Patent Box sprint, dati delle imprese in chiaro -Italia oggi del 19/07/2019

Patent Box Agevolato: da comunicare modello organizzativo, fattori di competitività oltre ad informazioni più strettamente legate alla proprietà intellettuale e ai brevetti.

Le richieste nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




MARCHI ITALIANI: depositato il marchio “BASTARDO CAPITALISTA”

Il 19 LUGLIO 2019 lo studio Rossi & Martin ha depositato, presso l’UIBM,  a GENOVA il marchio nazionale “BASTARDO CAPITALISTA”

Il  marchio “BASTARDO CAPITALISTA ”  è utilizzato nella classe di prodotti 38, 41.

CR




MARCHI ITALIANI: depositato il marchio “ECO LINE”

Il 3 LUGLIO 2019 lo studio Rossi & Martin ha depositato, presso l’UIBM,  a BERGAMO il marchio nazionale “ECO LINE”

Il  marchio “ECO LINE ”  è utilizzato nella classe di prodotti 19, 20.

CR




INNOVATION MANAGER ESCLUSIVI – Italia Oggi del 08-07-2019

Con il Decreto del 7 maggio 2019 del MISE sono state adottate le disposizioni attuative dell’intervento diretto ad agevolare l’acquisizione di consulenze manageriali. Le imprese possono stipulare con il manager individuato un solo contratto per anno solare e tra i parametri della consulenza si annoverano la capacità di indirizzare e supportare i processi di innovazioni, la trasformazione digitale e l’innovazione di tutti i processi relativi alla valorizzazione di marchi e segni distintivi

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




ADIDAS PERDE IL SUO MARCHIO: LE TRE STRISCE PARALLELE SONO PRIVE DI CAPACITA DISTINTIVA

Si riporta qui di seguito la Sentenza del Tribunale (Nona Sezione ampliata) da cui risulta l’assenza di carattere distintivo del marchio figurativo rappresentato da tre strisce parallele.

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

16 giugno 2019 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di dichiarazione di nullità – Marchio figurativo dell’Unione europea che raffigura tre strisce parallele – Impedimento alla registrazione assoluto – Assenza di carattere distintivo acquisito mediante l’uso – Articolo 7, paragrafo 3, e articolo 52, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuti articolo 7, paragrafo 3, e articolo 59, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2017/1001] – Forma d’uso che non può essere presa in considerazione – Forma che differisce dalla forma con la quale il marchio è stato registrato per variazioni non trascurabili – Inversione dello schema dei colori»

Nella causa T‑307/17,

adidas AG, con sede a Herzogenaurach (Germania), rappresentata da I. Fowler e I. Junkar, solicitors,

ricorrente,

sostenuta da

Marques, con sede a Leicester (Regno Unito), rappresentata da M. Treis, avvocato,

interveniente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Rajh e H. O’Neill, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale,

Shoe Branding Europe BVBA, con sede a Oudenaarde (Belgio), rappresentata da J. Løje, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO del 7 marzo 2017 (procedimento R 1515/2016-2), relativa ad un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Shoe Branding Europe e l’adidas,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da S. Gervasoni, presidente, L. Madise, R. da Silva Passos, K. Kowalik‑Bańczyk (relatrice) e C. Mac Eochaidh, giudici,

cancelliere: E. Hendrix, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 maggio 2017,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 agosto 2017,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2017,

vista l’ordinanza del 5 dicembre 2017 con cui la Marques è stata ammessa a intervenire a sostegno delle conclusioni della ricorrente,

vista la memoria di intervento della Marques depositata presso la cancelleria del Tribunale il 22 gennaio 2018,

viste le osservazioni della ricorrente depositate presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2018,

viste le osservazioni dell’EUIPO depositate presso la cancelleria del Tribunale il 28 febbraio 2018,

viste le osservazioni dell’interveniente depositate presso la cancelleria del Tribunale il 28 febbraio 2018,

in seguito all’udienza del 24 gennaio 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti

1        Il 18 dicembre 2013 la ricorrente, adidas AG, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), in forza del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è riprodotto qui di seguito:

3        Nella domanda di registrazione, il marchio è identificato come marchio figurativo ed è descritto nei seguenti termini:

«Il marchio è costituito da tre strisce parallele equidistanti di uguale larghezza, applicate sul prodotto in qualsiasi direzione».

4        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Abbigliamento; scarpe; cappelleria».

5        Il marchio è stato registrato il 21 maggio 2014 con il numero 12442166.

6        Il 16 dicembre 2014 l’interveniente, Shoe Branding Europe BVBA, ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità del marchio controverso, sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 59, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001].

7        Il 30 giugno 2016 la divisione di annullamento ha accolto la domanda di dichiarazione di nullità presentata dall’interveniente, sulla base del rilievo che il marchio controverso era privo di qualsiasi carattere distintivo, sia intrinseco sia acquisito in seguito all’uso.

8        Contro la decisione della divisione di annullamento la ricorrente ha presentato, il 18 agosto 2016, un ricorso dinanzi all’EUIPO, a norma degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001). In tale ricorso, essa non ha contestato l’assenza di carattere distintivo intrinseco del marchio controverso, ma, al contrario, ha sostenuto che detto marchio aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso ai fini dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuti articolo 7, paragrafo 3, e articolo 59, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001).

9        Con decisione del 7 marzo 2017 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso.

10      Anzitutto, la commissione di ricorso ha rilevato che il marchio controverso era stato validamente registrato come marchio figurativo (punto 20 della decisione impugnata). In seguito, essa ha confermato la valutazione della divisione di annullamento secondo la quale tale marchio era privo di carattere distintivo intrinseco (punto 22 della decisione impugnata). Infine, la stessa ha esaminato gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente e ha considerato che la stessa non aveva dimostrato che detto marchio avesse acquisito, in tutta l’Unione europea, un carattere distintivo in seguito all’uso (punto 69 della decisione impugnata). Di conseguenza, la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio controverso fosse stato registrato in violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e che, pertanto, dovesse essere dichiarato invalido (punto 72 della decisione impugnata).

II.    Conclusioni delle parti

11      La ricorrente, sostenuta dall’associazione Marques (in prosieguo: l’«associazione interveniente»), chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese.

12      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese;

–        condannare l’associazione interveniente a sopportare le proprie spese.

13      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

14      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente, sostenuta dall’associazione interveniente, fa valere un motivo di ricorso unico, vertente sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, letto in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 3, di detto regolamento, nonché con i principi di tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità.

15      Si può considerare che tale motivo di ricorso consti di due parti, dal momento che la ricorrente, in sostanza, fa valere, in primo luogo, che la commissione di ricorso ha, erroneamente, escluso numerosi elementi di prova sulla base del fatto che essi riguardavano segni diversi dal marchio controverso e, in secondo luogo, che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione ritenendo che non fosse dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto nel territorio dell’Unione.

A.      Considerazioni preliminari

16      Da un lato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo. In forza dell’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento (divenuto articolo 7, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), tale impedimento alla registrazione assoluto trova applicazione anche se esiste solo per una parte dell’Unione. Tuttavia, in forza dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, detto impedimento non osta alla registrazione di un marchio se lo stesso ha acquisito, per i prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione, un carattere distintivo in seguito dell’uso che ne è stato fatto.

17      Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, su domanda presentata all’EUIPO, il marchio dell’Unione europea è dichiarato nullo allorché lo stesso è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7 del medesimo regolamento. Tuttavia, in forza dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, qualora il marchio dell’Unione europea sia stato registrato in contrasto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale regolamento non può essere dichiarato nullo se, in seguito all’uso che ne è stato fatto, dopo la registrazione ha acquisito carattere distintivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato.

18      Emerge pertanto dall’articolo 7, paragrafo 3, e dall’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 che, nell’ambito di un procedimento di dichiarazione di nullità, l’assenza di carattere distintivo intrinseco di un marchio registrato non comporta la nullità di detto marchio se quest’ultimo ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, prima della sua registrazione o tra la sua registrazione e la data della domanda di nullità [v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2017, bet365 Group/EUIPO – Hansen (BET 365), T‑304/16, EU:C:2017:912, punto 23 e giurisprudenza ivi citata].

19      Si deve parimenti rammentare che il carattere distintivo di un marchio, che sia intrinseco o acquisito in seguito all’uso, comporta che tale marchio è idoneo a identificare il prodotto per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 46, e del 18 giugno 2002, Philips, C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 35).

20      Tale carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, deve essere valutato, da un lato, rispetto ai prodotti o servizi per i quali viene richiesta la registrazione, e, dall’altro, rispetto alla percezione che di esso abbia il pubblico di riferimento (v., per analogia, sentenze del 18 giugno 2002, Philips, C‑299/99, EU:C:2002:377, punti 59 e 63, e del 12 febbraio 2004, Koninklijke KPN Nederland, C‑363/99, EU:C:2004:86, punti 34 e 75).

21      Nel caso di specie, il pubblico di riferimento per i prodotti per i quali il marchio controverso è stato registrato, vale a dire abbigliamento, scarpe e cappelleria, è costituito da tutti i potenziali consumatori di tali prodotti nell’Unione, vale a dire sia il pubblico in generale che il pubblico specializzato.

22      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare le due parti del motivo di ricorso unico menzionate al punto 15 supra.

B.      Sulla prima parte, vertente sull’ingiustificata esclusione di taluni elementi di prova

23      Nell’ambito della prima parte del motivo di ricorso, la ricorrente, sostenuta dall’associazione interveniente, addebita alla commissione di ricorso di aver escluso numerosi elementi di prova sulla base del fatto che riguardavano segni diversi dal marchio controverso. Tale motivo di ricorso si baserebbe, anzitutto, su un’erronea interpretazione del marchio controverso e, poi, su un’erronea applicazione della «legge delle varianti autorizzate». Occorre esaminare in ordine successivo tali due censure.

1.      Sulla prima censura, vertente sull’erronea interpretazione del marchio controverso

24      Nell’ambito della prima censura, la ricorrente, sostenuta dall’associazione interveniente, afferma che, ritenendo che il marchio controverso fosse stato rivendicato solo in determinate dimensioni e, in particolare, in un determinato rapporto tra l’altezza e la larghezza, la commissione di ricorso ha erroneamente interpretato tale marchio. Infatti, detto marchio costituirebbe un «motivo di superficie» che può essere riprodotto in dimensioni e proporzioni differenti in funzione dei prodotti ai quali esso si applica. In particolare, le tre strisce parallele equidistanti che costituiscono il marchio controverso sarebbero idonee ad essere prolungate o tagliate in modi diversi, tra cui in obliquo. Essa aggiunge, basandosi sulle direttive concernenti l’esame dell’EUIPO e sul legittimo affidamento che ne deriva, di poter fare affidamento sul fatto che il marchio di cui trattasi costituisce un marchio a motivi, anche se è stato registrato come marchio figurativo.

25      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente e dell’associazione interveniente.

26      Al fine di rispondere all’argomento della ricorrente e dell’associazione interveniente, in primo luogo, occorre rammentare che, in forza dell’articolo 4 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 4 del regolamento 2017/1001) possono costituire marchi dell’Unione europea tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, a condizione che tali segni siano idonei a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.

27      In secondo luogo, occorre notare che la registrazione può aver luogo solo sulla base ed entro i limiti della domanda di registrazione presentata all’EUIPO dal richiedente. Ne consegue che l’EUIPO non può tener conto delle caratteristiche del marchio richiesto che non sono indicate nella domanda di registrazione o nei documenti di accompagnamento [v. sentenza del 25 novembre 2015, Jaguar Land Rover/UAMI (Forma di un autoveicolo), T‑629/14, non pubblicata, EU:T:2015:878, punto 34 e giurisprudenza ivi citata].

28      A tale riguardo, le caratteristiche di un marchio devono essere valutate alla luce di una serie di fattori.

29      Anzitutto, ai sensi della regola 1, paragrafo 1, lettera d), e della regola 3, paragrafi 2 e 5, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU 1995, L 303, pag. 1) [divenuti articolo 2, paragrafo 1, lettera d), e articolo 3, paragrafi da 6 a 8 e paragrafo 3, lettere b) e f), del regolamento di esecuzione (UE) 2018/626, della Commissione, del 5 marzo 2018, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento n. 2017/1001 e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2017/1431 (GU 2018, L 104, pag. 37)], quando è rivendicata una rappresentazione grafica o un colore particolare, la domanda di marchio dell’Unione europea deve contenere la rappresentazione grafica, se del caso a colori, del marchio.

30      Il requisito della rappresentazione grafica ha lo scopo specifico di definire il marchio stesso, al fine di determinare l’oggetto esatto della tutela conferita attraverso il marchio d’impresa registrato al suo titolare (v., per analogia, sentenze del 12 dicembre 2002, Sieckmann, C‑273/00, EU:C:2002:748, punto 48, e del 24 giugno 2004, Heidelberger Bauchemie, C‑49/02, EU:C:2004:384, punto 27). Conseguentemente, spetta al richiedente depositare una rappresentazione grafica del marchio che corrisponda proprio all’oggetto della tutela che intende ottenere. Una volta che il marchio è stato registrato, il titolare dello stesso non può richiedere una tutela più ampia di quella conferita da detta rappresentazione grafica [v., in tal senso, sentenza del 30 novembre 2017, Red Bull/EUIPO – Optimum Mark (Combinazione dei colori blu e argento), T‑101/15 e T‑102/15, con impugnazione pendente, EU:T:2017:852, punto 71].

31      Successivamente, la regola 3, paragrafo 3, del regolamento n. 2868/95 prevede che la domanda di registrazione «può contenere una descrizione del marchio». Pertanto, una volta che una descrizione è presente nella domanda di registrazione, tale descrizione deve essere considerata congiuntamente alla rappresentazione grafica (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 30 novembre 2017, Combinazione dei colori blu e argento, T‑101/15 e T‑102/15, con impugnazione pendente, EU:T:2017:852, punto 79).

32      Infine, l’EUIPO deve parimenti esaminare il carattere distintivo del marchio di cui è chiesta la registrazione, alla luce del tipo di marchio scelto dal richiedente nella sua domanda di registrazione (v., in tal senso, ordinanza del 21 gennaio 2016, Enercon/UAMI, C‑170/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:53, punti 29, 30 e 32).

