REMUE

Nel presente caso, non sono state accluse all’atto di opposizione prove riguardanti il marchio anteriore sul quale si basa l’opposizione.

In data 30/05/2016 sono stati concessi all’opponente due mesi, a decorrere dalla fine del periodo di riflessione, per presentare il materiale probatorio di cui sopra. Questo termine è scaduto in data 11/10/2016.

Nel presente caso, l’opposizione è basata su una registrazione di marchio internazionale estesa alla Francia e l’opponente non ha prodotto, entro i termini prescritti, nessun documento attestante la relativa registrazione

Conformemente alla regola 20, paragrafo 1, REMUE, se entro il termine di cui alla regola 19, paragrafo 1, REMUE l’opponente non ha provato l’esistenza, la validità e la portata della protezione del suo marchio anteriore o del suo diritto anteriore, nonché il suo diritto a proporre l’opposizione, l’opposizione viene respinta in quanto infondata.

L’opposizione deve pertanto essere respinta in quanto infondata

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

La Divisione d’Opposizione

 

Jessica LEWIS Claudia ATTINÀ Ana MUÑIZ RODRÍGUEZ

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




MILLE912 contro MILLE968 – Divisione d’Opposizione EUIPO 27.10.2016

MILLE912 contro MILLE968 – Divisione d’Opposizione EUIPO 27.10.2016

marchio MILLE912 contro  contro marchio MILLE968

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo consistente nella combinazione della parola ‘MILLE’ e il numero ‘912’.  

Il marchio anteriore appare sia come marchio denominativo, ‘mille912’, sia come marchio figurativo insieme ad altre designazioni, come “CIOCCA”, , e “PRODOTTO ORIGINALE ITALIANO”.

Il segno contestato è un marchio figurativo consistente nella combinazione della parola ‘Mille’ in caratteri lievemente stilizzati e il numero ‘968’ sottolineato con una linea nera. Questi elementi di colore nero, sono presentati su uno sfondo rettangolare grigio.

I prodotti sui quali si basa l’opposizione e per i quali l’opponente ha provato l’uso effettivo, sono i seguenti:

Classe 25: Calze, calzini. I prodotti coperti dal marchio contestato in questa classe sono ritenuti dissimili dai prodotti dell’opponente calze e calzini, che sono utilizzati per coprire e proteggere dalle intemperie determinate parti del corpo umano. I prodotti in questione sono utilizzati per scopi del tutto diversi (articoli per il viaggio o il trasporto di vari tipi di oggetti, protezione dalla pioggia/dal sole, ausilio per la deambulazione, aiuto nel controllo e/o nella guida di animali, rispetto alla copertura/protezione del corpo umano) e differiscono nella loro natura. Questi prodotti non soddisfano le stesse esigenze e normalmente non sono distribuiti negli stessi punti vendita né sono realizzati dagli stessi fabbricanti. Questi prodotti non sono né in competizione né sono complementari. Di conseguenza essi sono considerati dissimili.

I calzini sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti e servizi.

I calzini per lo sport contestati sono compresi nell’ ampia categoria dei calzini dell’opponente. Pertanto, sono identici.

La Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico di riferimento per i prodotti e servizi reputati identici e simili e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio italiano dell’opponente.

 

TESTO DELLA DECISIONE

 

OPPOSIZIONE N. B 2 496 357

 

Ciocca S.p.A., Via L.Ciocca, 11, 25027 Quinzano d’Oglio (BS), Italia (opponente), rappresentata da Racheli S.R.L., Viale San Michele del Carso, 4, 20144 Milano, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Due SRL, via Martiri della Liberta 16, 47521 Cesena, Italia (richiedente), rappresentata da Bugnion S.P.A., Via A. Valentini, 11/15, 47922 Rimini, Italia, (rappresentante professionale).

 

Il 27/10/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 496 357 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti e servizi contestati:

 

Classe 25: Abbigliamento casual; abbigliamento da uomo; abbigliamento per ginnastica; bandane [foulards]; bavaglini in tessuto; bavaglini non di carta; biancheria da notte; biancheria intima; biancheria intima per neonati; calzini; calzini per lo sport; calzoncini; camicie per completi da uomo; camicie sportive a maniche corte; canottiere; cinture [abbigliamento]; completi per motociclisti; corredini da neonato; costumi da bagno; fasce per i polsi; fazzoletti [abbigliamento]; giacche da sera; giacche da smoking; giarrettiere; giubbotti; gilet; gonne; impermeabili [giacche]; maglie per tute da ginnastica; magliette; magliette con cappuccio; maglie sportive; mutandine per bebè; pantaloncini della tuta; parka; passamontagna; pellicce; pigiama; salopette; scaldacollo; scaldamani [abbigliamento]; scaldamuscoli; scarpe da ginnastica [calzature]; spolverini; stole; tute da corsa; tute da jogging [abbigliamento]; vestaglie; vestiti a tubino; berrette [cuffie]; cappelli da pioggia; cappelli da sole; cappelli da spiaggia; cappelli di lana; cappelli per bambini; visiere; ballerine [calzature]; calzature da uomo e da donna; calzature per bambini; calzature per neonati; ciabattine infradito; espadrillas; scarpe con tacco alto; scarpe da ballo; scarpe da ginnastica; zoccoli [calzature]; stivaletti; stivali; stivaletti con lacci; stivali da donna; stivali per motociclisti; scarponcini; pantofole.

 

Classe 35: Servizi di vendita al dettaglio in materia di abbigliamento

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 578 489 è respinta per tutti i prodotti e servizi suindicati. Si può procedere per i restanti prodotti e servizi.

 

  1. Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 578 489, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nelle classi 18 e 25 e una parte dei servizi nella classe 35. L’opposizione si basa, sulla registrazione di marchio Italiano n. 1 482 620. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera  b), RMUE e l’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

PROVA DELL’USO

 

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, RMUE, su istanza del richiedente, il titolare di un marchio anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione del marchio impugnato, il marchio anteriore è stato seriamente utilizzato nei territori in cui è tutelato per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione.

Secondo la medesima disposizione, in mancanza di tale prova l’opposizione è respinta.

Il richiedente ha chiesto all’opponente di presentare la prova dell’uso del marchio sul quale si basa l’opposizione, ovvero il marchio italiano n. 1 482 620.

La richiesta è stata presentata a tempo debito ed è ammissibile, dato che il marchio anteriore era stato registrato più di cinque anni prima della pubblicazione della domanda contestata

Il marchio contestato è stato pubblicato il 19/12/2014. L’opponente doveva pertanto dimostrare che il marchio verbale MILLE912 sul quale si basa l’opposizione ha formato oggetto di un uso effettivo e serio in Italia dal 19/12/2009 al 18/12/2014 compreso. Le prove devono altresì dimostrare l’uso del marchio in relazione ai prodotti sui quali si basa l’opposizione, in particolare:

Classe 25:  Articoli di abbigliamento, scarpe e cappelleria.

 

Conformemente alla regola 22, paragrafo 3, REMUE, le prove relative all’uso consistono in indicazioni riguardanti il luogo, il tempo, l’estensione e la natura dell’utilizzazione del marchio dell’opponente, per i prodotti e i servizi rispetto ai quali esso è stato registrato e sui quali si basa l’opposizione.

 

Ai sensi della regola 22, paragrafo 2, REMUE, l’Ufficio, ha concesso all’opponente fino all’ 11/12/2015 per presentare le prove dell’uso del marchio anteriore. L’opponente ha presentato alcune prove d’uso l’11/12/2015 (entro il termine).

 

Poiché l’opponente ha richiesto che vengano mantenuti confidenziali, rispetto a terzi, alcuni dei dati commerciali contenuti nel materiale probatorio, la Divisione di Opposizione fornirà una descrizione delle prove in termini generali, senza divulgare tali dati.

 

Le prove d’uso da prendere in considerazione sono le seguenti:

 

  • Estratti dal sito web dell’opponente www.ciocca.it, contenenti fotografie e informazioni riguardanti calze e calzini su cui è visibile il marchio anteriore ‘mille912’. Tali estratti sono in lingua italiana e includono anche riferimenti alla storia e l’attività dell’opponente.

 

  • Cataloghi delle collezioni Primavera-Estate e Autunno-Inverno della collezione MILLE912, per gli anni 2010, 2011, 2013 e 2014. Su questi documenti sono visibili immagini dei prodotti dell’opponente, in particolare calze e calzini per uomo, donna e bambino, in diversi modelli e fantasie, su cui è apposto il marchio ‘Mille912’ nella seguente forma, o insieme ad altri termini descrittivi nella stessa etichetta, come ‘caldo cotone’ , ‘caldo cotone lycra’ , prodotto originale italiano , etc. In questi documenti appaiono inoltre informazioni sui prodotti in questione, come per esempio i codici dei prodotti, informazioni sulla loro composizione, le taglie, colori, ecc. Tali documenti sono tutti in lingua italiana.

 

  • Listino prodotti Primavera-Estate/Autunno-Inverno della collezione MILLE912 per gli anni 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014, in italiano, contenenti informazioni come codici dei prodotti riportati anche nelle fatture e nei cataloghi, con una legenda che spiega il significato di tali codici, taglie, colore, composizione degli articoli, ecc. Il marchio anteriore appare sia come marchio denominativo, ‘mille912’, sia come marchio figurativo insieme ad altre designazioni, come “CIOCCA”, , e “PRODOTTO ORIGINALE ITALIANO”.

 

  • Un gran numero di fatture, in italiano, datate tra il 2010 e il 2014. Le fatture riportano il nome dell’opponente e i codici dei prodotti, che sono presenti anche nei listini prezzi e cataloghi. Tali fatture sono indirizzate a clienti in numerose città italiane.

 

  • Riepilogo del fatturato vendite per la collezione “MILLE912”, per gli anni 2010-2014.

 

  • Alcuni esempi di etichette e fotografie in bianco e nero del packaging dei prodotti in questione. Seppure alcuni di questi documenti siano scarsamente leggibili, su alcuni di essi si può apprezzare il marchio ‘mille912’ insieme al nome dell’opponente, “CIOCCA”.

