ITALIA XX VENTITERRE – DECADENZA MARCHIO FIGURATIVO Divisione di Annullamento Euipo 16.12.2016

ITALIA-VENTITERRE

ITALIA XX VENTITERRE – DECADENZA MARCHIO FIGURATIVO- Divisione di Annullamento EUIPO 16.12.2016

 

Il titolare del marchio ITALIA XX VENTITERRE decade dai suoi diritti relativamente ai prodotti contestati della classe 33 e cioè Bevande alcoliche (tranne le birre) per mancato utilizzo per un periodo ininterrotto di cinque anni.

Il marchio rimane registrato per le restanti classi per cui era registrato e cioè:

Classe 29: Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili.
Classe 30: Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio.
Classe 31: Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, non compresi in altre classi; animali vivi; frutta e ortaggi freschi; sementi, piante e fiori naturali; alimenti per gli animali; malto.
Classe 35: Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio.

 

ANNULLAMENTO N. 13071 C (DECADENZA)

Casa Vinicola Zonin S.p.A, Borgolecco, 9, I-36053 Gambellara (VI), Italia (richiedente), rappresentata/o da De Gaspari Osnach S.R.L., Via Oberdan, 20, 35122 Padova, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Collegio Toscano degli Olivicoltori Ol.Ma S.A.C., Loc. II Madonnino, 3, I-58100 Montepescali Scalo (GR), Italia (titolare del marchio dell’Unione europea), rappresentata/o da Leonardo Paulillo, Via Andrea Bafile, 13, 00195 Roma, Italia (rappresentante professionale).

Il 16/12/2016, la divisione di annullamento emana la seguente

 

DECISIONE

1. La domanda di decadenza è accolta.

2. Il titolare del marchio dell’Unione europea è decaduto interamente dai suoi diritti in relazione al marchio dell’Unione europea n. 7 517 931 a decorrere dal 09/06/2016 per tutti i prodotti contestati, ossia:
Classe 33: Bevande alcoliche (tranne le birre).

3. Il marchio dell’Unione europea rimane registrato per tutti i prodotti e servizi non contestati, ossia:

Classe 29: Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili.
Classe 30: Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio.
Classe 31: Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, non compresi in altre classi; animali vivi; frutta e ortaggi freschi; sementi, piante e fiori naturali; alimenti per gli animali; malto.
Classe 35: Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio.

4. Il titolare del marchio dell’Unione europea sopporta l’onere delle spese, fissate a 1 080 EUR.

Decisione di annullamento n. 13071 C pagina 2 di 4

MOTIVAZIONI
Il richiedente ha presentato una domanda di decadenza per il marchio dell’Unione
europea n. 7 517 931  (marchio figurativo) (il marchio dell’Unione europea). La richiesta è diretta contro alcuni dei prodotti coperti dal marchio dell’Unione europea, ossia:

Classe 33: Bevande alcoliche (tranne le birre).
Il richiedente ha invocato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), RMUE.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), RMUE, il titolare del marchio dell’Unione europea decade dai suoi diritti su domanda presentata all’Ufficio se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione.
Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 2, RMUE, se la causa di decadenza sussiste solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio dell’Unione europea è registrato, il titolare decade dai suoi diritti soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi.

Nei procedimenti di decadenza che si basano sulla mancata utilizzazione, l’onere della prova spetta al titolare del marchio dell’Unione europea poiché il richiedente non può essere tenuto a fornire la prova di un fatto negativo, ossia che il marchio non è stato utilizzato per un periodo ininterrotto di cinque anni. Spetta pertanto al titolare del marchio dell’Unione europea dimostrare l’uso effettivo nell’Unione europea o presentare le ragioni legittime per la mancata utilizzazione.

In questo caso il marchio dell’Unione europea è stato registrato in data 22/08/2009. La richiesta di decadenza è stata depositata il 09/06/2016. Di conseguenza, alla data di deposito della domanda il marchio dell’Unione europea era registrato da oltre cinque anni.
Il 14/06/2016, la divisione di annullamento ha debitamente notificato al titolare del marchio dell’Unione europea la domanda di decadenza concedendo un termine di tre mesi per presentare la prova dell’uso del/della marchio dell’Unione europea per i prodotti contestati.

Il titolare del marchio dell’Unione europea non ha presentato osservazioni o prove dell’uso in risposta alla domanda di decadenza entro il termine prestabilito.
Secondo la regola 40, paragrafo 5, RMUE, se il titolare del marchio dell’Unione europea non fornisce la prova dell’effettiva utilizzazione del marchio contestato entro il termine fissato dall’Ufficio, il marchio dell’Unione europea sarà dichiarato decaduto.
Decisione di annullamento n. 13071 C pagina 3 di 4
In mancanza di risposta da parte del titolare del marchio dell’Unione europea, non sussiste alcuna prova dell’effettiva utilizzazione del marchio dell’Unione europea nell’Unione europea per i prodotti né alcuna indicazione di ragioni legittime per la mancata utilizzazione.
Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo 1, RMUE, il marchio dell’Unione europea deve essere considerato, a decorrere dalla data della domanda di decadenza, privo degli effetti specificati nel regolamento RMUE nella misura in cui il titolare sia dichiarato decaduto dai suoi diritti.
Di conseguenza, il titolare del marchio dell’Unione europea deve decadere parzialmente dai suoi diritti, che sono considerati privi di effetti a decorrere dal 09/06/2016 per tutti i prodotti contestati. Il/La marchio dell’Unione rimane valido/a per tutti i prodotti e servizi non contestati.

SPESE
Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in una procedura di annullamento sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.
Poiché risulta soccombente, il titolare del marchio dell’Unione europea deve sopportare l’onere delle tasse di annullamento nonché tutte le spese sostenute dal richiedente nel corso di tale procedimento.
Secondo la regola 94, paragrafi 3, 6 e 7, lettera d), punto iii), REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le tasse di annullamento e le spese di rappresentanza, che devono essere determinate sulla base degli importi massimi ivi stabiliti.

La divisione di annullamento
Miriam SANCHEZ FUNES María INFANTE SECO DE HERRERA
José Antonio GARRIDO OTAOLA

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.
L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della divisione di annullamento. Ai sensi della regola 94,

Decisione di annullamento n. 13071 C pagina 4 di paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




TEST DRIVE – MARCHIO FIGURATIVO Dipartimento Operazioni Euipo 25.10.2016

test-drive

TEST DRIVE – MARCHIO FIGURATIVO – Dipartimento Operazioni EUIPO 25.10.2016

Marchio Test Drive

Il marchio Test Drive è un marchio figurativo e viene impiegato per contraddistinguere i servizi di noleggio auto e guida assistita di veicoli di lusso a scopo di intrattenimento turistico. L’attività svolta dal richiedente ha come oggetto la prova di veicoli inseriti all’interno di un programma di accoglienza e promozione per la valorizzazione del patrimonio industriale e culturale motoristico del modenese.

L’Ufficio competente ha riscontrato che il marchio è descrittivo e privo di carattere distintivo.

Sebbene sia vero che il marchio oggetto della domanda contiene determinati elementi figurativi che gli conferiscono un grado di stilizzazione, si ritiene tuttavia che questi elementi siano così minimi per natura da non dotare di carattere distintivo il marchio nel suo insieme. Il marchio appare in comuni caratteri di stampa. Il fatto che i termini “Test” e “Drive siano posti su due righe all’interno di un cerchio non sono altro che espedienti grafici piuttosto comuni e noti da tempo. Il marchio non è in grado di imprimersi in modo efficace e duraturo nella mente del consumatore.

 

 

DIPARTIMENTO OPERAZIONI

Rifiuto di una domanda di marchio dell’Unione europeaex articolo 7, RMUE, e regola 11, paragrafo 3, REMUE Alicante, 25/10/2016
BRUNACCI & PARTNERS S.R.L  Via Scaglia Est, 19-31 I-41126 Modena  ITALIA

Fascicolo nº: 014672943 Vostro riferimento: 25541EU/MB/EB/ag Marchio: TEST DRIVE

Tipo de marchio: Marchio figurativo

Nome del richiedente: Stefano Ravazzini  Via dei Fiori, 95 I-41053 Maranello  ITALIA

In data 04/12/2015 l’Ufficio, dopo aver riscontrato che il marchio in questione è descrittivo e privo di carattere distintivo, ha sollevato un’obiezione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b)-c) e dell’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, per i motivi esposti nella lettera allegata. Allegare L110.

In data 04/04/2016 dopo aver richiesto una proroga dei termini, il richiedente ha presentato le sue osservazioni, che possono essere sintetizzate come segue:

1. Il richiedente rileva che in ambito commerciale l’utilizzo della dicitura “TEST DRIVE” serve ad identificare un servizio complementare nella vendita di autoveicoli. Tuttavia, il segno in questione non è utilizzato in questo senso in quanto nessuno dei prodotti e servizi è riconducibile alla prova su strada per fini commerciali e/o vendita. Infatti, il marchio in questione viene impiegato per contraddistinguere i servizi di noleggio auto e guida assistita di veicoli di lusso a scopo di intrattenimento turistico.

2. L’attività svolta dal richiedente ha come oggetto la prova di veicoli inseriti all’interno di un programma di accoglienza e promozione per la valorizzazione del patrimonio industriale e culturale motoristico del modenese. Non esiste nessun legame diretto tra il marchio e i servizi in classe 39 e 41. Tantomeno, dal punto di vista semantico, la dicitura “TEST DRIVE” non permette stabilire un collegamento immediato con i prodotti di classe 12 e i servizi rivendicati in classe 35. Il richiedente rileva che non condivide l’opinione dell’Ufficio di come il segno in
Avenida de Europa, 4 • E – 03008 • Alicante, Spagna Tel. +34 965139100 • www.euipo.europa.eu
questione possa essere considerato descrittivo per i prodotti e servizi in oggetto. La dicitura è da ritenersi distintiva e descrittiva solo in relazione alla definizione indicata dall’Ufficio, ossia a servizi di “prova di guida di un auto o di un altro veicolo a motore, al fine di determinare le sue capacità e limitazioni”.

3. Il segno in questione è inusuale e fantasioso.

4. Il richiedente afferma che contrariamente da quanto affermato dall’Ufficio, i prodotti e servizi sono destinati ad un pubblico di riferimento altamente informato ed esperto, in grado di distinguere con la dovuta chiarezza i prodotti e servizi offerti dal richiedente con quelli offerti con la denominazione generica “TEST DRIVE”.

5. La componente figurativa è sufficiente da conferire al segno in oggetto carattere distintivo.

6. Il richiedente è già titolare del marchio dell’Unione n. 12 936 241 “TEST DRIVE MARANELLO” che conferma ulteriormente la capacità distintiva del marchio “TEST DRIVE”.
Ai sensi dell’articolo 75 RMUE, l’Ufficio è tenuto a prendere una decisione fondata su motivi in ordine ai quali il richiedente ha potuto presentare le proprie deduzioni.
Dopo un’attenta analisi delle argomentazioni presentate dal richiedente, l’Ufficio ha deciso di revocare la propria obiezione per i seguenti servizi:
Classe 35 Gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio; servizi di vendita al dettaglio on-line di abbigliamento; servizi di merchandising. Classe 39 Imballaggio e deposito di merci; trasporto di passeggeri su veicoli con autista; servizi di trasporto su strada; trasporto di passeggeri su strada. Classe 41 Attività culturali.
L’obiezione viene mantenuta per i rimanenti prodotti e servizi.

Osservazioni di carattere generale:

L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE stabilisce che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.
È giurisprudenza consolidata che i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’articolo 7, paragrafo 1, RMUE sono indipendenti l’uno dall’altro ed esigono un esame separato. Inoltre i vari impedimenti alla registrazione vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi. L’interesse generale preso in considerazione deve rispecchiare considerazioni diverse, a seconda dell’impedimento in esame (16/09/2004, C-329/02 P, SAT/2, EU:C:2004:532, § 25).
Vietando la registrazione quale marchio dell’Unione europea di tali segni o indicazioni, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE
persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle caratteristiche di prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi.
(23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 31).
“I segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione” (26/11/2003, T-222/02, Robotunits, EU:T:2003:315, § 34).

Osservazioni del richiedente:
1. Il richiedente rileva che in ambito commerciale l’utilizzo della dicitura “TEST DRIVE” serve ad identificare un servizio complementare nella vendita di autoveicoli. Tuttavia, il segno in questione non è utilizzato in questo senso in quanto nessuno dei prodotti e servizi è riconducibile alla prova su strada per fini commerciali e/o vendita. Infatti, il marchio in questione viene impiegato per contraddistinguere i servizi di noleggio auto e guida assistita di veicoli di lusso a scopo di intrattenimento turistico.
L’Ufficio ha innanzitutto provveduto ad un esame dettagliato della parte verbale del segno.
Come già indicato nella precedente comunicazione, il segno è composto dai termini “TEST DRIVE”, il cui significato è rintracciabile in dizionari inglesi di uso comune. In base alle definizioni date il consumatore di riferimento percepirà i termini come un’espressione dotata di significato, ossia “prova di guida”.
In base alle definizioni date (v. lettera allegata), è evidente che si tratta di vocaboli del tutto correnti nella lingua inglese. La dicitura fa riferimento alla prova di guida di un auto o un altro veicolo a motore, al fine di determinare, ad esempio, le caratteristiche tecniche, capacità, prestazioni e/o limitazioni tecniche.
Lungi dall’essere una percezione soggettiva, l’Ufficio si è limitato a riportare i significati dei termini che compongono il marchio così come appaiono nei dizionari e ad attribuire alla dicitura, nel suo insieme, l’unica interpretazione che, di primo acchito e spontaneamente, le verrebbe con tutta probabilità attribuita dal pubblico di riferimento, sia esso specializzato o meno, senza che ciò comporti nessun particolare sforzo interpretativo e senza la necessità di intraprendere complicati processi mentali.
Ciò premesso, se applicata a prodotti e servizi quali quelli richiesti, la dicitura “TEST DRIVE” non fa che informare direttamente i consumatori del fatto che essi sono destinati a/specificamente disegnati o concepiti per prove di guida.
Per quanto concerne gli argomenti del richiedente esposti nel punto 1, in primo luogo i servizi indicati dal richiedente, ossia auto di alta gamma e guida assistita di veicoli di lusso a scopo di intrattenimento, non corrispondono ai servizi indicati. Per quanto riguarda i servizi di guida assistita di veicoli di lusso a scopo di intrattenimento anche qualora fossero stati rivendicati, si tratta comunque di servizi che riguardano la prova guida di veicoli. Si potrebbe trattare, ad esempio, di una prova di guida di un veicolo guidato dal consumatore accompagnato da un istruttore o viceversa, con lo scopo di illustrare le caratteristiche tecniche e/o le prestazioni.

Rispetto all’argomento secondo il quale la dicitura “TEST DRIVE” viene utilizzata in ambito commerciale quale servizio complementare nella vendita di autoveicoli, l’Ufficio rileva che esso è solo uno dei tanti usi che si potrebbero fare del segno in oggetto.
A titolo esemplificativo e non esaustivo l’Ufficio ritiene del tutto ragionevole pensare che se applicata a servizi di noleggio di automobili, noleggio di veicoli a motore, noleggio di vetture da corsa, la dicitura “TEST DRIVE” indicherà che tale noleggio è finalizzato a permettere al consumatore di effettuare per l’appunto una prova guida. Questa caratteristica permette al consumatore, ad esempio, di poter provare diverse classi di veicoli e poter apprezzare le differenti caratteristiche tecniche e/o prestazioni prima di effettuare una scelta definitiva.
Ecco che le argomentazioni del richiedente incluse nel punto 1 sono dunque da rigettare.

2. L’attività svolta dal richiedente ha come oggetto la prova di veicoli inseriti all’interno di un programma di accoglienza e promozione per la valorizzazione del patrimonio industriale e culturale motoristico del modenese. Non esiste nessun legame diretto tra il marchio e i servizi in classe 39 e 41. Tantomeno, dal punto di vista semantico, la dicitura “TEST DRIVE” non permette stabilire un collegamento immediato con i prodotti di classe 12 e i servizi rivendicati in classe 35. Il richiedente rileva che non condivide l’opinione dell’Ufficio di come il segno in questione possa essere considerato descrittivo per i prodotti e servizi in oggetto. La dicitura è da ritenersi distintiva e descrittiva solo in relazione alla definizione indicata dall’Ufficio, ossia a servizi di “prova di guida di un auto o di un altro veicolo a motore, al fine di determinare le sue capacità e limitazioni”.
Per quanto riguarda il punto 2, il fatto che l’attività svolta dal richiedente ha come oggetto la prova di veicoli inseriti all’interno di un programma promozionale e di valorizzazione del modenese, tale circostanza è irrilevante. Nessuno dei servizi sopra indicati sono stati rivendicati nella domanda di marchio.
L’Ufficio invece ritiene che, come già parzialmente esposto nel punto anteriore, i prodotti e servizi delle classi 12, 35, 39 e 41 sono destinati a/specificamente disegnati o concepiti per prove di guida di un auto o un altro veicolo a motore, al fine di determinare le caratteristiche tecniche, capacità, prestazioni e/o limitazioni tecniche. Pertanto il marchio in questione trasmette informazioni ovvie  che i prodotti e servizi in oggetto sono destinati a/specificamente disegnati o concepiti per prove di guida.
Perché l’EUIPO possa opporre il diniego di registrazione ex articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE,
non è necessario che i segni e le indicazioni componenti il marchio previsti dal detto articolo siano effettivamente utilizzati, al momento della domanda di registrazione, a fini descrittivi di prodotti o servizi come quelli oggetto della domanda ovvero di caratteristiche dei medesimi. È sufficiente, come emerge dal tenore letterale della detta disposizione, che questi segni e indicazioni possano essere utilizzati a tal fine. Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della detta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi.
(23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32, sottolineatura aggiunta).

L’Ufficio si è limitato a riportare i significati dei termini che compongono il marchio così come appaiono nei dizionari e ad attribuire alla dicitura, nel suo insieme, l’unica interpretazione che, di primo acchito e spontaneamente, le verrebbe con tutta probabilità attribuita dal pubblico di riferimento, sia esso specializzato o meno, senza che ciò comporti nessun particolare sforzo interpretativo e senza la necessità di intraprendere complicati processi mentali.
A titolo esemplificativo e non esaustivo l’Ufficio ritiene del tutto ragionevole pensare che il segno “TEST DRIVE” se utilizzato per contraddistinguere organizzazione di viaggi, incluso servizi di guida che hanno come oggetto prove di guida; noleggio di vetture da corsa; non fa altro che definire più concretamente l’oggetto dei servizi prestati, ossia che sono dei viaggi organizzati per quei consumatori desiderosi di svolgere delle prove di guida di veicoli al fine di determinare le caratteristiche tecniche, capacità e prestazioni, ad esempio, la possibilità di poter effettuare delle prove di guida con diversi tipi di vetture fuoristrada, sportive ecc. Mentre per servizi quali attività sportive, inclusi servizi di formazione per autisti in materia di competenze di guida, formazione per automobilisti, addestramento dei conducenti, lezioni di guida sicura, istruzione avanzata di guida per autisti di autoveicoli, il segno in questione indica che tali servizi sono resi mediante “TEST DRIVE”, ovvero prove di guida utilizzate, ad esempio, con fini formativi e/o di addestramento. Ad esempio, in seguito alla prova di guida, l’informazione raccolta viene riepilogata ed esaminata permettendo così di individuare gli errori di guida commessi, quegli aspetti di stile che vanno ottimizzati affinché la guida sia più efficace. L’informazione ottenuta viene utilizzata per fini didattici affinché si possa correggere o migliorare la guida in base al tipo di servizio di formazione/addestramento prescelto. Prodotti recanti la dicitura “TEST DRIVE”, come autovetture o auto sportive, saranno sicuramente apprezzati dal pubblico di riferimento, probabilmente perché saranno immediatamente individuati come i prodotti con cui verrà svolta o che hanno sostenuto una prova di guida che permetta di determinare le caratteristiche tecniche e le prestazioni su strada. Si tratta quindi di prodotti che appunto perché sono stati sottoposti al “TEST DRIVE”, soddisfano le necessità del pubblico di riferimento in quanto racchiudono le caratteristiche che un amante del mondo dei motori o un consumatore medio si aspetta dalla guida di uno dei prodotti in questione (ad esempio che il veicolo sia veloce nelle curve, abbia una buona accelerazione ecc.).
Ecco che anche le argomentazioni del richiedente incluse nel punto 2 sono dunque da rigettare.

3.Il segno in questione è inusuale e fantasioso.
La “mancanza di carattere distintivo non può risultare dalla mera constatazione del fatto che il segno controverso manca di aggiunta di fantasia o non ha un aspetto insolito o sorprendente” (05/04/2001, T-87/00, Easybank, EU:T:2001:119, § 39).
L’argomentazione del richiedente inclusa nel punto 3 deve essere quindi respinta.

4. Il richiedente afferma che contrariamente da quanto affermato dall’Ufficio, i prodotti e servizi sono destinati ad un pubblico di riferimento altamente informato ed esperto, in grado di distinguere con la dovuta chiarezza i prodotti e servizi offerti dal richiedente con quelli offerti con la denominazione generica “TEST DRIVE”.

L’Ufficio non può condividere l’affermazione del richiedente secondo la quale i prodotti e servizi sono destinati unicamente ad un pubblico di riferimento altamente informato es esperto, in grado di distinguere con la dovuta chiarezza i prodotti e servizi del richiedente.
La ratio dell’individuazione del consumatore di riferimento è imputabile alla necessità di individuare in primis, il grado di attenzione del medesimo e in secondo luogo il grado di specializzazione e comprensione del significato del marchio.  Si possono dunque dare situazioni in cui il termine è così specialistico che solo il consumatore specializzato comprenderà il significato del medesimo, ma tale non è il presente caso.
I prodotti e servizi richiesti non sono destinati esclusivamente al pubblico specializzato. Infatti, un’automobile, una moto, un servizio di autoscuola, un noleggio di auto ecc. non sono indirizzati esclusivamente a uno specialista, la cui consapevolezza è elevata, bensì anche al consumatore medio, ragionevolmente informato, attento e avveduto.
Inoltre, come già indicato più sopra, la dicitura “TEST DRIVE” è un’espressione comunemente usata in inglese e che quindi è comprensibile anche dal consumatore medio, oltre che dal pubblico specializzato. È per tale motivo che l’Ufficio non concorda con le affermazioni del richiedente rispetto al pubblico di riferimento.
Inoltre, il consumatore professionale, la cui consapevolezza è elevata, proprio perché tale, comprenderà senza necessità di particolari sforzi mentali quale sia il significato della dicitura “test drive” in relazione ai prodotti e servizi obiettati. Egli pertanto cercherà prodotti e servizi che sono destinati a/specificamente disegnati e/o concepiti per prove di guida di un veicolo a motore al fine di determinare le caratteristiche tecniche e pertanto attribuirà certamente alla dicitura “TEST DRIVE” il significato indicato dall’Ufficio.
Alla luce di quanto sopra esposto l’Ufficio ritiene di aver compiuto un esame esaustivo del legame esistente fra i consumatori di riferimento e i prodotti e servizi obiettati. Ecco che allora deve essere altresì respinta l’argomentazione del richiedente inclusa nel punto 4.

5. La componente figurativa è sufficiente da conferire al segno in oggetto carattere distintivo.
Per quanto concerne gli elementi figurativi presenti nel segno, l’Ufficio non può che ribadire quanto affermato nella precedente comunicazione, ovvero
Sebbene sia vero che il marchio oggetto della domanda contiene determinati elementi figurativi che gli conferiscono un grado di stilizzazione, si ritiene tuttavia che questi elementi siano così minimi per natura da non dotare di carattere distintivo il marchio nel suo insieme. Il marchio appare in comuni caratteri di stampa. Il fatto che i termini “Test” e “Drive siano posti su due righe all’interno di un cerchio non sono altro che espedienti grafici piuttosto comuni e noti da tempo. Il marchio non è in grado di imprimersi in modo efficace e duraturo nella mente del consumatore. Questi elementi non possiedono una caratteristica, per quanto riguarda il modo in cui sono combinati, che consenta al marchio di svolgere la sua funzione essenziale per quanto concerne i prodotti e servizi oggetto della domanda di registrazione.
L’Ufficio ritiene pertanto, seppure il segno in esame contenga degli elementi figurativi, essi non posseggano una caratteristica tale da dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo, a differenza di quanto affermato dal richiedente.
Nessuno degli elementi costituitivi del marchio possiede autonoma carica distintiva, e lo stesso giudizio è estendibile all’insieme. In quanto descrittivo di una caratteristica dei prodotti e servizi obiettati, il marchio in esame è, prima facie, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a tali prodotti/servizi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMC (1203/2004, C363/99, Postkantoor, EU:C:2004:86, § 86). Ecco che allora devono essere altresì respinte le argomentazioni del richiedente incluse nel punto 5.

6. Il richiedente è già titolare del marchio dell’Unione n. 12 936 241 “TEST DRIVE MARANELLO” che conferma ulteriormente la capacità distintiva del marchio “TEST DRIVE”.

Per quanto riguarda l’argomento in base a cui la registrazione n. 12 936 241 “TEST DRIVE MARANELLO” di cui il richiedente è titolare è stata accettate dall’EUIPO, l’Ufficio rileva che si tratta di un marchio diverso, non comparabile con quello in esame. Inoltre, secondo la giurisprudenza consolidata le decisioni relative alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, “rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale”. Pertanto, la registrabilità di un segno come marchio dell’Unione europea dev’essere valutata unicamente sulla base di questo regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non sulla base di una prassi decisionale precedente dell’Ufficio (15/09/2005, C-37/03 P, BioID, EU:C:2005:547, § 47; e 09/10/2002, T-36/01, Glass pattern, EU:T:2002:245, § 35).

Le argomentazioni del richiedente incluse nel punto 6 sono dunque da rigettare.

Per le ragioni di cui sopra, e ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b)-c), e dell’articolo 7, paragrafo 2 RMUE, la domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 729 943  è respinta per i seguenti prodotti e servizi:
Classe 12 Autovetture; auto sportive; trasporti [veicoli]; veicoli da locomozione terrestri, aerei, acquatici e ferroviari; veicoli terrestri.
Classe 35 Pubblicità; organizzazione di eventi; esposizioni, fiere e spettacoli per fini commerciali, promozionali e pubblicitari.
Classe 39 Organizzazione di viaggi, incluso servizi di guida; noleggio di automobili; noleggio di veicoli a motore; noleggio di vetture da corsa; organizzazione di visite turistiche; organizzazione di visite guidate; organizzazione, prenotazione e gestione di escursioni; servizi di autisti; prenotazione di autovetture a noleggio; fornitura di informazioni tramite internet inerenti il noleggio di automobili.
Classe 41 Educazione; formazione; divertimento; attività sportive, incluso servizi di formazione per autisti in materia di competenze di guida; formazione per automobilisti; addestramento dei conducenti; lezioni di guida sicura; istruzione avanzata di guida per autisti di autoveicoli; organizzazione di corsi di formazione per turisti; organizzazione di tornei; organizzazione di manifestazioni sportive, gare e tornei sportivi; organizzazione di workshop e corsi di formazione professionali; servizi di registrazioni video; scuola guida; noleggio di equipaggiamenti per lo sport ad eccezione dei veicoli; organizzazione di competizioni sportive; organizzazione di rally, tour e gare automobilistiche.

La domanda può proseguire per i rimanenti servizi.
Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, Lei ha facoltà di proporre un ricorso contro la presente decisione. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data.

Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.




SAN FELICE contro DUCA SAN FELICE LIBRANDI – Commissione di Ricorso 09.01.2017

SAN-FELICE-contro-DUCA-SAN-FELICE-LIBRANDI

SAN FELICE contro DUCA SAN FELICE LIBRANDI  – Commissione di Ricorso  09.01.2017

Marchio San Felice contro marchio Duca San Felice Librandi

Il marchio anteriore è un marchio denominativo composto dai termini SAN FELICE.

Nel marchio impugnato le parole SAN FELICE sono scritte in bianco e stampatello maiuscolo e al di sopra di questi si trova il termine «DUCA», scritto anch’esso in bianco, con lo stesso tipo di grafia. Questi elementi si trovano a loro volta all’interno di un rettangolo rosso con un paesaggio vitivinicolo sullo sfondo. Al di sotto di questi elementi si trova un elemento figurativo, ovvero un fiore dorato (all’interno di un rettangolo bianco). Infine, al di sotto del fiore, si trova la parola «LIBRANDI» scritta con il colore dorato, in stampatello maiuscolo e in grassetto all’interno di un altro rettangolo verde scuro, di dimensioni più ridotte

I prodotti – I prodotti contestati della classe 33  «bevande alcoliche (escluse le birre)» sono contenuti in modo identico in entrambi gli elenchi di prodotti, nonostante siano formulati in modo leggermente diverso.

Il marchio anteriore non contiene elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri. – Per quanto riguarda il marchio contestato, l’elemento «DUCA» sarà associato a «un titolo nobiliare». Tenuto conto che i prodotti pertinenti sono «bevande alcoliche» e che questo termine è frequentemente usato nell’industria delle bevande alcoliche, si ritiene che questo elemento sia dotato di un limitato carattere distintivo per questi prodotti, vale a dire per i prodotti della Classe 33, ossia bevande alcoliche (escluse le birre).

Per quanto riguarda gli elementi figurativi del marchio contestato, il fiore dorato è prettamente decorativo e pertanto si considera dotato di un minore carattere distintivo. Il paesaggio vitivinicolo suggerisce il luogo di produzione dei prodotti pertinenti della Classe 33, «bevande alcoliche (escluse le birre)», come per esempio i vini e, pertanto, si considera che tale elemento abbia un minore carattere distintivo.

Tenuto conto  della somiglianza tra i marchi e l’identità dei prodotti interessati, la Commissione ritiene che, dal momento che i prodotti sono identici, i segni sono simili e il marchio dell’Unione europea anteriore presenta un normale grado di carattere distintivo, sussista il rischio che il pubblico di riferimento sia indotto a credere che i prodotti designati dai segni in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate.

 

DECISIONE della Seconda Commissione di ricorso del 9 gennaio 2017

Nel procedimento R 373/2016-2

Librandi Antonio e Nicodemo S.p.A. Contrada S. Gennaro, S.S. 106 88 811 Cirò Marina Italia Richiedente / Ricorrente rappresentata da Studio Rubino SRL, Via Lucrezia della Valle, 84, 88 100 Catanzaro, Italia

contro

Società Agricola San Felice S.p.A Corso Italia 23 20122 Milano Italia Opponente / Resistente rappresentata da Porta, Checcacci & Associati S.P.A., Via Trebbia 20, 20135 Milano, Italia

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 292 673 (domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 055 281)

LA SECONDA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da T. de las Heras (presidente), H. Salmi (relatore) e C. Govers (membro)
Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
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Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda del 9 agosto 2013, Librandi Antonio e Nicodemo S.p.A (in prosieguo: «la richiedente») chiedeva la registrazione del marchio figurativo
con riferimento al seguente elenco di prodotti:
Classe 33: bevande alcoliche (escluse le birre). La richiedente rivendicava i colori nero, bianco, rosso e oro e descriveva il marchio nel modo riportato in appresso. Il marchio è rappresentato da un complesso figurativo costituito da un disegno e due diciture. Il disegno è raffigurato da un paesaggio campestre di colore rosso al di sopra del quale in negativo è riportata la dicitura «duca san felice» in caratteri maiuscoli stilizzati di colore bianco. Sotto tale disegno è raffigurato un fiore di agave al di sotto del quale è riportata la dicitura «librandi» in caratteri maiuscoli stilizzati di colore oro posta all’interno di un riquadro di colore nero. L’intero complesso figurativo è posto all’interno di tre cornici concentriche di diverso spessore di cui una di colore nero e le altre due di colore oro.

2 La domanda veniva pubblicata il 24 settembre 2013.

3 Il 18 dicembre 2013 la Società Agricola San Felice S.p.A. (in prosieguo: «l’opponente») presentava opposizione avverso la registrazione della domanda di marchio pubblicata per tutti i prodotti suesposti.

4 L’opposizione era fondata sugli impedimenti di cui all’articolo articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del RMUE

5 L’opposizione era basata sui seguenti diritti anteriori: – MUE n. 4 485 397 «SAN FELICE» depositato l’8 luglio 2005, registrato il 2 luglio 2008 e debitamente rinnovato per, inter alia, i seguenti prodotti:
Classe 33: bevande alcoliche (tranne le birre).  – Marchio italiano n. 665 262 «SAN FELICE», depositato il 27 settembre 1995, registrato il 13 dicembre 1995 e debitamente rinnovato per, inter alia, i seguenti prodotti:
Classe 33: bevande alcoliche (tranne le birre).
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6 Con decisione del 23 dicembre 2015 (in prosieguo: «la decisione impugnata»), la divisione d’Opposizione ha accolto l’opposizione per tutti i prodotti contestati. Essa ha fondato, in particolare, la propria decisione sui seguenti motivi: – l’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione del marchio dell’Unione europea n. 4 485 397 dell’opponente.
I prodotti – I prodotti contestati «bevande alcoliche (escluse le birre)» sono contenuti in modo identico in entrambi gli elenchi di prodotti, nonostante siano formulati in modo leggermente diverso.
I segni – I segni da porre a confronto sono i seguenti:
– Il territorio di riferimento è l’Unione europea. – Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea significa che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione (sentenza dell’08/09/2008, C-514/06 P, Armacell, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana. – Il marchio anteriore è un marchio denominativo composto dai termini «SAN FELICE». Il marchio contestato è un marchio figurativo formato da vari elementi posti all’interno di una cornice rettangolare. I termini «SAN
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SAN FELICE » sono scritti in bianco e stampatello maiuscolo e al di sopra di questi si trova il termine «DUCA», scritto anch’esso in bianco, con lo stesso tipo di grafia. Questi elementi si trovano a loro volta all’interno di un rettangolo rosso con un paesaggio vitivinicolo sullo sfondo. Al di sotto di questi elementi si trova un elemento figurativo, ovvero un fiore dorato (all’interno di un rettangolo bianco). Infine, al di sotto del fiore, si trova la parola «LIBRANDI» scritta con il colore dorato, in stampatello maiuscolo e in grassetto all’interno di un altro rettangolo verde scuro, di dimensioni più ridotte. – Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nelle lettere «S-A-N-F-E-L-I-C-E». Essi differiscono, invece, nella rappresentazione, nei colori, nelle parole «DUCA» e «LIBRANDI» e negli elementi figurativi del marchio contestato, ossia lo sfondo vitivinicolo e il fiore. – Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nelle sillabe «SANFE-LI- CE» presenti nello stesso ordine in entrambi i segni. Entro questi limiti, i segni sono simili dal punto di vista fonetico. La pronuncia dei segni differisce nelle sillabe «DU-СА» del primo termine e «LI-BRAN-DI» del secondo termine del marchio contestato, che non trovano riscontro nel marchio anteriore. – Sotto il profilo concettuale, il segno anteriore sarà percepito dal pubblico del territorio di riferimento come «SAN FELICE», il nome di un santo. Con riferimento al marchio contestato si ritiene probabile che sarà anch’esso associato allo stesso concetto e, in tale misura, i marchi sono concettualmente simili. Il termine «DUCA» sarà percepito dal pubblico di riferimento come un titolo nobiliare, trasmissibile ereditariamente di padre in figlio (v. il dizionario italiano Treccani online, http://www.treccani.it). Il termine «LIBRANDI» sarà presumibilmente percepito come un cognome italiano (v. www.cognomix.it). L’elemento figurativo del marchio contestato possiede un contenuto concettuale che potrà essere identificato dal pubblico di riferimento come composto da un fiore e da un paesaggio vitivinicolo. Nella misura in cui il marchio anteriore non fa riferimento a questi concetti, i marchi non sono simili concettualmente. – Tenuto conto delle summenzionate coincidenze visive, fonetiche e concettuali, i segni oggetto della comparazione sono simili.
Elementi distintivi e dominanti dei segni – Il marchio anteriore non contiene elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri. – Per quanto riguarda il marchio contestato, l’elemento «DUCA» sarà associato a «un titolo nobiliare». Tenuto conto che i prodotti pertinenti sono «bevande alcoliche» e che questo termine è frequentemente usato nell’industria delle bevande alcoliche, si ritiene che questo elemento sia dotato di un limitato carattere distintivo per questi prodotti, vale a dire per i prodotti della Classe 33, ossia bevande alcoliche (escluse le birre). La parte
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del pubblico di riferimento che comprende il significato di questo elemento non presterà nei confronti di tale elemento di limitato carattere distintivo la stessa attenzione che rivolgerà agli altri elementi più distintivi del marchio. Di conseguenza, l’impatto di tale elemento è da considerarsi limitato in sede di valutazione del rischio di confusione fra i marchi in questione. – Per quanto riguarda gli elementi figurativi del marchio contestato, il fiore dorato è prettamente decorativo e pertanto si considera dotato di un minore carattere distintivo. Il paesaggio vitivinicolo suggerisce il luogo di produzione dei prodotti pertinenti della Classe 33, «bevande alcoliche (escluse le birre)», come per esempio i vini e, pertanto, si considera che tale elemento abbia un minore carattere distintivo. Di conseguenza gli elementi figurativi aggiuntivi del marchio contestato hanno solo un impatto limitato in sede di valutazione del rischio di confusione tra i marchi. – I marchi oggetto della comparazione non contengono elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più dominanti (ovvero dotati di maggiore impatto visivo) rispetto ad altri.
Carattere distintivo del marchio anteriore – Ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto. Tuttavia, per motivi di economia procedurale, nel caso di specie non è necessario valutare le prove presentate dall’opponente a sostegno del suo argomento. – Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso di specie, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico nel territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Ne consegue che il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.
Pubblico di riferimento – grado di attenzione – Nel caso di specie, i prodotti che risultano essere identici sono diretti al grande pubblico. Il livello di attenzione di tale pubblico sarà medio.
Valutazione globale, altri argomenti e conclusione – I prodotti nella Classe 33 oggetto di protezione dei marchi in conflitto sono stati ritenuti identici. – I marchi sono simili nella misura in cui il marchio anteriore «SAN FELICE» è interamente contenuto nel marchio contestato. I rimanenti elementi del marchio contestato dispongono di un limitato carattere distintivo o svolgono un ruolo di natura secondaria. Nel caso del termine «DUCA», questo è stato ritenuto in possesso di un limitato carattere distintivo, giacché frequentemente usato nell’industria delle bevande alcoliche. Gli elementi figurativi del marchio contestato svolgono un ruolo decisamente debole e probabilmente non colpiranno l’attenzione visiva del consumatore in misura
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così determinante da distoglierlo dalle parole che compongono il marchio contestato. Va altresì rilevato che il termine «LIBRANDI» suggerisce il cognome del produttore. Tale elemento svolge inoltre un ruolo secondario, dal momento che è di dimensioni più ridotte rispetto al resto degli elementi del marchio contestato ed è posizionato al di sotto di quest’ultimi. – D’altra parte, va ricordato che, nel caso di specie, i marchi in conflitto riguardano prodotti della Classe 33, ossia bevande alcoliche (escluse le birre). Il fatto che le bevande alcoliche siano prodotti spesso ordinati oralmente, ad esempio nei bar e nelle discoteche, è altresì importante nel caso di specie. Quando i prodotti sono ordinati oralmente, la percezione fonetica del segno può essere influenzata da fattori quali la probabile presenza di vari altri suoni percepiti dal destinatario dell’ordine al momento dell’acquisto. In luoghi come pub, bar e discoteche, le bevande alcoliche sono normalmente ordinate nei punti di vendita con un aumento del fattore di rumore (sentenza del 15/01/2003, T-99/01, Mistery, EU:T:2003:7, § 48). Di conseguenza, si ritiene che il grado di somiglianza fonetica tra i marchi, che si riferirà a entrambi i marchi principalmente attraverso il termine «SAN FELICE» (identico dal punto di vista fonetico sia nel marchio anteriore sia nel marchio contestato), sia un fattore rilevante, del quale tenere conto in sede di valutazione del rischio di confusione. Ciò anche perché il termine «LIBRANDI», come già detto in precedenza, suggerisce il cognome del produttore. – Per completezza, resta da prendere in considerazione la tesi della richiedente che richiama precedenti decisioni dell’Ufficio a sostegno delle proprie argomentazioni. Tuttavia, tali decisioni non sono vincolanti per l’Ufficio, in quanto ciascuna fattispecie deve essere trattata separatamente, tenendo conto delle specifiche caratteristiche che la contraddistinguono. – Tale prassi è stata confermata dal Tribunale, il quale ha dichiarato che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la legittimità delle decisioni dev’essere valutata unicamente sulla base del RMUE e non sulla base di una precedente prassi decisionale dell’Ufficio (sentenza del 30/06/2004, T-281/02, Mehr für Ihr Geld EU:T:2004:198). – Sebbene le precedenti decisioni dell’Ufficio non abbiano carattere vincolante, le motivazioni ivi espresse e le conclusioni raggiunte dovrebbero comunque essere prese nella dovuta considerazione al momento di adottare una decisione relativa ad un caso particolare. – Nel caso in esame, i precedenti richiamati dalla richiedente, ovvero la decisione dell’EUIPO del 27/07/2015, B 2 316 605, «CAPRI-PRELUDIO CAPRI», non è rilevante ai fini del presente procedimento, dato che i segni non sono comparabili con quelli del caso di specie, giacché entrambi sono figurativi; inoltre, l’opponente non aveva affermato in modo esplicito che i marchi anteriori erano particolarmente distintivi in virtù del loro uso intensivo o della loro notorietà. – Alla luce di quanto sopra, debitamente considerato ogni fattore di rilevanza nel caso di specie, ivi incluso il principio d’interdipendenza a mente del quale un minor grado di somiglianza tra i marchi può essere compensato da
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un elevato grado di somiglianza tra i prodotti (e viceversa), la divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico di riferimento di lingua italiana per i prodotti reputati identici in quanto le differenze esistenti tra i segni sono limitate ad elementi ed aspetti non distintivi o secondari. Un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda impugnata. – Pertanto, l’opposizione basata sul MUE anteriore deve essere considerata fondata. Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati. – Dal momento che l’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, non è necessario valutarne l’elevato carattere distintivo dovuto alla notorietà rivendicata dall’opponente. In effetti, il risultato sarebbe lo stesso anche qualora il marchio anteriore possedesse un elevato carattere distintivo. – Poiché la registrazione di marchio dell’Unione europea n. 4 485 397 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio contestato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente (sentenza del 16/09/2004, T342/02, Moser Grupo Media, EU:T:2004:268).

7 Il 16 febbraio 2016 la richiedente presentava ricorso avverso la decisione impugnata, chiedendo che la decisione fosse annullata integralmente. Una memoria contenente i relativi motivi del ricorso veniva depositata in data 21 aprile 2016.

8 Nelle sue osservazioni in risposta ricevute il 23 giugno 2016, l’opponente chiedeva il rigetto del ricorso.

Conclusioni e argomenti delle parti

9 Le argomentazioni formulate nei motivi del ricorso si possono sintetizzare come riportato di seguito. – Il cuore del marchio richiesto, al di là delle rappresentazioni grafiche caratterizzanti e riprodotte nell’etichetta, non è rappresentato dalla sola dicitura «SANFELICE», ma dall’intera scritta «DUCA SANFELICE LIBRANDI», in cui tutti i singoli termini ed elementi denominativi contribuiscono ad attribuire al marchio un carattere maggiormente distintivo. – I marchi in questione appaiono diversi, in quanto, nonostante condividano alcuni elementi denominativi, questi sono riprodotti e collocati in modo completamente differente nel marchio richiesto, e sono oltretutto posti all’interno di una struttura denominativa e figurativa più ampia, nella quale sono presenti alcuni termini aggiuntivi, ossia le parole «DUCA» e «LIBRANDI» che contribuiscono a diversificare maggiormente i segni.
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– Il numero maggiore di sillabe, la loro diversa successione e la complessiva difforme struttura dei segni sono facilmente percepibili sul piano visivo. Inoltre, sul piano fonetico, tali caratteristiche sono di particolare impatto perché incidono fortemente sulla diversa successione di suoni, accenti e ritmo e sulla pronuncia complessiva dei marchi. Ne consegue, pertanto, che, sul piano visivo e fonetico, i marchi sono diversi. – Sotto il profilo concettuale, la decisione impugnata afferma che il pubblico italiano di riferimento percepirà il termine «SAN FELICE» come il nome di un santo, mentre con riferimento ai termini «DUCA» e «LIBRANDI», afferma che questi saranno percepiti rispettivamente dal pubblico di riferimento come un titolo nobiliare trasmissibile da padre in figlio, il primo, e come un cognome italiano, il secondo. Il significato specifico di ciascuno dei due termini del marchio anteriore non presenta alcun nesso con le caratteristiche dei prodotti della Classe 33, di conseguenza le due parole e il marchio nel suo complesso devono essere considerati dei meri segni di fantasia, dotati di originalità. – A differenza dei marchi di fantasia dell’opponente, nel marchio contestato la dicitura utilizzata «DUCA SAN FELICE» non rappresenta un nome di pura fantasia, bensì un personaggio storico realmente esistito, e nello specifico il Duca Giovan Vincenzo, Conte di Bagnoli, dal quale la famiglia Librandi aveva acquistato i terreni per piantarvi alcune viti, ed in onore al quale ne aveva riportato le fattezze sulle etichette delle prime annate prodotte. – Pertanto, l’uso del termine «DUCA» è altresì fortemente ancorato ad un contesto e ad un personaggio storico che rendono l’associazione semantica opportuna e adeguata. – Quindi, dal momento che alla parola «DUCA SAN FELICE» presente nel marchio richiesto sarà associato un significato ben preciso da parte del consumatore, a differenza dei marchi anteriori dell’opponente, si può affermare che i marchi in questione non sono concettualmente simili. – Il mercato del vino è un settore altamente variegato e specializzato, che presenta notevoli differenze tra prodotti di vario tipo, vitigni, aziende produttrici, ecc. Il consumatore medio della categoria di riferimento, ossia prodotti vinicoli, sarà dunque considerato non «mediamente informato», ma «ragionevolmente ben informato» o, se appassionato o utilizzatore non sporadico del prodotto, «molto cauto e attento». Inoltre, laddove al bisogno primario da soddisfare sia associato il piacere, risulta evidente che il livello di attenzione prestato dal consumatore nella selezione e/o nell’acquisto di tali prodotti sarà molto più elevato. – Quindi, se, come afferma la controparte, il consumatore arriverà ad associare il vino «SAN FELICE» ai territori toscani del Chianti e del Montalcino, avrà ancor prima rilevato e carpito l’informazione che il vino «DUCA SAN FELICE» proviene da un vitigno diverso, ossia il Cirò, tipico delle zone del sud d’Italia e della Calabria in particolare. – In entrambi i casi dunque, il confronto tra i segni non porterebbe a un rischio di confusione e/o all’associazione dei prodotti vinicoli
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contraddistinti dai marchi in questione, in quanto il consumatore finale sarà in grado di ricordare e di apprezzare con maggiore precisione ed interesse le differenze esistenti tra etichette e aziende produttrici. – Dal momento che i prodotti nella Classe 33, protetti dai marchi in conflitto, sono stati ritenuti identici, e che, in particolare, essi non sono «bevande alcoliche» ma «vini», anche di un certo prestigio, la decisione impugnata ha commesso un errore di valutazione nell’affermare che «i marchi in conflitto riguardano le bevande alcoliche (escluse le birre), ossia prodotti spesso ordinati oralmente, ad esempio nei bar e nelle discoteche (…)» – Il vino viene acquistato e/o consumato generalmente nei ristoranti, nelle enoteche, nelle aziende produttrici o in qualsiasi altro luogo in cui il consumatore si reca per scegliere e degustare un vino. I consumatori sono certamente già a conoscenza delle caratteristiche e delle etichettature di tali vini, anche se li vedono e degustano per la prima volta; tuttavia, i vini non saranno di certo acquistati in discoteche. – La consumazione di bevande alcoliche non può essere paragonata a quella del vino, perché non solo sono diversi i canali di vendita e di somministrazione, ma è anche molto diverso il target del pubblico di riferimento, in quanto un estimatore di buon vino, anche solo mediamente informato, non si recherà mai nei luoghi descritti dall’esaminatore (bar e/o discoteche) per ordinarne un bicchiere o una bottiglia. Di conseguenza, anche la tesi dell’oralità dell’ordine e del rumore che inficia la corretta percezione fonetica del segno, viene a nostro avviso a cadere, dal momento che il tipo di bevanda contrassegnata dai marchi in questione, ossia il «VINO», non viene venduta nei suddetti luoghi e non viene ordinata oralmente, in quanto la scelta di un vino viene di solito coadiuvata da una carta dei vini o da una persona apposita che illustra caratteristiche e peculiarità del prodotto al consumatore interessato. – Il fatto che, nel caso di specie, i marchi anteriori non siano dotati di alcun carattere distintivo forte, essendo meramente denominativi e senza alcun elemento caratterizzante, deve essere considerato nella valutazione globale e di insieme, ed essi devono essere qualificati come aventi un grado basso di carattere distintivo, a differenza di quello riconosciuto al marchio opposto, in cui la parte figurativa, che include anche elementi denominativi aggiuntivi quali «DUCA» e «LIBRANDI», lo qualifica di per sé come avente un alto grado di carattere distintivo, perché dotato di un impatto visivo importante. – Inoltre, alla luce delle argomentazioni esposte finora, idonee a dimostrare che i marchi presentano significative differenze in quanto, anche laddove i prodotti siano risultati identici, gli elementi di diversità superano quelli di somiglianza, e che il rischio di confusione va stabilito sulla base di una valutazione globale tra i marchi, in base all’impressione generale conferita dagli stessi e tenendo presente soprattutto le loro componenti distintive e dominanti, – riteniamo non ravvisabile alcuna somiglianza tra i segni.
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10 Gli argomenti presentati in risposta al ricorso possono essere sintetizzati secondo quanto indicato di seguito. – Il fatto che vi sia identità di prodotti non è stato contestato dalla richiedente. – Il marchio contestato include una parte verbale «DUCA SAN FELICE – LIBRANDI» e una parte figurativa, che comprende un paesaggio vitivinicolo sullo sfondo. I termini «DUCA SAN FELICE LIBRANDI» sono posti all’interno di rettangoli di vari colori. La parte figurativa menzionata è tipica delle etichette dei vini: difatti un paesaggio relativo alle viti sostanzialmente descrive i vigneti dove l’uva per la produzione del vino viene coltivata. La presentazione in rettangoli colorati è la tipica soluzione grafica che è presente nelle etichette dei vini di qualunque tipo e qualità, essendo forme geometriche semplici. Pertanto, la parte grafica non presenta alcun elemento distintivo particolare. Inoltre, la parola «DUCA» viene interpretata come un titolo nobiliare. Nel settore vitivinicolo, segnatamente le aziende agricole italiane e spagnole, sono solite aggiungere al loro nome un titolo nobiliare, come conte, marchese, duca, ecc., giacché in passato le aziende agricole erano di norma possedute, in particolare, da nobili. L’elemento «DUCA» non può essere considerato distintivo, ma piuttosto debole. – I marchi depositati anche solo a livello dell’Unione contenenti la parola «DUCA» nella Classe 33 per bevande alcoliche sono numerosissimi. Il fatto che «DUCA SAN FELICE» sia un personaggio realmente esistito cambia poco, dal momento che egli è conosciuto solamente da una minoranza di persone quali storici o intenditori di vini. Inoltre, l’utilizzo di nomi di personaggi effettivamente nobili è anch’esso prassi comune nel settore, come già evidenziato e descritto nell’opposizione, in cui una pluralità di marchi contenenti il titolo nobiliare conte, marchese, duca, ecc. nella Classe 33 identificava effettivi personaggi realmente esistiti appartenenti alla nobiltà. Pertanto, il commento della richiedente secondo cui tale personaggio può risultare distintivo agli occhi del consumatore non può essere accolto. In conclusione, la parola «DUCA» non può essere considerata distintiva. – Il termine «LIBRANDI», come si può osservare dalla rappresentazione del marchio registrato, appare in piccolo in basso con un carattere di dimensioni ridotte rispetto a «SAN FELICE». Tale termine viene molto probabilmente associato ad un cognome e specificatamente al cognome del produttore. – Pertanto, l’elemento «SAN FELICE» è quello dominante. – Un consumatore, per quanto bene informato, avrà difficoltà a percepire che «SAN FELICE» e «DUCA SAN FELICE» si riferiscano a prodotti provenienti da diversi produttori. I consumatori di vini ed in particolare quelli con una certa conoscenza del settore, sono abituati a vini la cui denominazione include un titolo nobiliare, quale appunto «DUCA». Viene quindi assai conseguente considerare i vini «SAN FELICE» e «DUCA SAN FELICE» come provenienti dallo stesso produttore, e considerarli delle varianti.
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– Da ultimo, nelle stesse carte dei vini solitamente non è riprodotta l’etichetta del vino, ma unicamente la sua denominazione. Anche qui, alla denominazione «DUCA SAN FELICE» della carta dei vini il consumatore assocerà un vino prodotto dal medesimo produttore di «SAN FELICE». – Non è inusuale ordinare vini e anche vini di pregio al bar; nelle stesse enoteche si svolgono degustazioni «modello bar» dove vengono serviti vini di qualità.
Motivi

11 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, esso è ammissibile.
Osservazioni preliminari sui regolamenti applicabili

12 La domanda di marchio dell’Unione europea è stata depositata prima che il nuovo regolamento sui marchi dell’Unione europea (RMUE), introdotto dal regolamento modificativo (UE) 2015/2424 entrasse in vigore (il 23 marzo 2016). Pertanto, il vecchio regolamento sui marchi comunitari (RMC) si applica al presente ricorso (sentenza del 04/10/2016, T-549/14, Castello / Castellò (fig.) et al., EU:T:2016:594, § 33), almeno per quanto riguarda le disposizioni non strettamente procedurali (sentenza del 13/06/2013, C-346/12 P, Milram, EU:C:2013:397, § 2). Tuttavia, per pronto riferimento, la Commissione farà riferimento al «RMUE» e alla nuova terminologia introdotta dal regolamento modificativo, nonostante le modifiche sostanziali contenute nel regolamento non trovino applicazione nel caso di specie.