33      In terzo luogo, occorre rilevare che, contrariamente al regolamento di esecuzione (UE) 2017/1431, della Commissione, del 18 maggio 2017, recante modalità di applicazione di talune disposizioni del regolamento n. 207/2009 (GU 2017, L 205, pag. 39) (sostituito dal regolamento d’esecuzione 2018/626), né il regolamento n. 207/2009 né il regolamento n. 2868/95, applicabili alla data di deposito della domanda di dichiarazione di nullità, menzionano i «marchi di motivo», né tanto meno i «marchi figurativi», come categorie particolari di marchi.

34      Tuttavia, anche prima dell’entrata in vigore del regolamento di esecuzione 2017/1431, il Tribunale ha riconosciuto che un segno designato come marchio figurativo poteva consistere in una serie di elementi che si ripetono regolarmente [v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2016, Birkenstock Sales/EUIPO (Raffigurazione di un motivo di linee ondulate incrociate), T‑579/14, EU:C:2016:650, punti 43, 49, 53 e 62]. Pertanto, fino all’entrata in vigore del regolamento di esecuzione 2017/1431, un marchio a motivi poteva essere registrato come marchio figurativo, qualora si trattasse di un’immagine [v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2012, Fraas/UAMI (motivo a quadri di colore grigio chiaro, grigio scuro, beige, rosso scuro e marrone), T‑326/10, non pubblicata, EU:T:2012:436, punto 56].

35      Nel caso di specie, secondo la domanda di registrazione, il marchio controverso è stato registrato come marchio figurativo, sulla base della rappresentazione grafica e della descrizione di cui ai paragrafi 2 e 3 supra.

36      Al punto 38 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha interpretato il marchio controverso come segue:

«Esso consiste in tre fini strisce nere verticali e parallele, su fondo bianco, circa cinque volte più alte che larghe. Esso ha relativamente poche caratteristiche: il rapporto altezza/larghezza (pressoché 5:1), lo spazio bianco equidistante tra le strisce nere e il fatto che le strisce siano parallele».

37      Si deve constatare che tale interpretazione del marchio controverso corrisponde strettamente alla rappresentazione grafica sulla base della quale detto marchio è stato registrato. In particolare, la commissione di ricorso ha correttamente concluso che esisteva un rapporto di circa 5 a 1 tra l’altezza e la larghezza totale del marchio controverso. Inoltre, la commissione di ricorso ha correttamente tenuto conto dell’uguale spessore delle tre strisce parallele nere e dei due spazi bianchi che separano tali strisce.

38      La ricorrente tuttavia contesta tale interpretazione del marchio controverso, sostenendo, da un lato, che un marchio figurativo può essere registrato senza indicazione della sua portata o delle sue proporzioni (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 10 luglio 2014, Apple, C‑421/13, EU:C:2014:2070, punti 19 e 27) e, dall’altro, che il marchio controverso è un marchio a motivi. In tali circostanze, la rappresentazione grafica del marchio controverso avrebbe solo la funzione di mostrare un disegno costituito da tre strisce parallele equidistanti, indipendentemente dalla lunghezza delle strisce o dal modo in cui vengono tagliate.

39      Tale argomento non può essere accolto.

40      In primo luogo, si deve rilevare che, sebbene la commissione di ricorso, nella decisione impugnata, abbia caratterizzato il marchio controverso tenendo conto delle proporzioni relative dei vari elementi che compongono tale marchio, come quest’ultimo era stato rappresentato nella domanda di registrazione, essa, al contrario, non ha definito il marchio controverso facendo riferimento alle dimensioni nelle quali detto marchio, considerato nel suo insieme, potrebbe essere riprodotto sui prodotti di cui trattasi. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l’interpretazione del marchio controverso da parte della commissione di ricorso non rimette in discussione il fatto che tale marchio non è stato rivendicato in dimensioni particolari.

41      In secondo luogo, la ricorrente riconosce che il marchio controverso è stato validamente registrato come marchio figurativo. Orbene, risulta dalla giurisprudenza citata al punto 30 supra che un marchio figurativo è, in via di principio, registrato nelle proporzioni indicate nella sua rappresentazione grafica. Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dalla sentenza del 10 luglio 2014, Apple (C‑421/13, EU:C:2014:2070, punti 19 e 27), dedotta dalla ricorrente. Infatti, tale sentenza si limita ad indicare che un disegno può essere registrato come marchio, nonostante esso non disponga di indicazioni relative alla dimensione e alle proporzioni dell’oggetto che rappresenta. Al contrario, tale sentenza non implica che il marchio possa essere registrato senza che siano definite le proporzioni del segno stesso.

42      In terzo luogo, la ricorrente sostiene invano che tale marchio costituisce non un marchio figurativo ordinario, ma un marchio a motivi le cui proporzioni non sarebbero definite.

43      A tal riguardo, anzitutto, non risulta né dalla rappresentazione grafica del marchio controverso né dalla descrizione di detto marchio che esso sia composto da una serie di elementi che si ripetono regolarmente.

44      In seguito, l’affermazione della ricorrente secondo cui l’oggetto della tutela conferita dal marchio controverso sarebbe costituito da tre strisce parallele equidistanti, a prescindere dalla loro lunghezza o dal modo in cui esse sono tagliate, non è suffragata da alcun elemento concreto. Orbene, da un lato, tale affermazione è in contraddizione con la rappresentazione grafica del marchio controverso, che mostra un segno caratterizzato da un rapporto di circa 5 a 1 tra l’altezza e la larghezza totale nonché dalla sua forma rettangolare mentre le tre strisce che lo compongono sono tagliate ad angolo retto. Dall’altro lato, tale affermazione non è corroborata dalla descrizione del marchio controverso, che si limita a ricordare che tale marchio è composto da «tre strisce parallele di larghezza equidistante» e a precisare che tali strisce possono essere «applicate sul prodotto in qualsiasi direzione», senza menzionare che la lunghezza delle strisce potrebbe essere modificata o che le strisce potrebbero essere tagliate in obliquo.

45      Infine, sebbene sia vero che, prima dell’entrata in vigore del regolamento di esecuzione 2017/1431, le direttive concernenti l’esame dell’EUIPO indicavano che «[c]onformemente alla prassi dell’Ufficio, i marchi raffiguranti un motivo [erano] da considerarsi “figurativi”», dette direttive non fornivano una definizione di tali marchi a motivo diversa da quella risultante dalla giurisprudenza menzionata al punto 34 supra. Infatti, tali direttive precisavano che «un marchio figurativo [poteva] essere considerato un marchio “con motivi” quando [consisteva] esclusivamente di un insieme di elementi che si [ripetevano] periodicamente».

46      In tali circostanze, si deve concludere che il marchio controverso è un marchio figurativo ordinario e non un marchio a motivi. Conseguentemente, da un lato, la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore nell’interpretare il marchio controverso e, dall’altro lato, la ricorrente non può, in ogni caso, avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento al fine di contestare tale interpretazione.

47      Ne consegue che la prima censura dev’essere respinta.

2.      Sulla seconda censura, vertente sull’erronea applicazione della «legge delle varianti autorizzate»

48      Nell’ambito della seconda censura, la ricorrente, sostenuta dall’associazione interveniente, afferma che la commissione di ricorso ha erroneamente applicato la «legge delle varianti autorizzate». Essa definisce tale legge come la regola secondo la quale l’uso di un marchio in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo di detto marchio nella forma in cui esso è stato registrato si considera alla stregua di un uso di detto marchio. Essa sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, tutti i documenti che essa ha prodotto sono relativi a forme di uso del marchio controverso per le quali il carattere distintivo di detto marchio non risulta alterato. Pertanto, tali forme di uso sarebbero pertinenti ai fini della valutazione relativa a se il marchio controverso abbia acquisito un carattere distintivo.

49      Prima di esaminare la fondatezza di tale censura, occorre, in limine, definire il termine «uso» del marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

a)      Sulla nozione di uso del marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009

50      La ricorrente, sostenuta dall’associazione interveniente, fa valere che la nozione di uso del marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretata allo stesso modo della nozione di uso effettivo di un marchio di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del medesimo regolamento (divenuto articolo 18, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001), che include, in alcuni casi, l’uso di detto marchio in forme che differiscono da quella in cui tale marchio è stato registrato.

51      L’EUIPO e l’interveniente contestano tale interpretazione. Essi sostengono che la nozione di «uso» di cui all’articolo 7, paragrafo 3, e all’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 è più ristretta rispetto a quella di «uso effettivo» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del medesimo regolamento. A loro avviso, al fine di dimostrare che un marchio ha acquisito un carattere distintivo, il titolare del marchio potrebbe invocare soltanto l’uso del marchio come è stato registrato. Solo variazioni trascurabili potrebbero essere accettate.

52      Occorre determinare se, per quanto riguarda le forme di uso del marchio che possono essere prese in considerazione, la nozione di «uso» del marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 deve o meno essere interpretata allo stesso modo della nozione di «uso effettivo» di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del medesimo regolamento.

53      A tale riguardo, occorre rammentare che l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento 2017/1001] dispone che costituisce parimenti un uso effettivo di un marchio registrato «l’utilizzazione del marchio [stesso] in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del [detto] marchio nella forma in cui esso è stato registrato». Emerge da tale disposizione che un marchio registrato deve essere considerato come oggetto di un uso effettivo nel momento in cui si fornisce la prova dell’uso di tale marchio in una forma leggermente differente da quella della registrazione (sentenza del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI, C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punto 86).

54      Si deve osservare che, evitando di esigere una stretta conformità tra la forma utilizzata in commercio e quella in cui il marchio è stato registrato, l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 è diretto a consentire al titolare di detto marchio di apportare a quest’ultimo, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza modificarne il carattere distintivo, permettono di meglio adattarlo alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi interessati (sentenze del 25 ottobre 2012, Rintisch, C‑553/11, EU:C:2012:671, punto 21, e del 18 luglio 2013, Specsavers International Healthcare e a., C‑252/12, EU:C:2013:497, punto 29).

55      Per contro, a differenza dell’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009, l’articolo 7, paragrafo 3, e l’articolo 52, paragrafo 2, dello stesso regolamento, non prevedono esplicitamente l’uso del marchio in una forma che differisce dalla forma con cui tale marchio è stato oggetto di registrazione e, eventualmente, registrato.

56      Tale differenza di formulazione si spiega con il fatto che le disposizioni di cui al punto 55 supra si basano su una logica diversa. Infatti, l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 si applica solo ad un marchio già registrato e il cui carattere distintivo non è oggetto di contestazione. Tale articolo consente pertanto di mantenere la tutela del marchio mediante la prova del suo uso, se del caso con talune forme che si differenziano dalla forma con cui esso è stato registrato. Al contrario, l’articolo 7, paragrafo 3, e l’articolo 52, paragrafo 2, del medesimo regolamento scaturiscono dall’idea che l’uso, rispettivamente, di un segno intrinsecamente non distintivo e di un marchio erroneamente registrato nonostante la mancanza di carattere distintivo può consentire, in determinati casi, a tale segno o a tale marchio di essere o rimanere registrati. In altre parole, l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 ha come punto di partenza la registrazione di un marchio e comporta il successivo esame del suo uso, mentre l’articolo 7, paragrafo 3, e l’articolo 52, paragrafo 2, del medesimo regolamento hanno come punto di partenza l’uso di un segno al fine di ottenere, se del caso, la sua registrazione o di mantenerla.

57      Nondimeno l’esigenza, menzionata al punto 54 supra, di apportare talune modifiche ad un marchio ai fini del suo sfruttamento commerciale è valida anche per il periodo durante il quale tale marchio ha, eventualmente, acquisito un carattere distintivo in seguito al suo uso, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

58      Per tale motivo il criterio dell’uso non può essere valutato alla luce di elementi diversi a seconda che si tratti di determinare se il criterio stesso sia idoneo a far sorgere diritti concernenti un marchio o ad assicurare il mantenimento di questi ultimi. Se è possibile acquisire la protezione in quanto marchio per un segno attraverso un certo uso che ne è fatto, la medesima forma d’uso deve poter assicurare il mantenimento di siffatta protezione. Pertanto, per quanto riguarda le forme d’uso, i requisiti prevalenti quanto alla verifica dell’uso effettivo di un marchio sono analoghi a quelli concernenti l’acquisizione del carattere distintivo di un segno in seguito all’uso ai fini della sua registrazione (sentenza del 18 aprile 2013, Colloseum Holding, C‑12/12, EU:C:2013:253, punti 33 e 34; v., parimenti, in tal senso e per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Nestlé, C‑353/03, EU:C:2005:61, paragrafo 24).

59      Ne consegue che le forme d’uso di un marchio di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, ivi comprese quelle che differiscono solo per «elementi che non alterano il carattere distintivo di [tale] marchio», devono essere prese in considerazione non solo al fine di determinare se tale marchio sia stato oggetto di un uso effettivo ai sensi di tale disposizione, ma anche ai fini di determinare se tale marchio ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

60      È vero che, nell’ambito dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, sarebbe inappropriato parlare di alterazione del carattere distintivo ancor prima di aver determinato se il marchio ha acquisito o meno un siffatto carattere.

61      Orbene, è stato statuito che l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 contempla situazioni nelle quali la forma del segno utilizzata nel commercio differisce dalla forma con cui tale segno è stato registrato unicamente per elementi trascurabili, in modo tale che le due forme possono essere considerate come complessivamente equivalenti [v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 2015, LTJ Diffusion/UAMI – Arthur e Aston (ARTHUR & ASTON), T‑83/14, EU:T:2015:974, punto 18 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 settembre 2016, hyphen/EUIPO – Skylotec (Rappresentazione di un poligono), T‑146/15, EU:T:2016:469, punto 27].

62      In tali circostanze, come sostiene correttamente la ricorrente, la nozione di uso di un marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 deve essere interpretata nel senso che si riferisce non solo all’uso del marchio nella forma in cui esso è stato sottoposto alla registrazione e, se del caso, registrato, ma anche all’uso del marchio in forme che differiscono da quella forma solo per variazioni trascurabili e che possono, quindi, essere considerate come complessivamente equivalenti a tale forma.