 

 

I listini prezzi, i cataloghi e le fatture dimostrano che il luogo in cui l’uso è avvenuto è l’Italia. Tale circostanza può essere dedotta dalla lingua in cui sono redatti i documenti (italiano), dalla valuta menzionata (Euro) e dai numerosi indirizzi in Italia. Pertanto, le prove si riferiscono al territorio di riferimento.

 

La maggior parte delle prove recano una data che rientra nel periodo di riferimento.

 

I documenti presentati, e in particolare le fatture, forniscono alla Divisione d’Opposizione informazioni sufficienti sul volume commerciale, sull’ambito territoriale, sulla durata e sulla frequenza dell’uso.

 

Nel contesto della regola 22, paragrafo 3, REMUE, l’espressione “natura dell’utilizzazione” comprende la prova dell’uso in commercio del segno come marchio, o, dell’uso del marchio nella forma in cui è stato registrato, o di una sua variante in conformità all’articolo 15, paragrafo 1, comma 2, lettera a), RMUE, e del suo uso per i prodotti e i servizi per i quali è registrato.

 

Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, comma 2, lettera a), RMUE, si considera come “uso” ai sensi del paragrafo 1 l’utilizzazione del marchio dell’Unione europea in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato, a prescindere dal fatto che il marchio sia o no registrato nella forma in cui è usato a nome del titolare. Qualora di debba valutare l’uso di una registrazione anteriore ai fini dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, RMUE, è possibile applicare in via analogica l’articolo 15 per verificare se, dal punto di vista della natura dell’utilizzazione, l’uso del segno costituisce o meno un uso effettivo e serio del marchio anteriore.

 

Nel presente caso, il marchio anteriore è un marchio verbale MILLE912 usato in forma figurativa come  o . Il marchio anteriore, dunque, appare chiaramente usato come registrato, essendo i caratteri usati non particolarmente fantasiosi. Inoltre, il fatto che il marchio anteriore sia usato insieme alla parola “CIOCCA” che corrisponde al nome dell’opponente, non significa che il marchio non sia stato usato come registrato, in quando l’opponente non è obbligato a dimostrare l’uso del marchio da solo. Due o più marchi possono essere utilizzati insieme in modo autonomo, o con il nome commerciale, senza che questo alteri il carattere distintivo del marchio cosi come registrato (T‑463/12, MB, EU:T:2014:935, § 43).

 

Quanto alla presenza di altre indicazioni che accompagnano il marchio anteriore nei documenti apportati, come “PRODOTTO ORIGINALE ITALIANO”, “CALDO COTONE” o “CALDO COTONE LYCRA” non sono ritenuti in grado di alterare il carattere distintivo del marchio in questione, in quanto innanzitutto appaiono in una posizione secondaria e in dimensioni notevolmente ridotte rispetto al marchio ‘Mille912’, e, inoltre queste indicazioni, che sono in italiano, ovvero nella lingua del territorio rilevante, sono chiaramente descrittive delle qualità o caratteristiche dei prodotti di specie. Inoltre, gli elementi figurativi quali le rappresentazioni di calzini apposte sotto il marchio ‘mille912’ sono chiaramente descrittivi del tipo di prodotti cui il marchio è applicato, ovvero calze e calzini.

 

Alla luce di quanto precede, la Divisione d’Opposizione ritiene che le prove presentate dimostrino l’uso del segno nella forma in cui esso è stato registrato, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1), secondo comma, lettera a), RMUE.

 

La Corte di Giustizia ha statuito che si ha “uso effettivo” del marchio allorché questo assolve alla sua funzione essenziale che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio. Inoltre, il requisito relativo all’uso effettivo del marchio richiede che questo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l’esterno (11/03/2003, C‑40/01, Minimax, EU:C:2003:145, e 12/03/2003, T‑174/01, Silk Cocoon, EU:T:2003:68).

 

Tuttavia, le prove presentate dall’opponente non dimostrano un uso effettivo e serio del marchio in relazione a tutti i prodotti da esso coperti, in quanto non vi è nessun riferimento, nella documentazione apportata, ad articoli di cappelleria e calzature.

 

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, RMUE, se il marchio dell’Unione europea anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.

 

 

La giurisprudenza ha stabilito che, nell’applicare tale disposizione, si deve tenere conto di quanto segue:

 

“…qualora un marchio sia stato registrato per una categoria di prodotti o servizi sufficientemente ampia affinché nel suo ambito possano essere distinte varie sotto categorie inquadrabili autonomamente, la prova della seria utilizzazione del marchio per una parte di tali prodotti o servizi comporta la tutela, nell’ambito di un procedimento di opposizione, unicamente per la sotto categoria cui appartengono i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato effettivamente utilizzato. Per contro, qualora un marchio sia stato registrato per prodotti o servizi definiti in modo talmente preciso e circoscritto che non sia possibile operare suddivisioni significative all’interno della relativa categoria, in tal caso, la prova della seria utilizzazione del marchio per tali prodotti o servizi ricomprende necessariamente, ai fini dell’opposizione, l’intera categoria medesima.

 

Infatti, se è pur vero che la nozione di uso parziale è diretta a non rendere indisponibili marchi di cui non si sia fatto uso per una determinata categoria di prodotti, tale nozione non deve tuttavia produrre l’effetto di privare il titolare del marchio anteriore di qualsiasi protezione per prodotti che, senza essere rigorosamente identici a quelli per i quali ha potuto provare una seria utilizzazione, non differiscono sostanzialmente da questi ed appartengono ad uno stesso gruppo non altrimenti suddivisibile se non in modo arbitrario. A tal riguardo si deve rilevare che è praticamente impossibile per il titolare di un marchio fornire la prova dell’uso del marchio medesimo per tutte le varianti immaginabili dei prodotti oggetto di registrazione. Conseguentemente, la nozione di «parte dei prodotti o dei servizi» non può essere intesa nel senso di tutte le declinazioni commerciali di prodotti o servizi analoghi, bensì unicamente nel senso di prodotti o servizi sufficientemente differenziati da poter costituire categorie o sotto categorie coerenti.”

 

(14/07/2005, T‑126/03, Aladin, EU:T:2005:288).

 

Nel presente caso, le prove dimostrano l’uso del marchio solo per calze e calzini. Tali prodotti possono essere obiettivamente considerati come una sottocategoria degli articoli di abbigliamento. Pertanto, la Divisione d’Opposizione ritiene che le prove dimostrino l’uso effettivo del marchio solo per calze e calzini.

 

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione e per i quali l’opponente ha provato l’uso effettivo, sono i seguenti:

 

Classe 25: Calze, calzini.

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 18: Astucci in pelle per chiavi; bagagli; bagagli a mano; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; borse da palestra; borse da lavoro; borse a tracolla per portare bambini; borse a tracolla; borse a spalla; borse da viaggio in pelle per abiti; borselli da uomo; custodie per cravatte; custodie per carte di credito; custodie per biglietti da visita; portabanconote; portafogli; zainetti; zaini; zaini per trasportare neonati; valigie a rotelle; borsellini da cintura; custodie per ombrelloni; ombrelli per bambini; ombrelloni da spiaggia [ombrelloni da spiaggia]; parapioggia.

 

Classe 25: Abbigliamento casual; abbigliamento da uomo; abbigliamento per ginnastica; bandane [foulards]; bavaglini in tessuto; bavaglini non di carta; biancheria da notte; biancheria intima; biancheria intima per neonati; calzini; calzini per lo sport; calzoncini; camicie per completi da uomo; camicie sportive a maniche corte; canottiere; cinture [abbigliamento]; completi per motociclisti; corredini da neonato; costumi da bagno; fasce per i polsi; fazzoletti [abbigliamento]; giacche da sera; giacche da smoking; giarrettiere; giubbotti; gilet; gonne; impermeabili [giacche]; maglie per tute da ginnastica; magliette; magliette con cappuccio; maglie sportive; mutandine per bebè; pantaloncini della tuta; parka; passamontagna; pellicce; pigiama; salopette; scaldacollo; scaldamani [abbigliamento]; scaldamuscoli; scarpe da ginnastica [calzature]; spolverini; stole; tute da corsa; tute da jogging [abbigliamento]; vestaglie; vestiti a tubino; berrette [cuffie]; cappelli da pioggia; cappelli da sole; cappelli da spiaggia; cappelli di lana; cappelli per bambini; visiere; ballerine [calzature]; calzature da uomo e da donna; calzature per bambini; calzature per neonati; ciabattine infradito; espadrillas; scarpe con tacco alto; scarpe da ballo; scarpe da ginnastica; zoccoli [calzature]; stivaletti; stivali; stivaletti con lacci; stivali da donna; stivali per motociclisti; scarponcini; pantofole.

 

Classe 35: Servizi di vendita al dettaglio in materia di abbigliamento.

 

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Prodotti contestati in classe 18

 

I prodotti coperti dal marchio contestato in questa classe sono ritenuti dissimili dai prodotti dell’opponente calze e calzini, che sono utilizzati per coprire e proteggere dalle intemperie determinate parti del corpo umano. I prodotti in questione sono utilizzati per scopi del tutto diversi (articoli per il viaggio o il trasporto di vari tipi di oggetti, protezione dalla pioggia/dal sole, ausilio per la deambulazione, aiuto nel controllo e/o nella guida di animali, rispetto alla copertura/protezione del corpo umano) e differiscono nella loro natura. Questi prodotti non soddisfano le stesse esigenze e normalmente non sono distribuiti negli stessi punti vendita né sono realizzati dagli stessi fabbricanti. Questi prodotti non sono né in competizione né sono complementari. Di conseguenza essi sono considerati dissimili.

 

 

Prodotti contestati in classe 25

 

I calzini sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti e servizi.

 

I calzini per lo sport contestati sono compresi nell’ ampia categoria dei calzini dell’opponente. Pertanto, sono identici.

 

I prodotti contestati abbigliamento casual; abbigliamento da uomo; abbigliamento per ginnastica includono, in quanto categorie più ampie le calze e i calzini dell’opponente. Dal momento che la divisione d’opposizione non può scorporare ex officio le  ampie categorie di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente.

