Rischio di confusione tra marchi settore Pasta, Macchine impastatrici – Divisione di Opposizione 18-05-2022
Il marchio anteriore è ” PASTAIA ITALIANA”, il marchio impugnato è “la pastaia” La Classe di riferimento è la Classe 7: Macchine per la fabbricazione delle paste alimentari. Ad avviso della Divisione di Opposizione esiste rischio di confusione e l’opposizione è fondata.
Imperia & Monferrina S.p.A., Via Savoia, 82, 00198 Roma, Italia (opponente), rappresentata da Apra’ Brevetti, Via Bertola, 2, 10121 Torino, Italia (rappresentante professionale)
c o n t r o
Kmp S.r.l., Via del Lavoro 45 – zi Molina, 36034 Malo (VI), Italia (richiedente), rappresentata da Parolin.Legal | DP Partners S.r.l., Via Dino Buzzati, 8/5, 31044 Montebelluna (TV), Italia (rappresentante professionale).
Il 18/05/2022, la Divisione di Opposizione emana la seguente
DECISIONE:
1. | L’ opposizione n. B 3 118 921 è accolta per tutti i prodotti contestati. |
2. | La domanda di marchio dell’Unione europea n. 18 166 004 è totalmente respinta. |
3. | La richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in EUR 620. |
MOTIVAZIONI
In data 11/05/2020, l’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 18 166 004 (marchio figurativo). L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio italiano n. 1 317 926 ‘PASTAIA ITALIANA’ (marchio denominativo). L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.
PROVA DELL’USO
L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio italiano n. 1 317 926.
Ai sensi dell’articolo 47, paragrafi 2 e 3, RMUE, su istanza del richiedente, l’opponente è tenuto a fornire la prova che nel termine di cinque anni che precedono la data di deposito o, ove applicabile, la data di priorità del marchio contestato, il marchio anteriore è stato oggetto di uso effettivo nel territorio in cui tale diritto è tutelato per i prodotti o per i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che sussistono motivi legittimi per il suo mancato uso. Il marchio anteriore è assoggettato all’obbligo d’uso se, alla data in questione, lo stesso era registrato da almeno cinque anni.
La medesima disposizione prevede che, in mancanza di tale prova, l’opposizione è respinta.
La data di depositodella domanda contestata è 13/12/2019. All’opponente è stato quindi richiesto di dimostrare che il marchio su cui è basata l’opposizione è statooggetto di uso effettivo in Italia dal 13/12/2014 al 12/12/2019 compresi.
Le prove devono altresì dimostrare l’uso del marchio in relazione ai prodotti sui quali si basa l’opposizione, in particolare:
Classe 7: Macchine per la fabbricazione delle paste alimentari.
Conformemente all’articolo 10, paragrafo 3, RDMUE, le prove relative all’uso consistono in indicazioni riguardanti il luogo, il tempo, l’estensione e la natura dell’utilizzazione del marchio dell’opponente, per i prodotti e i servizi rispetto ai quali esso è stato registrato e sui quali si basa l’opposizione.
A seguito di una richiesta di proroga inviata dall’opponente a tempo debito, il 07/01/2021, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, RDMUE, l’Ufficio, ha concesso all’opponente fino al 25/02/2021 per presentare le prove dell’uso del marchio anteriore. L’opponente ha presentato alcune prove d’uso il 25/02/2021 (entro il termine).
Poiché l’opponente ha richiesto che vengano mantenuti confidenziali, rispetto a terzi, alcuni dei dati commerciali contenuti nel materiale probatorio, la divisione d’Opposizione fornirà una descrizione delle prove in termini generali, senza divulgare tali dati.
Le prove d’uso da prendere in considerazione sono, in particolare, le seguenti:
· Doc. 11-23: Numerose fatture di vendita emesse dall’opponente nei confronti di clienti italiani e di alcuni altri Paesi dell’Unione europea (tra i quali, ad esempio, Germania e Romania) relative alla vendita, inter alia, di decine di unità di prodotti “PASTAIA ITALIANA”. Le fatture sono datate nel periodo compreso tra il 28/01/2014 e il 25/11/2019.
· Doc. 24: Pagine che comprendono i dati riguardanti le vendite totali dei prodotti “PASTAIA ITALIANA” negli anni compresi tra il 2014 e il 2019.