63      Nel caso di specie, si deve rilevare che la commissione di ricorso, in sostanza, ha applicato il criterio di cui al punto 61 supra. La commissione di ricorso, infatti, ha menzionato l’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), del regolamento n. 207/2009 (punto 30 della decisione impugnata) e ha precisato che tale disposizione consentiva di tener conto dell’uso di un segno che differiva dalla forma con cui un segno era stato registrato unicamente per elementi trascurabili, in modo tale che i due segni potevano essere considerati come complessivamente equivalenti (punto 32 della decisione impugnata). Essa ha altresì indicato che, in linea di principio, non era necessario nel contesto dell’articolo 7, paragrafo 3, di detto regolamento, che il marchio fosse riprodotto negli elementi di prova esattamente come era stato registrato (punto 69 della decisione impugnata).

b)      Sull’applicazione della «legge delle varianti autorizzate»

64      La ricorrente addebita alla commissione di ricorso di non aver tenuto debitamente conto della «legge delle varianti autorizzate» ritenendo, erroneamente, in primo luogo, che, in presenza di un marchio estremamente semplice, anche una lieve differenza potesse portare a una significativa alterazione delle caratteristiche del marchio così come era stato registrato, in secondo luogo, che l’uso del marchio controverso con la forma di uno schema di colori invertito alterasse necessariamente il carattere distintivo di tale marchio, in terzo luogo, che taluni elementi di prova mostrassero un segno con due strisce, anziché tre, e, in quarto luogo, che l’uso di strisce inclinate modificasse il carattere distintivo di tale marchio.

65      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

66      In via preliminare, si deve rilevare che l’argomento della ricorrente mira, in sostanza, a contestare la parte della decisione impugnata nella quale la commissione di ricorso ha esaminato se il marchio controverso era presente o meno negli elementi di prova prodotti dalla ricorrente (punti da 29 a 45 della decisione impugnata). Tali elementi di prova consistono principalmente in immagini, derivanti da cataloghi o altro materiale pubblicitario, che mostrano prodotti recanti segni differenti.

67      Al termine del proprio esame, la commissione di ricorso ha ritenuto, come, prima di essa, la divisione di annullamento, che la maggior parte dei documenti prodotti dalla ricorrente non riguardasse il marchio controverso stesso, ma altri segni che differivano significativamente da tale marchio (v., in particolare, punti 33, 42 e 69 della decisione impugnata).

68      In particolare, ai punti 39, 40 e 43 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha riprodotto i seguenti esempi di elementi di prova che, secondo la stessa, non sono tali da dimostrare l’uso del marchio controverso:

69      È alla luce di tali elementi che occorre esaminare i quattro addebiti invocati dalla ricorrente avverso la decisione impugnata (punto 64 supra) e poi determinare se la commissione di ricorso ha potuto legittimamente ignorare i documenti prodotti dalla ricorrente.

1)      Sulla considerazione del carattere estremamente semplice del marchio controverso

70      La commissione di ricorso ha qualificato il marchio controverso come «estremamente semplice», dal momento che tale marchio presentava relativamente poche caratteristiche e consisteva in tre linee nere parallele in una configurazione rettangolare su fondo bianco (punti 37, 38 e 69 della decisione impugnata). Essa ha ritenuto che, data l’estrema semplicità del marchio controverso, anche una lieve differenza poteva comportare una significativa alterazione delle caratteristiche del marchio come è stato registrato (punto 69 della decisione impugnata).

71      A tal riguardo, da un lato, si deve rilevare che la ricorrente non contesta il carattere estremamente semplice del marchio controverso.

72      Dall’altro lato, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, occorre considerare che, in presenza di un marchio estremamente semplice, anche modifiche minori apportate a detto marchio possono costituire variazioni non trascurabili, di modo che la forma modificata non potrà essere considerata come complessivamente equivalente alla forma registrata di tale marchio. Infatti, più un marchio è semplice, meno è idoneo ad avere un carattere distintivo e più un cambiamento a tale marchio può incidere su una delle sue caratteristiche essenziali e alterare pertanto la percezione di tale marchio da parte del pubblico pertinente (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 settembre 2016, Rappresentazione di un poligono, T‑146/15, EU:C:2016:469, punti 33 e 52 e giurisprudenza ivi citata).

73      Ne consegue che la commissione di ricorso non ha commesso errori prendendo in considerazione il carattere estremamente semplice del marchio controverso.

2)      Sulle conseguenze dell’inversione dello schema dei colori

74      La commissione di ricorso ha affermato che, sebbene il marchio controverso consistesse in tre strisce nere su fondo bianco, si poteva, tuttavia, ammettere che esso equivaleva, in sostanza, «a tre strisce colorate su un fondo più chiaro» (punto 38 della decisione impugnata). Al contrario, la commissione di ricorso ha ritenuto che occorresse escludere, in particolare, gli elementi di prova in cui lo schema dei colori era invertito, vale a dire quelli che mostrano strisce bianche (o chiare) su un fondo nero (o scuro) (punti 38 e 42 della decisione impugnata).

75      La ricorrente, sostenuta dall’associazione interveniente, fa valere che, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, l’uso del marchio controverso con la forma di uno schema di colori invertito non altera il carattere distintivo di tale marchio. Infatti, il marchio controverso è stato registrato in bianco e nero e senza rivendicazione di un colore particolare. Ne conseguirebbe che l’uso di detto marchio in varie combinazioni di colori che rispettano il contrasto tra le tre strisce e il fondo costituirebbe un uso di detto marchio ai fini dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.

76      A tale riguardo, va osservato che il marchio controverso è un marchio figurativo che non contiene alcun elemento denominativo e che presenta poche caratteristiche (punto 36 supra). Una di tali caratteristiche è l’uso di tre strisce nere su fondo bianco. Detta caratteristica è all’origine di un contrasto specifico tra, da un lato, le tre strisce nere e, dall’altro, il fondo bianco nonché gli spazi bianchi che separano tali strisce.

77      In dette circostanze, tenuto conto, in particolare, dell’estrema semplicità del marchio controverso e della rilevanza della caratteristica descritta al punto 76 supra, il fatto di invertire lo schema dei colori, mantenendo un netto contrasto tra le tre strisce e il fondo, non può essere qualificato come variazione trascurabile rispetto alla forma registrata del marchio controverso.

78      Ne consegue che la commissione di ricorso era legittimata a non tener conto degli elementi di prova che mostrano non il marchio controverso, ma altri segni che consistono in tre strisce bianche (o chiare) su fondo nero (o scuro).

79      Tale conclusione, che riguarda in particolare tutte le immagini riprodotte al punto 68 supra, ad eccezione di due immagini che mostrano tre strisce parallele di colore nero strettamente associate ad un logo costituito dalla parola «adidas», non può essere rimessa in discussione dagli altri argomenti della ricorrente e dell’associazione interveniente.

80      In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’approccio della commissione di ricorso è in contrasto con quello adottato da taluni giudici nazionali, e segnatamente da due giudici tedeschi e un giudice francese. Tali giudici non avrebbero tratto alcuna conseguenza dall’inversione dello schema dei colori.

81      A tale riguardo, si deve rammentare che il regime dei marchi dell’Unione europea è un sistema autonomo, costituito da un complesso di norme, che persegue obiettivi ad esso specifici e la cui applicazione è indipendente da qualsiasi sistema nazionale (sentenza del 25 ottobre 2007, Develey/UAMI, C‑238/06 P, EU:C:2007:635, punto 65). Conseguentemente, il marchio controverso deve essere valutato esclusivamente sulla base della normativa dell’Unione pertinente e le decisioni rese dai giudici nazionali non possono in ogni caso rimettere in causa la legittimità della decisione impugnata [ordinanza del 22 ottobre 2014, Repsol YPF/UAMI, C‑466/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2331, punto 90; v., parimenti, in tal senso, sentenza del 12 novembre 2008, Lego Juris/UAMI – Mega Brands (Mattoncino Lego rosso), T‑270/06, EU:T:2008:483, punto 91].

82      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che l’approccio seguito dalla commissione di ricorso la pone in una «situazione impossibile» a causa della soluzione adottata dalla seconda commissione di ricorso in una decisione del 28 novembre 2013 (adidas/Shoe Branding Europe BBVA, procedimento R 1208/2012-2, punto 78). In tale decisione, la seconda commissione di ricorso avrebbe considerato che un altro marchio della ricorrente, che rappresenta strisce bianche su un fondo nero, dovrebbe essere applicato in quanto tale sul prodotto, vale a dire sotto forma di un rettangolo nero contenente strisce bianche. Secondo la ricorrente, risulterebbe dalla combinazione di tale decisione e della decisione impugnata che essa non potrebbe in pratica far valere né le forme d’uso che consistono in tre strisce di colore nero su fondo bianco né quelle che consistono in tre strisce bianche su fondo nero.

83      A tale riguardo, si deve rispondere che, per motivi di certezza del diritto e di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare che dei marchi restino indebitamente registrati. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi non rientri in un impedimento alla registrazione (v., per analogia, sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 77). Ne consegue che, nella presente controversia, la ricorrente non può utilmente invocare le conseguenze che per la stessa potrebbe avere una distinta decisione dell’EUIPO relativa ad un segno diverso dal marchio controverso. Inoltre, si deve rammentare che la decisione del 28 novembre 2013, anche a voler supporre che abbia avuto l’importanza e le conseguenze che la ricorrente le attribuisce, è stata annullata dalla sentenza del 21 maggio 2015, adidas/UAMI – Shoe Branding Europe (Due strisce parallele su una scarpa) (T‑145/14, non pubblicata, EU:T:2015:303).

84      In terzo luogo, la ricorrente richiama varie sentenze con le quali il Tribunale ha dichiarato che l’uso di alcuni marchi in varie combinazioni di colori, compreso uno schema di colori invertito, non alterava il carattere distintivo di tali marchi. Orbene, per quanto riguarda soluzioni del caso di specie e alla luce della giurisprudenza di cui al punto 83 supra, un simile argomento non può essere accolto nell’ambito della presente controversia. A fortiori, trattandosi di una questione distinta, la ricorrente non può nemmeno invocare altre sentenze con cui il Tribunale ha statuito che l’inversione dello schema dei colori non ostava, in determinate situazioni, a che due marchi in conflitto fossero considerati simili ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001].

85      In quarto luogo, la ricorrente e l’associazione interveniente fanno valere che l’approccio della commissione di ricorso – consistente nel prendere in considerazione il grado di semplicità o complessità del marchio e nel constatare l’assenza di equivalenza del segno utilizzato quando lo schema dei colori è invertito – non tiene debitamente conto del principio, di cui all’articolo 4 del regolamento n. 207/2009, secondo cui tutti i segni riproducibili graficamente possono costituire, in linea di principio, marchi dell’Unione europea. Secondo le stesse, un simile approccio comporterebbe che alcuni segni, come quelli costituiti da un motivo o registrati in bianco e nero e, in seguito, utilizzati in vari formati e in diversi colori, sarebbero automaticamente esclusi dalla tutela di cui godono i marchi dell’Unione europea.

86      A tal riguardo, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 207/2009, i segni di cui a tale disposizione possono costituire marchi dell’Unione europea solo se idonei a distinguere i prodotti di un’impresa da quelli di altre imprese. Inoltre, l’approccio della commissione di ricorso che consiste nel verificare, tenendo conto delle caratteristiche del marchio controverso, se quest’ultimo ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso, per principio, non osta alla registrazione di talune categorie di segni come marchi dell’Unione europea. Ne consegue che tale approccio non viola l’articolo 4 del regolamento n. 207/2009.

87      In quinto luogo, la ricorrente e l’associazione interveniente invocano l’impatto sproporzionato che l’approccio della commissione di ricorso potrebbe avere per i titolari dei marchi. Esse spiegano che, se detto approccio fosse confermato, i titolari dei marchi avrebbero difficoltà a dimostrare che i loro marchi, compresi quelli apposti su abbigliamento, avevano acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso, cosicché sarebbero in pratica costretti a registrare, sistematicamente, tutti i loro marchi in schemi di colori invertiti nonché in diverse combinazioni di colori.

88      Tuttavia, da un lato, si deve rammentare che le commissioni di ricorso sono tenute ad applicare le disposizioni del regolamento n. 207/2009 e, in particolare, a rifiutare o a annullare la registrazione dei marchi che siano privi di qualsiasi carattere distintivo, indipendentemente dalle conseguenze sfavorevoli che ne risulterebbero per i titolari dei marchi. Dall’altro lato, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 riflette un obiettivo di interesse generale che si confonde, nel caso di specie, con la funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio, consentendogli di distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da quelli di provenienza diversa (sentenze del 16 settembre 2004, SAT.1/UAMI, C‑329/02 P, EU:C:2004:532, punto 27, e dell’8 maggio 2008, Eurohypo/UAMI, C‑304/06 P, EU:C:2008:261, punto 56). In considerazione dell’obiettivo d’interesse generale, le implicazioni per i titolari dei marchi dell’applicazione delle disposizioni del regolamento n. 207/2009 non possono essere considerate eccessive. Pertanto, l’approccio adottato dalla commissione di ricorso non era incompatibile con il principio di proporzionalità.

3)      Sulle immagini che mostrano due strisce nere su fondo bianco

89      La commissione di ricorso ha osservato che talune immagini prodotte dalla ricorrente presentavano segni che in realtà hanno non tre bensì solo due strisce parallele nere (o scure) che contrastano con un fondo bianco (o chiaro) (punti 39, 41 e 42 della decisione impugnata). Tale constatazione riguarda in particolare le prime nove immagini riprodotte al punto 68 supra.

90      La ricorrente contesta tale affermazione della commissione di ricorso. Infatti, da un lato, la commissione di ricorso si sarebbe contraddetta traendo questa conclusione soltanto per una parte delle immagini prodotte. Dall’altro, le immagini in discussione mostrerebbero segni contenenti non due strisce nere (o scure) su fondo bianco (o chiaro), ma tre strisce bianche (o chiare) su fondo nero (o scuro).

91      A tale riguardo, si deve osservare che, ammettendo, come sostiene la ricorrente, che le immagini in discussione mostrino in realtà segni che consistono in tre strisce bianche (o chiare) su fondo nero (o scuro), si deve allora ritenere che tali immagini mostrino usi del marchio controverso sotto forme per le quali lo schema dei colori è invertito. In tali circostanze, detti documenti devono, in ogni caso, essere respinti per i motivi indicati ai punti 77 e 78 supra.

92      Di conseguenza, la circostanza che la commissione di ricorso abbia affermato, erroneamente, che alcune immagini mostravano segni costituiti da due strisce nere (o scure) su fondo bianco (o chiaro) non ha alcuna incidenza sulla legittimità della decisione impugnata.

4)      Sulle immagini che mostrano strisce inclinate

93      Per quanto riguarda la decima immagine riprodotta al punto 68 supra, la commissione di ricorso ha osservato che, sebbene detta immagine mostrasse un’atleta che indossava un capo di abbigliamento contraddistinto da un marchio a tre strisce, le strisce erano tuttavia inclinate secondo un’angolazione diversa da quella che caratterizza il marchio controverso nella sua forma registrata (punto 41 della decisione impugnata). Essa ha stimato che, in tale situazione, le «dimensioni» del marchio controverso non fossero più rispettate (punto 42 della decisione impugnata).