 

I prodotti contestati bandane [foulards]; bavaglini in tessuto; bavaglini non di carta; biancheria da notte; biancheria intima; biancheria intima per neonati; calzoncini; camicie per completi da uomo; camicie sportive a maniche corte; canottiere; cinture [abbigliamento]; completi per motociclisti; corredini da neonato; costumi da bagno; fasce per i polsi; fazzoletti [abbigliamento]; giacche da sera; giacche da smoking; giarrettiere; giubbotti; gilet; gonne; impermeabili [giacche]; maglie per tute da ginnastica; magliette; magliette con cappuccio; maglie sportive; mutandine per bebè; pantaloncini della tuta; parka; passamontagna; pellicce; pigiama; salopette; scaldacollo; scaldamani [abbigliamento]; scaldamuscoli; spolverini; stole; tute da corsa; tute da jogging [abbigliamento]; vestaglie; vestiti a tubino sono simili ai prodotti dell’opponente calze e calzini, in quanto sono prodotti dalle stesse compagnie, venduti negli stessi punti vendita, si dirigono allo stesso pubblico di consumatori e condividono la stessa finalità d’uso, ovvero essere indossati come articoli di abbigliamento.

 

I prodotti scarpe da ginnastica [calzature]; ballerine [calzature]; calzature da uomo e da donna; calzature per bambini; calzature per neonati; ciabattine infradito; espadrillas; scarpe con tacco alto; scarpe da ballo; scarpe da ginnastica; zoccoli [calzature]; stivaletti; stivali; stivaletti con lacci; stivali da donna; stivali per motociclisti; scarponcini; pantofole contestati hanno la medesima finalità degli articoli di abbigliamento in generale, entrambi sono usati per coprire e proteggere dalle intemperie delle parti del corpo umano e sono al tempo stesso degli articoli di moda. Spesso tali prodotti si trovano negli stessi punti vendita. I consumatori che intendono acquistare degli articoli di abbigliamento di solito si aspettano di trovare le calzature nello stesso reparto o nello stesso negozio e viceversa. Inoltre, è cosa comune per produttori e designer concepire e realizzare sia articoli di abbigliamento come calze e calzini che i vari tipi di calzature enumerati sopra. Di conseguenza, i prodotti dell’opponente e i prodotti contestati in questione sono simili.

 

I prodotti coperti dalla domanda berrette [cuffie]; cappelli da pioggia; cappelli da sole; cappelli da spiaggia; cappelli di lana; cappelli per bambini; visiere e le calze e i calzini coperti dal marchio anteriore simili. Essi hanno infatti lo stesso scopo, in particolare per quanto riguarda quei tipi di abbigliamento che si ritiene offrano protezione contro le intemperie. Inoltre, gli articoli di cappelleria non sono considerati solo come un mezzo per proteggere il capo dalle intemperie, ma anche come articoli di moda che possono essere abbinati ad un completo. Per questo motivo gli articoli di cappelleria sono talvolta scelti come complementi d’abbigliamento. Inoltre, i canali di distribuzione dei prodotti in questione coincidono e i loro punti vendita al dettaglio o i reparti di grandi magazzini in cui sono venduti sono spesso gli stessi, o quanto meno strettamente collegati. Tenuto conto di tutti questi fattori, gli articoli di cappelleria e le calze e i calzini sono considerati simili.

 

Prodotti contestati in classe 35

 

I servizi di vendita al dettaglio concernenti la vendita di specifici prodotti presentano un basso grado di somiglianza con tali prodotti. Sebbene la natura, la finalità e la modalità di utilizzazione di detti prodotti e servizi non siano le stesse, essi presentano alcune somiglianze dal momento che sono complementari e i servizi sono prestati generalmente negli stessi luoghi in cui i prodotti sono offerti in vendita. Inoltre, i prodotti ed i servizi in questione sono diretti al medesimo pubblico.

 

Pertanto, i servizi di vendita al dettaglio in materia di abbigliamento protetti dal marchio contestato presentano un basso grado di somiglianza con le calze e i calzini dell’opponente, che come sopra spiegato sono da ritenersi prodotti identici, essendo calze e calzini inclusi nella più ambia categoria di abbigliamento.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti e servizi che risultano essere identici o simili (in diversi gradi) sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

 

MILLE912   
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Italia.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo consistente nella combinazione della parola ‘MILLE’ e il numero ‘912’.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo consistente nella combinazione della parola ‘Mille’ in caratteri lievemente stilizzati e il numero ‘968’ sottolineato con una linea nera. Questi elementi di colore nero, sono presentati su uno sfondo rettangolare grigio.

 

 

Entrambi i marchi presentano la stessa struttura, ovvero la parola MILLE seguita da un numero a tre cifre. Vista la peculiare combinazione di parole e numeri, è plausibile considerare che entrambi i marchi verranno intesi come una formula di fantasia, rappresentante un numero però senza alcun altro significato. Infatti, risulta inverosimile pensare che tali combinazioni vengano associate ad altro significato come potrebbe essere un anno specifico, visto che la struttura propria dei marchi in questione non è quella abitualmente usata per riferirsi ad una data.

 

Nessuno dei marchi presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri o elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nella loro struttura, giacché sono entrambi composti da un elemento verbale ‘MILLE’ e un elemento numerico a tre cifre, ‘912’ e ‘968’, rispettivamente. In particolare, i segni coincidono nella parola ‘MILLE’ e nella prima cifra ‘9’. Tuttavia, essi differiscono nelle due cifre finali ‘-12’/’-68’ e nella stilizzazione e gli elementi figurativi del marchio contestato.

 

Le prime parti dei marchi in conflitto sono identiche. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Pertanto, i segni sono visivamente molto simili.

 

Sotto il profilo fonetico, il marchio anteriore verrà pronunciato come ‘mille-novecento dodici’ e il marchio contestato come ‘mille-novecento sessant’otto’. La pronuncia dei segni coincide nelle rispettive parti iniziali, “mille-novecento” e differisce negli elementi finali “dodici” e “sessant’otto”.

 

Pertanto, i segni sono foneticamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, come sopra esposto, il pubblico nel territorio di riferimento percepirà entrambi i segni come una rappresentazione alquanto originale di due numeri di quattro cifre, “MILLE912” (mille novecento dodici/1912) nel caso del marchio anteriore e “MILLE968” (mille novecento sessantotto/1968), nel caso della domanda di marchio.

 

Le prime parti dei marchi di riferiscono alla stessa parola MILLE e pertanto y marchi sono concettualmente simili ad un basso grado. .

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente ha affermato che il marchio anteriore possiede un carattere distintivo accresciuto, ma non ha presentato alcuna prova a sostegno di tale rivendicazione entro i termini previsti. A tal proposito, occorre rilevare che il termine concesso all’opponente per depositare fatti, prove ed osservazioni in sostegno all’opposizione, è scaduto in data 05/08/2015. Le uniche prove presentate dall’opponente e riguardanti l’uso del marchio anteriore sono state depositate l’11/12/2015, ovvero ben oltre il termine sopra menzionato. Ne segue che tali documenti non possono essere presi in considerazione per valutare il carattere distintivo accresciuto del marchio anteriore.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I prodotti e servizi sono stati considerati in parte identici, in parte simili (in diversa misura) ed in parte dissimili e sono diretti al grande pubblico. I marchi sono visivamente molto simili, foneticamente simili in media misura e concettualmente simili ad un basso grado.

 

I segni presentano significative somiglianze. Essi coincidono nella combinazione degli elementi ‘MILLE-9’, che rappresentano la parte iniziale di entrambi i marchi. Come visto sopra, i consumatori generalmente tendono a prestare più attenzione alla parte iniziale di un segno, in quanto il pubblico legge da sinistra a destra, il che rende la parte alla sinistra (la parte iniziale) quella che per prima attrae l’attenzione del consumatore. Conseguentemente, gli identici elementi iniziali dei marchi sono particolarmente importanti al momento di valutare il rischio di confusione tra i marchi.

 

Malgrado i segni in conflitto differiscano per le ultime due cifre ‘12’/’68’ e gli elementi figurativi del marchio contestato, occorre rilevare che tali elementi rivestono un ruolo di differenziazione limitato, atteso che non sono tali da riuscire a distogliere l’attenzione del consumatore medio dagli elementi figurativi e numerici che compongono il marchio.

 

Inoltre, occorre sottolineare che in genere, nei negozi di abbigliamento, i clienti possono scegliere da soli i capi che desiderano acquistare oppure possono farsi assistere dal personale preposto alla vendita. Benché la comunicazione orale relativa al prodotto e al marchio non sia esclusa, la scelta del capo di abbigliamento avviene, generalmente, su base visiva. Pertanto, la percezione visiva dei marchi in questione interverrà, di norma, prima dell’atto di acquisto. L’aspetto visivo riveste, quindi, maggiore importanza nella valutazione globale del rischio di confusione (06/10/2004, T‑117/03 – T‑119/03 & T‑171/03, NL, EU:T:2004:293, § 50). Di conseguenza, le notevoli somiglianze visive esistenti tra i segni, dovute ad una struttura pressoché identica e la presenza dei componenti ‘MILLE’ e ‘9-’ assumono uno speciale rilievo nella valutazione del rischio di confusione.

 

Occorre, altresì, considerare che il pubblico solo di rado ha la possibilità di confrontare direttamente in marchi, mentre solitamente, per distinguere un segno distintivo da un altro, deve basarsi su di un ricordo vago ed impreciso degli stessi (si veda sentenza del 22/06/1999, C-342/97, ‘Lloyd Schuhfabrik Meyer’, paragrafo 26).

 

Posto quanto sopra, debitamente considerato ogni fattore di rilevanza nel presente caso, ivi incluso il principio di interdipendenza a mente del quale un minor grado di somiglianza tra i marchi può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i prodotti e servizi (e viceversa), la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico di riferimento per i prodotti e servizi reputati identici e simili e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio italiano dell’opponente.

 

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti e servizi considerati identici o simili (in varia misura) a quelli del marchio anteriore.

 

I restanti prodotti contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti prodotti non può essere accolta.

 

 

 

NOTORIETÀ – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 5, RMUE

 

In conformità dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore registrato ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, RMUE, la registrazione del marchio impugnato è esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore, a prescindere dal fatto che i prodotti o i servizi per i quali si chiede la registrazione siano identici, simili o non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio impugnato possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.