13 Dal momento che il nuovo regolamento di esecuzione sul marchio dell’Unione europea (REMUE) non entrerà in vigore prima del 1º ottobre 2017, la Commissione continuerà a fare riferimento all’attuale regolamento di esecuzione sul marchio comunitario (CE) n. 2868/95 (REMC).
Rischio di confusione

14 L’articolo 8 del RMUE recita: «1. In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se: … (b) a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.
…»
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15 Costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 29 e del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 17).

16 Il rischio di confusione nella mente del pubblico dev’essere valutato globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22; del 29.09.1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 16 e del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 18).
Pubblico e territorio di riferimento

17 La percezione dei marchi nella mente del pubblico di riferimento per i prodotti e servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione.

18 Considerato che il marchio anteriore è un marchio dell’Unione europea, il territorio di riferimento per la valutazione del rischio di confusione è l’Unione europea.

19 Dal carattere unitario del marchio dell’Unione europea, sancito dall’articolo 1, paragrafo 2, RMUE, discende che un marchio dell’Unione europea anteriore è protetto in modo identico in tutti gli Stati membri. I marchi dell’Unione europea anteriori sono pertanto opponibili a qualsiasi domanda di marchio successiva che leda la loro tutela, anche solo con riguardo alla percezione dei consumatori di una parte del territorio dell’Unione. Da ciò consegue che il principio sancito dall’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, secondo il quale è sufficiente per rifiutare la registrazione di un marchio che un impedimento assoluto alla registrazione esista soltanto per una parte della Comunità [Unione europea], si applica, per analogia, anche al caso di un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE. Pertanto, «una parte» dell’Unione europea può essere costituita da un solo Stato membro (sentenza del 14/12/2006, T-81/03, T-82/03 e T-103/03, Venado, EU:T:2006:397, § 76 e 83, ultima frase).

20 Pertanto l’opposizione deve essere accolta anche laddove il rischio di confusione sussista in un solo Stato membro. Per ragioni di economia processuale, la divisione d’Opposizione ha incentrato la propria analisi unicamente sul territorio italiano. La Commissione farà altrettanto.

21 Per quanto riguarda il pubblico di riferimento, quando i prodotti o i servizi sono destinati all’insieme dei consumatori, come nel caso di specie, occorre considerare che il pubblico pertinente è costituito dal consumatore medio (sentenza del 26/04/2007, C-412/05 P, Travatan, EU:C:2007:252, § 62 e la giurisprudenza ivi citata).
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22 L’argomento della richiedente, secondo cui il consumatore medio è molto attento, non può essere accolto. Le bevande alcoliche sono, in genere, prodotti di consumo quotidiano, spesso oggetto di una distribuzione su larga scala, che va dal reparto alimentari dei supermercati, dei grandi magazzini e di altri punti vendita al dettaglio, ai ristoranti e bar. Secondo una costante giurisprudenza, il consumatore di bevande alcoliche appartiene al pubblico generale, considerato normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (sentenza del 24/11/2016, T-250/15, CLAN / CLAN MACGREGOR, EU:T:2016:678, § 25-26 e la giurisprudenza ivi citata).

23 La giurisprudenza summenzionata non esclude che talune sottocategorie di bevande alcoliche, come ad esempio alcune varietà di vino, in ragione della loro rarità o dell’elevato prezzo, possano essere rivolte a un numero limitato di estimatori o persino collezionisti, che mostrerebbero un grado di attenzione elevato. Tuttavia, tale affermazione non può automaticamente applicarsi al consumatore medio di bevande alcoliche in questione. Pertanto, anche qualora si ammettesse l’esistenza di talune sottocategorie di vini conosciute solo da un pubblico molto esclusivo o che sono accessibili solo da tale pubblico, ciò dimostrerebbe, se così fosse, un livello di attenzione superiore alla media. In ogni caso, bisogna tenere conto del fatto che la richiedente non ha provato che i prodotti coperti dai marchi in questione appartengono a tale sottocategoria. La richiedente non ha dimostrato che tali prodotti non sono rivolti al pubblico generale bensì, esclusivamente, ad una specifica categoria di consumatori. Al contrario, gli argomenti della richiedente si limitano a contenere generalizzazioni sui vini (per analogia, sentenza del 24/11/2016, T-250/15, CLAN / CLAN MACGREGOR, EU:T:2016:678, § 30)

24 Il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (sentenza del 28/06/2005, T-301/03, Canal Jean, EU:T:2005:254, § 50).

25 Occorre, tuttavia, tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).
Comparazione dei prodotti

26 È pacifico che la decisione impugnata ha correttamente ritenuto che i prodotti debbano essere considerati identici.
Comparazione dei segni

27 Il rischio di confusione dev’essere determinato per mezzo di una valutazione globale della somiglianza visiva, fonetica e concettuale dei marchi, sulla base dell’impressione generale data dai marchi, tenendo presente soprattutto le loro componenti distintive e dominanti (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).
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28 I segni che devono essere confrontati sono i seguenti:

29 Come correttamente accertato nella decisione impugnata, da un punto di vista visivo, il marchio anteriore è un marchio denominativo composto dai termini «SAN FELICE». Il marchio contestato è un marchio figurativo formato da vari elementi posti all’interno di una cornice rettangolare. I termini «SAN FELICE» sono scritti in bianco e stampatello maiuscolo e al di sopra di questi si trova il termine «DUCA», scritto anch’esso in bianco, con lo stesso tipo di grafia. Questi elementi a loro volta si trovano all’interno di un rettangolo rosso con un paesaggio vitivinicolo sullo sfondo. Al di sotto di questi elementi si trova un elemento figurativo, ovvero un fiore dorato (all’interno di un rettangolo bianco). Infine, al di sotto del fiore, si trova la parola «LIBRANDI» scritta in colore dorato, in stampatello maiuscolo e grassetto all’interno di un altro rettangolo verde scuro, di dimensioni più ridotte. I segni sono simili nella misura in cui coincidono nelle lettere «S-A-N-F-E-L-l-C-E». Essi differiscono, invece, nella rappresentazione, i colori, le parole «DUCA» e «LIBRANDI» e negli elementi figurativi del marchio contestato, ossia lo sfondo vitivinicolo e il fiore.

30 Il marchio contestato riproduce interamente il marchio anteriore e due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti (sentenza del 20/01/2010, T-460/07, Life Blog, EU:T:2010:18, § 51 e la giurisprudenza ivi citata).

31 La Commissione cita altresì la giurisprudenza del Tribunale secondo cui se un marchio è contenuto interamente nel marchio richiesto, ciò indica che i due marchi sono simili (sentenza del 13/06/2012, T-519/10, SG Seikoh Giken, EU:T:2012:291, § 27; del 24/01/2012, T-260/08, Visual Map, EU:T:2012:23, § 32 e del 22/05/2012, T-179/11, Seven Summits, EU:T:2012:254, § 26).

32 Per quanto riguarda gli elementi figurativi del marchio contestato, la Commissione ritiene che il loro impatto sia limitato. Gli elementi figurativi non sono rappresentati in un modo così specifico e originale da consentire ai consumatori di ricordare tali elementi né sono tali da agevolarli nel distinguere i segni. Inoltre, occorre rammentare che quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi dovrebbero, in linea di principio, essere considerati come maggiormente distintivi rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in questione citando il loro nome piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio
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SAN FELICE
Marchio anteriore Segno contestato

(sentenza del 15/12/2009, T-412/08, Trubion, EU:T:2009:70, § 45 e la giurisprudenza ivi citata). Nel caso di specie non sussiste ragione alcuna per discostarsi da tale principio. Il pubblico di riferimento percepirà gli elementi figurativi del marchio contestato come componenti decorativi e non come elementi che indicano l’origine commerciale dei prodotti.

33 Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nelle sillabe «SAN-FELI-CE» presenti allo stesso ordine in entrambi i segni. Entro questi limiti, i segni sono identici dal punto di vista fonetico. La pronuncia dei segni differisce nelle sillabe «DU-СA» del primo termine e «LI-BRAN-DI» del secondo termine del marchio contestato, che non trovano riscontro nel marchio anteriore. Il fatto che il marchio richiesto contenga parole in più e che sia quindi più lungo da pronunciare non consente di concludere che non sussiste alcuna somiglianza fonetica tra i marchi in questione (sentenza del 23/10/2015, T-96/14, VIMEO, EU:C:1999:323, § 39 e del 07/10/2015, T-227/14, EU:T:2015:760, FRECCE TRICOLORI, 46) Pertanto i segni sono simili da un punto di vista fonetico nella misura in cui il marchio anteriore è interamente contenuto nel segno contestato e le parole «SAN FELICE» si pronunciano in modo identico. 34 Inoltre, come correttamente affermato nella decisione impugnata, per quanto riguarda il marchio contestato, i consumatori italiani assoceranno l’elemento «DUCA» a un «titolo nobiliare». Tenendo conto che i prodotti rilevanti sono «bevande alcoliche» e che questo termine è frequentemente usato nell’industria delle bevande alcoliche, si ritiene che questo elemento sia dotato di un limitato carattere distintivo per questi prodotti, vale a dire per i prodotti della Classe 33, ossia bevande alcoliche (escluse le birre). La parte del pubblico di riferimento che comprende il significato di questo elemento non presterà la stessa attenzione a tale elemento di limitato carattere distintivo che rivolgerà agli altri elementi più distintivi del marchio. Di conseguenza, l’impatto di tale elemento è da considerarsi limitato in sede di valutazione del rischio di confusione tra i marchi in questione.

35 Alla luce di quanto sopra, la Commissione ritiene che le differenze tra i segni non siano tali da superare le considerevoli somiglianze visive e, in particolare, fonetiche esistenti tra i marchi. La Commissione ritiene che dall’impressione generale dei marchi si evinca la sussistenza di una somiglianza visiva e fonetica.

36 Sotto il profilo concettuale, il segno anteriore sarà percepito dal pubblico del territorio di riferimento come «SAN FELICE», il nome di un santo. Con riferimento al marchio contestato si ritiene probabile che sarà anch’esso associato allo stesso concetto e in tale misura i marchi sono concettualmente identici. Il termine «DUCA» sarà percepito dal pubblico di riferimento come un titolo nobiliare, trasmissibile ereditariamente di padre in figlio. Il termine «LIBRANDI» sarà presumibilmente percepito come un cognome italiano. L’elemento figurativo del marchio contestato possiede un contenuto concettuale che potrà essere identificato dal pubblico di riferimento come composto da un fiore e da un paesaggio vitivinicolo.

37 Per quanto riguarda l’argomento della richiedente secondo cui, diversamente dal marchio dell’opponente, nel marchio contestato la dicitura utilizzata «DUCA SAN FELICE» non rappresenta un nome di pura fantasia, bensì un personaggio storico realmente esistito, e nello specifico il Duca Giovan Vincenzo Conte di
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Bagnoli, dal quale la famiglia Librandi aveva acquistato i terreni per piantarvi alcune viti, ed in onore al quale ne aveva riportato le fattezze sulle etichette delle prime annate prodotte e che dunque i marchi in questione non sono simili da un punto di vista concettuale, non vi è prova che il consumatore medio sarebbe al corrente delle specificità che riguardano la storia del nome del prodotto della richiedente.

38 Pertanto, i marchi presentano altresì, almeno, una scarsa somiglianza concettuale.

39 Di conseguenza, alla luce delle suesposte considerazioni, la Commissione condivide l’opinione della divisione d’Opposizione secondo cui i marchi sono nel complesso simili.
Carattere distintivo del marchio anteriore

40 La Commissione conviene con la divisione d’Opposizione sul fatto che, ai fini del presente procedimento, il marchio anteriore presenta un carattere distintivo normale per i prodotti in questione.
Valutazione globale del rischio di confusione

41 Costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico di riferimento possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, a seconda del caso, da imprese economicamente collegate. La valutazione del rischio di confusione nella mente del pubblico dipende da numerosi fattori e, segnatamente, dall’associazione che può essere fatta con il marchio registrato, dal grado di somiglianza tra il marchio e il segno e tra i prodotti e i servizi designati: esso deve essere valutato globalmente, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 16 e 29 e del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 17 e 18).

42 Inoltre, per quanto riguarda i prodotti in questione, «bevande alcoliche (escluse le birre)» (i prodotti non coprono solo i «vini», come la richiedente sembra asserire), il Tribunale ha già statuito che nella valutazione complessiva del rischio di confusione si tiene conto della percezione sia visiva che fonetica dei consumatori, sebbene la percezione fonetica rivesta un’importanza particolare (sentenza del 29/02/2012, T-525/10, Servo Suo, EU:T:2012:96, § 67 e del 13/07/2005, T-40/03, Julián Murúa Entrena, EU:T:2005:285, § 35). Questi prodotti sono altresì venduti in bar e ristoranti nei quali il consumatore sceglie dopo aver letto il menù il quale riproduce solamente gli elementi denominativi dei marchi in questione. In tali circostanze, il rischio di confusione è maggiore in ragione del fatto che le differenze visive tra i marchi non aiutano il consumatore a distinguere i suddetti marchi (sentenza del 27/02/2014, T-602/11, Qta S. José de Peramanca, EU:T:2014:97, § 58 e del 16/09/2009, T-458/07, Dominio de la Vega, EU:T:2009:337, § 48).

43 Di conseguenza, nel caso di specie, bisogna attribuire meno importanza alle differenze visive tra i segni in questione e dare maggior peso alle somiglianze
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fonetiche (sentenza del 27/02/2014, T-602/11, Qta S. José de Peramanca, EU:T:2014:97, § 59).

44 Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, quando i prodotti coperti dai marchi in questione sono identici o molto simili, il grado di differenza dei segni deve essere alto in modo da escludere un rischio di confusione (sentenza del 13/11/2012, T-555/11, tesa TACK, EU:T:2012:594, § 53). Nel caso di specie, come affermato nei paragrafi che precedono, i segni sono nel complesso simili.

45 Alla luce di quanto detto, tenuto conto di una certa interdipendenza tra i fattori che devono essere presi in considerazione nonché, in particolare, della somiglianza tra i marchi e l’identità dei prodotti interessati, la Commissione ritiene che, dal momento che i prodotti sono identici, i segni sono simili e il marchio dell’Unione europea anteriore presenta un normale grado di carattere distintivo, sussista il rischio che il pubblico di riferimento sia indotto a credere che i prodotti designati dai segni in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate.

46 La Commissione osserva, inoltre, che in base al principio di interdipendenza e data l’identità dei prodotti, si giungerebbe alla stessa conclusione anche laddove risultasse che i marchi presentano nel complesso solo un grado di somiglianza basso.

47 Pertanto, il ricorso è respinto.
Spese

48 La richiedente, in quanto parte soccombente ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, dovrà sopportare le spese del procedimento di ricorso. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 6, RMUE, e della regola 94, paragrafo 3, ultima frase, REMC, la richiedente è pertanto tenuta a rimborsare le spese di rappresentanza sostenute dall’opponente nel procedimento di ricorso per l’importo specificato nella regola 94, paragrafo 7, lettera d), REMC (550 EUR). Per quanto riguarda il procedimento di opposizione, la divisione d’Opposizione ha ordinato alla richiedente di sopportare le spese sostenute dell’opponente per un importo pari a 650 EUR. Questa posizione è rimasta invariata.
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Dispositivo Per questi motivi,

LA COMMISSIONE

così decide:

1. Il ricorso è respinto.

2. Ordina alla richiedente di sopportare l’importo totale di 1 200 EUR in relazione alle spese sostenute dall’opponente nei procedimenti di ricorso e di opposizione.

Signed
T. de las Heras
Signed
H. Salmi
Signed
C. Govers
Registrar:
Signed
H.Dijkema

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Tecninox contro Tecnoinox – Divisione-di-Opposizione 23.01.2017

tecnoinox

TECNINOX contro TECNOINOX – Divisione di Opposizione 23.01.2017

Marchio Tecninox contro marchio Tecnoinox

Il marchio anteriore è un marchio figurativo che consiste della dicitura “tecninox” leggermente stilizzata, dove le lettere “tecn” sono più grandi delle restanti lettere “inox”. Tale dicitura è preceduta da un elemento figurativo di colore nero all’interno del quale sono riprodotte una “t” con un pallino, entrambi di colore bianco e una “i” in nero e puntellata in bianco. Dal momento che le lettere “ti” sono fortemente stilizzate si ritiene probabile che verranno percepite come tali solo da una parte del pubblico mentre la restante parte vedrà solo un elemento figurativo astratto.

Il segno contestato è un marchio figurativo costituto da un elemento figurativo con angoli arrotondati e delle lettere stilizzate “ti” e della parola “tecnoinox” in caratteri stilizzati. Il marchio è in colore blu. Dal momento che le lettere “ti” sono fortemente stilizzate si ritiene probabile che verranno percepite come tali solo da una parte del pubblico di riferimento mentre l’altra parte vedrà solo un elemento figurativo astratto.

I prodotti contestati lavabi; lavandini per cucine; lavelli in acciaio inox sono simili alla rubinetteria dell’opponente. Tali prodotti sono complementari e hanno la stessa destinazione. Inoltre, essi coincidono in canali di distribuzione, pubblico rilevante e origine commerciale.

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati simili a quelli del marchio anteriore.

 

 

OPPOSIZIONE N. B 2 543 588

 

TecninoxS.r.l., Via Emilia 89/A – Frazione Sanguinaro, 43015 Noceto (Parma), Italia (opponente), rappresentata da Ing. Dallaglio S.r.l., Via Mazzini, 2, 43121, Parma, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Tecnoinox S.r.l., Via Torricelli, 1, 33080 Porcia, Italia (richiedente), rappresentata da Abp Agenzia Brevetti Pordenone Di Da Riva Luigi, Via div. M. Modotti, 1/6, 33170, Pordenone, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 23/01/2017, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 543 588 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti contestati:

 

Classe 11: Lavabi; lavandini per cucine; lavelli in acciaio inox.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 700 273 è respinta per tutti i prodotti suindicati. Si può procedere per i restanti prodotti.

 

  1. Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 700 273, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 11. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 2 764 561. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 7: Miscelatori per polveri e liquidi, pompe, valvole.

 

Classe 11: Rubinetteria.

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 11: Accessori di sicurezza per condutture del gas; accessori per la regolazione e la sicurezza di impianti di acqua e gas; addolcitori dell’acqua; apparecchi ad acqua calda; apparecchi ad aria calda; apparecchi da cucina a gas; apparecchi di congelamento per alimenti; apparecchi di cottura; apparecchi di cottura a barbecue; apparecchi di cottura a gas; apparecchi di cottura a vapore elettrici; apparecchi di cottura allo spiedo; apparecchi di refrigerazione; apparecchi di regolazione (parti di bruciatori a gas); apparecchi ed impianti di raffreddamento; apparecchi ed impianti di refrigerazione; apparecchi elettrici per cuocere a vapore la verdura; apparecchi elettrici per cuocere a vapore il riso; apparecchi elettrici per il riscaldamento; apparecchi elettrici per cuocere a vapore; apparecchi elettrici per cuocere il riso; apparecchi elettrici per cuocere il pane; apparecchi elettrici per cuocere le uova; apparecchi industriali per cuocere il riso; apparecchi per cottura a gas comprendenti griglie da cottura; apparecchi per cuocere; apparecchi per cuocere le uova; apparecchi per la generazione di fumo per la cottura; apparecchi per la generazione di flussi d’aria; apparecchi per la generazione di calore; apparecchi per la produzione di vapore; apparecchi per la produzione di ghiaccio; armadi riscaldati per alimenti; armadio di fermentazione per pasta da pane; armature per forni; arrostiere elettriche; aspiratori di fumi; attrezzatura per il trattamento dell’aria; attrezzature per cucinare, riscaldare, raffreddare e trattare cibi e bevande; attrezzature per refrigerare e congelare; barbecue; barbecue a gas; barbecue [apparecchio]; barbecues; blocchi di cottura; bruciatori; bruciatori a gas; cucine; cucine a gas; cucine elettriche; elementi scaldanti piatti; fornelli a gas; fornelli [apparecchi di cottura]; fornelli comprendenti grill; fornelli con superfici smaltate in vetro; fornelli da cucina; fornelli elettrici; fornelli elettrici e a gas; forni; forni a convezione; forni a carrello; forni a gas; forni da cucina; forni da tavolo; forni di cottura per uso commerciale; forni elettrici; forni elettrici da cucina; forni per panetteria; friggitrici; friggitrici commerciali per catering; friggitrici elettriche; friggitrici elettriche industriali; frigoriferi (armadi -); frigoriferi-congelatori; frigoriferi elettrici; girarrosto; griglie; griglie a gas; griglie [apparecchi di cottura]; griglie elettriche [il calore viene dalla parte inferiore]; griglie per barbecue; griglie per carne; griglie per cucinare; grill elettrici; impianti di cottura; impianti di produzione di vapore; lavabi; lavandini per cucine; lavelli in acciaio inox; macchine da cucina (a gas) per la cottura; macchine e apparecchi per il ghiaccio; macchine per cuocere alimenti; macchine per cuocere il pane; macchine per fare il pane; macchine per la cucina elettriche per cucinare; macchine per il ghiaccio; macchine per la frittura di alimenti; macchine per la produzione di vapore; pentole elettriche per la cottura; pentole per brodo elettriche; pentole per bollire; piani di cottura; piani di cottura a incasso; piani di cottura ad incasso; piani di cottura per riscaldare cibi; piani di lavandini in acciaio inossidabile; piastre di cottura [anelli]; piastre elettriche; piastre in ceramica vendute come parte di stufe; piastre in ceramica vendute come parte di piani di cottura; piastre in vetroceramica [parti di forni]; piastre in vetroceramica [parti di stufe]; piastre [parti di forni]; piastre [parti di stufe]; piastre per grigliare; spiedi per forni; spiedi per rosticceria; wok elettrici.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

I prodotti contestati lavabi; lavandini per cucine; lavelli in acciaio inox sono simili alla rubinetteria dell’opponente. Tali prodotti sono complementari e hanno la stessa destinazione. Inoltre, essi coincidono in canali di distribuzione, pubblico rilevante e origine commerciale.

 

I restanti prodotti accessori di sicurezza per condutture del gas; accessori per la regolazione e la sicurezza di impianti di acqua e gas; addolcitori dell’acqua; apparecchi ad acqua calda; apparecchi ad aria calda; apparecchi da cucina a gas; apparecchi di congelamento per alimenti; apparecchi di cottura; apparecchi di cottura a barbecue; apparecchi di cottura a gas; apparecchi di cottura a vapore elettrici; apparecchi di cottura allo spiedo; apparecchi di refrigerazione; apparecchi di regolazione (parti di bruciatori a gas); apparecchi ed impianti di raffreddamento; apparecchi ed impianti di refrigerazione; apparecchi elettrici per cuocere a vapore la verdura; apparecchi elettrici per cuocere a vapore il riso; apparecchi elettrici per il riscaldamento; apparecchi elettrici per cuocere a vapore; apparecchi elettrici per cuocere il riso; apparecchi elettrici per cuocere il pane; apparecchi elettrici per cuocere le uova; apparecchi industriali per cuocere il riso; apparecchi per cottura a gas comprendenti griglie da cottura; apparecchi per cuocere; apparecchi per cuocere le uova; apparecchi per la generazione di fumo per la cottura; apparecchi per la generazione di flussi d’aria; apparecchi per la generazione di calore; apparecchi per la produzione di vapore; apparecchi per la produzione di ghiaccio; armadi riscaldati per alimenti; armadio di fermentazione per pasta da pane; armature per forni; arrostiere elettriche; aspiratori di fumi; attrezzatura per il trattamento dell’aria; attrezzature per cucinare, riscaldare, raffreddare e trattare cibi e bevande; attrezzature per refrigerare e congelare; barbecue; barbecue a gas; barbecue [apparecchio]; barbecues; blocchi di cottura; bruciatori; bruciatori a gas; cucine; cucine a gas; cucine elettriche; elementi scaldanti piatti; fornelli a gas; fornelli [apparecchi di cottura]; fornelli comprendenti grill; fornelli con superfici smaltate in vetro; fornelli da cucina; fornelli elettrici; fornelli elettrici e a gas; forni; forni a convezione; forni a carrello; forni a gas; forni da cucina; forni da tavolo; forni di cottura per uso commerciale; forni elettrici; forni elettrici da cucina; forni per panetteria; friggitrici; friggitrici commerciali per catering; friggitrici elettriche; friggitrici elettriche industriali; frigoriferi (armadi -); frigoriferi-congelatori; frigoriferi elettrici; girarrosto; griglie; griglie a gas; griglie [apparecchi di cottura]; griglie elettriche [il calore viene dalla parte inferiore]; griglie per barbecue; griglie per carne; griglie per cucinare; grill elettrici; impianti di cottura; impianti di produzione di vapore; macchine da cucina (a gas) per la cottura; macchine e apparecchi per il ghiaccio; macchine per cuocere alimenti; macchine per cuocere il pane; macchine per fare il pane; macchine per la cucina elettriche per cucinare; macchine per il ghiaccio; macchine per la frittura di alimenti; macchine per la produzione di vapore; pentole elettriche per la cottura; pentole per brodo elettriche; pentole per bollire; piani di cottura; piani di cottura a incasso; piani di cottura ad incasso; piani di cottura per riscaldare cibi; piani di lavandini in acciaio inossidabile; piastre di cottura [anelli]; piastre elettriche; piastre in ceramica vendute come parte di stufe; piastre in ceramica vendute come parte di piani di cottura; piastre in vetroceramica [parti di forni]; piastre in vetroceramica [parti di stufe]; piastre [parti di forni]; piastre [parti di stufe]; piastre per grigliare; spiedi per forni; spiedi per rosticceria; wok elettrici sono dissimili dai prodotti coperti dal marchio anteriore nelle classi 7 (miscelatori, pompe, valvole) e 11 (rubinetteria). Essi differiscono in natura, scopo, canali di distribuzione e origine commerciale. Essi, inoltre, non sono complementari né in competizione tra loro.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere simili sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua bulgara.

 

Il marchio anteriore è un marchio figurativo che consiste della dicitura “tecninox” leggermente stilizzata, dove le lettere “tecn” sono più grandi delle restanti lettere “inox”. Tale dicitura è preceduta da un elemento figurativo di colore nero all’interno del quale sono riprodotte una “t” con un pallino, entrambi di colore bianco e una “i” in nero e puntellata in bianco. Dal momento che le lettere “ti” sono fortemente stilizzate si ritiene probabile che verranno percepite come tali solo da una parte del pubblico mentre la restante parte vedrà solo un elemento figurativo astratto.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo costituto da un elemento figurativo con angoli arrotondati e delle lettere stilizzate “ti” e della parola “tecnoinox” in caratteri stilizzati. Il marchio è in colore blu. Dal momento che le lettere “ti” sono fortemente stilizzate si ritiene probabile che verranno percepite come tali solo da una parte del pubblico di riferimento mentre l’altra parte vedrà solo un elemento figurativo astratto.

 

I marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri.

 

I marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “t-e-c-n-*-i-n-o-x” e nelle due lettere “t-i” (per la parte del pubblico che sarà in grado di percepirle) poste all’inizio di entrambi i marchi. Essi, tuttavia, differiscono nei rispettivi elementi figurativi più sopra descritti e nella lettera “o” del segno impugnato.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59).

 

La parola “tecninox” del marchio anteriore e “tecnoinox” del segno impugnato hanno lo stesso inizio. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Pertanto, i segni sono molto simili.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “t-e-c-n-*-i-n-o-x”, presenti in entrambi i segni. Inoltre, per una parte del pubblico la pronuncia potrebbe coincidere anche nel suono delle lettere “ti” laddove articolate.  La pronuncia differisce nel suono delle lettera “o” del segno contestato, che non ha controparte nel marchio anteriore.

 

Pertanto, i segni sono molto simili.

 

Sotto il profilo concettuale, nessuno dei due segni ha un significato per il pubblico del territorio di riferimento. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

 

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

 

La Corte ha stabilito il principio fondamentale secondo cui la valutazione del rischio di confusione comporta un certo grado di interdipendenza tra i fattori rilevanti e, in particolare, tra i risultati riscontrati in precedenza relativamente al grado di somiglianza tra i marchi e a quello tra i prodotti o servizi. Pertanto un minor grado di somiglianza tra i prodotti e servizi può essere compensato da un maggior grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17). Il principio di interdipendenza è essenziale per l’analisi del rischio di confusione.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

I prodotti sono in parte simili e in parte dissimili.

 

I marchi sono molto simili dal punto di vista visivo e fonetico. In particolare i marchi differiscono unicamente nei loro elementi grafici/figurativi e nella lettera “o” del segno contestato. Come visto anteriormente, nel caso di marchi complessi l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto maggiore sul consumatore rispetto agli elementi grafici/figurativi.

 

Alla luce di quanto più sopra esposto, si ritiene che le differenze tra i marchi non siano sufficienti a controbilanciare le somiglianze tra di essi.

 

Considerato quanto precede, la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua bulgara e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio dell’Unione europea dell’opponente. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati simili a quelli del marchio anteriore.

 

I restanti prodotti contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti prodotti non può essere accolta.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, RMUE, ove le parti risultino soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni, o qualora l’equità lo richieda, la Divisione d’Opposizione decide una ripartizione differente.

 

Poiché l’opposizione è stata accolta solo per una parte dei prodotti contestati, entrambe le parti sono risultate soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni. Di conseguenza, ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Francesca CANGERI SERRANO Martina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 E

 




EUPHIDRA contro EUPHYTOS MADE IN NATURE – Prima Commissione 26.01.2017

euphytos

EUPHIDRA contro EUPHYTOS MADE IN NATURE – Prima Commissione 26.01.2017

Marchio EUPHIDRA contro marchio EUPHYTOS MADE IN NATURE

Siamo di fronte al marchio anteriore EUPHIDRA e al marchio impugnato EUPHYTOS.

Tutti i fattori pertinenti depongono a favore dell’esistenza del rischio di confusione. Un consumatore mediamente attento ma soggetto a ricordo imperfetto, già esposto a prodotti cosmetici contraddistinti dal marchio “EUPHIDRA”, che si veda offrire, in un altro momento, gli stessi prodotti contraddistinti da un marchio nel quale l’elemento dominante e distintivo è “EUPHYTOS”, potrebbe ragionevolmente confonderlo o associarlo con quello dell’opponente.

 

DECISIONE della Prima Commissione di ricorso del 26 gennaio 2017

Nel procedimento R 147/2016-1

SPECCHIASOL S.R.L. Via Bruno Rizzi, 1/3 37012 Bussolengo (Verona) Italia Richiedente / ricorrente rappresentato da Praxi Intellectual Property Spa, Piazza Brà, 28, 37121 Verona, Italia

contro

ZETA FARMACEUTICI S.P.A. Via Mentana, 38 36100 Vicenza (VI) Italia Opponente / resistente rappresentato da BARZANÒ & ZANARDO ROMA S.P.A., Via del Commercio, 56, 36100 Vicenza, Italia

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 437 534 (domanda di marchio dell’Unione europea  n. 13 063 458)

LA PRIMA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da Th. M. Margellos (Presidente), C. Rusconi (Relatore) e Ph. von Kapff (Membro)
Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA

Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda dell’8 luglio 2014, SPECCHIASOL S.R.L. (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del marchio figurativo

per i seguenti prodotti :
Class 3 – Prodotti cosmetici ivi compresi: balsami e creme cosmetiche; tinture per capelli; shampoo e balsami per capelli; maschere ed impacchi per capelli; lozioni per capelli anche in fiale; prodotti per il fissaggio dei capelli; lacche per capelli; gel per capelli; schiume per capelli; prodotti decoloranti per capelli; prodotti ondulanti per capelli; olii per capelli; prodotti per la colorazione dei capelli; decapanti; prodotti ristrutturanti bifasici; thalasso mineral; districanti per capelli; lucidanti per capelli; trattamenti permanenti per capelli e prodotti per permanenti; cosmetici a base d’acqua ossigenata; attivatori per la colorazione dei capelli; bagno schiuma per il corpo; gel per massaggi non ad uso medico; latte per la toilette; lozioni per uso cosmetico; maschere di bellezza; oli da toilette; oli per uso cosmetico; pomate per uso cosmetico; preparati cosmetici per il bagno; preparati per il bagno, non per uso medico; prodotti per la toilette.

2 La domanda di marchio veniva pubblicata dall’Ufficio in data 25 agosto 2014.

3 In data 24 novembre 2014, ZETA FARMACEUTICI SPA (“l’opponente”) presentava un’opposizione alla registrazione del marchio in questione per tutti i summenzionati prodotti. 4 L’opposizione si fondava sul rischio di confusione di cui all’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) , RMUE con il marchio dell’Unione europea No 11 576 949 “EUPHIDRA”, di tipo denominativo, depositato il 15 febbraio 2013 e registrato il 27 giugno 2013 per, tra gli altri, i seguenti prodotti:
Classe 3 – Preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; Preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; Saponi; Profumeria, olii essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; Dentifrici; Abrasivi; Acqua di colonia; Acqua di lavanda; Acque da toilette; Acque odorose; Adesivi decorativi per unghie; Adesivi [materie collanti] per uso cosmetico; Adesivi per fissare i posticci; Adesivi per fissare le ciglia posticce; Agenti decapanti; Alcali volatile [ammoniaca] utilizzato come detergente; Aloe vera preparati per uso cosmetico; Ambra [profumeria]; Amido per dare il lustro; Ammorbidenti; Aria compressa, conservata in scatola, per la pulizia e la spolveratura; Aromi [oli essenziali]; Aromi per bevande [oli essenziali]; Aromi per dolci [oli essenziali]; Astringenti per uso cosmetico; Balsamo non per uso medico; Basi per profumi di fiori; Bastoncini di incenso; Bastoncini ovattati per uso cosmetico; Belletto; Bianco di gesso; Blu per azzurrare la biancheria; Candeggina; Candeggina per il bucato; Carburi metallici [abrasivi]; Carburo di silicio [abrasivo]; Carta per lucidare; Carta smeriglio; Carta vetro [vetrata]; Carte abrasive; Cenere vulcanica per pulire; Cera antiscivolo per pavimenti; Cera per calzolai; Cera per depilare; Cera per i baffi; Cera per il bucato; Cera per lucidare; Cera per parquet; Cera per sarti; Cera per scarpe; Cere per lucidare; Ciglia posticce; Cipria per il trucco; Coloranti per capelli; Coloranti per la toilette; Corindone [abrasivo]; Corteccia di quillaia per lavaggio;
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA

Cosmetici; Cosmetici per animali; Cosmetici per le ciglia; Cosmetici per le sopracciglia; Creme cosmetiche; Creme per calzature; Creme per il cuoio; Creme per lucidare; Creme per sbiancare la pelle; Cristalli di soda per la pulizia; Decoloranti per uso cosmetico; Dentifrici; Deodoranti per animali domestici; Deodoranti per uso umano o animale [profumeria]; Detergenti [detersivi] eccetto quelli utilizzati nei procedimenti di fabbricazione e quelli per uso medico; Diamantina [abrasivo]; Eliotropina; Essenza di anice stellato; Essenza di menta; Essenza di trementina [prodotto per smacchiature]; Essenze di bergamotto; Essenze eteriche; Essiccanti per lavastoviglie; Estratti di fiori [profumeria]; Gel per massaggi non ad uso medico; Gel per sbiancare i denti; Gelatina di petrolio per uso cosmetico; Geraniolo; Gesso per la pulizia; Grassi per uso cosmetico; Henna [tintura cosmetica]; Incenso; Ionone [profumeria]; Lacche per capelli; Lacche per unghie; Latte di mandorle per uso cosmetico; Latte per la toilette; Legno aromatico; Liquidi antiscivolo per pavimenti; Liquidi per lavacristalli; Liscivia di soda; Lozioni dopo barba; Lozioni per i capelli; Lozioni per uso cosmetico; Lucidanti per labbra; Lucido da scarpe; Mascara; Maschere di bellezza; Matite per le sopracciglia; Matite per uso cosmetico; Menta per la profumeria; Motivi decorativi per uso cosmetico; Muschio [profumeria]; Nécessaires di cosmetica; Neutralizzanti per permanenti; Oli da toilette; Oli essenziali; Oli essenziali di cedro; Oli essenziali di limone; Oli per la profumeria; Oli per pulire; Oli per uso cosmetico; Olii essenziali di cedro; Olio di gaulteria; Olio di gelsomino; Olio di lavanda; Olio di mandorle; Olio di rose; Ovatta per uso cosmetico; Paste per le coramelle; Pece per calzolai; Perossido d’idrogeno per uso cosmetico; Pietra per levigare; Pietra per lucidare; Pietra pomice; Pietre d’allume [astringenti]; Pietre da barba [astringenti]; Pomate per uso cosmetico; Pots-pourris profumati; Preparati abbronzanti [cosmetici]; Preparati cosmetici per il bagno; Preparati per igiene intima o sanitaria, deodoranti intimi; Preparati per l’apprettatura del bucato; Preparati per la pulizia delle protesi dentarie; Preparati per lucidare; Preparati per ondulare i capelli; Preparati per pulire le protesi dentarie; Preparati per schermi solari; Preparati per sturare tubi di scarico; Preparati per togliere il tartaro per uso domestico; Preparazioni cosmetiche per trattamenti dimagranti; Prodotti chimici per il ravvivamento dei colori per uso domestico [bucato]; Prodotti contro l’elettricità statica per uso domestico; Prodotti cosmetici per la cura della pelle; Prodotti depilatori; Prodotti di profumeria; Prodotti di sbianca [bucato]; Prodotti di toilette contro il sudore; Prodotti per affilare; Prodotti per far brillare; Prodotti per far brillare le foglie delle piante; Prodotti per fumigazioni [profumi]; Prodotti per il lavaggio a secco; Prodotti per il trucco; Prodotti per la conservazione del cuoio [lucidi]; Prodotti per la cura della bocca non per uso medico; Prodotti per la cura delle unghie; Prodotti per la pulizia; Prodotti per la rasatura; Prodotti per la toilette; Prodotti per lisciare; Prodotti per mettere a bagno la biancheria per il bucato; Prodotti per profumare la biancheria; Prodotti per pulire la carta da parati; Prodotti per rimuovere la ruggine; Prodotti per sbiancare il cuoio; Prodotti per sgrassare eccetto quelli utilizzati nei procedimenti di fabbricazione; Prodotti per togliere il trucco; Prodotti per togliere la pittura; Prodotti per togliere le lacche; Prodotti per togliere le tinture; Prodotti per togliere le vernici; Profumi; Profumi per ambiente; Rossetti; Rosso per lucidare; Safrolo; Salda d’amido; Sali da bagno non per uso medico; Sali per sbiancare; Sapone alla mandorla; Sapone da barba; Saponette; Saponi; Saponi contro il sudore dei piedi; Saponi contro la traspirazione; Saponi deodoranti; Saponi disinfettanti; Saponi medicinali; Saponi per ravvivare; Shampoo; Shampoo per animali da compagnia; Shampoo secco; Smacchiatori; Smeriglio; Soda per sbiancare; Sostanza per pulire; Spray per rinfrescare l’alito; Strisce per rinfrescare l’alito; Strofinacci impregnati con un detergente per pulire; Sverniciatore per cera di pavimenti di legno; Talco per toilette; Tela per lucidare [rendere liscio]; Tela smeriglio; Tela vetrata; Terpeni; Tinture cosmetiche; Tinture per la barba; Tovaglioli imbevuti di lozioni cosmetiche; Trementina [prodotto per smacchiatura]; Tripolo per lucidare; Unghie posticce.

5 Con decisione resa il 26 novembre 2015 (“la decisione impugnata”), la divisione di Opposizione ha accolto l’opposizione e rigettato, conseguentemente, la domanda di marchio. Veniva osservato quanto segue: – I prodotti della domanda sono ricompresi nell’enunciato del marchio anteriore, quindi identici; si tratta di articoli destinati al grande pubblico; – Ai fini della valutazione del rischio di confusione, viene preso a parametro il consumatore medio anglofono avente un grado di attenzione medio;
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA

– Il marchio della domanda è globalmente simile a quello anteriore dal punto di vista visivo e fonetico dato che inizia in maniera quasi identica (“EUPHI-” e “EUPHY-”) e ha una lunghezza simile; l’espressione “MADE IN NATURE” è scarsamente distintiva e, conseguentemente, il suo peso nella comparazione è ridotto; i marchi non sono, tuttavia, concettualmente simili giacché “EUPHIDRA” non ha significato e il marchio impugnato allude alla composizione naturale dei prodotti; – Il marchio anteriore, essendo privo di “significato” per il pubblico, possiede un carattere distintivo “normale”; – Considerata l’identità merceologica e la somiglianza dei marchi, sussiste rischio di confusione.

6 La richiedente presentava ricorso il 21 gennaio 2016 e trasmetteva la motivazione il 25 marzo 2016. L’opponente rispondeva, il 19 maggio 2016, con osservazioni.

 

Conclusioni e argomenti delle parti

7 La richiedente chiede che la Commissione di ricorso “riesamini” la decisione e accolga la domanda di registrazione per tutti i prodotti. La richiedente è d’avviso che il proprio marchio non generi alcun rischio di confusione con quello anteriore e fa valere, al riguardo, i seguenti argomenti: – L’identità o somiglianza merceologica non è contestata ma le differenze che separano i marchi sono sufficienti a escludere qualsiasi rischio di confusione; – Le differenze visive e fonetiche sono manifeste dato che un marchio è formato da un’unica parola e l’altro da quattro, con le inevitabili conseguenze sul numero di lettere e sillabe e, quindi, sull’aspetto visivo e la pronuncia; – Esiste anche una differenza concettuale in ragione della presenza, nel marchio impugnato, dell’espressione “MADE IN NATURE”, non presente nell’anteriorità; – A quell’espressione è stato erroneamente dato, nella comparazione, un peso troppo basso nonostante sia distintiva, dato che evoca concetti antitetici (quello di ‘fabbricazione’ e quello di ‘natura’) che possono catturare l’attenzione del pubblico; quell’espressione, pertanto, è capace di contribuire efficacemente a distinguere i due marchi.

8 Nelle sue osservazioni in risposta, l’opponente chiede il rigetto del ricorso e si rifà in sostanza alle argomentazioni svolte nella decisione attaccata circa la somiglianza dei marchi e la scarsa capacità distintiva dell’espressione “MADE IN NATURE”.
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA

Motivazione

9 Il ricorso è conforme agli Articoli 58, 59 e 60, paragrafo 1, RMUE e alle Regole 48 e 49 REMUE. Pertanto, il ricorso è ammissibile. Tuttavia, il ricorso è infondato e la decisione attaccata dev’essere confermata perché, come ha giustamente deciso la divisione di Opposizione, il marchio di cui alla domanda può ingenerare un rischio di confusione con quello anteriore. Segue la motivazione.

10 L’opposizione era fondata sul rischio di confusione di cui all’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE. L’opponente fa valere che il marchio della richiedente è stato depositato per prodotti identici a quelli per i quali il proprio marchio è registrato e che i marchi sono essi stessi simili dato che l’elemento dominante “EUPHYTOS” di quello impugnato è molto simile alla parola “EUPHIDRA”.

11 La decisione resa dalla divisione di Opposizione ha dato ragione all’opponente ma la richiedente ritiene che tale decisione sia erronea perché, a suo dire, i presupposti dell’esistenza del rischio di confusione non sono presenti nella fattispecie.

12 I presupposti in questione sono, stando al tenore dell’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, l’identità o somiglianza dei prodotti contraddistinti dai marchi e l’identità o somiglianza dei marchi stessi.

13 Il rischio di confusione deve esistere per il pubblico al quale sono destinati i prodotti. Nella fattispecie, trattandosi di prodotti per uso cosmetico, vale a dire di largo consumo, il pubblico da prendere in considerazione è molto ampio, formato, cioè, da tutte le persone che acquistano e impiegano prodotti cosmetici. Poiché il marchio anteriore è registrato nell’Unione europea, l’ambito territoriale da considerare è quello comprensivo di tutti gli Stati membri. Proprio perché trattasi di articoli di uso quotidiano, il grado di attenzione del consumatore è medio.
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA

Comparazione dei prodotti

14 La decisione oggetto del ricorso aveva affermato che i prodotti dei marchi in conflitto sono identici. La Commissione fa propria tale affermazione che, peraltro, non è stata messa in discussione dalla richiedente nel ricorso. Comparazione dei marchi

15 Secondo costante giurisprudenza, la comparazione va fatta sulla base dell’impressione generale prodotta dai marchi, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. Inoltre, la percezione dei marchi da parte del consumatore medio del tipo di prodotto in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione complessiva del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio di solito percepisce un marchio come un tutt’uno e non si dedica a esaminarne i vari dettagli (si veda, tra le tante, 08/12/2015, T-583/14, FLAMINAIRE / FLAMINAIRE, EU:T:2015:943, § 46). Finalmente, nel comparare i marchi si deve tener presente che il consumatore, quando acquista la merce, non è necessariamente esposto contemporaneamente ai marchi ma si orienta sulla base di un ricordo sovente imperfetto (sentenza citata, paragrafo 47).

16 A giudizio della Commissione, la comparazione effettuata dalla divisione di Opposizione è stata realizzata sulla base dei suddetti principi e ha dato luogo ad un risultato corretto.

17 La divisione di Opposizione ha dato, infatti, il giusto peso, ai fini della comparazione, ai due elementi che compongono il marchio della richiedente, cioè la parola “EUPHYTOS”, da una parte e l’espressione “MADE IN NATURE”, dall’altra. Un peso maggiore è stato dato, correttamente, all’elemento “EUPHYTOS” perché è quello maggiormente in grado di catturare l’attenzione del consumatore. E ciò per tre ragioni, peraltro legate tra loro. La prima è il dimensionamento dell’elemento all’interno del marchio: la tipografia impiegata per scrivere “EUPHYTOS” è largamente sovradimensionata rispetto a quella usata per l’espressione “MADE IN NATURE”. La seconda, è il contenuto promozionale del messaggio veicolato da questa espressione. La terza è la posizione subordinata dell’espressione rispetto a quella ricoperta dall’elemento “EUPHYTOS”.

18 Le tre ragioni sono naturalmente interdipendenti: infatti, la legenda “MADE IN NATURE” figura in una posizione subordinata e appare scritta in piccole dimensioni perché esprime un messaggio sulle proprietà dei prodotti (fabbricazione a base di ingredienti naturali) e non deve, quindi, oscurare l’elemento che deve catturare l’attenzione, costituito dalla parola di fantasia “EUPHYTOS” che per questa ragione è scritta con grande risalto tipografico.

19 Osservando il marchio della richiedente in maniera “generale” (come prescrive la giurisprudenza), il consumatore mediamente attento comprenderà immediatamente che la funzione distintiva la assolve il termine “EUPHYTOS”, scritto in caratteri sovradimensionati e privo di un messaggio chiaramente identificabile, mentre all’espressione “MADE IN NATURE” verrà assegnata la funzione di una legenda descrittiva circa le caratteristiche qualitative dei prodotti.
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA
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20 Quindi, bene ha fatto la divisione di Opposizione ad attribuire, nella comparazione, maggiore rilevanza al termine “EUPHYTOS”: così facendo, infatti, ha dato applicazione concreta al precetto giurisprudenziale, già ricordato, secondo il quale il consumatore presta maggiore attenzione all’elemento che è in grado di identificare come dominante e distintivo.

21 Quanto precede non significa, ovviamente, che la presenza della legenda descrittiva debba essere ignorata ai fini della comparazione, ma che ad essa vada dato un peso limitato, come in effetti ha fatto la divisione di Opposizione.

