MARCHI ITALIANI: registrato il marchio “NESSUN DORMA”
Accettata in data 21.04.2021 la domanda di registrazione del marchio “Nessun Dorma” depositato il 14.12.2020 a LA SPEZIA
Il marchio è utilizzato in classe 32, 33, 3, 43, 16, 29 da un’ importante realtà turistico-ricettiva delle Cinque Terre
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SOMIGLIANZA TRA MARCHI pur essendo differenti nella parte verbale
Il marchio anteriore è il marchio CHIANTI CLASSICO, il marchio registrato successivamente e impugnato è il gallo nero GHISU, entrambi in classe 33 designano vini.
La commissione di ricorso rileva che entrambe le parti sanno della notorietà del marchio anteriore; i segni in conflitto sono somiglianti e possono ragionevolmente originare nella mente dei consumatori un nesso e fuorviarli negli acquisti. Tenuto conto dell’immagine di prestigio associata al marchio anteriore, l’uso del marchio può generare un indebito vantaggio a favore della ricorrente.
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Decima Sezione) 14 aprile 2021(*) «Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo GHISU
– Marchio collettivo nazionale figurativo anteriore CHIANTI CLASSICO –Impedimento alla registrazione relativo – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001] – Vantaggio tratto indebitamente dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore» Nella causa T‑ 201/20, Berebene Srl, con sede a Roma (Italia), rappresentata da A. Massimiani, avvocato, ricorrente, contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Capostagno, in qualità di agente, convenuto, controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale: Consorzio vino Chianti Classico, con sede a Radda in Chianti (Italia), rappresentato da S. Corona e F. Corona, avvocati, avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 23 gennaio 2020 (procedimento R 592/2019-1), relativa a un procedimento di opposizione tra il Consorzio vino Chianti Classico e la Berebene, IL TRIBUNALE (Decima Sezione), composto da A. Kornezov, presidente, E. Buttigieg (relatore) e K. Kowalik-Bańczyk, giudici, cancelliere: E. Coulon visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 aprile 2020, visto il controricorso dell’EUIPO depositato nella cancelleria del Tribunale il 3 agosto 2020, visto il controricorso dell’interveniente, depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 agosto 2020, vista la mancata presentazione ad opera delle parti, nel termine di tre settimane a decorrere dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento, della domanda di fissazione di un’udienza, e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire omettendo la fase orale del procedimento, ha pronunciato la seguente Sentenza Fatti 1 Il 21 settembre 2017 la Berebene Srl, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)]. 2 Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il seguente segno figurativo: 3 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano segnatamente, nella classe 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Bevande alcoliche (escluse le birre)». 4 La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi dell’Unione europea n. 2017/184 del 27 settembre 2017. 5 Il 21 dicembre 2017 il Consorzio vino Chianti Classico, interveniente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 46 del regolamento 2017/1001, alla registrazione del marchio richiesto, per alcuni dei prodotti cui esso si riferisce, ossia i prodotti della classe 33 di cui al precedente punto 3. 6 L’opposizione si basava sul marchio collettivo italiano figurativo registrato il 20 gennaio 2014 con il numero 1571590, per vini della classe 33, riprodotto qui di seguito: 7 I motivi invocati a sostegno dell’opposizione erano, in particolare, quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001. 8 Per provare la notorietà del marchio anteriore, l’interveniente ha prodotto un gran numero di documenti. 9 Con decisione del 18 gennaio 2019, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione per tutti i prodotti della classe 33, constatando l’esistenza dell’impedimento di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001. 10 Il 14 marzo 2019 la ricorrente ha presentato ricorso all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001, contro la decisione della divisione di opposizione. 11 Con decisione del 23 gennaio 2020 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso sulla base dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 2017/1001. La commissione di ricorso ha rilevato che la notorietà del marchio anteriore era un fatto pacifico tra le parti. Ha rilevato, inoltre, la sussistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto e di un nesso tra i marchi in conflitto nella mente dei consumatori. Ha concluso che, tenuto conto dell’immagine di eccellenza e di prestigio associata al marchio anteriore, l’uso del marchio richiesto era suscettibile di generare un indebito vantaggio a favore della ricorrente. Conclusioni delle parti 12 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia: – annullare la decisione impugnata; – di conseguenza, disporre la registrazione del marchio richiesto per i prodotti della classe 33; – condannare l’EUIPO alle spese processuali per i procedimenti di opposizione e di ricorso. 13 L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia: – respingere il ricorso; – condannare la ricorrente alle spese. In diritto 14 Tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi, ossia il 21 settembre 2017, che è determinante ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, i fatti del caso di specie sono disciplinati dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009, come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21) (v., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2020, Primart/EUIPO, C‑ 702/18 P, EU:C:2020:489, punto 2 e giurisprudenza citata). 15 Per quanto riguarda le norme sostanziali, i riferimenti, fatti dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata e dall’EUIPO nel controricorso, all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001 devono essere intesi nel senso che riguardano la medesima disposizione dal tenore identico del regolamento n. 207/2009. 16 A sostegno del ricorso, la ricorrente adduce che la decisione della commissione di ricorso si basa su un’errata comparazione dei segni in conflitto e su un’errata valutazione globale del rischio di confusione. Tenuto conto del fatto che la decisione impugnata è fondata unicamente sull’impedimento alla registrazione di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, occorre intendere le censure della ricorrente come dirette a contestare l’applicazione da parte della commissione di ricorso di quest’ultima disposizione. 17 Ai termini dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se viene chiesta per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione, o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi. 18 La tutela estesa accordata al marchio anteriore dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 presuppone quindi la coesistenza di varie condizioni cumulative relative, in primo luogo, all’identità o alla somiglianza dei marchi in conflitto, in secondo luogo, all’esistenza di una notorietà del marchio anteriore invocata a sostegno dell’opposizione e, in terzo luogo, all’esistenza di un rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi loro pregiudizio (sentenza del 28 giugno 2018, EUIPO/Puma, C‑ 564/16 P, EU:C:2018:509, punto 54). 19 Nel caso in esame, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di aver erroneamente valutato i fattori da prendere in considerazione nell’analisi dei rischi di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e, di conseguenza, di aver erroneamente affermato che i presupposti per l’applicazione di tale disposizione erano soddisfatti nella fattispecie. Pur non contestando che il marchio anteriore goda di un elevato grado di notorietà, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 27 della decisione impugnata, essa ritiene che la valutazione della commissione di ricorso sia erronea per quanto riguarda, in primo luogo, la comparazione dei segni in conflitto, in secondo luogo, l’esistenza di un nesso tra i marchi nonché, in terzo luogo, l’esistenza di un rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore. Sull’identità o somiglianza dei segni in conflitto 20 Per quanto riguarda la comparazione tra i segni in conflitto, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che la valutazione della commissione di ricorso al riguardo è vaga e approssimativa in quanto conclude per l’esistenza di una «certa somiglianza» senza indicare concretamente i motivi che rendono i segni simili. In secondo luogo, tale valutazione sarebbe altresì contraddittoria per il fatto che, sebbene la commissione di ricorso abbia escluso l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto sul piano visivo e fonetico, essa ha concluso per l’esistenza di una somiglianza globale tra detti segni. In terzo luogo, la ricorrente sostiene che i segni in conflitto non sono simili concettualmente poiché il messaggio veicolato da detti segni non dipende dalla raffigurazione di un gallo ed è diverso in quanto il marchio anteriore è un marchio collettivo e designa vini rossi che provengono dalla zona vitivinicola del Chianti in Toscana, mentre il marchio richiesto è un marchio individuale che designa un vino bianco proveniente dalla zona vitivinicola della Gallura in Sardegna, che deve il proprio nome all’animale in parola. 21 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. 22 A tale riguardo, occorre ricordare che l’esistenza di una somiglianza tra un marchio anteriore e un marchio richiesto costituisce una condizione d’applicazione comune al paragrafo 1, lettera b), e al paragrafo 5, dell’articolo 8 del regolamento n. 207/2009. Tale condizione presuppone, sia nell’ambito del paragrafo 1, lettera b), sia in quello del paragrafo 5 di detto articolo, l’esistenza, in particolare, di elementi di somiglianza visiva, fonetica o concettuale [v., in tal senso, sentenze del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑ 552/09 P, EU:C:2011:177, punto 52, e del 4 ottobre 2017, Gappol Marzena Porczyńska/EUIPO – Gap ((ITM) (GAPPOL), T‑ 411/15, non pubblicata, EU:T:2017:689, punto 148]. 23 Tuttavia, il grado di somiglianza richiesto nell’ambito dell’una e dell’altra delle suddette disposizioni è diverso. Infatti, mentre l’attuazione della tutela introdotta dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra i marchi in conflitto tale da generare, nel pubblico di riferimento, un rischio di confusione tra questi ultimi, l’esistenza di un siffatto rischio non è richiesta ai fini della tutela conferita dal paragrafo 5 del medesimo articolo. Infatti, le violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 possono essere la conseguenza di un minor grado di somiglianza tra i marchi anteriore e richiesto, purché tale grado di somiglianza sia sufficiente affinché il pubblico di riferimento operi un accostamento tra i detti marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra questi ultimi. Per contro, non risulta né dal tenore letterale delle citate disposizioni né dalla giurisprudenza che la somiglianza tra i marchi in conflitto debba essere valutata in modo diverso a seconda che tale valutazione sia effettuata alla luce dell’una o dell’altra di tali disposizioni (sentenza del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑ 552/09 P, EU:C:2011:177, punti 53 e 54). 