 

Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE, nel corso del procedimento l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, nei procedimenti concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.

 

Ne discende che l’Ufficio non può tenere conto di diritti asseriti per i quali l’opponente non abbia prodotto prove adeguate.

 

Conformemente alla regola 19, paragrafo 1, REMUE, l’Ufficio dà alla parte opponente l’opportunità di presentare i fatti, le prove e le osservazioni a sostegno della sua opposizione o di completare eventuali fatti, prove od osservazioni che siano già stati presentati insieme con l’atto di opposizione entro un termine fissato dall’Ufficio.

 

Ai sensi della regola 19, paragrafo 2, lettera c), REMUE, se l’opposizione si basa su un marchio che gode di notorietà nel senso indicato all’articolo 8, paragrafo 5, RMUE, l’opponente deve fornire, tra l’altro, la prova da cui risulti che il marchio gode di notorietà, nonché la prova o le osservazioni da cui risulti che l’utilizzazione senza giusta causa del marchio impugnato costituirebbe indebito vantaggio o andrebbe a detrimento del carattere distintivo o della reputazione del marchio anteriore.

 

Nel caso specifico, e come già evidenziato nel capitolo d) relativo al carattere distintivo del marchio anteriore, l’atto di opposizione non è stato accompagnato da alcuna prova in merito all’asserita notorietà del marchio anteriore.

 

Il 31/03/2015 sono stati concessi all’opponente due mesi, a decorrere dalla scadenza del periodo di riflessione (cooling-off) per presentare il suddetto materiale. Tale termine è scaduto il 05/08/2015.

 

L’opponente ha presentato documenti volti a dimostrare l’uso del marchio anteriore in data 11/12/2015. Tali prove non possono essere prese in considerazione per valutare la notorietà del marchio anteriore, in quanto esse sono state depositate ben oltre la scadenza del suddetto limite di tempo.

 

Ai sensi della regola 19, paragrafo 4, REMUE, l’Ufficio non tiene conto delle osservazioni o dei documenti scritti, o di loro parti, che non siano stati presentati o non siano stati tradotti nella lingua della procedura entro il termine stabilito dall’Ufficio.

 

Dal momento che non si può tener conto delle suddette prove, l’opponente non ha potuto dimostrare che il marchio su cui si basa l’opposizione gode di notorietà.

 

Dal momento che uno dei necessari requisiti dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE non viene soddisfatto, l’opposizione dev’essere respinta in quanto infondata.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, RMUE, ove le parti risultino soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni, o qualora l’equità lo richieda, la Divisione d’Opposizione decide una ripartizione differente.

 

Poiché l’opposizione è stata accolta solo per una parte dei prodotti e servizi contestati, entrambe le parti sono risultate soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni. Di conseguenza, ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

Jessica LEWIS Claudia ATTINÀ Ana MUÑIZ RODRÍGUEZ

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.




EXPLORER CASES contro GIVI EXPLORER – Divisione d’Opposizione EUIPO 11.08.2016

EXPLORER CASES contro GIVI EXPLORER – Divisione d’Opposizione EUIPO 11.08.2016

L’opposizione è stata parzialmente accolta. Ad esempio per I Caschi di protezione per motociclisti sono copricapi di varia foggia, usati a scopo protettivo motociclisti, e hanno pertanto natura e funzione assolutamente diverse da tutti i prodotti dei marchi anteriori. Non c’è nessun rapporto di complementarietà tra di essi né di concorrenza. Inoltre essi sono prodotti da entità economiche specializzate nella costruzione di caschi le quali sono diverse da quelle che producono tutti i prodotti su cui si basa l’opposizione, che sono principalmente valigie, custodie di vario tipo e prodotti della Classe 9 che non hanno nulla in comune con i Caschi di protezione per motociclisti. Pertanto sono dissimili.

L’opposizione non è stata accolta per quanto concerne ad esempio I Contenitori portapacchi per veicoli terrestri sono fissati al tetto di un’automobile, o applicati al telaio delle biciclette, delle motociclette, servono a trasportare oggetti e hanno pertanto funzione e destinazione diverse, in particolare, dai contenitori non metallici in Classe 20 del marchio anteriore n. 1 478 893 dell’opponente che, invece, comprendono principalmente mobili e le loro parti e prodotti. Essi pertanto hanno diversa fonte produttiva e sono commercializzati attraverso diversi canali di distribuzione. Ciò vale, a maggior ragione, con riferimento agli altri prodotti del marchio anteriore. Pertanto sono dissimili.

OPPOSIZIONE N. B 2 528 605

G.T. Line – S.R.L., Via del Lavoro, 50-52, 40056 Crespellano (BO), Italia (opponente), rappresentata da Dr. Modiano & Associati S.P.A., Via Meravigli, 16, 20123 Milano, Italia (mandatario abilitato)

c o n t r o

Givi Srl, Via Salvatore Quasimodo, 45, 25020 Flero (BS), Italia (richiedente), rappresentata da Barzanò & Zanardo Milano S.P.A., Via Borgonuovo, 10, 20121 Milano, Italia (mandatario abilitato).

Il 11/08/2016, la divisione Opposizione ha pronunciato la seguente

DECISIONE

1. L’opposizione n. B 2 528 605 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti contestati:

Classe 9:   Occhiali da sport; Visiere antiabbaglianti.

Classe 12: Borse da sella per motocicli; Sacche per biciclette.

Classe 18:  Zaini; Borse; Bauli e valigie; Bagagli a mano; Bagagli da viaggio; Bauli e valigie; Borse a spalla; Borse a tracolla; Borse da sport; Borse da viaggio con manici; Borse da viaggio in finta pelle; Borse di tela; Borse laterali [per motociclette]; Borse per utensili [vuote] per motocicli; Cinghie per bagagli; Sacche da viaggio; Valige; Zainetti.

2. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 751 359 è respinta per tutti i prodotti suindicati. Si può procedere per i restanti prodotti.

3. Ciascuna parte sopporta l’onere delle proprie spese.

MOTIVAZIONE

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 751 359, vale a dire contro una parte dei prodotti compresi nella Classe 12 e contro tutti i prodotti delle Classi 9 e 18. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio internazionale n. 1 138 985 che designa l’Unione europea e sulla registrazione di marchio italiano n. 1 478 893. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La divisione Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell’opponente concernente il marchio internazionale n. 1 138 985 che designa l’Unione europea e alla registrazione del marchio italiano n. 1 478 893.
a) I prodotti

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Registrazione di marchio internazionale n. 1 138 985

Classe 9: Borse, custodie e contenitori per il trasporto di dispositivi elettronici portatili; borse, custodie e contenitori per il trasporto di computer portatili; borse, custodie e contenitori per il trasporto di apparecchi video; borse, custodie e contenitori per apparecchi fotografici; borse, custodie e contenitori per strumenti ottici; borselli per apparecchi cinematografici; borse, custodie e contenitori per computer; borse e custodie adattate per apparecchi fotografici; borse e custodie adattate per apparecchiature fotografiche; borse e custodie adattate per computer; borse e custodie adattate per telefoni cellulari; apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti per la conduzione, distribuzione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; compact disc, dvd e altri supporti di registrazione digitali; meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione, elaboratori elettronici; software; estintori f/c.

Classe 10: Borse [per i ferri] per chirurghi o medici; borse [su misura] per strumenti medici; valigette speciali per strumenti medici; valigette accessoriate per utensili medici; valigette accessoriate per utensili chirurgici; apparecchi e strumenti chirurgici, medici, dentari e veterinari, membra, occhi e denti artificiali; articoli ortopedici; materiale di sutura f/c.

Classe 13: Custodie e contenitori per trasporto di armi da fuoco; custodie protettive e contenitori per armi da fuoco; casse per munizioni di grosse dimensioni; custodie e contenitori per fucili; custodie e contenitori per pistole; armi da fuoco; munizioni e proiettili; esplosivi; fuochi d’artificio f/c.

Classe 18: Valigie, valigette, borse, borse per utensili vuote, zaini e sacche, borse per i ferri vuote; sacchi a mano, sacchi da viaggio; cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria f/c.

Registrazione di marchio italiano n. 1 478 893

Classe 6: Cassette degli arnesi in metallo, casse in metallo.

Classe 18: Valigie, valigette, borse, borse per i ferri vuote, zaini sacche, sacchi a mano, sacchi da viaggio.

Classe 20: Contenitori galleggianti metallici, contenitori non metallici, casse non metalliche.

I prodotti contestati sono i seguenti:

Classe 9: Caschi di protezione per motociclisti; Occhiali da sport; Visiere antiabbaglianti.
Classe 12: Portabagagli esterni per veicoli; Bagagliai speciali per veicoli a due ruote; Borse da sella per motocicli; Contenitori portapacchi per veicoli terrestri; Sacche per biciclette; Telai per portabagagli per biciclette.
Classe 18: Zaini; Borse; Bauli e valigie; Bagagli a mano; Bagagli da viaggio; Bauli e valigie; Borse a spalla; Borse a tracolla; Borse da sport; Borse da viaggio con manici; Borse da viaggio in finta pelle; Borse di tela; Borse laterali [per motociclette]; Borse per utensili [vuote] per motocicli; Cinghie per bagagli; Sacche da viaggio; Valigie; Zainetti.

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

Prodotti contestati in Classe 9

Gli Occhiali da sport e le Visiere antiabbaglianti sono compresi nell’ampia categoria di apparecchi e strumenti ottici dell’opponente. Pertanto, sono identici.

I Caschi di protezione per motociclisti sono copricapi di varia foggia, usati a scopo protettivo motociclisti, e hanno pertanto natura e funzione assolutamente diverse da tutti i prodotti dei marchi anteriori. Non c’è nessun rapporto di complementarietà tra di essi né di concorrenza. Inoltre essi sono prodotti da entità economiche specializzate nella costruzione di caschi le quali sono diverse da quelle che producono tutti i prodotti su cui si basa l’opposizione, che sono principalmente valigie, custodie di vario tipo e prodotti della Classe 9 che non hanno nulla in comune con i Caschi di protezione per motociclisti. Pertanto sono dissimili.

