Richiesta di annullamento di un marchio per non uso – marchio UFO

richiesta di annullamento di un marchio per non uso UFO

RICHIESTA DI ANNULLAMENTO DI UN MARCHIO PER NON USO

È possibile fare richiesta di annullamento di un marchio per non uso, quando il titolare non lo abbia usato (e non dimostri di averlo usato) per un periodo ininterrotto di cinque anni nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione.

La richiesta normalmente viene fatta in difesa da una contestazione (il titolare del marchio X contesta la registrazione o l’uso del marchio X ad una altro soggetto che si difende chiedendo la decadenza per non uso da parte del primo) ma può essere fatta anche in modo autonomo

di seguito la prouncia della Divisione di annullamento sulla richiesta di annullamento di un marchio per non uso

UFFICIO PER L’ARMONIZZAZIONE NEL MERCATO INTERNO (MARCHI, DISEGNI E MODELLI)

Divisione di annullamento 

ANNULLAMENTO N.10784 C (DECADENZA) sulla richiesta di annullamento di un marchio per non uso

Maschio Gaspardo S.p.A, … contro Kuhn S.A. (titolare del marchio comunitario)

Il 01/10/2015, la divisione di annullamento emana la seguente

DECISIONE sulla richiesta di annullamento di un marchio per non uso

1. La domanda di decadenza è accolta.

2. Il titolare del marchio comunitario è decaduto interamente dai suoi diritti in relazione al marchio comunitario n. 2 666 188 a decorrere dal 23/04/2015.

3. Il titolare del marchio comunitario sopporta l’onere delle spese, fissate a 1 150 EUR

MOTIVAZIONI  sulla richiesta di annullamento di un marchio per non uso

Il richiedente ha presentato una domanda di decadenza per il marchio comunitario n. 2 666 188 UFO (marchio denominativo) (il marchio comunitario). La richiesta è diretta contro tutti i prodotti coperti dal marchio comunitario: 7 Macchine agricole per la lavorazione e preparazione del terreno, quali macchine vangatrici, macchine zappatrici, motocoltivatori; macchine agricole industriali movimento terra, quali escavatori, ruspe, bulldozer; macchine agricole per la semina; macchine agricole per la concimazione; macchine agricole per disidratare o per essiccare materiale vegetale; macchine agricole per la manutenzione delle piante e dei prati, quali decespugliatori, motofalciatrici, spazzatrici, trinciatrici, macchine per la potatura, rasaerba, decorticatrici, estirpatori, trapiantatrici, tagliarami, taglialegna, deceppatrici, defogliatrici; utensili motorizzati per macchine agricole per il trattamento delle piante e dei prati, quali dischi e lame motorizzati per tagliare e segare, dischi ed utensili rotanti motorizzati per decespugliatori; macchine agricole per la raccolta ed il trattamento di frutta, legumi, verdure, barbabietole da zucchero, tè, caffè, tabacco, frumento e foraggio, quali falciatrici, falciacondizionatrici, falciancondizionandanatrici, andanatrici, trasportatori, caricaballe, caricatori, elevatori, presse imballatrici, trebbiatrici, voltafieno e spandifieno, trinciatrici; macchine agricole per la raccolta di pietre; macchine agricole per la molitura e miscelazione del mangime; macchine e dispositivi agricoli per l’irrigazione; spazzaneve; attrezzature agricole, quali aratri, erpici, pale caricatrici agricole; dispositivi raccoglitori per trebbiatrici.  9 Dispositivi elettrici di diffusione di frequenze sonore per l’allontanamento di animali; dispositivi di controllo e di ispezione; dispositivi elettrici di controllo di macchine agricole ed industriali; apparecchi e strumenti di misura di peso e di volume di materiali agricoli. 12 Carrelli elevatori, trattori, trattorini da giardinaggio, veicoli per aree verdi; rimorchi.

Il richiedente ha invocato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), RMC.

MOTIVI DELLA DECISIONE  sulla richiesta di annullamento di un marchio per non uso

Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), RMC, il titolare del marchio comunitario decade dai suoi diritti su domanda presentata all’Ufficio se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nella Comunità per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione. Nei procedimenti di decadenza che si basano sulla mancata utilizzazione, l’onere della prova spetta al titolare del marchio comunitario poiché il richiedente non può essere tenuto a fornire la prova di un fatto negativo, ossia che il marchio non è stato utilizzato per un periodo ininterrotto di cinque anni. Spetta pertanto al titolare del marchio comunitario dimostrare l’uso effettivo nell’Unione europea o presentare le ragioni legittime per la mancata utilizzazione. In questo caso il marchio comunitario è stato registrato in data 30/07/2003. La richiesta di decadenza è stata depositata il 23/04/2015. Di conseguenza, alla data di deposito della domanda il marchio comunitario era registrato da oltre cinque anni. Il 30/04/2015, la divisione di annullamento ha debitamente notificato al titolare del marchio comunitario la domanda di decadenza concedendo un termine di tre mesi per presentare la prova dell’uso del marchio comunitario per tutti i prodotti per cui è registrato. Il titolare del marchio comunitario non ha presentato osservazioni o prove dell’uso in risposta alla domanda di decadenza entro il termine prestabilito. Secondo la regola 40, paragrafo 5, RMC, se il titolare del marchio comunitario non fornisce la prova dell’effettiva utilizzazione del marchio contestato entro il termine fissato dall’Ufficio, il marchio comunitario sarà dichiarato decaduto. In mancanza di risposta da parte del titolare del marchio comunitario, non sussiste alcuna prova dell’effettiva utilizzazione del marchio comunitario nell’Unione europea per uno qualsiasi dei prodotti per cui è registrato. Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo 1, RMC, il marchio comunitario deve essere considerato, a decorrere dalla data della domanda di decadenza, privo degli effetti specificati nel regolamento RMC nella misura in cui il titolare sia dichiarato decaduto dai suoi diritti. Di conseguenza, il titolare del marchio comunitario deve decadere interamente dai suoi diritti, che sono considerati privi di effetti a decorrere dal 23/04/2015.

SPESE sulla richiesta di annullamento di un marchio per non uso

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMC, la parte soccombente in una procedura di annullamento sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Poiché risulta soccombente, il titolare del marchio comunitario deve sopportare l’onere delle tasse di annullamento nonché tutte le spese sostenute dal richiedente nel corso di tale procedimento. Secondo la regola 94, paragrafi 3, 6 e 7, lettera d), punto iii), REMC, le spese da rimborsare al richiedente sono le tasse di annullamento e le spese di rappresentanza, che devono essere determinate sulla base degli importi massimi ivi stabiliti.

La divisione di annullamento Kate HOGAN Graziella MEDDE Victoria DAFAUCE MENÉNDEZ Ai sensi dell’articolo 59 RMC, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro la decisione stessa ove quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMC, il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno di notifica della decisione. Inoltre, entro quattro mesi da tale data deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 800 EUR è stata pagata. L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della divisione di annullamento. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMC, tale richiesta deve essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considera presentata soltanto ad avvenuto pagamento della tassa per la revisione della determinazione delle spese, fissata in 100 EUR (articolo 2, punto 30, RTMC).

Richiesta di annullamento di un marchio per non uso – MARCHIO UFO

richiesta di annullamento di un marchio per non uso UFO

richiesta di annullamento di un marchio per non uso UFO




Marchio per prodotti di bellezza VENUS

Marchio di prodotti di bellezza Venus

Marchio di prodotti di bellezza VENUS

Il marchio di prodotti di bellezza VENUS vince sul posteriore marchio VENEX

Il machio VENEX è confondibile col marchio di prodotti di bellezza VENUS

La difesa del marchio VENEX si era concentrata sul diverso significato semantico e concettuale (riferimento della parolta “venex” alle patologie e gli inestetismi delle vene) rispetto al marchio di prodotti di bellezza VENUS (che richiama Venere, la dea della bellezza). I giudici, però, hanno ritenuto gli aspetti semantici e concettuali dei due marchi poco rilevanti, per la loro indeterminatezza. In particolare i giudici hanno ritenuto che  il marchio Venex non abbia un significato chiaro e determinato, di modo tale che il pubblico possa direttamente comprenderlo.

Di seguito la sentenza integrale relativa al caso del marchio di prodotti di bellezza VENUS contro il marchio VENEX

Corte di Cassazione 28.07.2015 n. 15840 Marchio di prodotti di bellezza Venus

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino ha confermato la dichiarazione di nullità del marchio Venex, registrato dalla Erboristera Magentina s.r.l., per carenza di novità rispetto al marchio Venus, registrato dalla Kelemata s.r.l., ribadendo altresì l’accertamento della contraffazione per confondibilità dei due segni distintivi. Hanno ritenuto i giudici del merito che è risultata accertata la confondibilità fonetica e visiva dei due marchi, destinati a contrassegnare prodotti analoghi offerti nell’ambito del medesimo mercato per l’eliminazione o la riduzione di modeste alterazioni fisiche o estetiche. Sicchè le pur esistenti differenze semantiche o concettuali non sono tanto rilevanti da risultare caratterizzanti, neppure il marchio Venus essendo universalmente noto come evocativo della bellezza.