· Doc. 25: Catalogo datato maggio 2017 che contiene, tra gli altri prodotti, una scheda relativa ad una macchina per fare la pasta, corredata di alcuni accessori, recante il segno sulla propria confezione. I testi presenti nel catalogo sono in lingua italiana, inglese, tedesca, spagnola, francese e portoghese.
· Doc. 26: Varie fotografie, non datate, di scatole e prodotti “PASTAIA ITALIANA” quali le seguenti: , ,
· Doc. 27-28: Documenti che contengono il riepilogo contabile di alcune fatture di acquisto da fornitori italiani ed esteri per la pubblicizzazione dei prodotti in fiere internazionali in Italia e all’estero, nonché alcune fatture di fornitori italiani in relazione all’acquisto di packaging;
· Doc 29: Affidavit che consiste nella dichiarazione del legale rappresentante dell’opponente, sottoscritto in data 25/02/2021, in cui vengono fornite informazioni riguardanti gli importi fatturati nel periodo di riferimento 2014-2019 sia in Italia che all’estero, in relazione, tra gli altri, a prodotti recanti il marchio “PASTAIA ITALIANA” nonché le spese sostenute per pubblicità e packaging. L’affidavit pure contiene la visura camerale dell’opponente, la quale riporta nella sezione “Attività prevalente” fabbricazione di macchine per l’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, fabbricazione di apparecchi per uso domestico non elettrici.
Innanzitutto, si rammenta che la prova deve riguardare il luogo, il tempo, la consistenza e la natura dell’uso che è stato fatto del marchio anteriore.
In secondo luogo, emerge dalla giurisprudenza che un marchio è oggetto di un uso effettivo allorché, conformemente alla sua funzione essenziale, cioè garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, è usato al fine di creare o mantenere uno sbocco commerciale per tali prodotti e servizi, restando esclusi gli usi simbolici, che hanno il solo scopo di conservare dei diritti conferiti dal marchio (si veda, per analogia, 11/03/2003, C–40/01, Minimax, EU:C:2003:145, § 43).
La valutazione dell’effettività dell’uso del marchio deve basarsi su una valutazione complessiva di tutti i fattori rilevanti del caso di specie, vale a dire dei fatti e delle circostanze che possono provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, al fine di mantenere o creare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (08/07/2004, T–203/02, Vitafruit, EU:T:2004:225, § 40; si veda altresì, per analogia, 11/03/2003, C‑40/01, Minimax, EU:C:2003:145, § 43).
L’uso effettivo di un marchio non può essere dimostrato da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi che provino un uso effettivo e sufficiente del marchio sul mercato interessato (12/12/2002, T‑39/01, Hiwatt, EU:T:2002:316, § 47, e 06/10/2004, T-356/02, Vitakraft, EU:T:2004:292, § 28).
In un tale contesto, spetta alla Divisione d’Opposizione valutare se il marchio in questione sia utilizzato conformemente alla sua funzione essenziale e al fine di creare o di conservare quote di mercato per i prodotti o i servizi tutelati. Tale valutazione deve prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze rilevanti per il procedimento principale, quali segnatamente le caratteristiche del mercato in questione, la natura dei prodotti o dei servizi tutelati dal marchio, l’estensione territoriale e quantitativa dell’uso nonché la sua frequenza e regolarità (19/12/2012, C‑149/11, Onel / Omel, EU:C:2012:816, § 56).
Dal punto di vista del valore probatorio dei documenti presentati dall’opponente, si rileva in via preliminare per quanto riguarda l’affidavit di cui al Documento 29, l’articolo 10, paragrafo 4, RDMUE, menziona espressamente le dichiarazioni scritte di cui all’articolo 97, paragrafo 1, lettera f), RMUE, come mezzi istruttori ammissibili. L’articolo 97, paragrafo 1, lettera f), RMUE, elenca tali mezzi istruttori, che comprendono le dichiarazioni scritte fatte sotto il vincolo del giuramento o in forma solenne, ovvero che, conformemente alle disposizioni del diritto dello Stato in cui viene redatta la dichiarazione, abbiano effetto equivalente. Per quanto riguarda il valore probatorio di questo tipo di prove, le dichiarazioni redatte dalle stesse parti o dai loro dipendenti hanno di solito un valore probatorio minore rispetto a quelle provenienti da fonti indipendenti. Questo perché l’opinione della parte coinvolta nella controversia può essere più o meno influenzata dall’interesse personale nella vicenda.