Prodotti contestati in Classe 12

I Contenitori portapacchi per veicoli terrestri sono fissati al tetto di un’automobile, o applicati al telaio delle biciclette, delle motociclette, servono a trasportare oggetti e hanno pertanto funzione e destinazione diverse, in particolare, dai contenitori non metallici in Classe 20 del marchio anteriore n. 1 478 893 dell’opponente che, invece, comprendono principalmente mobili e le loro parti e prodotti. Essi pertanto hanno diversa fonte produttiva e sono commercializzati attraverso diversi canali di distribuzione. Ciò vale, a maggior ragione, con riferimento agli altri prodotti del marchio anteriore. Pertanto sono dissimili.

Le Borse da sella per motocicli; Sacche per biciclette hanno identica natura e stessa funzione generale delle borse e sacche del marchio anteriore. Esse hanno le stesse finalità e lo stesso modo d’uso e in alcuni casi possono avere la medesima origine commerciale. Pertanto sono simili.

I Portabagagli esterni per veicoli; Bagagliai speciali per veicoli a due ruote; Telai per portabagagli per biciclette sono delle strutture, in generale metalliche, fissata al tetto di un’automobile, o applicate al telaio delle biciclette, delle motociclette, che servono ad assicurarvi borse, valigette, pacchi. Pertanto hanno natura e modalità d’uso diverse da tutti prodotti del marchio anteriore. Inoltre esse appartengono a settori industriali diversi che non sono tra di essi in competizione né si tratta di prodotti complementari. Pertanto sono dissimili.

Prodotti contestati in Classe 18

Gli Zaini; Borse; Bauli e valigie contestati sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti e servizi (inclusi i sinonimi).

Le Borse a spalla; Borse a tracolla; Borse da sport; Borse da viaggio con manici; Borse da viaggio in finta pelle; Borse di tela; Borse laterali [per motociclette]; Borse per utensili [vuote] per motocicli contestate sono comprese nell’ampia categoria di borse dell’opponente. Pertanto, sono identiche.

I prodotti Cinghie per bagagli; Bagagli a mano; Bagagli da viaggio contestati si sovrappongono con articoli in queste materie [cuoio e sue imitazioni] non compresi in altre classi dell’opponente. Pertanto, sono identici.

Le Sacche da viaggi contestate sono comprese nell’ampia categoria di sacche dell’opponente. Pertanto, sono identiche.

Gli Zainetti contestati sono compresi nell’ampia categoria di zaini dell’opponente. Pertanto, sono identici.

b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici o simili sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

c) I segni
Il territorio di riferimento è l’Italia.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C 514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la divisione Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua Italiana.

Il marchio anteriore è un marchio complesso composto di elementi figurativi, quali la silhouette di una valigia, un globo terrestre stilizzato ed elementi verbali come le lettere EXPL-RER e CASES. Le lettere EXPL sono separate dalle lettere RER dal globo terrestre stilizzato che occupa evidentemente il posto della lettera “O” della parola EXPLORER la quale, pertanto, si situa in primo piano al centro stesso del segno dell’opponente. In basso a destra della parola EXPLORER appare, in caratteri decisamente più piccoli, la parola CASES, mentre la silhouette della valigia sembra restare sullo sfondo occupando la metà sinistra del segno.

Il segno contestato è un marchio figurativo caratterizzato dalla presenza di due quadrati affiancati di colore rispettivamente rosso e grigio al cui interno sono inscritte le parole GIVÌ ed EXPLORER. In particolare, la parola GIVÌ, inserita nel quadrato rosso, è scritta in caratteri dotati di un certo grado di fantasia, mentre la X di EXPLORER è rappresentata da due pennellate incrociate di colore rosso e in parte sovrapposte alle lettere E e P. Inoltre, il quadrato grigio ha sullo sfondo una sfumatura in grigio chiaro che ricorda l’ombra del profilo parziale di una sfera che potrebbe rappresentare anch’essa un riferimento al globo terrestre.

L’elemento figurativo della valigia stilizzata del segno anteriore sarà associato ad articoli di valigeria o altri dello stesso genere di cui alle Classi 12 e 18 del marchio anteriore.

Tenendo presente che i prodotti di cui si tratta sono prodotti di valigeria e borsetteria, questo elemento, con riferimento a questi stessi prodotti, deve considerarsi debole.

Per quanto riguarda la parola CASES, il pubblico di riferimento italiano non la assocerà ai prodotti di valigeria di cui sopra. In altri termini non vi individuerà il riferimento allo stesso concetto di contenitore portatile destinato a portare una diversità di oggetti che è il suo significato nella lingua inglese.

Con riferimento al segno anteriore, quindi, si può affermare che esso è composto da un elemento distintivo verbale, cioè le parole EXPL-O-RER e CASES ed elementi figurativi meno distintivi di natura puramente decorativa o descrittiva. In altri termini, l’elemento verbale EXPL-O-RER / CASES è l’elemento distintivo rispetto al resto degli elementi figurativi del segno anteriore.

D’altra parte, è necessario notare che la parola CASES occupa una posizione decisamente subordinata e di secondo piano rispetto alla parola EXPLORER e all’elemento figurativo descrittivo costituito dalla silhouette della valigia. In questo senso si può affermare che questi due ultimi elementi sono parimenti dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto alla parola CASES.

Per quanto riguarda il segno contestato, si può affermare che esso è composto da due elementi verbali aventi un carattere distintivo normale, cioè le parole GIVI ed EXPLORER, ed elementi figurativi meno distintivi di natura, anche qui, puramente decorativa. Inoltre, va rilevato che gli elementi verbali succitati sono anche gli elementi dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ai quadrati rosso e grigio che fanno solo da sfondo alla parte verbale.

Visivamente, i segni presentano una certa somiglianza per il fatto che condividono le stesse lettere EXPL – RER. Tuttavia, essi differiscono sotto ogni altro aspetto visto che nessun altro elemento della domanda di quelli descritti più sopra trova una minima corrispondenza nel marchio anteriore.

Tuttavia, quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T 312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011 4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011 5, Jumbo (fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59).

Pertanto, i segni sono simili in misura ridotta.

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “EXPLORER” (per la “O” vale quanto detto sopra in quanto è del tutto inverosimile che il pubblico di riferimento si astenga dal pronunciare la figura del globo come una “o”), presenti in modo identico in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono delle lettere “GIVI” e “CASES” che non hanno controparti nel segno opposto.

Pertanto, i segni presentano un grado medio di similitudine.

Sotto il profilo concettuale, il pubblico di riferimento, cioè quello di lingua italiana, percepirà l’unico elemento verbale comune EXPLORER come la traduzione in inglese della parola italiana «esploratore» («[…] chi si dedica all’esplorazione di regioni ignote o scarsamente note […] ⇑ viaggiatore» (cfr. dizionario online «Treccani»). La parola GIVÍ non ha un significato ed è parola di fantasia.

Siccome gli altri elementi verbali CASES e GIVI non hanno significato per il pubblico italiano, questi non sono in grado di influenzare l’identità semantica derivante dalla presenza simultanea della parola EXPLORER in entrambi i segni a confronto, pertanto i segni sono concettualmente identici.

Dato che i segni sono risultati simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.
d) Carattere distintivo del marchio anteriore

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale nel suo insieme sebbene l’elemento figurativo della valigia sia debole per alcuni prodotti, come menzionato nel precedente punto c).

e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

Il rischio di confusione riguarda situazioni nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e presuppone che i prodotti/servizi designati appartengano alla stessa impresa o a imprese economicamente collegate.

Valutare il rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, e in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (29/09/1998, C 39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17).

Inoltre, si tiene conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta  che ne ha mantenuto nella memoria (22/06/1999, C 342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

Nel presente caso, i prodotti a confronto sono in parti identici o simili e in parte dissimili e sono diretti al grande pubblico. Il grado di attenzione è medio.

Il carattere distintivo del marchio anteriore è normale.

I segni, considerati nel loro insieme, sono simili, in particolare, grazie all’identità concettuale e alla somiglianza fonetica. Infatti, per quanto riguarda il marchio anteriore, è molto probabile che il pubblico di riferimento faccia riferimento alla sola parola EXPLORER per indicare il prodotto, in quanto la parola CASES non significa nulla per tale pubblico ed è un elemento visivamente secondario.

Pertanto, viste le coincidenze tra i segni, si ritiene che le differenze visive e fonetiche tra i segni– limitate alle sole parole CASES and GIVÍ – non siano tali da scongiurare un rischio di confusione.

Il richiedente sostiene tuttavia che non vi sarebbe rischio di confusione in quanto l’elemento GIVI   della domanda di marchio sarebbe sufficientemente conosciuto come segno distintivo della richiedente pertanto l’attenzione del consumatore italiano di riferimento non si concentrerebbe sulla parola EXPLORER che, invece, sarebbe piuttosto considerata come elemento che specificherebbe un particolare prodotto o una serie di prodotti del richiedente stesso.

Il diritto connesso a un marchio dell’Unione europea sorge a partire dal deposito della domanda, non prima. Per quanto riguarda il procedimento di opposizione è quindi necessario prendere in esame il marchio dell’Unione europea a partire da tale data.

Pertanto, nel valutare se un marchio dell’Unione europea ricade nell’ambito di applicazione di uno degli impedimenti relativi alla registrazione, gli eventi o i fatti verificatisi prima della data di deposito del marchio dell’Unione europea sono privi di rilievo, in quanto i diritti dell’opponente, nella misura in cui precedono il marchio dell’Unione europea, debbono considerarsi anteriori rispetto al marchio dell’Unione europea del richiedente.