24 Occorre poi ricordare che il confronto dei segni deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [sentenza 25 gennaio 2012, Viaguara/UAMI – Pfizer (VIAGUARA), T‑ 332/10, non pubblicata, EU:T:2012:26, punto 32]. Parimenti, occorre osservare che la somiglianza dei segni in conflitto deve essere valutata dal punto di vista del consumatore medio, facendo riferimento alle qualità intrinseche di detti segni, come sono registrati o come sono richiesti [v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2015, CEDC International/UAMI – Fabryka Wódek Polmos Łańcut (WISENT VODKA), T‑ 450/13, non pubblicata, EU:T:2015:841, punto 95]. 25 È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare se la commissione di ricorso abbia correttamente concluso per l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto. 26 In primo luogo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la valutazione da parte della commissione di ricorso della somiglianza tra i segni in conflitto non è né vaga né approssimativa. Ai punti da 16 a 22 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha, infatti, confrontato i segni in conflitto verificando concretamente, come richiesto dalla giurisprudenza citata al precedente punto 23, l’esistenza di elementi di somiglianza e di differenza visiva, fonetica e concettuale. Essa ha correttamente rilevato, al punto 16 della decisione impugnata, che i segni in conflitto erano entrambi composti da elementi denominativi e da elementi figurativi costituiti dall’immagine di un gallo intero visto di profilo e posto in rilievo, attraverso le sue dimensioni rispetto agli elementi denominativi che compongono i segni, la sua posizione centrale e la rappresentazione dei suoi tratti caratteristici. Ha poi preso in considerazione sia gli elementi figurativi sia gli elementi denominativi nel confrontare i segni su ciascun piano. 27 Per quanto riguarda il confronto sul piano visivo, la commissione di ricorso ha quindi osservato, al punto 18 della decisione impugnata, che le parti figurative dei segni in conflitto erano simili in quanto entrambe contenevano l’immagine di un uccello domestico riprodotta in maniera assai simile. Ha poi rilevato che, per quanto riguarda il marchio anteriore, il suo elemento figurativo raffigurante il gallo nero costituiva l’elemento dominante del segno in quanto privo di attinenza con i prodotti designati dal marchio, ossia i vini, mentre il suo elemento denominativo «chianti classico» era meno distintivo per tali prodotti, giacché designava una zona vitivinicola ben nota. Ha quindi concluso, contrariamente a quanto rileva la ricorrente, non già per l’assenza di somiglianza sul piano visivo, bensì per l’esistenza di una somiglianza visiva «medio-bassa», tenuto conto delle forti somiglianze delle parti figurative dei segni in conflitto e dell’assenza di somiglianza tra i loro elementi denominativi. 28 Per quanto riguarda la somiglianza fonetica, risulta dal punto 20 della decisione impugnata che la commissione di ricorso non ha preso una posizione definitiva sul confronto fonetico dei segni in conflitto, ma si è limitata ad osservare che, sebbene gli elementi denominativi dei segni in conflitto, che sono pronunciati, siano diversi, un confronto tra tali segni sul piano fonetico era difficile da effettuare poiché il marchio anteriore era noto anche come Gallo Nero o Marchio del Gallo Nero. 29 Per quanto riguarda il confronto sul piano concettuale, la commissione di ricorso ha concluso, al punto 21 della decisione impugnata, che la somiglianza dei segni era di grado intermedio in considerazione del concetto veicolato dall’elemento figurativo dei due segni che rinvia al concetto di gallo, immediatamente riconoscibile nei due segni. Secondo la commissione di ricorso, tale concetto era controbilanciato, ma non cancellato, da quello veicolato dagli elementi denominativi differenti costituenti i segni in conflitto. 30 Da quanto precede risulta che solo dopo aver concretamente rilevato gli elementi di somiglianza e di dissomiglianza tra i segni in conflitto e dopo averli ponderati nell’ambito di una valutazione globale, la commissione di ricorso ha concluso, al punto 22 della decisione impugnata, per l’esistenza di una somiglianza tra tali segni. L’argomento della ricorrente relativo alla vaghezza e all’approssimazione della valutazione della somiglianza dei segni in conflitto da parte della commissione di ricorso deve pertanto essere respinto. 31 Del pari, non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo il quale la valutazione globale della commissione di ricorso per quanto riguarda la somiglianza tra i segni in conflitto è contraddittoria. Infatti, da un lato, la ricorrente effettua una lettura erronea della decisione impugnata nella parte in cui rileva che la commissione di ricorso ha concluso per l’assenza di somiglianza dei segni sul piano visivo e fonetico, mentre quest’ultima ha rilevato che i segni erano simili almeno debolmente sul piano visivo (v. precedente punto 27), e che era difficile confrontarli sul piano fonetico (v. precedente punto 28). 32 Dall’altro lato, correttamente la commissione di ricorso ha rilevato, al punto 20 della decisione impugnata, che, ai fini della sua decisione, non era indispensabile accertare con precisione se i segni in conflitto fossero complessivamente simili sul piano fonetico. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non è contraddittorio concludere, nell’ambito della comparazione dei segni in sede di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, nel senso dell’esistenza di una somiglianza globale tra i segni in conflitto senza prendere una posizione definitiva su tale somiglianza sul piano fonetico, a condizione che la somiglianza globale sia sufficiente affinché il pubblico interessato connetta mentalmente detti marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra gli stessi. Pertanto, un grado di somiglianza, ancorché tenue, e anche su un solo piano, non consente, di per sé, di escludere l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (v. in tal senso, sentenza del 20 novembre 2014, Intra-Presse/Golden Balls, C‑ 581/13 P e C‑ 582/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2387, punti da 72 a 77). 33 Infine, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente con i quali essa intende contestare la conclusione della commissione di ricorso sulla somiglianza concettuale tra i segni in conflitto, occorre rilevare che essi sono fondati sulla natura collettiva del marchio anteriore in contrapposizione alla natura individuale del marchio richiesto nonché sul fatto che tali marchi designerebbero i vini o rossi per il marchio anteriore o bianchi per il marchio richiesto, e aventi un’origine geografica diversa. 34 Tuttavia, siffatti argomenti non sono pertinenti nell’ambito della valutazione della somiglianza concettuale dei segni in conflitto che deve essere fondata sulla percezione di tali segni da parte del pubblico di riferimento. Infatti, da un lato, tale percezione non può essere diversa a seconda che si tratti di un marchio individuale o di un marchio collettivo. Infatti, occorre rilevare, al pari dell’EUIPO, che il confronto tra i segni in conflitto, dei quali uno compone un marchio collettivo e l’altro compone un marchio individuale, è fondato sugli stessi criteri applicabili al confronto tra i segni che compongono due marchi individuali (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2020, Foundation for the Protection of the Traditional Cheese of Cyprus named Halloumi/EUIPO, C‑ 766/18 P, EU:C:2020:170, punto 59). Di conseguenza, nulla impedisce di concludere che il segno che compone un marchio individuale e quello che compone un marchio collettivo veicolano lo stesso concetto o, come nel caso di specie, un concetto simile. 35 Dall’altro lato, è vero che taluni elementi dei segni in conflitto, vale a dire l’elemento denominativo «chianti» per il marchio anteriore, che rinvia a una regione in Italia rinomata per i vini (punto 18 della decisione impugnata), e l’elemento figurativo del marchio richiesto raffigurante il gallo, che è il simbolo della regione della Gallura in Sardegna, sono idonei a veicolare un concetto legato all’origine geografica dei vini designati dai marchi di cui trattasi. Tuttavia, ciò non incide sul fatto che i segni in conflitto si riferiscono anche, nella mente del pubblico di riferimento, al concetto di gallo, come rilevato dalla commissione di ricorso, data la presenza della raffigurazione di tale volatile nei due segni e che, per questo, essi sono simili sul piano concettuale. 36 Inoltre, l’argomento della ricorrente, secondo il quale la differenza tra i segni in conflitto sul piano concettuale risulterebbe dal fatto che il segno anteriore è utilizzato per designare i vini rossi, mentre il segno richiesto designa i vini bianchi, è irrilevante nell’ambito della comparazione dei segni sul piano concettuale, la quale si basa sulla comparazione dei concetti veicolati dai segni in conflitto e non sulla comparazione dei prodotti designati dai marchi di cui trattasi. 37 Ne consegue che è infondato l’argomento della ricorrente volto a mettere in discussione la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale i segni in conflitto sono simili sul piano concettuale. 38 Da quanto precede risulta che correttamente e senza alcuna contraddizione la commissione di ricorso ha concluso che, alla luce delle somiglianze tra i marchi sul piano visivo e concettuale, esiste globalmente una somiglianza tra i segni in conflitto. Sul nesso tra i marchi in conflitto 39 Come risulta dalla giurisprudenza menzionata al precedente punto 23, le violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, quando si verificano, sono la conseguenza di un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore che gode di notorietà e il marchio richiesto, sulla base del quale il pubblico di riferimento fa un confronto tra tali marchi, cioè stabilisce un nesso tra di essi, anche se non li confonde. È sufficiente che il grado di somiglianza tra il marchio notorio e il marchio richiesto abbia come effetto che il pubblico di riferimento stabilisca un nesso tra tali marchi. Conformemente alla giurisprudenza, il fatto che il marchio richiesto evochi il marchio anteriore nella mente del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, equivale all’esistenza di un siffatto nesso (v. per analogia, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑ 252/07, EU:C:2008:655, punto 60). 