ZANOTTI contro GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN – Divisione d’Opposizione EUIPO 03.08.2016

ZANOTTI contro GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN – Divisione d’Opposizione EUIPO 03.08.2016

 

Sussiste un rischio di confusione in quanto le differenze esistenti tra i segni sono principalmente limitate ad elementi ed aspetti non distintivi o secondari anche tenendo conto che il consumatore medio raramente ha la possibilità di fare un confronto diretto tra diversi marchi, ma deve fidarsi del ricordo imperfetto che ha degli stessi .

Anche se i consumatori distinguessero i due segni grazie all’elemento “GIUSEPPE” del marchio contestato, che non ha un equivalente nel marchio anteriore, penserebbero comunque a una linea specifica di prodotti o a una forma estesa del nome del marchio. Potrebbero dunque ritenere che i marchi appartengano alla medesima impresa o a imprese economicamente legate tra loro.

 

OPPOSIZIONE N. B 270 

Società Italiana Calzature S.r.l., Viale VIII Marzo 7, 63813 Monte Urano (Fermo), Italia (opponente), rappresentata da Giuliana Cantaluppi, Via Donizetti, 20, 20122 Milano, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Di Zanotti S.a.s. di Giuseppe Zanotti e C., Corso Vendemini 30/e, 47039 Savignano Sul Rubicone (FC), Italia (richiedente), rappresentata da Porta Checcacci & Associati S.p.A., Via Trebbia 20, 20135 Milano, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 03/08/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 DECISIONE:

L’opposizione n. B 270 605 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti contestati:

Classe 18:  Articoli in queste materie [cuoio e sue imitazioni] non compresi in altre classi.

Classe 25:  Articoli di abbigliamento, calzature, copricapo.

La domanda di marchio dell’Unione europea n. 1 213 792 è respinta per tutti i prodotti suindicati. Si può procedere per i restanti prodotti.

Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 1 213 792. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 244 277 e sulla registrazione di marchio italiano n. 723 754 del marchio figurativo  . L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

PROVA DELL’ESISTENZA E VALIDITÀ DELLA REGISTRAZIONE DI MARCHIO ITALIANO N. 723 754

Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE, nel corso del procedimento l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, nei procedimenti concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.

Ne discende che l’Ufficio non può tenere conto di diritti asseriti per i quali l’opponente non abbia prodotto prove adeguate.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 1, REMUE, l’Ufficio dà alla parte opponente l’opportunità di presentare i fatti, le prove e le osservazioni a sostegno della sua opposizione o di completare eventuali fatti, prove od osservazioni che siano già stati presentati insieme con l’atto di opposizione entro un termine fissato dall’Ufficio.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 2, REMUE, entro il termine di cui sopra, l’opponente deposita inoltre le prove dell’esistenza, della validità e della portata della protezione del suo marchio anteriore o diritto anteriore, nonché la prova del suo diritto a proporre opposizione

In particolare, se l’opposizione è basata su un marchio registrato che non è un marchio dell’Unione europea, l’opponente deve presentare una copia del relativo certificato di registrazione ed eventualmente dell’ultimo certificato di rinnovo, da cui risulti che il periodo di protezione del marchio si estende oltre il termine di cui al paragrafo 1, e le eventuali proroghe, o i documenti equivalenti, rilasciati dall’amministrazione dalla quale il marchio è stato registrato [regola 19, paragrafo 2, lettera a), punto ii), REMUE]

Nel presente caso, la prova presentata dall’opponente consiste in un certificato di registrazione dell’Ufficio Marchi e Brevetti italiano relativo al suddetto marchio, ovvero la registrazione di marchio italiano n. 723 754, depositata in data 14/02/1995 e registrata in data 19/09/1997.

In data 16/02/2016 l’Ufficio ha stabilito il termine del 16/03/2016, prorogato in data 05/04/2016 al 16/05/2016, in favore dell’opponente al fine di permettergli di presentare eventuali certificati di rinnovo del marchio

L’opponente non ha tuttavia presentato, nel termine di cui sopra, alcuna prova dalla quale risulti che il suddetto marchio sul quale, inter alia, si basa l’opposizione sia stato oggetto di rinnovo e si sia pertanto esteso il periodo di protezione del marchio

Conformemente alla regola 20, paragrafo 1, REMUE, se, entro il termine di cui alla regola 19, paragrafo 1, RMUE l’opponente non ha provato l’esistenza, la validità e la portata della protezione del suo marchio anteriore o del suo diritto anteriore, nonché il suo diritto a proporre l’opposizione, l’opposizione viene respinta in quanto infondata

L’opposizione deve pertanto essere respinta in quanto infondata, in relazione al suddetto marchio anteriore.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla  registrazione di marchio dell’Unione europea n. 244 277 dell’opponente.

a) I prodotti

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti

Classe 25:      Calzature

I prodotti contestati sono i seguenti

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste, finimenti e articoli di selleria

Classe 25:      Articoli di abbigliamento, calzature, copricapo. 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità

Prodotti contestati in classe 1

Le calzature della classe 25 dell’opponente  sono utilizzati per coprire e proteggere dalle intemperie parti del corpo umano. Tali prodotti sono anche articoli di moda. Gli articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni] comprendono prodotti come borse, borsette, sacche per lo sport, portadocumenti, portafogli, portamonete, portachiavi, eccetera. Questi prodotti sono collegati alle calzature della classe 25 in quanto è probabile che i consumatori considerino i prodotti della classe 18 quali accessori complementari delle calzature. In effetti, i prodotti in questione vengono tra loro abbinati anche in modo rigoroso. Va altresì rilevato che i prodotti di cui si tratta possono essere distribuiti dagli stessi produttori/fabbricanti o da produttori/fabbricanti collegati. Inoltre, per un produttore di calzature non è insolito realizzare e distribuire direttamente i suddetti articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]. Infine, i prodotti in esame si possono trovare negli stessi punti vendita al dettaglio. Pertanto, essi sono considerati simili

I prodotti contestati cuoio e sue imitazioni, pelli di animali della classe 18 sono vari tipi di pelli di animali (o imitazioni). Si tratta di materiali grezzi. Va osservato al riguardo che il solo fatto che un prodotto sia utilizzato per la fabbricazione di un altro (ad esempio calzature in cuoio) non è sufficiente di per sé per concludere che i prodotti sono simili. In effetti, la loro natura, il loro scopo, il pubblico di riferimento e i canali di distribuzione possono essere alquanto diversi. I suddetti materiali grezzi sono destinati ad un uso industriale piuttosto che ad essere direttamente acquistati dal consumatore finale. Tali prodotti sono distribuiti in punti vendita diversi ed hanno natura e scopo diversi da quelli delle calzature. Di conseguenza, i prodotti in questione sono dissimili

I contestati bauli sono grandi contenitori o scatole chiudibili, usati come bagaglio o per magazzinaggio; gli ombrelli sono dispositivi per la protezione dalle intemperie, costituiti da una cupola apribile, di solito circolare, montata su di un’asta centrale; gli ombrelloni sono ombrelli utilizzati per proteggersi dal sole; i bastoni da passeggio sono aste o bastoni usati come ausilio nella deambulazione; le fruste sono strumenti per incitare gli animali o infliggere punizioni corporali; i finimenti sono bardature con cui un animale aggiogato tira un veicolo o un attrezzo; gli articoli di selleria sono le attrezzature usate per i cavalli, quali le selle o i finimenti. La natura di tali prodotti differisce di molto da quella dei prodotti della classe 25. In effetti, i prodotti in questione sono utilizzati per scopi del tutto diversi (deposito/magazzinaggio, protezione dalla pioggia/dal sole, ausilio per la deambulazione, aiuto nel controllo e/o nella guida di animali, rispetto alla copertura/protezione del corpo umano). Inoltre, i prodotti in esame non sono distribuiti negli stessi punti vendita ed è molto improbabile che siano fabbricati/realizzati dalla stessa impresa. Di conseguenza essi sono considerati dissimili.

Lo stesso ragionamento si applica alle valigie, che sono pure dissimili. Questi prodotti sono considerati dissimili dalle calzature dell’opponente. Le valigie sono destinate a contenere oggetti durante il viaggio e non soddisfano quindi le stesse esigenze delle calzature. I prodotti in questione non sono distribuiti negli stessi punti vendita né sono realizzati dagli stessi fabbricanti. Inoltre, essi non sono né concorrenti né complementari

Prodotti contestati in classe 2

Le calzature sono identicamente contenute in entrambe le liste di prodotti

Le calzature dell’opponente hanno la medesima finalità degli articoli di abbigliamento e dei copricapo contestati: essi, infatti, sono usati per coprire e proteggere dalle intemperie delle parti del corpo umano e sono al tempo stesso degli articoli di moda. Spesso tali prodotti si trovano negli stessi punti vendita. I consumatori che intendono acquistare degli abiti o degli articoli di cappelleria di solito si aspettano di trovare le calzature nello stesso reparto o nello stesso negozio e viceversa. Inoltre, è cosa comune per produttori e designer concepire e realizzare sia articoli di abbigliamento e copricapo che calzature. Di conseguenza, i prodotti in questione sono simili

b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici o simili sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

c) I segni

Il territorio di riferimento è l’Unione europea.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il marchio anteriore è un marchio denominativo costituito unicamente dal termine “ZANOTTI”, che sarà inteso come un cognome di origine italiana, presente in particolare nelle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna da almeno una parte del pubblico rilevante, non necessariamente solo quella di lingua italiana

Il segno contestato è un marchio figurativo formato dai termini “GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN” riprodotti in caratteri neri maiuscoli poste all’interno di un rettangolo orizzontale stretto e lungo. Al di sopra di questi elementi, nella parte sinistra del marchio, si trova la rappresentazione di una firma scritta a mano, tendenzialmente illeggibile come sono solite essere le firme. Anche nel caso del marchio contestato, dal punto di vista semantico una parte del pubblico rilevante comprenderà i termini “GIUSEPPE ZANOTTI” come aventi il significato di un nome maschile di origine italiana piuttosto diffuso ed un cognome, sempre di origine italiana. Il termine “DESIGN”, di origine anglosassone, sarà invece inteso, non solo dal pubblico di lingua inglese, come la “progettazione di un oggetto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica: […]; anche, la forma di un oggetto, rispondente a criteri estetici e funzionali” (per quest’ultima definizione vedasi, tra gli altri, il Dizionario di Italiano il Sabatini Coletti, edizione online).