Si rileva inoltre che (come menzionato dalla Corte, 06/10/2005, C 120/04, Thomson Life, EU:C:2005:594, § 32-34):

“L’accertamento dell’esistenza di un rischio di confusione non può essere subordinato alla condizione che, nell’impressione complessiva generata dal segno composto, risulti dominante quella parte dello stesso che è costituita dal marchio anteriore.
Se si applicasse una simile condizione, il titolare del marchio anteriore sarebbe privato del diritto esclusivo conferito dall’art. 5, n. 1, della direttiva anche nel caso in cui tale marchio conservasse, nell’ambito del segno composto, una posizione distintiva autonoma, ma non dominante.
Ciò avverrebbe, ad esempio, nel caso in cui il titolare di un marchio rinomato utilizzasse un segno composto giustapponendo il marchio rinomato ed un marchio anteriore che non fosse a sua volta rinomato. Ciò avverrebbe del pari se il segno composto fosse costituito da tale marchio anteriore e da un nome commerciale rinomato. Infatti, l’impressione complessiva sarebbe, quasi sempre, dominata dal marchio rinomato o dal nome commerciale rinomato inserito nel segno composto.”

Considerato quanto precede, la divisione Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico di riferimento di lingua italiana e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione dei marchi succitati dell’opponente.

Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

Ne deriva che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati identici o simili a quelli del marchio anteriore.

I restanti prodotti contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti prodotti non può essere accolta.

L’opponente ha basato l’opposizione anche sui seguenti marchi anteriori:

 

La registrazione di marchio italiano n. 1 506 303, per prodotti nelle Classi 9, 10, 13, 18;
La registrazione di marchio italiano n. 876 417, per prodotti nella Classe 18.

Dal momento che questi marchi sono identici a quello che è stato messo a confronto e coprono gli stessi prodotti del marchio anteriore internazionale n. 1 138 985 già preso in considerazione, il risultato non può essere diverso in relazione ai prodotti per i quali l’opposizione è già stata respinta. Pertanto, in relazione a tali prodotti, il rischio di confusione non sussiste.

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in una proceduradi opposizione sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, RMUE, ove le parti risultino soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni o qualora l’equità lo richieda, la divisione Opposizione decide una ripartizione differente.

Poiché l’opposizione è stata accolta solo per una parte dei prodotti contestati, entrambe le parti sono risultate soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni. Di conseguenza, ciascuna parte sopporterà le proprie spese.
La divisione Opposizione

Andrea VALISA Mauro BUFFOLO
Michele M.
BENEDETTI-ALOISI

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di una procedura conclusasi con una decisione può ricorrere contro la decisione stessa ove quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE, il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata




CAFFITALY contro ITALYCAFE’- Divisione d’Opposizione EUIPO 19.10.2016

CAFFITALY contro ITALCAFE’ – Divisione d’Opposizione EUIPO 19.10.2016

marchio CAFFITALY contro marchio ITALCAFE’

Il marchio anteriore è un marchio figurativo che consiste della dicitura “Caffitaly”.

Il segno contestato è un marchio figurativo che consiste della dicitura “ITALYCAFÈ” . L’elemento “ITALY” presente in entrambi i marchi sarà associato dal pubblico di riferimento a “Italia”. Tenendo in mente che i prodotti relativi sono prodotti alimentari, elettrodomestici, impianti di illuminazione, impianti d’essiccamento, caffettiere e utensili per cucinare, si ritiene che tale elemento sia debole dal momento che sarà visto come indicazione del luogo di produzione/provenienza dei prodotti in questione. L’elemento “SYSTEM” presente nel marchio anteriore sarà associato dal pubblico di riferimento a “sistema”. Si ritiene che tale elemento sia debole per elettrodomestici, caffettiere e utensili per cucinare dal momento che sarà percepito come un riferimento al macchinario, all’apparato.

L’opposizione di Caffitaly System, marchio anteriore, è totalmente respinta.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 529 314

Caffitaly System S.p.A., Via Panigali 38, 40041 Gaggio Montano (Bologna), Italia (opponente), rappresentata da Ruffini Ponchiroli e Associati S.R.L., Via Caprera, 6, 37126 Verona, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Italy Cafe’ S.R.L., Via dei Partigiani 4, 25121 Bergamo, Italia (richiedente), rappresentata da Biesse S.R.L., Via Corfù, 71, 25124 Brescia, Italia (rappresentante professionale).

Il 19/10/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1. L’opposizione n. B 2 529 314 è totalmente respinta.

2. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 258 496, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nelle classi 11 e 30 e contro una parte dei prodotti compresi nella classe 21. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 4 858 932. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.
RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell’opponente dell’Unione Europea n. 4 858 932.
a) I prodotti

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 11: Macchine per la preparazione di caffè e di bevande calde e fredde.
Classe 30: Caffè, tè, cacao, zucchero, succedanei del caffè.
I prodotti contestati sono i seguenti:

Classe 11: Caffettiere elettriche; macchine per caffè; macchine per caffè espresso; macchine per il caffè; sorbettiere; recipienti elettrotermici; recipienti frigoriferi; teiere elettriche; gelatiere; frigoriferi elettrici; elementi d’ illuminazione; apparecchi per illuminazione; apparecchi ed impianti di essiccamento; pentole per cottura a vapore; apparecchi di cottura a vapore elettrici.

Classe 21: Caffettiere.

Classe 30: Caffè; caffè verde; caffè liofilizzato; caffè macinato; caffè freddo; caffè decaffeinato; caffè solubile; concentrati al caffè; estratti di caffè; caffè in chicchi; miscele di caffè; sorbetti [sorbetti]; sorbetti [ghiacci edibili]; gelati alla frutta [sorbetti]; sorbetti [prodotti di confetteria]; miscele per la preparazione di sorbetti; riso; cereali; cereali lavorati; preparati fatti di cereali; prodotti da forno; pasticceria; pasticceria surgelata; pasticcini [pasticceria]; pasticceria fresca; dolci pronti [pasticceria]; pasticceria e confetteria; zucchero; miele; gelati; confetteria, gelati; dolci gelati; gelati misti.
Alcuni dei prodotti contestati sono identici ai prodotti sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti sopra elencati. L’esame dell’opposizione verrà quindi effettuato come se tutti i prodotti contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore.
b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti considerati identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

c) I segni

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il marchio anteriore è un marchio figurativo che consiste della dicitura “Caffitaly” in caratteri standard all’interno di un perimetro rettangolare al di sopra del quale si trova un elemento figurativo ondulato e al di sotto la parola “system” in caratteri bianchi, dimensioni leggermente più ridotte e in un rettangolo nero.

Il segno contestato è un marchio figurativo che consiste della dicitura “ITALYCAFÈ” (la lettera “C” è di colore rosso mentre le rimanenti lettere sono di colore nero) al di sotto della quale si trovano un elemento figurativo di colore bianco, rosso e verde e, in dimensioni nettamente più ridotte e appena percettibili, le parole “Miscele pregiate. gusto italiano”. Il marchio, inoltre, include nel centro in alto un elemento figurativo di colore bianco e rosso simile a un chicco di caffè stilizzato.

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri, malgrado le dimensioni leggermente più ridotte di alcuni di essi.

L’elemento “Miscele pregiate. gusto italiano” nel segno contestato occupa una posizione secondaria data la sua dimensione nettamente più ridotta rispetto ai rimanenti elementi del segno.

Il Tribunale ha stabilito che, sebbene il consumatore medio percepisca normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettui un esame dei suoi singoli elementi, ciò non toglie che il consumatore stesso, percependo un segno verbale, lo scomporrà in elementi che gli suggeriscono un significato concreto o che somigliano a vocaboli a lui noti (sentenza del 13/02/2007, T-256/04, Respicur, EU:T:2007:46, § 57). Ciò per esempio quando una sola parte o tutte le parti del marchio suggeriscono un significato concreto.

L’elemento “ITALY” presente in entrambi i marchi sarà associato dal pubblico di riferimento a “Italia”. Tenendo in mente che i prodotti relativi sono prodotti alimentari, elettrodomestici, impianti di illuminazione, impianti d’essiccamento, caffettiere e utensili per cucinare, si ritiene che tale elemento sia debole dal momento che sarà visto come indicazione del luogo di produzione/provenienza dei prodotti in questione. L’elemento figurativo in verde, bianco e rosso presente nel marchio impugnato sarà associato anch’esso all’Italia ricordando i colori della bandiera italiana ed è pertanto debole.

L’elemento “SYSTEM” presente nel marchio anteriore sarà associato dal pubblico di riferimento a “sistema”. Si ritiene che tale elemento sia debole per elettrodomestici, caffettiere e utensili per cucinare dal momento che sarà percepito come un riferimento al macchinario, all’apparato.

L’elemento figurativo ondulato presente nel marchio anteriore è privo di significato specifico per il pubblico di riferimento. La Divisione d’Opposizione ritiene che tale elemento abbia un carattere ornamentale.

L’elemento “CAFÈ” del marchio contestato sarà associato dal pubblico di riferimento a “caffè”. L’elemento figurativo di colore bianco e rosso del marchio impugnato sarà associato dal pubblico di riferimento a un chicco di caffè stilizzato. Allo stesso modo si ritiene che l’elemento “CAFF” nel marchio anteriore sarà anch’esso associato dal pubblico di riferimento a “caffè”. Si ritiene che tali elementi siano deboli per caffettiere, macchine per il caffè, caffè e prodotti alimentari che possono essere a base di caffè o che sono strettamente relazionati con il caffè. L’elemento “Miscele pregiate. gusto italiano” sarà associata almeno da parte del pubblico italiano a uno slogan promozionale e a caffè. Pertanto, per il pubblico italiano tale elemento non è distintivo.

Visivamente, i segni coincidono nella misura in cui entrambi includono le sequenze verbali deboli “CAF” e “ITALY” sebbene in posizione invertita nelle rispettive diciture dei marchi. Tuttavia, essi differiscono nell’addizionale lettera “F” e nella parola “system” del marchio anteriore, nella lettera “È” e nell’espressione “Miscele pregiate. gusto italiano” del marchio impugnato (che tuttavia si ritiene passerà inosservata in ragione della sua ridotta dimensione e posizione secondaria) e negli elementi grafici e figurativi dei marchi che presentanto differenze notevoli e nei colori del marchio impugnato. Le differenze rilevate in termini di posizione delle lettere e perciò le sequenze verbali nelle rispettive diciture, la stilizzazione e colori così come di struttura dei due segni conducono a un’impressione visiva piuttosto diversa.