40 L’esistenza del nesso menzionato al precedente punto 39, così come l’esistenza di un rischio di confusione, devono essere oggetto di valutazione globale, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tra detti fattori figurano il grado di somiglianza tra i marchi in esame, la natura dei prodotti o dei servizi contraddistinti da tali marchi, compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza di tali prodotti o servizi, nonché il pubblico interessato, il livello di notorietà del marchio anteriore e il grado di carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, del marchio anteriore [sentenze del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑ 552/09 P, EU:C:2011:177, punto 56, e del 10 ottobre 2019, McDreams Hotel/EUIPO – McDonald’s International Property (mc dreams hotels Träumen zum kleinen Preis!), T‑ 428/18, non pubblicata, EU:T:2019:738, punto 30]. 41 La commissione di ricorso, sulla base di un’analisi di ciascuno dei fattori pertinenti citati dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 40, ha concluso, al punto 30 della decisione impugnata, nel senso dell’esistenza di un nesso tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico di riferimento. A tal riguardo, essa ha ritenuto che i segni in conflitto presentassero una somiglianza visiva e concettuale in quanto contenevano l’immagine di un gallo, in sostanza, che i prodotti fossero identici, in quanto i prodotti designati dal marchio richiesto comprendevano i vini oggetto del marchio anteriore, che il marchio anteriore godesse di una notorietà elevata ed avesse un carattere distintivo intrinseco, rafforzato dal suo uso per decenni. Infine, la commissione di ricorso ha ritenuto che sussistesse un rischio di confusione o, quanto meno, un rischio di associazione tra i marchi, in quanto essi coincidevano nei loro elementi distintivi rappresentati dal gallo e designavano prodotti identici. La presenza del termine «ghisu» nel marchio richiesto non era sufficiente, secondo la commissione di ricorso, ad escludere il rischio che quest’ultimo potesse essere inteso come una variante autorizzata del marchio collettivo anteriore. 42 Al fine di contestare la conclusione della commissione di ricorso secondo cui esiste un nesso tra i marchi controversi, la ricorrente solleva le censure relative, in sostanza, in primo luogo, al grado di somiglianza tra i segni in conflitto e, in secondo luogo, alla natura e al grado di prossimità dei prodotti oggetto dei marchi in conflitto. 43 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. Sul grado di somiglianza tra i segni in conflitto 44 Per quanto riguarda il grado di somiglianza tra i segni in conflitto, più questi sono simili, più è verosimile che il marchio richiesto evocherà, nella mente del pubblico di riferimento, il marchio anteriore notorio. Inoltre, più il marchio anteriore presenta un carattere distintivo forte, sia esso intrinseco o acquisito in seguito all’uso che è stato fatto di tale marchio, più è verosimile che, di fronte ad un marchio identico o simile, il pubblico di riferimento stabilisca un nesso con detto marchio anteriore (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑ 252/07, EU:C:2008:655, punti 44 e 54). 45 In primo luogo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso non ha preso sufficientemente in considerazione l’esistenza della denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) «Vermentino di Gallura», il cui nome proviene dalla parola «gallo» e il cui disciplinare di produzione imporrebbe l’utilizzo di una figura di un gallo stilizzato per tutti i prodotti di tipo vermentino provenienti dalla zona vitivinicola della Gallura in Sardegna. 46 A tal riguardo, occorre rilevare, al pari dell’EUIPO e dell’interveniente, che il disciplinare della DOCG «Vermentino di Gallura» prodotto dalla ricorrente a sostegno del suo argomento riguarda soltanto il marchio collettivo della DOCG «Vermentino di Gallura», che non è in discussione nella presente causa. Di conseguenza, l’argomento della ricorrente non è pertinente per confutare la conclusione della commissione di ricorso relativa all’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio richiesto individuale, dal momento che la valutazione dell’esistenza di una siffatta somiglianza deve essere effettuata caso per caso e secondo le caratteristiche proprie dei segni di cui trattasi [sentenza del 24 settembre 2015, Dellmeier/UAMI – Dell (LEXDELL), T‑ 641/14, non pubblicata, EU:T:2015:683, punto 20]. Inoltre, come affermano, in sostanza, l’EUIPO e l’interveniente, dal disciplinare di produzione dei vini coperti dalla DOCG «Vermentino di Gallura» non si evince che la ricorrente debba ottenere una registrazione a suo nome di un marchio individuale contenente l’immagine di un gallo. Detto disciplinare menziona unicamente l’utilizzo di un logo o di un marchio collettivo, appartenente come diritto collettivo a tutti i produttori di vini cui si applica la DOCG di cui trattasi, composto da un bicchiere contenente un gallo stilizzato, il che sembra peraltro essere ammesso dalla ricorrente. 47 In secondo luogo, la ricorrente afferma che un confronto tra un marchio collettivo anteriore e un marchio individuale sarebbe fuorviante, sicché, nel caso di specie, occorrerebbe o confrontare il marchio richiesto con i marchi individuali dei prodotti provenienti dalla zona vitivinicola del Chianti o valutare se il marchio collettivo Vermentino di Gallura possa utilizzare l’immagine di un gallo. 48 Tuttavia, come rilevato al precedente punto 45, l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto deve essere effettuata caso per caso e secondo le caratteristiche proprie dei segni di cui trattasi e non, come sembra suggerire la ricorrente, tenendo conto dei segni che non sono oggetto della domanda di registrazione o nell’ambito dell’opposizione. Inoltre, come rilevato al precedente punto 34, la natura collettiva o individuale dei marchi non ha alcuna importanza per valutare se, nella percezione del pubblico di riferimento, i segni siano simili o dissimili. 49 In terzo luogo, la ricorrente sostiene che non possa essere stabilito un nesso tra i segni in conflitto considerate le differenze di utilizzo dei segni, in particolare la posizione e la dimensione dei segni sulle bottiglie e le caratteristiche organolettiche diverse dei vini contrassegnati dai marchi in conflitto, in quanto il marchio collettivo anteriore così come il marchio collettivo della DOCG «Vermentino di Gallura», che a sua volta rappresenterebbe un gallo stilizzato, sarebbero apposti sul collo della bottiglia, mentre l’etichetta con il marchio individuale richiesto sarebbe apposta sul corpo della bottiglia. Di conseguenza, il consumatore dei prodotti designati dai due marchi non avrebbe mai sotto gli occhi due etichette recanti la raffigurazione del gallo. 50 A tal riguardo, occorre rilevare che, poiché le particolari modalità di commercializzazione dei prodotti di cui trattasi possono variare nel tempo e secondo la volontà dei titolari dei marchi, esse non sono appropriate ai fini dell’analisi prospettica di un nesso tra i marchi nella mente del pubblico di riferimento (v., in tale senso e per analogia, sentenza del 15 marzo 2007, T.I.M.E. ART/UAMI, C‑ 171/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:171, punto 59). Tale argomento della ricorrente deve pertanto essere respinto. 51 Si deve quindi concludere che nessuno degli argomenti della ricorrente è idoneo a confutare la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso relativa al grado di somiglianza tra i segni in conflitto nell’ambito dell’esame del nesso, nella mente del pubblico di riferimento, tra i marchi controversi. Sulla natura e sul grado di prossimità dei prodotti cui si riferiscono i marchi in conflitto 52 La ricorrente sottolinea la differenza tra i prodotti per i quali sono utilizzati i segni in conflitto, essendo uno un vino bianco del tipo vermentino di Gallura e l’altro un vino rosso del Chianti. Tali prodotti sono spesso ripartiti nei luoghi di distribuzione a seconda del colore o della regione d’origine, per cui non sarebbe realistico immaginare che il consumatore possa trovare i prodotti designati dai due marchi fianco a fianco o ritenere che tali prodotti abbiano un’origine commerciale comune. Poiché il marchio anteriore designa una zona ben delimitata di produzione di vini rossi, la notorietà di cui gode non potrebbe applicarsi a prodotti diversi da quelli per i quali è utilizzato, vale a dire per vini rossi provenienti dalla zona geografica del Chianti. 53 A tale riguardo, occorre rilevare che il segno oggetto della domanda di marchio tende ad essere registrato in generale per «bevande alcoliche (escluse le birre)» e che la ricorrente non ha limitato i prodotti oggetto della registrazione richiesta al vino bianco. Orbene, nell’ambito della valutazione del grado di prossimità tra i prodotti di cui trattasi in sede di esame dell’esistenza di un nesso nella mente del pubblico di riferimento tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, occorre prendere in considerazione i prodotti per i quali è chiesta la registrazione del marchio e non quelli per i quali esso è effettivamente utilizzato. Pertanto, l’argomento sollevato dalla ricorrente in merito alla differenza tra i prodotti commercializzati recanti i segni in conflitto è inoperante. 54 Il pubblico al quale occorre fare riferimento non deve essere il pubblico composto dai consumatori che possono utilizzare sia i prodotti designati dal marchio anteriore sia i prodotti contrassegnati dal marchio contestato, come avviene nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, ma il pubblico che potrà richiamare alla mente il marchio anteriore quando si troverà davanti ai prodotti contrassegnati dal marchio contestato. Orbene, a meno che tale pubblico sia totalmente distinto da quello dei prodotti contrassegnati dal marchio anteriore e che quest’ultimo non abbia acquisito notorietà tale da andare al di là del pubblico interessato ai prodotti da esso designati, una tale possibilità che sia richiamato alla mente il marchio anteriore non può essere esclusa [sentenza del 28 maggio 2020, Martínez Albainox/EUIPO – Taser International (TASER), T‑ 342/19, non pubblicata, EU:T:2020:234, punto 37]. 55 Nel caso di specie, la ricorrente non ha sostenuto dinanzi alla commissione di ricorso e non ha presentato dinanzi al Tribunale argomenti convincenti per dimostrare che la notorietà del marchio anteriore si estendeva unicamente a vini rossi. Infatti, essa non ha contestato la conclusione della commissione di ricorso ai punti 25 e 27 della decisione impugnata, secondo la quale il marchio anteriore godeva di un elevato grado di notorietà per quanto riguarda i vini. Al contrario, come risulta dal punto 26 della decisione impugnata, durante il procedimento amministrativo la ricorrente ha ammesso che l’interveniente ha dato prova dell’elevato grado di notorietà del marchio anteriore nel mercato italiano dei vini. 56 In ogni caso, i prodotti «Bevande alcoliche (escluse le birre)», oggetto del marchio richiesto, che comprendono, in particolare, i vini, e i «vini» oggetto del marchio anteriore notorio, sono identici, e ciò anche se la notorietà di quest’ultimo dovesse essere limitata a vini rossi come sostiene la ricorrente. 