Ciò, tuttavia, non significa che tali dichiarazioni non abbiano alcun valore probatorio.
In effetti, il risultato finale dipende dalla valutazione globale delle prove prodotte nella fattispecie concreta. Ciò è dovuto al fatto che, in generale, al fine di dimostrare l’uso effettivo e serio del marchio sono necessari ulteriori elementi di prova, dal momento che le dichiarazioni in questione hanno un valore probatorio inferiore rispetto alle prove fattuali (etichette, imballaggi ecc.) o a quelle provenienti da fonti indipendenti.
Tenuto conto di quanto precede, è quindi necessario valutare il restante materiale probatorio al fine di accertare se le affermazioni contenute nella dichiarazione in questione sono suffragate da altri elementi di prova.
Luogo dell’uso
Le fatture prodotte documentano vendite, tra le altre, a clienti siti in varie località italiane.
Poiché le località summenzionate coincidono con ampie zone del territorio nel quale la registrazione del marchio anteriore è efficace, ovvero l’Italia, e anche in considerazione del fatto che il catalogo di cui al Documento 25 si deve ritenere soddisfatta l’esigenza di provare l’uso nel territorio pertinente.
Epoca dell’uso
Come già esplicitato, l’uso andava documentato nel periodo quinquennale antecedente la data di deposito della domanda di marchio impugnata, vale a dire tra il giorno 13/12/2014 e il giorno 12/12/2019 compresi.
La Divisione d’Opposizione osserva che l’opponente ha incontestabilmente adempiuto l’onere della prova dal momento che ha prodotto un numero di fatture che coprono la quasi totalità del succitato periodo.
Consistenza dell’uso
All’opponente spettava dimostrare che l’uso del marchio non era meramente fittizio o simbolico. La prova doveva, al contrario, documentare una sufficiente consistenza economica, nel senso di rivelare l’intenzione di occupare, attraverso l’uso del marchio, una quota di mercato.
Le fatture dimostrano la vendita durante gli anni del quinquennio rilevante di macchine per la fabbricazione di paste alimentari in un numero e per il corrispettivo di somme che sono certamente compatibili con una reale presenza sul mercato e tali, quindi, da soddisfare il requisito minimo circa la consistenza economica dell’uso.
Natura dell’uso
Per soddisfare questo quarto ed ultimo requisito, è necessario che l’opponente abbia usato il marchio (i) in funzione distintiva e (ii) secondo modalità che non ne abbiano alterato la capacità distintiva.
Per quanto riguardo l’uso del marchio ‘PASTAIA ITALIANA’, esso appare, in funzione di marchio, così come registrato sugli elenchi delle fatture, o in una foggia tale, è il caso delle scatole dei prodotti presenti nei Documenti 25 e 26, dove il marchio compare nella seguente modalità , le caratteristiche della quale non sono certo atte ad alterare la distintività del marchio denominativo “PASTAIA ITALIANA”, trattandosi di una semplice veste grafica del medesimo elemento verbale.
Prodotti per i quali è stato dimostrato l’uso del marchio
Nel presente caso, per quanto riguarda i prodotti nella Classe 7, è possibile trovare conferma, sia nelle fatture che nel catalogo forniti dall’opponente, di un uso fatto in relazione a macchine per la fabbricazione delle paste alimentari, ossia dei prodotti così come indicati nella lista dei prodotti coperti dal marchio anteriore. Ciò si evince in particolare dalla descrizione dei prodotti “PASTAIA ITALIANA”, elencati nelle fatture, che corrispondono agli articoli per l’appunto presentati nel catalogo, il quale contiene fotografie che rappresentano per l’appunto macchine per la produzione di pasta.
La Divisione d’Opposizione ritiene che le prove dimostrino l’uso effettivo del marchio per i suddetti prodotti.
Di conseguenza, nell’esame dell’opposizione la Divisione d’Opposizione prenderà in considerazione i prodotti summenzionati.
RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE
Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.
I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:
Classe 7: Macchine per la fabbricazione delle paste alimentari.