94      La ricorrente contesta la possibilità di escludere immagini sulla base del solo rilievo che le strisce rappresentate sarebbero inclinate. Essa sostiene che le strisce sono apposte su prodotti indossati da atleti e che, di conseguenza, la loro inclinazione e la loro direzione dipendono dal movimento di tali atleti come pure dalla piegatura e dalla presentazione dei prodotti. Al fine di illustrare la sua tesi, essa riproduce nel suo ricorso quattro immagini che mostrano atleti in movimento che indossano capi di abbigliamento recanti un marchio costituito da tre strisce parallele, non verticali ma inclinate.

95      A tal riguardo, da un lato, si deve rilevare che l’immagine menzionata al punto 93 supra e respinta dalla commissione di ricorso mostra un segno il cui schema dei colori è invertito. Lo stesso vale per le quattro immagini menzionate al punto 94 supra e invocate dalla ricorrente. Pertanto, dette cinque immagini devono, in ogni caso, essere respinte per i motivi indicati ai punti 77 e 78 supra.

96      D’altro lato, la ricorrente non individua alcuna immagine che mostra un marchio a tre strisce che rispetti lo schema dei colori e che sarebbe comunque stato respinto o ignorato dalla commissione di ricorso, sulla base del solo rilievo che le strisce rappresentate erano inclinate.

97      Di conseguenza, la ricorrente non può utilmente contestare alla commissione di ricorso di aver constatato che, su alcune immagini, le strisce rappresentate erano inclinate.

5)      Conclusione sull’applicazione della «legge delle varianti autorizzate»

98      La ricorrente non formula nessun’altra critica dell’analisi della commissione di ricorso in merito alle diverse immagini prodotte dalla ricorrente, segnatamente, quelle riportate al punto 68 supra.

99      In particolare, da un lato, la ricorrente non rimette in discussione l’esclusione, da parte della commissione di ricorso delle ultime quattro immagini riprodotte al punto 68 supra. Dette immagini mostrano segni complessi costituiti al contempo da un logo composto dal nome «adidas» e un elemento figurativo composto da tre strisce in un triangolo, in un trifoglio o in una forma rotonda. Peraltro, nel corso dell’udienza, la ricorrente ha espressamente ammesso la non pertinenza di tali immagini.

100    Dall’altro lato, la ricorrente non contesta il fatto che alcune immagini consistono in fotografie di scarpe su cui è apposto un segno costituito da tre strisce parallele di colore chiaro, nettamente più spesse e più brevi di quelle che costituiscono il marchio controverso, nella sua forma registrata, e tagliate in modo obliquo. Lo stesso vale, in particolare, per tre immagini di scarpe, riprodotte al punto 68 supra e escluse ai punti 41 e 42 della decisione impugnata. Orbene, oltre al fatto che, in tale situazione, lo schema dei colori non è rispettato, la modifica simultanea dello spessore e della lunghezza delle strisce nonché del modo in cui sono tagliate incide significativamente su molteplici caratteristiche del marchio controverso descritte al punto 36 supra.

101    Pertanto, le immagini di cui ai punti 99 e 100 supra sono relative a forme di uso diverse dalla forma con cui il marchio controverso è stato registrato. Le differenze constatate costituiscono variazioni non trascurabili, di modo che le forme di uso in discussione non possono essere considerate complessivamente equivalenti alla forma registrata del marchio controverso.

102    Inoltre, benché la ricorrente abbia invocato, in particolare, in udienza, la possibilità di utilizzare il marchio controverso in forme che non rispettano la proporzione di circa 5 a 1 menzionata ai punti 36 e 37 supra, dalla motivazione della decisione impugnata non risulta che la commissione di ricorso abbia escluso le forme di uso del marchio controverso sulla base del solo rilievo che esse non avevano rispettato detta proporzione.

103    In tali circostanze, la conclusione della commissione di ricorso secondo cui i segni figuranti nella maggior parte delle immagini prodotte differivano significativamente dalla forma registrata del marchio controverso non risulta erronea. Pertanto la commissione di ricorso ha correttamente respinto tali immagini sulla base del rilievo che erano relative a segni diversi dal marchio controverso. Di conseguenza, la ricorrente non è legittimata a dedurre una violazione della «legge delle varianti autorizzate».

104    Pertanto, la seconda censura e, conseguentemente, la prima parte del motivo di ricorso unico devono essere respinte nel loro insieme.

C.      Sulla seconda parte, vertente su un errore di valutazione circa l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso

105    Nell’ambito della seconda parte del motivo di ricorso, la ricorrente fa valere, in sostanza, che la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione nel ritenere che essa non avesse dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso che ne era stato fatto nell’Unione.

106    La ricorrente sostiene di aver prodotto numerosi elementi di prova che devono essere valutati complessivamente e indipendentemente dal colore, dalla lunghezza e dall’inclinazione delle strisce rappresentate. Tali elementi di prova dimostrerebbero l’uso intensivo del «marchio a tre strisce parallele equidistanti» nonché il riconoscimento di tale marchio da parte del pubblico pertinente e il fatto che esso lo percepirà come idoneo a designare i prodotti della ricorrente. Detta prova sarebbe fornita in relazione all’intero territorio dell’Unione, e ciò anche alla luce dei soli documenti che mostrano il marchio controverso nella sua forma registrata.

107    Occorre rilevare, in limine, che, al fine di dimostrare che il marchio controverso ha acquisito un carattere distintivo, la ricorrente non può avvalersi di tutti gli elementi di prova che mostrano un marchio costituito da tre strisce parallele equidistanti. Infatti, emerge dalla risposta fornita alla prima parte del motivo di ricorso che gli elementi di prova pertinenti sono soltanto quelli che mostrano il marchio controverso, nella sua forma registrata o, eventualmente, in forme che sono complessivamente equivalenti, circostanza che esclude le forme di uso caratterizzate da un’inversione dello schema dei colori o dal mancato rispetto di altre caratteristiche essenziali del marchio controverso.

108    Pertanto, in un primo momento, si deve determinare se la commissione di ricorso ha correttamente valutato la pertinenza dei vari elementi di prova prodotti dinanzi ad essa dalla ricorrente al fine di stabilire che il marchio controverso era stato utilizzato e aveva acquisito un carattere distintivo. In un secondo momento, occorrerà esaminare, alla luce di tutti gli elementi prodotti, se la commissione di ricorso abbia correttamente ritenuto che tale prova non fosse stata fornita in relazione all’area geografica pertinente, ossia quella dell’Unione.

1.      Sulla pertinenza degli elementi di prova prodotti

109    Secondo costante giurisprudenza, per valutare l’acquisizione da parte di un marchio del carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, possono essere prese in considerazione, in particolare, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica il prodotto o il servizio come proveniente da un’impresa determinata grazie al marchio, nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e dell’industria o di altre associazioni professionali (sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 51, e del 18 giugno 2002, Philips, C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 60).

110    La quota di mercato detenuta dal marchio, come pure la quota di volume pubblicitario per il mercato dei prodotti di cui trattasi rappresentata dagli investimenti pubblicitari intrapresi per promuovere un marchio, possono dunque essere un’indicazione rilevante al fine di valutare se tale marchio abbia acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso (sentenza del 22 giugno 2006, Storck/UAMI, C‑25/05 P, EU:C:2006:422, punti 76 e 77).

111    Gli elementi menzionati ai punti 109 e 110 supra devono essere valutati complessivamente (sentenze del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 49, e del 7 luglio 2005, Nestlé, C‑353/03, EU:C:2005:432, punto 31).

112    Qualora, sulla scorta di tali elementi, si possa ritenere che gli ambienti interessati o quantomeno una parte significativa di questi identifichino grazie al marchio il prodotto come proveniente da un’impresa determinata, se ne deve concludere che la condizione stabilita dall’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 è soddisfatta (v., per analogia, sentenza del 4 maggio 1999, Windsurfing Chiemsee, C‑108/97 e C‑109/97, EU:C:1999:230, punto 52).

113    Nel caso di specie, gli elementi di prova forniti dalla ricorrente possono essere raggruppati in varie categorie, vale a dire, anzitutto, le immagini già dedotte in occasione dell’esame della prima parte del motivo di ricorso, poi, i dati relativi al fatturato e alle spese per il marketing e la pubblicità, in seguito, gli studi di mercato, e, infine, gli altri elementi di prova.

a)      Sulle immagini

114    L’analisi delle immagini prodotte dalla ricorrente rimette ampiamente in questione la pertinenza di tali documenti.

115    Infatti, in primo luogo, dall’esame della prima parte del motivo di ricorso emerge che la commissione di ricorso ha giustamente respinto la maggior parte delle immagini prodotte dinanzi all’EUIPO dalla ricorrente sulla base del rilievo che tali immagini, e in particolare quelle riportate nella decisione impugnata, riguardavano segni che non erano complessivamente equivalenti alla forma registrata del marchio controverso.

116    È vero che, come è stato rilevato al punto 106 supra, la ricorrente fa valere di aver prodotto, in particolare, dinanzi al Tribunale, «numerosi» elementi di prova che mostrano il marchio controverso avente «proprio» o «quasi» le stesse «dimensioni» di quelle della forma registrata del medesimo marchio.

117    Tuttavia, non risulta dai documenti prodotti in allegato al ricorso che essi conterrebbero un numero significativo di elementi di prova che rappresentano segni complessivamente equivalenti alla forma registrata del marchio controverso. Orbene, occorre rammentare, da un lato, che la ricorrente ha prodotto dinanzi all’EUIPO quasi 12 000 pagine di elementi di prova e, dall’altro, che sia la divisione di annullamento sia la commissione di ricorso le hanno addebitato di non aver prodotto prove dell’uso del marchio controverso stesso. Tuttavia, occorre constatare che, dinanzi al Tribunale, la ricorrente non ha individuato tra le immagini prodotte nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, quelle che consentirebbero di dimostrare l’uso del marchio richiesto nella sua forma registrata o in forme complessivamente equivalenti.

118    In secondo luogo, si deve rilevare che talune immagini escluse dalla commissione di ricorso – tra cui le prime tre immagini riprodotte al punto 68 supra – presentano un marchio a tre strisce apposto su borse per lo sport, che non fanno parte dei prodotti di cui trattasi. Pertanto, alla luce della giurisprudenza di cui al punto 20 supra, tali elementi di prova non sono, in ogni caso, pertinenti.

119    In terzo luogo, anche se è vero che alcune immagini prodotte dalla ricorrente corrispondono al marchio controverso e sono, dunque, in grado di dimostrare un certo uso di detto marchio, tali immagini non forniscono tuttavia, in assenza di qualsiasi altro elemento, alcuna indicazione circa la portata e la durata di detto uso o circa l’impatto di tale uso sulla percezione di detto marchio da parte del pubblico di riferimento. Di conseguenza, dette immagini non consentono di dimostrare che tale uso è stato sufficiente affinché una parte significativa del pubblico di riferimento identifichi grazie al marchio controverso il prodotto come proveniente da una determinata impresa.

b)      Sui dati relativi al fatturato e alle spese per il marketing e la pubblicità

120    La ricorrente, in particolare, ha prodotto dinanzi all’EUIPO una dichiarazione giurata che presenta il «marchio adidas» o «marchio a tre strisce» e comporta, per tutti i 28 Stati membri dell’Unione, dati riguardanti il fatturato dell’impresa gestita dalla ricorrente nonché l’importo delle spese per il marketing e la pubblicità sostenute da tale impresa. In detta dichiarazione giurata si è precisato che i prodotti venduti dall’impresa recano quasi tutti il «marchio a tre strisce» e che la maggior parte del suo materiale pubblicitario mostra tale marchio. Detta dichiarazione fornisce anche indicazioni relative alle quote di mercato del «marchio adidas» in alcuni Stati membri, vale a dire Germania, Francia, Polonia e Regno Unito. Inoltre, fornisce una sintesi dell’attività di sponsorizzazione della ricorrente nell’ambito delle manifestazioni e competizioni sportive.

121    Al pari della divisione di annullamento, la commissione di ricorso ha riconosciuto il carattere «considerevole» delle cifre presenti nella dichiarazione giurata (punto 46 della decisione impugnata). A tale riguardo, non vi è dubbio che la ricorrente abbia utilizzato in modo intenso e duraturo alcuni dei suoi marchi all’interno dell’Unione e destinato importanti investimenti alla promozione di questi ultimi.

122    Tuttavia, la commissione di ricorso ha ritenuto, correttamente, che non fosse possibile stabilire un nesso tra le cifre fornite dalla ricorrente e il marchio controverso nonché tra tali dati e i prodotti di cui trattasi (punti 46 e 70 della decisione impugnata).

123    Infatti, le cifre fornite dalla ricorrente riguardano l’insieme dell’attività dell’impresa, considerando indistintamente tutti i prodotti e tutti i marchi. Essi comprendono quindi, da un lato, la vendita e la promozione di prodotti non pertinenti, come le borse per lo sport (v. punto 118 supra), e, dall’altro, la vendita e la promozione dei prodotti che recano esclusivamente segni diversi dal marchio controverso.

124    Inoltre, la maggior parte degli esempi di marketing sportivo e di materiale pubblicitario dedotti dalla ricorrente dinanzi all’EUIPO e riprodotti nel ricorso o prodotti in allegato a tale ricorso mostrano dei segni a tre strisce che, a causa, in particolare, di un’inversione dello schema dei colori non sono complessivamente equivalenti alla forma registrata del marchio controverso.

125    In tali circostanze, i dati relativi al fatturato e alle spese per il marketing e la pubblicità non consentono di dimostrare che il marchio controverso è stato utilizzato e ha acquisito un carattere distintivo in ragione del suo uso.

c)      Sugli studi di mercato

126    La ricorrente ha prodotto dinanzi all’EUIPO 23 studi di mercato realizzati tra il 1983 e il 2011 in Germania, Estonia, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Romania, Finlandia, Svezia e Regno Unito.

127    La commissione di ricorso ha ritenuto, in sostanza, che, dal momento che molti degli studi di mercato prodotti dalla ricorrente non riguardavano il marchio controverso come registrato, tali studi non fossero pertinenti al fine di dimostrare che il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in seguito al suo uso nei territori degli Stati membri interessati (punti da 48 a 50 della decisione impugnata).

128    A tale proposito, è opportuno operare una distinzione tra due categorie di studi di mercato tra quelli presentati dalla ricorrente dinanzi all’EUIPO.