Considerato quanto precede si ritiene che i marchi sono simili in misura molto ridotta.
Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, sebbene la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere che compongono le sequenze verbali deboli “CAF” e “ITALY”, presenti nelle rispettive diciture dei segni queste sequenze appaiono in posizione invertita cambiando completamente il ritmo è il suono della pronuncia delle diciture. Oltre alle differenze dovute alla posizione invertita delle sequenze verbali menzionate, la pronuncia dei segni differisce nel suono dell’addizionale lettera “F” e nella parola “system” del marchio anteriore, nonché nella lettera “È” e nell’espressione “Miscele pregiate. gusto italiano” del marchio impugnato (che tuttavia si ritiene non verrà pronunciata in ragione della sua ridotta dimensione e posizione secondaria).

Pertanto, i segni sono simili in misura molto ridotta.
Sotto il profilo concettuale, il termine inglese “Italy” presente in entrambi i marchi sarà associato dal pubblico di riferimento a “Italia”, perché è molto simile alla parola equivalente nelle lingue ufficiali del territorio di riferimento. L’elemento figurativo in verde, bianco e rosso presente nel marchio impugnato sarà anch’esso associato dal pubblico di riferimento all’Italia ricordando i colori della bandiera italiana. L’elemento “SYSTEM” presente nel marchio anteriore sarà associato dal pubblico di riferimento a “sistema”. Tale parola esiste come tale in alcune lingue di riferimento (per esempio, inglese, polacco, tedesco, ecc.) o è molto simile alla corrispondente parola nazionale (per esempio, sistema in italiano, portoghese, lituano e spagnolo, système in francese, sistem in rumeno, systém in ceco e slovacco, szisztéma in ungherese, systemet in danese, systeem in olandese, sistēma in lettone, süsteem in estone ecc.). L’elemento “CAFÈ” del marchio contestato sarà associato dal pubblico di riferimento a “caffè”. Tale parola esiste come tale in alcune lingue di riferimento (per esempio, spagnolo, portoghese e francese, ecc.) o è molto simile alla parola equivalente nelle lingue ufficiali del territorio di riferimento (per esempio coffee in inglese, kaffee in tedesco, caffè in italiano, cafea in rumeno, kaffe in svedese, ecc.).  Inoltre, data l’affinità con la parola inglese “coffee” si ritiene che il significato della parola “café” sarà compreso in tutti gli Stati membri. L’elemento figurativo di colore bianco e rosso del marchio impugnato sarà associato dal pubblico di riferimento a un chicco di caffè stilizzato. Allo stesso modo si ritiene che l’elemento “CAFF” nel marchio anteriore sarà associato anch’esso dal pubblico di riferimento a “caffè”.  L’espressione “Miscele pregiate. gusto italiano” sarà associata almeno da parte del pubblico italiano a uno slogan promozionale e a caffè dato il riferimento a caffè nella dicitura “ITALYCAFÉ”. Come segnalato in precedenza, tale elemento, tuttavia, passerà inosservato in ragione della sua ridotta dimensione e posizione secondaria. L’elemento figurativo ondulato presente nel marchio anteriore è privo di significato specifico per il pubblico di riferimento.

In tal senso, tenuto conto del fatto che i vari elementi di cui si compongono sono deboli le coincidenze rilevate tra i segni possono condurre solo a  un grado di somiglianza ridotto.

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.
d) Carattere distintivo del marchio anteriore

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Considerato quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente decisione, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato modesto per tutti i prodotti in questione, ovvero per tutti i prodotti nelle classi 11 e 30.
e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

I segni presentano solo limitati elementi di analogia. Essi, infatti, hanno una struttura e composizione diversa. Contrariamente a quanto sostenuto dall’opponente, il fatto che i marchi abbiano in comune un certo numero di lettere non è di per se sufficiente per considerare detti marchi simili. Nel presente caso i marchi sono composti da elementi verbali e figurativi deboli combinati in modo diverso tra loro. In particolare, con riferimento agli elementi verbali, i marchi coincidono nell’elemento “ITALY” e nelle lettere “CAF” che sono parte dell’elemento “CAFF” nel marchio anteriore e “CAFÉ” nel segno impugnato. Tali elementi sono deboli e disposti in posizione invertita nei segni. Il marchio anteriore include altresì la parola “SYSTEM” che non ha corrispettivo nel marchio impugnato il quale a sua volta include l’espressione “Miscele pregiate. gusto italiano” che non è presente nel marchio anteriore (sebbene come segnalato anteriormente si ritiene che tale dicitura passerà inosservata in ragione della sua ridotta dimensione e posizione secondaria). Inoltre, sebbene sia vero che in linea di principio gli elementi verbali hanno un maggior impatto sul consumatore rispetto a quelli grafici/figurativi, gli elementi figurativi non possono tuttavia essere tralasciati specialmente quando gli elementi verbali in questione sono deboli. Gli addizionali e diversi elementi grafici/figurativi e i colori (nel caso del marchio contestato) presenti nei segni contribuiscono a differenziarli ulteriormente tra loro. Occorre, altresì, rilevare che il marchio anteriore ha un carattere distintivo intrinseco modesto e che detto carattere distintivo è dato dalla specifica combinazione dei diversi elementi di cui si compone.

Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti fossero identici non sussiste alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.

L’opponente ha basato l’opposizione anche sulla registrazione di marchio italiano anteriore n. 1 006 246 per il marchio figurativo   .

Dal momento che questo marchio è identico a quello che è stato messo a confronto, il risultato non può essere diverso. Pertanto, in relazione a tale marchio, il rischio di confusione non sussiste.
SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.
La Divisione d’Opposizione

Martina GALLE Francesca CANGERI SERRANO Michele M.
BENEDETTI-ALOISI

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




HUSKY contro ASHI – Divisione d’Opposizione EUIPO 03.05.2016

HUSKY contro ASHI – Divisione d’Opposizione EUIPO 03.05.2016

marchio HUSKY contro marchio ASHI

Il segno contestato ASHI è un marchio figurativo costituito da una figura, di forma rettangolare, che consiste nella rappresentazione stilizzata e parziale del muso grigio di un canide, quale potrebbe essere un lupo grigio, del quale per l’appunto si vedono solo gli occhi, parte del muso e il tartufo. Al di sotto di questo elemento figurativo si trovano le lettere “a” ed “s”, riprodotte tramite caratteri di fantasia di colore grigio seguite da due linee verticali in forma di “I”, la prima delle quali è però non assimilabile ad alcun tipo di lettera dato che presenta sul lato sinistro, esattamente a metà, una linea orizzontale unita a quella verticale ora menzionata. Non pare plausibile che detto elemento possa essere riconosciuto come una lettera “K”. I marchi in conflitto non presentano elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri. E’ opinione della Divisione d’Opposizione che esso possa, in virtù dell’espressione intensa e vagamente minacciosa della raffigurazione, che contrasta con l’espressione tranquilla dei cani dei marchi anteriori, piuttosto essere associato a un animale selvatico quale, ad esempio, un lupo.. Alla luce di quanto sopra, i marchi in questione non sono quindi concettualmente simili.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 261 470

Husky of Tostock Limited, The Guildhall 34 Market Hill Framlingham Woodbridge, Suffolk IP13 9AZ, United Kingdom (opponente), rappresentata da Barzanò & Zanardo Milano S.p.A., Via Borgonuovo 10, 20121 Milano, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Gaia, C.so Bologna n. 2, 12084 Mondovì (CN), Italia (richiedente), rappresentata da Guardamagna e Associati, Piazza San Pietro in Gessate 2, 20122 Milano, Italia (rappresentante professionale).

Il 03/05/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1. L’opposizione n. B 2 261 470 è totalmente respinta.

2. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione Europea n. 11 919 495, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 25 e una parte dei servizi compresi nella classe 35. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 152 496, la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939 e la registrazione di marchio italiano n. 420 052. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.
RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

a) I prodotti e servizi

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 152 496

Classe 25: Camicie, calzoncini, gonne, camicette, pantaloni, giacche, mantelli, panciotti, cappelli, cravatte, biancheria intima; maglieria, pigiama, camicie da notte, indumenti per la notte, vestaglie, vesti da camera, cardigan, pullover, maglioni, bluse, costumi da bagno; vestiti, salopette, sopra-pantaloni, stivali, scarpe, sandali, pantofole, top, berretti, fazzoletti di seta, mantelline, grembiuli, jeans, calzini, scaldamuscoli, indumenti per la danza, polsini, fasce per la testa, guanti, guanti che coprono solo l’avambraccio, cinture; cappelleria e scarpe.

Registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939

Classe 25: Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; cinture.

Registrazione di marchio italiano n. 420 052

Classe 25: Capi di abbigliamento esclusi jeans, stivali e scarpe.