22 Sul piano visivo, il marchio della richiedente presenta una somiglianza con il marchio dell’opponente perché l’elemento dominante “EUPHYTOS” è assai simile alla parola “EUPHIDRA”. Infatti, la lunghezza dei due vocaboli è pressoché la stessa e la prima metà (“EUPH-”) è identica. Quest’ultimo fattore di somiglianza è particolarmente rilevante sotto il profilo visivo perché non sono molte le parole, in qualsiasi lingua, che cominciano in questa maniera. Nel ricordo imperfetto del consumatore, pertanto, tale coincidenza verrà facilmente registrata. Com’è naturale, la presenza, nel marchio della richiedente, dell’espressione “MADE IN NATURE” influisce sul grado di somiglianza ma non in maniera determinante, in ragione delle piccole dimensioni che possiede. Globalmente, quindi, la somiglianza visiva può essere definita medio-alta.

23 La somiglianza uditiva è alta, a parere della Commissione, non solo perché il suono delle parole “EUPHYTOS” e “EUPHIDRA” è simile (ad esempio, secondo le regole fonetiche italiane: “eufitos” e “eufidra”) ma anche perché non è improbabile che la legenda “MADE IN NATURE”, proprio per le ridotte dimensioni e il contenuto informativo, finisca per non essere pronunciata da un consumatore normalmente avveduto nelle normali circostanze di acquisto della merce.

24 Per quanto riguarda la comparazione concettuale, la divisione di Opposizione si è limitata a rilevare il significato della legenda descrittiva, desumendo da esso una dissomiglianza concettuale dei marchi. In realtà, se si prendono in considerazione, come da giurisprudenza, gli elementi dominanti dei due marchi, vale a dire “EUPHYTOS” e “EUPHIDRA”, ci si accorge che una comparazione concettuale non produrrebbe risultati certi. Si tratta, infatti, di termini di fantasia, peraltro accomunati dal fatto di evocare parole di origine greca (“phytos” e “hydra”), come hanno del resto rilevato entrambe le parti. Resta comunque difficile accertare fino a che punto il pubblico di riferimento sia in grado di riconoscere un contenuto concettuale preciso nei due marchi: mancano, infatti, elementi di prova al riguardo. La Commissione ritiene, quindi, di non assegnare molto peso, nella comparazione, all’aspetto concettuale e di basarsi sulle conclusioni dell’analisi visiva e uditiva.

25 Globalmente, i marchi sono simili e il grado di somiglianza è medio-alto.
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA
Sul giudizio complessivo circa il rischio di confusione

26 I fattori da prendere in considerazione ai fini di questo giudizio sono: il grado di somiglianza dei prodotti, il grado di somiglianza dei marchi, il grado di attenzione del consumatore, la capacità distintiva del marchio anteriore.

27 Si è detto che i prodotti sono identici.

28 E’ stato anche osservato che i marchi presentano un grado di somiglianza medioalto.

29 E’ stato altresì osservato che, in relazione al particolare settore merceologico di cui trattasi, l’attenzione del consumatore non è elevata ma media e che, inoltre, il consumatore non ha solitamente la possibilità di confrontarsi contemporaneamente con i due marchi quando sceglie i prodotti.

30 Resta da considerare il fattore che concerne la capacità distintiva del marchio anteriore. La divisione di Opposizione l’ha definita “normale”, cioè di intensità media, in considerazione del fatto che nessun nesso concettuale chiaro può essere stabilito tra la parola “EUPHIDRA” e i prodotti cosmetici. La stessa richiedente ha ammesso, in sede di ricorso, che tale capacità distintiva fosse “media”. La Commissione è dello stesso avviso.

31 Alla luce di quanto precede, tutti i fattori pertinenti depongono a favore dell’esistenza del rischio di confusione. Un consumatore mediamente attento ma soggetto a ricordo imperfetto, già esposto a prodotti cosmetici contraddistinti dal marchio “EUPHIDRA”, che si veda offrire, in un altro momento, gli stessi prodotti contraddistinti da un marchio nel quale l’elemento dominante e distintivo è “EUPHYTOS”, potrebbe ragionevolmente confonderlo o associarlo con quello dell’opponente.

32 L’opposizione è quindi fondata.

Spese

33 La richiedente, quale parte soccombente, dovrà rifondere le spese sostenute dall’opponente per la rappresentazione professionale nel procedimento di ricorso, che si liquidano in 550 EUR (Articolo 85, RMUE).
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA

Dispositivo Per questi motivi,

 

LA COMMISSIONE
così decide: 1. Il ricorso è respinto. 2. La richiedente rifonderà la somma di 550 EUR all’opponente.
Signed Th. M. Margellos
Signed C. Rusconi
Signed Ph. von Kapff
Registrar:
Signed H.Dijkema
26/01/2017, R 147/2016-1, EUPHYTOS MADE IN NATURE (fig.) / EUPHIDRA

 




SAN GIOVANNI DESANTIS contro SAN GIOVANNI DI SOLE DI TERRA – Divisione d’Opposizione 30.01.2017

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SAN GIOVANNI DESANTIS contro SAN GIOVANNI DI SOLE DI TERRA – Divisione d’Opposizione 30.01.2017

Marchio SAN GIOVANNI DESANTIS contro marchio SAN GIOVANNI DI SOLE DI TERRA

 

Il marchio anteriore San Giovanni Desantis consiste di una etichetta, avente il bordo di colore marrone, nero e dorato e il fondo giallo con un elemento semi circolare di colore bianco in alto al di sotto del quale si trova la raffigurazione di un paese e la dicitura, leggermente stilizzata, “SAN GIOVANNI” di colore verde dentro un riquadro bianco. Più sotto, è raffigurato un ramo di olive e la dicitura, leggermente stilizzata, “DESANTIS”, entrambi di colore verde.

Il segno contestato consiste della dicitura “SANGIOVANNI” in caratteri leggermente stilizzati e sotto in caratteri più piccoli la dicitura “di SOLE di TERRA”. Al di sopra della dicitura “SANGIOVANNI” è presente un elemento figurativo astratto.

La Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio dell’Unione europea dell’opponente.

 

 

OPPOSIZIONE N. B 2 613 266

 

Olearia Desantis S.p.A., S.P. 231 KM 75.060, 70032 Bitonto (Bari), Italia (opponente), rappresentata da Dimitri Russo S.r.l., Via G. Bozzi, 47°A, 70121 Bari, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Azienda Agrobiologica San Giovanni Società Agricola S.r.l., C. da Ciafone, 41, 63073 Offida (AP), Italia (richiedente), rappresentata da Agazzani & Associati s.r.l. Via dell’Angelo Custode, 11/6, 40141 Bologna, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 30/01/2017, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 613 266 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti contestati:

 

Classe 29: Prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 427 603 è respinta per tutti i prodotti suindicati. Si può procedere per i restanti prodotti e servizi.

 

  1. Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 427 603, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 29. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 12 481 768. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 29: Olio extra vergine di oliva.

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 29: Carne; pesce; pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine; marmellate; composte; uova; latte e prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Gli olii includono, in quanto categoria più ampia, l’olio extra vergine di oliva dell’opponente. Dal momento che la divisione d’opposizione non può scorporare ex officio l‘ampia categoria di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente.

 

I grassi commestibili hanno un alto grado di somiglianza con l’olio extra vergine di oliva del marchio anteriore. Essi coincidono in scopo e pubblico rilevante. Inoltre, questi prodotti sono in competizione tra loro.

 

I prodotti derivati dal latte sono simili all’olio extra vergine di oliva del marchio anteriore. Essi coincidono in scopo e pubblico rilevante. Inoltre, questi prodotti sono in competizione tra loro.

 

I restanti prodotti contestati carne; pesce; pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine; marmellate; composte; uova; latte sono dissimili dai prodotti dell‘opponente. Essi hanno una diversa natura e scopo. Inoltre, non sono complementari ne in competizione tra loro e non coincidono nell’origine commerciale.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici o simili in varia misura sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

 

Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l‘Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Entrambi i marchi sono figurativi.

 

Il marchio anteriore consiste di una etichetta, avente il bordo di colore marrone, nero e dorato e il fondo giallo con un elemento semi circolare di colore bianco in alto al di sotto del quale si trova la raffigurazione di un paese e la dicitura, leggermente stilizzata, “SAN GIOVANNI” di colore verde dentro un riquadro bianco. Più sotto, è raffigurato un ramo di olive e la dicitura, leggermente stilizzata, “DESANTIS”, entrambi di colore verde.

 

Il segno contestato consiste della dicitura “SANGIOVANNI” in caratteri leggermente stilizzati e sotto in caratteri più piccoli la dicitura “di SOLE di TERRA”. Al di sopra della dicitura “SANGIOVANNI” è presente un elemento figurativo astratto.

 

L’elemento figurativo del ramo di olive del marchio anteriore è debole per i prodotti pertinenti, ovvero olio extra vergine di oliva. I rimanenti elementi grafici e figurativi del marchio anteriore si considera abbiano una natura puramente decorativa ed ornamentale.

 

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

L’elemento “SANGIOVANNI” e l’elemento figurativo nel segno contestato sono gli elementi dominanti in quanto dotati di maggiore impatto visivo.

 

Visivamente, i segni coincidono nella dicitura “SAN GIOVANNI“ (con o senza spazio) che è l’elemento verbale dominante nel segno impugnato. Essi, tuttavia, differiscono nella dicitura “DESANTIS” del marchio anteriore, nella dicitura “di SOLE di TERRA” del segno impugnato e nei rispettivi elementi figurativi più sopra descritti.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

 

La dicitura “SAN GIOVANNI” (con o senza spazio) è primo elemento verbale dei marchi. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “SAN GIOVANNI” (l’elemento verbale dominante nel segno impugnato), presenti in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono delle lettere “DESANTIS” del segno anteriore e “di SOLE di TERRA” del segno impugnato.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, la dicitura “SAN GIOVANNI” (presente in entrambi i marchi) e “di SOLE di TERRA” del segno impugnato saranno percepite come tali. L’elemento “DESANTIS” sarà percepito come un cognome. Il paese e il ramo di olive del marchio anteriore saranno percepiti come tali. I rimanenti elementi grafici del marchio anteriore e l’elemento figurativo del segno impugnato non hanno alcun particolare significato per il pubblico di riferimento.

 

Siccome i segni saranno associati a un significato simile, i segni sono concettualmente simili in misura media.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale, nonostante la presenza in esso di alcuni elementi di modesta capacità distintiva.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

 

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

 

La Corte ha stabilito il principio fondamentale secondo cui la valutazione del rischio di confusione comporta un certo grado di interdipendenza tra i fattori rilevanti e, in particolare, tra i risultati riscontrati in precedenza relativamente al grado di somiglianza tra i marchi e a quello tra i prodotti o servizi. Pertanto un minor grado di somiglianza tra i prodotti e servizi può essere compensato da un maggior grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17). Il principio di interdipendenza è essenziale per l’analisi del rischio di confusione.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

I prodotti sono in parte identici, in parte simili in varia misura ed in parte dissimili.

 

I marchi sono simili in misura media dal punto di vista visivo, fonetico e concettuale. In particolare, essi coincidono nella dicitura “SAN GIOVANNI“ che è l’elemento verbale dominante nel segno impugnato ed è il primo elemento verbale dei marchi (che è dove il consumatore tende a focalizzare la sua attenzione). Essi differiscono nella dicitura “DESANTIS“ del marchio anteriore, nella dicitura “di SOLE di TERRA” del segno impugnato e nei rispettivi elementi figurativi. Come visto anteriormente nel caso di marchi complessi l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto maggiore sul consumatore rispetto all’elemento figurativo.

 

La Divisione d’Opposizione ritiene possibile lo stabilirsi d’una associazione confusoria dei segni nella mente del consumatore nel senso che questi potrebbe pensare che si tratti di due linee diverse di prodotti della stessa azienda.

 

Considerato quanto precede, la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio dell’Unione europea dell’opponente. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati identici o simili in varia misura a quelli del marchio anteriore.

 

I restanti prodotti contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti prodotti non può essere accolta.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, RMUE, ove le parti risultino soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni, o qualora l’equità lo richieda, la Divisione d’Opposizione decide una ripartizione differente.

 

Poiché l’opposizione è stata accolta solo per una parte dei prodotti contestati, entrambe le parti sono risultate soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni. Di conseguenza, ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Francesca CANGERI SERRANO Martina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




PROBI contro PROBIOS – Divisione d’Opposizione 31.01.2017

probi-contro-probios

PROBI contro PROBIOS – Divisione d’Opposizione 31.01.2017

Marchio PROBI contro marchio PROBIOS

Il marchio anteriore è un marchio denominativo costituito dalla parola “PROBI”.

Il segno contestato è un marchio figurativo che consiste della dicitura “probios” leggermente stilizzata e di colore verde con punto sulla “i” di colore rosso da cui dipartono due linee verdi curve.

La Divisione di Opposizione decide che il marchio impugnato debba essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 642 638

 

Probi AB, Forskarbyn Ideon, 223 70 Lund, Svezia (opponente), rappresentata da AdvokaTbyrån Gulliksson AB, Carlsgatan 3, 211 20 Malmö, Svezia, (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Probios Sp z o.o., ul.Popiełuszki 3/11, 10693 Olsztyn, Polonia (richiedente), rappresentata da Błażej Rózga, ul. Banachiewicza 66, 91-162 Łódź, Polonia (rappresentante professionale).

 

Il 31/01/2017, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 642 638 è accolta per tutti i prodotti e servizi contestati, ossia

 

Classe 1: Composti chimici e materiali per l’uso nei cosmetici; composti chimici e materiali per l’uso nelle scienze; attivatori biologici; batteri [non per uso medico o veterinario]; sostanze biochimiche [non per uso medico]; preparazioni biologiche [non per uso medico]; preparazioni biologiche non per uso medico o veterinario; conservanti antimicrobici per cosmetici; batteri impiegati nella produzione di alimenti; fermenti lattici per l’industria alimentare; fermenti lattici per uso chimico; fermenti lattici [preparazioni batteriche] per la produzione di mangimi.

 

Classe 5: Preparati ed articoli medici e veterinari; Integratori alimentari e preparati dietetici.

 

Classe 42: Servizi di scienza e tecnologia; perizie ed esplorazioni; servizi di ricerca medica e farmacologica; servizi di scienze naturali; analisi scientifiche con supporto informatico; studi tecnologici; ricerche tecniche; ricerche in cosmetologia; ricerca cosmetica per conto terzi; ricerche tecniche e servizi di consulenza; consulenza tecnica relativa alla ricerca tecnica in materia di alimenti e bevande; consulenza tecnica in materia di servizi di ricerca riguardanti alimenti e integratori dietetici; preparazione di studi tecnici; sviluppo di nuove tecnologie per conto terzi; ricerca di prodotti; informazioni in materia di ricerca scientifica; informazioni in materia di ricerca tecnologica; fornitura di servizi di ricerca; ricerca scientifica; servizi di ricerca a contratto in materia di scienze molecolari; servizi di consulenza in materia di ricerca scientifica; ricerca in materia di separazione cellulare; servizi di tecnologia per la separazione cellulare; ricerche scientifiche; servizi di laboratori scientifici.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 567 291 è respinta per tutti i prodotti e servizi contestati. Si può procedere per i restanti prodotti.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate a 650EUR.

 

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 567 291, vale a dire contro tutti i prodotti e servizi compresi nelle classi 1, 5 e 42. L’opposizione si basa, inter alia, sulle registrazioni di marchio dell’Unione europea n. 7 449 051 e n. 3 820 181. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera  b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alle registrazioni di marchio dell’Unione europea n. 7 449 051 e n. 3 820 181 dell’opponente.

 

 

  1. a) I prodotti e servizi

 

I prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione sono, tra gli altri, i seguenti:

 

Marchio dell’Unione europea n. 7 449 051

 

Classe 1: Prodotti chimici destinati all’industria, alle scienze, alla fotografia, all’agricoltura, all’orticoltura e alla silvicoltura; resine artificiali allo stato grezzo, materie plastiche allo stato grezzo, concimi per i terreni; composizioni per estinguere il fuoco; preparati per la tempera e la saldatura dei metalli; prodotti chimici destinati a conservare gli alimenti; materie concianti; adesivi (materie collanti) destinati all’industria; presentazione di batteri, non per uso veterinario o medicinale, ovvero coltura di microorganismi per uso diverso da quello veterinario o medicinale; latte per uso chimico, sostanze in fermentazione per acido lattico; oli per la conservazione degli alimenti; preparati batteriologici non per uso veterinario o medicinale, batteri probiotici e colture di batteri per uso industriale, in particolare batteri probiotici e colture di batteri come ingredienti per alimenti umani e animali.

 

Classe 5: Prodotti farmaceutici e veterinari; prodotti igienici per uso medico; sostanze dietetiche per uso medico, alimenti per bebè; impiastri, materiale per fasciature; materiale per otturare i denti; materiali per impronte dentarie; disinfettanti; Prodotti per la distruzione degli animali nocivi; fungicidi, erbicidi; prodotti batteriologici e microorganismi per uso medicinale e veterinario, ovvero batteri probiotici e colture batteriche come ingredienti in sostanze dietetiche per uso farmaceutico, medico e veterinario; Mezzi per colture batteriologiche.

 

Marchio dell’Unione europea n. 3 820 181

 

Classe 42: Concessione in licenza di concetti probiotici nei settori di prodotti alimentari funzionali, integratori dietetici e prodotti nutrizionali per uso clinico.

 

I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

 

Classe 1: Composti chimici e materiali per l’uso nei cosmetici; composti chimici e materiali per l’uso nelle scienze; attivatori biologici; batteri [non per uso medico o veterinario]; sostanze biochimiche [non per uso medico]; preparazioni biologiche [non per uso medico]; preparazioni biologiche non per uso medico o veterinario; conservanti antimicrobici per cosmetici; batteri impiegati nella produzione di alimenti; fermenti lattici per l’industria alimentare; fermenti lattici per uso chimico; fermenti lattici [preparazioni batteriche] per la produzione di mangimi.

 

Classe 5: Preparati ed articoli medici e veterinari; integratori alimentari e preparati dietetici.

 

Classe 42: Servizi di scienza e tecnologia; perizie ed esplorazioni; servizi di ricerca medica e farmacologica; servizi di scienze naturali; analisi scientifiche con supporto informatico; studi tecnologici; ricerche tecniche; ricerche in cosmetologia; ricerca cosmetica per conto terzi; ricerche tecniche e servizi di consulenza; consulenza tecnica relativa alla ricerca tecnica in materia di alimenti e bevande; consulenza tecnica in materia di servizi di ricerca riguardanti alimenti e integratori dietetici; preparazione di studi tecnici; sviluppo di nuove tecnologie per conto terzi; ricerca di prodotti; informazioni in materia di ricerca scientifica; informazioni in materia di ricerca tecnologica; fornitura di servizi di ricerca; ricerca scientifica; servizi di ricerca a contratto in materia di scienze molecolari; servizi di consulenza in materia di ricerca scientifica; ricerca in materia di separazione cellulare; servizi di tecnologia per la separazione cellulare; ricerche scientifiche; servizi di laboratori scientifici.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Prodotti contestati in classe 1

 

I composti chimici e materiali per l’uso nei cosmetici; composti chimici e materiali per l’uso nelle scienze; attivatori biologici; batteri [non per uso medico o veterinario]; sostanze biochimiche [non per uso medico]; preparazioni biologiche [non per uso medico]; preparazioni biologiche non per uso medico o veterinario; conservanti antimicrobici per cosmetici; batteri impiegati nella produzione di alimenti; fermenti lattici per l’industria alimentare; fermenti lattici per uso chimico; fermenti lattici [preparazioni batteriche] per la produzione di mangimi contestati sono compresi nell’ ampia categoria di prodotti chimici destinati all’industria dell’opponente. Pertanto, sono identici.

 

 

Prodotti contestati in classe 5

 

I preparati ed articoli medici e veterinari sono identici ai prodotti farmaceutici e veterinari dell’opponente, o in quanto identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti (inclusi i sinonimi) o perché i prodotti dell’opponente includono, sono inclusi o si sovrappongono con i prodotti contestati.

 

Gli integratori alimentari e preparati dietetici sono identici alle sostanze dietetiche per uso medico dell’opponente, o in quanto identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti (inclusi i sinonimi) o perché i prodotti dell’opponente includono, sono inclusi o si sovrappongono con i prodotti contestati.

 

 

Servizi contestati in classe 42

 

I servizi di scienza e tecnologia; perizie ed esplorazioni; servizi di ricerca medica e farmacologica; servizi di scienze naturali; analisi scientifiche con supporto informatico; studi tecnologici; ricerche tecniche; ricerche in cosmetologia; ricerca cosmetica per conto terzi; ricerche tecniche e servizi di consulenza; consulenza tecnica relativa alla ricerca tecnica in materia di alimenti e bevande; consulenza tecnica in materia di servizi di ricerca riguardanti alimenti e integratori dietetici; preparazione di studi tecnici; sviluppo di nuove tecnologie per conto terzi; ricerca di prodotti; informazioni in materia di ricerca scientifica; informazioni in materia di ricerca tecnologica; fornitura di servizi di ricerca; ricerca scientifica; servizi di ricerca a contratto in materia di scienze molecolari; servizi di consulenza in materia di ricerca scientifica; ricerca in materia di separazione cellulare; servizi di tecnologia per la separazione cellulare; ricerche scientifiche; servizi di laboratori scientifici sono simili concessione in licenza di concetti probiotici nei settori di prodotti alimentari funzionali, integratori dietetici e prodotti nutrizionali per uso clinico dell’opponente. Essi possono coincidere in canali di distribuzione, pubblico rilevante e origine commerciale.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti e servizi che risultano essere identici o simili sono diretti sia al grande pubblico che a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia variabile da medio ad alto in funzione della loro esatta natura, specifica funzione e del loro prezzo.

 

 

  1. c) I segni

 

 

PROBI
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Unione europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo costituito dalla parola “PROBI”.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo che consiste della dicitura “probios” leggermente stilizzata e di colore verde con punto sulla “i” di colore rosso da cui dipartono due linee verdi curve.

 

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri.

 

Gli elementi grafici del segno contestato hanno natura meramente ornamentale e decorativa.

 

I marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “p-r-o-b-i”. Tuttavia, essi differiscono nelle ultime due lettere “o-s” e negli elementi grafici e colori del segno impugnato che sono tuttavia meramente decorativi.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

 

Le parti iniziali dei marchi in conflitto sono identiche. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “p-r-o-b-i”, presenti in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono delle lettere “o-s” del segno contestato, che non hanno controparti nel segno anteriore.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, nessuno dei due segni ha un significato per il pubblico del territorio di riferimento. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

 

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

 

La Corte ha stabilito il principio fondamentale secondo cui la valutazione del rischio di confusione comporta un certo grado di interdipendenza tra i fattori rilevanti e, in particolare, tra i risultati riscontrati in precedenza relativamente al grado di somiglianza tra i marchi e a quello tra i prodotti o servizi. Pertanto un minor grado di somiglianza tra i prodotti e servizi può essere compensato da un maggior grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17). Il principio di interdipendenza è essenziale per l’analisi del rischio di confusione.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26). Anche i consumatori dotati di un alto grado di attenzione sono costretti ad affidarsi al ricordo imperfetto dei marchi (sentenza del 21/11/2013, T-443/12, ancotel, EU:T:2013:605, § 54).

 

I prodotti e servizi sono in parte identici ed in parte simili.

 

I marchi sono simili da punto visivo e fonetico in misura media. In particolare, essi coincidono nelle lettere “p-r-o-b-i” che costituiscono interamente il marchio anteriore. Tuttavia, essi differiscono nelle lettere “o-s” e negli elementi grafici e colori del segno impugnato. Le lettere “o-s” si trovano alla fine del segno impugnato che è dove il consumatore tende ha centrare meno la sua attenzione. Come segnalato anteriormente, gli elementi grafici del segno impugnato sono meramente decorativi. Inoltre, nel caso di marchi complessi, come il segno impugnato, in linea di principio, gli elementi denominativi del segno hanno di solito un impatto maggiore sul consumatore rispetto agli elementi grafici.

 

Si ritiene che le differenze tra i marchi non siano sufficienti a controbilanciare le somiglianze.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione europea n. 7 449 051 e n. 3 820 181 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

Poiché i diritti anteriori registrazioni di marchio dell’Unione europea n. 7 449 051 e n.  3 820 181 portano all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti e servizi contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente (16/09/2004, T‑342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Francesca CANGERI SERRANO Martina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




FRANKLIN AND MARSHALL contro TERRANOVA – Divisione d’ Opposizione 09.01.2017

Terranova-Franklin-and-Marshall

FRANKLIN AND MARSHALL contro TERRANOVA – Divisione d’ Opposizione 09.01.2017

Marchio FRANKLIN AND MARSHALL contro marchio TERRANOVA

Siamo di fronte ad un marchio anteriore Franklin & Marshall S.r.l.  che si ispirava al nome di un’antica università statunitense e intendeva riproporre i valori di libertà e di stile tipici della classe studentesca americana.

Successivamente avviene il deposito del marchio Terranova per le seguenti classi:

Classe 9 – Custodie per telefoni cellulari; Custodie per computer portatili; Custodie per tablet.

Classe 18 – Borse; Borsoni; Portachiavi; Zaini; Portamonete; Portafogli; Beauty case.

Classe 25 – Abbigliamento; Scarpe; Cappelleria; Cinture.

L’opponente asserisce che i marchi, nella versione con e senza testo, avevano acquisito, attraverso l’uso, in particolare per abbigliamento giovane, notorietà.

Secondo la divisione di Opposizione, le prove fornite non dimostrano che quel marchio abbia acquisito notorietà giacché non darebbero alcuna indicazione circa la soglia di conoscenza presso il pubblico di riferimento. Questa era stata anche l’obiezione mossa dalla richiedente e, per confutarla, l’opponente aveva fatto svolgere un’indagine di mercato, i cui risultati erano stati tuttavia dichiarati inammissibili (perché presentati fuori termine) dalla divisione di Opposizione. La Commissione ritiene, per le ragioni già indicate, che questo materiale andasse preso in considerazione ma che lo stesso non sia sufficiente a dimostrare la notorietà del marchio in questione. Infatti, l’indagine non concerne il marchio nella versione in cui è registrato ma una versione priva della dicitura ‘FRANKLIN AND MARSHALL’ che, per le ragioni indicate a più riprese, è da ritenersi l’elemento distintivo del marchio. L’indagine demoscopica, oltretutto, non era finalizzata a documentare la riconoscibilità del marchio ma a verificarne la confondibilità con un marchio appartenente a terzi e anch’esso contenente un sigillo e la sigla ‘FM’.

 

 

 

DECISIONE

della Prima Commisione di ricorso

del 9 gennaio 2017

 

Nel procedimento R 2511/2015-1

Franklin & Marshall S.r.l.
Via Segheria 1/H    37141 Montorio (Verona) Italia Opponente / ricorrente

contro

TEDDY S.P.A.
Via Coriano, 58 Gros Rimini Blocco 97 47924 Rimini (Rn) Italia Richiedente / resistente
rappresentato da Paolo Migani, Piazzetta Gregorio da Rimini, 10, 47921 Rimini, Italia

 

 

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 405 846 (domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 938 734)

 

La Prima COMMISSIONE DI RICORSO

composta da Th. M. Margellos (Presidente), C. Rusconi (Relatore) and M. Bra (Membro)

Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente

Decisione

 

Sintesi dei fatti
1          Con domanda del 5 giugno 2014, TEDDY S.P.A. (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del marchio figurativo

per i seguenti prodotti

Class 9 – Custodie per telefoni cellulari; Custodie per computer portatili; Custodie per tablet.

Classe 18 – Borse; Borsoni; Portachiavi; Zaini; Portamonete; Portafogli; Beauty case.

Classe 25 – Abbigliamento; Scarpe; Cappelleria; Cinture.

2          La domanda di marchio veniva pubblicata dall’Ufficio in data 16 giugno 2014.

3          In data 15 settembre 2014, Franklin & Marshall S.r.l. (“l’opponente”) presentava opposizione ai sensi dell’articolo 41 RMUE, invocando i motivi di cui agli articoli 8, paragrafo 1, lettera b), e 8, paragrafo 5,  RMUE, sulla base dei seguenti due marchi dell’Unione europea di tipo figurativo:

–           Registrazione n. 8 301 491 per il marchio

registrato il 23 dicembre 2009 per i seguenti prodotti:

Classe 9 – Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti per la conduzione, commutazione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione e gli elaboratori elettronici; estintori.

Classe 18 – Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria.

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.

–           Registrazione n. 6 907 786 per il marchio

registrato il 19 novembre 2008 per:

Classe 9 – Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti per la conduzione, commutazione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione e gli elaboratori elettronici; estintori.

 

Classe 18 – Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria.

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.

4          L’opponente esponeva che il marchio si ispirava al nome di un’antica università statunitense e intendeva riproporre i valori di libertà e di stile tipici della classe studentesca americana. L’opponente aggiungeva che i marchi, nella versione con e senza testo, avevano acquisito, attraverso l’uso, in particolare per abbigliamento giovane, notorietà ai fini dell’Articolo 8, paragrafo 5, RMUE, per tutti i prodotti di cui sopra nel territorio dell’Italia e dell’Unione europea. Per dimostrare la notorietà, l’opponente produceva, in data 26 marzo 2015, fotografie di negozi, fatture, cataloghi, contratti di distribuzione, di licenza e di sponsorizzazione, fatturati e dati su spese promozionali.

5          La richiedente replicava che l’opposizione era infondata perché l’unico elemento di somiglianza tra i marchi – il disegno di sigillo – era ampiamente usato in commercio e quindi poco distintivo, ragione per la quale la presenza di diverse diciture sarebbe stata sufficiente ad evitare il rischio di confusione. Per dimostrare la diffusione di marchi costituiti da sigilli universitari nella moda, la richiedente produceva, in particolare, uno studio da essa stessa realizzato nel 2013 (allegato 21) nonché fotografie di indumenti ed un elenco di registrazioni di marchio concesse nell’Unione europea e negli Stati membri. La richiedente negava, poi, che fosse stata dimostrata la notorietà dei marchi anteriori.

6          La replica veniva comunicata all’opponente che, in data 19 settembre 2015, confermava le motivazioni dell’opposizione e ad ulteriore conferma della notorietà dei propri marchi allegava i risultati di un’indagine di mercato svolta in Italia nel 2011, dalla quale si evinceva, secondo l’opponente, l’elevata riconoscibilità dei propri marchi presso il pubblico giovane al quale i prodotti erano principalmente rivolti.

7          Il Dipartimento Operazioni informava l’opponente che le osservazioni e gli allegati erano stati comunicati alla richiedente e che la divisione di Opposizione avrebbe reso a breve la propria decisione.

8          Con decisione resa il 30 ottobre 2015 (“la decisione impugnata”), la divisione di Opposizione ha respinto l’opposizione.

9          Circa il motivo di cui all’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, la divisione di Opposizione osservava quanto segue:

–           I prodotti in contestazione della classe 9 sono simili, per complementarietà, a quelli contraddistinti dai marchi anteriori; tutti i prodotti in contestazione delle classi 18 e 25 sono identici a quelli dell’opponente;

–           Il marchio in contestazione è simile visivamente e concettualmente a quelli anteriori ma ne differisce foneticamente;

–           Le prove di notorietà depositate il 26 marzo 2015 mostrano un uso intenso dei marchi ma non bastano a provarne l’accresciuta distintività; le prove di notorietà depositate il 19 settembre 2015 (indagine sul grado di riconoscimento dei marchi presso il pubblico) sono state presentate fuori termine e non vanno prese in considerazione; pertanto, il giudizio sul rischio di confusione va fatto sulla base della considerazione che il grado di distintività dei marchi in questione è “normale”;

–           I prodotti sono destinati al grande pubblico, il cui grado di attenzione è medio;

–           La somiglianza tra i segni si limita alla forma circolare delle figure rappresentate dai marchi, alla presenza di un cerchio dentellato nero, di un cerchio di colore bianco e di uno scudo; i marchi differiscono nel colore dello scudo, nelle diciture e negli elementi di ornamento; pertanto, il segno in contestazione presenta, rispetto ai marchi dell’opponente, un’analogia visiva non particolarmente accentuata e una totale assenza di similarità fonetica e concettuale;

–           Il marchio in contestazione differisce dal marchio n. 8 301 491 per il fatto di contenere diverse diciture e dal marchio n. 6 907 786 per la diversa colorazione dello scudo e la presenza di decorazioni attorno allo scudo;

–           Alla luce di quanto precede, il rischio di confusione è escluso.

10      Circa il motivo di cui all’Articolo 8, paragrafo 5, RMUE, la divisione di Opposizione osservava quanto segue:

–           Per le ragioni indicate nell’ambito dell’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, le prove fornite non offrono indicazioni circa la conoscenza dei marchi da parte del pubblico;

–           Poiché non è stata dimostrata la notorietà dei marchi anteriori, l’opposizione è infondata.

Conclusioni e argomenti delle parti
11      In data 16 dicembre 2015 l’opponente presentava un ricorso per chiedere l’annullamento della decisione e l’accoglimento dell’opposizione. Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue:

–           La divisione di Opposizione ha ammesso che i prodotti della domanda sono identici (classe 18 e 25) o simili (classe 9) a quelli contraddistinti dai marchi anteriori; questa identità e somiglianza avrebbe dovuto essere considerata un fattore importante nel giudizio sul rischio di confusione;

–           I marchi sono visivamente simili, non solo nella parte figurativa (il disegno di sigillo) ma anche perché la parte denominativa è collocata nella stessa posizione; vi è anche somiglianza concettuale nella riproduzione degli stessi elementi figurativi, che sono dominanti nei marchi; un confronto fonetico è solamente possibile tra i segni nei quali è presente un elemento denominativo, ma non nel caso del marchio anteriore muto; globalmente, quindi, i marchi sono simili;

–           La divisione di Opposizione ha ammesso che i marchi anteriori sono stati usati in maniera intensa, ma ha inspiegabilmente negato che tale uso abbia accresciuto il carattere distintivo di tali marchi; inoltre, la divisione di Opposizione ha rifiutato di prendere i risultati di una ricerca di mercato (che confermano l’elevata notorietà dei marchi anteriori) in considerazione, affermando che erano stati prodotti fuori termine quando invece sono stati presentati a complemento di quanto già fornito ed in risposta  alle obiezioni della richiedente. Tale materiale, quindi, era pertinente ed andava preso in considerazione ai sensi dell’Articolo 76, paragrafo 2, RMUE.

12      Nelle osservazioni in risposta ricevute dall’Ufficio in data 5 maggio 2016, la richiedente chiedeva il rigetto del ricorso per le seguenti ragioni:

–           La parte figurativa che i marchi hanno in comune rappresenta convenzionalmente un sigillo ed è priva di capacità distintiva, giacché, nel settore della moda, l’impiego di marchi che riproducono sigilli, in particolare di università, è molto diffuso (si veda lo studio conoscitivo, prodotto in risposta all’opposizione); per questa ragione, la parte distintiva dei marchi è quella denominativa e questa è molto diversa, rendendo i marchi complessivamente dissimili, visivamente, foneticamente e concettualmente;

–           Le prove fornite entro i termini non dimostrano che i marchi anteriori abbiano acquisito un’accresciuta capacità distintiva; la ricerca di mercato è stata presentata fuori termine ed in ogni caso presenta limiti metodologici (è stata fatta via email), concerne un campione molto ridotto (750 persone) e risale a 2011 (tre anni prima dell’opposizione); inoltre, le risposte alle domande non dimostrano un’accresciuta distintività o notorietà e non indicano i prodotti per i quali sarebbe conosciuto il marchio anteriore.

Motivazione
13      Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49, REMUE. Pertanto, il ricorso è ammissibile.

14      Il ricorso, tuttavia, è infondato perché non sussistono i motivi di rifiuto di cui agli articoli 8, paragrafo 1, lettera b) e 8, paragrafo 5, RMUE.

Sul motivo di cui all’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE riguardo l’anteriorità n. 8 301 491.

15      Il motivo di cui all’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE consente di respingere una domanda di registrazione se il marchio che ne è l’oggetto può generare confusione presso il pubblico perché assomiglia ad un marchio anteriore e verrebbe usato per contraddistinguere prodotti simili.

16      Nella fattispecie, il pubblico di riferimento è quello dell’Unione europea giacché il marchio anteriore è registrato in quel territorio. Poiché i prodotti sono articoli di largo consumo (abbigliamento, borse varie e custodie), si può ascrivere a questo pubblico una soglia media di attenzione.

Sulla somiglianza dei prodotti

17      A giudizio della Commissione, i prodotti della domanda nella classe 9 presentano solamente una debole somiglianza con alcuni dei prodotti, nella stessa classe, compresi nell’enunciato del marchio anteriore, in particolare “corredo per il trattamento dell’informazione e gli elaboratori elettronici” la cui formulazione, anche se poco attuale, ricomprende i cellulari, computer e tablet. Infatti, il rapporto tra i prodotti in questione è quello della complementarietà: le custodie di cui alla domanda sono destinate ai prodotti di cui al marchio anteriore.

18      I prodotti della domanda nella classe 18 sono ricompresi tra gli “articoli in cuoio e sue imitazioni, non compresi in altre classi”, appartenenti alla stessa classe, che figurano nell’enunciato del marchio anteriore e sono, quindi, ad essi identici.

19      I prodotti della domanda nella classe 25 sono identici a quelli, nella stessa classe, del marchio anteriore, tranne le “cinture”, che sono tuttavia molto simili, per natura e destinazione, agli articoli di abbigliamento.

Sulla somiglianza dei marchi

20      La comparazione va fatta al fine di valutare l’esistenza, o meno, di un rischio di confusione da parte del pubblico. Per questa ragione, è necessario determinare il modo più plausibile in cui un consumatore mediamente attento e avveduto percepisce i marchi a confronto.

21      Dal punto di vista visivo, il marchio della richiedente presenta, rispetto a quello dell’opponente, profili di somiglianza e profili di dissomiglianza. Il peso da dare a questi profili dipende dalla loro capacità distintiva dal punto di vista del consumatore. Infatti, se un elemento comune ai marchi è scarsamente distintivo, il consumatore non si lascerà confondere perché darà istintivamente più importanza all’elemento considerato distintivo.

22      La parte che i marchi hanno in comune è, evidentemente, la forma a sigillo mentre la parte che li differenzia è, con altrettanta evidenza, quella testuale.

23      Al riguardo, mentre l’opponente tende a dare un maggiore risalto, nella comparazione, alla parte figurativa che i marchi hanno in comune, la richiedente sottolinea le differenze testuali.

24      In linea di principio, quando un marchio comprende elementi figurativi e denominativi, la giurisprudenza è solita affermare che l’elemento maggiormente distintivo è quello denominativo giacché è quello che consente al consumatore di designare con maggiore immediatezza e precisazione la marca desiderata (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289). Quel principio, tuttavia, non è assoluto giacché esistono circostanze in cui l’elemento figurativo può prevalere, in termini di capacità distintiva, sull’elemento denominativo.

25      Nella fattispecie, si deve pertanto stabilire, trattandosi di marchi formati da un sigillo e da un elemento denominativo, se prevale, nell’impressione generale, la parte figurativa o quella denominativa. Se prevale la parte figurativa, i marchi a confronto dovranno logicamente essere considerati simili – giacché quella parte è molto simile – mentre se prevale la parte denominativa, i marchi dovranno essere considerati, nel loro complesso, dissimili, visto che le parole usate nei due marchi sono completamente diverse.

26      La caratterizzazione di una delle suddette parti come maggiormente distintiva rispetto all’altra va fatta sulla base della percezione del pubblico di riferimento, alla luce delle argomentazioni e delle prove fornite dalla richiedente e dall’opponente (si veda in proposito l’Articolo 76, paragrafo 1, RMUE).

27      Va ricordato, preliminarmente, che, per espressa ammissione dell’opponente, la merce contraddistinta dal marchio anteriore è destinataad un pubblico compreso tra i 15 e i 25 anni (si veda l’indagine demoscopica di cui all’allegato 8). E’ ragionevole, quindi, prendere a parametro quella fascia di pubblico.

28      La richiedente sostiene che i due marchi a confronto riproducono (o imitano) i tipici sigilli delle università e college americani e che il pubblico di riferimento è esposto da molti anni a questa tipologia di segni distintivi, che vengono in particolare riprodotti su felpe, giacconi e abbigliamento casual o semi-sportivo in generale.

29      Per dimostrare la diffusione commerciale di questo tipo di segno, la richiedente ha prodotto elenchi di registrazioni di marchio (allegato 20) e uno studio intitolato “Storia dei sigilli universitari e il loro utilizzo nella moda College” (allegato 21).

30      A parere della Commissione, mentre l’elenco di cui all’allegato 20 è scarsamente indicativo – la registrazione di un marchio non ne dimostra l’uso – lo studio, realizzato nel 2013, appare assai pertinente. Lo studio conferma, infatti, ciò che peraltro è a tutti noto secondo comune esperienza, vale a dire che sul mercato dell’abbigliamento giovane, marchi che riproducono o emulano i tipici sigilli universitari americani avevano, prima della data di deposito del marchio della richiedente e anche prima della data di deposito del marchio dell’opponente, un’ampia diffusione. Lo studio realizzato dalla richiedente dimostra, con fotografie, che sono molte le imprese del settore che ricorrono a questa tipologia di segni: Adidas, Kappa, Hilfiger, GAP, HM, Guess, Abercrombie & Fitch, ecc.

31      Lo studio conferma, pertanto, che il pubblico, in particolare della fascia in età di studiare (15-25 anni), è esposto in maniera continua e diffusa all’impiego di questo tipo di marchio e corrobora, quindi, quanto sostenuto dalla richiedente circa la scarsa idoneità di una semplice forma di sigillo universitario a designare, di per sé, la provenienza industriale e commerciale della merce.

32      Lo studio è stato comunicato all’opponente la quale si è limitata ad osservare (si veda la lettera del 19 settembre 2015, pagina 5), in primo luogo, che non era “pertinente per il caso di specie” e, in secondo luogo, che era stato pubblicato dalla “stessa richiedente”.

33      Non viene tuttavia spiegato perché lo studio non sarebbe pertinente. Al contrario, lo studio è utile perché fotografa la situazione di mercato alla data di riferimento e mostra che la forma a sigillo – comune ai marchi in conflitto – non è distintiva perché usata da tanti imprenditori. Il fatto che lo studio sia stato realizzato dalla richiedente non ne riduce la forza persuasiva perché questa è legata al contenuto (oggettivo) dello studio. Come detto, lo studio appare ben documentato e conferma l’esistenza di un trend affermato circa l’impiego, in funzione commerciale, di marchi ispirati ai tradizionali sigilli universitari americani per contraddistinguere abbigliamento giovane e accessori.

34      A parere della Commissione, quindi, la richiedente è riuscita nell’intento di dimostrare che la parte figurativa, comune ai due marchi, è quella che possiede una minore capacità distintiva per essere, da anni, impiegata da molti produttori e l’opponente non è riuscita a fornire la prova contraria.

35      Alla luce di quanto precede, il peso dell’elemento figurativo comune ai marchi giudizio complessivo dei marchi dal punto di vista visivo, dev’essere proporzionalmente ridotto: i consumatori, infatti, molto esposti alla raffigurazione di sigilli, tenderanno logicamente a portare la loro attenzione sulla parte denominativa, come del resto afferma la prevalente giurisprudenza.

36      E questa parte denominativa è molto diversa nei due marchi: ‘TERRANOVA’ in un caso, e ‘FRANKLIN AND MARSHALL’, nell’altro (per non parlare del resto delle indicazioni meno distintive – date e sigle – alle quali il consumatore presterà un’attenzione minore). La differenza – che l’opponente non contesta – nelle parti denominative dei marchi è molto importante ai fini di escludere il rischio di confusione giacché, come detto sopra, il consumatore si servirà dei termini letti nei due marchi per distinguere l’uno dall’altro nelle consuete occasioni di acquisto.

37      Globalmente, quindi, la somiglianza visiva è debole, essendo unicamente dovuta alla comune presenza di elementi figurativi scarsamente distintivi dal punto di vista del consumatore.

38      Dal punto di vista fonetico, non vi è alcuna somiglianza, giacché le parti dei marchi che verranno citate oralmente non hanno, neppure lontanamente, alcunché in comune.

39      Dal punto di vista concettuale, possono valere le considerazioni espresse in sede di comparazione visiva. Infatti, il contenuto concettuale dei marchi è dato dagli elementi figurativi e da quelli denominativi. L’idea espressa da un sigillo tipico delle università e college americani è, per le ragioni già indicate, poco originale e distintiva, specie per la fascia di pubblico considerata. Al contrario, la parte testuale veicola concetti assai differenti in un marchio e nell’altro: la parola ‘TERRANOVA’ potrebbe essere compresa da buona parte del pubblico come un luogo reale o immaginario mentre FRANKLIN AND MARSHALL verranno immediatamente interpretati come nomi di persone di origine anglosassone.

40      Complessivamente, quindi, il marchio della richiedente presenta una somiglianza molto debole con quello dell’opponente.

Sul rischio di confusione

41      I fattori pertinenti, ai fini del giudizio complessivo sul rischio di confusione, sono il grado di somiglianza tra i marchi, quello tra i prodotti, il livello di attenzione del pubblico di riferimento e il grado di capacità distintiva del marchio anteriore.

42      A proposito di quest’ultimo, la Commissione non ignora che l’opponente ha fatto valere, in sede di opposizione, una capacità distintiva intrinseca media, accresciuta, però, dall’uso e finanche dalla notorietà. Trattandosi di un fattore che può svolgere un ruolo importante nell’apprezzamento del rischio di confusione, la posizione dell’opponente dev’essere esaminata.

43      La divisione di Opposizione aveva riconosciuto che le prove prodotte dall’opponente entro i termini assegnati dimostrassero un uso “intenso” del marchio ma aveva concluso che tale uso non potesse determinare un’accresciuta capacità distintiva perché, a uso avviso, tutte le prove provenivano dall’opponente e non erano quindi “indipendenti” (si veda la decisione, pagina 9).

44      L’opponente aveva integrato le prove con un’indagine demoscopica che doveva servire a documentare il grado di riconoscimento del marchio presso il pubblico ma la divisione di Opposizione aveva rifiutato di considerarla perché pervenuta “oltre il termine”. A giudizio della Commissione, l’indagine andava invece presa in considerazione perché serviva a corroborare le prove già presentate ed era destinata a confutare i dubbi che la richiedente aveva manifestato riguardo alle prove iniziali. Inoltre, la natura obiettiva della prova supplementare – un’indagine di mercato – la rendeva particolarmente idonea ad illuminare la divisione di Opposizione sulla questione se il marchio anteriore fosse noto al pubblico.

45      La Commissione ha pertanto preso in considerazione quell’indagine ma non ritiene che la stessa dimostri efficacemente la notorietà del marchio anteriore. Lo scopo vero dell’indagine non era quello di determinare la riconoscibilità del marchio dell’opponente ma, come si evince dalle pagine 12 a 19, di verificare l’esistenza della confusione con il marchio di un terzo, anch’esso a forma di sigillo e contenente, come quello dell’opponente, le lettere ‘FM’. Per questa ragione, il marchio esibito alle persone consultate non era quello contenente il testo completo e neppure la versione muta, ma un marchio intermedio che riportava la sola sigla ‘FM’ sullo scudo.

46      A ben vedere, comunque, le prove, compresa l’indagine demoscopica, che l’opponente ha fornito sono solamente utili a dimostrare la riconoscibilità dell’espressione ‘FRANKLIN AND MARSHALL’ in quanto tale. Sennonché, com’è già stato evidenziato in sede di comparazione dei marchi, quell’elemento, che è l’unico ad essere realmente distintivo del marchio dell’opponente, è completamente diverso dall’elemento testuale che figura nel marchio della richiedente.

47      Pertanto, l’accresciuta notorietà del marchio anteriore non va ad aumentare il rischio di confusione con il marchio posteriore perché investe non tanto la forma a sigillo quanto la parte denominativa che è completamente diversa da quella presente nell’altro marchio.

48      Resta da considerare il fattore concernente il grado di attenzione del consumatore. Il consumatore è mediamente attento e avveduto. Inoltre, essendo esposto all’impiego di molti marchi formati a partire da sigilli, ha appreso a distinguerli mediante le legende che in essi figurano. Ad avviso della Commissione, non sarebbe plausibile ritenere che un consumatore mediamente attento si orienti sul mercato dell’abbigliamento, dell’accessoristica, delle borse e custodie unicamente in funzione della forma a sigillo dei marchi ma è da ritenere che presti attenzione alle diciture perché, secondo la giurisprudenza e l’esperienza, sono quelle che gli consentono di distinguere la provenienza della merce.

49      Alla luce di quanto precede, la Commissione conferma quanto deciso dalla divisione di Opposizione, vale a dire che l’uso del marchio della richiedente non ingenererà confusione con quello anteriore a danno del pubblico di riferimento.

Sul motivo di cui all’Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE riguardo l’anteriorità n. 6 907 786.

50      Questa anteriorità è la versione muta, cioè senza testo, del marchio n. 8 301 491.

51      Trattandosi di un marchio dell’Unione europea, valgono le considerazioni svolte per quel marchio circa il pubblico di riferimento e il grado di attenzione.

52      Circa la comparazione visiva con il marchio della richiedente, valgono le considerazioni già svolte in sede di comparazione con l’altro marchio anteriore con la precisazione che l’assenza di elementi testuali nel marchio anteriore ora preso in esame influisce necessariamente sull’aspetto e riduce ulteriormente il grado, già modesto, di somiglianza.

53      Circa la comparazione fonetica, va riconfermata l’assenza di qualsivoglia somiglianza a causa dell’assenza, nel marchio anteriore di elementi denominativi.

54      Circa la comparazione concettuale, la somiglianza è evidentemente circoscritta al disegno di un sigillo sul quale è sovrapposto uno scudo. Tuttavia, questi elementi figurativi sono in larga misura privi di capacità distintiva, per le ragioni ampiamente indicate in occasione del confronto con l’altro marchio. Questo fattore di somiglianza viene ampiamente controbilanciato dall’elemento di dissomiglianza rappresentato dalla parola ‘TERRANOVA’ che è presente nel marchio della richiedente e che possiede una certa carica suggestiva, giacché allude ad un luogo, reale o inventato.