129    In primo luogo, si deve rilevare che, dinanzi al Tribunale, la ricorrente menziona esplicitamente e produce nuovamente cinque studi di mercato condotti tra il 2009 e il 2011, in Germania, Estonia, Spagna, Francia e Romania. Detti studi di mercato sono stati effettuati utilizzando la stessa metodologia e sulla base di una rappresentazione grafica identica a quella riprodotta al punto 2 supra. Essi hanno contribuito a determinare, sulla base di un questionario, un «grado di carattere distintivo» del marchio controverso, definito come la percentuale di intervistati che percepiscono detto marchio come proveniente da un’unica impresa quando è utilizzato in relazione con l’abbigliamento sportivo o le attrezzature sportive. Secondo la conclusione di tali studi di mercato, detto grado di carattere distintivo si attesta, per il grande pubblico, al 57% in Germania, al 48,3% in Estonia, al 47,1% in Spagna, al 52,0% in Francia e al 30,6% in Romania. Per il pubblico specializzato che acquista o utilizza, o che può acquistare o utilizzare, abbigliamento sportivo o attrezzature sportive, il grado di carattere distintivo è più elevato e raggiunge il 63,5% in Germania, il 52,4% in Estonia, il 62,7% in Spagna, il 62,7% in Francia e il 43,2% in Romania.

130    Pertanto, risulta dai cinque studi di mercato di cui al punto 129 supra, da un lato, che essi riguardano l’uso del marchio controverso, nella sua forma registrata, e dall’altro che misurano concretamente la percezione di tale marchio da parte del pubblico di riferimento. Inoltre, né la commissione di ricorso, né l’EUIPO, né l’interveniente hanno contestato la metodologia adottata per realizzare tali studi di mercato. Ne consegue che detti studi sono, in linea di principio, elementi pertinenti al fine di stabilire che il marchio controverso ha acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto.

131    Tuttavia, si deve rilevare che, durante la realizzazione dei cinque studi di mercato, menzionati al punto 129 supra, ai partecipanti era stato precedentemente chiesto se fossero già stati in presenza di tale marchio per quanto riguarda abbigliamento sportivo o attrezzature sportive. Vista l’insistenza della ricorrente circa l’uso del marchio controverso in occasione di attività e competizioni sportive, non si può escludere che la formulazione di tale domanda preliminare abbia agevolato, nella mente degli intervistati, l’associazione di detto marchio ad un’impresa determinata. In tali condizioni, la pertinenza, per quanto riguarda i prodotti di cui trattasi, degli studi di mercato di cui al punto 129 supra deve essere attenuata.

132    In secondo luogo, occorre rilevare che, nelle sue memorie, la ricorrente si limita a fare allusione agli altri 18 studi di mercato che ha prodotto dinanzi all’EUIPO e ad indicare che la commissione di ricorso ha respinto tali studi di mercato in modo sommario.

133    Orbene, si deve constatare che detti 18 studi di mercato sono stati realizzati a proposito di segni che non sono complessivamente equivalenti alla forma registrata del marchio controverso, in particolare in ragione dell’inversione dello schema dei colori o della modifica di altre caratteristiche essenziali del marchio controverso, come il numero di strisce.

134    Pertanto, alcuni studi, condotti in Germania nel 1983, in Spagna nel 1986, nel 1991, nel 2008 e nel 2009, in Francia nel 2011, in Italia nel 2009, in Finlandia nel 2005, in Svezia nel 2003 e nel Regno Unito nel 1995, si riferiscono ai segni costituiti da due, tre o quattro strisce parallele apposte su una scarpa. Tali strisce, di lunghezza, spessore e colore variabili sono sempre poste in modo specifico sulla scarpa e tagliate in obliquo (v., per esempio, le tre immagini riprodotte al punto 68 supra e menzionate al punto 100 supra).

135    Altri studi di mercato condotti in Germania nel 2001 e nel 2004, in Spagna nel 1995, in Italia nel 2004 e nel 2009, nei Paesi Bassi nel 2004, riguardano i segni costituiti da due o tre strisce bianche apposte su capi di abbigliamento di colore nero. Lo studio condotto nei Paesi Bassi nel 2004 riguarda anche i marchi costituiti da due strisce nere apposte su capi di abbigliamento di colore bianco. Inoltre, molti di questi studi riguardano l’esistenza di un rischio di confusione derivante dall’uso dei segni rappresentati, e non l’acquisizione da parte degli stessi di un carattere distintivo in seguito all’uso.

136    Infine, alcuni studi di mercato, effettuati nel 1984 in Germania e nel 1991 in Spagna, avevano ad oggetto non la rappresentazione grafica di un marchio figurativo, ma solo le parole «tre strisce» in tedesco e in spagnolo.

137    In tali circostanze, la ricorrente non è legittimata a lamentarsi del fatto che la commissione di ricorso ha respinto i 18 studi di mercato menzionati ai precedenti punti da 132 a 136 supra.

d)      Sugli altri elementi di prova

138    La ricorrente ha parimenti prodotto molti altri elementi di prova dinanzi all’EUIPO e poi dinanzi al Tribunale e, in particolare, decisioni dei giudici nazionali o articoli di stampa che menzionano la notorietà del proprio «marchio a tre strisce».

139    Tuttavia, nell’ambito della seconda parte del motivo di ricorso, la ricorrente non ha fatto riferimento espressamente e precisamente a tali elementi di prova. In particolare, essa non indica quali decisioni dei giudici nazionali e articoli di stampa sarebbero pertinenti per rimettere in discussione la valutazione della commissione di ricorso per quanto riguarda l’acquisizione, da parte del marchio controverso, di un carattere distintivo.

140    È vero che, nell’ambito della prima parte del motivo di ricorso, la ricorrente fa valere, da un lato, due decisioni di giudici tedeschi e, dall’altro, una decisione di un giudice francese in seguito confermata in appello. Tali decisioni, già menzionate al punto 80 supra e prodotte all’allegato A.8 del ricorso, avrebbero riconosciuto la notorietà e, pertanto, il carattere distintivo dei marchi della ricorrente nonché l’uso effettivo di cui sono stati oggetto.

141    Tuttavia, occorre rilevare, da un lato, che le decisioni dei due giudici tedeschi si riferiscono, in maniera generale, ai «marchi a tre strisce» della ricorrente e, dall’altro, che la decisione del giudice francese è stata resa in relazione ad un marchio costituito da tre strisce bianche apposte su una scarpa e contrastanti con un fondo nero. Pertanto, dal momento che non riguardano forme d’uso idonee ad essere considerate equivalenti alla forma registrata del marchio controverso, tali decisioni non sono pertinenti al fine di dimostrare che tale marchio ha acquisito carattere distintivo in seguito all’uso.

2.      Sulla prova dell’uso del marchio controverso e dell’acquisizione da parte dello stesso di un carattere distintivo in tutta l’Unione

142    Si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 1, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), il marchio dell’Unione europea ha un carattere unitario e produce gli stessi effetti in tutta l’Unione.

143    Risulta dal carattere unitario del marchio dell’Unione europea che, per essere ammesso alla registrazione, un segno deve avere carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, in tutta l’Unione (sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 68).

144    Ne consegue che, per quanto riguarda un marchio privo di carattere distintivo intrinseco nel complesso degli Stati membri, un siffatto marchio può essere registrato in forza di tale disposizione soltanto se è dimostrato che esso ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in tutto il territorio dell’Unione (v., sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

145    Benché sia vero che l’acquisizione, da parte di un marchio, di un carattere distintivo in seguito all’uso debba essere dimostrata per la parte dell’Unione in cui esso non aveva un carattere intrinseco, sarebbe tuttavia eccessivo pretendere che la prova di tale acquisizione venga fornita con riferimento a ciascun singolo Stato membro (v. sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 77 e giurisprudenza ivi citata).

146    Nessuna disposizione del regolamento n. 207/2009 impone infatti di stabilire con prove distinte l’acquisizione del carattere distintivo in seguito all’uso in ciascun singolo Stato membro. Non può essere pertanto escluso che elementi di prova dell’acquisizione, da parte di un segno determinato, del carattere distintivo in seguito all’uso presentino una rilevanza riguardo a più Stati membri, se non a tutta l’Unione (sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 80).

147    In particolare, è possibile che, per taluni prodotti o servizi, gli operatori economici abbiano raggruppato più Stati membri all’interno della medesima rete di distribuzione e abbiano trattato detti Stati membri, in particolare dal punto di vista delle loro strategie di marketing, come se costituissero uno stesso e unico mercato nazionale. In tale ipotesi, gli elementi di prova dell’uso di un segno in un siffatto mercato transfrontaliero possono avere una rilevanza per tutti gli Stati membri interessati (sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 81).

148    Lo stesso accade qualora, a motivo della prossimità geografica, culturale o linguistica tra due Stati membri, il pubblico di riferimento del primo abbia una conoscenza sufficiente dei prodotti o dei servizi presenti nel mercato nazionale del secondo (sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 82).

149    Da tali considerazioni risulta che, sebbene non sia necessario, ai fini della registrazione, sulla base dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, di un marchio privo di carattere distintivo intrinseco nel complesso degli Stati membri dell’Unione, che sia fornita la prova, per ciascun singolo Stato membro, dell’acquisizione da parte del marchio in parola del carattere distintivo in seguito all’uso, le prove fornite devono consentire di dimostrare una siffatta acquisizione in tutti gli Stati membri dell’Unione (sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punto 83). Lo stesso vale per quanto riguarda la registrazione di un marchio sulla base dell’articolo 52, paragrafo 2, di detto regolamento.

150    Nel caso di specie, è pacifico che il marchio controverso è privo di carattere distintivo intrinseco in tutta l’Unione. Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente esaminato se tale marchio avesse acquisito un carattere distintivo per il pubblico pertinente in tutto il territorio dell’Unione (v. punto 22 della decisione impugnata).

151    Si deve constatare che, tra gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente e esaminati ai punti da 114 a 141 supra, i soli ad essere, in una certa misura, pertinenti sono i cinque studi di mercato analizzati ai punti da 129 a 131 supra.

152    Orbene, tali studi sono stati effettuati soltanto in cinque Stati membri e coprono quindi solo una parte del territorio dell’Unione.

153    Tuttavia, la ricorrente, sostenuta dall’associazione interveniente, deduce la giurisprudenza secondo la quale non è affatto richiesto che gli stessi tipi di elementi di prova vengano prodotti per ogni Stato membro [sentenze del 28 ottobre 2009, BSC/UAMI – Deere (Combinazione dei colori verde e giallo), T‑137/08, EU:T:2009:417, punto 39, e del 15 dicembre 2016, Mondelez UK Holdings & Services/EUIPO – Société des produits Nestlé (Forma di una tavoletta di cioccolato), T‑112/13, non pubblicata, EU:T:2016:735, punto 126]. Essa fa valere di aver prodotto, per ciascuno Stato membro, altri documenti relativi, in particolare, al suo fatturato nonché all’importo degli investimenti effettuati per promuovere il marchio controverso. Tali documenti dimostrerebbero che il marchio controverso è utilizzato in modo analogo in diversi Stati membri e, di conseguenza, che i mercati nazionali di tutti gli Stati membri sono comparabili. Pertanto, valutati complessivamente, i diversi elementi di prova prodotti dalla ricorrente consentirebbero di dimostrare che il marchio controverso ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in tutto il territorio dell’Unione.

154    Tale argomento non può essere accolto.

155    Infatti, da un lato, la ricorrente non individua alcun elemento di prova pertinente, ad eccezione dei cinque studi di mercato di cui ai punti 129 e 151 supra. Pertanto, essa non dimostra di aver prodotto elementi di prova pertinenti per quanto riguarda i 23 Stati membri non interessati da tali studi di mercato.

156    Dall’altro lato, la sola produzione di dati relativi al suo fatturato e alle spese per il marketing e la pubblicità, che sono stati raccolti Stato membro per Stato membro, non può essere sufficiente a dimostrare l’esistenza di uno o più mercati transnazionali costituiti da diversi Stati membri. In particolare, la ricorrente non dimostra che, a causa dell’organizzazione delle reti di distribuzione e delle strategie di marketing degli operatori economici, o a causa della conoscenza da parte del pubblico di riferimento, i mercati nazionali dei 23 Stati membri non oggetto degli studi di mercato di cui ai punti 129 e 151 sono comparabili a quelli dei mercati nazionali dei cinque Stati membri in cui tali studi sono stati effettuati. Inoltre, anche se la ricorrente fa valere, al fine di dimostrare l’uso del marchio controverso, la sua sponsorizzazione di manifestazioni sportive di portata europea e internazionale, essa non afferma né dimostra, a sostegno di tale argomento vertente sulla sua attività di sponsorizzazione, che i mercati di diversi Stati membri sono comparabili.

157    Di conseguenza, anche ammettendo che essi siano del tutto pertinenti, i risultati dei cinque studi di mercato di cui ai punti 129 e 151 supra non possono essere estesi a tutti gli Stati membri né essere completati e corroborati, negli Stati membri non contemplati da detti studi, dagli altri elementi di prova prodotti dalla ricorrente.

158    In tali circostanze, i diversi elementi di prova prodotti dalla ricorrente, anche se valutati complessivamente, da un lato, non consentono di dimostrare un uso del marchio controverso in tutto il territorio dell’Unione e, dall’altro, non sono sufficienti, in ogni caso, a dimostrare che, in seguito a tale uso, il marchio controverso è divenuto idoneo, in tutto il suo territorio, ad identificare i prodotti per i quali è stato registrato, e, quindi, a distinguere tali prodotti da quelli di altre imprese.

159    Ne consegue che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore di valutazione nel ritenere che la ricorrente non avesse dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito, in tutto il territorio dell’Unione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne era stato fatto.

160    Pertanto, la seconda parte del motivo di ricorso e, di conseguenza, il motivo di ricorso unico nella sua interezza devono essere respinti.

161    Da quanto precede risulta che il ricorso dev’essere respinto.

IV.    Sulle spese

162    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

163    Nel caso di specie, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’EUIPO e dall’interveniente, conformemente alle domande di questi ultimi.

164    Inoltre, in forza dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che una parte interveniente si faccia carico delle proprie spese. Nel caso di specie, l’associazione interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’adidas AG è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dalla Shoe Branding Europe BVBA.

3)      La Marques si farà carico delle proprie spese.

Gervasoni Madise da Silva Passos
Kowalik‑Bańczyk       Mac Eochaidh

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 giugno 2019.