57 Alla luce di tutto quanto precede, si deve concludere che gli argomenti addotti dalla ricorrente non sono idonei ad inficiare la conclusione della commissione di ricorso quanto alla possibilità per il pubblico di riferimento di stabilire un nesso tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Sull’esistenza di un rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi pregiudizio agli stessi 58 Per quanto riguarda la condizione per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, relativa al rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi pregiudizio agli stessi, essa riguarda tre tipi di rischi distinti e alternativi, vale a dire che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto, in primo luogo, rechi pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore, in secondo luogo, rechi pregiudizio alla notorietà del marchio anteriore o, in terzo luogo, tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore [v. sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑ 215/03, EU:T:2007:93, punto 36 e giurisprudenza citata]. 59 Il terzo tipo di rischi menzionati al precedente punto 58 deve essere inteso come un rischio che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche da quest’ultimo proiettate siano trasferite ai prodotti designati dal marchio richiesto, cosicché la loro commercializzazione possa essere agevolata da tale associazione con il marchio anteriore notorio (v. sentenza del 10 ottobre 2019, mc dreams hotels Träumen zum kleinen Preis! T‑ 428/18, non pubblicata, EU:T:2019:738, punto 89 e giurisprudenza citata). Il vantaggio risultante dall’uso da parte di un terzo di un segno simile ad un marchio notorio è tratto indebitamente da detto terzo dai citati carattere distintivo o notorietà di detto marchio quando egli, con siffatto uso, tenta di porsi nel solco tracciato dal marchio notorio al fine di approfittare del potere attrattivo, della reputazione e del prestigio di quest’ultimo, e di sfruttare, senza alcun corrispettivo economico, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio notorio per creare e mantenere l’immagine di quest’ultimo (sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑ 487/07, EU:C:2009:378, punto 50). 60 Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha concluso, ai punti 34 e 35 della decisione impugnata, che l’apposizione di un segno contenente l’immagine di un gallo sui vini della ricorrente avrebbe il risultato prevedibile di trasferire l’immagine di eccellenza, di prestigio e di legame con un territorio, di cui gode il marchio anteriore dell’interveniente, sui prodotti della ricorrente dello stesso tipo e, di conseguenza, di facilitare la commercializzazione di questi ultimi, dando luogo ad un profitto indebito a favore della ricorrente. 61 La ricorrente contesta tale valutazione della commissione di ricorso. Essa adduce, in primo luogo, che l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 richiede un palese sfruttamento parassitario affinché possa realizzarsi un indebito vantaggio. Sostiene che il rischio di trarre un indebito vantaggio deve essere serio, nel senso che è prevedibile, e non meramente ipotetico. In secondo luogo, essa sostiene di non aver realizzato vantaggi riconducibili alla notorietà dei vini provenienti dalla zona del Chianti e osserva che i segni in conflitto riguardano prodotti che non sono in concorrenza gli uni con gli altri. Infine, essa fa valere che l’interveniente non avrebbe fornito prove di un pregiudizio. L’indebito vantaggio asserito dall’interveniente sarebbe quindi ipotetico. 62 L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. 63 A tal riguardo, occorre ricordare che, contrariamente a quanto lascia intendere la ricorrente, il titolare del marchio anteriore notorio non è tenuto a dimostrare, in sede di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, l’esistenza di un pregiudizio effettivo e attuale ai suoi marchi. Esso deve soltanto addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio [v. sentenza del 30 novembre 2016, K&K Group/EUIPO – Pret A Manger (Europe) (Pret A Diner), T‑ 2/16, non pubblicata, EU:T:2016:690, punto 58 e giurisprudenza citata]. È possibile pervenire a una conclusione del genere in particolare sulla base di deduzioni logiche risultanti dall’analisi delle probabilità e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente nonché di qualsiasi altra circostanza del caso di specie [v. sentenza dell’11 aprile 2019, Inditex/EUIPO – Ansell (ZARA TANZANIA ADVENTURES), T‑ 655/17, non pubblicata, EU:T:2019:241, punto 48 e giurisprudenza citata]. 64 Per quanto riguarda l’argomento dedotto dalla ricorrente in merito alla natura meramente ipotetica del rischio di indebito vantaggio nel caso di specie, occorre osservare, in primo luogo, che l’elevata notorietà del marchio anteriore non è contestata. Inoltre, come giustamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 30 della decisione impugnata, senza che tale affermazione sia contestata dalla ricorrente, il marchio anteriore gode di un carattere distintivo intrinseco per il fatto che l’elemento figurativo dominante del gallo non ha alcun nesso evidente con i prodotti di cui trattasi, carattere distintivo che è del resto rafforzato dal suo uso. 65 Orbene, conformemente alla giurisprudenza, più il carattere distintivo e la notorietà del marchio anteriore saranno rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione (v., sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑ 252/07, EU:C:2008:655, punto 69 e giurisprudenza citata). 66 In secondo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto, al punto 34 della decisione impugnata, che l’immagine di eccellenza e di prestigio associata dai consumatori ai vini dell’interveniente potesse essere trasferita ai prodotti contrassegnati dal marchio richiesto, in particolare ai vini della ricorrente. 67 A questo proposito, si deve ricordare che il marchio agisce come mezzo di trasmissione di messaggi riguardanti, in particolare, le qualità o caratteristiche particolari dei prodotti o servizi che designa, o le immagini e sensazioni che proietta, come, in questo caso, l’eccellenza, il prestigio e il legame con un territorio. In tal senso, il marchio possiede un valore economico intrinseco autonomo e distinto da quello dei prodotti o servizi per i quali è registrato. I messaggi in parola, veicolati in particolare da un marchio notorio o ad esso associati, conferiscono a quest’ultimo un valore importante e meritevole di tutela, tanto più che, nella maggior parte dei casi, la notorietà di un marchio è il risultato di sforzi e investimenti considerevoli del suo titolare (v., per analogia, sentenza del 22 marzo 2007, VIPS, T‑ 215/03, EU:T:2007:93, punto 35). 68 Nel caso di specie, si deve osservare che, vista l’elevata notorietà e il carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, il fatto di utilizzare un segno avente una certa somiglianza con il marchio anteriore per prodotti identici a quelli designati da quest’ultimo presenta un rischio non ipotetico che il pubblico di riferimento stabilisca un nesso tra i marchi associando l’immagine del gallo del marchio richiesto ai prodotti dell’interveniente, di modo che l’uso del marchio richiesto possa trarre un vantaggio indebito dalla notorietà, dal prestigio e dall’eccellenza proiettata dal marchio anteriore, il che rischia di dar luogo a un vantaggio indebito risultante dagli sforzi commerciali dell’interveniente per lo sviluppo del suo marchio. 69 Di conseguenza, la commissione di ricorso non ha errato nel concludere che l’uso del marchio richiesto poteva dar luogo ad un indebito vantaggio a favore della ricorrente. 70 Da tutto quanto precede risulta che il ricorso deve essere integralmente respinto senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità del secondo e, in parte, del terzo capo delle conclusioni, contestata dall’EUIPO. Sulle spese 71 Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. 72 La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alle domande dell’EUIPO e dell’interveniente. Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Decima Sezione) dichiara e statuisce: 1) Il ricorso è respinto. 2) La Berebene Srl è condannata alle spese. Kornezov Buttigieg Kowalik-Bańczyk Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 aprile 2021. Il cancelliere Il presidente E. Coulon M.
MARCHI ITALIANI: depositato il marchio “FILOSOFIA E CAFFEINA”
Il15 APRILE 2021 lo studio Rossi & Martin ha depositato, presso l’UIBM, a BRESCIA, il marchio nazionale “FILOSOFIA E CAFFEINA”
Il marchio è utilizzato nella classe 39, 35, 41 per la divulgazione di contenuti filosofici
CR
118 MARCHI STORICI – Italia Oggi del 30-03-2021
In due anni in Italia sono stati registrati 118 marchi storici
Svettano il Cibo e le bevande, a ruota Moda e biancheria per la casa e l’industria e l’edilizia.
Articolo riportato nel rispetto ai sensi dell’art. 70 L. Diritto Autore
DI VELLA contro PASTA DIVA Divisione di Opposizione del 25-02-2021
Marchio anteriore il marchio DIVELLA, il marchio impugnato è PASTA DIVA entrambi marchi figurativi. Gli elementi “DIVELLA” e “DIVA” hanno un significato evidentemente diverso, anche qualora all’elemento “DIVELLA” non fosse attribuito alcun significato per il pubblico che non conosce la lingua italiana.
Ad avviso della Commissione, anche qualora i prodotti fossero identici non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico per cui l’opposizione deve essere respinta.
OPPOSIZIONE N. B 3 051 977
F. Divella S.p.A., Largo Domenico Divella, 1, 70018, Rutigliano (BA), Italia (opponente), rappresentata da De Tullio & Partners S.r.l., Viale Liegi, 48/b, 00198, Roma, Italia (rappresentante professionale)
c o n t r o
Foodsretail Limited, 71-51 Shelton Street, Londra, Regno Unito (richiedente), rappresentata da Jacobacci & Partners S.p.A., Via Tomacelli 146, 00186, Roma, Italia (rappresentante professionale).
Il 25/02/2021, la Divisione di Opposizione emana la seguente
DECISIONE:
1. L’opposizione n. B 3 051 977 è totalmente respinta.
2. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.
MOTIVAZIONE:
L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 17 862 871 (marchio figurativo). L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio italiano n. 1 311 673 “DIVELLA” (marchio denominativo) e sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554 (marchio figurativo). L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE e, limitatamente alla registrazione di marchio italiano poc’anzi citata, l’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.
Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.