Ricorre per cassazione la Erboristera Magentina s.r.l. e propone due motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso la Kelemata s.r.l. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Benchè proposti nelle due diverse prospettive della violazione di legge e del vizio di motivazione, i due motivi del ricorso attengono entrambi al medesimo tema della confondibilità dei due marchi in conflitto.

1.1 Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 12, comma 1, lett. d), art. 25, comma 1, lett. a), e art. 20, comma 1, lett. b), dell’art. 4, paragrafo 1 Direttiva comunitaria 2008/95/CE, delle norme relative al confronto tra i marchi ai fini dell’accertamento del rischio di confusione e la conseguente dichiarazione della nullità e della contraffazione.

Premessa la necessità di una valutazione globale dei marchi nel rispetto dei principi che presiedono all’apprezzamento del rischio di confusione, sostiene che le somiglianze fonetiche e visive debbano risultare neutralizzate dalle differenze concettuali o semantiche, quando, come nel caso in esame, siano rilevanti gli ambiti denotativi dei marchi. Infatti il marchio Venus evoca il nome di Venere, dea latina della bellezza, mentre il marchio Venex evoca le patologie e gli inestetismi delle vene, con le conseguenti diverse destinazioni di mercato (donne giovani l’uno, donne mature l’altro). Ma la corte d’appello sovrappone illogicamente notorietà e significato del marchio Venus; mentre esclude che il marchio Venex abbia un significato chiaro e determinato, benchè il tribunale ne avesse riconosciuto la natura espressiva appunto in ragione della sua capacità denotativa. Solo in questa contraddittoria prospettiva i giudici del merito hanno potuto negare l’abissale distanza concettuale tra i due marchi, che per questa ragione non si sono mai incrociati sul mercato, come risulta dagli stessi atti difensivi della Kelemata s.r.l..

D’altro canto risultano viziati anche i confronti fonetico e visivo tra i due marchi, che hanno diversa rilevanza secondo che si riferiscano a merci destinate a un’apprensione diretta o a una richiesta vocale da parte del consumatore. Sicchè, nel caso di merci che non debbano essere richieste a voce, come i prodotti da erboristeria, il confronto visivo deve prevalere su quello fonetico.

Ma nel caso in esame il marchio Venus, non essendo figurativo bensì denominativo, come la stessa corte d’appello riconosce, non è caratterizzato da peculiarità di scrittura o di colore. Ne consegue l’erroneità della decisione impugnata, fondata appunto sul carattere corsivo della scrittura e sul colore del marchio Venus.

1.2 Con il secondo motivo la ricorrente deduce vizi di motivazione della decisione impugnata, censurando le argomentazioni in fatto della decisione nei medesimi aspetti già censurati per violazione di legge.

Lamenta innanzitutto che contraddittoriamente i giudici del merito abbiano negato un qualsiasi significato del marchio Venus, cui pure hanno contestualmente riconosciuto la capacità evocativa della dea Venere; e per superare poi questa evidente contraddizione, hanno aggiunto che comunque il marchio Venus, pur caratterizzato da elevata notorietà, non sia universalmente noto.

Si duole in secondo luogo la ricorrente dell’affermazione dei giudici d’appello che il marchio Venex sia privo di significato concettuale o semantico, in contrasto con la natura espressiva riconosciuta al marchio dal tribunale.

2. I due motivi del ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perchè, come s’è detto, investono in distinte prospettive i medesimi temi. E risultano entrambi infondati.

Il marchio è un contrassegno indicativo della provenienza di un prodotto o di un servizio da una determinata impresa industriale o commerciale. Come questa Corte ha più volte chiarito, “l’azione di contraffazione del marchio d’impresa ha natura reale, e tutela il diritto assoluto all’uso esclusivo del segno come bene autonomo, sulla base del riscontro della confondibilità dei marchi, mentre prescinde dall’accertamento della effettiva confondibilità tra prodotti e delle concrete modalità di uso del segno, accertamento riservato, invece, al giudizio di concorrenza sleale” (Cass., sez. 1^, 25 settembre 1998, n. 9617, m. 519177, Cass., sez. 1^, 4 dicembre 1999, n. 13592, m. 532394).

Azione di contraffazione e azione di nullità hanno invece un comune presupposto nella confondibilità dei marchi in conflitto.