I prodotti contestati sono i seguenti:
Classe 7: Macchine per miscelare alimenti; macchine per affettare alimenti [industriali]; macchine alimentari per pasticceria; macchine alimentari sfogliatrici per pasticceria; macchine ed apparecchi per la lavorazione e la preparazione di cibi e bevande; macchine da strizzatura comprendenti rulli; impastatrici industriali; impastatrici; impastatrici a spirale; frullatori; macchine meccaniche per miscelare; apparecchi elettrici da cucina per macinare; apparecchi elettrici per fare la pasta per uso domestico; apparecchi elettromeccanici per la preparazione di alimenti; impastatrici meccaniche; impastatori [macchine da cucina elettriche]; estrattore di succhi, elettrici; macchinari elettromeccanici per la preparazione di alimenti e bevande; macchine per impastare il pane; macchine per divisione di impasti (elettriche -); macchine per confetteria; macchine per la preparazione di prodotti alimentari [industriali]; robot da cucina; meccanismi robotici da usare nella trasformazione del cibo; tagliapasta [macchine].
I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.
Le macchine per la preparazione di prodotti alimentari [industriali] del marchio impugnato si sovrappongono con le macchine per la fabbricazione delle paste alimentari nella Classe 7 dell’opponente. Pertanto, questi prodotti sono identici.
I prodotti contestati macchine per miscelare alimenti; macchine per affettare alimenti [industriali]; macchine alimentari per pasticceria; macchine alimentari sfogliatrici per pasticceria; macchine ed apparecchi per la lavorazione e la preparazione di cibi e bevande; macchine da strizzatura comprendenti rulli; impastatrici industriali; impastatrici; impastatrici a spirale; frullatori; macchine meccaniche per miscelare; apparecchi elettrici da cucina per macinare; apparecchi elettrici per fare la pasta per uso domestico; apparecchi elettromeccanici per la preparazione di alimenti; impastatrici meccaniche; impastatori [macchine da cucina elettriche]; estrattore di succhi, elettrici; macchinari elettromeccanici per la preparazione di alimenti e bevande; macchine per impastare il pane; macchine per divisione di impasti (elettriche -); macchine per confetteria; macchine per la preparazione di prodotti alimentari [industriali]; robot da cucina; meccanismi robotici da usare nella trasformazione del cibo; tagliapasta [macchine] sono identici alle macchine per la fabbricazione delle paste alimentari nella Classe 7 in quanto si sovrappongono a questi prodotti, o li includono, come nel caso di macchine per la preparazione di prodotti alimentari [industriali] o sono quantomeno simili, come nel caso ad esempio delle macchine per impastare il pane o gli estrattore di succhi, elettrici dato che tutti questi prodotti servono alla preparazione di prodotti alimentari o bevande, sono diretti al medesimo pubblico, sono distribuiti attraverso i medesmi canali e hanno la stessa origine.
b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione
Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.
Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici o quantomeno similisono diretti al grande pubblico e a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale.
Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.
Il territorio di riferimento è l’Italia.
La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).
Nelle proprie osservazioni del 01/06/2021 la richiedente sostiene che l’elemento “PASTAIA” sia privo di distintività in relazione i prodotti nella Classe 7 oggetto di comparazione, e tal fine presenta due linee di argomenti. La prima si basa sulle definizioni contenute in alcuni dizionari della lingua italiana per quanto concerne il termine “pastaio”, che include ovviamente la sua accezione al femminile “pastaia”, quali ad esempio “fabbricante o venditore di pasta alimentare, o anche, di paste dolci”, “addetto alle varie operazioni di produzione delle paste alimentari a livello industriale”, “chi fa o vende paste alimentari”, “chi produce artigianalmente e vende al dettaglio pasta alimentare fresca”, “chi lavora nell’industria della pasta alimentare come addetto alle operazioni di impastamento, formatura e essicazione”. È evidente come le suddette definizioni facciano chiaramente riferimento ad una persona e non siano attribuibili ad una macchina, per la quale questo termine, per quanto allusivo dell’attività di produzione della pasta, non può quindi essere considerato descrittivo.
La seconda linea di argomentazione della richiedente consiste nel sostenere che il termine “PASTAIA” indichi uno “specifico macchinario utensile”, e a fondamento di ciò allega i risultati di ricerche online sulla base del termine “pastaia”. In questo caso, se è vero che una ricerca sulla base di tale termine riporta immagini di macchine per la pasta, è pure vero che tra i risultati di macchine per la fabbricazione della pasta il termine “pastaia” in quanto tale non compare mai. I risultati riguardano infatti “macchine per pasta” o una macchina per la pasta chiamata “Il pastaio”, per la quale è evidente che quest’ultimo sia un marchio o il nome del modello, e non la descrizione della macchina in sé.