L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio italiano n. 1 311 673 e alla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554.
a) I prodotti
I prodotti sui quali si basa l’opposizione e che risultano registrati sono i seguenti:
Registrazione di marchio italiano n. 1 311 673
Classe 30: Paste alimentari, farine, pane, biscotti, taralli, grissini, pasticceria, confetteria, gelati, cacao, caffè, tè, zucchero, succedanei del caffè, polveri per far lievitare la pasta, miele, aceto, riso, salse in genere, spezie.
Registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554
Classe 30: Farine e preparati fatti di cereali ed in particolare pasta di ogni forma e tipo; pasta all’uovo, pasta integrale, specialità di pasta, pasta fresca, pasta fresca di semola, pasta fresca integrale, pasta fresca all’uovo, pasta fresca ripiena, lasagne, gnocchi; biscotti, muffin, merendine, croissant, pasticceria pane, piadine; farine e semole, farine per uso domestico, semole per uso domestico, farine per uso professionale, farine di mais tostato per impanature, semole per uso professionale; preparati per basi per pizze; basi per pasta sfoglia, per crostate, per pizze, lievito, polvere per fare lievitare; salse (condimenti), preparati per sughi, sughi, sughi per pasta e per pizze, sughi per carne, sale, senape, aceto, spezie; couscous, riso; polenta; caffè, tè, cacao, zucchero, tapioca, sago, succedanei del caffè; confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; salse per insalata; aceto.
I prodotti contestati sono i seguenti:
Classe 30: Pasta integrale; pasta secca; pasta ripiena; pasta fresca; sughi per pasta; salse per pasta; pasta all’uovo; salsa concentrata.
Alcuni dei prodotti contestati sono identici o simili ai prodotti sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti sopra elencati. L’esame dell’opposizione verrà quindi effettuato come se tutti i prodotti contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore, il che è per l’opponente il modo migliore in cui l’opposizione possa essere esaminata.
b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione
Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.
Nel presente caso, i prodotti che risultano essere, in ipotesi, identicisono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.
Il territorio di riferimento è l’Italia per quanto riguarda la registrazione di marchio italiano n. 1 311 673 e l’Unione europea per quanto invece riguarda la registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554.
La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).
Il marchio impugnato è un marchio figurativo formato dalla parola “DIVA” riprodotta in carattere maiuscoli neri. La linea verticale della lettera “D” risulta formata dalla raffigurazione stilizzata di un fusillo. Al di sopra dell’elemento “DIVA” si trova, ricompresa tra due linee orizzontali nere, la parola “PASTA”, anch’essa riprodotta in caratteri maiuscoli neri, seppur di dimensione assai più ridotta.
La registrazione di marchio italiano n. 1 311 673 è per un marchio denominativo, ossia “DIVELLA”. La registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554 riguarda invece un marchio figurativo.
Esso è formato dal termine “DIVELLA” riprodotto in caratteri bianchi maiuscoli posti su di una specie di etichetta rossa contornata da due elementi formati da strisce rosse, al di sopra della quale si trova la raffigurazione stilizzata di un paesaggio, verosimilmente mediterraneo data la presenza di case bianche, avente in primo piano la raffigurazione di spighe di grano e sullo sfondo una vista sul cielo e il mare blu solcato da una vela bianca.
Il pubblico di lingua italiana tenderà a non attribuire alcun significato al termine “DIVELLA” in quanto tale, anche se non si può escludere che una parte dei consumatori lo possa associare a una voce verbale di “divellere” o ancora ad un cognome di origine italiana. Ad ogni modo, detto elemento risulta essere normalmente distintivo. L’elemento “DIVELLA” è pure normalmente distintivo anche per coloro i quali non parlano l’italiano, essendo privo di significato anche nelle altre lingue del territorio di riferimento della registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554.
Lo stesso non si può dire degli elementi figurativi della registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554, i quali fanno direttamente riferimento ad una generica origine mediterranea dei prodotti, e sono quindi, insieme alla rappresentazione del grano, da cui si ricava la pasta, un elemento quantomeno debole in relazione ai prodotti nella classe 30.
La registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554 non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.
Per quanto invece riguarda il marchio impugnato, il termine “DIVA” è dominante rispetto ai restanti elementi in virtù della sua posizione e della sua dimensione.
Inoltre, esso è un elemento normalmente distintivo, dato che sarà associato dalla totalità del pubblico di riferimento a concetti, come ad esempio quello di dea, divinità pagana femminile ma soprattutto di cantante o attrice teatrale o cinematografica che abbia raggiunto grande notorietà che nulla hanno a che vedere con i prodotti nella classe 30. Al contrario, il termine “Pasta” sarà inteso o perché facente parte del vocabolario delle lingue parlate nel territorio di riferimento, come italiano o lo spagnolo, o per il suo utilizzo in quanto termine della cucina italiana, e quindi percepito all’interno del marchio impugnato come un elemento non-distintivo, al pari delle due linee, meramente decorative, che lo circoscrivono. Pure scarsamente distintiva risulta essere la raffigurazione stilizzata del fusillo inglobato nella lettera “D” di “DIVA” del marchio impugnato, la quale fa direttamente riferimento ai prodotti nella classe 30. Per dovere di completezza, non si potrà poi escludere che la combinazione tra i due termini “PASTA DIVA” possa, nella mente di qualche consumatore, far scattare l’associazione, per un evidente gioco di parole, a suo modo ironico, con l’espressione “Casta Diva”, la quale è mondialmente famosa per essere un’aria dell’opera lirica “Norma” di Vincenzo Bellini.
Per quanto riguarda i segni figurativi in disputa, si deve tener conto del fatto che quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37).
Visivamente, i segni coincidono nelle prime tre lettere “DIV-“ e nell’ultima lettera “A” dell’elemento verbale dei marchi anteriori “DIVELLA” e del termine “DIVA”, dominante e normalmente distintivo, del marchio impugnato, per quanto nel caso del marchio impugnato e della registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554 riprodotte in due diverse vesti grafiche. Essi differiscono nelle tre lettere centrali “-ELL-“ dell’elemento verbale “DIVELLA”, comune a entrambi i marchi anteriori, negli elementi figurativi della registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554, i quali sono tuttavia deboli e negli elementi non-distintivi o scarsamente distintivi che sono presenti nel marchio impugnato oltre al termine “DIVA”, ovvero l’elemento verbale, secondario da un unto di vista visivo, “PASTA”, con le due linee che lo affiancano, e la rappresentazione stilizzata di un fusillo inglobata nella lettera “D” di “DIVA”.
Pertanto, i segni sono visivamente simili in ridotta misura.
Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “D-I-V-A”, presenti in modo identico in entrambi i segni, seppur nei marchi anteriori non nella medesima sequenza. Gli elementi verbali del marchio anteriore “DIVELLA” sono infatti caratterizzati da tre lettere aggiuntive poste nel mezzo che rendono questi elementi trisillabici, contrariamente al termine “DIVA” che è bisillabico. I marchi in disputa pure differiscono nella pronuncia del termine “PASTA”, per quanto la rilevanza di questo elemento sia assai scarsa, data la sua secondarietà e la sua assai scarsa, se non pressoché nulla, distintività.
Per tutto ciò la Divisione d’Opposizione ritiene che i segni siano foneticamente simili in ridotta misura.
Sotto il profilo concettuale, si fa riferimento alle precedenti affermazioni riguardanti il contenuto semantico trasmesso dai marchi. Siccome i segni saranno associati a un significato diverso, i segni non sono concettualmente simili.
Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.
d) Carattere distintivo dei marchi anteriori
Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.
L’opponente non ha affermato in modo esplicito che la registrazione di marchio dell’Unione europea n. 12 121 554 sia particolarmente distintiva in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.
Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del suddetto marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale, nonostante la presenza in esso di alcuni elementi di modesta capacità distintiva, secondo quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente decisione.
Al contrario, ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore, alla data di domanda del marchio contestato, ovvero il 23/02/2018, gode di notorietà epossiede un elevato carattere distintivo a seguito dell’uso prolungato e intensivo che ne è stato fattoin Italia per tutti i prodotti nella classe 30 per i quali è stato registrato, ovvero paste alimentari, farine, pane, biscotti, taralli, grissini, pasticceria, confetteria, gelati, cacao, caffè, tè, zucchero, succedanei del caffè, polveri per far lievitare la pasta, miele, aceto, riso, salse in genere, spezie. La rivendicazione deve essere adeguatamente valutata in quanto il carattere distintivo del marchio anteriore è un fattore che deve essere preso in considerazione in sede di valutazione del rischio di confusione. Invero, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più elevato è il carattere distintivo del marchio anteriore. Pertanto i marchi che possiedono un elevato carattere distintivo dovuto alla loro notorietà sul mercato, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (29/09/1998, C‑39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 18).
In data 06/10/2020, l’opponente ha depositato le seguenti prove:
· Allegato 1: Articolo tratto dalla pagina web di “Prima Bergamo”, datato 18/12/2014 nel quale si fa menzione del marchio “DIVELLA” tra i “dieci grandi marchi che fanno gola all’estero”. L’articolo continua definendo “Divella” come “impegnata nel settore alimentare più italiano che ci sia, ovvero quello dellapasta, è una società che ha visto i suoi albori nel lontano 1905, a Rutigliano,in provincia di Bari. Ogni giorno vengono prodotte 1000 tonnellate di semoladi grano duro, 350 tonnellate di farina di grano tenero e 700 tonnellate dipasta. L’azienda esporta in tutto il mondo i propri prodotti. Oltre alla pasta ealla farina, ai biscotti e alle merendine, articoli tutti di propria produzione, tragli altri alimenti a marchio Divella ci sono riso, legumi in scatola, olio extravergine di oliva, aceto e passate di pomodoro”.
· Allegato 2: Articolo tratto dalla pagina online di “Adnkronos”, pubblicato il 18/09/2020 nel quale s forniscono informazioni circa la storia, il fatturato e piani futuri dell’opponente, nonché la sua presenza nel mercato mondiale della pasta.