55      Circa la capacità distintiva del marchio muto, va detto che essa è intrinsecamente debole per le ragioni evidenziate a proposito dell’altro marchio. Quanto alle prove fornite per dimostrare l’accresciuta distintività di quel segno, la Commissione osserva come, in realtà, la versione muta non venga mai riprodotta sui capi di abbigliamento che il consumatore può vedere esposta nei centri di distribuzione o nella comunicazione pubblicitaria. Infatti, la versione del marchio che risulta effettivamente usata in commercio è solamente quella corrispondente all’altro marchio, contenente la dicitura ‘FRANKLIN AND MARSHALL’. La Commissione non può mancare di osservare, al riguardo, che l’assenza di uso commerciale della versione muta non può che ascriversi alla circostanza che quel segno, privo di diciture, non adempierebbe alcuna funzione distintiva: non sarebbe, cioè, capace di indirizzare il pubblico verso l’opponente. Il che conferma, a contrario, che l’elemento che consente, agli occhi del consumatore, di ricondurre il marchio all’opponente non è la forma a sigillo ma la scritta ‘FRANKLIN AND MARSHALL’.

56      E’ d’obbligo concludere, quindi, che se il marchio della richiedente non genera confusione con quello anteriore che contiene diciture, a maggior ragione non genera confusione con quello muto.

Sul motivo di cui all’Articolo 8, paragrafo 5, RMUE riguardo le due anteriorità

57      L’opponente rivendica la notorietà di entrambi i marchi anteriori.

58      In realtà, com’è stato osservato, la versione di marchio effettivamente utilizzata in commercio è unicamente quella di cui al n. 9 301 491, vale a dire quella che include la dicitura ‘FRANKLIN AND MARSHALL’ e la sigla corrispondente ‘FM’.

59      Secondo la divisione di Opposizione, le prove fornite non dimostrano che quel marchio abbia acquisito notorietà giacché non darebbero alcuna indicazione circa la soglia di conoscenza presso il pubblico di riferimento. Questa era stata anche l’obiezione mossa dalla richiedente e, per confutarla, l’opponente aveva fatto svolgere un’indagine di mercato, i cui risultati erano stati tuttavia dichiarati inammissibili (perché presentati fuori termine) dalla divisione di Opposizione. La Commissione ritiene, per le ragioni già indicate, che questo materiale andasse preso in considerazione ma che lo stesso non sia sufficiente a dimostrare la notorietà del marchio in questione. Infatti, l’indagine non concerne il marchio nella versione in cui è registrato ma una versione priva della dicitura ‘FRANKLIN AND MARSHALL’ che, per le ragioni indicate a più riprese, è da ritenersi l’elemento distintivo del marchio. L’indagine demoscopica, oltretutto, non era finalizzata a documentare la riconoscibilità del marchio ma a verificarne la confondibilità con un marchio appartenente a terzi e anch’esso contenente un sigillo e la sigla ‘FM’.

60      In ogni caso, quand’anche si ammettesse che il marchio anteriore fruisca, in Italia, della notorietà richiesta ai fini dell’Articolo 8, paragrafo 5, RMUE, resta il fatto che quella notorietà non è legata alla raffigurazione di un sigillo e di uno scudo, ma alla dicitura, di per sé intrinsecamente distintiva, ‘FRANKLIN AND MARSHALL’. La stessa indagine demoscopica conferma che è tale scritta – ed eventualmente, anche la sigla ‘FM’ che la sintetizza – a possedere notorietà presso il pubblico.

61      Ad avviso della Commissione, è improbabile che il pubblico effettui un collegamento tra il marchio della richiedente e quello dell’opponente sulla sola base, contrariamente a quanto apparentemente sostiene l’opponente senza tuttavia estendersi sull’argomento, della presenza comune di un elemento a forma di sigillo e scudo perché, com’è stato dimostrato, quell’elemento è privo di autonoma capacità distintiva.

62      Poiché, d’altra parte, il marchio della richiedente non riproduce, neppure in minima misura, gli elementi denominativi – gli unici a possedere una carica individualizzante – contenuti nel marchio anteriore e che hanno reso noto quest’ultimo presso il pubblico, non appare ragionevole sostenere che l’uso del primo trarrebbe un indebito vantaggio dalla notorietà del secondo o arrecherebbe un danno alla sua immagine.

63      Il ricorso fondato sul motivo di cui all’Articolo 8, paragrafo 5, RMUE dev’essere quindi respinta, non tanto perché non sarebbe stata dimostrata la notorietà dell’anteriore marchio n. 8 301 491, quanto perché il pubblico non instaurerebbe un collegamento tra i marchi, dal momento che, da una parte, l’elemento comune è privo di capacità individualizzante e dall’altra, l’elemento denominativo del marchio posteriore non richiama, neppure minimamente, quello presente nel marchio anteriore che gli ha conferito notorietà presso il pubblico.

64      Per queste ragioni, il ricorso è anche privo di fondamento alla luce dell’Articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

Spese
65      L’opponente, quale parte soccombente nel procedimento di ricorso, dovrà rifondere le spese sostenute dalla richiedente per la rappresentanza professionale, che si liquidano in 550 EUR.

Dispositivo

Per questi motivi,

LA COMMISSIONE

così decide:

1.         Il ricorso è respinto;

2.         L’opponente rimborserà la somma di 550 EUR alla richiedente.

 

 

 

 

 

Signed

 

Th. M. Margellos

 

 

 

Signed

 

C. Rusconi

 

 

Signed

 

M. Bra

 

 

 

Registrar:

 

Signed

 

H.Dijkema




BARBA contro BARBAGIADA – Divisione d’ Opposizione 16.01.2017

BARBA-contro-BARBAGIADA

BARBA contro BARBAGIADA – Divisione d’ Opposizione 16.01.2017

Marchio Barba contro marchio Barbagiada

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo. Esso è costituito dal termine “BARBA”.

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dal termine “Barbajada” riprodotto in caratteri di fantasia. La prima lettera è maiuscola mentre le restanti sono minuscole.

I prodotti coperti dai marchi in questione sono stati riscontrati essere, nella loro totalità, identici.

I prodotti nella classe 25 del marchio anteriore, ovvero articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria e quelli del marchio contestato, ossia articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento per ginnastica; abiti; accappatoi; bandane [foulards]; bavaglini non di carta; berrette [cuffie]; berretti; biancheria intima; bretelle; busti; calzature; calze; calzini; camicie; cappelli; cappotti; cinture [abbigliamento]; collants; colletti [indumenti]; colli finti [colletti staccabili]; copriorecchie [abbigliamento]; corredini da neonato; costumi da spiaggia; costumi per mascherarsi; cravatte; fasce per la testa [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; fodere confezionate [parti di indumenti]; giacche; gonne; impermeabili; indumenti confezionati; indumenti lavorati a maglia; jerseys [indumenti]; pantaloni; leggings; maglie [indumenti]; maglieria; maglioni; manicotti [abbigliamento]; mantelline; minigonne; mutande; panciotti; parka; pellicce [indumenti]; pigiama; polsini [abbigliamento]; poncho; pullover; reggicalze da donna; reggicalze da uomo; reggiseno; sandali; sandali da bagno; scarpe da bagno; scarpe da ginnastica; scarpe da spiaggia; scarpe per lo sport; scialli; sciarpe; guanti; sottovesti [indumenti intimi]; stivali; tasche di indumenti; turbanti; tute [indumenti]; uniformi; veli [indumenti]; visiere [cappelleria]; zoccoli [calzature]; T-shirts sono identici, sia per quanto riguarda le indicazioni generali del titolo della classe sia per quanto riguarda i prodotti implicitamente rivendicati dal marchio anteriore e facenti parte della lista di prodotti del marchio contestato.

La Divisione di Opposizione ritiene che, nonostante la differenza concettuale tra i segni le restanti circostanze del presente caso, ossia in particolare la somiglianza visiva e fonetica tra i segni e l’identità dei prodotti, concorrono a determinare l’esistenza di un rischio di confusione da parte del pubblico.

 

 

 

OPPOSIZIONE N. B 2 351 982

 

Barba S.r.l., Via S. Pasquale a Chiaia 83, 80122 Napoli, Italia (opponente), rappresentata da Gennaro Cirillo, Via Santa Lucia, 15, 80132 Napoli, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Simona Milano S.a.s. di Remondini Simona & C., Via San Gregorio 40, 20124 Milano, Italia (richiedente), rappresentata da Jacobacci & Partners S.p.A. Via Senato 8, 20121 Milano, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 16/01/2017, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 351 982 è accolta per tutti i prodotti contestati, ossia

 

Classe 18:  Cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; fruste, finimenti e selleria; abiti per animali; anelli per ombrelli; astucci per chiavi [pelletteria]; attacchi per selle; bandoliere [corregge] in cuoio; bardature; bastoni da montagna; bastoni per ombrelli; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; bauli da viaggio; borse; borse a tracolla per portare bambini; borse da sport; borse lavorate a maglia; borse vuote per i ferri; borsellini; borsette; borsette da viaggio [in pelle]; briglie [finimenti]; budelli per salumeria; carnieri; cartelle [articoli di pelle]; cartelle scolastiche; cartone-cuoio; casse in cuoio o in cartone-cuoio; cinghie di cuoio; collari per animali; collari per cavalli; coperte in pelle [pellicce]; coperte per cavalli; cordoni [in cuoio]; cuoio grezzo o semilavorato; ferri di cavallo; fili di cuoio; finta pelle [imitazione del cuoio]; ginocchiere per cavalli; guinzagli [in pelle]; imitazioni di cuoio; marsupi per portare i bambini; museruole; pelli d’animali; pelli scamosciate diverse da quelle per pulire; pellicce [pelli di animali]; portafogli; rivestimenti in pelle per mobili; sacchi [buste, borsette] in cuoio per imballaggio; scatole in cuoio o in cartone-cuoio; staffe; telai di ombrelli o ombrelloni; valige; valigette; valigie-fodera per vestiti per il viaggio; valvole in cuoio; zaini.

 

Classe 25:  Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento per ginnastica; abiti; accappatoi; bandane [foulards]; bavaglini non di carta; berrette [cuffie]; berretti; biancheria intima; bretelle; busti; calzature; calze; calzini; camicie; cappelli; cappotti; cinture [abbigliamento]; collants; colletti [indumenti]; colli finti [colletti staccabili]; copriorecchie [abbigliamento]; corredini da neonato; costumi da spiaggia; costumi per mascherarsi; cravatte; fasce per la testa [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; fodere confezionate [parti di indumenti]; giacche; gonne; impermeabili; indumenti confezionati; indumenti lavorati a maglia; jerseys [indumenti]; pantaloni; leggings; maglie [indumenti]; maglieria; maglioni; manicotti [abbigliamento]; mantelline; minigonne; mutande; panciotti; parka; pellicce [indumenti]; pigiama; polsini [abbigliamento]; poncho; pullover; reggicalze da donna; reggicalze da uomo; reggiseno; sandali; sandali da bagno; scarpe da bagno; scarpe da ginnastica; scarpe da spiaggia; scarpe per lo sport; scialli; sciarpe; guanti; sottovesti [indumenti intimi]; stivali; tasche di indumenti; turbanti; tute [indumenti]; uniformi; veli [indumenti]; visiere [cappelleria]; zoccoli [calzature]; T-shirts.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 459 962 è respinta per tutti i prodotti contestati. Si può procedere per i restanti servizi.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate a 650EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 459 962, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nelle classi 18 e 25. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio italiano n. 1 396 272 (già n. 844 681). L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio italiano n. 1 396 272 (già n. 844 681).

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi, pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria.

 

Classe 25:      Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; fruste, finimenti e selleria; abiti per animali; anelli per ombrelli; astucci per chiavi [pelletteria]; attacchi per selle; bandoliere [corregge] in cuoio; bardature; bastoni da montagna; bastoni per ombrelli; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; bauli da viaggio; borse; borse a tracolla per portare bambini; borse da sport; borse lavorate a maglia; borse vuote per i ferri; borsellini; borsette; borsette da viaggio [in pelle]; briglie [finimenti]; budelli per salumeria; carnieri; cartelle [articoli di pelle]; cartelle scolastiche; cartone-cuoio; casse in cuoio o in cartone-cuoio; cinghie di cuoio; collari per animali; collari per cavalli; coperte in pelle [pellicce]; coperte per cavalli; cordoni [in cuoio]; cuoio grezzo o semilavorato; ferri di cavallo; fili di cuoio; finta pelle [imitazione del cuoio]; ginocchiere per cavalli; guinzagli [in pelle]; imitazioni di cuoio; marsupi per portare i bambini; museruole; pelli d’animali; pelli scamosciate diverse da quelle per pulire; pellicce [pelli di animali]; portafogli; rivestimenti in pelle per mobili; sacchi [buste, borsette] in cuoio per imballaggio; scatole in cuoio o in cartone-cuoio; staffe; telai di ombrelli o ombrelloni; valige; valigette; valigie-fodera per vestiti per il viaggio; valvole in cuoio; zaini.

 

Classe 25:       Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento per ginnastica; abiti; accappatoi; bandane [foulards]; bavaglini non di carta; berrette [cuffie]; berretti; biancheria intima; bretelle; busti; calzature; calze; calzini; camicie; cappelli; cappotti; cinture [abbigliamento]; collants; colletti [indumenti]; colli finti [colletti staccabili]; copriorecchie [abbigliamento]; corredini da neonato; costumi da spiaggia; costumi per mascherarsi; cravatte; fasce per la testa [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; fodere confezionate [parti di indumenti]; giacche; gonne; impermeabili; indumenti confezionati; indumenti lavorati a maglia; jerseys [indumenti]; pantaloni; leggings; maglie [indumenti]; maglieria; maglioni; manicotti [abbigliamento]; mantelline; minigonne; mutande; panciotti; parka; pellicce [indumenti]; pigiama; polsini [abbigliamento]; poncho; pullover; reggicalze da donna; reggicalze da uomo; reggiseno; sandali; sandali da bagno; scarpe da bagno; scarpe da ginnastica; scarpe da spiaggia; scarpe per lo sport; scialli; sciarpe; guanti; sottovesti [indumenti intimi]; stivali; tasche di indumenti; turbanti; tute [indumenti]; uniformi; veli [indumenti]; visiere [cappelleria]; zoccoli [calzature]; T-shirts.

 

Il marchio anteriore italiano n. 1 396 272 (già n. 844 681) è registrato per gli interi titoli delle classi 18 e 25 della Classificazione di Nizza. Tale marchio è stato depositato il 12/01/2001. Ai sensi della Comunicazione comune sull’esecuzione della sentenza “IP Translator” della Rete europea dei marchi e dei disegni e modelli, l’Ufficio considera che l’ambito di protezione di tali classi comprende sia il significato comune ed ordinario delle indicazioni generali che ne compongono il titolo che la lista alfabetica delle classe in questione conformemente alla Classificazione di Nizza in vigore al momento della presentazione della domanda, che in questo caso è l’edizione n. 7.

 

Prodotti contestati in classe 18

 

Sebbene i marchi in esame si riferiscano a diverse edizioni della Classificazione di Nizza, i prodotti nella classe 18 del marchio anteriore, ovvero cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi, pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria e quelli del marchio contestato, ossia cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli e ombrelloni; bastoni da passeggio; fruste, finimenti e selleria; abiti per animali; anelli per ombrelli; astucci per chiavi [pelletteria]; attacchi per selle; bandoliere [corregge] in cuoio; bardature; bastoni da montagna; bastoni per ombrelli; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; bauli da viaggio; borse; borse a tracolla per portare bambini; borse da sport; borse lavorate a maglia; borse vuote per i ferri; borsellini; borsette; borsette da viaggio [in pelle]; briglie [finimenti]; budelli per salumeria; carnieri; cartelle [articoli di pelle]; cartelle scolastiche; cartone-cuoio; casse in cuoio o in cartone-cuoio; cinghie di cuoio; collari per animali; collari per cavalli; coperte in pelle [pellicce]; coperte per cavalli; cordoni [in cuoio]; cuoio grezzo o semilavorato; ferri di cavallo; fili di cuoio; finta pelle [imitazione del cuoio]; ginocchiere per cavalli; guinzagli [in pelle]; imitazioni di cuoio; marsupi per portare i bambini; museruole; pelli d’animali; pelli scamosciate diverse da quelle per pulire; pellicce [pelli di animali]; portafogli; rivestimenti in pelle per mobili; sacchi [buste, borsette] in cuoio per imballaggio; scatole in cuoio o in cartone-cuoio; staffe; telai di ombrelli o ombrelloni; valige; valigette; valigie-fodera per vestiti per il viaggio; valvole in cuoio; zaini sono identici, sia per quanto riguarda le indicazioni generali del titolo della classe sia per quanto riguarda i prodotti implicitamente rivendicati dal marchio anteriore e facenti parte della lista di prodotti del marchio contestato.

 

Prodotti contestati in classe 25

 

Quanto visto poc’anzi si applica anche ai prodotti della classe 25. Anche in questo caso, nonostante i marchi in esame si riferiscano a diverse edizioni della Classificazione di Nizza, i prodotti nella classe 25 del marchio anteriore, ovvero articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria e quelli del marchio contestato, ossia articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento per ginnastica; abiti; accappatoi; bandane [foulards]; bavaglini non di carta; berrette [cuffie]; berretti; biancheria intima; bretelle; busti; calzature; calze; calzini; camicie; cappelli; cappotti; cinture [abbigliamento]; collants; colletti [indumenti]; colli finti [colletti staccabili]; copriorecchie [abbigliamento]; corredini da neonato; costumi da spiaggia; costumi per mascherarsi; cravatte; fasce per la testa [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; fodere confezionate [parti di indumenti]; giacche; gonne; impermeabili; indumenti confezionati; indumenti lavorati a maglia; jerseys [indumenti]; pantaloni; leggings; maglie [indumenti]; maglieria; maglioni; manicotti [abbigliamento]; mantelline; minigonne; mutande; panciotti; parka; pellicce [indumenti]; pigiama; polsini [abbigliamento]; poncho; pullover; reggicalze da donna; reggicalze da uomo; reggiseno; sandali; sandali da bagno; scarpe da bagno; scarpe da ginnastica; scarpe da spiaggia; scarpe per lo sport; scialli; sciarpe; guanti; sottovesti [indumenti intimi]; stivali; tasche di indumenti; turbanti; tute [indumenti]; uniformi; veli [indumenti]; visiere [cappelleria]; zoccoli [calzature]; T-shirts sono identici, sia per quanto riguarda le indicazioni generali del titolo della classe sia per quanto riguarda i prodotti implicitamente rivendicati dal marchio anteriore e facenti parte della lista di prodotti del marchio contestato.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici sono diretti sia al grande pubblico che, come nel caso di alcuni prodotti quali ad esempio i ferri di cavallo nella classe 18, ad una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia in entrambi i casi medio.

 

 

  1. c) I segni

 

BARBA
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Italia.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo. Esso è costituito dal termine “BARBA”.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dal termine “Barbajada” riprodotto in caratteri di fantasia. La prima lettera è maiuscola mentre le restanti sono minuscole.

 

I marchi oggetto di confronto non presentano elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “BARBA” per quanto, nel caso del marchio contestato, esse siano riprodotte in caratteri di fantasia. Detti caratteri sono, ciononostante, non particolarmente originali. I segni differiscono nelle restanti quattro lettere “-jada” del marchio contestato.

 

Le prime parti dei marchi in conflitto coincidono per quanto riguarda le lettere che le compongono. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Pertanto, i segni sono visivamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle prime cinque lettere “BARBA” del marchio impugnato, che costituiscono la totalità delle lettere del marchio anteriore. La pronuncia differisce nelle ultime due sillabe “ja-da” del marchio contestato, che non hanno controparte nel segno anteriore. Per questi motivi, i segni sono foneticamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, mentre il segno anteriore sarà percepito, dal pubblico del territorio di riferimento, come il termine che indica, tra le altre cose, l’insieme dei peli che coprono le guance e il mento dell’uomo, l’altro segno è privo di qualsiasi significato in tale territorio. Poiché uno dei due segni non sarà associato ad alcun significato, i marchi in questione non sono concettualmente simili.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I prodotti coperti dai marchi in questione sono stati riscontrati essere, nella loro totalità, identici. Il grado di attenzione è atteso come medio, sia per i prodotti destinati al grande pubblico che per quelli che saranno pure destinati ad una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale.

 

La distintività del marchio anteriore è da considerarsi normale. Nessuno dei due marchi presenta elementi che siano deboli o non distintivi, e neppure dominanti.

 

Essi mostrano, al contrario, di condividere un certo grado di somiglianza sia visiva che fonetica dovuta al fatto che il termine “BARBA”, che costituisce l’intero marchio anteriore, si ritrova nella sua interezza nella prima, e più lunga parte, del marchio contestato “Barbajada”. È vero che tra i segni esiste una differenza concettuale. Tuttavia, la Divisione di Opposizione ritiene che essa passi in secondo piano quando messa a confronto con le altre decisive circostanze che rilevano nel presente caso.

 

Innanzitutto le coincidenze tra i marchi riguardano la parte iniziale del marchio contestato. Come visto nella sezione c) della presente decisione, è risaputo come i consumatori tendano in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio.

 

Inoltre, è da tenere in particolare considerazione l’identità di tutti i prodotti oggetto di comparazione nelle classi 18 e 25.

 

Valutare il rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori di riferimento che entrano in considerazione e, in particolare, una somiglianza dei marchi e tra i prodotti o servizi. Pertanto, un minor grado di somiglianza tra i prodotti può essere compensato da un maggiore grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (29/09/1998, C‑39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17).

 

Infine, si deve altresì tenere conto del fatto che il consumatore medio raramente ha la possibilità di fare un confronto diretto tra diversi marchi, ma deve fidarsi del ricordo imperfetto che ha degli stessi (22/06/1999, C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

Il rischio di confusione riguarda situazioni nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e presuppone che i prodotti designati appartengano alla stessa impresa o a imprese economicamente collegate.

 

Alla luce di tutto quanto sopra, la Divisione di Opposizione ritiene che, nonostante la differenza concettuale tra i segni le restanti circostanze del presente caso, ossia in particolare la somiglianza visiva e fonetica tra i segni e l’identità dei prodotti, concorrono a determinare l’esistenza di un rischio di confusione da parte del pubblico.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione di marchio italiano n. 1 396 272 (già n. 844 681) deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

Poiché la registrazione anteriore di marchio italiano n. 1 396 272 (già n. 844 681) porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente  (16/09/2004, T‑342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

Edith ElisabethVAN DEN EEDE Andrea VALISA Maria ClaraIBAÑEZ FIORILLO

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).

 




DOLOMITE contro DOLOMITI RANGER Sudtirol- Alto Adige – Prima Commissione di Ricorso 09.01.2017

dolomite-contro-dolomiti-ranger

DOLOMITE contro DOLOMITI RANGER Sudtirol- Alto Adige – Prima Commissione di Ricorso 09.01.2017

Marchio Dolomite contro marchio Dolomiti Ranger

Siamo di fronte al marchio Dolomite  marchio anteriore di tipo figurativo  registrato nel 2009 per: Classe 18 – Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; borse, borsette, borse sportive, borse da sci, zaini, zainetti, marsupi; bastoni da trekking e da montagna. Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento sportivo, abbigliamento da trekking, da alpinismo e per gli sport invernali; calzature sportive, scarponi da sci, scarpe da montagna, scarpe da trekking, calzature dopo-sci.

Il marchio in contestazione Dolomiti Ranger è da ritenersi simile a quelli anteriori in ragione della presenza di un elemento dominante (la parola “DOLOMITE”/ “DOLOMITI”) quasi identico, nonostante la presenza di elementi testuali e figurativi differenti;

Poiché il marchio anteriore è registrato per “articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi”, i prodotti in contestazione sono inclusi tra quelli coperti da quest’ultimo marchio  e sono quindi identici ad essi, come giustamente afferma l’opponente. La Commissione osserva, del resto, che la richiedente non ha presentato argomenti in grado di inficiare quest’affermazione.Il marchio in contestazione va confrontato con quello anteriore, che è denominativo. Il confronto va fatto sulla base della percezione di un consumatore italiano, normalmente attento e avveduto.

Dal punto di vista dell’aspetto visivo, il marchio in contestazione presenta una certa somiglianza con quello anteriore nella misura in cui uno dei suoi due elementi denominativi (DOLOMITI) è quasi identico all’unico elemento denominativo (“DOLOMITE”) contenuto nel marchio anteriore. La somiglianza, tuttavia, non può dirsi elevata perché nel marchio posteriore sono presenti altri elementi denominativi e figurativi, assenti nel marchio anteriore, che incidono sull’impressione visiva. Questi elementi sono, in primo luogo, la parola “RANGER”, avente lo stesso rilievo grafico del termine “DOLOMITI” e, in secondo luogo, il disegno umoristico di uno scoiattolo che cammina. Assai meno peso ha, invece, l’indicazione “Sudtirol –Alto Adige”, scritta in caratteri di minori dimensioni. Per un consumatore italiano normalmente attento ed avveduto, il marchio in contestazione è principalmente caratterizzato dalle parole “DOLOMITI” e “RANGER” e dalla figura di scoiattolo, fermo restando che, secondo comune esperienza, saranno le parole, più che la figura, a consentire a tale consumatore di ricondurre prontamente e con precisione la merce ad una determinata fonte produttiva.

Il marchio in contestazione è da ritenersi simile a quelli anteriori in ragione della presenza di un elemento dominante (la parola “DOLOMITE”/ “DOLOMITI”) quasi identico, nonostante la presenza di elementi testuali e figurativi differenti.

 

 

DECISIONE

della Prima Commisione di ricorso

del 9 de gennaio 2017

 

Nel procedimento R 2379/2015-1

IDM SÜDTIROL – ALTO ADIGE
Pfarrplatz 1139100 BozenItalia Richiedente / ricorrente

rappresentato da ADEXE S.R.L., Corso Porta Nuova 131, 37122 Verona, Italia

contro

Scott USA Limited
Elizabeth House, Les Ruettes BrayesSt. Peter Port  GY1 1EWGuernsey Opponente / resistente

rappresentato da DE GASPARI OSGNACH S.R.L., Via Oberdan, 20, 35122 Padova, Italia

 

 

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 335 498 (domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 315 172)

 

La Prima COMMISSIONE DI RICORSO

composta da Th. M. Margellos (Presidente), C. Rusconi (Relatore) e M. Bra (Membro)

Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente

 

Decisione

Sintesi dei fatti

1          Con domanda del 15 novembre 2013, Agentur Südtirol Marketing (“l’originaria richiedente”) chiedeva la registrazione del seguente marchio figurativo colorato in arancione, rosso, verde, nero, beige, bianco

per i seguenti prodotti (“i prodotti in contestazione”) :

Classe 18 – Astucci da viaggio in pelle, astucci in pelle, astucci in similpelle, bagagli, bagagli a mano, bagagli da viaggio, bastoncini da trekking, bastoni da montagna, bastoni da passeggio,  bauli da viaggio a doppio scompartimento, bauli di vimini, bauli e borse da viaggio, borse, borse a tracolla, borse a tracolla per portare bambini, borse e portafogli di pelle, borse in pelle, borse in pelle e finta pelle, borse in pelle per l’imballaggio di merce, borse per abbigliamento sportivo, borse per attrezzi vuote, borse per il trasporto di animali, borse per la spesa in pelle, borse porta abiti da viaggio in pelle, cinghie per bagagli, cuoio, cuoio e imitazioni del cuoio, cuoio e pelli di animali, cuoio grezzo o semilavorato, cuoio per scarpe, etichette in pelle per bagagli, finta pelle [imitazione del cuoio], imitazioni di cuoio, impugnature di bastoni, impugnature per bastoni da passeggio, impugnature per bastoni e bastoni da passeggio, intelaiature per la schiena per il trasporto di bambini, maniglie per valige, marsupi, marsupi per portare i bambini, marsupi porta-bebé, pellame, pelle conciata, pelle di poliuretano , pelle venduta all’ingrosso, pellicce [pelli di animali], pellicce vendute all’ingrosso, pelli d’animali, pelli di animali da macelleria, pelli grezze di animali, pelli rifinite, pelli scamosciate diverse da quelle per pulire, piccoli zaini, pochette [borse a mano], pochette [borsellini], pochette in pelle per l’imballaggio di merce, porta bebè da indossare sul corpo, porta cappelli da viaggio, portachiavi in cuoio e in pelle, portadocumenti in pelle, porta etichetta per bagagli [pelletteria], portafogli in pelle, sacchi [buste, borsette] in cuoio per imballaggio, sacchi da campeggiatori, sacchi da viaggio, sacchi per alpinisti, sacchi per provviste, scatole di pelle, scatole in cuoio o in cartone-cuoio, scatole per cappelli in cuoio, schiene di pelli conciate, similpelle venduta all’ingrosso, trousse di pelle, valige, valigette, valigette porta documenti in similpelle, valigie giganti, valigie in pelle, valvole in cuoio, zainetti, zainetti porta bebè, zaini.

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; Abbigliamento in finta pelle; Abbigliamento in pelle; Abbigliamento per ciclisti; Abbigliamento per ginnastica; Abiti; Accappatoi; Accappatoi da bagno; Articoli di abbigliamento; Bandane [foulards]; Berretti; Boa [pelliccia da collo]; Bretelle; Busti; Calosce [soprascarpe di gomma]; Calzature; Calzature per lo sport; Calze antisudorifiche; Calzini; Calzoni; Camicette a maniche corte; Camicie; Camiciotti; Camiciuole; Cappelli; Cappotti; Cappucci; Carcasse di cappelli; Cassette foderate di pelo per scaldare i piedi; Cinture; Copribusti; Copricapo; Copriorecchie; Fasce per la testa; Ferramenti per calzature; Giacche; Giacche per la pesca; Guanti; Guanti da sci; Impermeabili; Indumenti lavorati a maglia; Jerseys; Maglie; Maglieria; Maglioni; Mantelline; Mantiglie; Pantaloni; Parka; Pellicce; Pellicce [indumenti]; Poncho; Pullover; Punte di calzature; Sandali; Scarpe; Scarpe per lo sport; Scarponi da sci; Soprabiti; Sopravvesti; Sottovesti; Stivaletti; Stivali; Stole [pellicce]; Suole; Suole interne; Tee-shirt; Tomaie; Tomaie di calzature; Uniformi; Visiere.

Classe 28 – Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi; Apparecchi per la cultura fisica; Archi per scoccare frecce; Armi per la scherma; Arnesi da pesca; Ascendenti [materiale alpinistico]; Attrezzatura per il tiro all’arco; Attrezzi per esercizi fisici; Bersagli; Bersagli elettronici; Body boards; Canne da pesca; Cinghie di sostegno per l’insegnamento del nuoto; Corde per racchette; Crini per la pesca; Deltaplani; Dischi per lo sport; Esche artificiali per la pesca; Esche [richiami] per la caccia o la pesca; Fionde [articoli sportivi]; Freccette; Fucili lancia-arpioni [articoli per lo sport]; Galleggianti per il nuoto; Galleggianti per la pesca; Lenze per la pesca; Mulinelli per la pesca; Munizioni [paintball] per pistole accessori da sport; Nasse [arnesi per la pesca]; Pali per salto con l’asta; Palle da gioco; Palloni da gioco; Parapendio; Parastinchi [articoli per lo sport]; Piattelli in argilla per il tiro al bersaglio; Pistole per paintball [articoli sportivi]; Racchette; Racchette da neve; Raschini per sci; Reti per tennis; Reticelle per la pesca; Richiami odorosi per la caccia o per la pesca; Rivestimenti di sci; Sacche ideate appositamente per sci e tavole da surf; Sci; Segnalatori di abbocco [attrezzi per la pesca]; Slitte [articoli per lo sport]; Snowboard; Spigoli di sci; Trampolini; Trampolini [articoli sportivi].

oltre ad altri che non sono oggetto del presente procedimento.

2          La domanda di marchio veniva pubblicata dall’Ufficio in data 7 gennaio 2014.

3          In data 2 aprile 2014, TECNICA GROUP S.p.A. si opponeva alla registrazione del marchio in questione per i suddetti prodotti, facendo valere i motivi previsti dagli articoli 8(1)(b) e 8(5) RMUE.

4          Il motivo di cui all’articolo 8(1)(b) RMUE era fondato sui seguenti marchi anteriori:

–           Marchio dell’Unione europea n. 11 549 441 “1897 DOLOMITE”, di tipo figurativo

registrato nel 2013 per:

Classe 18 – Cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; valigie e valigette, borse, borsette, borse per scalatori, borse per la scuola, borse da campeggio, borse per gli sport, zaini, zaini per alpinisti, portamonete, borsellini, beauty case, cinture a tracolla, borse a tracolla, borse da escursionismo, marsupi, portachiavi di cuoio e sue imitazioni.

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento sportivo, abbigliamento da trekking, da alpinismo e per gli sport invernali; maglie, magliette, camicie, polo, felpe, maglioni, giacche a vento, giacche impermeabili, piumini, pantaloni lunghi, pantaloni corti, tute, sciarpe, cappelli, berretti e calzini; guanti, guanti da sci; stivali, scarpe, pantofole e sandali; calzature per lo sport; calzature per il tempo libero, calzature e stivali casual; scarponi da sci; calzature doposci, stivali e scarpe doposci; scarponi e scarpe da alpinismo, scarpe per escursionismo e da trekking.

Classe 28 – Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi; imbottiture di protezione, ginocchiere, paragomiti specificamente destinati all’uso negli sport; guanti specificamente destinati all’uso negli sport; sci; bastoni da sci; pelli per sci; sacche ideate appositamente per sci e scarponi da sci; custodie per sci; snowboard; sacche ideate appositamente per snowboard; pattini a rotelle, pattini a rotelle in linea, pattini da ghiaccio, pattini a rotelle con scarponcino, skateboard.

–           Marchio dell’Unione europea n. 7 464 472 “Dolomite”, di tipo figurativo

registrato nel 2009 per:

Classe 18 – Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; borse, borsette, borse sportive, borse da sci, zaini, zainetti, marsupi; bastoni da trekking e da montagna.

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento sportivo, abbigliamento da trekking, da alpinismo e per gli sport invernali; calzature sportive, scarponi da sci, scarpe da montagna, scarpe da trekking, calzature dopo-sci.

–           Marchio dell’Unione europea n. 110 585 “DOLOMITE”, di tipo figurativo

registrato nel 1998 per:

Classe 18 – Borse, zaini, marsupi.

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, abbigliamento sportivo, guanti, cinture, cappelleria, calzature, calzature sportive, scarponi da sci, scarpe da montagna, scarpe da trekking, dopo-sci.

–           Marchio internazionale n. 494 919 “DOLOMITE”, di tipo denominativo, registrato nel 1985 con efficacia in Spagna, Austria, Germania e Francia per:

Classe 25 – Indumenti esterni, tessuti ed a maglia, inclusi stivali, scarpe.

–           Marchio nazionale italiano No 1 554 266 “DOLOMITE”, di tipo denominativo, registrato nel 2013 per:

Classe 9 – Apparecchi e strumenti ottici; occhiali, occhiali da sole, occhiali per gli sport, occhiali da sci, maschere da sci, maschere da snowboard; occhiali, maschere e abbigliamento protettivi contro gli incidenti sportivi; dispositivi ed elementi di protezione contro gli incidenti sportivi inclusi in questa classe; caschi protettivi per gli sport; caschi protettivi per gli sport con paradenti, caschi protettivi per gli sport con imbottiture paraorecchi, caschi protettivi per gli sport con protezioni per la gola, caschi protettivi per gli sport con maschera facciale, caschi protettivi per gli sport con imbottiture para mandibola; sottogola per caschi protettivi per gli sport; guanti protettivi contro gli incidenti sportivi; rinforzi protettivi paraginocchia e paragomiti contro gli incidenti sportivi.

Classe 18 – Cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; valigie e valigette, borse, borsette, borse per scalatori, borse per la scuola, borse da campeggio, borse per gli sport, zaini, zaini per alpinisti, portamonete, borsellini, beauty case, cinture a tracolla, borse a tracolla, borse da escursionismo, marsupi, portachiavi di cuoio e sue imitazioni.

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; guanti, guanti da sci; stivali, scarpe, pantofole e sandali; calzature per lo sport; calzature per il tempo libero, calzature e stivali casual; scarponi da sci; calzature doposci, stivali e scarpe doposci; scarponi e scarpe da alpinismo, scarpe per escursionismo e da trekking.

Classe 28 – Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi; imbottiture di protezione, ginocchiere, paragomiti specificamente destinati all’uso negli sport; guanti specificamente destinati all’uso negli sport; sci; bastoni da sci; pelli per sci; sacche ideate appositamente per sci e scarponi da sci; custodie per sci; snowboard; sacche ideate appositamente per snowboard; pattini a rotelle, pattini a rotelle in linea, pattini da ghiaccio, pattini a rotelle con scarponcino, skateboard.

–           Marchio nazionale italiano n. 1 163 847 “DOLOMITE”, di tipo denominativo, registrato nel 1965 per:

Classe 25 – Scarponi da sci, da montagna, scarpe sportive; scarponi per alpinismo, scarpe.

5          Il motivo di cui all’articolo 8(5) RMUE era fondato sul marchio dell’Unione europea n. 110 585, sul marchio internazionale e sui due marchi nazionali italiani e veniva sostenuto da prove (fatture, cataloghi, rassegne stampa) della rinomanza.

6          L’opponente veniva invitata a provare l’uso dei marchi n. 110 585 e n. 494 919.

7          Mediante decisione resa il 1° ottobre 2015 (“la decisione impugnata”), la divisione di Opposizione accoglieva l’opposizione e respingeva la domanda di registrazione per tutti i prodotti in contestazione sulla base del rischio di confusione di cui all’articolo 8(1)(b) RMUE, in particolare per un pubblico italofono, con il marchio dell’Unione europea n. 7 464 472 e il marchio italiano n. 1 554 266. La divisione di Opposizione considerava soddisfatti i presupposti per l’applicazione dell’articolo 8(1)(b) RMUE per le seguenti ragioni:

–           Tutti i prodotti in contestazione che appartengono alle classi 18 e 25 sono identici a quelli compresi nell’enunciato dei marchi anteriori; i prodotti in contestazione che appartengono alla classe 28 sono in parte identici e in parte simili, per destinazione, canali di distribuzione e provenienza industriale, a quelli contraddistinti dalle anteriorità;

–           Il marchio in contestazione è da ritenersi simile a quelli anteriori in ragione della presenza di un elemento dominante (la parola “DOLOMITE”/ “DOLOMITI”) quasi identico, nonostante la presenza di elementi testuali e figurativi differenti;

–           E’ stata dimostrata l’accresciuta capacità distintiva dei marchi anteriori;

–           Non è necessario esaminare l’opposizione alla luce dei restanti diritti anteriori e motivi.

Conclusioni e argomenti delle parti

8          In data 26 novembre 2015 l’originaria richiedente presentava un ricorso, nel quale chiede alla Commissione di ricorso di annullare la decisione e di accogliere la domanda di registrazione per i prodotti in contestazione. Nella memoria contenente i motivi di ricorso, ricevuta in data 28 gennaio 2016, la richiedente sostiene che non sussiste rischio di confusione tra il proprio marchio e quelli menzionati dalla divisione di Opposizione per i seguenti motivi:

–           Il giudizio espresso nella decisione circa l’identità e la somiglianza dei prodotti è stato sommariamente motivato ed è, relativamente ad alcuni prodotti, errato;

–           Le differenze visive, fonetiche e concettuali tra i marchi anteriori e quello contestato bastano a controbilanciare le somiglianze o l’identità dei prodotti;

–           L’accresciuta capacità distintiva dei marchi anteriori è stata provata solamente per alcuni prodotti e serve a portare tale capacità distintiva da un livello intrinseco basso ad un livello normale (e non elevato).

9          Nelle osservazioni in risposta depositate in data 22 aprile 2016, Scott USA Limited (d’ora in avanti, l’opponente) comunica di essere subentrata, quale proprietaria dei diritti anteriori, alla Tecnica Group S.p.A. nei procedimenti di opposizione e ricorso e chiede che il ricorso venga respinto.

10      In data 7 ottobre 2016, IDM SÜDTIROL – ALTO ADIGE (“la richiediente”) subentrava a Agentur Südtirol Marketing.

Motivazione

11      Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.

12      Il ricorso, tuttavia, è infondato perché la divisione di Opposizione ha giustamente respinto la domanda di registrazione, relativamente ai prodotti in contestazione, a causa del rischio di confusione con il marchio italiano n. 1 554 266 e quello dell’Unione europea n. 7 464 472.

13      Verrà esaminata in primo luogo l’opposizione fondata sul marchio italiano n. 1 554 266. Il rischio di confusione dev’essere quindi valutato dalla prospettiva del consumatore italiano. Trattandosi di articoli di largo consumo, il livello di attenzione di quel consumatore sarà medio.

Comparazione dei prodotti

14      I prodotti in contestazione appartengono alle classi 18, 25 e 28.

Classe 18

15      I prodotti in contestazione “cuoio, cuoio e imitazioni del cuoio, cuoio e pelli di animali, cuoio grezzo o semilavorato, cuoio per scarpe, finta pelle (imitazione di cuoio), imitazione di cuoio, pellame, pelle conciata, pelle di poliuretano, pelle venduta all’ingrosso, pellicce (pelli di animali), pellicce vendute all’ingrosso, pelli di animali, pelli di animali vendute all’ingrosso, pelli di animali macellati, pelli grezze di animali, pelli grezze di animali da macello, pelli rifinite, pelli scamosciate che non siano destinate a pulire, schiene di pelli conciate, similpelle venduta all’ingrosso” sono identici ai prodotti “cuoio e sue imitazioni, pelli di animali” contenuti nell’enunciato del marchio anteriore. La formulazione dei prodotti è evidentemente più particolareggiata – e ripetitiva – nel caso dell’enunciato della domanda ma nella sostanza, si tratta, nei due casi, di materiali grezzi o semilavorati ricavati da animali o da materiali sintetici di imitazione dai quali si ricavano prodotti finiti.

16      La Commissione osserva, del resto, che l’originaria richiedente non ha contestato l’identità dei suddetti prodotti.

17      I prodotti in contestazione “astucci da viaggio in pelle, astucci in pelle, astucci in similpelle, bagagli, bagagli a mano, bagagli da viaggio, bauli da viaggio a doppio scompartimento, bauli di vimini, bauli e borse da viaggio, borse, borse a tracolla, borse a tracolla per portare bambini, borse e portafogli di pelle, borse in pelle, borse in pelle e finta pelle, borse in pelle per l’imballaggio di merce, borse per abbigliamento sportivo, borse per attrezzi vuote, borse per il trasporto di animali, borse per la spesa in pelle, borse porta abiti da viaggio in pelle, intelaiature per la schiena per il trasporto di bambini, marsupi, marsupi per portare i bambini, marsupi porta-bebé, piccoli zaini, pochette [borse a mano], pochette [borsellini], pochette in pelle per l’imballaggio di merce, porta bebè da indossare sul corpo, porta cappelli da viaggio, portachiavi in cuoio e in pelle, portadocumenti in pelle, portafogli in pelle, sacchi [buste, borsette] in cuoio per imballaggio, sacchi da campeggiatori, sacchi da viaggio, sacchi per alpinisti, sacchi per provviste, scatole di pelle, scatole in cuoio o in cartone-cuoio, scatole per cappelli in cuoio, schiene di pelli conciate, similpelle venduta all’ingrosso, trousse di pelle, valige, valigette, valigette porta documenti in similpelle, valigie giganti, valigie in pelle, zainetti, zainetti porta bebè, zaini” sono identici ai prodotti “bauli e valigie; valigie e valigette, borse, borsette, borse per scalatori, borse per la scuola, borse da campeggio, borse per gli sport, zaini, zaini per alpinisti, portamonete, borsellini, beauty case, borse a tracolla, borse da escursionismo, marsupi, portachiavi di cuoio e sue imitazioni” contenuti nell’enunciato del marchio anteriore. Infatti, aldilà della formulazione, assai più particolareggiata nel caso dell’enunciato del marchio oggetto della domanda, trattasi di manufatti realizzati con gli stessi materiali (cuoio, pelle e imitazioni), destinati allo stesso uso (trasportare persone, animali od oggetti), aventi lo stesso metodo d’uso (portati a mano, a spalla o sulla schiena) e gli stessi canali di distribuzione (venduti nei negozi di pelletteria, articoli da viaggio, articoli sportivi).

18      La richiedente ha affermato che alcuni dei propri prodotti, e precisamente “borse per il trasporto di animali, borse a tracolla per portare bambini, intelaiature per la schiena per il trasporto di bambini, marsupi per portare bambini, marsupi per portare bebè, porta bebé da indossare sul corpo, zainetti portabebè” sarebbero dissimili rispetto ai prodotti dell’opponente “borse, zaini, borse a tracolla e marsupi”, affermando che  hanno caratteristiche funzionali differenti. In realtà, gli articoli menzionati dalla richiedente sono ricompresi tra quelli dell’opponente: le “borse per trasportare animali” (o bambini) sono comprese nelle “borse”, i “zainetti portabebè” sono compresi tra gli “zaini”. Lo stesso dicasi dei “marsupi”. Le “intelaiature per la schiena” altro non sono che un tipo di zaino a telaio rigido che può ospitare un bambino.

19      I prodotti in contestazione “bastoncini da trekking, bastoni da montagna, bastoni da passeggio” sono identici o altamente simili ai “bastoni da passeggio” del marchio anteriore poiché hanno la stessa funzione adiuvante della deambulazione e possono essere realizzati con gli stessi materiali.

20      I prodotti in contestazione “impugnature di bastoni, impugnature per bastoni da passeggio, impugnature per bastoni e per bastoni da passeggio” sono componenti, anche smontabili, dei bastoni compresi nell’enunciato del marchio anteriore, ragione per la quale esiste un rapporto di complementarità, il che implica l’esistenza di un certo grado di somiglianza.

21      I prodotti in contestazione “cinghie per bagagli, etichette in pelle per bagagli, maniglie per valigie, valvole in cuoio” sono accessori che vanno a completare le valigie contraddistinte dal marchio anteriore. Tali prodotti vanno quindi considerati simili.

Classe 25

22      I prodotti in contestazione “Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; Abbigliamento in finta pelle; Abbigliamento in pelle; Abbigliamento per ciclisti; Abbigliamento per ginnastica; Abiti; Accappatoi; Accappatoi da bagno; Articoli di abbigliamento; Bandane [foulards]; Berretti; Boa [pelliccia da collo]; Bretelle; Busti; Calzature; Calzature per lo sport; Calze antisudorifiche; Calzini; Calzoni; Camicette a maniche corte; Camicie; Camiciotti; Camiciuole; Cappelli; Cappotti; Cappucci; Cinture; Copribusti; Copricapo; Copriorecchie; Fasce per la testa; Giacche; Giacche per la pesca; Guanti; Guanti da sci; Impermeabili; Indumenti lavorati a maglia; Jerseys; Maglie; Maglieria; Maglioni; Mantelline; Mantiglie; Pantaloni; Parka; Pellicce; Pellicce [indumenti]; Poncho; Pullover; Sandali; Scarpe; Scarpe per lo sport; Scarponi da sci; Soprabiti; Sopravvesti; Sottovesti; Stivaletti; Stivali; Stole [pellicce]; Tee-shirt; Uniformi; Visiere” sono identici a quelli coperti dal marchio anteriore nella stessa classe. Si tratta, infatti, di esempi di indumenti che sono tutti ricompresi nella più ampia formulazione impiegata per designare i prodotti coperti dal marchio anteriore.

23      I prodotti in contestazione “ calosce (soprascarpe di gomma), carcasse di cappelli, cassette foderate di pelo per scaldare i piedi, ferramenti per calzature, punte di calzature, suole, suole interne, tomaie, tomaie di calzature” sono accessori o parti di calzature e copricapo. Si tratta, quindi, di articoli che, contrariamente a quanto asserisce la richiedente, presentano una certa somiglianza per ragioni di complementarietà funzionale.

Classe 28

24      Tutti i prodotti in contestazione sono esempi di articoli destinati alla pratica della ginnastica e dello sport. Poiché il marchio anteriore è registrato per “articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi”, i prodotti in contestazione sono inclusi tra quelli coperti da quest’ultimo marchio  e sono quindi identici ad essi, come giustamente afferma l’opponente. La Commissione osserva, del resto, che la richiedente non ha presentato argomenti in grado di inficiare quest’affermazione.

Comparazione dei marchi

25      Il marchio in contestazione va confrontato con quello anteriore, che è denominativo. Il confronto va fatto sulla base della percezione di un consumatore italiano, normalmente attento e avveduto.

26      Dal punto di vista dell’aspetto visivo, il marchio in contestazione presenta una certa somiglianza con quello anteriore nella misura in cui uno dei suoi due elementi denominativi (DOLOMITI) è quasi identico all’unico elemento denominativo (“DOLOMITE”) contenuto nel marchio anteriore. La somiglianza, tuttavia, non può dirsi elevata perché nel marchio posteriore sono presenti altri elementi denominativi e figurativi, assenti nel marchio anteriore, che incidono sull’impressione visiva. Questi elementi sono, in primo luogo, la parola “RANGER”, avente lo stesso rilievo grafico del termine “DOLOMITI” e, in secondo luogo, il disegno umoristico di uno scoiattolo che cammina. Assai meno peso ha, invece, l’indicazione “Sudtirol –Alto Adige”, scritta in caratteri di minori dimensioni. Per un consumatore italiano normalmente attento ed avveduto, il marchio in contestazione è principalmente caratterizzato dalle parole “DOLOMITI” e “RANGER” e dalla figura di scoiattolo, fermo restando che, secondo comune esperienza, saranno le parole, più che la figura, a consentire a tale consumatore di ricondurre prontamente e con precisione la merce ad una determinata fonte produttiva.

27      La somiglianza visiva può quindi dirsi media, dal momento che la quasi identità dell’elemento “DOLOMITE”/”DOLOMITI” è controbilanciata dai menzionati elementi di differenziazione, ai quali deve aggiungersi la colorazione del marchio in contestazione.

28      Dal punto di vista fonetico, il confronto va fatto tra gli elementi denominativi che un consumatore italiano pronuncerà verosimilmente nelle usuali occasioni di acquisto della merce, vale a dire “DOLOMITI RANGER” e “DOLOMITE”. E’ presumibile, infatti, che il consumatore italiano comprenda che l’espressione “Sudtirol- Alto Adige” (riferimento in tedesco e italiano alla provincia autonoma di Bolzano) non svolge alcuna funzione distintiva e si astenga dal pronunciarla. La somiglianza fonetica può dirsi media o anche medio alta visto che le parole “DOLOMITI” e “DOLOMITE” hanno un suono quasi identico e tale parola non solo compare all’inizio, nel marchio posteriore, ma è anche più lunga dell’altra (“RANGER”).

29      Dal punto di vista concettuale, è fuor di dubbio che entrambi i marchi richiamino alla mente del consumatore di riferimento le famose montagne delle Alpi nordorientali italiane. Quel concetto è rafforzato, nel caso del marchio posteriore, dall’indicazione del nome della provincia autonoma, dal termine “RANGER” (che per molti consumatori può evocare una guardia forestale) e dall’immagine dello scoiattolo che fa pensare a boschi e montagne. La somiglianza concettuale è quindi elevata.