Firme

Indice

I. Fatti

II. Conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Considerazioni preliminari

B. Sulla prima parte, vertente sull’ingiustificata esclusione di taluni elementi di prova

1. Sulla prima censura, vertente sull’erronea interpretazione del marchio controverso

2. Sulla seconda censura, vertente sull’erronea applicazione della «legge delle varianti autorizzate»

a) Sulla nozione di uso del marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, e dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009

b) Sull’applicazione della «legge delle varianti autorizzate»

1) Sulla considerazione del carattere estremamente semplice del marchio controverso

2) Sulle conseguenze dell’inversione dello schema dei colori

3) Sulle immagini che mostrano due strisce nere su fondo bianco

4) Sulle immagini che mostrano strisce inclinate

5) Conclusione sull’applicazione della «legge delle varianti autorizzate»

C. Sulla seconda parte, vertente su un errore di valutazione circa l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso

1. Sulla pertinenza degli elementi di prova prodotti

a) Sulle immagini

b) Sui dati relativi al fatturato e alle spese per il marketing e la pubblicità

c) Sugli studi di mercato

d) Sugli altri elementi di prova

2. Sulla prova dell’uso del marchio controverso e dell’acquisizione da parte dello stesso di un carattere distintivo in tutta l’Unione

IV. Sulle spese




Marchi UE – carattere distintivo – Italia Oggi del 20-06-2019

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Incentivi senza lacci e lacciuoli Italia Oggi del 13 maggio 2019

Smart & Start semplificato. Via al Voucher per i Brevetti

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Rischio di confusione tra marchi -Italia Oggi del 29-04-2019

Sentenza della Corte di Cassazione del 11 aprile 2019 –

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Finanziamenti a lunga gittata. Decreto crescita Italia Oggi del 5 aprile 2019

Decreto crescita cosa cambia per gli aiuti destinati ai giovani e alle donne.

Sono ammissibili spese relative a terreno, impianti, macchinari, brevetti, licenze e marchi.




Diritto d’autore ai provider spetta attivarsi per le licenze Italia Oggi del 1 Aprile 2019




Un voucher per brevettare da 15 mila euro a impresa – Italia Oggi del 29/03/2019

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Scudo amministrativo sui Brand – Italia Oggi del 25 marzo 2019

In vigore dal 23 marzo il decreto legislativo che attua la direttiva UE. Sdoganati i marchi diversi da rappresentazioni grafiche.

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Deposito di marchi più facile. In G.U il decreto legislativo che attua la direttiva Ue. In vigore dal 23 marzo.

In G.U il decreto legislativo che attua la direttiva Ue. In vigore dal 23 marzo.

Non sarà più necessaria la riproduzione grafica.

Articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Settore Innovazione: Brevetti, Camera di Commercio di Roma – Italia Oggi del 04-03-2019

articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Obiettivo grandi imprese – Italia Oggi del 27/02/2019

100 mln per macchinari, software e impianti. Tra le spese ammissibili quelle sostenute per brevetti e marchi commerciali.

articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Marchi a tutela europea – Italia Oggi del 25-02-2019

articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Software, brevetti a tutela light – Italia Oggi del 16-02-2019

Non c’è contraffazione se l’attività è difesa dal copyright.

No ai marchi che confliggono con Dop e Igp. Arrivano i nuovi marchi di certificazione.

articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Alfredo’s Gallery – Alfredo alla Scrofa, Alfredo 1907 contro “Il Vero Alfredo” Opposizione del 29-01-2019

Si tratta di tre diversi marchi anteriori: Alfredo’ Gallery, Alfredo alla Scrofa, Alfredo 1907. Il marchio impugnato è “Il vero Alfredo Imperatore delle fettucine” Le classi di riferimento contestate sono la classe 43 ristorazione, la classe 29 carne, pesce, pollame ecc, la classe 30 riso tapioca farine ecc, la classe 35 pubblicità. L’elemento ‘ALFREDO’ sarà percepito come prenome di persona e non essendo descrittivo, elogiativo o allusivo relativamente ai prodotti e servizi oggetto del marchio, si considera normalmente distintivo. Le parole del marchio impugnato ‘IL VERO ALFREDO’ saranno intese come un riferimento al ‘vero” prodotto o servizio contraddistinto con il nome ‘Alfredo’ di conseguenza tutti i prodotti “imitati” saranno intesi di qualità inferiori. L’espressione “L’imperatore delle fettuccine” è invece descrittiva dei prodotti/servizi. La divisione d’Opposizione ritiene che ci sia un rischio di confusione per la parte del pubblico di lingua italiana.

OPPOSIZIONE N. B 1 914 111

Mario Mozzetti, Via della Scrofa, 103, 00186 Roma, Italia
(opponente), rappresentato da Lexico S.r.l., Via Cacciatori delle Alpi
28, 06121 Perugia, Italia (rappresentante professionale)

c
o n t r o

L’Originale Alfredo
All’Augusteo S.r.l.
, Piazza Augusto Imperatore 30,
00186 Roma,

Italia
(richiedente), rappresentata da De Simone & Partners S.p.A., Via
Vincenzo Bellini 20, 00198 Roma, Italia (rappresentante professionale).

Il 29/01/2019, la
Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1.       L’opposizione n. B 1 914 111 è accolta per
tutti i prodotti e servizi contestati, ossia:

Classe 29:       Carne,
pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati,
congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e
prodotti derivati dal latte; oli commestibili, grassi commestibili.

Classe 30:       Riso,
tapioca, sagu; farine e preparati fatti di cereali, pane, gelati; miele,
sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto,
salse (condimenti); spezie; ghiaccio per rinfrescare.

Classe 35:       Pubblicità;
gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio;
servizi di vendita al dettaglio dei seguenti prodotti: carne, pesce, pollame e
selvaggina, estratti di carne, frutta e ortaggi conservati, congelati,
essiccati e cotti, gelatine, marmellate, composte, uova, latte e prodotti
derivati dal latte, olii e grassi commestibili, riso, tapioca, sago, farine e
preparati fatti di cereali, pane, gelati, miele, sciroppo di melassa, lievito,
polvere per fare lievitare, sale, senape, aceto, salse (condimenti), spezie,
ghiaccio, prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, animali
vivi, frutta e ortaggi freschi, sementi, piante e fiori naturali, alimenti per
gli animali, malto, birre, acque minerali e gassose ed altre bevande
analcoliche, bevande di frutta e succhi di frutta, sciroppi ed altri preparati
per fare bevande, bevande alcoliche (tranne le birre), apparati per la
misurazione e contatori, orologi , gioielli, chincaglieria, borse, tubi e
materiale da costruzione, bitume, prodotti alimentari, giornali, vestiario,
borse e oggetti in pelle, diari, calendari e strumenti per scrivere, cartoleria
quali anche adesivi, penne, quaderni, profumi e preparati per la sbianca e per
pulire, prodotti chimici, carburanti e lubrificanti, strumenti musicali, armi,
fuochi d’artificio, CD, DVD, software e computer, apparati elettronici,
apparati elettrici, luci lampade, elettrodomestici, gioielleria e bigiotteria,
orologi, occhiali, tende e tessuti quali anche canovacci da cucina, presine,
tovaglie, borse stopper e grembiuli, oggetti per la casa e contenitori di ogni
tipo, utensili e complementi di arredo per casa e cucina, prodotti da fumo,
giochi e giocattoli, attrezzature sportive, oggetti in gomma, di plastica, di
marmo, mobili per arredamento, tappeti, corde, prodotti in lino, lenzuola e
tovaglie, giornali, riviste e libri, farmaci, vernici, apparati per illuminare,
riscaldare, cuocere e refrigerare, di distribuzione di acqua e impianti
sanitari, equipment da bar e ristoranti quali anche tovaglioli, bicchieri (in
carta e in vetro), tazze e tazzine in porcellana, bustine da zucchero,
sottobicchieri, carta per pacchetti, sacchetti in carta, borse in carta,
arredi, autoveicoli, mezzi di locomozione quali anche vetture elettriche,
materiale pubblicitario quale anche leaflet, brochure, manifesti, fidelity
card.

Classe 43:       Servizi
di ristorazione (alimentazione); alloggi temporanei.

2.       La domanda di marchio dell’Unione europea
n. 10 148 492 è totalmente respinta.

3.       Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate a 650

MOTIVAZIONE

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 10 148 492 per il marchio figurativo . L’opposizione si basa sulle seguenti registrazioni anteriori: registrazione di marchio dell’Unione europea n. 6 779 151 per il marchio figurativo , registrazione di marchio dell’Unione europea n. 3 108 289 nonche’ registrazione di marchio italiano n. 873 003, entrambe per il marchio figurativo, e registrazione di marchio italiano n. 1 292 986 (rinnovo della registrazione di marchio precedente n. 845 124) per il marchio figurativo . L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

PROVA
DELL’ESISTENZA E VALIDITÀ DEL MARCHIO ANTERIORE ITALIANO n. 873 003

Ai
sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE (nella versione in vigore al momento
dell’avvio della fase di contraddittorio, ora articolo 95, paragrafo 1, RMUE),
nel corso del procedimento
l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, nei procedimenti
concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in
tale esame, ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti e alle richieste
presentate dalle parti.

Ne discende che l’Ufficio non può tenere conto di diritti
asseriti per i quali l’opponente non abbia prodotto prove adeguate.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 1, REMUE (nella
versione in vigore al momento dell’avvio della fase di contraddittorio),
l’Ufficio dà alla parte opponente l’opportunità di presentare i fatti, le prove
e le osservazioni a sostegno della sua opposizione o di completare eventuali
fatti, prove od osservazioni che siano già stati presentati insieme con l’atto
di opposizione entro un termine fissato dall’Ufficio.

Conformemente
alla regola 19, paragrafo 2, REMUE (nella versione in vigore al momento
dell’avvio della fase di contraddittorio), entro il termine di cui sopra, l’opponente deposita inoltre le prove
dell’esistenza, della validità e della portata della protezione del suo marchio
anteriore o diritto anteriore, nonché la prova del suo diritto a proporre
opposizione.

In
particolare, se l’opposizione è basata su un
marchio registrato che non è un marchio dell’Unione europea, l’opponente deve
presentare una copia del relativo certificato di registrazione ed eventualmente
dell’ultimo certificato di rinnovo, da cui risulti che il periodo di protezione
del marchio si estende oltre il termine di cui al paragrafo 1, e le eventuali
proroghe, o i documenti equivalenti, rilasciati dall’amministrazione dalla
quale il marchio è stato registrato, regola 19, paragrafo 2,
lettera a), punto ii), REMUE(nella
versione in vigore al momento dell’avvio della fase di contraddittorio).

Nel presente caso, non sono state accluse all’atto di
opposizione prove riguardanti il marchio anteriore italiano n. 873 003 per il marchio figurativosul
quale, inter alia, si basa l’opposizione.

In data 28/12/2011 sono
stati concessi all’opponente due mesi, a decorrere dalla fine del periodo di
riflessione, per presentare il materiale probatorio di cui sopra. Questo
termine è scaduto in data 04/05/2012.

Conformemente alla regola
20, paragrafo 1, REMUE (nella versione in vigore al momento dell’avvio della
fase di contraddittorio), se entro il
termine di cui alla regola 19, paragrafo 1, REMUE (nella
versione in vigore al momento dell’avvio della fase di contraddittorio), l’opponente non ha provato l’esistenza, la validità e
la portata della protezione del suo marchio anteriore o del suo diritto
anteriore, nonché il suo diritto a proporre l’opposizione, l’opposizione viene
respinta in quanto infondata.

L’opposizione deve
pertanto essere respinta in quanto infondata, in relazione al suddetto marchio.

Di consequenza,
l’opposizione verrà esaminata qui di seguito in relazione alle registrazioni di
marchio dell’Unione europea n. 3 108 289  e
n. 6 779 151, nonché in relazione alla registrazione di marchio italiano anteriore
n. 1 292 986 dell’opponente.

RISCHIO
DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste
un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che
i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi,
provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese
economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende
dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori
che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la
somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere
distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni
in conflitto così come il pubblico di riferimento.

a)      I prodotti e
servizi

Dopo
I’adozione delle decisioni definitive nei procedimenti di cancellazione contro
i marchi UE anteriori n. 3 108 289 e n. 6 779 151,
i prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

marchio
UE n. 3 108 289

Classe 29:       Carne,
pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati,
essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti
derivati dal latte; olii e grassi commestibili.

Classe 30:       Tapioca,
sago; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse
(condimenti); spezie; ghiaccio.

Classe 33:      Bevande
alcoliche.

marchio
UE n. 6 779 151

Classe 30:       Tapioca,
sago, lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse
(condimenti); spezie;
ghiaccio.

Classe 35:       Servizi
di rivendita di prodotti alimentari; pubblicità; gestione di affari
commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio.

marchio
italiano n. 1 292 986

Classe 42:      Servizi
vari inerenti il comparto alimentare e della ristorazione.

In
seguito alla limitazione richiesta dalla richiedente l’08/11/2012 ed accettata
dall’Ufficio il 12/11/2012, i prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

Classe 29:       Carne,
pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati,
congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e
prodotti derivati dal latte; oli commestibili, grassi commestibili.

Classe 30:       Riso,
tapioca, sagu; farine e preparati fatti di cereali, pane, gelati; miele,
sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto,
salse (condimenti); spezie; ghiaccio per rinfrescare.