· Allegato 3: Articolo tratto dalla pagina web di “Poste Italiane” del 19/06/2020 nel quale si rende nota l’emissione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico italiano di un francobollo ordinario appartenente alla serie tematica “le Eccellenze del sistema produttivo ed economico” dedicato a “F. Divella S.p.A”. La vignetta riproduce in primo piano sulle penne rigate, uno tra i formati più noti della pasta di semola di grano duri, il logo dell’azienda alimentare F. Divella S.p.A. Completano il francobollo la leggenda “DA 130 ANNI”, la scritta “ITALIA” e l’indicazione tariffaria “B”.
· Allegato 4: Articolo tratto dalla pagina web del quotidiano italiano “Il Sole 24 Ore” e che risulta aggiornato al 24/02/2016 nel quale, tra le altre cose, si definisce l’opponente come un’azienda italiana produttrice di pasta di semola di grano duro che detiene circa l’8% di quota del mercato italiano della pasta e impiega 250 dipendenti.
· Allegato 5: Estratto dall’enciclopedia online Wikipedia relativo alla voce “Divella”, che fornisce informazioni a proposito della storia dell’opponente, il fatturato, e i prodotti lavorati, ossia pasta di semola di grano duro, pasta fresca, biscotti, olio, aceto, riso, sughi pronti, farina, crema alle nocciole, croissant, pesti e piadine. Nella sezione “Dati economici” dell’articolo si menziona il fatto che il fattura sia arrivato, nel 2015, alla cifra di 326 milioni di Euro, rendendo l’azienda la seconda nel settore pasta in Italia, secondo i dati Nielsen.
Dopo avere esaminato il materiale sopra elencato, la Divisione d’Opposizione conclude che le prove presentate dall’opponente non dimostrano che il marchio anteriore ha acquisito un elevato carattere distintivo attraverso l’uso che ne è stato fatto.
Anche valutati congiuntamente, i documenti non forniscono alla Divisione d’Opposizione informazioni sufficienti in merito, in particolare, al grado di riconoscimento del marchio anteriore sul mercato in relazione ai prodotti nella classe 30.
Preliminarmente, non si può non notare come la documentazione fornita sia, per quanto riguarda gli Allegati 2 e 3, successiva alla data della domanda del marchio impugnato.
Mentre l’estratto dall’enciclopedia Wikipedia risulta essere privo di data in quanto, per sua natura, costantemente aggiornato dagli utenti, i restanti documenti, ovvero gli articoli tratti dalle pagine web di “Prima Bergamo” e “Il Sole 24 Ore”, sono datati rispettivamente 18/12/2014 e 24/02/2016 e fanno quindi riferimento a un periodo di circa quattro anni e due anni precedente al deposito della domanda di marchio impugnata, avvenuto in data 23/02/2018.
Inoltre, si deve tener conto del fatto che nessun dato è stato fornito circa la diffusione dei suddetti articoli. In particolare, per quanto riguarda “Prima Bergamo”, sembra evidente che si tratti di un mezzo di comunicazione di portata locale. Per quanto riguarda invece l’estratto dal “Il Sole 24 Ore”, se è vero che in questo caso si tratta di un quotidiano nazionale, in esso tuttavia solo si fa menzione della quota di mercato detenuta dall’opponente, senza peraltro specificare da dove sia stata tratta tale informazione, né a quale anno o periodo di tempo faccia riferimento.
Se questo è indubbiamente un dato importante al fine di stabilire il grado di notorietà, esso tuttavia non pare essere in grado, da solo, senza essere messo in un contesto più ampio e senza essere corroborato da ulteriori elementi, di definire il grado di riconoscimento da parte dei consumatori.
L’opponente avrebbe potuto produrre ulteriori documenti giustificativi del volume di affari oltre che, ad esempio, sondaggi di opinione e indagini di mercato, dichiarazioni scritte e giurate, in particolare rese da terzi, dati relativi a campagne pubblicitarie, tutti elementi probatori aventi ad oggetto il riconoscimento del marchio e in grado quindi di fornire informazioni cruciali circa, come detto, la riconoscibilità da parte del pubblico del territorio di riferimento del marchio “DIVELLA”.
Tra i cinque allegati prodotti dall’opponente mancano, in assoluto, dati che permettano di delineare, tra le altre cose, la misura in cui tale marchio è stato promosso o la conoscenza diretta dello stesso da parte dei consumatori, al di là del pur notevole volume d’affari. L’opponente non ha presentato, ad esempio, né sondaggi di opinione né indagini di mercato che sono i mezzi più idonei per provare le affermazioni relative al grado di conoscenza del marchio.
È indubbio che gli elementi di prova forniscano informazioni circa l’esistenza, da varie decadi, di un’attività di produzione di pasta in Italia, il cui successo è dimostrato dalla presenza di articoli e pure dalla creazione, seppur nell’anno 2020, in data quindi successiva alla data di domanda del marchio impugnato, di un francobollo celebrativo. Si nota peraltro come, con l’eccezione della pagina Wikipedia di cui all’allegato 5, nessun altro prodotto coperto dal marchio anteriore che non siano le paste alimentari, sia menzionato nella documentazione fornita dall’opponente.
La mera constatazione dell’esistenza, da lungo tempo, di una consistente e radicata attività commerciale non può bastare a confermare quanto rivendicato dall’opponente, perché ciò potrebbe soltanto avvenire in forma induttiva, e non diretta.
Secondo la norma di cui alla seconda frase dell’articolo 95, paragrafo 1, RMUE, nei procedimenti inter partes l‘Ufficio deve infatti limitare il proprio esame ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti dalle parti. Ne consegue che, nel valutare se il marchio anteriore goda di notorietà, l’Ufficio non può tener conto di fatti ad esso noti in conseguenza della sua conoscenza privata del mercato, né può disporre indagini ex officio, ma deve basare i propri accertamenti esclusivamente sulle informazioni e sulle prove presentate dall’opponente.
Nel presente caso il materiale probatorio risulta deficitario per i motivi visti poc’anzi considerando che le informazioni ivi riportate risultano tutte aventi una natura secondaria, derivata, e non, al contrario, diretta, senza necessità di ragionamenti induttivi circa i dati che forniscono. Si pensi, a titolo di esempio, al generico riferimento a “dati Nielsen” contenuto nella pagina Wikipedia di cui all’Allegato 5.
In queste circostanze e in mancanza di prove indipendenti e oggettive tali da poter trarre conclusioni solide sul grado di riconoscimento dei marchi anteriori da parte del pubblico di riferimento prima della data di riferimento, la Divisione d’Opposizione non può che concludere, in relazione alla rivendicazione ora in esame, che la richiedente non abbia provato, tramite i documenti prodotti, la notorietà del proprio marchio. Le prove devono essere chiare e convincenti, nel senso che l’opponente è tenuto a dimostrare tutti i fatti necessari per giungere alla conclusione inconfutabile che il marchio è conosciuto da una parte significativa del pubblico. La notorietà del marchio anteriore deve essere dimostrata con piena soddisfazione dell’Ufficio e non semplicemente asserita.
Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta , nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.
e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione
In via preliminare, la Divisione d’Opposizione reputa opportuno rammentare che sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.
La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).
I prodotti contestati nella classe 30 sono stati considerati essere, in ipotesi, identici ai prodotti dei marchi anteriori e il grado di attenzione del pubblico rilevante, in questo caso il grande pubblico, si considera medio.
Il carattere distintivo dei marchi anteriori deve essere considerato normale per tutti i prodotti in questione.
I marchi sono visivamente e foneticamente simili in basso grado mentre concettualmente non sono simili. La Divisione d’Opposizione ritiene che le somiglianze tra i segni siano globalmente limitate. Ciò in particolare se si tiene conto del fatto che per quanto riguarda gli elementi verbali “DIVELLA” da una parte e “DIVA” dall’altra, che sono gli elementi sui quali l’attenzione dei consumatori si concentrerà, essi conferiscono ai marchi diversa lunghezza, ritmo e struttura. Queste differenze sono chiaramente percettibili e non passeranno inosservati al consumatore.
La circostanza che i marchi abbiano in comune alcune lettere non è sufficiente per concludere che sussista un rischio di confusione dato che l’impressione globale fornita dai marchi è diversa. Si nota peraltro che dato che l’alfabeto è composto da un numero limitato di lettere le quali, peraltro, non tutte sono utilizzate con la stessa frequenza, è inevitabile che più parole condividano alcune lettere, ma non possono, per questo solo motivo, essere considerate simili. Ciò vale, a maggior ragione in considerazione del fatto che, pur condividendo alcune lettere, gli elementi “DIVELLA” e “DIVA” possiedono un contenuto semantico chiaramente diverso, anche ove all’elemento “DIVELLA” non fosse attribuito alcun significato, come avviene, ad esempio, per il pubblico che non conosce la lingua italiana.
Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti fossero identici non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.
L’opponente ha basato l’opposizione anche sui seguenti marchi anteriori:
· Registrazione di marchio dell’Unione europea n. 10 611 531 per il marchio figurativo ;
· Registrzione di marchio italiano n. 1 378 799 per il marchio figurativo .
Gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente sono meno simili al marchio contestato. Questo perché essi contengono elementi figurativi ulteriori o parole aggiuntive quali “Pasta Fresca” che non sono presenti nel marchio contestato. Inoltre, essi coprono lo stesso elenco di prodotti. Pertanto, il risultato non può essere diverso in relazione ai prodotti per i quali l’opposizione è già stata respinta. Di conseguenza, in relazione a tali prodotti, il rischio di confusione non sussiste.
A continuazione, la Divisione d’Opposizione deve pertanto esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio italiano n. 1 311 673 “DIVELLA” per la quale, come già menzionato, l’opponente ha rivendicato la notorietà in Italia.