30      Globalmente, quindi, i marchi sono simili, in misura medio alta.

Il carattere distintivo del marchio anteriore

31      L’opponente ha rivendicato, in particolare per l’Italia, un carattere distintivo del marchio “DOLOMITE” accresciuto dall’uso e dalla notorietà e chiede che di esso venga tenuto conto nel valutare l’esistenza del rischio di confusione. La rivendicazione dev’essere esaminata perché, secondo la giurisprudenza, l’elevata capacità distintiva del marchio anteriore può incrementare il rischio di confusione con il marchio posteriore (29/09/1998, C‑39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 18).

32      Ed è ciò che, correttamente, la divisione di Opposizione ha esaminato, giungendo alla conclusione che l’abbondante materiale prodotto dimostrava che il marchio anteriore aveva acquisito un elevato carattere distintivo per un’ampia gamma di articoli di abbigliamento, borse, zaini, attrezzature e accessori per la pratica degli sport di montagna (escursionismo, alpinismo, sci, trekking).

33      La richiedente non sembra contestare seriamente, nella memoria a sostegno del proprio ricorso, la notorietà pluridecennale, in Italia, del marchio “DOLOMITE” per tali prodotti ma afferma che tale notorietà servirebbe tutt’al più a far progredire il carattere distintivo del marchio dal livello “inferiore al normale” a “normale”. La richiedente insiste, infatti, sul debole grado di distintività intrinseca del marchio “DOLOMITE” in Italia, in quanto evocativo “dell’origine geografica della merce o della loro destinazione d’uso”.

34      A parere della Commissione, il nome “DOLOMITE” non evoca, presso un pubblico ragionevolmente avveduto, l’origine “geografica” della merce perché le Dolomiti non vengono associate dal grande pubblico ad una zona industriale ma piuttosto alla natura grandiosa e incontaminata. Alla stessa maniera, è improbabile che il consumatore italiano pensi che le attrezzature sportive a marchio “DOLOMITE” siano destinate ad essere impiegate nelle Dolomiti giacché sa bene che lo sci, il trekking e l’escursionismo possono essere praticati ovunque.

35      Il nome “DOLOMITE” è invece intrinsecamente distintivo perché, proprio per il fatto di alludere ad una montagna emblematica, è dotato di una forte carica suggestiva per il consumatore. Non è, quindi, vero che la capacità distintiva originaria del marchio sia bassa e che le prove della sua notorietà servano meramente ad elevarla fino ad un livello “normale” (cioè medio). La capacità distintiva del marchio a titolo originario è almeno media e le prove della sua notorietà presso il pubblico italiano gli conferiscono una capacità distintiva elevata, della quale occorrerà tenere conto nella valutazione complessiva del rischio di confusione.

Valutazione globale del rischio di confusione  

36      I fattori da prendere in considerazione ai fini della valutazione globale del rischio di confusione sono il grado di somiglianza dei prodotti, il grado di somiglianza dei marchi, il grado di attenzione del pubblico di riferimento e il carattere distintivo del marchio anteriore.

37      I prodotti in conflitto rientrano tutti nelle stesse tre classi (18, 25 e 28) e sono, nella stragrande maggioranza, identici. Alcuni di essi sono simili.

38      I marchi presentano un grado medio alto di somiglianza. L’unico elemento contenuto nel marchio anteriore (“DOLOMITE”) è stato ripreso, quale elemento iniziale e con una lievissima variante ortografica, nel marchio posteriore.

39      Il marchio anteriore è dotato di capacità distintiva elevata.

40      Il livello di attenzione del consumatore è, tenuto conto dei prodotti, medio.

41      A giudizio della Commissione, sarebbe del tutto plausibile che il consumatore già esposto al marchio “DOLOMITE” e che si veda offrire prodotti appartenenti all’identico settore della pratica sportiva e contraddistinti da un marchio che contenga il nome “DOLOMITI” possa pensare ad un collegamento tra le due imprese o che il marchio posteriore rappresenti una nuova declinazione del marchio anteriore. In altre parole, si verrebbe a determinare un rischio di confusione circa la provenienza della merce o di associazione tra i segni, rischio anch’esso espressamente previsto dall’articolo 8(1)(b) RMUE.

42      Alla luce di questo risultato, non è necessario esaminare i restanti diritti e motivi di opposizione.

Spese

43      La richiedente, quale parte soccombente, dovrà rifondere all’opponente le spese concernenti il procedimento di ricorso, che si liquidano in 550 EUR per la rappresentanza professionale (articolo 85 RMUE).

Dispositivo

Per questi motivi,

LA COMMISSIONE

così decide:

  1. Il ricorso è respinto.
  2. La richiedente rifonderà 550 EUR all’opponente.

 

 

 

 

 

 

 

 




TRAGO contro RAGO – Divisione di Opposizione 16.01.2017

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TRAGO contro RAGO – Divisione di Opposizione 16.01.2017

Marchio Trago contro marchio RAGO

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo, ‘trago’. Il segno contestato è un marchio figurativo composto dalla dicitura ‘RAGO 1892’ in caratteri leggermente stilizzati di colore blu. L’elemento numerico ‘1892’ è posizionato al di sopra della parola ‘RAGO’ in corrispondenza della lettera ‘O’ ed è di dimensioni assai ridotte. Inoltre, quest’ultimo, sarà percepito, verosimilmente, come una mera indicazione temporale relativa, ad esempio, all’anno in cui il marchio è stato lanciato sul mercato ed è, pertanto, dotato di una capacità distintiva limitata. Al di sotto della scritta “RAGO” viene raffigurata una linea leggermente arcuata di colore verde di natura prettamente decorativa e, pertanto, dotata di una ridotta capacità distintiva.

La parola ‘RAGO’ è sovrastata dalla figura stilizzata di tre alberi verdi, disposti su una linea decorativa leggermente arcuata di colore verde, con le chiome parzialmente sovrapposte tra loro e con la figura di un sole stilizzato di colore arancione, in parte coperto dalla chioma del primo albero. La suddetta linea presenta una ridotta capacità distintiva essendo prettamente decorativa.

Tenendo conto che i prodotti rilevanti sono tutti prodotti ortofrutticoli o derivanti da questi ultimi e che i servizi rilevanti riguardano la vendita di tali prodotti, si considera che la rappresentazione degli alberi e del sole possa essere evocativa della provenienza o della natura di tali prodotti nonché della tipologia di tali servizi. Pertanto, tali elementi figurativi presentano una limitata capacità distintiva. La parola RAGO non ha alcun significato e gode, pertanto, di un maggior grado di distintività rispetto agli altri elementi del marchio impugnato.

Il richiedente asserisce che i suoi prodotti sono principalmente ‘verdure fresche a km zero’ mentre quelli dell’opponente sono ‘frutta esotica, agrumi e verdure provenienti dalla propria partner spagnola e da altri Paesi al di fuori della Comunità Europea’. Qualsiasi uso effettivo o previsto non incluso nell’elenco di prodotti/servizi non è rilevante per il raffronto, dal momento che quest’ultimo fa parte della valutazione del rischio di confusione in relazione ai prodotti/servizi su cui l’opposizione si fonda e nei cui confronti è rivolta; non è una valutazione di confusione o violazione effettiva. Pertanto, le argomentazioni del richiedente relative ai differenti campi di attività delle parti non possono essere accolte.

Alla luce delle considerazioni esposte, la Divisione d’Opposizione ritiene che le differenze tra i segni non siano sufficienti a sormontare le somiglianze e che, pertanto, sussista un rischio di confusione anche con riferimento ai servizi contestati ritenuti simili ad un basso grado ai prodotti dell’opponente.

 

 

OPPOSIZIONE N. B 2 244 625

 

 

B.F. Frutta S.r.l., Piazza Artom, C.A.P. A 1/2 L. Ovest 12, 50127 Firenze, Italia (opponente), rappresentata/o da Aico Brevetti S.r.l. – Ufficio Per La Proprietà Intellettuale, Via Masaccio, 87, 50132 Firenze, Italia (rappresentante professionale).

 

 

c o n t r o

 

Rosario Rago, Strada Provinciale 312 N. 4, 84091 Battipaglia, Italia (richiedente) rappresentato da Alfonso Prota, Via Giuseppe Tornielli 46, 00151 Roma, Italia (rappresentante professionale).

 

 

Il 16/01/2017, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 244 625 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti e servizi contestati:

 

Classe 29: Prodotti da agricoltura biologica. Frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; minestroni e zuppe vegetali fresche, insalate ed insalate miste, pronte al consumo, tutti ottenuti o derivanti da prodotti ottenuti mediante metodi di produzione biologica.

Classe 31: Prodotti da agricoltura biologica. Erbe fresche e mix di erbe fresche; frutta e verdura fresca, comprese patate; frutta e ortaggi freschi; sementi, piante e fiori naturali. Tutti i suddetti prodotti provengono da coltivazioni biologiche o sono preparati con prodotti provenienti da coltivazioni biologiche. Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, non compresi in altre classi; frutta e ortaggi freschi; frutta e verdura fresca pronta al consumo tutti ottenuti o derivanti da prodotti ottenuti mediante metodi di produzione biologica.

Classe 35: Servizi di vendita all’ingrosso e al dettaglio in negozi e servizi di vendita all’ingrosso e al dettaglio tramite reti mondiali di comunicazione di frutta, verdura fresca, ortaggi freschi e prodotti agricoli e orticoli freschi;

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 11 603 495 è respinta per tutti i prodotti e servizi suindicati. Si può procedere per i restanti servizi.

 

  1. Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 11 603 495, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nelle classi 29 e 31 e una parte dei servizi compresi nelle classi 35 e 39. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio Italiano n. 820 501 rinnovato con il numero di registrazione 1 231 934. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettere  b), RMUE.

 

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio italiano dell’opponente n. 1 231 934.

 

 

  1. a) I prodotti e servizi

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 29: frutta conservata, congelata, essiccata e cotta; frutti canditi; gelatine di frutta; macedonia di frutta; polpa di frutta; scorze di frutta; marmellate; conserve alimentari; ortaggi e legumi conservati, congelati, essiccati e cotti; succhi vegetali per la cucina; carne, pesce, pollame e selvaggina; uova, latte e prodotti derivati dal latte.

 

Classe 31: frutta fresca; agrumi; arance; ortaggi freschi; prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie non compresi in altre classi; sementi, piante e fiori naturali.

 

I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

 

Classe 29: Prodotti da agricoltura biologica; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; minestroni e zuppe vegetali fresche, insalate ed insalate miste, pronte al consumo, tutti ottenuti o derivanti da prodotti ottenuti mediante metodi di produzione biologica.

 

Classe 31: Prodotti da agricoltura biologica; erbe fresche e mix di erbe fresche; frutta e verdura fresca, comprese patate; frutta e ortaggi freschi; sementi, piante e fiori naturali. Tutti i suddetti prodotti provengono da coltivazioni biologiche o sono preparati con prodotti provenienti da coltivazioni biologiche. Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, non compresi in altre classi; frutta e ortaggi freschi; frutta e verdura fresca pronta al consumo tutti ottenuti o derivanti da prodotti ottenuti mediante metodi di produzione biologica.

 

Classe 35: Servizi di vendita all’ingrosso e al dettaglio in negozi e servizi di vendita all’ingrosso e al dettaglio tramite reti mondiali di comunicazione di frutta, verdura fresca, ortaggi freschi e prodotti agricoli e orticoli freschi; import-export.

 

Classe 39: Trasporto; Imballaggio e deposito di merci.

 

In via preliminare, occorre osservare che, secondo l’articolo 28,  paragrafo 7, RMUE, i prodotti e i servizi non sono considerati simili o diversi tra loro per il fatto che figurano nella stessa classe o in classi distinte della classificazione di Nizza.

 

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

Prodotti contestati in classe 29

 

Frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti.

 

Le insalate ed insalate miste, pronte al consumo, tutti ottenuti o derivanti da prodotti ottenuti mediante metodi di produzione biologica del richiedente sono pietanze composte da vari ingredienti tra cui gli ortaggi. Dunque, si sovrappongono gli ortaggi conservati dell’opponente. Pertanto, sono identici.

 

I minestroni e zuppe vegetali fresche, pronte al consumo, tutti ottenuti o derivanti da prodotti ottenuti mediante metodi di produzione biologica del richiedente sono pietanze a base di ortaggi e legumi cotti. Dunque, sono comprese nell’ampia categoria di ortaggi e legumi cotti dell’opponente. Pertanto, i prodotti in questione sono considerati identici.

 

I prodotti da agricoltura biologica del richiedente sono frutto di un metodo produttivo che prevede l’impiego di tecniche agricole a ridotto impatto ambientale. Pertanto, tali prodotti si sovrappongono con la frutta conservata, congelata, essiccata e cotta dell’opponente, poiché possono tutti provenire da agricoltura biologica. Dunque, i prodotti in questione sono identici.

 

Prodotti contestati in classe 31

 

Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, non compresi in altre classi; frutta e ortaggi freschi sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti.

 

I prodotti da agricoltura biologica; erbe fresche e mix di erbe fresche; frutta e verdura fresca, comprese patate; frutta e ortaggi freschi; sementi, piante e fiori naturali; tutti i suddetti prodotti provengono da coltivazioni biologiche o sono preparati con prodotti provenienti da coltivazioni biologiche; frutta e verdura fresca pronta al consumo tutti ottenuti o derivanti da prodotti ottenuti mediante metodi di produzione biologica del richiedente sono compresi nell’ampia categoria di prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie non compresi in altre classi dell’opponente. Pertanto, sono identici.

 

Prodotti in classe 35

 

I servizi di vendita al dettaglio, concernenti la vendita di specifici prodotti, presentano un basso grado di somiglianza con tali prodotti. Sebbene la natura, la finalità e la modalità di utilizzazione di detti prodotti e servizi non siano le stesse, essi presentano alcune somiglianze dal momento che sono complementari e i servizi sono prestati generalmente negli stessi luoghi in cui i prodotti sono offerti in vendita. Inoltre, i prodotti ed i servizi in questione sono diretti al medesimo pubblico.

 

I principi sopra esposti valgono anche per altri servizi costituiti esclusivamente da attività relative alla vendita effettiva di prodotti, come ad esempio servizi di vendita all’ingrosso, acquisti su Internet, servizi di vendita per catalogo o per posta ecc. (nella misura in cui questi rientrano nella Classe 35).

 

Pertanto i servizi di vendita all’ingrosso e al dettaglio in negozi e servizi di vendita all’ingrosso e al dettaglio tramite reti mondiali di comunicazione di frutta, verdura fresca, ortaggi freschi e prodotti agricoli e orticoli freschi del richiedente presentano un basso grado di somiglianza con i prodotti agricoli, orticoli dell’opponente nella classe 31.

 

Per contro, i principi di cui sopra non si applicano ad altri servizi che non si limitano ai servizi connessi alla vendita di prodotti o che non rientrano nella Classe 35, come ad esempio i servizi di import-export (Classe 35).

 

L’opponente ritiene che il ‘servizi di vendita’ siano affini ai servizi contestati di import-export e che questi ultimi includano ‘tutti i prodotti, ivi inclusi quelli contrassegnati dai marchi dell’opponente’.

 

La Divisione di opposizione ritiene, contrariamente a quanto affermato dall’opponente, che i ‘servizi di vendita’ non presentino affinità con i servizi di import-export in quanto questi ultimi, che fanno riferimento alla circolazione di prodotti e che generalmente richiedono il coinvolgimento delle autorità doganali, non riguardano l’effettiva vendita dei prodotti al dettaglio o all’ingrosso, ma sono piuttosto preparatori o accessori alla commercializzazione di tali prodotti. Pertanto, come prima affermato, le argomentazioni di cui sopra relative al raffronto fra prodotti e servizi di vendita al dettaglio non si applicano ai servizi di import-export.

 

L’opponente richiama, a sostegno delle proprie argomentazioni una Sentenza del Tribunale della Unione Europea (Sentenza del 24/09/2008, Oakley-UAMI, T‑116/06, § 61 e 62). Tuttavia, nel caso in esame, il precedente richiamato dall’opponente non è rilevante ai fini del presente procedimento.

 

Difatti, la Sentenza del Tribunale dell’Unione Europea citata dall’opponente non fa menzione dei servizi diimport-export’ ma fa esclusivamente riferimento ai ‘servizi di vendita al dettaglio e all’ingrosso di abbigliamento, cappelleria, calzature, borse per atletica, zaini e portafogli, nonché i servizi di vendita al dettaglio e all’ingrosso, compresi [i] servizi offerti da negozi di vendita al dettaglio on-line’ che, come sopra affermato, non sono equiparabili ai servizi di import-export.

 

Le argomentazioni sostenute dall’opponente non possono, dunque, essere accolte.

 

Pertanto, i servizi di import-export del richiedente sono dissimili da tutti i prodotti dell’opponente di cui alle classi 29 e 31, dato che la natura, la finalità e la modalità di utilizzazione di detti prodotti e servizi non sono le stesse.

 

 

Prodotti in classe 39

 

L’opponente ritiene vi sia una stretta correlazione tra servizi di trasporto, imballaggio e di deposito di merci e i ‘servizi di vendita’. Contrariamente a quanto affermato dall’opponente, la Divisione di opposizione ritiene, che i ‘servizi di vendita’ non presentino affinità con i servizi di trasporto, imballaggio e di deposito di merci, poiché questi ultimi sono forniti da imprese specializzate la cui attività, non riguarda la vendita dei prodotti al dettaglio o all’ingrosso bensì il trasporto, l’imballaggio e la custodia di merci in un determinato luogo dietro compenso.

 

L’opponente richiama, a sostegno delle proprie argomentazioni una Sentenza del Tribunale della Unione Europea (Sentenza del 7/07/2005, Praktiker Bau- Und Heimwerkermärkte, C-418/02, EU:C:2005:425), secondo cui il commercio al dettaglio comprende, ‘oltre all’atto giuridico della vendita, l’intera attività svolta dall’operatore al fine di indurre alla conclusione dell’atto stesso’. Tuttavia, nel caso in esame, il precedente richiamato dall’opponente non è rilevante ai fini del presente procedimento.

 

Difatti, la Corte ha stabilito, al punto 34 della citata sentenza Praktiker Bau- und Heimwerkermärkte, che la finalità del commercio al dettaglio consiste nella vendita di prodotti ai consumatori, commercio che comprende, ‘oltre all’atto giuridico della vendita, l’intera attività svolta dall’operatore al fine di indurre alla conclusione dell’atto stesso’ ed ha anche chiarito che tale attività consiste, in particolare, ‘nella selezione di un assortimento di prodotti messi in vendita e nell’offerta di varie prestazioni volte a indurre il consumatore a concludere l’atto di acquisto con il commerciante in questione piuttosto che con un concorrente’. Tuttavia, tra le attività menzionate dalla Corte correlate ai servizi di vendita non vi è alcun riferimento a quelle di trasporto, imballaggio e di deposito di merci che, come prima sottolineato, non riguardano la fase relativa alla vendita dei prodotti.

 

Le argomentazioni sostenute dall’opponente non possono, dunque, trovare accoglimento.

 

I servizi di trasporto del richiedente sono considerati dissimili da tutti i prodotti delle classi 29 e 31 dell’opponente. Tali servizi si riferiscono ad una flotta di camion o di navi usati per trasportare dei prodotti da un punto A a un punto B e sono prestati da imprese di trasporto specializzate la cui attività, come prima rilevato, non è quella della fabbricazione e della vendita di tali prodotti. La natura, la finalità e il metodo di utilizzazione di tali prodotti e servizi sono diversi. Inoltre, essi non hanno gli stessi canali di distribuzione e non sono concorrenti.

 

Con l’espressione ‘servizi di imballaggio e di deposito’ ci si riferisce a servizi mediante i quali le merci di una società sono imballate e custodite in un determinato luogo dietro compenso. Tali servizi non sono simili ad alcuno dei prodotti di cui alle classi 29 e 31 dell’opponente che potrebbero essere oggetto di tale attività di imballaggio e di deposito. La natura, lo scopo e il metodo di utilizzazione di tali prodotti e servizi sono diversi. Essi non hanno gli stessi fornitori/produttori o gli stessi canali di distribuzione né sono tra loro concorrenti. Pertanto, i prodotti di cui alle classi 29 e 31 dell’opponente ed i servizi di Imballaggio e deposito di merci del richiedente sono dissimili.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti e servizi in questione sono diretti al grande pubblico. Solo alcuni servizi, quali servizi di vendita all’ingrosso, sono rivolti ad un pubblico professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

Il richiedente ritiene che il consumatore medio di ‘insalate e verdure biologiche’ presti un livello di attenzione che può dirsi elevato’ nelle scelte d’acquisto. La Divisione di opposizione, contrariamente a quanto affermato dal richiedente, ritiene che nonostante alcuni dei prodotti in questione di cui alle classi 29 e 31 siano derivanti da metodi di agricoltura biologica, il grado di attenzione sia, tuttavia, medio. Difatti un grado di attenzione più alto da parte del grande pubblico è abitualmente correlato ad acquisti di prodotti costosi, potenzialmente pericolosi o tecnicamente sofisticati, circostanze che non corrispondono al caso di specie relativo a prodotti di consumo corrente quali, ad esempio, frutta e verdura per i quali non è possibile ascrivere una soglia di attenzione elevata. Pertanto, le suddette argomentazioni del richiedente non possono trovare accoglimento.

 

 

  1. c) I segni

 

 

trago  rago
Marchio anteriore  Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Italia.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo, ‘trago’.

 

L’elemento ‘trago’ è una parola italiana appartenente ad una specifica terminologia nel campo dell’anatomia utilizzata per definire la ‘sporgenza triangolare del padiglione auricolare dell’uomo e dei mammiferi, situata anteriormente al meato acustico esterno’. (http://www.treccani.it/vocabolario/trago/). Trattandosi di una parola dalla forte connotazione tecnica è ragionevole ritenere che il significato della stessa non sia percepito dal consumatore medio. Si ritiene che il grado di distintività di tale parola sia normale.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dalla dicitura ‘RAGO 1892’ in caratteri leggermente stilizzati di colore blu. L’elemento numerico ‘1892’ è posizionato al di sopra della parola ‘RAGO’ in corrispondenza della lettera ‘O’ ed è di dimensioni assai ridotte. Inoltre, quest’ultimo, sarà percepito, verosimilmente, come una mera indicazione temporale relativa, ad esempio, all’anno in cui il marchio è stato lanciato sul mercato ed è, pertanto, dotato di una capacità distintiva limitata. Al di sotto della scritta “RAGO” viene raffigurata una linea leggermente arcuata di colore verde di natura prettamente decorativa e, pertanto, dotata di una ridotta capacità distintiva.

 

La parola ‘RAGO’ è sovrastata dalla figura stilizzata di tre alberi verdi, disposti su una linea decorativa leggermente arcuata di colore verde, con le chiome parzialmente sovrapposte tra loro e con la figura di un sole stilizzato di colore arancione, in parte coperto dalla chioma del primo albero. La suddetta linea presenta una ridotta capacità distintiva essendo prettamente decorativa.

 

Tenendo conto che i prodotti rilevanti sono tutti prodotti ortofrutticoli o derivanti da questi ultimi e che i servizi rilevanti riguardano la vendita di tali prodotti, si considera che la rappresentazione degli alberi e del sole possa essere evocativa della provenienza o della natura di tali prodotti nonché della tipologia di tali servizi. Pertanto, tali elementi figurativi presentano una limitata capacità distintiva.

 

L’elemento numerico ‘1892’, data la sua ridotta dimensione, è messo in ombra dagli elementi figurativi e dall’elemento verbale ‘RAGO’.

 

La parola RAGO non ha alcun significato e gode, pertanto, di un maggior grado di distintività rispetto agli altri elementi del marchio impugnato.

 

Visivamente, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nella sequenza di lettere ‘RAGO’ che corrisponde a quattro delle cinque lettere che compongono il marchio anteriore e all’intero elemento verbale del marchio impugnato. Tuttavia, essi differiscono nella lettera ‘T’ del marchio anteriore, nella stilizzazione, negli elementi figurativi e nell’elemento numerico ‘1892’ del marchio impugnato che non hanno un corrispettivo equivalente nel segno anteriore. Come in precedenza menzionato, l’elemento numerico del marchio impugnato ha una rilevanza ridotta nell’economia del segno a causa delle dimensioni estremamente ridotte e della scarsa distintività così come la stilizzazione e gli elementi figurativi del marchio impugnato che sono dotati di una limitata distintività per i motivi sopra menzionati.

 

In merito agli elementi figurativi del segno impugnato si evidenzia, altresì, che in linea di principio, quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

 

Pertanto, i segni sono visivamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere /RAGO”/, presenti in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono della lettera /T/ e dell’elemento numerico ‘1892’. Quest’ultimo, tuttavia, con molta probabilità non sarà pronunciato dal consumatore a causa delle sue dimensioni nettamente ridotte rispetto ai restanti elementi.

 

Pertanto, i segni sono foneticamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, il marchio anteriore, ‘trago’, non verrà associato ad alcun significato mentre parte degli elementi figurativi e l’elemento numerico del marchio impugnato saranno associati dal pubblico di riferimento rispettivamente ad un sole, ad alberi stilizzati e all’anno di inizio dell’attività commerciale del richiedente. Gli altri elementi del marchio impugnato, ossia le due linee al sopra e al disotto dell’elemento RAGO così come la parola ‘RAGO’ non evocano alcun concetto.  Pertanto, poiché uno dei due segni (il marchio anteriore) non sarà associato ad alcun significato, i marchi in questione non sono concettualmente simili.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Il rischio di confusione riguarda situazioni nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e presuppone che i prodotti/servizi designati appartengano alla stessa impresa o a imprese economicamente collegate.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il

grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di

prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

Nella fattispecie, i prodotti contestati sono identici ai prodotti dell’opponente. Una parte dei servizi contestati sono simili ad un basso grado ai prodotti dell’opponente, un’altra parte dei servizi contestati differisce dai prodotti dell’opponente. I marchi sono simili in misura media sotto il profilo visivo e fonetico. Dal punto di vista concettuale essi non sono simili. Il grado di attenzione del consumatore è medio.

 

Va, altresì, osservato che i marchi sono simili nella misura in cui l’elemento verbale ‘RAGO’, che possiede una funzione distintiva indipendente nel marchio impugnato, coincide in quattro delle cinque lettere che compongono il marchio anteriore, cioè ‘trago’.

 

I marchi differiscono nella prima lettera ‘T’ del marchio anteriore, nella stilizzazione, nell’elemento numerico e in quelli figurativi del marchio impugnato. Tuttavia, come sopra indicato, l’elemento numerico del marchio impugnato ‘1892’ è debole oltre ad essere di dimensioni nettamente ridotte rispetto ai restanti elementi. Anche, la leggera stilizzazione e gli elementi figurativi del marchio impugnato ricoprono un ruolo marginale in ragione della loro limitata distintività.

 

Pertanto, le differenze esistenti tra i segni sono limitate ad elementi dotati di una scarsa distintività’, ad eccezione solo della differenza concernente la lettera ‘T’ del marchio anteriore che non ha un corrispettivo equivalente nel marchio contestato.

 

Il richiedente asserisce che i suoi prodotti sono principalmente ‘verdure fresche a km zero’ mentre quelli dell’opponente sono ‘frutta esotica, agrumi e verdure provenienti dalla propria partner spagnola e da altri Paesi al di fuori della Comunità Europea’.

 

A tal proposito è importante rilevare che Il raffronto fra prodotti e servizi deve basarsi sulla loro definizione letterale, quale indicata nei rispettivi elenchi di prodotti/servizi. Qualsiasi uso effettivo o previsto non incluso nell’elenco di prodotti/servizi non è rilevante per il raffronto, dal momento che quest’ultimo fa parte della valutazione del rischio di confusione in relazione ai prodotti/servizi su cui l’opposizione si fonda e nei cui confronti è rivolta; non è una valutazione di confusione o violazione effettiva. (sentenza del 16/06/2010, T-487/08, Kremezin, EU:T:2010:237, § 71). Pertanto, le argomentazioni del richiedente relative ai differenti campi di attività delle parti non possono essere accolte.

 

Alla luce delle considerazioni esposte, la Divisione d’Opposizione ritiene che le differenze tra i segni non siano sufficienti a sormontare le somiglianze e che, pertanto, sussista un rischio di confusione anche con riferimento ai servizi contestati ritenuti simili ad un basso grado ai prodotti dell’opponente.

 

Considerato quanto precede, la Divisione d’Opposizione ritiene che l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio italiano n. 1 231 934 dell’opponente.

 

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti e servizi considerati identici o simili ai prodotti del marchio anteriore.

 

I restanti servizi contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti servizi non può essere accolta.

 

L’opponente ha basato l’opposizione anche sui seguenti marchi anteriori:

 

La registrazione di marchio italiano n. 831428 per il marchio figurativo , la registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 794 636 per il marchio figurativo , la registrazione di marchio italiano n. 1 065 111 per il marchio denominativo ‘bio trago’, tutti e tre per prodotti nelle classi 29 e 31.

 

Gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente sono meno simili al marchio contestato. Questo perché essi contengono elementi figurativi/parole aggiuntive, quali l’elemento ovale, la particolare stilizzazione della parola ‘trago’, l’elemento verbale ‘BIO’ che non sono presenti nel marchio contestato. Inoltre, essi coprono lo stesso elenco di prodotti. Pertanto, il risultato non può essere diverso in relazione ai servizi per i quali l’opposizione è già stata respinta. Di conseguenza, in relazione a tali servizi, il rischio di confusione non sussiste.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, RMUE, ove le parti risultino soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni, o qualora l’equità lo richieda, la Divisione d’Opposizione decide una ripartizione differente.

 

Poiché l’opposizione è stata accolta solo per una parte dei prodotti e servizi contestati, entrambe le parti sono risultate soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni. Di conseguenza, ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

Juan AntonioMORALES PAREDES AngelaDI BLASIO Jessica NormaLEWIS

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.




SUPERFLASH – Divisione di Opposizione 15.12.2016

superflash

SUPERFLASH  Divisione di Opposizione 15.12.2016

marchio anterioreCattura supeerflash anteriore                                   marchio impugnato Cattura superflash impugnato

 

 

Il marchio anteriore è un marchio figurativo che consiste della dicitura ‘SUPERFLASH’ in caratteri stilizzati di colore nero parzialmente disposti su uno sfondo grigio. Il segno contestato è un marchio figurativo che consiste della dicituraSUPERFLASH’ in caratteri stilizzati. Sullo sfondo appaiono due figure, una angolare e l’altra circolare, che si sovrappongono tra loro.

Sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana.  Un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione Europea n. 10 263 218 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i servizi contestati.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 523 135

 

Intesa Sanpaolo S.P.A., Piazza San Carlo, 156, 10121, Torino, Italia (opponente), rappresentata da Perani & Partners SPA, Piazza San Babila, 5, 20122 Milano, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

M.F.T. Gold S.r.l., Corso del Popolo, 21, 35131, Padova, Italia (richiedente), rappresentata da Barzanò & Zanardo Roma S.p.A., Via del Commercio, 56, 36100, Vicenza, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 15/12/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 523 135 è accolta per tutti i servizi contestati, ossia

 

Classe 41: Organizzazione di spettacoli (servizi di impresari); organizzazione e direzione di concerti; servizi di disc jockey; servizi di discoteche; concerti musicali; intrattenimento musicale; fornitura di musica digitale da internet; discoteche; gestione di discoteche.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 746 946 è respinta per tutti i servizi contestati. Si può procedere per i restanti prodotti e servizi.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate a 650EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 746 946 ovvero contro tutti i servizi nella classe 41. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 10 263 218. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

 

  1. a) I servizi

 

I servizi sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 41: Educazione; formazione; divertimento; attività sportive e culturali.

 

I servizi contestati sono i seguenti:

 

Classe 41: Organizzazione di spettacoli (servizi di impresari); organizzazione e direzione di concerti; servizi di disc jockey; servizi di discoteche; concerti musicali; intrattenimento musicale; fornitura di musica digitale da internet; discoteche; gestione di discoteche.

 

I servizi di organizzazione di spettacoli (servizi di impresari); organizzazione e direzione di concerti; servizi di disc jockey; servizi di discoteche; concerti musicali; intrattenimento musicale; fornitura di musica digitale da internet; discoteche; gestione di discoteche sono inclusi nella categoria più ampia di divertimento dell’opponente. Essi sono pertanto identici.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i servizi che risultano essere identici sono diretti sia al grande pubblico che a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione possa variare da medio ad alto a seconda della specializzazione dei servizi ed il prezzo.

 

 

  1. c) I segni

 

 

Marchio anteriore Marchio impugnato

 

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Il marchio anteriore è un marchio figurativo che consiste della dicitura ‘SUPERFLASH’ in caratteri stilizzati di colore nero parzialmente disposti su uno sfondo grigio.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo che consiste della dicituraSUPERFLASH’ in caratteri stilizzati. Sullo sfondo appaiono due figure, una angolare e l’altra circolare, che si sovrappongono tra loro.

 

La dicitura ‘SUPERFLASH’, presente in entrambi i marchi, nel suo complesso non ha alcun un significato per il pubblico di riferimento. Si ritiene tuttavia probabile che il pubblico di riferimento identificherà i termini ‘SUPER’, prefisso che indica una condizione di superiorità, eccezionalità, eccesso (dizionario Treccani), e ‘FLASH’, onomatopea che nella tecnica fotografica indica il lampo ottenuto con un dispositivo elettrico o elettronico, detto anch’esso flash, per scattare fotografie con scarsa illuminazione (dizionario Treccani). Tale combinazione sarà intesa come un flash di caratteristiche superiori. Inoltre, non riveste alcun significato specifico in relazione ai servizi in oggetto e pertanto il suo carattere distintivo deve considerarsi normale.

 

I marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto).

 

Gli elementi figurativi presenti nei marchi hanno natura decorativa e pertanto hanno un minor impatto sui consumatori rispetto all’elemento verbale.

 

 

Visivamente, i segni coincidono nella dicitura ‘SUPERFLASH’. Essi, tuttavia, differiscono unicamente nei rispettivi elementi grafici e figurativi.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59).

 

Pertanto, i segni sono molto simili.

 

Sotto il profilo fonetico, i segni sono identici.

 

Sotto il profilo concettuale, i marchi saranno associati a uno stesso significato e pertanto  sono concettualmente identici.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

 

La Corte ha stabilito il principio fondamentale secondo cui la valutazione del rischio di confusione comporta un certo grado di interdipendenza tra i fattori rilevanti e, in particolare, tra i risultati riscontrati in precedenza relativamente al grado di somiglianza tra i marchi e a quello tra i prodotti o servizi. Pertanto un minor grado di somiglianza tra i prodotti e servizi può essere compensato da un maggior grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17). Il principio di interdipendenza è essenziale per l’analisi del rischio di confusione.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26). Anche i consumatori dotati di un alto grado di attenzione sono costretti ad affidarsi al ricordo imperfetto dei marchi (sentenza del 21/11/2013, T-443/12, ancotel, EU:T:2013:605, § 54).

 

I servizi sono identici.

 

I marchi sono molto simili dal punto di vista visivo ed identici sul piano fonetico e   concettuale.

 

In particolare, entrambi i marchi includono la dicitura ‘SUPERFLASH’ che è l’unica porzione verbale in entrambi i segni. Essi differiscono unicamente nei loro elementi grafici e figurativi. Nel presente caso, inoltre, questi elementi, grafici e figurativi, hanno una natura meramente decorativa.

 

Come visto più sopra, nel caso di marchi complessi in linea di principio, l’elemento denominativo del segno in principio ha un impatto maggiore sul consumatore rispetto all’elemento figurativo.

 

Alla luce delle considerazioni esposte, si ritiene che le differenze tra i marchi non siano sufficienti a controbilanciare le somiglianze.

 

Nelle sue osservazioni il richiedente sostiene che la dicitura ‘SUPERFLASH’ è priva di carattere distintivo da momento che, sempre secondo quanto sostenuto dal richiedente, si compone di termini descrittivi. La Divisione d’Opposizione diverge da quanto sostenuto dal richiedente. L’espressione ‘SUPERFLASH’ è priva di significato per il pubblico di riferimento in relazione ai servizi  in oggetto. Anche nell’ipotesi in cui ‘SUPER’ potesse intendersi come laudativo, la sua combinazione con ‘FLASH’ non da luogo ad un significato in relazione ai servizi de quo.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione Europea n. 10 263 218 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i servizi contestati.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Francesca CANGERI SERRANO Martina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




GALATINE CONTRO GALATEA…E’ NATURALE – Seconda Commissione 12.12.2016

galatea

GALATINE CONTRO GALATEA…E’ NATURALE  Seconda Commissione 12.12.2016

marchio GALATINE contro marchio GALATEA E’ NATURALE

Il marchio anteriore è GALATINE  – Classe 29 − Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili.
Classe 30 − Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; tavolette a base di latte, caramelle, caramelle morbide; toffee, caramelle al latte.

Il marchio posteriore è GALATEA E’ NATURALE – Classe 30 − Gelati; semi-lavorati e basi per la preparazione di gelati; sorbetti; granite; torte gelato e parfait.

La divisione Opposizione accoglieva l’opposizione per tutti i prodotti in contestazione in quanto riteneva sussistente un rischio di confusione ravvisando che  i prodotti contestati “gelati” sono parte della lista di prodotti del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici. – I prodotti contestati “torte gelato e parfait” sono prodotti che rientrano nella più ampia categoria di prodotti dell’opponente “pasticceria”, la quale consiste in prodotti quali torte e dessert, le cui materie prime fondamentali sono lo zucchero e il latte. Da ciò consegue che tali prodotti sono anch’essi identici. – I prodotti contestati “sorbetti; granite” sono anch’essi prodotti che rientrano in una categoria più ampia, nello specifico quella dei “gelati” del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici.

La divisione Opposizione ha correttamente riconosciuto che l’elemento dominante e di maggior impatto della domanda di marchio “GALATEA” è l’elemento grafico, mentre alcun elemento dominante viene ravvisato nel marchio anteriore “GALATINE” [sic]. – Il carattere distintivo del marchio anteriore “GALATINE” dev’essere considerato “ridotto”, tenuto conto, tra l’altro, che l’opponente non ha invocato alcun elevato carattere distintivo del proprio marchio a seguito dell’uso intenso o della notorietà nel mercato italiano, e che il richiamo del marchio al prodotto “latte” descrive uno dei principali ingredienti dei prodotti di cui alla classe 30.

La Commissione ritiene che le somiglianze tra i segni in conflitto siano tali da poter indurre i consumatori rilevanti, il cui livello di attenzione sarà tuttalpiù di grado medio, a ritenere che i prodotti alimentari identici nella classe 30, contraddistinti dai marchi in questione, provengano dalla medesima impresa o da imprese economicamente collegate.

Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso dev’essere respinto.

COMMISSIONI DI RICORSO

DECISIONE della Seconda Commisione di ricorso del 12 dicembre 2016

Nel procedimento R 207/2016-2

MILK & FRUIT S.R.L. Via Venezia 11 31028 Tezze Di Vazzola (TV) Italia Richiedente / ricorrente rappresentato da METROCONSULT S.R.L., Via Sestriere, 100, 10060 None (TO), Italia

contro

CLOETTA ITALIA S.R.L. Via Milano, 16 26100 Cremona Italia Opponente / resistente rappresentato da PERANI & PARTNERS SPA, Piazza San Babila, 5, 20122 Milano, Italia

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 450 743 (domanda di marchio dell’Unione europea  n. 13 187 695)

LA SECONDA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da T. de las Heras (Presidente), C. Negro (Relatore) e C. Govers (Membro)
Cancelliere: H. Dijkema
ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
12/12/2016, R 207/2016-2, galatea …è naturale (marchio figurativo) / GALATINE

Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda del 20 agosto 2014, MILK & FRUIT S.R.L. (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del marchio figurativo
per i seguenti prodotti:
Classe 30 − Gelati; semi-lavorati e basi per la preparazione di gelati; sorbetti; granite; torte gelato e parfait. La richiedente forniva la seguente descrizione del marchio: Il marchio consiste nella dicitura “galatea” inserita all’interno di un’impronta sostanzialmente rettangolare con angoli smussati, essendo le sillabe “gala” separate da “tea” da una retta ed essendo l’impronta posizionata al di sopra della scritta “…è naturale”.

2 La domanda di marchio veniva pubblicata dall’Ufficio in data 6 ottobre 2014.

3 In data 18 dicembre 2014, CLOETTA ITALIA S.R.L. (“l’opponente”) presentava un’opposizione alla registrazione del marchio in questione per tutti i prodotti rivendicati.

4 L’opposizione si fondava sul motivo previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE.

5 L’opponente basava l’opposizione sul seguente marchio anteriore: – marchio italiano denominativo No 1 319 714 GALATINE, depositato il 13 agosto 2008 e registrato il 21 luglio 2010 per i seguenti prodotti:
Classe 29 − Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili.
Classe 30 − Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; tavolette a base di latte, caramelle, caramelle morbide; toffee, caramelle al latte.

6 Con decisione del 2 dicembre 2015 (“la decisione impugnata”), la divisione Opposizione accoglieva l’opposizione per tutti i prodotti in contestazione in quanto riteneva sussistente un rischio di confusione. In particolare, la divisione Opposizione ravvisava quanto segue:
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– I prodotti contestati “gelati” sono parte della lista di prodotti del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici. – I prodotti contestati “torte gelato e parfait” sono prodotti che rientrano nella più ampia categoria di prodotti dell’opponente “pasticceria”, la quale consiste in prodotti quali torte e dessert, le cui materie prime fondamentali sono lo zucchero e il latte. Da ciò consegue che tali prodotti sono anch’essi identici. – I prodotti contestati “sorbetti; granite” sono anch’essi prodotti che rientrano in una categoria più ampia, nello specifico quella dei “gelati” del marchio anteriore. I prodotti sono pertanto identici. – L’ambito di protezione del marchio anteriore comprende la lista alfabetica della classe 30. Tra i prodotti che compongono detta lista si trovano le “polveri per gelati”. I “semilavorati e basi per la preparazione di gelati” contestati includono, in quanto categoria più ampia, le “polveri per gelati” dell’opponente. È impossibile per la divisione Opposizione filtrare questi prodotti dalla categoria sopra menzionata. Poiché la divisione Opposizione non può scorporare ex officio l’ampia categoria di prodotti della richiedente, i prodotti in questione sono considerati identici. – Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nelle prime cinque lettere di entrambi, è cioè “GALAT-“. Essi differiscono, invece, nelle loro parti finali, e cioè nelle tre lettere INE del marchio anteriore e nelle due lettere “EA” del marchio impugnato, oltre che negli elementi grafici e nell’espressione “…è naturale” del marchio impugnato. – Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei marchi coincide nel suono delle lettere “GALAT-“ presenti identicamente in entrambi i segni. Entro questi limiti i marchi sono simili dal punto di vista fonetico. La pronuncia dei segni differisce nel suono delle lettere “INE” del marchio anteriore e delle lettere “EA” del marchio impugnato che non trovano alcuna corrispondenza. Va notato altresì che le prime due sillabe sono identiche in entrambi i marchi, essendo le terze sillabe in entrambi i casi comunque molto simili, trattandosi delle sillabe “TI” e “TE”, le quali hanno in comune la prima lettera e presentano le vocali “I” ed “E”, che hanno suoni simili. Solo le ultime due sillabe dei marchi in conflitto (NE e A) sono del tutto differenti. Inoltre, la pronuncia differisce per quanto riguarda la presenza delle parole “è naturale” nel marchio impugnato, le quali non trovano corrispondenza alcuna nel marchio anteriore. – Sotto il profilo concettuale, il marchio anteriore “GALATINE” non ha un significato per il pubblico di riferimento. Il marchio impugnato “Galatea” (sic) può fare riferimento a un “genere di crostacei marini con addome ridotto e ripiegato, chele e antenne lunghe e sottili” o al “nome di una ninfa, deriv. di gála ‘latte’, con riferimento alla spuma bianca del mare” (Dizionario Italiano On-line della pagina web www.sapere.it). Ciononostante, la divisione Opposizione ritiene che detto elemento del marchio impugnato sarà associato a uno o a entrambi detti significati solo da una assai esigua parte del pubblico del territorio di riferimento, trattandosi di termini del tutto rari e inusuali. Al contrario, l’espressione “è
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naturale” del marchio impugnato sarà intesa come un riferimento generico a qualcosa che è della natura, che riguarda la natura o si riferisce alla natura. Limitatamente a questo elemento, e per quanto sia compreso il termine “Galatea” (sic), i marchi non sono concettualmente simili. – L’elemento “è naturale” del segno impugnato è associato all’idea di “natura”, nel senso di “senza l’aggiunta di elementi esterni”, “non artificiale”. Tenendo conto che i prodotti rilevanti sono prodotti alimentari, si considera che questo elemento è dotato di una limitata capacità distintiva per questi prodotti. Il pubblico comprende il significato dell’elemento e non presterà la stessa attenzione a tale elemento di limitata capacità distintiva che rivolgerà agli altri elementi più distintivi del marchio. Di conseguenza, l’impatto di tale elemento è limitato in sede di valutazione del rischio di confusione fra i marchi. – L’elemento “galatea” nel segno impugnato, insieme alla forma geometrica su cui è riprodotto, è l’elemento dominante in quanto dotato di maggiore impatto visivo, in virtù della sua posizione centrale e delle sue dimensioni. – L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà. Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale. – I prodotti identici sono diretti al grande pubblico, il cui grado di attenzione varia da medio a basso, trattandosi di prodotti di consumo quotidiano il cui acquisto può essere frequente. – Tra il termine “GALATINE” del marchio anteriore e la parola “GALATEA” che è parte del marchio della richiedente esiste una significativa somiglianza sia visiva che fonetica. Ciò in particolare è dovuto al fatto che gli elementi comuni si trovano nella prima parte dei segni, su cui i consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione. – Dal punto di vista concettuale è vero che il marchio impugnato ha almeno due significati reali. Tuttavia, l’uso del termine “galatea” con tali significati è senza dubbio assai poco comune. Pertanto difficilmente la sua conoscenza da parte del pubblico in relazione a detti significati avrà alcuna rilevanza. – Gli ulteriori elementi del marchio impugnato, vale a dire la particolare rappresentazioni figurativa ed l’elemento verbale “…è naturale” hanno un impatto limitato. L’espressione “…è naturale” ha scarsa capacità distintiva e non è l’elemento dominante del marchio, quindi verrà preso in considerazione solo in un secondo momento rispetto al termine “galatea”. Per quanto riguarda poi il fatto che il marchio impugnato contenga elementi figurativi, si deve tener presente che, in linea di principio, quando un segno è composto di elementi figurativi e denominativi, l’elemento denominativo ha sul consumatore di solito un impatto più forte dell’elemento figurativo.
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– Alla luce del principio di interdipendenza, sussiste un rischio di confusione da parte del pubblico.

7 In data 29 gennaio 2016 la richiedente presentava un ricorso avverso la decisione impugnata. L’Ufficio riceveva la memoria contenente i motivi di ricorso in data 1 aprile 2016.

8 Nelle sue osservazioni in risposta ricevute dall’Ufficio in data 14 giugno 2016, l’opponente chiedeva il rigetto del ricorso e la conferma della decisione impugnata.

Conclusioni e argomenti delle parti

9 Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue: – Gli elementi di dissomiglianza sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale (sotto quest’ultimo aspetto, la richiedente contesta l’affermazione della decisione impugnata secondo cui i possibili significati del termine “GALATEA” sarebbero di difficile conoscenza da parte dei consumatori italiani) prevalgono su quelli di uguaglianza, pertanto i marchi a confronto dovranno considerarsi differenti. – La divisione Opposizione ha correttamente riconosciuto che l’elemento dominante e di maggior impatto della domanda di marchio “GALATEA” è l’elemento grafico, mentre alcun elemento dominante viene ravvisato nel marchio anteriore “GALATINE” [sic]. – Il carattere distintivo del marchio anteriore “GALATINE” dev’essere considerato “ridotto”, tenuto conto, tra l’altro, che l’opponente non ha invocato alcun elevato carattere distintivo del proprio marchio a seguito dell’uso intenso o della notorietà nel mercato italiano, e che il richiamo del marchio al prodotto “latte” descrive uno dei principali ingredienti dei prodotti di cui alla classe 30. – I segni condividono la componente verbale identica GALAT, descrittiva dei prodotti rivendicati in classe 30. Tale coincidenza è tuttavia superata, nell’impressione globale suscitata nei marchi, dalle differenze evidenziate, sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale. – L’identità/somiglianza tra i segni è conditio sine qua non per la sussistenza del rischio di confusione e nel caso in oggetto sono ravvisabili differenze tra i segni in conflitto tali da giustificare il rigetto dell’opposizione.

10 Nelle osservazioni in risposta al ricorso, l’opponente contesta integralmente gli argomenti della richiedente, chiedendo la conferma della decisione impugnata. L’opponente richiama inoltre quanto previamente argomentato circa l’accresciuta distintività del marchio anteriore, quantomeno sul mercato italiano, dove il marchio è presente e utilizzato da oltre mezzo secolo.
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Motivazione
Osservazioni preliminari sui regolamenti applicabili

11 La domanda di marchio è stata presentata prima dell’entrata in vigore (il 23 marzo 2016) del nuovo Regolamento sul marchio dell’Unione Europea come modificato dal Regolamento (UE) 2015/2424. Pertanto, il precedente Regolamento (CE) N. 207/2009 (RMC) si applica al ricorso in oggetto (04/10/2016, T−549/14, Castello / Castellò (fig.) et al., EU:T:2016:594, § 33), almeno per quanto riguarda disposizioni di carattere non strettamente procedurale (13/06/2013, C−346/12 P, Milram, EU:C:2013:397, § 2). Tuttavia, per facilità di riferimento, la Commissione di ricorso farà in seguito riferimento al RMUE e alla nuova terminologia introdotta dal Regolamento (UE) 2015/2424, tenendo presente che i cambiamenti sostanziali introdotti da quest’ultimo non si applicano al caso in esame.

12 Poiché il nuovo Regolamento recante modalità di esecuzione del regolamento sul marchio dell’Unione Europea (REMUE) non entrerà in vigore prima dell’1 ottobre 2017, la Commissione continuerà a fare riferimento al vigente Regolamento (CE) N. 2868/95, recante modalità di esecuzione del regolamento sul marchio comunitario (REMC).
Ammissibilità

13 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE

14 L’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE dispone che, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

15 L’esistenza di un rischio di confusione dal punto di vista del pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

16 Questa valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, e in particolare tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (29/09/1998, C−39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17; 22/06/1999, C−342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 19).
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17 L’interdipendenza tra questi fattori trova espressione nel settimo ‘considerando’ del RMUE, secondo cui è opportuno interpretare la nozione di somiglianza in relazione al rischio di confusione, la cui valutazione, a sua volta, dipende segnatamente dalla notorietà del marchio sul mercato e dal grado di somiglianza tra il marchio e il segno e tra i prodotti o servizi designati.