I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

Classe 25: Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; Abbigliamento in finta pelle; Abbigliamento in pelle; Abbigliamento per automobilisti; Abbigliamento per ciclisti; Abbigliamento per ginnastica; Abiti; Accappatoi; Accappatoi da bagno; Antisdrucciolevoli per calzature; Articoli di abbigliamento; Bandane [foulards]; Bavaglini non di carta; Berrette [cuffie]; Berretti; Biancheria personale; Biancheria personale antisudorifica; Bluse; Boa [pelliccia da collo]; Body [giustacuori]; Bretelle; Bulloni per scarpe da calcio; Busti; Calosce [soprascarpe di gomma]; Calotte; Calzature; Calzature per lo sport; Calze; Calze antisudorifiche; Calzerotti; Calzini; Calzoni; Camicette a maniche corte; Camicie; Camiciotti; Camiciuole; Cappelli; Cappelli a cilindro; Cappelli di carta [abbigliamento]; Cappotti; Cappucci [indumenti]; Carcasse di cappelli; Cassette foderate di pelo per scaldare i piedi [non elettriche]; Cinture [abbigliamento]; Cinture portafoglio [abbigliamento]; Collants; Colletti [indumenti]; Colli finti [colletti staccabili]; Copribusti; Copricapo [cappelleria]; Copricolletti; Copriorecchie [abbigliamento]; Corredini da neonato; Corsaletti; Costumi; Costumi da spiaggia; Costumi in maschera; Cravatte; Cravatte lavallière; Cuffie da bagno; Cuffie per la doccia; Fasce per la testa [abbigliamento]; Fazzoletti da taschino [abbigliamento]; Fazzoletti di seta; Ferramenti per calzature; Fodere confezionate [parti di indumenti]; Gabardine [indumenti]; Ghette; Giacche; Giacche per la pesca; Giarrettiere; Gonne; Grembiuli abiti; Grembiuli [indumenti]; Guaine [sottovesti]; Guanti [abbigliamento]; Guanti che coprono solo l’avambraccio; Guanti da sci; Guardoli per calzature; Impermeabili; Indumenti confezionati; Indumenti di carta; Indumenti lavorati a maglia; Jerseys [indumenti]; Leggings; Leggings [pantaloni]; Livree; Maglie [indumenti]; Maglieria; Magliette da bagno; Maglioni; Manicotti [abbigliamento]; Manipoli [liturgia]; Mantelline; Mantiglie; Maschere per dormire; Minigonne; Mitre [abbigliamento]; Mutande; Mutandine da bagno; Panciotti; Pannolini a mo’ di mutande per bebè; Pantaloni; Parka; Pellicce; Pellicce [indumenti]; Petti di camicie; Pianete; Pigiama; Polsini [abbigliamento]; Poncho; Pullover; Punte di calzature [spunterbi]; Reggicalze da donna; Reggicalze da uomo; Reggiseno; Rinforzi al tallone per calzature; Rinforzi al tallone per le calze; Sandali; Sandali da bagno; Sari; Sarong; Scarpe; Scarpe con suola di sparto; Scarpe da bagno; Scarpe da ginnastica; Scarpe da spiaggia; Scarpe per calciatori; Scarpe per lo sport; Scarponi da sci; Scialli; Sciarpe; Slip; Socchi; Soggoli [indumenti]; Soprabiti; Sopravvesti; Sottascelle; Sotto-piedi; Sottogonne; Sottovesti [indumenti intimi]; Sparati di camicie; Stivaletti; Stivali; Stole [pellicce]; Suole; Suole interne; Tacchi; Tasche di indumenti; Tee-shirt; Toghe; Tomaie; Tomaie di calzature; Turbanti; Tute da sci nautico; Tute [indumenti]; Uniformi; Veli [indumenti]; Visiere [cappelleria]; Visiere [cappelleria]; Zoccoli [calzature].

Classe 35: Pubblicità; Gestione di affari commerciali; Amministrazione commerciale; Lavori di ufficio; Organizzazione di sfilate di moda a fini promozionali; Servizi di indossatrici a fini pubblicitari o di promozione delle vendite.

Alcuni dei prodotti contestati sono identici ai prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti e servizi sopra elencati. L’esame dell’opposizione verrà quindi effettuato come se tutti i prodotti e servizi contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore.
b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti e servizi che sono considerati identici sono diretti sia al grande pubblico che a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.
c) I segni
Il territorio di riferimento è l’Unione Europea per quanto concerne la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 152 496 e la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939 e l’Italia per quanto riguarda la registrazione di marchio italiano n. 420 052.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

La registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939 concerne un marchio denominativo formato dal termine “HUSKY”. La registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 152 496 consiste invece in un marchio figurativo costituito dalla raffigurazione in bianco e nero della testa di un cane dalle orecchie a punta con la lingua fuori dalla bocca dall’espressione tranquilla. Il marchio italiano n. 420 052 oltre a presentare il medesimo elemento figurativo del marchio dell’Unione Europea n. 152 496, contiene, al di sotto di esso, la parola “HUSKY” raffigurata in lettere maiuscole di colore nero.

Il segno contestato è un marchio figurativo costituito da una figura, di forma rettangolare, che consiste nella rappresentazione stilizzata e parziale del muso grigio di un canide, quale potrebbe essere un lupo grigio, del quale per l’appunto si vedono solo gli occhi, parte del muso e il tartufo. Al di sotto di questo elemento figurativo si trovano le lettere “a” ed “s”, riprodotte tramite caratteri di fantasia di colore grigio seguite da due linee verticali in forma di “I”, la prima delle quali è però non assimilabile ad alcun tipo di lettera dato che presenta sul lato sinistro, esattamente a metà, una linea orizzontale unita a quella verticale ora menzionata. Non pare plausibile che detto elemento possa essere riconosciuto come una lettera “K”.

I marchi in conflitto non presentano elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

Visivamente, i segni non coincidono in nessuno dei loro elementi, né verbali né figurativi. Considerato che non sussiste alcuna coincidenza visiva tra i segni, si conclude che i marchi non sono simili sotto il profilo visivo.

Sotto il profilo fonetico, per quanto riguarda la registrazione di marchio italiano n. 420 052, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “HUS-“ del termine “HUSKY” del marchio anteriore e delle lettere “AS” del marchio contestato. La pronuncia differisce nel suono della sillaba “-KY” del marchio anteriore che non ha controparte nel marchio contestato.

Per quanto invece concerne la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939, una distinzione deve essere fatta. Per una parte del pubblico, tra i quali i consumatori di lingua italiana, come visto poc’anzi, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “HUS-“ del termine “HUSKY” del marchio anteriore e delle lettere “AS” del marchio contestato. La pronuncia differisce nel suono della sillaba “-KY” del marchio anteriore che non ha controparte nel marchio contestato. Tuttavia, per un’altra parte del pubblico rilevante, tra i quali i consumatori di lingua spagnola, non si può escludere che i marchi coincideranno solo nel suono della lettera “S”, in considerazione del fatto che le lettere “HU-” “-KY” da un lato e “A” dall’altro saranno pronunciate in forma differente.

Pertanto, la registrazione di marchio italiano n. 420 052 e, per una parte del pubblico rilevante, la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939 e il marchio contestato sono simili in media misura. Per quanto invece riguarda la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939, per una parte del pubblico rilevante i segni saranno invece simili in ridotta misura.

Infine, per quanto attiene alla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 152 496, si rammenta che i segni meramente figurativi non sono soggetti a una valutazione fonetica. Poiché quest’ultimo marchio è puramente figurativo, non è possibile procedere alla comparazione fonetica con il marchio contestato.

Sotto il profilo concettuale, la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 711 939 e la registrazione di marchio italiano n. 420 052 saranno intese come facenti riferimento ad una particolare razza di cani originari delle regioni nord-occidentali della Siberia, chiamata per l’appunto “HUSKY”. Nel caso del marchio italiano, l’elemento figurativo non fa che rinforzare detto concetto, trattandosi di una raffigurazione stilizzata di un esemplare appartenente alla suddetta razza canina. Per quanto riguarda la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 152 496, in mancanza di elementi verbali atti a definire chiaramente il significato dell’unico elemento figurativo che compone il segno, esso sarà associato al concetto di un cane. Al contrario, per quanto riguarda il marchio contestato, si deve notare come gli elementi verbali non presentino alcun significato, soprattutto alla luce della loro difficile interpretazione. Come già chiarito nella descrizione di cui sopra, le uniche lettere riconoscibili in quanto tali solo le lettere “AS” e, assai meno facilmente, una lettera “I” formato dall’ultimo degli elementi grafici del segno. L’elemento figurativo sarà associato a un concetto, fondamentalmente piuttosto vago, di canide di colore grigio. È opinione della Divisione d’Opposizione che esso possa, in virtù dell’espressione intensa e vagamente minacciosa della raffigurazione, che contrasta con l’espressione tranquilla dei cani dei marchi anteriori, piuttosto essere associato a un animale selvatico quale, ad esempio, un lupo.

Alla luce di quanto sopra, i marchi in questione non sono quindi concettualmente simili.

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.
d) Carattere distintivo dei marchi anteriori

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che i marchi sono particolarmente distintivi in virtù del loro uso intensivo o della loro notorietà.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo dei marchi anteriori si baserà sul loro carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, i marchi anteriori risultano, nel loro complesso, privi di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo dei marchi anteriori deve essere considerato normale.
e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

I marchi in conflitto presentano assai limitate somiglianze, e solo da un punto di vista fonetico.

Visivamente, tutti i marchi in disputa sono stati riscontrati come dissimili. Per quanto riguarda almeno una parte dei prodotti in quesitone, ovvero quelli nella classe 25, detta circostanza assume un peso particolare. Infatti in genere, nei negozi di abbigliamento, i clienti possono scegliere da soli i capi che desiderano acquistare oppure possono farsi assistere dal personale preposto alla vendita. Benché la comunicazione orale relativa al prodotto e al marchio non sia esclusa, la scelta del capo di abbigliamento avviene, generalmente, su base visiva. Pertanto, la percezione visiva dei marchi in questione interverrà, di norma, prima dell’atto di acquisto. L’aspetto visivo riveste, quindi, maggiore importanza nella valutazione globale del rischio di confusione (06/10/2004, T 117/03 – T 119/03 & T 171/03, NL, EU:T:2004:293, § 50). Di conseguenza, le notevoli differenze visive esistenti tra i segni, dovute alla presenza di elementi verbali aggiuntivi e delle profonde differenze nella raffigurazione degli elementi figurativi, assumono, come già rammentato, uno speciale rilievo nella valutazione del rischio di confusione.

Tuttavia, non pare che i marchi siano facilmente associabili neppure per quanto riguarda i restanti servizi nella classe 35.

La Divisione d’Opposizione non può che ribadire le profonde differenze esistenti tra i marchi. Come visto nella sezione c) della presente decisione, i marchi sono pure concettualmente dissimili. Si è ritenuto infatti che non sia possibile concludere che i marchi evochino il medesimo concetto, dato che il marchio contestato non richiama, neppure lontanamente, il concetto di “HUSKY” o di cane presente nei marchi sui quali si basa l’opposizione. È evidente che il concetto di canide in sé sia assai vago, e ciò valga ancor di più considerando la postura, le forme e l’atteggiamento evocati dalle raffigurazioni in conflitto, che come visto sopra non presentano alcun collegamento tra loro.

Considerato quanto precede, e in particolare la diversa impressione complessiva prodotta dai marchi in conflitto, anche qualora i prodotti e servizi fossero identici non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.
SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.
La Divisione d’Opposizione

Karin KUHL Andrea VALISA
Michele M.
BENEDETTI-ALOISI

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).