NOTORIETÀ – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 5, RMUE
In conformità dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore registrato ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, RMUE, la registrazione del marchio impugnato è esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore, a prescindere dal fatto che i prodotti o i servizi per i quali si chiede la registrazione siano identici, simili o non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio impugnato possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.
Da quanto detto, si desume che gli impedimenti relativi alla registrazione previsti dall’articolo 8, paragrafo 5, RMUE sono applicabili soltanto quando siano soddisfatte le seguenti condizioni:
· I segni devono essere identici o simili.
· Il marchio dell’opponente deve godere di notorietà. La notorietà, inoltre, deve essere precedente a la data del deposito della domanda di marchio contro cui viene proposta opposizione; deve riguardare il territorio interessato ed essere in relazione ai prodotti e/o ai servizi per i quali è stata formata opposizione.
· Rischio di pregiudizio: l’uso del marchio impugnato potrebbe trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.
I requisiti summenzionati sono cumulativi, e quindi l’assenza di uno qualsiasi di essi dà luogo al rigetto dell’opposizione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE (16/12/2010, T‑345/08 & T‑357/08, Botolist / Botocyl, EU:T:2010:529, § 41). Nondimeno, è necessario osservare che potrebbe non essere sufficiente rispettare tutte le suddette condizioni. In effetti, l’opposizione può comunque essere respinta se la richiedente dimostra un giusto motivo per l’uso del marchio impugnato.
Nel caso specifico, la richiedente non ha affermato di avere un giusto motivo per usare il marchio contro cui viene proposta opposizione. Pertanto, in assenza di indicazioni contrarie, si deve presumere che non esista alcun giusto motivo.
Notorietà del marchio anteriore
Le prove presentate dall’opponente per dimostrare la notorietà e il carattere altamente distintivo del marchio anteriore (o dei marchi anteriori) sono già state esaminate in precedenza nell’ambito dell’esame degli impedimenti previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE. Si fa riferimento ai rispettivi risultati che sono ugualmente validi ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.
La Divisione d’Opposizione ha ritenuto che le prove presentate dall’opponente non dimostrino che il marchio anteriore abbia acquisito notorietà tramite l’uso.
Come precedentemente menzionato, la notorietà del marchio anteriore è un requisito perché l’opposizione venga accolta ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE. Dal momento che non è stato dimostrato che il marchio anteriore goda di notorietà, una delle condizioni necessarie stabilite nell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE non è soddisfatta e l’opposizione dev’essere respinta.
La Divisione d’Opposizione nota inoltre che l’opponente non ha fornito fatti, osservazioni o prove a sostegno della conclusione per cui l’uso del marchio contro cui viene proposta opposizione trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi.
SPESE
Ai sensi dell’articolo 109, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.
Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.
Conformemente all’articolo 109, paragrafo 7, RMUE, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), punto i) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.
Divisione d’Opposizione
Aldo BLASI
Andrea VALISA
Victoria DAFAUCE MENÉNDEZ
Ai sensi dell’articolo 67, RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 68, RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.
VINI e MARCHI: Nuovo Disciplinare – Italia oggi del 25-03-2021
Si sta mettendo a punto la nuova certificazione per le produzioni vinicole che ne valuterà anche la qualità e salubrità.
Il Ministero per le Politiche Agricole e Forestali stabilisce un disciplinare contenente regole produttive, le norme tecniche e le buone pratiche che garantiranno il rispetto di standard predefinite in materia di tutela dell’ambiente e di qualità alimentare. I viticoltori e le cantine che si atterranno al disciplinare otterranno una certificazione di conformità rilasciata da un ente accreditato che autorizzerà ad utilizzare il marchio pubblico differenziando la propria produzione sui mercati nazionali e internazionali. Ieri è stata preparata la bozza di decreto ministeriale che conterrà le nuove regole dello strumento introdotto all’art 224 ter del decreto rilancio del 19 maggio 2020 n. 34 convertito con legge 77/2020
Articolo riportato nel rispetto ai sensi dell’art. 70 L. Diritto Autore
I MARCHI TRAINANO L’ECONOMIA – Italia Oggi del 22-03-2021
Il quadro che delinea Euipo è sorprendente e inaspettato per il periodo che stiamo vivendo. C’è un balzo di brevetti e marchi depositati in questo ultimo anno.
Articolo riportato nel rispetto ai sensi dell’art. 70 L. Diritto Autore
MEGLIO DISTINGUERSI – ESAME marchio comunitario Decisione Euipo del 08-12-2020
Il sacco chiuso con un legaccio ivi rappresentato ad avviso di EUIPO non sarebbe originale rispetto al prodotto che si vuole tutelare, cioè i sacchi, allo stesso modo la parte verbale LEGA E CHIUDI non aggiungerebbe nulla di distintivo e originale.
Rifiuto di una domanda di marchio dell’Unione europea ex articolo 7 e articolo 42, paragrafo 2, RMUE
Alicante, 08/12/2020
Rossella Masetti via G. Garibaldi n.1 I-41058 Vignola ( Modena) ITALIA
Fascicolo nº:
018278515
Vostro riferimento:
S8-12.EM.1
Marchio:
LEGA & CHIUDI
Tipo de marchio:
Marchio figurativo
Nome del richiedente:
SORAGNI S.R.L. Via Nino Bixio 27I-46012 BOZZOLO (MANTOVA) ITALIA
In data 17/08/2020 l’Ufficio, dopo aver riscontrato che il marchio in questione è privo di carattere distintivo, ha sollevato un’obiezione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c) e dell’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, per i motivi esposti nella lettera allegata.
In data 18/09/2020 il richiedente ha presentato le sue osservazioni, che possono essere sintetizzate come segue:
Il marchio in questione è un marchio complesso composto da tre elementi facilmente distinguibili: il primo caratterizzato dalla “bocca” di un sacco chiuso dalla particolare raffigurazione di un nastro che realizza un anello, il secondo elemento è un elemento geometrico, ovvero un doppio cerchio che forma un anello, all’interno del quale viene inciso il terzo elemento del segno consistente nella dicitura “LEGA & CHIUDI”. Di particolare distintività appare la forma del fiocco che chiude il sacco. Infatti, detto elemento [e caratterizzato da un doppio giro di corda che avvolge il sacco e dalla formazione di un anello che richiama il manico di una borsa. È altamente improbabile data la sua innaturalità che il consumatore lo percepisca come informativo e/o descrittivo della natura o della funzionalità del prodotto. Inoltre, va rilevato che gli elementi che chiudono i sacchi sono trasparenti e difficilmente notabili a primo impatto. Infine, l’elemento figurativo del fiocco nonché la sua particolare forma, non sono comunemente utilizzati o abituali in commercio in relazione ai prodotti oggetto della domanda. L’elemento figurativo del legaccio e quella particolare forma che lo stesso assume nel marchio non è comunemente utilizzato o abituale in commercio in relazione ai prodotti oggetto della domanda
La figura geometrica ad anello non deve essere considerata come una mera cornice o margine in primo luogo perché al suo interno è presente l’elemento verbale “LEGA & CHIUDI” caratterizzante il segno, in secondo luogo perché la raffigurazione del legaccio che forma il manico è in rilievo rispetto alla figura geometrica ad anello. Pertanto, si ritiene che detta figura geometrica non possa considerarsi come semplice ma piuttosto come un elemento caratterizzante il marchio idonea a creare un’impressione complessiva sufficientemente distintiva.
Per tutto quanto sopra esposto si ritiene che il segno sia dotato di carattere distintivo.
Ai sensi dell’articolo 94 RMUE, l’Ufficio è tenuto a prendere una decisione fondata su motivi in ordine ai quali il richiedente ha potuto presentare le proprie deduzioni.
Dopo un’attenta analisi delle argomentazioni presentate dal richiedente, l’Ufficio ha deciso di mantenere la propria obiezione.
L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE stabilisce che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.
Ai sensi del paragrafo 2 di tale disposizione, il paragrafo 1 si applica anche se i motivi di impedimento alla registrazione esistono soltanto per una parte dell’Unione. Nel caso che ci occupa, la percezione del marchio deve essere valutata in base al pubblico di lingua italiana.
È giurisprudenza consolidata che i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’articolo 7, paragrafo 1, RMUE sono indipendenti l’uno dall’altro ed esigono un esame separato. Inoltre, i vari impedimenti alla registrazione vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi. L’interesse generale preso in considerazione deve rispecchiare considerazioni diverse, a seconda dell’impedimento in esame (16/09/2004, C‑329/02 P, SAT/2, EU:C:2004:532, § 25).
Vietando la registrazione quale marchio dell’Unione europea di tali segni o indicazioni, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE
persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle caratteristiche di prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi.
“I segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione” (26/11/2003, T‑222/02, Robotunits, EU:T:2003:315, § 34).
Come giustamente osservato dal richiedente, poiché il marchio in questione è composto da più elementi (marchio composito), al fine di individuare la sua caratteristica distintiva va considerato nel suo complesso, il che tuttavia non è incompatibile con una valutazione di ciascuno dei singoli elementi che lo compongono (19/09/2001, T-118/00, Tabs (3D), ECLI:EU:T:2001:226, § 59).
Come già affermato dall’Ufficio nella sua precedente missiva gli elementi verbali del marchio in esame hanno un chiaro significato per il consumatore di lingua italiana ossia “avvolgere con una fune, spago o altro mezzo flessibile, al fine di impedire l’entrata o l’uscita di materiale o un liquido un gas da un contenitore”. Detto argomento non è stato contestato e, pertanto, l’Ufficio intende che il richiedente sia d’accordo con lo stesso. Egli sostiene, tuttavia, che gli elementi grafici siano sufficientemente originali da dotare di carattere distintivo il segno de quo.