Classe 35:       Pubblicità;
gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio;
servizi di vendita al dettaglio dei seguenti prodotti: carne, pesce, pollame e
selvaggina, estratti di carne, frutta e ortaggi conservati, congelati,
essiccati e cotti, gelatine, marmellate, composte, uova, latte e prodotti
derivati dal latte, olii e grassi commestibili, riso, tapioca, sago, farine e
preparati fatti di cereali, pane, gelati, miele, sciroppo di melassa, lievito,
polvere per fare lievitare, sale, senape, aceto, salse (condimenti), spezie,
ghiaccio, prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, animali
vivi, frutta e ortaggi freschi, sementi, piante e fiori naturali, alimenti per
gli animali, malto, birre, acque minerali e gassose ed altre bevande
analcoliche, bevande di frutta e succhi di frutta, sciroppi ed altri preparati
per fare bevande, bevande alcoliche (tranne le birre), apparati per la
misurazione e contatori, orologi , gioielli, chincaglieria, borse, tubi e
materiale da costruzione, bitume, prodotti alimentari, giornali, vestiario, borse
e oggetti in pelle, diari, calendari e strumenti per scrivere, cartoleria quali
anche adesivi, penne, quaderni, profumi e preparati per la sbianca e per
pulire, prodotti chimici, carburanti e lubrificanti, strumenti musicali, armi,
fuochi d’artificio, CD, DVD, software e computer, apparati elettronici,
apparati elettrici, luci lampade, elettrodomestici, gioielleria e bigiotteria,
orologi, occhiali, tende e tessuti quali anche canovacci da cucina, presine,
tovaglie, borse stopper e grembiuli, oggetti per la casa e contenitori di ogni
tipo, utensili e complementi di arredo per casa e cucina, prodotti da fumo,
giochi e giocattoli, attrezzature sportive, oggetti in gomma, di plastica, di
marmo, mobili per arredamento, tappeti, corde, prodotti in lino, lenzuola e
tovaglie, giornali, riviste e libri, farmaci, vernici, apparati per illuminare,
riscaldare, cuocere e refrigerare, di distribuzione di acqua e impianti
sanitari, equipment da bar e ristoranti quali anche tovaglioli, bicchieri (in
carta e in vetro), tazze e tazzine in porcellana, bustine da zucchero,
sottobicchieri, carta per pacchetti, sacchetti in carta, borse in carta,
arredi, autoveicoli, mezzi di locomozione quali anche vetture elettriche,
materiale pubblicitario quale anche leaflet, brochure, manifesti, fidelity
card.

Classe 43:       Servizi
di ristorazione (alimentazione); alloggi temporanei.

Successivamente, la
richiedente ha richiesto un’altra limitazione che, tuttavia, non era stata
espressa in maniera chiara: l’Ufficio, pertanto, ha richiesto di chiarire tale
limitazione entro un termine di due mesi, informando la richiedente che in caso
di mancata risposta, la lista di cui sopra sarebbe stata mantenuta. In assenza
di risposta al riguardo da parte della richiedente, l’Ufficio mantiene la lista
sopra.

In via preliminare, occorre osservare che, secondo
l’articolo 33, paragrafo 7, RMUE, i prodotti e i servizi non sono
considerati simili o diversi tra loro per il fatto che figurano nella stessa
classe o in classi distinte della classificazione di Nizza.

Inoltre,
al fine di determinare l’effettiva portata della protezione attribuibile ad un
elenco di prodotti o servizi, e’ necessario interpretarne la formulazione. In
particolare, i servizi coperti dal marchio italiano anteriore n. 1 292 986
nella classe 42, ovvero i servizi vari
inerenti il comparto alimentare e della ristorazione
, sono stati trasferiti
dalla classe 42 alla classe 43 con l’8ª edizione della classificazione di
Nizza. Tuttavia, la natura di tali servizi non è cambiata. Infatti, a ogni
revisione della classificazione di Nizza si apportano modifiche alla classificazione
di servizi (in particolare, si trasferiscono servizi da una classe all’altra,
come nel caso in esame) o si modifica il contenuto letterale dei titoli. In
tali casi, l’elenco di servizi sia del marchio anteriore che del segno
impugnato deve essere interpretato in base all’edizione della Classificazione
di Nizza vigente al momento del deposito. Nel presente caso,
poiché la natura di tali servizi non è cambiata, e nonostante l’uso di una
dicitura leggermente diversa, i servizi di ristorazione in questione
classificati in diverse classi a causa delle diverse date di deposito delle
rispettive domande, sono considerati identici.

I
fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter
alia
, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali
di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o
complementarità.

Prodotti
contestati in classe 29

Carne, pesce, pollame e
selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti;
gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; olii
e grassi commestibili
sono identicamente contenuti in entrambe le
liste di prodotti coperti nella classe 29 dal marchio UE
n. 3 108 289, da un lato, e dal segno contestato dall’altro.

I rimanenti prodotti contestati, frutta e ortaggi congelati, sono
compresi nell’ampia categoría di frutta e
ortaggi conservati
nella classe 30 coperti dal marchio UE
n. 3 108 289 dell’opponente. Pertanto, sono identici.

Prodotti
contestati in classe 30

Tapioca,
sagu; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse
(condimenti); spezie; ghiaccio per rinfrescare
sono identicamente
contenuti in entrambe le liste di prodotti coperti nella classe 30 dal marchio
UE n. 3 108 289, da un lato, e del segno contestato, dall’altro
(nonostante che nel segno contestato sago
è scritto con un ovvio errore di battitura, perciò, anche essi sono da
considerare identici).

I rimanenti prodotti contestati riso, farine e preparati fatti di cereali,
pane, gelati; miele, sciroppo di melassa
sono tutti prodotti alimentari.

I
servizi di rivendita coperti in classe 35 dal marchio anteriore UE
n. 6 779 151 dell’opponente concernenti la vendita di
prodotti alimentari presentano un basso grado di somiglianza con tali prodotti.
Sebbene la natura, la finalità e la modalità di utilizzazione di detti prodotti
e servizi non siano le stesse, essi presentano alcune somiglianze dal momento
che sono complementari e i servizi sono prestati generalmente negli stessi
luoghi in cui i prodotti sono offerti in vendita. Inoltre, i prodotti e i
servizi in questione sono diretti al medesimo pubblico. Pertanto, i prodotti
contestati riso, farine e preparati fatti
di cereali, pane, gelati; miele, sciroppo di melassa
nella classe 30
presentano un basso grado di somiglianza con i servizi di rivendita di prodotti alimentari nella
classe 35 dell’opponente.

Servizi
contestati in classe 35

Pubblicità; gestione di
affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio
sono identicamente
contenuti in entrambe le liste di servizi nella classe 35  coperti dal marchio UE anteriore
n. 6 779 151, da un lato, e del segno contestato dall’altro.   

I
servizi di vendita al dettaglio dei
seguenti prodotti: carne, pesce, estratti di carne, frutta e ortaggi
conservati, congelati, essiccati e cotti, gelatine, marmellate, composte, uova,
latte e prodotti derivati dal latte, olii e grassi commestibili, riso, tapioca,
sago, farine e preparati fatti di cereali, pane, gelati, miele, sciroppo di
melassa, lievito, polvere per fare lievitare, sale, senape, aceto, salse
(condimenti), spezie, prodotti agricoli, orticoli, forestali e
granaglie, frutta e ortaggi freschi, sementi, alimenti per gli animali,
malto, birre, acque minerali e gassose ed altre bevande analcoliche, bevande di
frutta e succhi di frutta, sciroppi ed altri preparati per fare bevande,
bevande alcoliche (tranne le birre); prodotti alimentari, bustine da zucchero
sono
da ritenersi compresi nell’ ampia categoria di servizi di rivendita di prodotti alimentari in classe 35, coperti
dal marchio UE n. 6 779 151 dell’opponente. Pertanto, sono identici.

Inoltre,
secondo la giurisprudenza, i servizi di “vendita al dettaglio” concernenti la
vendita di specifici prodotti presentano un basso grado di somiglianza con tali
prodotti (05/05/2015, T-715/13, Castello (fig.) /Castelló y Juan S.A. (fig.) et
al., § 33). Sebbene la natura, la finalità e la modalità di utilizzazione di
detti prodotti e servizi non siano le stesse, essi presentano alcune
somiglianze dal momento che sono complementari e i servizi sono prestati
generalmente negli stessi luoghi in cui i prodotti sono offerti in vendita.
Inoltre, i prodotti e i servizi in questione sono diretti al medesimo pubblico. Pertanto, i servizi contestati: servizi di vendita al dettaglio dei seguenti
prodotti: pollame e selvaggina
nella classe 35 presentano un basso grado
di somiglianza con i prodotti anteriori pollame
e selvaggina
nella classe 29 dell’opponente, rivendicati all’interno del
marchio UE anteriore No  3 108 289. Allo stesso modo, i servizi
contestati: servizi di vendita al
dettaglio dei seguenti prodotti: ghiaccio
presentano un basso grado di
somiglianza con il ghiaccio  nella classe 30 dell’opponente,
rivendicato, inter alia, all’interno del marchio UE anteriore No
3 3 108 289.

Per
quanto riguarda, invece, i restanti servizi contestati in classe 35, ovvero i servizi di vendita al dettaglio dei seguenti
prodotti: animali vivi, piante e fiori naturali, apparati per la misurazione e
contatori, orologi, gioielli, chincaglieria, borse, tubi e materiale da costruzione,
bitume, giornali, vestiario, borse e oggetti in pelle, diari, calendari e
strumenti per scrivere, cartoleria quali anche adesivi, penne, quaderni,
profumi e preparati per la sbianca e per pulire, prodotti chimici, carburanti e
lubrificanti, strumenti musicali, armi, fuochi d’artificio, CD, DVD, software e
computer, apparati elettronici, apparati elettrici, luci lampade,
elettrodomestici, gioielleria e bigiotteria, orologi, occhiali, tende e tessuti
quali anche canovacci da cucina, presine, tovaglie, borse stopper e grembiuli,
oggetti per la casa e contenitori di ogni tipo, utensili e complementi di
arredo per casa e cucina, prodotti da fumo, giochi e giocattoli, attrezzature
sportive, oggetti in gomma, di plastica, di marmo, mobili per arredamento,
tappeti, corde, prodotti in lino, lenzuola e tovaglie, giornali, riviste e
libri, farmaci, vernici, apparati per illuminare, riscaldare, cuocere e
refrigerare, di distribuzione di acqua e impianti sanitari, equipment da bar e
ristoranti quali anche tovaglioli, bicchieri (in carta e in vetro), tazze e
tazzine in porcellana, sottobicchieri, carta per pacchetti, sacchetti in carta,
borse in carta, arredi, autoveicoli, mezzi di locomozione quali anche vetture
elettriche, materiale pubblicitario quale anche leaflet, brochure, manifesti,
fidelity card
, va notato che i servizi di vendita al dettaglio di prodotti
specifici sono considerati simili ai servizi di vendita al dettaglio di altri
prodotti specifici, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno una somiglianza
tra i prodotti in questione. I servizi a confronto hanno in comune la stessa
natura, essendo entrambi servizi di vendita al dettaglio, hanno la stessa
destinazione, che è quella di consentire ai consumatori di soddisfare
comodamente le diverse esigenze di spesa e hanno la stessa modalità d’uso.
Inoltre a seconda che i prodotti in questione siano venduti comunemente al
dettaglio negli stessi negozi, essi possono coincidere per quanto riguarda il
pubblico di riferimento e i canali di distribuzione, nel qual caso devono
essere considerati molto simili. Pertanto, i servizi di vendita al dettaglio
citati sopra sono da considerarsi almeno simili ai servizi di rivendita di prodotti alimentari in classe 35 coperti
dal marchio UE n. 6 779 151 dell’opponente.

Servizi
contestati in classe 43

Considerato
quanto sopra riguardante la protezione attribuibile all’elenco dei servizi
anteriori nella classe 42 del marchio italiano n. 1 292 986(servizi
vari inerenti il comparto alimentare e della ristorazione)
, i servizi di ristorazione contestati nella classe 43 si sovrappongono
con essi. Pertanto, questi servizi sono da ritenersi identici.

I
rimanenti servizi contestati in classe 43, alloggi
temporani
, sono da considerarsi simili ai servizi anteriori di
ristorazione coperti dal marchio italiano n. 1 292 986 anteriore poiche
questi prodotti spesso presentano i medesimi canali di distribuzione, fornitori
e pubblico di riferimento.      

b)      Pubblico di riferimento – grado di
attenzione

Si ritiene che il consumatore
medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e
ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto
che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del
settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel
presente caso, la maggior parte dei prodotti e servizi che risultano essere identici o simili
(in vario grado) sono diretti al grande pubblico, anche se alcuni servizi, come
ad esempio i servizi di pubblicita e gestione di affari commerciali in classe
35 sono servizi specializzati, destinati a una clientela commerciale composta
da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale.
Si ritiene che il grado di attenzione sia medio per tutti i prodotti in
questione e variabile da medio ad alto con riferimento a certi servizi nella
classe 35, in base al prezzo, alla loro natura
specialistica o ai termini e alle condizioni dei servizi acquistati.

c)      I segni


(marchio UE
n. 3 108 289)
 
 
 
(marchio UE
n. 6 779 151) 
 
 

(marchio italiano
n. 1 292 9869)
 

 
Marchi anteriori
 
Segno impugnato

Il
territorio di riferimento è l’Unione europea, per quanto riguarda i marchi
anteriori UE, e l’Italia per quanto riguarda il marchio anteriore italiano.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto
attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui
trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione,
in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi
(11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il carattere unitario del marchio
dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore possa
essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda
di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione
del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori
in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P,
Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo
per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per
respingere la domanda contestata.

L’elemento
comune, ‘ALFREDO’ verra’ percipito come un prenome maschile (di origine
italiano, spagnolo, portogese) in tutta l’Unione europea. Nel presente caso,
tenuto conto anche del fatto che i marchi in conflitto contengono termini di
origine italiana, la divisione d’Opposizione reputa opportuno incentrare la
comparazione dei segni sulla parte del pubblico che parla italiano.

Il segno
contestato è un marchio figurativo, composto dall’elemento verbale ‘IL VERO
ALFREDO’ riprodotto in caratteri stampatelli neri e grassetto, dall’elemento
verbale ‘IMPERATORE DELLE FETTUCCINE’ riprodotto in stampatello nero in dimensioni
assai piu piccole, e da elementi figurativi consistenti in un disegno
stilizzato della cupola di San Pietro e del Colosseo a Roma circondati da una
corona d’alloro, simbolo trionfale utilizzato nell’impero romano, riprodotto in
color giallo/oro.

L’elemento
‘ALFREDO’ sarà percipito come indicato sopra: tale prenome, pur non essendo
estremamente raro, non e’ molto diffuso in Italia,. Giacchè non è descrittivo,
elogiativo o allusivo in relazione ai prodotti e servizi in questione, è
considerato normalmente distintivo. L’espressione consistente nei termini
italiani ‘IL VERO ALFREDO’ sara’ intesa come un riferimento al ‘reale’ prodotto
o servizio contraddistinto con il nome ‘Alfredo’, o alla reale origine del
prodotto/servizio in questione, al contrario delle sue ‘imitazioni’ la cui
qualita’, o un’altra caratteristica rispetto al prodotto/servizio ‘vero e
prioprio’, è intesa come inferiore. E’, dunque, il termine ‘ALFREDO’ l’elemento
verbale maggiormente distintivo rispetto agli altri termini (l’articolo
maschile ‘IL’ e l’aggettivo ‘VERO’) all’interno dell’espressione ‘IL VERO
ALFREDO’). Gli elementi figurativi verranno immediatamente percipiti come
riferimento al luogo dove hanno origine i prodotti/servizi contraddistinti,
ossia Roma e/o l’Italia; percio’, essi hanno un grado di distintivita’ minima
(se non descrittivi della provenienza dei prodotti e servizi).    