In mancanza di indicazione incontrovertibili sul tema, la Divisione d’Opposizione non può quindi concordare con quanto obiettato dalla richiedente ma al contrario, in accordo con le argomentazioni dell’opponente, riscontrare, sulla base delle prove presentate da entrambe le parti, che il termine comune ai segni “PASTAIA”, sia un elemento il quale, per quanto debole in ragione del fatto che alluda al processo di fabbricazione della pasta, goda di un certo grado di distintività, dato che non descrive direttamente caratteristiche o qualità dei prodotti. Esso, al contrario, indica un concetto, quello specifico di una persona, e non di una macchina, che per l’appunto in questa sfumatura semantica dota l’elemento di una seppur limitata distintività.
Gli ulteriori elementi verbali dei segni sono invece, in questo caso sì, non-distintivi, dato che l’aggettivo “italiana” indica la semplice origine geografica dei prodotti, ovvero l’Italia, e l’articolo “La” per sua natura solo introduce il termine che lo segue. Per quanto riguarda l’elemento figurativo del marchio impugnato, esso non fa che richiamare il concetto di “pastaia” come persona preposta alla produzione della pasta, ed è pertanto pure da considerarsi come un elemento debole in relazione ai prodotti nella Classe 7.
Il segno contestato non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.
Per quanto riguarda il segno impugnato, si deve poi tenere conto del fatto che quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T-312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37).
Visivamente, i segni coincidono nell’elemento “PASTAIA”. Tuttavia, essi differiscono nel secondo elemento “ITALIANA” del marchio anteriore, nell’articolo “La” del segno impugnato nonché nell’elemento figurativo di quest’ultimo. Tenuto conto di quanto sopra riscontrato circa il peso dei vari elementi dei segni, e dei loro diversi gradi di distintività, e in particolare del fatto che “PASTAIA” è l’unico elemento con una certa distintività del marchio anteriore, data la non distintività dell’aggettivo “italiana”, la Divisione d’Opposizione considera che i segni siano visivamente simili in media misura.
Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere dell’elemento “PASTAIA”, il quale è un elemento debole, mentre essa differisce nel suono degli elementi non-distintivi “italiana” del marchio anteriore e “la” del segno impugnato.
Pertanto, i segni sono foneticamente molto simili.
Sotto il profilo concettuale, si fa riferimento alle precedenti affermazioni riguardanti il contenuto semantico trasmesso dai marchi. Siccome i segni saranno associati a un significato simile, sia per la presenza dell’elemento verbale “Pastaia” che dell’elemento figurativo del segno impugnato, che richiama evidentemente una pastaia.
I segni concettualmente sono molto simili, anche in considerazione della non-distintività degli elementi differenziatori, ossia “italiana” e “La”.
d) Carattere distintivo del marchio anteriore
Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.
e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione
La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).
La valutazione del rischio di confusione comporta un certo grado di interdipendenza tra i fattori rilevanti e, in particolare, tra i risultati riscontrati in precedenza relativamente al grado di somiglianza tra i marchi e a quello tra i prodotti o servizi. Pertanto un minor grado di somiglianza tra i prodotti e servizi può essere compensato da un maggior grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17).
Nel caso di specie, i prodotti nella Classe 7 sono stati riscontrati essere identici e sono rivolti sia al pubblico generale che ad un pubblico formato da professionisti. In entrambi i casi, si ritiene che i consumatori presteranno un grado di attenzione medio.
Il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato modesto per tutti i prodotti e servizi in questione.
I segni sono stati considerati visivamente simili in media misura e foneticamente e concettualmente molto simili in virtù della presenza in entrambi dell’elemento verbale “PASTAIA”, il quale tuttavia risulta essere un elemento debole.
Occorre innanzitutto premettere che in ossequio alla prassi comune, quando i marchi condividono un elemento che presenta un carattere distintivo di basso grado, la valutazione del rischio di confusione sarà incentrata sull’impatto degli elementi che non coincidono sull’impressione complessiva dei marchi, come precedentemente valutati nel contesto della comparazione dei segni. In tale valutazione sono presi in considerazione somiglianze/differenze e carattere distintivo degli elementi che non coincidono.