Orbene, l’Ufficio non è di detto avviso in quanto tale argomento non è di applicazione al caso di specie. Infatti, il segno per cui è stata chiesta la registrazione, analizzato nel suo complesso, non presenta sufficienti elementi di fantasia che lo rendano distintivo e che permettano di superare il suo carattere sostanzialmente descrittivo.
In particolare, gli elementi figurativi consistono nella presenza di un sacco di colore nero, che viene chiuso grazie ad un legaccio (corda o spago), ed una figura geometrica consistente in un doppio cerchio al cui interno viene inserito l’elemento verbale “LEGA & CHIUDI”.
Orbene, appare evidente come detti elementi non solo non sono in grado di dotare di carattere distintivo il marchio ma, al contrario, non fanno altro che rafforzare il suo carattere descrittivo come verrà specificato in seguito.
La rappresentazione del sacco di colore nero è, infatti, piuttosto standard e richiama, in maniera inequivocabile, i prodotti per i quali si chiede protezione ossia dei sacchi. Stesso discorso vale per la rappresentazione del legaccio che, per quanto leggermente stilizzato, nel suo insieme ha una forma comune a questo tipo di prodotti e mostra quella che è la funzione stessa del legaccio, ossia quella di legare il sacco il sacco impedendo, in tal modo, la fuoriuscita del materiale presente al suo interno.
I due cerchi che contengono al loro interno gli elementi verbali sono figure geometriche semplici che non si distaccano in nessun modo dalla loro classica rappresentazione. Contrariamente a quanto sostenuto dal richiedente, il fatto che ai detti cerchi venga sovrapposto il legaccio non è in alcun modo sufficiente a dotare il segno della necessaria distintività. Per ciò che concerne, infine, gli elementi verbali posti all’interno dei cerchi, occorre osservare come gli stessi siano rappresentati in caratteri standard e sono altresì leggibili prima facie dal consumatore.
Pertanto, detti elementi, visti nel loro complesso, trasmettono e/o comunicano al consumatore un messaggio chiaro ed inequivocabile ossia che è possibile chiudere i prodotti per i quali si chiede protezione (sostanzialmente sacchi) legando l’apposito legaccio. Il marchio, nel suo complesso, presenta perciò un legame diretto con i prodotti oggetto dell’obiezione, risultando pertanto, descrittivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE.
Atteso che il segno de quo è descrittivo della natura dei prodotti nonché della loro funzionalità, il marchio in esame è, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a tali prodotti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) RMUE (12/03/2004, C-363/99, POSTKANTOOR, ECLI:EU:C:2004:86, § 86).
Per tutto quanto sopra esposto ed argomentato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), e dell’articolo 7, paragrafo 2 RMUE, la domanda di marchio dell’Unione europea n. 018 278 515 è respinta per tutti i prodotti oggetto della domanda.
Ai sensi dell’articolo 67 RMUE, Lei ha facoltà di proporre un ricorso contro la presente decisione. Ai sensi dell’articolo 68 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.
Nel corso del 2020 ci sono state più invenzioni e più brevetti rispetto al 2019
Nel corso del 2020 si è registrato un importante aumento delle domande di brevetto nazionale depositate presso l’UIBM
Qualche numero: le domande di brevetto per invenzione industriale hanno superato la cifra di 11.000 domande con un incremento di 878 rispetto al totale del 2019; mentre i brevetti richiesti per modello di utilità nel 2020 sono stati 2.396 con un incremento di 480 domande depositate.
Il numero dei brevetti concessi per invenzione industriale è cresciuto nel 2020 del 6,3% rispetto al precedente anno (9.161 rispetto a 8.614), mentre il numero dei brevetti concessi per modello di utilità è cresciuto del 30,3% (2.090 rispetto ai 1.603 concessi nel 2019).
Articolo riportato nel rispetto ai sensi dell’art. 70 L. Diritto Autore
Bando di concorso per i migliori brevetti in 7 aree tecnologiche
C’è tempo fino al 31 marzo 2021 per partecipare alla selezione dei migliori brevetti in 7 aree tecnologiche: FUTURE MOBILITY – CYBERSECURITY, ARTIFICIAL INTELLIGENCE, BIG DATA – TECNOLOGIE GREEN E MATERIALI ALTERNATIVI – FILIERA AGROALIMENTARE – AEROSPAZIO – FONTI RINNOVABILI/ENERGIE ALTERNATIVE/ACQUA – LIFE SCIENCE / HEALTH CARE.
Questa opportunità è riservata alle Università pubbliche italiane, gli enti pubblici di ricerca nazionali e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS)
per informazioni consultare il seguente link https://uibm.mise.gov.it/index.php/it/bando-di-concorso-per-l-intellectual-property-award-ipa-2021
Brexit e marchi: il ruolo determinante di CompuMark
Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea (UE), un processo denominato “Brexit”. Fino al 31 dicembre 2020 era in vigore un periodo di transizione.
Cosa succede ora ai marchi già registrati?
I marchi dell’Unione europea (MUE) non proteggeranno più i marchi nel Regno Unito.
Invece l’Ufficio per la proprietà intellettuale del Regno Unito (UKIPO) creerà copie locali di marchi dell’Unione europea registrati, limitatamente ai marchi registrati prima del 1 gennaio 2021.
Ci sarà tempo fino al 30 settembre 2021 invece per i titolari dei marchi le cui domande sono in sospeso per richiedere la registrazione dei marchi presso l’UKIPO.
Entro il 20 marzo 2021 CompuMark provvederà ad aggiungere al registro del Regno Unito tutte le copie clonate dei MUE registrati a partire dal 2020, complete di eventuali correzioni di errori e dei miglioramenti necessari, aggiornerà il registro del Regno Unito man mano che i marchi clonati vengono rinnovati.
Articolo riportato nel rispetto ai sensi dell’art. 70 L. Diritto Autore
MARCHI ITALIANI: registrato il marchio “PASTIFICIO DASSO DAL 1959”
Accettata in data 19.02.2021 la domanda di registrazione del marchio “Pastificio Dasso dal 1959 depositato il 11.09.2020 a GENOVA
Il marchio è utilizzato in classe 30 dal Pastificio Dasso di Rapallo
Bando Brevetti+ Disegni+ Marchi+ erogati 64,4 milioni di euro di contributi
Con il bando Brevetti+ sono state finanziate 306 domande (su un totale di 419 domande presentate), per Disegni+ le domande finanziate sono 331 (delle 375 presentate) ed infine per Marchi+ sono state approvate 1.361 domande (sulle complessive 1.536 presentate) per un totale di contributi concessi pari a 46,1 milioni di euro.
Si segnala la misura denominata Voucher 3i rivolta alle start up innovative. Al 31 gennaio 2021 sono state presentate 3.020 richieste di voucher e ne sono stati concessi 2.501 per un valore complessivo pari ad euro 10,3 milioni.
Articolo riportato nel rispetto ai sensi dell’art. 70 L. Diritto Autore
Moon boots come un’opera di design – Italia Oggi del 31-01-2021
Il Tribunale di Milano riconosce tutela alle calzature
L’art 2 della Legge sul Diritto di Autore (L. 22 aprile 1941, n. 633) elenca le opere degne di protezione, ricordiamo tra le altre:
le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, tanto se in forma scritta quanto se orale;
le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammatico-musicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale;
le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti;
le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia;
Non tutti, salvo gli addetti ai lavori, conoscono questa norma ma la maggior parte degli italiani, e non solo, conosce i famosi doposci moon boots; e proprio i moon boots sono stati riconosciuti opera dell’ingegno, se infatti andiamo al punto 10 dello stesso articolo 2 troviamo le opere del disegno industriale che presentano di per sé carattere creativo e valore artistico. In tal senso si è pronunciato lo stesso Tribunale di Milano con la decisione n. 493 del 25 gennaio 2021 riconoscendo alle famose calzature piena tutelabilità e originalità.
Articolo riportato nel rispetto ai sensi dell’art. 70 L. Diritto Autore
MARCHI ITALIANI: registrato il marchio “STUDIO V”
Accettata in data 22.01.2021 la domanda di registrazione del marchio “STUDIO V” depositato il 31.07.2020 a Roma
Il marchio è utilizzato in classe 9 e vuole promuovere software di videogiochi
MARCHI ITALIANI: registrato il marchio “WING FOIL TOUR”
Accettata in data 19.01.2021 la domanda di registrazione del marchio “WING FOIL TOUR” depositato il 07.08.2020 a Livorno
Il marchio è utilizzato in classe 35 e 41 e vuole promuovere attività sportive e culturali nel settore sportivo
MARCHI ITALIANI: registrato il marchio “MAELI”
Accettata in data 19.01.2021 la domanda di registrazione del marchio “MAELI” depositato il 17.07.2020 a La Spezia
Il marchio è utilizzato in classe 25 nel settore abbigliamento e in classe 43 nel settore della ristorazione e degli alloggi.
Fondo comunitario per proteggere i diritti di proprietà intellettuale
La Commissione Europea e l’Ufficio della Proprietà Intellettuale dell’Unione Europea (EUIPO) sostengono l’Ideas Powered for Business SME Fund. Il progetto prevede un sistema il cui obiettivo è dare respiro finanziario, fino a un importo massimo di 1.500 euro, alle imprese che desiderano sviluppare strategie di proprietà intellettuale e proteggere i loro diritti di proprietà intellettuale, a livello nazionale, regionale o comunitario.
Il Fondo comprende il 75% in meno sui servizi di pre-diagnosi della PI e il 50% in meno sulle tasse di base per le domande di marchio, disegno o modello.
Sono previste cinque finestre temporali per le candidature:
dall’11 al 31 gennaio 2021
dal 1° al 31 marzo 2021
dal 1° al 31 maggio 2021
dal 1° al 31 luglio
dal 1° al 30 settembre.
Per maggiori dettagli può essere di aiuto consultare il seguente link, è una presentazione del progetto esaustiva e ben fatta