L’ espressione
‘IMPERATORE DELLE FETTUCINE’ se percipita, considerando le sue ridotte
dimensioni – sarà intesa come altamente allusiva (se non descrittiva ) all’altissima
qualita o natura di almeno una parte dei prodotti contraddistinti dal segno
impugnato o dei prodotti oggetto dei servizi in questione. Pertanto, il
carattere distintivo di tale elemento è al massimo limitato per almeno una
parte dei prodotti e servizi in questione.   

Inoltre, quando i segni sono
costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di
principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte
sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il
pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai
segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che
descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03,
Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37).

Considerando quanto sopra, è fuor
di dubbio che nel presente caso l’impatto visivo dell’espressione ‘IL VERO
ALFREDO’, e in particolar modo della parola ‘ALFREDO’, e’ piu’ immediato in
virtu delle sue maggiori dimensioni e – per quanto riguarda la parola ‘ALFREDO’
– della sua maggior distintivita’, che permette alla stessa di risaltare da un
punto visivo e di dominare l’impressione complessiva del segno. Di conseguenza tale
espressione in generale e piu’ in particulare il termine  ‘ALFREDO’, hanno un impatto piu’ forte sul
consumatore. 

I tre marchi
figurativi dell’opponente sono composti dai seguenti elementi:

–           per quanto riguarda il marchio UE n. 3 108 289: ‘ALFREDO’S GALLERY’ riprodotto in caratteri stampatelli
neri e grassetto, posizionato sopra la dicitura ‘alla Scrofa Roma’, quest’ultima
riprodotta in dimensioni ben piu’ piccole, il tutto sopra lo sfondo di un
cappello da cuoco;

–     per quanto riguarda il marchio
UE n. 6 779 151: ‘Alfredo’
riprodotto in caratteri leggermenti stilizzati corsivi che appaiono come scritti
 a mano ed in color oro, posizionati sopra
la dicitura ‘alla Scrofa’, quest’ultima riprodotta in dimensioni ben piu’
piccole;

–     per quanto riguarda il marchio
italiano: ‘Alfredo 1907’ riprodotto in
caratteri leggermente stillizzati in color grigio, posizionato sopra il termine
‘restaurant’ e l’espressione inglese ‘The original of Rome’, questi ultimi
riprodotti in dimensioni ben piu’ piccole ed il tutto circondato da un quadrato
riprodotto con linee tratteggiate;

In tutti i tre marchi anteriori, l’elemento ‘ALFREDO’ (di
piena distintivita’, in linea con quanto visto sopra con riferimento al segno
contestato) constituisce il primo elemento verbale. A tale riguardo, va
sottolineato che i consumatori
tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un
segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata
dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la
parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per
prima cattura l’attenzione del lettore.

Con specifico riferimento al marchio
UE anteriore n. 3 108 289, la seconda parola ‘GALLERY’, sebbene di origine inglese, sarà
compresa dal pubblico di riferimentopreso in considerazione come dettagliato
sopra, perché molto simile alla parola equivalente (GALLERIA) nella lingua
ufficiale del territorio di riferimento. Essa verra’ percipita, inter alia,
come alquanto allusiva  al luogo fisico
dove si svolge un’ attivita’ commerciale che in genere comporta l’esposizione
al pubblico dei prodotti (per esempio ‘opere d’arte’), poste in vendita. E’ poi
chiaramente collegata al prenome che la precede dal genitivo sassone ‘S’.
Pertanto, in combinazione con il prenome ‘ALFREDO’, il suo grado di distintività
nonche’ il suo impatto è da considerarsi inferiore con rispetto al termine
‘ALFREDO’. L’espressione ‘alla Scrofa Roma’ (in una posizione e di dimensioni
nettamente subordinate) verra’ percepita como un toponimo a causa della
preposizione articolata ‘ALLA’ che introduce un complemento di luogo,
nonostante il fatto che la parola ‘scrofa’ faccia riferimento all’animale
femmina del maiale o del cinghiale). Cio è confermato dalla successiva parola
‘Roma’, anche per la parte di pubblico che non conoscesse la omonima, e
peraltro piuttosto famosa, strada nel centro di Roma (via della Scrofa). Di
consequenza, il carattere distintivo di tale espressione e’ al massimo molto
limitato, perche’ essa e’ indicativa 
della provenienza dei prodotti/ servizi. Leconsiderazioni di cui
sopra, valgono anche per quanto riguarda il marchio UE anteriore
n. 6 779 151, con riferimento ai rispettivi (medesimi) elementi
verbali (‘Alfredo’ e
‘alla Scrofa’).

Infine,
con riferimento al marchio italiano, il numero ‘1907’ che segue il primo
elemento ‘Alfredo’, verra percipito come l’anno
di fondazione (del produttore/fornitore), mentre i termini ‘restaurant’ e ‘The
Original of Rome’, sebbene di origine inglese, saranno compresi dal pubblico di
riferimento, perché molto simili ai loro rispettivi termini equivalenti in italiano
cioe ‘ristorante’ e ‘L’Originale di Roma’, rispettivamente. Essi sono quindi descrittivi
dei servizi in questione o di una loro caratteristica (il vero, l’autentico Alfredo
di Roma – al contrario delle sue ‘imitazioni’).

Gli elementi figurativi di tutti
i tre marchi anteriori (il disegno di un cappello da cuoco, la semplice cornice
quadrata formata da linee punteggiate) e le leggere stilizzazioni presenti sono
da considerarsi o descrittive (il cappello da cuoco) in relazione ai
prodotti/servizi (prodotti alimentari /settore della ristorazione) o di un
carattere distintivo inferiore (se non del tutto privo di distintivita’)
perche’ di una natura piuttosto decorativa (cornice, stilizzazioni delle
lettere). Pertanto, e considerando inoltre quanto gia’ descritto poc’anzi riguardante
l’impatto degli elementi denominativi dei segni rispetto ai loro elementi
figurativi, saranno gli elementi denominativi dei marchi anteriori che avranno
un impatto piu’ forte sul consumatore. In particolare, considerando
quanto sopra, sara’ il primo elemento verbale ‘ALFREDO’ – che è anche
l’elemento verbale piu’ distintivo in tutti i tre marchi anteriori –, che avra’
l’impatto più forte sul consumatore.

Visivamente, i segni
coincidono nel loro primo elemento verbale ‘ALFREDO’ che e’ normalmente
distintivo, nonche’ l’elemento con il maggior carattere distintivo e il maggior
impatto sul consumatore rilevante in tutti i segni a confronto. Differiscono,
tuttavía, nei loro elementi verbali e figurativi secondari e
d’impatto minore, a causa della loro natura, distintivita minore o mancanza di
distintivita’ per descrittivita’, e/o posizione subordinata, come dettagliato
sopra.

Pertanto, i segni sono
visivamente simili in media misura.

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono del termine
‘ALFREDO’, presente in modo identico in tutti i segni e dotato di normale
distintivita’, oltre ad essere l’elemento di maggior impatto e di maggior
distintivita’. La pronuncia differisce in essenza in elementi di minor
distintivita’ ed impatto (inpratica , differisce nel suono dei termini ‘IL
VERO’ del segno contestato e degli elementi addizionali ‘ ’S GALLERY’ o ‘1907’,
nei marchi anteriori, mentre e’ molto probabile che gli elementi aggiuntivi e
secondari ‘IMPERATORE DELLE FETTUCINE’ nel segno contestato, nonche’ ‘alla Scrofa’,
‘Roma’, ‘restaurant’, ‘The Original of Rome’ nei marchi anteriori, non vengano
pronunciati a causa delle loro dimensioni assai ridotte,. La giurisprudenza ha
riconsciuto, infatti, che quando un segno è composto da piu’ parole e la prima
parola produce (o le prime parole producono) un impatto fonetico chiaro mentre
le altre appaiono avere carattere accessorio, i consumatori, riferendosi
oralmente al segno di cui trattasi, tendono ad abbrevviarlo, limitandosi a
menzionare solo la prima o le prime parole.

Pertanto, i
segni sono da considerarsi foneticamente simili in media misura.

Sotto il profilo concettuale, si
fa riferimento alle precedenti affermazioni riguardanti il contenuto semantico
trasmesso dai marchi. Dato che tutti i segni saranno percepiti come facenti
riferimento al prenome maschile ‘ALFREDO’ (l’elemento di maggior impatto e di
maggior distintivita’ in tutti i segni a confronto) nonche’ – anche se in
misura minore – alla capitale italiana (cio’ dovuto alle locuzioni ‘alla Scrofa
Roma’, ‘The Original of Rome’ e agli elementi figurativi del Colosseo, dela
cupola di San Pietro e della corona trionfale) i segni sono concettualmente
simili. Gli altri elementi differenzianti
(associabili al concetto di una galleria, di un cappello da cuoco, dell’anno
1907, e dell’’imperatore delle fettuccine’) sono dotati di un minor grado di
distintivita’ o ne sono del tutto privi e ad ogni modo possono produrre
soltanto un impatto molto ridotto sulla valutazione della
somiglianza concettuale fra
i segni rispetto all’elemento comune
‘ALFREDO’.

Dato che i segni sono stati
rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio
di confusione procederà.

d)      Carattere distintivo dei marchi anteriori

Il carattere distintivo
del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella
valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente
non ha affermato in modo esplicito che i marchi anteriori sono particolarmente
distintivi in virtù del loro uso intensivo o della loro notorietà.

Di
conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si
baserà sul suo carattere distintivo intrinseco.
Nel caso presente, i marchi anteriori risultano,
nel loro complesso, privi di qualsiasi significato per il pubblico del
territorio di riferimento in relazione ai prodotti e/o servizi in questione.
Pertanto, il carattere distintivo dei marchi anteriori deve essere considerato normale, nonostante la
presenza in essi di alcuni elementi non distintivi e di modesta capacità
distintiva, secondo quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente
decisione.

e)      Valutazione globale,
altri argomenti e conclusione

Valutare il rischio di confusione implica
una certa interdipendenza tra i fattori di riferimento che entrano in
considerazione e, in particolare, una somiglianza dei marchi e tra i prodotti o
servizi. Pertanto, un minor grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi può
essere compensato da un maggiore grado di somiglianza tra i marchi e viceversa
(29/09/1998, C‑39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17).

Il rischio di confusione riguarda situazioni
nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure
nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e
presuppone che i prodotti/servizi designati appartengano alla stessa impresa o
a imprese economicamente collegate.

I prodotti e servizi in
questione sono stati riscontrati essere in parte identici, in parte simili, in
parte simili in basso grado. Come esplicitato nella sezione b) della presente
decisione, essi sono maggiormente diretti al grande pubblico il cui grado di
attenzione sara’ medio, ma anche ad un pubblico professionale il cui  grado di attenzione variera’ tra medio ed
alto. I segni sono simili da un punto di vista visivo, fonetico e concettuale,
considerando che condividono il loro primo elemento piu’ distintivo e di
maggior impatto sul consumatore, ‘ALFREDO’ che il pubblico assocera’ ad un
prenome maschile italiano, non particularmente comune. Come rilevati sopra, gli
altri elementi addizionali svolgono un ruolo secondario all’interno dei segni.
Infine, tutti i marchi anteriori godono di un carattere distintivo normale.

Si deve tener conto del
fatto che il consumatore medio raramente ha la possibilità di fare un confronto
diretto tra diversi marchi, ma deve fidarsi del ricordo imperfetto che ha degli
stessi (22/06/1999, C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).
Anche i consumatori dotati di un alto livello di attenzione sono costretti ad
affidarsi al ricordo imperfetto dei marchi (21/11/2013, T-443/12, ancotel,
EU:T:2013:605, § 54).

E’ poi altamente possibile
che il pubblico di riferimento percepisca il marchio impugnato come una
variante dei marchi anteriori, configurato in modo diverso a seconda del tipo
di prodotti o servizi che designa, anche qualora il livello di attenzione per
alcuni servizi fosse più alto.

La divisione d’Opposizione
ritiene pertanto che i segni a confronto non presentino differenze sufficienti
a creare due impressioni distinte e a scongiurare il rischio di confusione
nella mente dei consumatori italiani. Nella loro struttura, pur differente per
vari aspetti, è ben percipile sul piano visivo, fonetico e concettuale il
termine ‘ALFREDO’.

Considerato quanto
precede, la divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di
confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana e che
pertanto l’opposizione sia adeguatamente fondata sulla base della registrazione
dei marchi dell’Unione europea n. 3 108 289 e n. 6 779 151
e della registrazione del marchio italiano n. 1 292 9869 dell’opponente. Come precedentemente precisato nella sezione c) della
presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di
riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda
contestata.

Ne discende che il segno
contestato deve essere respinto per tutti i prodotti e servizi contestati,
anche per i prodotti e servizi considerati simili in basso grado.

SPESE

Ai sensi
dell’articolo 109, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento
d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute
dall’altra parte. Ai
sensi dell’articolo 109, paragrafo 3, RMUE, ove le parti risultino
soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni, o qualora l’equità lo
richieda, la divisione d’Opposizione decide una ripartizione differente.

Poiché
il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa
d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del
procedimento.

Conformemente
all’articolo 109, paragrafi 1 e 7, RMUE, e all’articolo 18,
paragrafo 1, lettera c), punto i) REMUE (in precedenza regola 94,
paragrafi 3 e 6, e regola 94, paragrafo 7, lettera d), punto i), REMUE, in
vigore prima del 01/10/2017), le spese da rimborsare all’opponente sono la
tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base
dell’importo massimo ivi stabilito.

Divisione d’Opposizione

Riccardo

RAPONI

Edith
Elisabeth VAN DEN EEDE
Francesca
CANGERI SERRANO

Ai
sensi dell’articolo 67, RMUE, ognuna delle parti di un procedimento
conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione
che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 68,
RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi
a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È
presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione
impugnata. Inoltre
deve essere presentata
una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera
presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.




Limiti alle esclusive brevettuali – Italia Oggi del 15-02-2019

articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore




Fast Food il gigante McDonald’s perde i diritti sull’icona Big Mac – Il Sole 24 Ore del 21-01-2019

Fast Food il gigante McDonald’s perde i diritti sull’icona Big Mac.

articolo riportato nel rispetto dell’art. 70 L. Diritto Autore