Un elemento che coincide e che presenta carattere distintivo debole non genera di per sé un rischio di confusione. Tuttavia può sussistere un rischio di confusione se gli altri elementi presentano un carattere distintivo di grado inferiore (o ugualmente debole) o hanno un impatto visivo irrilevante e l’impressione complessiva dei marchi è simile. Può verificarsi un rischio di confusione anche quando l’impressione complessiva dei marchi è molto simile o identica.
Anche quando i marchi condividono un elemento privo di carattere distintivo, la valutazione sarà incentrata sull’impatto degli elementi che non coincidono sull’impressione complessiva dei marchi. Nella valutazione saranno presi in considerazione somiglianze/differenze e carattere distintivo degli elementi che non coincidono.
Se si rileva una coincidenza solo in elementi privi di carattere distintivo, ciò non comporta un rischio di confusione. Tuttavia, quando i marchi contengono, ad esempio, anche altri elementi denominativi che sono simili, vi sarà un rischio di confusione se l’impressione complessiva dei marchi è molto simile o identica.
Tali principi trovano felice applicazione nel caso in disamina, posto che le individuate somiglianze tra i segni sono focalizzate in un elemento con un grado di distintività piuttosto modesto, ovvero “PASTAIA”, ma i restanti elementi non presenta maggiore distintività. Ciò vale sia per gli altri elementi verbali dei segni, ossia “italiana” e “la”, i quali sono entrambi elementi non-distintivi, ma anche per l’elemento figurativo del marchio impugnato, il quale non solo è debole in ragione del suo contenuto ma pure veicola il medesimo concetto dell’elemento verbale “PASTAIA”, non aggiungendo al segno particolari elementi di originalità.
In aggiunta, si deve tenere presente, come menzionato nella sezione c) della presente decisione, che saranno gli elementi verbali del marchio impugnato ad attirare maggiormente l’attenzione dei consumatori.
Alla luce di quanto sopra, la Divisione d’Opposizione ritiene che la presenza di elementi aggiuntivi in entrambi i segni non sia in grado, in considerazione della coincidenza nell’elemento “PASTAIA”, di permettere di differenziare sufficientemente i segni in disputa.
Per tali ragioni, la Divisione d’Opposizione ritiene plausibile che il consumatore di riferimento, considerato ragionevolmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, possa ritenere che i prodotti identici provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate e che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico.
Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione di marchio italiano n. 1 317 926 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.
Poiché la registrazione di marchio italiano n. 1 317 926 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente (16/09/2004, T-342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).
Per dovere di completezza, si rileva infine che in data 16/11/2021 la richiedente ha fatto richiesta di esaminare la prosecuzione del procedimento rispetto alla concessione di un termine a difesa per poter replicare alle osservazioni esposte da parte opponente, alla luce delle prove e documenti prodotti nella procedura di opposizione.
Tuttavia, in data 28/01/2022 l’Ufficio ha respinto la suddetta richiesta di prosecuzione del procedimento ai sensi dell’articolo 105, RMUE, pervenuta il 16/11/2021 in quanto l’atto omesso non è stato compiuto (articolo 105, paragrafo 1, RMUE), l’articolo 105 non si applica a questo termine (articolo 105, paragrafo 2, RMUE) e la tassa di prosecuzione del procedimento non è stata pagata (articolo 105, paragrafo 1, RMUE).
La Divisione d’Opposizione rileva che la parte che richiede la prosecuzione del procedimento deve presentare la richiesta, fatto salvo il versamento di una tassa, ai sensi dell’articolo 105, RMUE, entro due mesi a decorrere dalla scadenza del termine originario e compiere l’azione omessa entro questo medesimo termine. In considerazione del mancato rispetto del suddetto termine da parte della richiedente, si deve quindi confermare che la suddetta richiesta deve essere respinta.
Ai sensi dell’articolo 109, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente nel procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.
Poiché la richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso di questo procedimento.
Conformemente all’articolo 109, paragrafi 1 e 7, RMUE, e all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.
Divisione d’Opposizione
Aldo BLASI | Andrea VALISA | Edith Elisabeth VAN DEN EEDE |
Ai sensi dell’articolo 67 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 68, RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. Deve essere presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considererà presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.