Ciò che rileva ai fini della tutela del marchio, infatti, è il suo significato di indicazione della provenienza di un prodotto o di un servizio da una determinata impresa; e questo significato del contrassegno può dipendere non solo dal significato proprio delle parole che eventualmente lo compongano, ma anche dal contesto cromatico e grafico e fonetico della comunicazione in cui esso si esprime. Per questa ragione è indiscusso nella giurisprudenza che l’accertamento sulla confondibilità dei segni non deve essere compiuto in via analitica, attraverso la separata considerazione dei singoli elementi di valutazione (Cass., sez. 1^, 7 marzo 2008, n. 6193, m. 602620), “ma in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici, visivi e fonetici, intendendosi con quest’ultimo termine tutti gli effetti acustici (cioè auditivi, fonici) delle espressioni usate, in relazione al normale grado di percezione delle persone alle quali il prodotto è destinato” (Cass., sez. 1^, 28 ottobre 2005, n. 21086, n. 583842).

Ovviamente, quando il marchio ha un riferimento anche concettuale o semantico al prodotto contrassegnato, questa capacità denotativa assume un rilievo peculiare, ma giammai esclusivo, appunto perchè, essendo connessa al comune significato di parole o espressioni, la sua specifica idoneità a indicare la provenienza di un prodotto dipende comunque dall’insieme complessivo dei suoi elementi costitutivi (Cass., sez. 1^, 28 gennaio 2010, n. 1906, m. 611399, Cass., sez. I, 28 febbraio 2006, n. 4405, m. 589976), anche se la rilevanza degli elementi grafici o fonetici può risultare inversamente proporzionale alla idoneità denotativa propria delle parole impiegate (Cass., sez. 1^, 2 febbraio 2015, n. 1861, m. 634265, Cass., sez. 1^, 9 febbraio 2015, n. 2405, m. 634215).

Nel caso in esame i giudici del merito hanno compiuto un confronto appunto globale e sintetico tra i marchi in conflitto, esaminandone gli elementi sia grafici sia fonetici sia concettuali. E quindi hanno applicato i criteri di valutazione prescritti.

La ricorrente lamenta che non siano state considerate adeguatamente le differenze concettuali o semantiche dei due marchi. Ma in realtà, come la stessa ricorrente riconosce, anche gli aspetti semantici e concettuali dei due marchi sono stati valutati dalla corte d’appello, che peraltro li ha considerati poco rilevanti, per la loro indeterminatezza.

La ricorrente censura tuttavia per contraddittorietà questa sottovalutazione degli elementi concettuali. Ma si tratta di censura inammissibile, perchè attiene al merito della decisione impugnata.

Quanto al marchio Venus, i giudici del merito ne hanno infatti riconosciuto la capacità evocativa dell’idea bellezza, ma hanno incensurabilmente escluso che ne sia universalmente riconoscibile una specifica idoneità denotativa. E altrettanto incensurabilmente hanno escluso i giudici d’appello che il marchio Venex, pur qualificato come denominativo dai giudici di primo grado, abbia “un significato chiaro e determinato, di modo tale che il pubblico possa direttamente comprenderlo“.

Per quanto opinabili queste valutazioni possano apparire, esse sono dunque conformi ai criteri fissati dalla giurisprudenza; e si sottraggono pertanto a qualsiasi censura di legittimità

Si deve dunque concludere con il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza.

PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del resistente, liquidandole in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00, per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2015.

Depositato in Cancelleria il 28 luglio 2015

Marchio di prodotti di bellezza Venus

Marchio di prodotti di bellezza Venus

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Marchio mobili DIVANI E DIVANI

marchio mobili divani e divani

Il marchio mobili DIVANI E DIVANI vince il round in cassazione contro il marchio DIVINI E DIVANI

marchio mobili DIVANI E DIVANI contro marchio DIVINI E DIVANI

Cassazione civile sezione I, 02.02.2015, n. 1861

Natuzzi S.p.A. contro Divini & Divani S.r.l.

BENI – Immateriali – Marchio – Debole o forte – Marchio debole – Tutela contro la contraffazione – Presupposti – Adozione di mere varianti formali – Sufficienza – Fattispecie
In tema di marchi di impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non preclude la tutela nei confronti della contraffazione in presenza dell’adozione di mere varianti formali, in sé inidonee ad escludere la confondibilità con ciò che del marchio imitato costituisce l’aspetto caratterizzante, non potendosi, invero, limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza prossima all’identità, cioè di sostanziale sovrapponibilità del marchio utilizzato dal concorrente a quello registrato anteriormente. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto insuscettibile di tutela il marchio costituito dalla combinazione di parole di uso comune “Divani & Divani” benché le stesse avessero assunto efficacia individualizzante del prodotto). (Cassa con rinvio, Bari, 21/04/2008)

Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015

marchio mobili divani e divani

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