18 La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. 11/11/1997, C−251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 25).
Pubblico rilevante

19 Per quanto riguarda il pubblico pertinente, il territorio rilevante è, nella fattispecie, l’Italia, poiché il marchio anteriore è protetto in tale stato membro.

20 Occorre tener conto del fatto che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria.

21 Occorre, altresì, prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (v. 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

22 Nella fattispecie, è pacifico che i prodotti alimentari in conflitto si dirigono al grande pubblico, il cui livello di attenzione sarà tuttalpiù di grado medio. La Commissione conferma al riguardo la valutazione non controversa della decisione impugnata.
Comparazione dei prodotti

23 L’identità dei prodotti in conflitto appartenenti alla classe 30, correttamente stabilita nella decisione impugnata, non rappresenta un punto controverso. La Commissione fa proprie, al riguardo, le considerazioni e conclusioni della divisione Opposizione.
Comparazione dei segni

24 Passando al raffronto dei marchi, si rileva che, quanto alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, la valutazione globale del rischio di confusione dev’essere fondata sull’impressione d’insieme da essi prodotta, tenuto conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (11/11/1997, C−251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

25 Inoltre, secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico pertinente, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti (23/10/2002, T−6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 30).
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26 Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando ciascun marchio nel suo complesso, anche se ciò non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante. Per esempio quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva in memoria, di guisa che tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (12/11/2008, T-7/04, Limoncello, EU:T:2008:481, § 40, e giurisprudenza ivi citata).

27 Quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più determinate componenti di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso (23/10/2002, T-6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 35).

28 Per quanto attiene al carattere distintivo degli elementi costitutivi dei segni, in primo luogo la Commissione ritiene infondata l’affermazione della richiedente (non condivisa dall’opponente) secondo cui la componente verbale “GALA(T)”, comune ai segni in conflitto, sarebbe descrittiva dei prodotti de quibus in quanto evocativa del termine “latte”. Infatti, in assenza di qualsivoglia argomento o prova a sostegno di tale affermazione, non vi è ragione alcuna di supporre che il consumatore medio italiano dei prodotti in questione sarà in grado di comprendere il significato del termine greco traslitterato “gala” (i.e. “latte”).

29 In secondo luogo, la Commissione ritiene che l’elemento verbale “galatea” rappresenta l’elemento maggiormente distintivo del marchio contestato. Ciò poiché, da un lato, la dicitura “è naturale”, peraltro chiaramente secondaria per dimensioni, descrive/loda l’origine naturale (i.e. non artificiale) dei prodotti alimentari in questione, con la conseguenza che essa è priva di capacità distintiva: il pubblico italiano non la percepirà in alcun modo come un’espressione dotata di una qualche funzione indicatrice dell’origine commerciale dei prodotti. Dall’altro, la rappresentazione grafica del segno contestato, consistente nella lieve stilizzazione degli elementi verbali nonché nella particolare etichetta rettangolare bicolore con angoli smussati su cui si staglia il termine “galatea” è, sebbene non trascurabile, meno distintiva rispetto a tale termine, rispetto al quale essa ha una funzione più che altro decorativa. Giova ricordare, al riguardo, che quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, oggetto di maggior attenzione rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in questione citando il nome piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio (14/07/2005, T-312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289). Nella fattispecie, la rappresentazione grafica del segno contestato non è tale da costituire un’eccezione a tale principio. Contrariamente a quanto affermato dalla richiedente, la divisione Opposizione non ha
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“riconosciuto che l’elemento dominante e di maggior impatto della domanda di marchio ‘GALATEA’ è l’elemento grafico”, bensì che tale ruolo dominante sotto l’aspetto visivo è svolto dall’elemento “GALATEA” “insieme alla forma geometrica su cui è riprodotto”. Il fatto che il vocabolo “galatea”, visualmente inscindibile dalla particolare forma grafica in cui è riprodotto, rappresenti l’elemento di maggior impatto visivo non inficia le precedenti considerazioni relative alla maggior distintività della componente verbale rispetto a quella figurativa.

30 Tenuto conto di quanto sopra, sotto il profilo visivo, la Commissione concorda con la divisione Opposizione sul fatto che i segni sono simili nella misura in cui coincidono nelle lettere “GALAT”, disposte nel medesimo ordine, che costituiscono le prime cinque lettere del marchio anteriore (composto da otto lettere in totale) e dell’unico elemento verbale distintivo (di sette lettere) del segno contestato. Si rileva poi che le restanti lettere di tali elementi verbali (rispettivamente “-INE” e “–EA”) non sono del tutto distinte, dal momento che hanno in comune la lettera “E”. Le lettere in comune rappresentano, inoltre, la prima parte in entrambi i marchi, che è, di norma, quella maggiormente in grado di attrarre l’attenzione del consumatore. Né la presenza dell’espressione “…è naturale”, priva di capacità distintiva e chiaramente secondaria nel segno contestato per posizione e dimensioni, né la particolare rappresentazione grafica di tale segno è in grado di controbilanciare le importanti coincidenze innanzi menzionate, con la conseguenza che i segni presentano una somiglianza visiva non trascurabile.

31 Sotto il profilo fonetico, come correttamente affermato nella decisione impugnata, i marchi sono simili nella misura in cui la loro pronuncia coincide nel suono delle lettere “GALAT-”, corrispondenti alla parte iniziale del vocabolo costituente il marchio anteriore e dell’unico elemento verbale distintivo del segno contestato. Si rileva inoltre, in linea con la divisione Opposizione, che le prime due sillabe dei marchi sono identiche e che le rispettive terze sillabe sono comunque molto simili, trattandosi delle sillabe “TI” e “TE”, le quali hanno in comune la prima lettera e presentano le vocali “I” ed “E”, che hanno suoni simili. La Commissione ritiene che l’elemento denominativo “è naturale” del marchio contestato non sia particolarmente determinante sotto l’aspetto fonetico, nella misura in cui la stragrande maggioranza dei consumatori di riferimento ne ometteranno la pronuncia, non solo per esigenze di economia di linguaggio, ma anche per le caratteristiche peculiari di tale elemento verbale, il quale è privo di capacità distintiva e riveste, come si è osservato, un ruolo subordinato nel segno quanto a posizione e dimensioni (per analogia, 16/09/2009, T-400/06, zerorh+, EU:T:2009:331, § 58). Ne consegue che il grado di somiglianza fonetica tra i segni è di grado medio.

32 Sotto il profilo concettuale, è pacifico che il marchio anteriore “GALATINE” è privo di significato per il pubblico di riferimento. Quanto al termine “galatea” del marchio impugnato, la Commissione ritiene, in linea con la decisione impugnata, che la grande maggioranza dei consumatori italiani non sarà in grado di attribuire alcun significato preciso a tale termine, e che solo una porzione assai esigua del pubblico di riferimento possa effettuare un collegamento concettuale tra il vocabolo “galatea” e “un genere di crostacei” o “il nome di una ninfa”. L’uso del termine con tali significati è, infatti, poco comune. Con
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riguardo al primo significato, “galatea” è un termine specifico della zoologia/biologia marina, mentre il collegamento con il secondo significato (nome proprio di una ninfa), ai più ignoto, è inoltre scoraggiato dalla rappresentazione della prima lettera “g” in minuscolo.

33 Quanto al significato dell’espressione “è naturale” nel segno contestato, esso si riduce, come osservato, a una mera affermazione descrittiva/laudatoria, con la conseguenza che la presenza di tale elemento non contribuisce ad alcuna differenza concettuale significativa tra i segni.

34 Si deve pertanto confermare la conclusione della divisione Opposizione in base alla quale i marchi in conflitto non presentano somiglianze (o differenze) concettuali rilevanti dal punto di vista concettuale.
Valutazione globale del rischio di confusione

35 Il carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore deve considerarsi normale, in quanto “GALATINE” è un vocabolo di fantasia, privo di riferimenti concettuali ai prodotti in questione. La rivendicazione, da parte dell’opponente, dell’accresciuto carattere distintivo del marchio attraverso l’uso intensivo non è sorretta dal necessario materiale probatorio.

36 I prodotti rivendicati dai marchi in conflitto sono identici. I marchi presentano indubbie somiglianze, in particolare sotto l’aspetto visivo e fonetico, in grado di influenzare in maniera efficace la percezione del pubblico. Tali somiglianze non sono peraltro controbilanciate da alcuna differenza concettuale rilevante, per lo meno per la maggioranza dei consumatori italiani di riferimento.

37 Alla luce di quanto sopra, tenuto conto, in particolare, del principio dell’interdipendenza dei fattori, la Commissione ritiene che le somiglianze tra i segni in conflitto siano tali da poter indurre i consumatori rilevanti, il cui livello di attenzione sarà tuttalpiù di grado medio, a ritenere che i prodotti alimentari identici nella classe 30, contraddistinti dai marchi in questione, provengano dalla medesima impresa o da imprese economicamente collegate.

38 Per le ragioni innanzi esposte, il ricorso dev’essere respinto.
Spese

39 Poiché la richiedente è la parte soccombente ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1 RMUE, essa dovrà sopportare le spese del procedimento di ricorso. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 6, RMUE e della regola 94, paragrafo 3, ultima frase, REMC, la richiedente è pertanto tenuta a rimborsare le spese di rappresentanza sostenute dall’opponente nel procedimento di ricorso per l’importo specificato nella regola 94, paragrafo 7, lettera d), REMC (550 euro). Quanto al procedimento di opposizione, la fissazione delle spese stabilita nella decisione impugnata è confermata.
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Dispositivo Per questi motivi,

LA COMMISSIONE
così decide:
1. Il ricorso è respinto;

2. La richiedente sopporterà l’onere delle spese sostenute dall’opponente nel procedimento di ricorso, il cui importo è fissato a 550 euro.
Signed T. de las Heras
Signed C. Negro
Signed C. Govers
Registrar:
Signed H.Dijkema
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START UP INITIATIVE – Prima Sezione EUIPO – 15.12.2016

start up initiative

START UP INITIATIVE – Prima Sezione Euipo – 15.12.2016

marchio figurativo START UP INITIATIVE

La prima commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso. In particolare, essa negava la registrazione del marchio richiesto, con la motivazione che l’espressione «start up initiative» era priva di carattere distintivo in relazione ai servizi in questione e che la presenza della nuvoletta di un fumetto nel marchio richiesto non era sufficiente a conferire a quest’ultimo, nel suo complesso, un carattere distintivo.

Nel caso di specie, la nuvoletta si presenta come un semplice elemento figurativo, tanto più che, come ha rilevato in sostanza la commissione di ricorso, esso si discosta dalla tecnica utilizzata più frequentemente nei fumetti per rappresentare visivamente una parola, in ragione della completa assenza di personaggi o altre figure nel marchio richiesto. Il pubblico non comprenderà quindi necessariamente la forma che circonda la parola «up» come la nuvoletta di un fumetto, bensì come una semplice cornice di fantasia, che non può, in quanto tale, trasmettere un messaggio che possa essere ricordato dai consumatori.

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

15 dicembre 2016(*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo START UP INITIATIVE – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Obbligo di motivazione – Articolo 75 del regolamento n. 207/2009»

Nella causa T-529/15,

Intesa Sanpaolo SpA, con sede a Torino (Italia), rappresentata da P. Pozzi e F. Braga, avvocati,
ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato inizialmente da P. Bullock, successivamente da L. Rampini, in qualità di agenti,
convenuto,

avente ad oggetto il ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 29 giugno 2015 (procedimento R 2777/2014-1), relativa alla domanda di registrazione del marchio figurativo START UP INITIATIVE come marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),
composto da H. Kanninen (relatore), presidente, I. Pelikánová e L. Calvo-Sotelo IbáñezMartín, giudici,
cancelliere: A. Lamote, amministratrice
visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2015,
visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 novembre 2015,
in seguito all’udienza del 1° luglio 2016,
ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1        Il 19 giugno 2014, la ricorrente, Intesa Sanpaolo SpA, presentava una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).
2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:
3        I servizi per i quali è stata richiesta la registrazione rientrano nelle classi 35, 36, 41 e 42 dell’accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ogni classe, nella sostanza, in particolare, alla seguente descrizione:
–        classe 35: servizi nel campo della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale;
–        classe 36: servizi di finanziamento, di stima, immobiliari, assicurativi e di investimento;
–        classe 41: servizi concernenti la formazione e l’educazione nonché le attività sportive e culturali;
–        classe 42: servizi scientifici e tecnologici e servizi di analisi e di ricerche industriali, di progettazione e sviluppo di hardware e software.
4        Con decisione del 12 settembre 2014, l’esaminatore respingeva la domanda di registrazione per i servizi indicati al precedente punto 3, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 207/2009.
5        Il 30 ottobre 2014 la ricorrente proponeva ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.
6        Con decisione del 29 giugno 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO respingeva il ricorso. In particolare, essa negava la registrazione del marchio richiesto, con la motivazione che l’espressione «start up initiative» era priva di carattere distintivo in relazione ai servizi in questione e che la presenza della nuvoletta di un fumetto nel marchio richiesto non era sufficiente a conferire a quest’ultimo, nel suo complesso, un carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

Conclusioni delle parti
7        La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
–        «accertare la violazione e non corretta applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, e dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009»;
–        annullare la decisione impugnata;
–        condannare l’EUIPO alle spese.
8        L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso;
–        condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

Osservazioni preliminari sul primo capo delle conclusioni della ricorrente
9        L’EUIPO ha affermato che il ricorso non poteva avere lo scopo di ottenere una sentenza dichiarativa e che le conclusioni della ricorrente volte a far sì che il Tribunale dichiari che la decisione impugnata è in contrasto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, e con l’articolo 75 del regolamento n. 207/2009 dovevano essere intese come dirette ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata.
10      La ricorrente ha confermato, in sede d’udienza, che il primo capo delle sue conclusioni non era indipendente dal secondo capo, con il quale essa ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata.
11      Alla luce di questa precisazione, va constatato che il primo capo delle conclusioni, nella sostanza, coincide con il secondo capo delle conclusioni, vertente sull’annullamento della decisione impugnata. Pertanto, non è necessario né statuire su questo primo capo delle conclusioni né, a fortiori, pronunciarsi sulla ricevibilità dello stesso.

Nel merito
12      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi di ricorso vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009 e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento.
Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009
13      La ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è venuta meno al suo obbligo di motivazione.
14      Al riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 75, prima frase, del regolamento n. 207/2009, le decisioni dell’EUIPO devono essere motivate. Secondo la
giurisprudenza, tale obbligo ha la medesima portata di quello sancito dall’articolo 296, secondo comma, TFUE ed il suo scopo è consentire, da un lato, agli interessati di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato al fine di tutelare i propri diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione europea di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della decisione [v. sentenze del 6 settembre 2012, Storck/UAMI, C-96/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:537, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, e del 9 luglio 2008, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T-304/06, EU:T:2008:268, punto 43 e giurisprudenza ivi citata].
15      Emerge dalla giurisprudenza della Corte che la valutazione dei motivi di impedimento alla registrazione di una domanda di marchio deve vertere su ciascuno dei prodotti o dei servizi per i quali la registrazione del marchio è richiesta (v. sentenza del 17 ottobre 2013, Isdin/Bial-Portela, C-597/12 P, EU:C:2013:672, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).
16      La Corte ha ammesso che, qualora lo stesso impedimento sia opposto per una categoria o un gruppo di prodotti o di servizi, la motivazione può essere globale per tutti i prodotti o i servizi interessati (v. sentenza del 17 ottobre 2013, Isdin/Bial-Portela, C-597/12 P, EU:C:2013:672, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).
17      Tuttavia, una siffatta facoltà si estende solo a prodotti e a servizi che presentano tra loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, al punto da formare una categoria o un gruppo di prodotti o servizi di sufficiente omogeneità. La circostanza che i prodotti o i servizi interessati rientrino nella medesima classe ai sensi dell’accordo di Nizza di per sé non basta a concludere nel senso di una siffatta omogeneità, in quanto queste classi contengono spesso una grande varietà di prodotti o di servizi che non presentano necessariamente tra di essi un tale nesso sufficientemente diretto e concreto (v. sentenza del 17 ottobre 2013, Isdin/BialPortela, C-597/12 P, EU:C:2013:672, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).
18      L’omogeneità dei prodotti o dei servizi, come definita dalla giurisprudenza citata al precedente punto 17, è valutata alla luce del motivo concreto di impedimento alla registrazione del marchio in questione (v., in tal senso, ordinanza dell’11 dicembre 2014, FTI Touristik/UAMI, C-253/14 P, non pubblicata, EU:C:2014:2445, punto 48) e sussiste la possibilità di procedere ad una motivazione globale per i prodotti e i servizi che presentino tra di loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, tanto da formare una categoria sufficientemente omogenea per consentire che tutte le considerazioni di fatto e di diritto, che formano la motivazione della decisione in questione, chiariscano a sufficienza l’iter logico seguito per ciascuno dei prodotti e dei servizi appartenenti a tale categoria e possano essere applicate indistintamente a ciascuno di tali prodotti e di tali servizi [sentenza del 2 aprile 2009, Zuffa/UAMI (ULTIMATE FIGHTING CHAMPIONSHIP), T-118/06, EU:T:2009:100, punto 28].
19      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe effettuato un’analisi «frammentaria e sommaria» in relazione a ciascuno dei servizi designati dal marchio richiesto.
20      Per i servizi della classe 35, la motivazione fornita non sarebbe applicabile a servizi diversi dalla redazione di testi pubblicitari. Taluni servizi di detta classe, in linea di principio, non sarebbero forniti da un prestatore alle imprese in fase di lancio (start up). Così avverrebbe per servizi quali la gestione aziendale per conto di sportivi o i servizi di
abbonamento a giornali per terzi, che non potrebbero essere considerati come servizi rivolti a start up.
21      Per i servizi della classe 36, la commissione di ricorso non avrebbe spiegato il nesso che potrebbe sussistere, ad esempio, tra servizi quali i servizi di deposito in casseforti, le collette e le agenzie doganali, da un lato, e le iniziative destinate ad imprese in fase di lancio, dall’altro lato.
22      Per i servizi della classe 41, la motivazione non sarebbe sufficiente poiché, secondo la ricorrente, tali servizi, che includono in particolare l’organizzazione di concorsi di bellezza, non sono omogenei.
23      Per i servizi compresi nella classe 42, la motivazione della decisione impugnata non potrebbe applicarsi a servizi quali l’esplorazione subacquea, gli esami geologici e le prove tessili, che non sarebbero in alcun modo connessi a servizi quali i servizi scientifici e tecnologici, i servizi di analisi e di ricerche industriali e i servizi di progettazione e di sviluppo. Per di più, l’argomento secondo cui le start up sarebbero create in settori innovativi dal punto di vista tecnologico sarebbe in contraddizione con l’argomento secondo cui i servizi compresi nella classe 41 includerebbero attività di divertimento e di ricreazione.
24      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. Esso ritiene che il motivo di ricorso sia infondato in quanto, principalmente, tutti i servizi interessati dalla domanda di marchio possono essere forniti a start up o essere forniti da queste ultime.
25      A tal proposito, per quanto riguarda la classe 35, i servizi ivi elencati e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Pubblicità; Gestione di affari commerciali; Amministrazione commerciale; Lavori di ufficio; Affissioni; Affitto di distributori automatici; Affitto di spazio pubblicitario su qualsiasi media di comunicazione; Agenzie d’informazioni commerciali; Agenzie di pubblicità; Agenzie per l’importazione e l’esportazione; Aggiornamento di documentazione pubblicitaria; Amministrazione commerciale di licenze di prodotti e di servizi di terzi; Analisi del prezzo di costo; Assistenza nella direzione di imprese industriali o commerciali; Consultazione professionale di affari; Consultazioni per la direzione degli affari; Consultazioni per questioni riguardanti il personale; Contabilità; Decorazione di vetrine; Diffusione di annunci pubblicitari; Diffusione (distribuzione) di campioni; Dimostrazione pratica di prodotti; Direzione professionale delle attività artistiche; Distribuzione di materiale pubblicitario (volantini, prospetti, stampati, campioni); Elaborazione di statistiche; Fatturazione; Gestione amministrativa di alberghi; Gestione aziendale per conto degli sportivi; Gestione di archivi informatici; Informazioni (di affari); Informazioni e consulenza commerciale ai consumatori; Investigazioni (per affari); Layout per scopi pubblicitari; Locazione di spazi pubblicitari; Marketing; Noleggio di fotocopiatrici; Noleggio di macchine e di attrezzature per ufficio; Noleggio di materiale pubblicitario; Organizzazione di esposizioni per scopi commerciali o pubblicitari; Organizzazione di fiere per scopi commerciali o di pubblicità; Organizzazione di sfilate di moda a fini promozionali; Perizie in materia di affari; Preparazione di fogli di paga; Presentazione di prodotti con qualsiasi mezzo di comunicazione per la vendita al dettaglio; Previsioni economiche; Produzione di spot pubblicitari; Progetti (assistenza nella direzione degli affari); Promozione delle vendite per i terzi; Pubblicazione di testi pubblicitari; Pubblicità on-line su rete informatica; Pubblicità per corrispondenza; Pubblicità per posta; Pubblicità radiofonica; Pubblicità televisiva; Raccolta di dati in uno schedario centrale; Ragguagli d’affari; Reclutamento di personale; Redazione di testi pubblicitari; Relazioni
pubbliche; Ricerca di sponsor; Ricerche di informazioni su schedari informatici (per terzi); Ricerche (di mercato-); Ricerche (per affari-); Riproduzione di documenti; Selezione di personale con procedimenti psicotecnici; Servizi di abbonamento ai giornali per i terzi; Servizi di abbonamento ai servizi di telecomunicazione per i terzi; Servizi di approvvigionamento per conto terzi (acquisto di prodotti e di servizi par altre imprese); Servizi di comparazione dei prezzi; Servizi di consulenza per l’organizzazione e la direzione degli affari; Servizi di consulenza per l’organizzazione degli affari; Servizi di consulenza per la direzione degli affari; Servizi di dattilografia; Servizi di fotocopiatura; Servizi di indossatrici a fini pubblicitari o di promozione delle vendite; Servizi di rassegne stampa; Servizi di rialloggio per imprese; Servizi di risposta (telefonica) (per abbonati assenti); Servizi di segreteria; Servizi di stenografia; Servizi di subappalto (assistenza commerciale); Servizi di telemarketing; Sistemazione di dati in uno schedario centrale; Sondaggio di opinione; Stesura di dichiarazioni fiscali; Stesura di estratti di conti; Stime in materia di affari commerciali; Studi (di mercato); Trascrizione di comunicazioni; Trattamento amministrativo di ordinazioni di acquisti; Trattamento di testi; Uffici di collocamento; Vendita all’asta; Verifica di conti».
26      Al punto 20 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha spiegato che, per quanto riguarda tutti questi servizi, il marchio richiesto sarebbe inteso come l’indicazione, fornita al destinatario dei servizi, del fatto che, nel campo segnatamente della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale, questi ultimi risponderebbero in maniera particolarmente idonea alle esigenze delle start up. La commissione di ricorso ha precisato che il marchio richiesto designava il soggetto destinatario del servizio, vale a dire la start up, e la maniera concreta di aiutare quest’ultima mediante la creazione di iniziative negli svariati settori indicati nella lista dei servizi di cui alla classe 35. Essa ha preso a titolo esemplificativo la redazione di testi pubblicitari e ha indicato che il marchio richiesto avrebbe informato il pubblico del fatto che il servizio rappresentava un’iniziativa che il prestatore metteva a disposizione della start up.
27      Così facendo, la commissione di ricorso ha sufficientemente motivato in punto di diritto la decisione impugnata per quanto riguarda i servizi della classe 35.
28      Nelle circostanze del caso di specie, infatti, la motivazione poteva essere globale dati i servizi in questione, che rientrano nel campo segnatamente della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale. Tali servizi possono interessare le start up, in quanto, come rilevato a giusto titolo dalla commissione di ricorso al punto 21 della decisione impugnata, il lancio di una nuova impresa può richiedere l’elaborazione di un progetto d’impresa, il disegno di una campagna pubblicitaria, consulenza commerciale, selezione di personale, noleggio di apparecchiature d’ufficio, lavori di dattilografia, ricerche di mercato e ciascuno degli altri servizi elencati nella classe 35. Il fatto che, in tale classe, siano elencati anche servizi quali la gestione aziendale per conto di sportivi o i servizi di abbonamento a giornali per terzi non permette di rimettere in discussione tale valutazione. Da una parte, la gestione aziendale per conto di terzi e, in particolare, di sportivi può essere un servizio destinato ad una start up, specialmente se quest’ultima opera in campo sportivo. Dall’altra, anche i servizi di abbonamento a giornali per terzi possono interessare le start up, in quanto esse possono assolutamente aver bisogno, nell’ambito delle loro attività, di sottoscrivere tali abbonamenti.
29      La commissione di ricorso poteva quindi motivare la decisione impugnata, come ha fatto ai punti 20 e 21 della stessa, senza ulteriori precisazioni. Questa motivazione poteva in
effetti essere applicabile a tutti i servizi della classe 35 che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio, nonostante le differenze che sussistono tra loro.
30      Per quanto riguarda la classe 36, i servizi ivi elencati e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Assicurazioni; Affari finanziari; Affari monetari; Affari immobiliari; Affari bancari; Affìtto di appartamenti; Affìtto di imprese agricole; Agenzie di credito; Agenzie di locazione (proprietà immobiliari); Agenzie di recupero di crediti; Agenzie doganali; Agenzie immobiliari; Amministrazione di beni immobiliari; Amministrazione di immobili; Amministrazione di patrimoni; Analisi (finanziaria); Assicurazione contro gli incidenti; Assicurazione contro l’incendio; Assicurazione malattia; Assicurazione marittima; Assicurazione (sulla vita); Brokeraggio; Collette di beneficenza; Consulenza in materia di assicurazioni; Consulenza in materia finanziaria; Costituzione di capitali; Deposito di valori; Deposito in casseforti; Emissione di assegni di viaggio; Emissione di buoni di valore; Emissione di carte di credito; Fatture; Garanzie (cauzioni); Home banking; Informazioni (finanziarie); Informazioni in materia di assicurazioni; Intermediazione di crediti dì carbonio; Investimento di capitali; Istituto per contratti di affitto; Leasing; Locazione di uffici (immobili); Mediazione in assicurazioni; Mediazione in beni immobiliari; Mediazione in borsa; Operazioni di cambio; Operazioni di compensazione (cambio); Pagamento a rate; Perizie fiscali; Prestiti contro sicurezza; Prestiti (finanziamenti); Prestito su garanzia di beni mobili; Quotazione di borsa; Raccolte di denaro; Riscossione di pigioni; Servizi attuari; Servizi di carte di credito; Servizi di carte di debito; Servizi di cassa di previdenza; Servizi di finanziamento; Servizi di fondo di previdenza; Servizi di liquidazione di imprese (affari finanziari); Servizi di pagamento delle pensioni; Servizi di prestito su pegno; Servizi fiduciari; Sponsorizzazione (finanziaria-); Stima del legname non abbattuto; Stima di beni immobiliari; Stima di francobolli; Stima di gioielli; Stima di oggetti d’arte; Stima di oggetti di antiquariato; Stima numismatic[a]; Stime finanziarie (assicurazioni, banche, immobili); Stime finanziarie dei costi di riparazione; Stime in materia di lana; Trasferimento elettronico di fondi; Verifica degli assegni».
31      Al punto 23 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha spiegato che una start up aveva bisogno di finanziamenti, servizi di stima, servizi immobiliari, servizi assicurativi, servizi d’investimento e di ogni altro servizio che la ricorrente aveva elencato nella sua domanda di marchio per quanto riguarda la classe 36. Essa ha precisato che si trattava di servizi destinati al mondo imprenditoriale in generale e ancor più alle imprese appena costituite che puntavano sulle nuove tecnologie e che erano, quindi, finanziariamente più fragili ed esposte.
32      Così facendo, la commissione di ricorso ha sufficientemente motivato in punto di diritto la decisione impugnata per quanto riguarda i servizi della classe 36 che costituiscono l’oggetto del marchio richiesto.
33      Tali servizi, infatti, presentano tra loro un nesso sufficientemente diretto e concreto in quanto, come precisato dalla commissione di ricorso al punto 24 della decisione impugnata, ciascuno di tali servizi può «rientra[re] nel concetto di iniziativa posta in essere dalla [ricorrente] a favore delle start up». Gli elementi forniti dalla ricorrente non permettono di escludere che servizi quali i servizi di deposito in casseforti, le collette e le agenzie doganali possano rivestire un interesse per imprese appena create al pari, per esempio, dei servizi di finanziamento, di stima, immobiliari, assicurativi e di investimento.
34      Per quanto riguarda la classe 41, i servizi che rientrano nel suo campo d’applicazione e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Educazione; Formazione; Divertimento; Attività sportive e culturali; Accademie (educazione); Addestramento di animali; Affitto di apparecchi e accessori cinematografici; Affitto di arredamenti per spettacoli; Affitto di arredi da teatro; Affitto di campi da tennis; Affitto di films cinematografici; Affitto di registrazioni sonore; Affitto di stazioni radiofoniche e televisive; Allenamento (formazione); Campi (stages) di addestramento sportivo; Circhi; Composizione musicale per i terzi; Corsi di fitness cumulative; Cronometraggio delle manifestazioni sportive; Cultura fisica; Divertimento radiofonico; Divertimento televisivo; Doppiaggio; Educazione religiosa; Esercitazione pratica (dimostrazione); Fornitura di installazioni sportive; Fornitura di percorsi di golf; Fornitura on-line di pubblicazioni elettroniche non scaricabili; Fotografia; Gestione di sale da gioco; Giardini di attrazione; Giochi d’azzardo o scommesse; Informazioni in materia di divertimento; Informazioni in materia di educazione; Informazioni in materia di ricreazione; Insegnamento della ginnastica; Insegnamento per corrispondenza; Interpretazione del linguaggio gestuale; Layout, non per scopi pubblicitari; Locali notturni; Locazione di videonastri; Messa a disposizione di impianti di karaoke; Microfilmatura; Montaggio di programmi radiofonici e televisivi; Montaggio di videonastri; Noleggio di apparecchi audio; Noleggio di apparecchi d’illuminazione per set teatrali o studi televisivi; Noleggio di attrezzature di giochi; Noleggio di equipaggiamenti di immersione subacquea; Noleggio di equipaggiamento per gli sports ad eccezione dei veicoli; Noleggio di giocattoli; Noleggio di impianti sportivi; Noleggio di magnetoscopi; Noleggio di stadi; Noleggio di videocamere; Organizzazione di balli; Organizzazione di competizioni sportive; Organizzazione di concorsi di bellezza; Organizzazione di concorsi (educazione o divertimento); Organizzazione di esposizioni per scopi culturali o educativi; Organizzazione di lotterie; Organizzazione di sfilate di moda per intrattenimento; Organizzazione di spettacoli (servizi di impresari); Organizzazione e direzione di concerti; Organizzazione e direzione di conferenze; Organizzazione e direzione di congressi; Organizzazione e direzione di convegni; Organizzazione e direzione di seminari; Organizzazione e direzione di simposi; Organizzazione e gestione di laboratori di formazione; Orientamento professionale; Pensionati; Pianificazione di ricevimenti (divertimento); Prenotazione di posti per spettacoli; Prestito di libri; Produzione di film non per scopi pubblicitari; Produzione di films su videonastri; Produzione di musica; Produzione di spettacoli; Proiezione [in] sale cinematografiche; Prove pedagogiche; Pubblicazione di libri; Pubblicazione di testi eccetto quelli pubblicitari; Pubblicazione elettronica di libri e di riviste on line; Pubblicazioni tramite computer; Rappresentazione di spettacoli; Rappresentazioni teatrali; Redazione di sceneggiature; Redazione di testi (eccetto quelli pubblicitari); Registrazione di films su videonastri; Reportage fotografici; Riqualificazione professionale; Sale da musica; Scuole materne (educazione); Servizi di agenzie di modelli per artisti; Servizi di biblioteche itineranti; Servizi di biglietteria (divertimento); Servizi di calligrafi; Servizi di campi di vacanze (divertimento); Servizi di casinò (giochi); Servizi di club del benessere (salute e fitness); Servizi di clubs (divertimento o educazione); Servizi di cronisti; Servizi di discjockey; Servizi di discoteche; Servizi di fornitura di strutture ricreative; Servizi di giardini zoologici; Servizi di giochi proposti on line (partendo da una rete informatica); Servizi di interpretariato linguistico; Servizi di museo (presentazioni, esposizioni); Servizi di orchestre; Servizi di personal trainer (fitness); Servizi di studio di registrazione; Servizi di traduzione; Servizi per artisti di spettacoli; Sottotitolazione; Studi per cinema».
35      Va rilevato che la commissione di ricorso ha raggruppato tutti questi servizi in tre categorie e ha addotto una motivazione circostanziata per ciascuna di dette categorie.
36      Ai punti da 26 a 28 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha operato una distinzione tra tre gruppi di servizi, vale a dire il gruppo dei servizi attinenti alla formazione e all’educazione, il gruppo dei servizi attinenti alle attività sportive e culturali e il gruppo dei servizi attinenti alle attività di divertimento e di ricreazione e i restanti servizi.
37      Al punto 26 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha affermato che, per i servizi attinenti alla formazione e all’educazione, l’espressione contenuta nel marchio designerebbe la tematica dei servizi, vale a dire che «i corsi di formazione e simili sono dedicati alle iniziative destinate a favorire il decollo di start up». Al punto 27 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha spiegato che, per i servizi attinenti alle attività sportive e culturali, il marchio richiesto sarebbe percepito come l’indicazione che tali attività costituirebbero la materializzazione di iniziative a favore di imprese di recente costituzione e non come indicazione della provenienza del servizio o dell’attività da un’impresa particolare. La commissione di ricorso ne ha dedotto che, per tali servizi, il marchio richiesto non adempierebbe alcuna funzione informativa. Al punto 28 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha precisato che lo stesso varrebbe per le attività di divertimento, ricreazione e i restanti servizi relativamente ai quali il marchio richiesto si limitava ad informare il pubblico che si trattava di servizi ed attività che rientravano nel novero di un’iniziativa realizzata da una start up.
38      Così facendo, la motivazione addotta dalla commissione di ricorso è sufficiente e la ricorrente non presenta alcun argomento che possa dimostrare che le categorie di servizi individuate dalla commissione di ricorso non siano state determinate correttamente. Occorre inoltre precisare che l’organizzazione di concorsi di bellezza, messa in evidenza dalla ricorrente, può perfettamente rientrare nel terzo gruppo di servizi identificati dalla commissione di ricorso, il quale comprende in particolare le attività di divertimento e ricreazione.
39      Per quanto riguarda la classe 42, i servizi ivi elencati e che costituiscono l’oggetto della domanda di marchio sono i seguenti: «Servizi scientifici e tecnologici e servizi di ricerca e progettazione ad essi relativi; Servizi di analisi e di ricerche industriali; Progettazione e sviluppo di hardware e software; Affitto di computers; Aggiornamento di software; Agrimensura; Allestimento di piani per la costruzione; Analisi chimic[he]; Analisi della scrittura (grafologia); Analisi delle acque; Analisi di sistemi informatici; Architettura; Autenticazione di opere d’arte; Collaudi di materiali; Consulenza di architettura; Consulenza in materia di economia dell’energia; Consulenza in materia di software; Consulenza nella progettazione e nello sviluppo di computers; Controllo di pozzi di petrolio; Controllo di qualità; Controllo tecnico per autoveicoli; Conversione di dati e di programmi informatici (diversi d[a]lla conversione fisica); Conversione di dati o di documenti da un supporto fisico verso un supporto elettronico; Creazione e gestione di siti web per i terzi; Decorazione interna; Digitalizzazione di documenti (scansione); Disegni industriali; Duplicazione di programmi informatici; Elaborazione (ideazione) di software; Esami di giacimenti petroliferi; Esami geologici; Esplorazioni subacquee; Fornitura di informazioni scientifiche e consulenza in relazione alla emissione di anidride carbonica; Fornitura di motori di ricerca per Internet; Ingegneria; Inseminazione di nuvole; Installazione di software; Locazione di software informatici; Manutenzione di programmi per computers; Monitoraggio dei sistemi informatici tramite accesso remoto; Noleggio di server Web; Noleggio di spazi e assistenza per siti informatici per i terzi (siti web); Perizie (lavori d’ingegneria); Pianificazione urbanistica; Progettazione di sistemi informatici; Programmazione per computers; Prove tessili; Recupero di dati in banche dati informatiche; Ricerca di petrolio; Ricerca e sviluppo
di nuovi prodotti per i terzi; Ricerca geologica; Ricerche biologiche; Ricerche geologiche; Ricerche in batteriologia; Ricerche in chimica; Ricerche in cosmetologia; Ricerche in fisica; Ricerche in materia di protezione dell’ambiente; Ricerche in meccanica; Ricerche tecniche; Servizi d’analisi per la ricerca di giacimenti petroliferi; Servizi di informazioni meteorologiche; Servizi di chimica; Servizi di disegnatori di arti grafiche; Servizi di disegnatori per imballaggi; Servizi di figurinista; Servizi di laboratori scientifici; Servizi di protezione contro i virus informatici; Stilismo (estetica industriale); Studi di progetti tecnici; Taratura (misurazione); Valutazione della qualità della lana; Valutazione qualitativa del legname».
40      Ai punti da 29 a 31 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che tutti i servizi menzionati erano servizi scientifici e tecnologici, servizi di analisi e ricerche industriali, progettazione e sviluppo di hardware e software e di servizi ordinati alfabeticamente secondo la lingua italiana, che vanno dall’affitto di computer alla valutazione della qualità del legname, passando per l’inseminazione delle nuvole, l’esame di giacimenti petroliferi e i servizi di figurinisti. Il messaggio veicolato dal marchio richiesto per detti servizi e attività sarebbe quello, puramente informativo, che detti servizi vengono resi e dette attività vengono esercitate nell’ambito di iniziative imprenditoriali che ruotano attorno ad una start up. Le start up verrebbero create nei settori innovativi dal punto di vista tecnologico, che corrispondono precisamente a quelli di cui all’enunciato dei servizi della classe 42. L’impiego del marchio richiesto per tali servizi e attività non adempierebbe alcuna funzione distintiva. Il marchio richiesto si limiterebbe a informare il pubblico, non già sulla provenienza imprenditoriale di servizi e attività, ma circa il quadro imprenditoriale all’interno del quale i servizi sarebbero resi e le attività sarebbero realizzate.
41      Va considerato che, così facendo, la commissione di ricorso ha sufficientemente motivato in punto di diritto la decisione impugnata per quanto riguarda i servizi di cui alla classe 42. Questi presentano, infatti, tra loro, un nesso sufficientemente diretto e concreto, tenuto conto del fatto che possono tutti essere ricompresi in settori innovativi dal punto di vista tecnologico, nei quali le start up sono create. Quanto alla questione di sapere se tale argomento sia in contraddizione con quello avanzato circa alcuni dei servizi compresi nella classe 41 e che corrispondono ai servizi di divertimento e ricreazione, va rilevato che la mera constatazione formulata dalla commissione di ricorso, nella decisione impugnata, secondo cui le start up vengono create nei settori tecnologicamente innovativi, come quelli di cui all’enunciato della classe 42, non può essere interpretato nel senso che le start up non vengono mai create in altri settori, come quelli nei quali sono resi i servizi di divertimento e ricreazione di cui alla classe 41. Ne deriva che il rilievo vertente su una contraddizione interna della motivazione è privo di fatto di qualsiasi fondamento e deve, di conseguenza, essere respinto.
42      Risulta da quanto precede che la commissione di ricorso non è incorsa in errore allorché ha raggruppato i servizi oggetto della domanda di marchio in più categorie e ha adottato una motivazione globale per ciascuna di tali categorie. Per il resto, va aggiunto che le start up possono essere presenti in un gran numero di settori e possono attingere quindi a servizi di natura molto varia. Ciò conduce a ritenere che la motivazione possa essere identica per i diversi servizi che possono essere offerti a tali start up e che corrispondono ad attività a favore di queste ultime o da esse realizzate, indipendentemente dal fatto che detti servizi possano non essere necessariamente omogenei. Non era necessario, in tale contesto, ripetere la stessa motivazione per ogni servizio o ogni categoria di servizi.
43      Il primo motivo di ricorso dev’essere, pertanto, respinto in quanto infondato.
Sul secondo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009
44      La ricorrente ritiene che la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
45      La ricorrente contesta la decisione impugnata, in quanto si è ritenuto che il pubblico non anglofono comprenderebbe le parole «start up initiative», quando invece il consumatore, al di fuori dei paesi anglofoni, non sarebbe in grado di comprendere il significato di tali parole e percepirebbe il marchio richiesto come un segno composto da termini di pura fantasia.
46      Secondo la ricorrente, il marchio richiesto non è privo di carattere distintivo in relazione ai servizi oggetto della domanda di marchio, dal momento che si tratterebbe di un marchio complesso, costituito da una combinazione di elementi denominativi e figurativi che gli conferiscono carattere distintivo. Il marchio richiesto apparirebbe come un logo di fantasia costituito dalla figura di due parole, «start» e «initiative», disposte su due righe «allineate a destra». Tale immagine sarebbe accompagnata dalla nuvoletta di un fumetto, a richiamare la figura di una bocca stilizzata che pronuncerebbe la parola «up». La scelta originale consisterebbe nell’aver abbinato questa nuvoletta alle parole «start» e «initiative», anziché rappresentare un personaggio, il che testimonierebbe un carattere fortemente distintivo del marchio richiesto. Quest’ultimo rimarrebbe così impresso nella mente del consumatore e svolgerebbe la propria funzione di indicazione dei servizi resi.
47      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.
48      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo».
49      I marchi contemplati dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 sono quelli considerati inidonei a svolgere la funzione sostanziale del marchio, cioè quella di identificare l’origine commerciale del prodotto o del servizio in questione al fine di consentire al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio di fare, al momento di un successivo acquisto, la stessa scelta, qualora l’esperienza si riveli positiva, o di fare un’altra scelta, qualora essa risulti negativa [sentenze del 3 luglio 2003, Best Buy Concepts/UAMI (BEST BUY), T-122/01, EU:T:2003:183, punto 20; del 21 gennaio 2011, BSH/UAMI (executive edition), T-310/08, non pubblicata, EU:T:2011:16, punto 23, e del 23 gennaio 2014, Novartis/UAMI (CARE TO CARE), T-68/13, non pubblicata, EU:T:2014:29, punto 12].
50      Risulta dalla giurisprudenza che un carattere minimamente distintivo è sufficiente affinché non sia applicato l’impedimento assoluto di registrazione previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 [sentenze del 27 febbraio 2002, Eurocool Logistik/UAMI (EUROCOOL), T-34/00, EU:T:2002:41, punto 39, e del 23 gennaio 2014, CARE TO CARE, T-68/13, non pubblicata, EU:T:2014:29, punto 13].
51      Il carattere distintivo deve essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico
di riferimento, che è costituito dal consumatore di tali prodotti o servizi (v. sentenza del 21 gennaio 2010, Audi/UAMI, C-398/08 P, EU:C:2010:29, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).
52      Innanzitutto, va constatato che la commissione di ricorso ha rilevato, a giusto titolo e senza essere contraddetta su questo punto dalla ricorrente, che il pubblico di riferimento era costituito da persone che, professionalmente o meno, potevano chiedere una prestazione di servizi nel settore della pubblicità, degli affari, della finanza, dell’assicurazione, della promozione immobiliare, dell’educazione, della cultura, dello sport, dello spettacolo, della ricerca scientifica, della tecnologia, della progettazione industriale, dell’ingegneria e, in particolare, nei settori di attività oggetto dei servizi di cui alla domanda di marchio.
53      La ricorrente contesta la decisione impugnata, in quanto si è ritenuto che il pubblico non anglofono comprenderebbe le parole «start up initiative». Secondo la ricorrente, il consumatore, al di fuori dei paesi anglofoni, non sarebbe in grado di comprendere il significato di tali parole e percepirebbe il marchio richiesto come un segno composto da termini di pura fantasia.
54      A tal proposito, al punto 14 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che, nei settori economici interessati dalla domanda di marchio, l’impiego della lingua inglese fosse estremamente diffuso e che il pubblico che operava in tali settori, all’interno dell’Unione, fosse in grado di leggere e capire l’espressione «start up initiative» e anche d’identificare, in particolare, i termini «start» e «initiative». Al punto 16 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha aggiunto che l’espressione «start up» è di uso comune in inglese per identificare aziende di recente costituzione e che la parola inglese «initiative» significa «iniziativa». Entrambe le espressioni sarebbero agevolmente comprese da un pubblico non anglofono e l’espressione «start up» sarebbe entrata nel linguaggio comune in Italia e sarebbe notoriamente associata ad iniziative imprenditoriali nel settore delle nuove tecnologie e di Internet.
55      Tale valutazione non risulta viziata da errori. Come rilevato dalla commissione di ricorso, l’espressione «start up» è entrata a tal punto nel linguaggio comune, in Italia come in altri Stati membri, da poter ritenere che una parte del pubblico, anche non anglofono, la comprenda. A parte il fatto che la ricorrente ha addotto esempi fondati su categorie di persone molto specifiche, essa non ha prodotto elementi che permettano di concludere che una gran parte del pubblico di riferimento non conosca l’espressione «start up» e non possa comprenderne il significato corretto, né che tale pubblico possa non conoscere l’espressione «initiative». La ricorrente non ha dimostrato neppure che il pubblico che conosce l’espressione «start up» e l’espressione «initiative» rappresenta una parte trascurabile del pubblico di riferimento. A tal proposito, occorre ricordare che, affinché un segno ricada sotto il divieto previsto dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, è sufficiente che sussista un impedimento rispetto a una parte non trascurabile del pubblico destinatario e che non è necessario valutare se anche gli altri consumatori appartenenti al pubblico di riferimento conoscano detto segno [v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 2015, bd breyton-design/UAMI (RACE GTP), T-520/14, non pubblicata, EU:T:2015:884, punto 29 e giurisprudenza ivi citata]. Peraltro, va aggiunto che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il paragrafo 1 di questo stesso articolo si applica anche se le cause d’impedimento relative esistono soltanto per una parte dell’Unione.
56      Inoltre, per quanto concerne la questione di sapere se il segno richiesto sia privo di carattere distintivo, occorre ricordare, in via preliminare, che, trattandosi di un marchio
composto da più elementi denominativi e figurativi, è possibile verificare, in parte, un eventuale carattere distintivo di ciascuno dei suoi elementi, presi separatamente, ma il suddetto carattere deve, comunque, dipendere da un esame dell’insieme che questi formano. Infatti, il mero fatto che ciascuno di tali elementi, considerati separatamente, sia privo di carattere distintivo non esclude che la combinazione che essi formano possa presentare un carattere distintivo (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2004, SAT.1/UAMI, C-329/02 P, EU:C:2004:532, punto 28).
57      La commissione di ricorso ha ritenuto che l’elemento costituito dalla nuvoletta di un fumetto rappresentasse solamente una piccola parte del segno e che influisse in maniera relativamente marginale sull’impressione visiva del marchio richiesto nel suo insieme. Essa ha aggiunto che non era dimostrato che il pubblico avrebbe percepito l’elemento in questione come la nuvoletta di un fumetto, dato che quest’ultima emana normalmente dalla bocca di un personaggio per trasmettere un messaggio. Essa ha ritenuto che, nel marchio richiesto, non fosse riconoscibile alcun personaggio e che il pubblico non avrebbe compreso quindi la forma che circonda la parola «up» come la nuvoletta di un fumetto, bensì come una semplice cornice di fantasia. Il pubblico sarebbe portato a leggere l’espressione «start up» e l’espressione «initiative» secondo una sequenza logica. Tale sequenza formerebbe un’espressione che ha un significato, a differenza dell’espressione «start initiative up». Peraltro, il fatto che la parola «up» sia racchiusa nella nuvoletta di un fumetto e sia scritta in bianco su sfondo scuro non impedirebbe al pubblico di leggere d’istinto tale parola dopo «start», perché «start up», a differenza di «start initiative», sarebbe un concetto ad esso familiare.
58      Tale valutazione non risulta viziata da errori.
59      Innanzitutto, è incontestabile che l’espressione «start up initiative» ha un significato proprio, riconoscibile dal pubblico, a differenza dell’espressione «start initiative up». È poco probabile che il pubblico comprenda quest’ultima espressione invece della prima.
60      Inoltre, il fatto che, in un segno, sia utilizzata la tecnica del fumetto non è sufficiente a conferirgli un carattere distintivo, in quanto tale tecnica è comunemente utilizzata per ogni sorta di messaggi e di supporti.
61      Nel caso di specie, la nuvoletta si presenta come un semplice elemento figurativo, tanto più che, come ha rilevato in sostanza la commissione di ricorso, esso si discosta dalla tecnica utilizzata più frequentemente nei fumetti per rappresentare visivamente una parola, in ragione della completa assenza di personaggi o altre figure nel marchio richiesto. Il pubblico non comprenderà quindi necessariamente la forma che circonda la parola «up» come la nuvoletta di un fumetto, bensì come una semplice cornice di fantasia, che non può, in quanto tale, trasmettere un messaggio che possa essere ricordato dai consumatori [v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2007, Cain Cellars/UAMI (Rappresentazione di un pentagono), T-304/05, non pubblicata, EU:T:2007:271, punti 22 e 23 e giurisprudenza ivi citata].
62      Infine, va ricordato che un elemento denominativo è descrittivo e privo di qualsiasi carattere distintivo se, in almeno uno dei suoi significati potenziali, designa una caratteristica dei prodotti o dei servizi interessati. Ciò avviene quando il nesso stabilito tra il contenuto di tale elemento, da una parte, e i prodotti o i servizi in questione, dall’altra, è sufficientemente concreto e diretto da dimostrare che tale elemento consente, nella mente del pubblico di riferimento, un’identificazione immediata di detti prodotti o di detti servizi [v. sentenza del
14 gennaio 2016, International Gaming Projects/UAMI (BIG BINGO), T-663/14, non pubblicata, EU:T:2016:5, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].
63      Dal momento che il pubblico di riferimento ricorderà principalmente il marchio richiesto grazie all’espressione «start up initiative», deve essere avallata la valutazione della commissione di ricorso quanto alla mancanza di carattere distintivo del marchio richiesto per quanto riguarda i diversi servizi oggetto di detto marchio.
64      Per quanto riguarda, infatti, in primo luogo, i servizi della classe 35, il marchio richiesto potrà essere inteso come l’indicazione del destinatario dei servizi, vale a dire che questi, nel campo segnatamente della pubblicità, della gestione commerciale e della consulenza aziendale, rispondono in maniera particolarmente idonea alle esigenze delle start up, come ritenuto a giusto titolo dalla commissione di ricorso al punto 20 della decisione impugnata.
65      Per quanto riguarda, in secondo luogo, i servizi della classe 36, il marchio richiesto potrà essere compreso come l’indicazione, da un lato, dei soggetti ai quali sono destinati i servizi, vale a dire le start up, e, dall’altro, del genere di iniziative, nel settore della finanza, dell’assicurazione e della gestione immobiliare, che viene loro messo a disposizione, come ritenuto ancora una volta a giusto titolo dalla commissione di ricorso al punto 22 della decisione impugnata.
66      Per quanto riguarda, in terzo luogo, i servizi della classe 41, il marchio richiesto potrà designare l’oggetto dei servizi coperti dalle tre categorie determinate dalla commissione di ricorso ai punti da 26 a 28 della decisione impugnata. Per la prima categoria, difatti, relativa ai servizi attinenti la formazione e l’educazione, il marchio richiesto potrà designare i servizi destinati a favorire il lancio di una start up. Per la seconda categoria, relativa ai servizi attinenti alle attività sportive e culturali, esso potrà indicare la materializzazione di iniziative a favore delle start up. Per la terza categoria, relativa alle attività di divertimento, ricreazione e i restanti servizi, esso potrà designare i servizi che rientrano nel novero di una iniziativa realizzata da una start up.
67      Per quanto riguarda, in quarto luogo, i servizi della categoria 42, che comprende i servizi scientifici e tecnologici, i servizi di analisi e ricerche industriali, la progettazione e lo sviluppo di hardware e software e i servizi che vanno dall’affitto di computer alla valutazione della qualità del legname, passando per l’inseminazione delle nuvole, l’esame di giacimenti petroliferi e i servizi di figurinisti, il marchio richiesto potrà essere compreso, come ritenuto dalla commissione di ricorso ai punti 29 e 30 della decisione impugnata, come informativo del fatto che tali servizi vengono resi e dette attività vengono esercitate nell’ambito di iniziative imprenditoriali che ruotano intorno ad una start up, con la precisazione che queste ultime vengono create nei settori tecnologicamente innovativi.
68      Risulta da quanto precede che la commissione di ricorso non è incorsa in errori di valutazione allorché ha concluso che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo. Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo di ricorso in quanto infondato e, pertanto, il ricorso nel suo complesso.

Sulle spese
69      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:
1)      Il ricorso è respinto.
2)      La Intesa Sanpaolo SpA è condannata alle spese.
Kanninen Pelikánová Calvo-Sotelo Ibáñez-Martín

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 dicembre 2016.
Il cancelliere       Il presidente
E. Coulon       A. M. Collins
* Lingua processuale: l’italiano.




SMARTLINE – Nona Sezione EUIPO – 13.12.2016

smartline

SMARTLINE – Nona Sezione Euipo – 13.12.2016

marchio SMARTLINE

Con decisione del 3 luglio 2014, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione per l’insieme dei prodotti interessati, con la motivazione che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo.

Al punto 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che era pacifico che l’elemento figurativo, consistente in un simbolo di accensione anteposto all’elemento denominativo «smartline», fosse il simbolo più comunemente utilizzato per l’accensione di apparecchi elettronici, di solito di colore rosso, per motivi di maggiore visibilità.

La commissione di ricorso ha ritenuto che il segno richiesto non fosse idoneo a fungere da indicatore dell’origine commerciale dei prodotti in argomento, dato che il pubblico avrebbe percepito detto segno, nel suo insieme, come un’informazione di carattere promozionale sulle caratteristiche di detti prodotti

La ricorrente sostiene che l’espressione «smartline» non è descrittiva, dato che ha una duplicità di significato, vale a dire «linea intelligente» e «linea elegante», che la rende a suo modo originale.

La ricorrente sostiene, poi, che il simbolo dell’accensione non presenta alcun nesso con l’espressione «smartline», in particolare rispetto a prodotti che non possono essere accesi, come le custodie per telefoni cellulari. Pertanto, il segno in esame presenterebbe una sua intrinseca riconoscibilità e consentirebbe al consumatore di ripetere la sua esperienza di acquisto. Tale abbinamento tra la parte simbolica e quella verbale sarebbe del tutto personale e originale, e comporterebbe un lavoro di «decodificazione» o di «decifrazione» da parte del consumatore.

L’EUIPO confuta tali argomenti in quanto infondati.

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

13 dicembre 2016 (*)
«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo smartline – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T-744/15,
Puro Italian Style SpA, con sede in Modena (Italia), rappresentata da F. Terrano, avvocato,
ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,
convenuto,
avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 7 ottobre 2015 (procedimento R 2258/2014-1), relativa a una domanda di registrazione del marchio figurativo smartline come marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),
composto da S. Gervasoni, presidente, R. da Silva Passos (relatore) e K. Kowalik-Bańczyk, giudici,
cancelliere: E. Coulon
visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2015,
visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 marzo 2016,
visto che le parti non hanno presentato domanda di fissazione dell’udienza nel termine di tre settimane decorrenti dalla notifica della chiusura della fase scritta del procedimento e avendo deciso, in applicazione dell’articolo 106, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, di statuire senza fase orale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti
1        Il 7 febbraio 2014, la Puro Italian Style SpA, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà
intellettuale (EUIPO) ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).
2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo di seguito riprodotto:
3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 9 ai sensi dell’accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Custodie per telefoni cellulari e smartphone; custodie per computer e tablet; custodie per lettori MP3; custodie per apparecchi fotografici; custodie per telecamere digitali; auricolari; auricolari bluethooth; altoparlanti esterni; cuffie audio; cuffie audio bluethooth; proteggi-schermi per cellulari, smartphone, computer e tablet; ricaricatori per telefoni cellulari, smartphone, tablet, computer e lettori MP3; caricabatterie per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; caricabatteria da auto per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; batterie esterne per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; batterie di ricarica d’emergenza per telefoni cellulari, smartphone, tablet e computer; supporti per telefoni cellulari, smartphone e tablet; supporti orientabili per computer; strumenti per trasmissione senza fili ad alta frequenza».
4        Con decisione del 3 luglio 2014, l’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione per l’insieme dei prodotti interessati, con la motivazione che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009.
5        Il 29 agosto 2014 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione dell’esaminatore, in forza degli articoli da 58 a 60 del regolamento n. 207/2009.
6        Con decisione del 7 ottobre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. Innanzitutto, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 13 della decisione impugnata, che il pubblico di riferimento era composto sia dal grande pubblico, il cui consumatore medio viene ritenuto normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia da un pubblico professionale, il cui livello di attenzione si ritiene generalmente superiore alla media, e che occorreva fondarsi sulla comprensione da parte dei consumatori anglofoni, essendo il marchio costituito da una parola inglese.
7        Ciò posto, la commissione di ricorso ha in seguito ritenuto, al punto 15 della decisione impugnata, che l’elemento denominativo «smartline» del segno richiesto, costituito dai termini inglesi «smart» e «line», fosse impiegato nella sua forma grammaticale consueta e secondo una costruzione lessicalmente corretta. Secondo la commissione di ricorso, l’espressione «smartline» poteva tradursi in italiano con «linea intelligente» o «linea elegante» ed essere quindi percepita dal pubblico anglofono interessato come un’espressione elogiativa. Infatti, da un lato, al punto 23 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha rilevato che, trattandosi di prodotti che per loro natura incorporano una tecnologia altamente avanzata o che sono in grado di incorporarla (ad esempio, le cuffie, gli altoparlanti, le batterie e i caricabatterie per telefoni portatili, smartphone, tablet e computer), l’utilizzo di tale espressione rafforzava la connotazione elogiativa, ormai totalmente banale, di «prodotto intelligente» o «dotato d’intelligenza artificiale». Dall’altro lato, per quanto riguarda i prodotti quali le custodie e i salvaschermi per cellulari, smartphone, tablet e computer, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 25 della decisione impugnata, che la suddetta espressione conteneva la stessa connotazione elogiativa banale, indicando che si trattava di custodie per una «linea di prodotti intelligenti», e di una «linea elegante» di custodie per tali prodotti elettronici.
8        Al punto 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che era pacifico che l’elemento figurativo, consistente in un simbolo di accensione anteposto all’elemento denominativo «smartline», fosse il simbolo più comunemente utilizzato per l’accensione di apparecchi elettronici, di solito di colore rosso, per motivi di maggiore visibilità. La commissione di ricorso ha aggiunto che tale elemento figurativo non era né inusuale per il consumatore medio, né in grado di sviare l’attenzione del consumatore dal messaggio trasmesso dall’espressione «smartline», sia per quanto riguarda i prodotti elettronici in esame sia per le loro custodie ed accessori. Allo stesso modo, riguardo alla rappresentazione grafica del segno di cui trattasi, la commissione di ricorso ha osservato che i caratteri di stampa comuni e in tonalità di grigio applicati all’elemento «smartline» non aggiungevano alcun carattere distintivo al segno in esame.
9        Di conseguenza, al punto 34 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che il segno richiesto non fosse idoneo a fungere da indicatore dell’origine commerciale dei prodotti in argomento, dato che il pubblico avrebbe percepito detto segno, nel suo insieme, come un’informazione di carattere promozionale sulle caratteristiche di detti prodotti. Per tale motivo, la prima commissione di ricorso è giunta alla conclusione che il segno richiesto non poteva essere registrato, in quanto privo di qualsiasi carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

Conclusioni delle parti

10      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:
–        annullare la decisione impugnata;
–        condannare l’EUIPO alle spese.
11      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso in quanto infondato;
–        condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
12      La ricorrente deduce un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
13      Innanzitutto, la ricorrente sostiene che l’espressione «smartline» non è descrittiva, dato che ha una duplicità di significato, vale a dire «linea intelligente» e «linea elegante», che la rende a suo modo originale. Secondo la ricorrente, la commissione di ricorso non avrebbe attribuito sufficiente valore all’elemento figurativo (in prosieguo: il «simbolo dell’accensione» e alla sua influenza nella valutazione globale del segno di cui trattasi. A tal riguardo, nonostante il simbolo dell’accensione sia comunemente utilizzato per indicare la funzione di accensione di prodotti elettronici, cosa ben diversa è utilizzarlo come elemento figurativo associato all’espressione «smartline». Infatti, tale simbolo sarebbe decontestualizzato e trasformato in logo, conferendogli un significato diverso rispetto a quello tecnico da esso originariamente posseduto.
14      La ricorrente sostiene, poi, che il simbolo dell’accensione non presenta alcun nesso con l’espressione «smartline», in particolare rispetto a prodotti che non possono essere accesi, come le custodie per telefoni cellulari. Pertanto, il segno in esame presenterebbe una sua intrinseca riconoscibilità e consentirebbe al consumatore di ripetere la sua esperienza di acquisto. Tale abbinamento tra la parte simbolica e quella verbale sarebbe del tutto personale e originale, e comporterebbe un lavoro di «decodificazione» o di «decifrazione» da parte del consumatore.
15      Inoltre, la ricorrente rileva che l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui il marchio richiesto non permetterebbe di escludere che il segno controverso possa essere utilizzato anche nel suo significato tecnico per indicare dove si trova il pulsante di accensione nei prodotti elettronici si basa su un ragionamento puramente ipotetico e non è fondata su alcun elemento.
16      Infine, sarebbe errato il ragionamento dell’EUIPO secondo cui il carattere distintivo non risulterebbe da una relazione tra il segno e il prodotto contraddistinto dal marchio, come la custodia, bensì da un confronto tra il segno e un prodotto altro, quale il cellulare.
17      Ciò posto, la ricorrente sostiene che il segno richiesto presenta un carattere distintivo per i prodotti interessati appartenenti alla classe 9.
18      L’EUIPO confuta tali argomenti in quanto infondati.
19      Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione «i marchi privi di carattere distintivo». Inoltre, l’articolo 7, paragrafo 2, di detto regolamento stabilisce che «il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte [dell’Unione europea]».
20      Secondo una giurisprudenza costante, i marchi cui si riferisce l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 sono quelli reputati inidonei a svolgere la funzione essenziale del marchio, vale a dire quella di identificare l’origine del prodotto o del servizio, allo scopo di consentire in tal modo al consumatore che acquista il prodotto o il servizio
designato dal marchio di fare la medesima scelta in occasione di un acquisto successivo qualora l’esperienza si riveli positiva, oppure un’altra scelta, ove l’esperienza risulti negativa [sentenza del 31 marzo 2004, Fieldturf/UAMI (LOOKS LIKE GRASS… FEELS LIKE GRASS… PLAYS LIKE GRASS), T-216/02, EU:T:2004:96, punto 23].
21      Il carattere distintivo dev’essere valutato, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi per i quali viene chiesta la registrazione e, dall’altro, con riferimento alla percezione che ha il pubblico di riferimento, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto [sentenze del 31 marzo 2004, LOOKS LIKE GRASS… FEELS LIKE GRASS… PLAYS LIKE GRASS, T-216/02, EU:T:2004:96, punto 26, e del 21 gennaio 2011, BSH/UAMI (executive edition), T-310/08, non pubblicata, EU:T:2011:16, punto 24].
22      I marchi composti da elementi che sono, fra l’altro, utilizzati come slogan commerciali, indicazioni di qualità o espressioni che invitano ad acquistare i prodotti o i servizi contraddistinti da detti marchi, non sono esclusi dalla registrazione a motivo di un siffatto utilizzo. Per quanto riguarda la valutazione del carattere distintivo di simili marchi, a questi non vanno applicati criteri più restrittivi di quelli utilizzabili per altri tipi di segni [sentenze del 21 gennaio 2011, executive edition, T-310/08, non pubblicata, EU:T:2011:16, punto 25, e del 12 febbraio 2014, Oetker Nahrungsmittel/UAMI (La qualité est la meilleure des recettes), T-570/11, non pubblicata, EU:T:2014:72, punto 22].
23      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, un marchio costituito da uno slogan pubblicitario deve essere considerato privo di carattere distintivo se è idoneo ad essere percepito dal pubblico di riferimento soltanto come una mera formula promozionale. Invece, a un siffatto marchio deve riconoscersi carattere distintivo se, al di là della sua funzione promozionale, possa essere prima facie percepito dal pubblico di riferimento come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti e dei servizi interessati [ordinanza del 12 giugno 2014, Delphi Technologies/UAMI, C-448/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:1746, punto 36, e sentenza del 24 novembre 2015, Intervog/UAMI (meet me), T-190/15, non pubblicata, EU:T:2015:874, punto 20].
24      Nel caso di specie, occorre preliminarmente rilevare che i prodotti designati dal marchio richiesto consistono in prodotti elettronici e accessori per simili prodotti, rientranti nella classe 9.
25      Per quanto riguarda il pubblico di riferimento, da un lato, si deve sottolineare che la ricorrente non contesta il fatto che, come ritenuto dalla commissione di ricorso al punto 13 della decisione impugnata, i prodotti interessati dal marchio richiesto si rivolgano sia al consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, sia al pubblico professionale. Dall’altro lato, la ricorrente non contesta neppure che il pubblico di riferimento sia composto in particolare dal pubblico anglofono dell’Unione europea.
26      In primo luogo, per quanto riguarda la percezione dell’elemento denominativo del segno richiesto, va evidenziato che la commissione di ricorso ha giustamente rilevato, al punto 14 della decisione impugnata, che la parola inglese «smartline», composta dai termini «smart» e «line», ha una duplicità di significato, vale a dire, da un lato, una «linea intelligente», cioè una linea di prodotti in grado di compiere qualche operazione in modo indipendente o dotati di un dispositivo di controllo computerizzato, e, dall’altro, quello di «linea elegante».
27      A tal proposito, si deve ricordare che è stato giudicato che la circostanza che un marchio richiesto sia tale da avere una pluralità di significati non implica necessariamente, di per sé, che esso abbia un carattere distintivo quando è percepito prima facie dal pubblico di riferimento come un messaggio promozionale e non come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi interessati [sentenza dell’8 ottobre 2015, Société des produits Nestlé/UAMI (NOURISHING PERSONAL HEALTH), T-336/14, non pubblicata, EU:T:2015:770, punto 41]. Sebbene il fatto che il marchio richiesto possa avere una pluralità di significati costituisca una delle caratteristiche idonee a conferire al segno, in via di principio, un carattere distintivo, non si tratta del fattore determinante per dichiarare la sussistenza di tale carattere distintivo [sentenza del 29 gennaio 2015, Blackrock/UAMI (INVESTING FOR A NEW WORLD), T-59/14, non pubblicata, EU:T:2015:56, punto 38].
28      Nel caso di specie, la circostanza che la parola «smartline» sia tale da presentare diverse accezioni non è pertanto decisiva, dato che, nell’ambito di una valutazione complessiva del marchio richiesto, quest’ultimo ha manifestamente ed essenzialmente un senso elogiativo e promozionale per i prodotti interessati. Infatti, essa suggerisce sostanzialmente al pubblico di riferimento l’idea di «linea intelligente» o di «linea elegante» per i prodotti oggetto della domanda. A fronte di detto marchio, il pubblico di riferimento non sarebbe indotto a percepire in quest’ultimo, al di là dell’informazione promozionale secondo cui il marchio richiesto è una «linea intelligente» o una «linea elegante», un’indicazione qualsiasi circa l’origine commerciale dei medesimi prodotti.
29      Inoltre, come giustamente afferma l’EUIPO, i concetti di «intelligenza» e di «eleganza» sono sempre più inscindibilmente legati nel mercato attuale dei prodotti in questione. Di conseguenza, per quanto concerne gli «smartphones», è incontestabile come lo sforzo dei produttori interessati sia diretto ad offrire al pubblico un prodotto che sia allo stesso tempo pratico e funzionale, ma anche esteticamente attrattivo.
30      È dunque a giusto titolo che la commissione di ricorso, al punto 34 della decisione impugnata, ha affermato che il segno richiesto era privo di carattere distintivo a causa dell’inidoneità del medesimo segno, nel suo complesso, a fungere da indicatore dell’origine commerciale dei prodotti in argomento, dato che il pubblico percepisce il segno, nel suo complesso, come un’informazione di carattere promozionale sulle caratteristiche dei prodotti di cui trattasi. Infatti, il senso promozionale o elogiativo del segno richiesto, immediatamente percepito ed inteso come tale dal pubblico di riferimento, mette in secondo piano ogni indicazione commerciale dei prodotti interessati, così che il suddetto marchio non sarà memorizzato dal pubblico di riferimento come un’indicazione di provenienza.
31      Di conseguenza, occorre considerare che l’elemento «smartline» del marchio richiesto consiste, nel suo complesso, in un messaggio promozionale o elogiativo privo del carattere distintivo minimo richiesto.
32      In secondo luogo, per quanto riguarda gli elementi figurativi del segno richiesto, ai fini della valutazione del carattere distintivo del segno medesimo, occorre esaminare se essi permettano al marchio richiesto di divergere dalla semplice percezione degli elementi verbali utilizzati, dal punto di vista dei consumatori medi ragionevolmente attenti (v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2015, meet me, T-190/15, non pubblicata, EU:T:2015:874, punto 30).
33      A tal riguardo, si deve rilevare che, al punto 20 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha giustamente considerato che tali elementi non apparivano in grado di sviare il consumatore dalla percezione del segno come un messaggio promozionale o elogiativo sopra constatato.
34      Innanzitutto, il simbolo dell’accensione non può apportare al segno richiesto alcun elemento distintivo rispetto ai prodotti in questione. A tal proposito, l’accensione rappresenta una funzione essenziale di gran parte dei prodotti di cui trattasi, quali gli altoparlanti, gli auricolari, le batterie e i caricabatterie, i telefoni portatili, gli «smartphone», i tablet e i computer. Al contrario, come sostiene l’EUIPO, il suddetto simbolo potrebbe rafforzare il senso elogiativo dell’espressione «smartline», suggerendo che tali prodotti potrebbero incorporare un sistema intelligente per la ricarica più veloce delle batterie oppure riferirsi ad un’accensione più rapida degli altoparlanti.
35      Infine, in merito all’argomento della ricorrente secondo cui l’espressione «smartline» non presenterebbe alcun nesso con il simbolo dell’accensione, specialmente rispetto a prodotti che, per loro natura, non posso essere accesi, si deve affermare che giustamente la commissione di ricorso ha osservato, al punto 18 della decisione impugnata, che nella percezione del consumatore i prodotti elettronici e le loro custodie ed accessori costituiscono un unicum inseparabile. Infatti, come sostiene l’EUIPO, occorre rilevare che esistono, sul mercato, prodotti quali le custodie di telefoni cellulari o di computer, realizzati e presentati come un «tutt’uno» con il prodotto che contengono, al fine di permettere al consumatore di accendere l’apparecchio senza estrarlo dalla sua custodia.
36      Infine, per quanto riguarda gli altri elementi figurativi del segno richiesto, si deve constatare che questi ultimi non sono maggiormente capaci di conferire un carattere distintivo al segno in esame. Infatti, come giustamente affermato dalla commissione di ricorso al punto 27 della decisione impugnata, da un lato, il rosso è il colore più comunemente usato per indicare il pulsante di accensione degli apparecchi elettronici. Dall’altro, il carattere di stampa dell’elemento denominativo, che si annovera tra i caratteri di stampa più comunemente utilizzati sul mercato, segnatamente l’Arial, così come il colore grigio, che, pur impiegato in diverse sfumature, in fondo rappresenta una versione più chiara del nero, sono privi di qualsivoglia originalità tale da compensare la percezione del segno come un messaggio elogiativo rispetto ai prodotti interessati.
37      Ciò posto, giustamente la commissione di ricorso ha concluso nel senso dell’assenza di carattere distintivo del segno controverso, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.
38      In considerazione di quanto precede, occorre respingere l’unico motivo di ricorso dedotto dalla ricorrente in quanto infondato e, per l’effetto, il ricorso in toto.
Sulle spese
39      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, quest’ultima deve essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle dell’EUIPO, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Nona Sezione)
dichiara e statuisce:
1)      Il ricorso è respinto.
2)      La Puro Italian Style SpA sopporterà le proprie spese e quelle sostenute dall’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO).
Gervasoni da Silva Passos Kowalik-Bańczyk
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 dicembre 2016.
Il cancelliere       Il presidente
E. Coulon       H. Kanninen




BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO Quinta Commissione 14.11.2016

bio-bono

BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO Quinta Commissione 14.11.2016

marchio BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO

In particolare, l’esaminatore riteneva che il consumatore medio di lingua italiana avrebbe percepito l’espressione contenuta nel marchio come “ottenuto con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Pertanto, l’esaminatore ravvisava che il segno richiesto, considerato nel suo insieme, avrebbe informato immediatamente il consumatore di riferimento, senza che fosse necessaria ulteriore riflessione alcuna, che i prodotti oggetto della domanda sono ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata.

L’esaminatore concludeva che il marchio, valutato nel suo insieme, è costituito essenzialmente da un’espressione che, senza tenere conto di taluni elementi stilizzati trasmette informazioni ovvie e dirette sul genere, qualità, quantità, valore e metodo di produzione dei prodotti, nonché l’oggetto dei servizi richiesti nella Classe 43.

Alla luce del suo carattere puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi obiettati, l’esaminatore riteneva che il segno fosse altresì carente di capacità distintiva, dato che gli elementi figurativi erano stati ritenuti essere così minimi per natura da poter permettere all’espressione contenuta nel marchio di svolgere la sua funzione essenziale di indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e servizi obiettati.

Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE 10 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, recita che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.

COMMISSIONI DI RICORSO

DECISIONE della Quinta Commissione di ricorso del 14 novembre 2016

Nel procedimento R 1357/2016-5

PROGETTI E SAPORI S.R.L. Via dei Banchi 6 50123 Firenze Italia Richiedente / Ricorrente rappresentata da Stefano Fanfani, Viale Fratelli Rosselli, 57, 50144 Firenze, Italia

RICORSO concernente la domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea n. 15 236 532

LA QUINTA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da G. Humphreys quale membro unico ai sensi dell’articolo 135, paragrafi 2 e 5, RMUE, dell’articolo 1 quater, paragrafo 2, RP-CdR e dell’articolo 10 della decisione del Presidium sull’organizzazione delle Commissioni di ricorso nella versione attualmente in vigore e ai sensi della decisione della Quinta Commissione di ricorso n. 1 del 2 febbraio 2015 sulle decisioni monocratiche
Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda depositata in data 18 marzo 2016, PROGETTI E SAPORI S.R.L. (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del seguente marchio figurativo dell’Unione europea
per i prodotti e servizi nelle classi 3, 4, 8, 21, 24, 25, 31, 33 e 43.

2 In data 1 aprile 2016 l’esaminatore emetteva un rifiuto provvisorio di registrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere (b) e (c), RMUE, entrambe in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, relativamente a una parte dei prodotti e servizi rivendicati, ovverosia i seguenti:

Class 3 – Saponi per la cura del corpo; Saponette; Sapone da barba; Sapone profumato; Sapone da bagno; Saponi per uso personale; Profumi; Oli profumati; Creme e lozioni profumate per il corpo; Deodoranti per uso umano o animale [profumeria]; Cosmetici; Oli cosmetici; Tinture cosmetiche; Creme cosmetiche; Nécessaires di cosmetica; Gel per uso cosmetico; Tonici per uso cosmetico; Matite per uso cosmetico; Ovatta per uso cosmetico; Cosmetici per uso personale; Creme e lozioni cosmetiche; Prodotti cosmetici per la cura della pelle; Preparati cosmetici per la cura del corpo; Creme per il viso per uso cosmetico; Dentifrici e collutori; Lozioni per la pulizia dei denti; Polvere dentifricia; Preparati cosmetici per l’igiene orale e dentaria; Prodotti per la pulizia dei denti; Prodotti rinfrescanti per l’alito; Spray per la bocca, non per uso medico; Spray per la gola [non medicati]; Acqua di colonia; Creme profumate; Fragranze; Prodotti di profumeria; Salviette profumate.

Classe 4 – Candele e stoppini per l’illuminazione; Candele profumate.

Classe 31 – Frutta e ortaggi freschi; Legumi freschi; Funghi freschi; Erbaggi freschi; Granaglie [cereali].
14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

Classe 33 – Acquavite; Alcoolici; Bevande distillate; Gin [acquavite]; Grappa; Idromele; Kirsch; Liquori; Vini; Vodka; Whisky; Vermut; Rum; Aperitivi; Bevande alcoliche; Bourbon; Digestivi [alcooli e liquori].

Classe 43 – Fornitura di alimenti e bevande; Catering; Servizi di ristorazione; Somministrazione di bevande alcoliche; Somministrazione di cibi e bevande in ristoranti e bar; Gastronomie [ristoranti]; Pizzerie; Pub [bar]; Servizi di bar-ristoranti; Servizi di ristorazione mobili.

3 In particolare, l’esaminatore riteneva che il consumatore medio di lingua italiana avrebbe percepito l’espressione contenuta nel marchio come “ottenuto con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Pertanto, l’esaminatore ravvisava che il segno richiesto, considerato nel suo insieme, avrebbe informato immediatamente il consumatore di riferimento, senza che fosse necessaria ulteriore riflessione alcuna, che i prodotti oggetto della domanda sono ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata. Anche in relazione con i servizi della Classe 43 l’esaminatore considerava che il marchio indicasse che detti servizi hanno per oggetto la somministrazione di prodotti ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata. Da tutte queste considerazioni l’esaminatore concludeva che il marchio, valutato nel suo insieme, è costituito essenzialmente da un’espressione che, senza tenere conto di taluni elementi stilizzati trasmette informazioni ovvie e dirette sul genere, qualità, quantità, valore e metodo di produzione dei prodotti, nonché l’oggetto dei servizi richiesti nella Classe 43.

Alla luce del suo carattere puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi obiettati, l’esaminatore riteneva che il segno fosse altresì carente di capacità distintiva, dato che gli elementi figurativi erano stati ritenuti essere così minimi per natura da poter permettere all’espressione contenuta nel marchio di svolgere la sua funzione essenziale di indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e servizi obiettati.

4 L’Ufficio non riceveva osservazione di risposta alcuna da parte della richiedente.

5 Con decisione del 16 giugno 2016 (“la decisione impugnata”), l’esaminatore confermava la sua obiezione ed emetteva un rifiuto definitivo rispetto alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e servizi menzionati al punto 2 della presente decisione.

6 In data 25 luglio 2016 la richiedente presentava ricorso avverso la decisione impugnata, chiedendone l’annullamento nella misura in cui l’esaminatore aveva rifiutato i prodotti e servizi obiettati (“i prodotti e servizi oggetto del ricorso”). L’Ufficio riceveva la rispettiva memoria contenente i motivi di ricorso in data 25 luglio 2016.

Motivi del ricorso

7 Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue: – Si allega che nel caso di specie il marchio, considerato nel suo complesso (parole, elementi figurativi e colori), non trasmette informazioni ovvie,

14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

univoche e dirette circa le caratteristiche dei prodotti e dei servizi oggetto del ricorso. – È infatti possibile ammettere che, al massimo, l’espressione contenuta nel marchio potrebbe essere allusiva. Nonostante, l’esaminatore non ha tenuto debita considerazione del fatto che il segno in esame è costituito non solo da elementi denominativi, bensì anche da elementi figurativi che non sono minimali o semplici figure geometriche. Inoltre, il segno include il colore rosso, bianco e verde. – L’espressione “BIO BONO” può essere soggetta a varie interpretazioni e, quindi, non è descrittiva come argomentato dall’esaminatore. – In particolare, il termine “BIO” è un’abbreviazione di almeno due parole diverse, vale a dire “biologico” e “biografia”. – Inoltre, il termine “BONO” si tratta di una parola popolare-dialettale che creerà un effetto sorprendente presso il pubblico di riferimento. Non è quindi un’espressione banale, bensì insolita. Il pubblico di riferimento la considererà insolita o quantomeno sorprendente. – Si aggiunge che, per una parte del pubblico residente in Toscana ed Emilia Romagna, l’espressione contenuta nel marchio desterà ancor più sorpresa giacché i consumatori in dette regioni percepiranno l’espressione “BIO BONO” come una chiara allusione ad un’imprecazione tipica nei loro dialetti, ovverosia “DIO BONO”. – Contrariamente a quanto ritenuto dall’esaminatore, nel caso in esame, se anche per assurdo non si prendessero in considerazione gli elementi figurativi del marchio, solamente una piccola parte del pubblico di riferimento (gli abitanti di alcune regioni dell’Italia centrale) potrebbe percepire un significato descrittivo nell’espressione “BIO BONO”, e comunque limitatamente ai soli prodotti oggetto del ricorso. – Nello specifico si pone risalto che le caratteristiche figurative del segno che contribuiscono a dotare questo di capacità distintiva sono le seguenti: • Il termine “BIO” è riprodotto in caratteri di dimensioni visibilmente maggiori rispetto al termine “BONO”. • Sopra al termine “BIO” appare la rappresentazione di un cerchio bianco che sarebbe il punto in cima alla lettera “I”. Tuttavia, le regole della ortografia italiana non prevedono un punto sopra alla lettera “I” quando questa è in carattere maiuscolo. • Il cerchio in questione è in dimensioni sproporzionate rispetto alla stessa lettera “I” ed intersecandosi con il bordo del disco rosso crea un effetto di discontinuità. • La stilizzazione della foglia verde include un contorno bianco che anch’esso crea un effetto di discontinuità nel bordo del disco rosso.

14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

• Il disco rosso è in secondo piano e non è qualificabile come un cerchio vero e proprio.

Motivazione

8 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 and 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.

9 Tuttavia, il ricorso è infondato. Le ragioni di questa Commissione sono esposte in seguito. Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE

10 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.

11 Secondo il paragrafo 2, di tale disposizione, il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.

12 Per costante giurisprudenza, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti (v., per analogia, 04/05/1999, C-108/97 & C-109/97, Chiemsee, EU:C:1999:230, § 25, 12/02/2004, C-265/00, Biomild, EU:C:2004:87, § 35, e anche 27/02/2002, T219/00, Ellos, EU:T:2002:44, § 27).

13 I segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione (v. 29/04/2004, C-468/01 P – C-472/01 P, Tabs, EU:C:2004:259, § 39; 26/11/2003, T-222/02, Robotunits, EU:T:2003:315, § 34; e 22/06/2005,T-19/04, Paperlab, EU:T:2005:247, § 24).

14 Non è neppure necessario, affinché l’Ufficio opponga un simile diniego, che il segno in questione sia effettivamente utilizzato a fini descrittivi, ma occorre unicamente che esso possa essere utilizzato a tali fini (v. 23/10/2003, C191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32).

15 Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della suddetta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o dei servizi di cui trattasi (v. 23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32).

16 È inoltre indifferente che le caratteristiche dei prodotti o dei servizi che possono essere descritte dal segno in questione siano essenziali o accessorie sul piano
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commerciale, oppure che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche (v., per analogia, 12/02/2004, C-363/99, Postkantoor, EU:C:2004:86, § 101 e 102; v. altresì 16/12/2010, T-281/09, Chroma, EU:T:2010:537, § 29).

17 Ne consegue che, perché un segno ricada nel divieto enunciato dalla detta disposizione, occorre che esista una relazione sufficientemente diretta e concreta tra il segno ed i prodotti o servizi in questione, tale da consentire al pubblico interessato di percepire immediatamente e direttamente una descrizione dei prodotti e servizi di cui trattasi o di una delle loro caratteristiche (v. 22/06/2005, T-19/04, Paperlab, EU:T:2005:247, § 25; e, in questo senso, anche 27/02/2002, T-106/00, Streamserve, EU:T:2002:43, § 40).

18 Il carattere distintivo o descrittivo di un marchio deve essere valutato, da una parte, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali la registrazione del segno è richiesta e, dall’altra, in relazione alla percezione da parte del pubblico cui ci si rivolge (v. 07/06/2005, T-316/03, MunichFinancialServices, EU:T:2005:201, § 26).

19 La Commissione ritiene che nel caso di specie il pubblico pertinente sia composto soprattutto da consumatori medi, normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti (v. 27/02/2002, T-219/00, Ellos, EU:T:2002:44, § 30; v. altresì, per analogia, 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

20 Il segno consiste nell’espressione “BIO BONO”, accompagnata da certi elementi figurativi. I termini che compongono il segno appartengono alla lingua italiana. Pertanto, in linea con quanto stabilito dall’esaminatore, la sussistenza dell’impedimento assoluto ex articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del RMUE deve essere valutata tenendo in conto la percezione del pubblico italofono dell’Unione europea.

21 D’accordo con quanto citato dall’Enciclopedia e dal Vocabolario della Lingua Italiana online “Treccani”, gli elementi del marchio oggetto della domanda significano: BIO “…si sono sviluppati successivamente i significati di ‘relativo alla scienza della biologia’ (bioarcheologia, bioinformatica e bioinformatico) e di ‘prodotto, ottenuto con processi naturali, che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente’ (biocombustibile, bioedilizia, bioplastica). Da ultimo, al confisso bio- si è sovrapposto anche il valore di ‘biotecnologico, relativo alle biotecnologie’ (bioattacco, biobanca, biochirurgia, biodiritto, biosicurezza, bioterrorismo e bioterrorista)” (http://www.treccani.it/enciclopedia/bio_%28Lessico-del-XXISecolo%29/). BONO “agg. – Variante popolare di buono. È forma frequente anche in molti composti, nei quali si oscilla tuttavia tra bono- e buono- (per es. bongustaio e buongustaio, bonavoglia e buonavoglia)” (http://www.treccani.it/vocabolario/bono/). BUONO Dei prodotti della terra o dell’industria di qualità pregiata, che possiedono requisiti commerciali apprezzabili: zona che produce b. vini (con
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riferimento al vino, è frequente l’uso ellittico, allusivo: un litro, un bicchiere di quello b.; mi porti un fiaschetto, ma di quello b., mi raccomando!); una b. tela; b. lana (per il sign. iron., v. buonalana); una b. camicia; un buon dentifricio (http://www.treccani.it/vocabolario/buono1/).

22 Alla luce dei significati sopracitati, la Commissione ritiene che l’espressione contenuta nel marchio, valutata nel suo insieme, sarà compresa dal pubblico di riferimento come un riferimento a un prodotto “ottenuto mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Tale considerazione conferma la conclusione dell’esaminatore che ha pertanto attribuito correttamente un significato compiuto all’espressione contenuta nel marchio.

23 I prodotti e servizi oggetto del ricorso sono, da un lato, prodotti cosmetici e certi prodotti per la casa quali candele e simili, e, dall’altro lato, sono cibo, bevande e i loro relativi servizi di ristorazione, fornitura e somministrazione.

24 La Commissione concorda appieno con l’esaminatore nel ritenere che, effettivamente, data la natura e le caratteristiche dei prodotti e servizi di cui trattasi, il messaggio convogliato dall’accostamento dei termini “BIO” e “BONO” permetterà a quantomeno una parte consistente del pubblico di riferimento di percepire nel segno una connotazione puramente descrittiva.

25 Infatti, tutti i prodotti oggetto del ricorso possono essere ottenuti mediante processi di lavorazione naturali e rispettosi per l’ambiente, così come possono contenere ingredienti di origine biologica. Tale considerazione trova riscontro anche relativamente ai prodotti oggetto del ricorso della classe 4, i quali possono essere ottenuti attraverso l’uso di cere e fibre di origine naturale.

26 Dunque, l’esaminatore ha a giusto titolo concluso che il pubblico di riferimento percepirà l’espressione contenuta nel segno come un’indicazione diretta e immediata circa il fatto che i prodotti oggetto del ricorso sono stati ottenuti con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente e che essi sono di qualità pregiata.

27 Conseguentemente, almeno per una parte consistente del grande pubblico italofono l’espressione contenuta nel segno avrà una valenza meramente descrittiva circa il genere, qualità, valore e metodo di produzione dei prodotti.

28 Dette considerazioni sono altresì valide in relazione ai servizi oggetto del ricorso poiché essi hanno come oggetto principale cibi e bevande, in relazione a cui, come visto sopra, l’espressione contenuta nel segno trasmette un’informazione che descrive il loro genere, la loro qualità e le loro caratteristiche.

29 In quanto alle doglianze mosse dalla ricorrente circa il fatto che il termine “BIO” avrebbe più di un significato, la Commissione ritiene che sia doveroso notare che lo stesso Tribunale ha in precedenza chiarito il significato di tale parola, che, nel senso stretto del termine, è derivante dal greco e significa “vita” o “vivente”. Nella sua sentenza, il Tribunale ha altresì puntualizzato che il termine “BIO” costituisce l’abbreviazione dell’aggettivo “biologico”, aggettivo del quale il termine “organico” è sinonimo. Il Tribunale ha anche osservato che, nel commercio, il termine “BIO” può eventualmente essere percepito in modo
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differente a seconda del prodotto offerto in vendita cui il detto termine si ricollega, ma che, in linea generale, rinvia all’idea di rispetto dell’ambiente, di utilizzo di materie naturali o, addirittura, di procedimenti di fabbricazione ecologici (v., in questo senso, 29/04/2010, T-586/08, BioPietra, EU:T:2010:171, § 24-25). Inoltre, il significato correttamente attribuito dall’esaminatore è stato individuato tenendo conto dei prodotti e servizi di cui trattasi, per i quali, contrariamente il termine in esame risulta essere assai rilevante. Quindi, l’argomento della richiedente che il termine “BIO” può essere soggetto a più interpretazioni deve essere rigettato.

30 Inoltre, la Commissione riconosce che, come d’altronde correttamente rilevato anche dall’esaminatore, il termine “BONO” è una variante popolare, ovverosia forma dialettale che corrisponde all’aggettivo “buono” (http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=bono). Ciò nonostante, la Commissione ritiene che, contrariamente a quanto sostenuto dalla richiedente, il pubblico pertinente percepirà senz’altro la dicitura in esame pressoché identica al vocabolo “buono”. Infatti, anche relativamente a quest’elemento del segno, il significato del vocabolo individuato dall’esaminatore deve essere valutato nel contesto merceologico dei prodotti rivendicati e non in astratto. Anche l’argomento sollevato dalla richiedente che il pubblico in certe regioni dell’Italia centrale (Emilia Romagna e Toscana) assocerebbe l’intera espressione contenuta nel marchio come “dio bono” non è solo di per sé del tutto infondato dato che le due espressioni si differenziano giusto nelle loro lettere iniziali, che sono le parti a cui i consumatori presteranno una maggiore attenzione data la loro brevità, ma è anche irrilevante nel contesto merceologico dei prodotti e servizi oggetto del ricorso. Non è nemmeno accettabile ritenere che solo una parte residuale del pubblico italofono possa riconoscere immediatamente il vocabolo “buono” quando vedrà il termine “bono”. Anche solo tenendo conto dell’Italia centrale, la quale include anche la capitale Roma (2,675.000 abitanti circa) ed ha una popolazione di circa 12 milioni di abitanti residenti, è possibile concludere che una parte sostanziale del pubblico di riferimento in Italia associa queste due parole al medesimo significato (v. in questo senso, 13/09/2012, T-72/11, Espetec, EU:T:2012:424, § 35-36)

31 Inoltre, la prossimità tra questi due vocaboli appartenenti all’italiano basico è così lampante che il pubblico italiano nel suo complesso, e non solo quello dell’Italia centrale, non avrà inconveniente alcuno a considerarli come sinonimi.

32 Per tutte queste ragioni, la Commissione è in disaccordo con la richiedente secondo cui l’espressione in esame sarebbe composta di elementi che sono inaspettati e che creano un certo effetto sorpresa. Invece, non trattandosi di una dicitura suggestiva, bensì descrittiva, l’espressione “BIO BONO” esprime in un linguaggio chiaro e immediato informazioni ovvie e dirette circa il fatto che i prodotti oggetto del ricorso sono stati ottenuti con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente e che essi sono di qualità pregiata e che i servizi oggetto del ricorso erogano e distribuiscono prodotti aventi siffatte caratteristiche. Si ricorda, in ogni caso, che la questione se l’espressione in esame sia effettivamente usata a tali fini descrittivi in relazione ai citati prodotti e servizi è indifferente, posto che è sufficiente che possa essere usata a tali fini (v. 09/12/2009, T-486/08, Superskin, EU:T:2009:487, § 34).
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33 In quanto all’elemento figurativo del segno, la Commissione concorda con l’esaminatore sul fatto che detto elemento non sarà in grado di modificare in maniera significativa l’impatto puramente descrittivo dato dall’elemento denominativo in modo da rendere il segno, nel suo complesso, capriccioso agli occhi del consumatore di riferimento.

34 Al contrario, in contrasto con quanto asserito dalla richiedente, gli elementi del segno non solo sono caratterizzati da una certa semplicità, ma hanno anche la funzione di esaltare il messaggio descrittivo convogliato dall’elemento denominativo del segno. In particolare, i colori verde, bianco e rosso ricordano immediatamente il tricolore della bandiera italiana e quindi il pubblico di riferimento potrà percepire che i prodotti della richiedente, oltre ad essere biologici e di qualità, provengono dall’Italia. Allo stesso modo, la rappresentazione dell’elemento circolare e quello della foglia stilizzata costituiranno nella percezione del consumatore la rappresentazione di un frutto.

35 In quanto alle caratteristiche di tutti questi elementi su cui si sofferma la richiedente per argomentare che la vertente grafica del segno avrebbe di per sé un certo gradiente distintivo, la Commissione osserva come dette caratteristiche siano minime e riconducibili a dettagli su cui l’attenzione del consumatore non si soffermerà in modo particolare. L’impiego del punto sulla lettera “I” e l’impressione di discontinuità dei bordi dell’elemento circolare avranno un impatto pressoché nullo nella percezione del pubblico.

36 Pertanto, tutti gli elementi del segno, valutati individualmente e nel loro insieme, producono un messaggio puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi oggetto del ricorso.

37 Ne consegue che il segno oggetto della domanda di marchio è descrittivo per i consumatori di lingua italiana relativamente a tutti i prodotti e servizi oggetto del ricorso. Alla luce di ciò, la Commissione conferma che, con riguardo a questi prodotti e servizi, la domanda di marchio della richiedente deve essere rifiutata ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), RMUE, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) RMUE

38 Anche se come emerge dall’articolo 7, paragrafo 1, RMUE, è sufficiente che sia applicabile uno degli impedimenti assoluti elencati in questa disposizione affinché il segno di cui trattasi non possa essere registrato come marchio della UE (v. 16/12/2010, T-281/09, Chroma, EU:T:2010:537, § 51), questa Commissione conferma che la domanda di marchio deve essere rigettata per i prodotti e servizi richiesti non solo in vista del suo carattere esclusivamente descrittivo, ma anche poiché il segno in oggetto non sarà percepito come un segno distintivo dal pubblico pertinente in relazione ai tali prodotti e servizi. Le ragioni di questa Commissione sono le seguenti.

39 Infatti, in base a una giurisprudenza costante, sussiste un’evidente intersecazione degli ambiti di applicazione delle diverse cause di impedimento indicate alle lettere b) e c) di tale disposizione, il che implica, in particolare, che un marchio che sia descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi è, per tale motivo, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a questi
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stessi prodotti o servizi, senza pregiudizio di altri eventuali motivi che possano giustificare l’assenza di carattere distintivo (v., in tal senso, 12/02/2004, C-265/00, Biomild, EU:C:2004:87, § 18-19).

40 Nel caso di specie, la carenza di capacità distintiva del marchio relativamente ai servizi richiesti risulta altresì in tutta la sua evidenza se si tiene conto che il segno in oggetto, la cui evidente connotazione descrittiva è stata innanzi evidenziata, si riduce a un messaggio informativo ordinario circa il genere, la qualità e le caratteristiche dei prodotti oggetto del ricorso, prodotti a cui si riferiscono i servizi oggetto del ricorso. Tale messaggio dal carattere meramente informativo non necessita di alcuno sforzo interpretativo, ancorché minimo, né innesca un processo cognitivo presso il pubblico di riferimento (v. 21/01/2010, C-398/08 P, Vorsprung durch Technik, EU:C:2010:29, § 57).

41 Per ultimo, ancora con riguardo alla veste grafica del segno, che, secondo la richiedente, catturerebbe in maniera particolare l’attenzione del pubblico destinatario, la Commissione ribadisce che, tuttavia, essa risulta un espediente grafico dalla connotazione descrittiva ed altresì banale. L’aspetto figurativo del segno non aggiunge distintività alcuna e non è in grado di alterarne il carattere puramente descrittivo del marchio, bensì non fa altro che rafforzare i concetti espressi dagli elementi denominativi a cui è associato. Ne consegue che quello usato nel segno della richiedente non si tratta di un espediente grafico di impatto sufficiente (v. 21/05/2015, T-203/14, Splendid, EU:T:2015:301, § 24-34).

42 Pertanto la veste grafica del segno non è suscettibile di dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo. Il segno è conseguentemente privo di qualsiasi elemento di caratterizzazione in grado di imprimersi in modo duraturo e diretto nella mente del consumatore (v., per analogia, 28/06/2011, T-487/09, ReValue, EU:T:2011:317, § 39 e 15/12/2009, T-476/08, Best Buy, EU:T:2009:508, § 27-29, confermata dalla sentenza del 13/01/2011, C-92/10 P, Best Buy, EU:C:2011:15). 43 Per queste ragioni, il segno della richiedente manca altresì di carattere distintivo intrinseco rispetto ai prodotti e servizi oggetto del ricorso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), RMUE in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. Conclusione 44 Alla luce di tutti gli argomenti innanzi esposti, il ricorso deve essere respinto.
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Dispositivo
Per questi motivi,
LA COMMISSIONE
così decide: Il ricorso è respinto.




VITAE contro VITIS VITAE – Divisione d’Opposizione 15.12.2016

cattura-vitae

VITAE contro VITIS VITAE – Divisione d’Opposizione 15.12.2016

marchio VITAE  contro marchio VITIS VITAE

Il marchio anteriore è un marchio denominativo. Nel caso di marchi denominativi è protetta la parola come tale e non la forma in cui è scritta. Pertanto, è irrilevante se il marchio è rappresentato in lettere minuscole o maiuscole, o in una loro combinazione.

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dalle parole “Vitis Vitae” in caratteri leggermente stilizzati disposte in colonna su due righe e da un elemento figurativo raffigurante la pianta di una vite.

L‘elemento “VITIS” presente nel segno contestato sarà associato da una parte significativa del pubblico di riferimento a “vite” (pianta dal cui frutto, uva, si trae il vino). Posto che i prodotti rilevanti sono vino, si ritiene che questo elemento sia debole per i prodotti in questione. Per la parte residuale del pubblico che non ricollegherà “VITIS” a nessun significato, si ritiene che questo abbia un carattere distintivo normale. L‘elemento figurativo del segno impugnato sarà anch’esso associato alla pianta della vite ed è pertanto debole. La stilizzazione del marchio impugnato ha carattere meramente decorativo ed è pertanto di minor capacità distintiva.

Dal momento che l’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, non è necessario valutarne l’elevato carattere distintivo dovuto all’uso intensivo fattone dall’opponente. In effetti il risultato sarebbe lo stesso anche qualora il marchio anteriore  possedesse un elevato carattere distintivo.

OPPOSIZIONE N. B 2 606 484

 

Grande Vitae GmbH, Annenheider Allee 97, 27751 Delmenhorst, Germany (opponente), rappresentata da Francesco Paolo Fumarola, Via Paretone Zona I, 109/B, 74015 Martina Franca, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Revino Italia Limited, Unit 1404, 14/F Wing Tuck Commercial Centre, 177-183 Wing Lok Street, Hong Kong, Repubblica Popolare Cinese (richiedente), rappresentata da Matteo Biondetti, Via San Paolo, 7, 20121, Milano, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 15/12/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 606 484 è accolta per tutti i prodotti contestati.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 305 941 è totalmente respinta.

 

  1. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in 650EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 305 941. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell‘Unione Europea n. 1 769 314. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell‘Unione Europea dell’opponente n. 1 769 314.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 33: Bevande alcooliche (tranne le birre).

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 33: Vino.

 

Il vino è incluso nell‘ampia categoria dell‘opponente bevande alcooliche (tranne le birre). Essi sono, pertanto, identici.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

 

VITAE
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

Il territorio di riferimento è l‘Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo. Nel caso di marchi denominativi è protetta la parola come tale e non la forma in cui è scritta. Pertanto, è irrilevante se il marchio è rappresentato in lettere minuscole o maiuscole, o in una loro combinazione.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dalle parole “Vitis Vitae” in caratteri leggermente stilizzati disposte in colonna su due righe e da un elemento figurativo raffigurante la pianta di una vite.

 

L‘elemento “VITIS” presente nel segno contestato sarà associato da una parte significativa del pubblico di riferimento a “vite” (pianta dal cui frutto, uva, si trae il vino). Posto che i prodotti rilevanti sono vino, si ritiene che questo elemento sia debole per i prodotti in questione. Per la parte residuale del pubblico che non ricollegherà “VITIS” a nessun significato, si ritiene che questo abbia un carattere distintivo normale. L‘elemento figurativo del segno impugnato sarà anch’esso associato alla pianta della vite ed è pertanto debole. La stilizzazione del marchio impugnato ha carattere meramente decorativo ed è pertanto di minor capacità distintiva.

 

L‘elemento “VITAE” presente in entrambi i segni sarà associato da una parte significativa del pubblico di riferimento a “vita”. Questo elemento non ha nessun significato concreto in relazione ai prodotti rilevanti e pertanto ha un carattere distintivo normale. Per la parte residuale del pubblico che non assocerà “VITAE” a nessun significato, questo ha comunque un carattere distintivo normale.

 

I marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nel termine “VITAE”. Essi differiscono nel termine “VITIS”, nella stilizzazione e nell’elemento figurativo del segno contestato che, tuttavia, sono deboli.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali, quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59).

 

Pertanto, i segni sono simili in misura media.

 

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono della parola “VITAE”, presente in modo identico in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono della parola “VITIS” del segno contestato, che, tuttavia, è debole.

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, nella misura in cui i marchi saranno associati da parte del pubblico ai significati descritti, i marchi sono concettualmente simili in misura media mentre, per la rimanente parte del pubblico, poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

Ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto. Tuttavia, per motivi di economia procedurale, nel caso presente non è necessario valutare le prove presentate dall’opponente a sostegno della sua rivendicazione (cfr. sotto “Valutazione globale”).

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

 

La Corte ha stabilito il principio fondamentale secondo cui la valutazione del rischio di confusione comporta un certo grado di interdipendenza tra i fattori rilevanti e, in particolare, tra i risultati riscontrati in precedenza relativamente al grado di somiglianza tra i marchi e a quello tra i prodotti o servizi. Pertanto un minor grado di somiglianza tra i prodotti e servizi può essere compensato da un maggior grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (sentenza del 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17). Il principio di interdipendenza è essenziale per l’analisi del rischio di confusione.

 

Sebbene si ritenga che il consumatore medio della categoria di prodotti di cui trattasi sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, occorre tener conto del fatto che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il grado di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

 

I prodotti sono identici.

 

I marchi sono simili dal punto di vista visivo, fonetico e concettuale in misura media. In particolare, il marchio anteriore, VITAE, è interamente incluso nel segno contestato ed ha un ruolo distintivo autonomo in quest’ultimo. I marchi differiscono nella parola “VITIS” nella stilizzazione e nell‘elemento figurativo del segno contestato che, tuttavia, sono deboli.

 

Si ritiene, pertanto, che le differenze tra i segni non siano sufficienti a compensare le somiglianze tra di essi.

 

Il richiedente sostiene che il marchio anteriore possiede un modesto carattere distintivo, in quanto esistono sul mercato vari vini comprendenti il termine “VITAE”. A tal riguardo, il richiedente fa riferimento ad alcuni esempi.  La Divisione d’Opposizione rileva che le prove addotte non sono in grado di dimostrare che i consumatori sono stati esposti ad una diffusa utilizzazione di marchi contenenti “VITAE” e sono quindi abituati a tale uso. In base a tali circostanze, la rivendicazione del richiedente dev’essere respinta.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione Europea n. 1 769 314 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

Dal momento che l’opposizione è accolta sulla base del carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, non è necessario valutarne l’elevato carattere distintivo dovuto all’uso intensivo fattone dall’opponente. In effetti il risultato sarebbe lo stesso anche qualora il marchio anteriore  possedesse un elevato carattere distintivo.

 

Poiché il marchio anteriore dell’Unione Europea n. 1 769 314 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente  (16/09/2004, T‑342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Francesca CANGERI SERRANO Martina GALLE

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).

 




MARCHI DESCRITTIVI – tabella decisioni EUIPO

MARCHI DESCRITTIVI – tabella decisioni EUIPO

NOME MARCHIO PRODOTTI/SERVIZI DATA DECISIONE NOTE

Moda Italiana

Moda Italiana

14; 18; 25 14/09/2016
 

bagaglio-a-mano

Bagaglio a mano

18; 25;34 19/02/2016

halal-malaysia

Halal Malaysia

 5, 18, 25, 29, 30, 31, 32, 43  25/05/2010

clean-berries

Clean Berries

 1, 5, 29, 31, 35  22/02/2016

cattura-il-fanale

Il Fanale

 

 35  28/04/2016
 

BIOFORM-PLUS

17/10/2016



YAMAMAY contro MAIMAI MADE IN ITALY- Divisione d’Opposizione 21.10.2016

YAMAMAY contro MAIMAI MADE IN ITALY– Divisione d’Opposizione 21.10.2016

marchio YAMAMAY contro marchio MAIMAI MADE IN ITALY

 

Entrambi i marchi sono marchi denominativi. Il marchio anteriore “YAMAMAY” è privo di significato. Al contrario, l’espressione in lingua inglese “MADE IN ITALY” del marchio contestato sarà compresa dalla pressoché totalità del pubblico rilevante, sia per la sua semplicità che l’uso assai vasto che se ne fa in relazione a prodotti di largo consumo di qualsivoglia natura, come avente il significato di “fatto in Italia”.

OPPOSIZIONE N. B 2 138 652

 

Inticom S.p.A., Via Carlo Noè, 22, 21013 Gallarate (VA), Italia (opponente), rappresentata da Barzanò & Zanardo Milano S.p.A., Via Borgonuovo, 10, 20121 Milano, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Calzaturificio Emmegiemme Shoes S.r.l., S.S. 275 KM 12,950, 73030 Surano (LE), Italia (richiedente), rappresentata da Riccardo Fragalá, Piazzale Clodio 18, 00195 Roma, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 21/10/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 138 652 è totalmente respinta.

 

  1. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 11 266 624. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 5 343 769. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, e articoli in queste materie e non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e finimenti, articoli di selleria.

 

Classe 25:      Articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria.

 

Classe 26:       Merletti, pizzi e ricami, nastri e lacci; bottoni, ganci e occhielli, spille ed aghi; fiori artificiali.

 

A seguito di una limitazione rivendicata dalla richiedente, i prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali.

 

Classe 25:       Calzature; sandali da bagno; berretti; maglieria ad eccezione di abbigliamento intimo; stivali; stivaletti; punte di calzature [spunterbi]; stivaletti con lacci; scaldacolli; sciarpe da collo; girocollo [sciarpe]; cappucci [indumenti]; visiere di berretto; cinture [abbigliamento]; scialli; maglioni ad eccezione di abbigliamento intimo; pullover; casule; gambali di stivali; solette; camicie, ad eccezione di abbigliamento intimo; sparati di camicie; camicie a maniche corte, ad eccezione di abbigliamento intimo, pigiameria e costumi; articoli di abbigliamento, ad eccezione di abbigliamento intimo, pigiameria e costumi; cappelli; copricapo [cappelleria]; ferramenti per calzature; colli finti [colletti staccabili]; tute [indumenti]; abiti [completi]; indumenti confezionati; cravatte; tomaie; ghette; pantaloni, ad eccezione di abbigliamento intimo; guanti [abbigliamento]; foulards [fazzoletti]; sciarpe; indumenti lavorati a maglia, ad eccezione di abbigliamento intimo; scarpe con suola di sparto; sotto-piedi; cappotti; abbigliamenti impermeabili; jerseys [indumenti], ad eccezione di abbigliamento intimo; gonne, ad eccezione di abbigliamento intimo; polsini [abbigliamento]; pantofole; scarpe da spiaggia; abiti, esclusi costumi da bagno per uomo, donna e bambino; zoccoli [calzature]; sandali; soprabiti; talloniere; guardoli per calzature; giacche; suole; scarpe; tacchi; scarpe per lo sport; tacchetti per scarpe da calcio; calzature per lo sport; fasce per la testa [abbigliamento]; parka; bandane [foulards]; abbigliamento per ginnastica, ad eccezione di abbigliamento intimo; abbigliamento in finta pelle, ad eccezione di abbigliamento intimo; abbigliamento in pelle, ad eccezione di abbigliamento intimo; sari; tee-shirt, ad eccezione di abbigliamento intimo; turbanti; cravatte lavallière; cinture portafoglio [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; cappelli di carta [abbigliamento]; minigonne a pantalone, ad eccezione di abbigliamento intimo e esclusi costumi da bagno per uomo, donna e bambino; poncho; sarong; abiti scamiciati, ad eccezione di abbigliamento intimo; grembiuli abiti; visiere [cappelleria]; canottiere da sport, ad eccezione di abbigliamento intimo; valenki [stivali in feltro].

 

Classe 26:      Fibbie per calzature.

 

Alcuni dei prodotti contestati sono identici ai prodotti sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti sopra elencati. L’esame dell’opposizione sarà quindi effettuato come se tutti i prodotti contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che sono stati presupposti essere identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

YAMAMAY  MAIMAI MADE IN ITALY 
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Entrambi i marchi sono marchi denominativi. Il marchio anteriore “YAMAMAY” è privo di significato. Al contrario, l’espressione in lingua inglese “MADE IN ITALY” del marchio contestato sarà compresa dalla pressoché totalità del pubblico rilevante, sia per la sua semplicità che l’uso assai vasto che se ne fa in relazione a prodotti di largo consumo di qualsivoglia natura, come avente il significato di “fatto in Italia”.

 

Inoltre, se per una parte del pubblico rilevante, quale ad esempio il pubblico di lingua spagnola o bulgara, l’elemento ‘MAIMAI’ del segno contestato è privo di significato, non si può escludere che per altre parti del pubblico rilevante questa espressione sarà associata ad un contenuto semantico ben preciso. Ad esempio, per i consumatori di lingua italiana “MAIMAI” sarà inteso come la ripetizione dell’avverbio “mai”, che tra gli altri significati possiede quello di “in nessun altro tempo” mentre al tempo stesso non si può escludere che almeno alcuni tra i consumatori di lingua inglese lo associno all’espressione di origine neozelandese “mai mai”, la quale indica un riparo o nascondiglio, specie utilizzato con fini venatori.

 

Inoltre, mentre il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri, l’espressione ‘MADE IN ITALY” del segno contestato sarà associata ad una semplice informazione relativa  al luogo di produzione ed origine dei prodotti. Questo elemento è pertanto non distintivo per tutti i prodotti nelle Classi 18, 25 e 26.

 

Infine, i marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “MA” e “MA” dei termini “YAMAMAY” e “MAIMAI”, benché vada tenuto in conto che dette lettere sono collocate in posizioni diverse e separate, precedute e seguite da lettere diverse. I marchi differiscono infatti nella prime due lettere “YA” del marchio anteriore nonché nella sua ultima lettera “Y”, nelle lettere “I” che seguono le due lettere “MA” in “MAIMAI”, nonché nelle lettere che compongono l’espressione “MADE IN ITALY”, benché, come visto poc’anzi, facciano parte di un elemento non distintivo del marchio impugnato.

 

Pertanto, i segni sono visivamente simili in ridotta misura.

 

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia del marchio anteriore e dell’unico elemento distintivo (MAIMAI) del marchio impugnato solo coincide in alcune lettere, ovvero “MA” e “MAI/MAY”. I segni presentano un diverso numero di sillabe, tre nel caso del marchio anteriore e due nel caso del marchio contestato, sempre non tenendo in considerazione l’espressione non distintiva “MADE IN  ITALY” del segno impugnato. Inoltre, il marchio anteriore presenta una sillaba al principio, ovvero “YA”, che non ha nessuna controparte nel marchio impugnato mentre il marchio impugnato la terza lettera “I” del termine “MAIMAI”, che neppure presenta una controparte fonetica nel marchio sul quale si basa l’opposizione.

 

Pertanto, i segni sono foneticamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, per una parte del pubblico rilevante nessuno degli elementi distintivi dei due segni ha un significato. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale e data l’irrilevanza dell’espressione “MADE IN ITALY” del marchio contestato, l’aspetto concettuale è, per una parte del pubblico, ininfluente ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Tuttavia, per un’altra parte del pubblico rilevante, quale ad esempio quella di lingua italiana o inglese, mentre il termine “MAIMAI” segno impugnato sarà percepito come avente un significato, l’altro segno è privo di qualsiasi significato. Pertanto, poiché uno dei due segni non sarà associato ad alcun significato, i marchi in questione non sono concettualmente simili.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I prodotti coperti dai marchi in disputa sono stati presupposti essere identici nella loro totalità.

I marchi sono visivamente e foneticamente simili rispettivamente in ridotta misura e in media misura. Da un punto di vista concettuale, se per una parte del pubblico i marchi, e nella fattispecie il marchio anteriore e l’unico elemento distintivo del marchio impugnato, ovvero il termine “MAIMAI”, sono privi di significati, vi è pure una parte del pubblico rilevante che assocerà a quest’ultimo elemento del marchio impugnato un significato, e quindi sarà in possesso di un elemento, ovvero una differenziazione concettuale, in gradi di aumentare la loro distinguibilità.

 

Se infatti l’espressione “MADE IN ITALY”, per la sua mancanza di carattere distintivo, è da considerarsi incapace di svolgere alcun ruolo di una anche minima rilevanza nel marchio contestato, la Divisione d’Opposizione ritiene che le differenze tra il termine “YAMAMAY” e il termine “MAIMAI” siano comunque notevoli.

 

Dette differenze, che da un punto di vista fonetico sono in una qual certa misura minori, data l’identità fonetica tra le lettere “Y” ed “I”, sono al contrario dal punto di vista visivo assai chiare e nette. Ciò è dovuto non solo ai singoli elementi che le compongono, ma anche e soprattutto alla struttura dei marchi, all’ordine in cui detti elementi sono riprodotti nonché alla lunghezza complessiva dei termini “YAMAMAY” da un lato e “MAIMAI” dall’altro.

 

Per quanto riguarda i prodotti in questione, o almeno una parte di essi, ovvero quelli nella Classe 25, si deve poi tenere presente che in genere, nei negozi di abbigliamento, i clienti possono scegliere da soli i capi che desiderano acquistare oppure possono farsi assistere dal personale preposto alla vendita. Benché la comunicazione orale relativa al prodotto e al marchio non sia esclusa, la scelta del capo di abbigliamento avviene, generalmente, su base visiva. Pertanto, la percezione visiva dei marchi in questione interverrà, di norma, prima dell’atto di acquisto. L’aspetto visivo riveste, quindi, maggiore importanza nella valutazione globale del rischio di confusione (06/10/2004, T‑117/03 – T‑119/03 & T‑171/03, NL, EU:T:2004:293, § 50). Di conseguenza, le notevoli differenze visive esistenti tra i segni, dovute alla presenza di elementi diversi, assumono uno speciale rilievo nella valutazione del rischio di confusione e fanno da contraltare alle maggior somiglianze fonetiche.

 

Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti fossero identici, non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.

 

Poiché l’opposizione è priva di fondamento ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, non è necessario esaminare la prova dell’uso presentata dall’opponente.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Andrea VALISA Michele M.BENEDETTI-ALOISI

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).

 




TUUM contro THUN – Court of Justice 06.12.2016

TUUM contro THUN – COURT OF JUSTICE  06.12.2016

marchio TUUM contro marchio THUN

Il marchio nazionale figurativo anteriore THUN  designa prodotti appartenenti, segnatamente, alla classe 14 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici».

Con decisione del 3 settembre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso con la motivazione che nel caso di specie sussisteva un rischio di confusione.

Nel caso di specie è pacifico tra le parti che i prodotti in parola sono di norma venduti secondo modalità che consentono all’acquirente di vedere il marchio. Peraltro, nel caso in cui, all’atto dell’acquisto, il cliente sia assistito da un gioielliere, che pronunci i segni in questione, questi sarà un professionista in grado di spiegare la diversa origine dei prodotti.

 Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo unico della ricorrente deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere annullata, in conformità al primo capo della domanda presentata dalla ricorrente.  Per ciò che riguarda il capo della domanda della ricorrente volto al rigetto dell’opposizione, occorre rilevare che la ricorrente chiede in sostanza al Tribunale di adottare la decisione che a suo avviso avrebbe dovuto emanare l’EUIPO, ossia una decisione che dichiarasse che non ricorrevano le condizioni per un’opposizione.

 La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 3 settembre 2015 (procedimento R 2624/20141) è annullata.

TESTO DELLA DECISIONE

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione)

6 dicembre 2016(*)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo TUUM – Marchio nazionale figurativo anteriore THUN – Impedimento relativo alla registrazione – Assenza di rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T-635/15,

Tuum Srl, con sede in San Giustino (Italia), rappresentata da B. Saguatti, avvocato,ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale: Thun SpA, con sede in Bolzano (Italia), rappresentata da L. Sergi e G. Muscas, avvocati,
avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 3 settembre 2015 (procedimento R 2624/2014-1), relativa a un procedimento di opposizione tra la Thun e la Tuum,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione),
composto da G. Berardis (relatore), presidente, D. Spielmann e P.G. Xuereb, giudici,
cancelliere: A. Lamote, amministratore
visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2015,
visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 febbraio 2016,
visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 gennaio 2016,
visto il quesito scritto posto dal Tribunale alle parti e le loro risposte orali in udienza e,
in seguito all’udienza del 15 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1        Il 28 giugno 2013 la Tuum Srl, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il segno figurativo seguente:

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione appartengono alla classe 14 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; oreficeria, gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 143/2013 del 31 luglio 2013.

5        Il 31 ottobre 2013 la Thun SpA, interveniente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione era fondata sul marchio figurativo nazionale anteriore, registrato in Italia il 1° luglio 2009 con il riferimento 1204573, costituito dal segno figurativo seguente:

7        Il marchio anteriore designa prodotti appartenenti, segnatamente, alla classe 14 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondenti alla seguente descrizione: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici».

8        Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

9        Con decisione del 29 agosto 2014, la divisione di opposizione ha accolto integralmente l’opposizione, dichiarando che sussisteva un rischio di confusione nel caso di specie.

10      Il 13 ottobre 2014 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione d’opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

11      Con decisione del 3 settembre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso con la motivazione che nel caso di specie sussisteva un rischio di confusione. A tal fine, essa ha considerato quanto segue:
–        il pubblico di riferimento era situato in Italia ed era costituito sia da specialisti sia dal grande pubblico, il cui livello di attenzione variava tra medio ed elevato, in funzione del prezzo dei prodotti interessati;
–        i prodotti contrassegnati dai marchi in conflitto erano sostanzialmente identici;
–        i segni erano complessivamente simili, in forza delle loro somiglianze visiva e fonetica, mentre non era possibile stabilire alcun nesso concettuale tra di essi, in considerazione della loro mancanza di significato derivante, per quanto riguarda il marchio richiesto, dall’assenza di prova del fatto che il pubblico di riferimento, o una parte consistente di esso, riconoscesse nell’elemento «tuum» un termine latino.

Conclusioni delle parti

12      Tenuto conto delle precisazioni effettuate in sede di udienza, come risposta a taluni quesiti orali sottoposti dal Tribunale, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
–        annullare la decisione impugnata;
–        respingere definitivamente e interamente l’opposizione diretta contro la registrazione del marchio richiesto per i prodotti rivendicati nella classe 14;
–        condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese, ivi comprese quelle sostenute nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

13      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso;
–        condannare la ricorrente alle spese.

14      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:
–        respingere il ricorso;
–        confermare la decisione impugnata;
–        dichiarare irricevibile la domanda della ricorrente intesa al rigetto dell’opposizione;
–        condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

15      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo, attinente alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

16      Prima di esaminare tale motivo, occorre pronunciarsi in merito alla ricevibilità della ricerca di mercato che la ricorrente ha accluso al ricorso e che viene contestata dalle altre parti in causa.
Sulla ricerca di mercato allegata al ricorso

17      La ricorrente ha accluso al ricorso una ricerca di mercato realizzata nel 2012 e intesa a comprovare il fatto che il pubblico pertinente non confonde i marchi in conflitto e che essi sono coesistiti pacificamente sul mercato.

18      Come osservano giustamente l’EUIPO e l’interveniente, tale ricerca di mercato, che è stata presentata dalla ricorrente per la prima volta nel contesto del procedimento dinanzi al Tribunale, non può essere presa in considerazione e deve essere respinta in quanto irricevibile. Infatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. Detto documento deve essere quindi respinto senza che sia necessario esaminare il suo valore probatorio [v., per analogia, sentenza del 14 aprile 2016, Henkell & Co. Sektkellerei/EUIPO – Ciacci Piccolomini d’Aragona di Bianchini (PICCOLOMINI), T-20/15, EU:T:2016:218, punto 53 e giurisprudenza citata].

19      Di conseguenza, ai fini del presente procedimento, non si può tener conto della ricerca di mercato in questione.
Sul motivo unico tratto dalla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

20      Nell’ambito del suo motivo unico relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è incorsa in errori nella valutazione della somiglianza sia dei prodotti sia dei segni, che hanno inciso sulla sua conclusione secondo la quale nel caso di specie sussiste un rischio di confusione.

21      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

22      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Inoltre, a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, lettera a), sub ii), del regolamento n. 207/2009, si intendono per marchi anteriori i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio dell’Unione europea.

23      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento, tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati. [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T-162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza citata].

Sul pubblico di riferimento

24      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti o di servizi interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T-256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza citata].

25      Al punto 14 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha ritenuto che, dato che il marchio anteriore era registrato in Italia, il pubblico di riferimento fosse situato nel territorio di quello Stato membro. Atteso che i prodotti interessati dai marchi in conflitto erano destinati sia a specialisti nel settore della gioielleria sia al grande pubblico e che tali prodotti avevano prezzi variabili, tale commissione ha aggiunto che il livello di attenzione del pubblico di riferimento era medio per i prodotti di prezzo più contenuto mentre era elevato per quelli più costosi.

26      Occorre confermare queste constatazioni, che, del resto, non sono realmente contestate dalle parti. In effetti, se la ricorrente fa valere che il pubblico di riferimento è più attento quando si tratta di acquistare gioielli di prezzo assai elevato, è giocoforza constatare che la definizione fornita dalla commissione di ricorso tiene conto di questa circostanza.
Sulla comparazione dei prodotti

27      Ai punti da 15 e 18 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha considerato che i prodotti contraddistinti dal marchio richiesto erano sostanzialmente identici a quelli designati dal marchio anteriore, dal momento che i loro rispettivi enunciati coincidevano, con l’unica eccezione dell’«oreficeria», che figurava unicamente nell’elenco attinente al marchio richiesto, ma era molto affine, se non identica, alla «gioielleria» coperta dal marchio anteriore.

28      La ricorrente non mette in discussione tali affermazioni, sebbene sostenga che, in realtà, il marchio anteriore riguarda prodotti molto specifici, meno preziosi dei suoi, e differenti da questi ultimi, i quali, a suo parere, sono destinati ad un pubblico diverso, tramite altri canali di distribuzione.

29      L’EUIPO e l’interveniente ribattono che la commissione di ricorso si è correttamente fondata sui prodotti per i quali era stato registrato il marchio anteriore. L’interveniente aggiunge che, ad ogni modo, gli argomenti della ricorrente attinenti alle differenze tra i prodotti interessati sono errati.

30      Si deve rammentare che, per costante giurisprudenza, il confronto dei prodotti previsto dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 deve riferirsi alla descrizione dei prodotti designati dal marchio anteriore e non ai prodotti per i quali questo marchio è stato effettivamente utilizzato, a meno che detto marchio non sia già soggetto all’obbligo dell’utilizzo, a norma dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, di tale regolamento e che, in seguito ad una richiesta di prova dell’uso effettivo di tale marchio, detta prova sia fornita solo rispetto a una parte dei prodotti o dei servizi per cui il marchio anteriore è stato registrato [v. sentenza del 12 dicembre 2014, Selo Medical/UAMI – biosyn Arzneimittel (SELOGYN), T-173/13, non pubblicata, EU:T:2014:1071, punto 19 e giurisprudenza citata].

31      Nel caso di specie non poteva essere presentata alcuna domanda di prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, poiché quest’ultimo usufruiva del periodo di tolleranza di cinque anni a decorrere dalla sua registrazione previsto dall’ultima parte della prima frase dell’articolo 42, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, applicabile ai marchi nazionali anteriori in forza del paragrafo 3 di detto articolo.

32      La ricorrente riconosce questa circostanza, ma afferma che occorrerebbe nondimeno tener conto del fatto che i prodotti protetti dal marchio anteriore e quelli designati dal marchio richiesto non coincidono e si rivolgono a pubblici diversi.

33      Ebbene, un argomento del genere non può essere seguito, giacché rimette in discussione la scelta del legislatore secondo cui un marchio registrato da meno di cinque anni al momento in cui viene depositata la domanda di marchio dell’Unione europea protegge tutti i prodotti e i servizi per cui è stato registrato, a prescindere dall’uso che ne sia stato concretamente fatto.

34      Peraltro, occorre far notare che l’argomento addotto dalla ricorrente, secondo cui essa vende esclusivamente prodotti preziosi, è irrilevante, in quanto essa non ha affatto circoscritto la sua domanda di marchio dell’Unione europea a tali prodotti. Pertanto, qualora essa ottenesse la registrazione del marchio richiesto, sarebbe autorizzata ad utilizzarlo per qualsiasi tipo di prodotti contemplati da suddetta domanda, ivi inclusi prodotti simili, o addirittura identici, a quelli dell’interveniente.

35      Alla luce delle suesposte considerazioni occorre confermare la constatazione della commissione di ricorso secondo cui i prodotti cui si riferiscono i marchi in conflitto sono sostanzialmente identici.
Sulla comparazione dei segni

36      La commissione di ricorso ha ritenuto che i segni fossero complessivamente simili, in virtù delle loro somiglianze visiva e fonetica, mentre la somiglianza concettuale era neutra.

37      La ricorrente afferma che la commissione di ricorso avrebbe dovuto, in un primo momento, compararli in modo unitario e sintetico, e solo in un secondo momento, in modo analitico, tenendo conto delle somiglianze e delle differenze specifiche. Essa aggiunge che le valutazioni svolte dalla commissione di ricorso riguardanti le tre suddette somiglianze sono errate.

38      L’EUIPO e l’interveniente replicano che la commissione di ricorso ha esaminato i segni in conflitto nella loro globalità. L’interveniente precisa che la necessità di procedere a una siffatta valutazione globale non esclude l’esame analitico degli elementi che compongono ciascun segno, e ciò sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale.

–       Osservazioni preliminari

39      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza citata).

40      La valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico si riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C-334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C-193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 42). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale
marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C-193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

41      Pertanto, la ricorrente è nel giusto quando asserisce che la somiglianza dei segni va valutata in maniera globale. Tuttavia, come fa correttamente osservare l’interveniente, la suddetta valutazione complessiva può essere preceduta da un esame analitico dei segni in conflitto sotto i profili visivo, fonetico e concettuale, allo scopo, segnatamente, di individuarne gli eventuali elementi distintivi e dominanti.

42      Il primo argomento della ricorrente, quindi, non è idoneo a dimostrare che la commissione di ricorso abbia proceduto in modo errato.
–       Sulla comparazione visiva

43      Ai punti 21 e 29 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha rilevato che i segni in conflitto presentavano una certa somiglianza visiva, in quanto erano entrambi composti da un elemento denominativo consistente in quattro lettere maiuscole, di cui la prima e la terza coincidevano, inserite all’interno di un elemento figurativo caratterizzato da una figura geometrica semplice, circolare per quanto attiene al marchio richiesto e quadrata per quanto riguarda il marchio anteriore. Le differenze derivanti dalle lettere seconda e quarta di ciascun elemento denominativo, dalla collocazione di tali elementi all’interno degli elementi figurativi e dalla presenza di una linea nera orizzontale che sottolinea l’elemento denominativo solo nel marchio anteriore non sono state reputate sufficienti ad escludere l’esistenza di tale somiglianza.

44      La ricorrente rimarca che gli elementi figurativi dei segni in conflitto sono differenti e non trascurabili, che i caratteri impiegati per gli elementi denominativi sono diversi e che questi ultimi elementi si distinguono nella loro lettere seconda e quarta. Pertanto, a suo modo di vedere, tali segni, che sono brevi, non possono essere confusi sul piano visivo.

45      L’EUIPO e l’interveniente ribattono che la commissione di ricorso poteva legittimamente considerare che i segni in conflitto, nonostante talune differenze che essa ha menzionato, fossero simili, in ragione della loro struttura di base, costituita da quattro lettere, con caratteri tipografici simili, che coincidono parzialmente e che figurano all’interno di forme geometriche semplici.

46      In primo luogo, giova rammentare che, secondo la giurisprudenza, quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, maggiormente distintivi rispetto ai secondi, giacché il consumatore medio farà più facilmente riferimento al prodotto in questione citandone il nome, piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio [v. sentenza del 7 febbraio 2013, AMC-Representações Têxteis/UAMI – MIP Metro (METRO KIDS COMPANY), T-50/12, non pubblicata, EU:T:2013:68, punto 29 e giurisprudenza citata]. È proprio questa l’ipotesi che si verifica nel caso di specie, giacché gli elementi denominativi dei segni in conflitto occupano un posto importante all’interno di ciascuno di questi e i corrispondenti elementi figurativi non colpiscono particolarmente l’attenzione.

47      In secondo luogo, va notato che, invero, gli elementi denominativi dei segni in conflitto hanno in comune la struttura, dato che entrambi constano di quattro lettere. Tuttavia, sebbene le loro prime e terze lettere coincidano, le seconde e le quarte differiscono. Inoltre, e soprattutto, nonostante gli elementi denominativi di cui si tratta comincino con la stessa lettera «t» e le lettere «n» e «m» non siano molto diverse, detti elementi producono cionondimeno sul pubblico italiano un’impressione complessiva differente, giacché in italiano è alquanto insolito imbattersi in parole che presentino due lettere «u» consecutive o una lettera «h» preceduta da una lettera «t» e seguita da una «u», come ha asserito la ricorrente in sede di udienza per rispondere a un quesito del Tribunale, senza che le altre parti la smentissero. In virtù del loro carattere inusitato, tali sequenze di lettere, che sono differenti l’una dall’altra, attirano particolarmente l’attenzione del pubblico di riferimento.

48      A questo riguardo, non può avere successo l’argomento, propugnato dall’EUIPO in sede di udienza, secondo cui il pubblico di riferimento rammenta meramente il fatto che i segni in conflitto presentano ognuno una sequenza di lettere inusitata, ma non si ricorda delle differenze tra tali sequenze. In effetti, dal momento che tali sequenze di lettere, insolite e differenti l’una dall’altra, riguardano la metà, se non di più, dei rispettivi elementi dei segni in conflitto, che sono corti, non è concepibile che il pubblico di riferimento non se ne ricordi, sebbene, per costante giurisprudenza, il consumatore medio solo raramente abbia la possibilità di procedere ad un raffronto diretto dei vari marchi, ma debba invece fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria (v. sentenza del 26 aprile 2007, Alcon/UAMI, C-412/05 P, EU:C:2007:252, punto 60 e giurisprudenza citata).

49      In terzo luogo, sebbene gli elementi denominativi dei segni in conflitto siano scritti in lettere maiuscole, con caratteri non particolarmente stilizzati, resta il fatto che il marchio richiesto utilizza caratteri più fini e allungati, mentre il marchio anteriore contiene caratteri più spessi, posti in risalto dall’elemento figurativo della sottolineatura.

50      In quarto luogo, gli elementi figurativi al cui interno si collocano gli elementi denominativi differiscono quanto alle loro forme e allo spessore dei loro bordi. Nel marchio richiesto, infatti, si tratta di una circonferenza dal bordo molto spesso, mentre nel marchio anteriore di un quadrato dal bordo fino. Benché entrambe le forme in parola costituiscano figure geometriche semplici, non si può ritenere che la differenza tra un cerchio e un quadrato sfugga al pubblico di riferimento o non sia tenuta a mente da quest’ultimo.

51      In quinto luogo, per quanto attiene alla collocazione dell’elemento denominativo all’interno dell’elemento figurativo, occorre osservare che, nel marchio richiesto, la parola «tuum» appare nel mezzo del cerchio, circostanza che conferisce un’impressione complessiva di simmetria, laddove, nel marchio anteriore, la parola «thun» è posizionata verso il basso del quadrato, il che trasmette un’impressione complessiva di asimmetria.

52      Le differenze testé evidenziate consentono di trarre la conclusione che, considerati ciascuno nel suo complesso, i segni in conflitto non sono simili sul piano visivo, contrariamente a quanto ha deciso la commissione di ricorso.
–       Sulla comparazione fonetica

53      Al punto 22 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha ritenuto che a livello fonetico i segni in conflitto presentassero un alto grado di somiglianza. Al riguardo, a suo avviso, la maggior parte del pubblico di riferimento considera le parole «thun» e «tuum»
come parole straniere e le pronuncia come monosillabi, senza tener conto della lettera «h» del marchio anteriore né della seconda lettera «u» del marchio richiesto. La commissione di ricorso ha aggiunto che, quand’anche il pubblico di riferimento suddividesse la parola «tuum» in due sillabe, la pronuncia di quest’ultima rimarrebbe cionondimeno analoga a quella della parola «thun», giacché la lettera «h» in italiano è muta ed entrambi i segni iniziano quindi con il medesimo suono, prodotto dalle lettere «t» e «u», e terminano con suoni simili, quelli delle lettere «m» e «n».

54      La ricorrente afferma che il pubblico italiano pronuncia il termine «thun» in una sola sillaba, con una cadenza secca e tronca, mentre riconosce nella parola «tuum» un aggettivo possessivo latino, che pronuncia in due sillabe, con una cadenza piana e prolungata. Le impressioni fonetiche complessive prodotte da ciascuno dei segni in conflitto sarebbero dunque diverse, anche tenuto conto della loro brevità.

55      L’EUIPO e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

56      In primo luogo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, non può in generale presumersi la conoscenza di una lingua straniera [sentenza del 13 settembre 2010, Inditex/UAMI – Marín Díaz de Cerio (OFTEN), T-292/08, EU:T:2010:399, punto 83; v. anche, in questo senso, sentenza del 24 giugno 2014, Hut.com/UAMI – Intersport France (THE HUT), T-330/12, non pubblicata, EU:T:2014:569, punto 40].

57      Ciò vale in particolare qualora, come nel caso di specie, si tratti di una lingua morta, cui il pubblico pertinente è inevitabilmente meno esposto rispetto ad una lingua straniera vivente e di uso molto diffuso.

58      Sebbene, come fa valere la ricorrente, l’italiano derivi dal latino, e tale lingua sia insegnata nel contesto di taluni studi superiori ed utilizzata in alcune preghiere, tali circostanze non bastano per presupporre che la maggior parte del pubblico pertinente pronunci la parola «tuum» secondo le regole del latino, e quindi in due sillabe.

59      Peraltro, come fa correttamente notare l’interveniente, la circostanza addotta dalla ricorrente che parole in latino come virus, gratis, sponsor, agenda, super, deficit, ultimatum, referendum, ultra, bis e aula magna possano essere di uso corrente è irrilevante ai fini di chiarire se il pubblico di riferimento riconosca la parola «tuum» come appartenente al latino, poiché non è dimostrato che tale parola sia di uso corrente. Del resto, non è provato che il pubblico di riferimento, quando utilizza le suddette parole, sappia che si tratta di espressioni latine.

60      Pertanto, la commissione di ricorso ha ritenuto correttamente che sia la parola «thun» sia la parola «tuum» siano pronunciate come composte ognuna di una sillaba. Essa era nel giusto anche quando ha osservato che le pronunce di ognuna di tali sillabe presentano un elevato grado di somiglianza, poiché cominciano con la stessa consonante «t», seguita foneticamente dalla vocale «u», anche nel marchio anteriore, giacché in italiano la lettera «h» è muta, e che esse terminano con suoni simili, ossia quelli delle lettere «n» e «m». Anche ammettendo che una parte del pubblico di riferimento, davanti alla sequenza di lettere «t» e «h» del marchio anteriore, la quale non esiste in italiano, non si limiti a ignorare la lettera «h», bensì si avvalga, ad esempio, delle regole dell’inglese, occorre considerare che tale modo di procedere riguarderebbe solo un numero limitato di consumatori, dato che la maggior parte impiega, invece, la pronuncia per la quale ha optato la commissione di ricorso.

61      In secondo luogo, ad ogni modo, va osservato che, come fanno notare l’interveniente e l’EUIPO, la commissione di ricorso ha esaminato l’ipotesi che la parola «tuum» sia pronunciata in due sillabe. Le sue considerazioni in proposito, da cui si evince che il grado di somiglianza rimarrebbe elevato anche in un caso del genere, sono condivisibili, giacché la sillaba «tu» produrrebbe lo stesso suono dell’inizio della parola «thun» e la sillaba «um» sarebbe pronunciata in modo simile alla fine di tale parola.

62      In terzo luogo, la ricorrente non può desumere alcun argomento utile dalla sentenza del 16 gennaio 2008, Inter-Ikea/UAMI – Waibel (idea) (T-112/06, non pubblicata, EU:T:2008:10), che essa deduce in giudizio. Infatti, in tale occasione il Tribunale ha certamente constatato che la somiglianza fonetica tra le parole «idea» e «ikea» era debole, nonostante le distinguesse una sola lettera, ma si è a tale scopo fondato sulla sonorità totalmente differente delle consonanti «d» e «k». Nel caso di specie, invece, quand’anche si aderisse alla tesi della ricorrente, ne risulterebbe semplicemente una pronuncia più lunga della vocale «u» nel marchio richiesto, senza che muti in misura significativa la percezione della sonorità.

63      In quarto luogo, per quanto concerne le decisioni emesse dagli organi di primo grado dell’EUIPO che la ricorrente menziona, basti ricordare che, per costante giurisprudenza, le commissioni di ricorso non possono essere vincolate dalle decisioni di organi di grado inferiore dell’EUIPO [v. sentenza del 26 novembre 2015, Nürburgring/UAMI – Biedermann (Nordschleife), T-181/14, non pubblicata, EU:T:2015:889, punto 44 e giurisprudenza citata]. In ogni caso, le decisioni che le commissioni di ricorso dell’EUIPO devono adottare, in forza del regolamento n. 207/2009, relativamente alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale. Pertanto la legittimità di dette decisioni deve essere valutata unicamente sul fondamento di tale regolamento e non sulla base di una prassi decisionale precedente. Inoltre, se è pur vero che, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO deve prendere in considerazione le decisioni già adottate e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso, l’applicazione di tali principi deve, però, essere conciliata con il rispetto del principio di legalità (v. sentenza del 26 novembre 2015, Nordschleife, T-181/14, non pubblicata, EU:T:2015:889, punti 45 e 46 e giurisprudenza citata).

64      Conseguentemente, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C-51/10 P, EU:C:2011:139, punti 75 e 76).

65      Per di più, per motivi di certezza del diritto e di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione dei marchi. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C-51/10 P, EU:C:2011:139, punto 77).

66      Nel caso di specie, dalla decisione impugnata si desume che la commissione di ricorso ha proceduto ad un esame completo e concreto prima di pronunciarsi sulla somiglianza fonetica tra il marchio richiesto e il marchio anteriore.

67      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve confermare la constatazione della commissione di ricorso secondo cui, a livello fonetico, i segni in conflitto presentano un alto grado di somiglianza, per lo meno per una parte cospicua del pubblico di riferimento.
–       Sulla comparazione concettuale

68      Al punto 23 della decisione impugnata la commissione di ricorso ha considerato che, in assenza di prove o indizi che il pubblico di riferimento associ l’elemento «tuum» del marchio richiesto ad una parola in latino, i segni in conflitto sono percepiti come parole di fantasia, senza alcun nesso concettuale, il che, sostanzialmente, equivale ad affermare che la somiglianza concettuale è neutra.

69      La ricorrente sostiene che il pubblico di riferimento riconosce nell’elemento «tuum» del marchio richiesto l’aggettivo possessivo latino che significa «tuo», presente in particolare nella versione latina della preghiera «Padre Nostro», laddove l’elemento «thun» del marchio anteriore è percepito come un elemento di fantasia. Ne conseguirebbe che i segni in conflitto sono concettualmente diversi.

70      L’EUIPO e l’interveniente controbattono che non è possibile presumere che la maggior parte del pubblico italiano conosca il significato della parola «tuum» e che gli argomenti dedotti dalla ricorrente a tale riguardo non dimostrano che sia così.

71      In proposito, per le ragioni già esposte ai punti da 56 a 59 supra, non si può ritenere che la maggior parte del pubblico di riferimento riconosca nell’elemento «tuum» un aggettivo possessivo latino.

72      Da ciò si evince che per lo meno un’ampia parte del pubblico di riferimento non attribuisce alcun significato ai segni in conflitto, circostanza che, per costante giurisprudenza, permette di trarre la conclusione che il confronto sul piano concettuale è neutro [sentenze del 29 aprile 2014, Asos/UAMI – Maier (ASOS), T-647/11, non pubblicata, EU:T:2014:230, punto 27; dell’8 luglio 2015, Deutsche Rockwool Mineralwoll/UAMI – Redrock Construction (REDROCK), T-548/12, EU:T:2015:478, punto 71, e del 28 gennaio 2016, Sto/UAMI – Fixit Trockenmörtel Holding (CRETEO), T-640/13, non pubblicata, EU:T:2016:38, punto 86].
–       Conclusioni sulla comparazione dei segni

73      Al punto 24 della decisione impugnata, la commissione di ricorso è giunta alla conclusione che «te[ne]ndo conto delle forti somiglianze esistenti sotto i profili esaminati», i segni in conflitto erano simili. Parimenti, al punto 28 di tale decisione, la commissione di ricorso si è riferita all’esistenza di un’«elevata somiglianza visiva e fonetica».

74      Orbene, non è facile comprendere quali siano queste «forti somiglianze», al plurale, né come mai l’aggettivo «elevata» si applichi anche alla somiglianza visiva. Infatti, ai punti della decisione impugnata specificamente dedicati alla comparazione dei segni sotto i tre profili, visuale, fonetico e concettuale, la commissione di ricorso ha spiegato le ragioni per cui riteneva che esistesse un grado elevato di somiglianza fonetica, che la comparazione concettuale era neutra e che esisteva solo un certo grado di somiglianza visiva. Ebbene, quest’ultima constatazione non equivale affatto a quella di una somiglianza visiva forte o elevata. Si tratta quindi di un errore da parte della commissione di ricorso la quale, quando ha
tratto le conclusioni dalla sua analisi della comparazione dei segni sotto i tre aspetti summenzionati, si è discostata, senza motivo alcuno, dall’esito cui era pervenuta per quanto attiene alla somiglianza visiva.

75      A questo riguardo non appaiono convincenti le tesi propugnate dall’EUIPO e dall’interveniente in sede di udienza per rispondere al quesito scritto del Tribunale che poneva in evidenza la mancanza di coerenza tra, da un lato, il punto 21 della decisione impugnata e, dall’altro, i punti 24 e 28 della stessa. In effetti, considerato il contesto in cui è inserito, l’aggettivo «certa», collocato davanti al sostantivo «somiglianza» all’interno del citato punto 21, possiede un valore di attenuazione, che è assolutamente coerente con le osservazioni formulate dalla commissione di ricorso figuranti nel medesimo punto.

76      Ad ogni modo, per le ragioni esposte ai punti da 46 a 52 supra, occorre smentire la constatazione della commissione di ricorso relativa all’esistenza di una certa somiglianza visiva, stante il fatto che, sotto questo profilo, i segni sono differenti.

77      Tutto ciò premesso, occorre considerare che l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto è limitata all’aspetto fonetico, rispetto al quale essa possiede un grado elevato.
Sul rischio di confusione

78      La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza dei fattori che vengono presi in considerazione, e in particolare della somiglianza dei marchi e di quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C-39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T-81/03, T-82/03 e T-103/03, EU:T:2006:397, punto 74].

79      Ai punti da 28 a 31 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ravvisato l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto – anche per i prodotti per cui il pubblico di riferimento è più attento a causa del prezzo – a motivo dell’identità dei prodotti stessi, delle somiglianze visiva e fonetica dei segni, che, in questo contesto, essa ha qualificato come elevate (punto 28 della decisione impugnata) e soprattutto dell’impressione globale di somiglianza che tali segni suscitavano (punto 30 della decisione impugnata).

80      In proposito, occorre in primo luogo rilevare che i segni sono differenti sul piano visivo, così come risulta dai punti da 46 a 52 supra.

81      In secondo luogo, in base alla giurisprudenza, nella valutazione globale del rischio di confusione, l’aspetto visivo, fonetico o concettuale dei segni in conflitto non ha sempre lo stesso valore. Occorre analizzare le condizioni obiettive nelle quali i marchi possono presentarsi sul mercato. L’importanza degli elementi di somiglianza o di differenza tra i segni può dipendere, in particolare, dalle caratteristiche intrinseche degli stessi o dalle condizioni di commercializzazione dei prodotti o dei servizi contrassegnati dai marchi in conflitto. Ove i prodotti contrassegnati dai marchi in questione siano di norma venduti in negozi self-service, in cui è lo stesso consumatore a scegliere il prodotto, facendo quindi affidamento principalmente sull’immagine del marchio apposto su di esso, una somiglianza visiva tra i segni avrà, in linea generale, maggiore rilevanza. Se, invece, il prodotto considerato viene per lo più offerto in vendita oralmente, verrà di norma attribuito più valore ad una somiglianza
fonetica tra i segni [sentenze del 6 ottobre 2004, New Look/UAMI – Naulover (NLSPORT, NLJEANS, NLACTIVE e NLCollection), da T-117/03 a T-119/03 e T-171/03, EU:T:2004:293, punto 49, e del 15 dicembre 2010, Novartis/UAMI – Sanochemia Pharmazeutika (TOLPOSAN), T-331/09, EU:T:2010:520, punto 61].

82      A tale riguardo, come ha fatto opportunamente notare la ricorrente, in particolare in occasione dell’udienza, dalla giurisprudenza risulta anche che il grado di somiglianza auditiva tra due marchi ha un’importanza ridotta nel caso di prodotti commercializzati in modo che, di regola, il pubblico rilevante, al momento dell’acquisto, percepisca in modo visivo il marchio che li designa [sentenze del 14 ottobre 2003, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), T-292/01, EU:T:2003:264, punto 55, e del 21 febbraio 2013, Esge/UAMI – De’Longhi Benelux (KMIX), T-444/10, non pubblicata, EU:T:2013:89, punto 37].

83      Nel caso di specie è pacifico tra le parti che i prodotti in parola sono di norma venduti secondo modalità che consentono all’acquirente di vedere il marchio. Peraltro, nel caso in cui, all’atto dell’acquisto, il cliente sia assistito da un gioielliere, che pronunci i segni in questione, questi sarà un professionista in grado di spiegare la diversa origine dei prodotti.

84      Infine, occorre rilevare che l’interveniente, pur menzionando, in sede d’udienza, la notorietà del marchio anteriore, ha omesso di eccepire e, a maggior ragione, di dimostrare, davanti all’EUIPO, il carattere distintivo accresciuto di esso, sebbene tale fattore, per costante giurisprudenza, avrebbe potuto aumentare la probabilità di esistenza di un rischio di confusione [v. sentenza del 7 maggio 2015, Cosmowell/UAMI – Haw Par (GELENKGOLD), T-599/13, EU:T:2015:262, punto 74 e giurisprudenza citata].

85      Tutto ciò premesso, occorre escludere l’esistenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto per quanto riguarda i prodotti in parola. Ciò vale a maggior ragione per quanto concerne prodotti più costosi tra quelli coperti da tali marchi, ossia prodotti che, in virtù del loro prezzo, rendono il pubblico di riferimento più attento e, di riflesso, meno esposto a questo rischio.
Conclusioni in merito all’esito del ricorso

86      Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo unico della ricorrente deve essere accolto e la decisione impugnata deve essere annullata, in conformità al primo capo della domanda presentata dalla ricorrente.

87      Per ciò che riguarda il capo della domanda della ricorrente volto al rigetto dell’opposizione, occorre rilevare che, per il tramite di tale capo, la ricorrente chiede in sostanza al Tribunale di adottare la decisione che a suo avviso avrebbe dovuto emanare l’EUIPO, ossia una decisione che dichiarasse che non ricorrevano le condizioni per un’opposizione. Di conseguenza, la ricorrente chiede la riforma della decisione impugnata, come prevista all’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. Tale domanda è quindi ricevibile, a dispetto di quanto asserisce l’interveniente [v., in questo senso, sentenza del 16 gennaio 2014, Investrónica/UAMI – Olympus Imaging (MICRO), T-149/12, non pubblicata, EU:T:2014:11, punto 65 e giurisprudenza citata].

88      Inoltre, giova rammentare che il potere di riforma, riconosciuto al Tribunale in forza dell’articolo 65, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, non ha come effetto di conferire a
quest’ultimo la facoltà di procedere a una valutazione alla quale la commissione di ricorso non ha ancora proceduto. Pertanto, in linea di principio, l’esercizio del potere di riforma deve essere limitato alle situazioni nelle quali il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, sia in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che detta commissione era tenuta a prendere (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C-263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72).

89      Nel caso di specie sussistono i presupposti affinché il Tribunale eserciti il suo potere di riforma. Dalle considerazioni riprodotte ai punti da 22 a 85 supra si evince infatti che la commissione di ricorso era tenuta a dichiarare che, contrariamente a quanto aveva considerato la divisione di opposizione, nel caso in esame non sussisteva un rischio di confusione. Di conseguenza, mediante riforma della decisione impugnata, occorre respingere l’opposizione.
Sulle spese
90      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’EUIPO e l’interveniente sono rimaste soccombenti, occorre condannarle alle spese, conformemente alla domanda della ricorrente.
91      Inoltre, poiché la ricorrente ha chiesto che l’EUIPO e l’interveniente siano condannati anche alle spese da essa sostenute durante il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate come spese ripetibili. Pertanto, occorre condannare l’EUIPO e l’interveniente a sopportare anche dette spese.
92      Per quanto riguarda la ripartizione delle spese, sarà operata un’equa valutazione delle circostanze di specie decidendo che l’EUIPO e l’interveniente sopportino ciascuno, oltre alle proprie spese, la metà di quelle sostenute dalla ricorrente, sia dinanzi al Tribunale sia dinanzi alla commissione di ricorso.
Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione)

dichiara e statuisce:
1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 3 settembre 2015 (procedimento R 2624/20141) è annullata.
2)      L’opposizione è respinta.
3)      L’EUIPO sopporta le proprie spese nonché la metà di quelle sostenute dalla Tuum Srl, sia dinanzi al Tribunale, sia dinanzi alla commissione di ricorso.
4)      La Thun SpA sopporta le proprie spese nonché la metà di quelle sostenute dalla Tuum, sia dinanzi al Tribunale, sia dinanzi alla commissione di ricorso.
Berardis Spielmann Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 dicembre 2016.

Il cancelliere       Il presidente
E. Coulon       G. Berardis