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

Il marchio contestato non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri

L’elemento “DESIGN” del segno contestato sarà associato al concetto di forma di un oggetto, rispondente in particolare a criteri estetici. Tenendo a mente che i prodotti relativi sono tutti prodotti che possiedono un nesso, più o meno importante, con l’estetica, questo elemento è non distintivo per questi nelle classi 18 e 25

Visivamente, i segni coincidono nel termine distintivo “ZANOTTI”. Tuttavia, essi differiscono nel termine altrettanto distintivo “GIUSEPPE” del marchio contestato, nel termine non distintivo “DESIGN” del medesimo e nei restanti elementi (il rettangolo e la firma illeggibile) del marchio contestato

Per quanto riguarda il marchio contestato e questi ultimi elementi, si tenga presente che quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni coincide nel suono del termine “ZANOTTI”, presente in modo identico in entrambi i segni. La pronuncia differisce nel suono delle lettere “GIUSEPPE” del marchio contestato e delle lettere “DESIGN”, le quali fanno però parte di un elemento non distintivo

Di conseguenza, i segni sono simili in media misura

Sotto il profilo concettuale, per una parte del pubblico nessuno dei due segni ha un significato, con l’eccezione del termine “DESIGN”, che però è non distintivo. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni per almeno una parte del pubblico. Tuttavia, per un’altra parte del pubblico, e in particolare quella di lingua italiana, entrambi i segni saranno percepiti come facenti riferimento al cognome “ZANOTTI”, e pertanto sono da considerarsi concettualmente simili, nonostante la presenza nel marchio contestato del nome “GIUSEPPE”, che sarà inteso come un nome maschile di origine italiana.

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

d) Carattere distintivo del marchio anteriore

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

I prodotti dei marchi in disputa sono in parte identici, in parte simili e in parte dissimili. Il livello di attenzione del grande pubblico al quale sono diretti i suddetti prodotti sarà medio mentre il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

A questo scenario parziale si deve aggiungere la somiglianza tra i segni, che deriva principalmente dalla coincidenza nel termine distintivo “ZANOTTI”, che costituisce il marchio anteriore nella sua interezza e un elemento normalmente distintivo del marchio contestato. La Divisione d’Opposizione non può esimersi dal notare che gli ulteriori elementi del marchio contestato non svolgano il medesimo ruolo, e in particolare l’elemento grafico della firma, che per sua natura svolge un ruolo secondario, come sottolineato nella sezione c) della presente decisione, e l’elemento non distintivo “DESIGN”.

Unico elemento aggiuntivo del marchio contestato di un certo peso nel confronto è il termine “GIUSEPPE”. Tuttavia, questo elemento sarà inteso come un nome maschile di origine italiana da almeno una parte del pubblico e messo in relazione con il cognome, sempre di origine italiana, “ZANOTTI”.

Si noti che la percezione dei segni costituiti da nomi propri di persona può variare nei diversi paesi dell’Unione europea. In linea di principio, i cognomi hanno, rispetto ai nomi, un maggiore valore intrinseco in quanto indicatori dell’origine dei prodotti, perché l’esperienza comune dimostra che lo stesso nome può designare un gran numero di persone che non hanno nulla in comune, mentre lo stesso cognome (a condizione che non sia comune nel territorio rilevante) potrebbe implicare l’esistenza di qualche legame (identità delle persone o un rapporto di parentela.

Quando due segni contengono lo stesso cognome ma solo uno di essi contiene anche un nome, è prassi ritenere che ci sia, in linea di massima, un rischio di confusione. I consumatori possono essere indotti erroneamente ad attribuire un’origine comune ai prodotti in questione. La presenza di un nome in uno dei segni in conflitto non è sufficiente affinché i consumatori possano distinguere i due segni in tutta sicurezza. Il cognome da solo sarà percepito come una versione abbreviata del nome intero, individuando così un’origine comune

La Divisione d’Opposizione ritiene che la predetta circostanza sia di calzante applicazione al presente caso: sussiste un rischio di confusione in quanto le differenze esistenti tra i segni sono principalmente limitate ad elementi ed aspetti non distintivi o secondari anche tenendo conto che il consumatore medio raramente ha la possibilità di fare un confronto diretto tra diversi marchi, ma deve fidarsi del ricordo imperfetto che ha degli stessi (22/06/1999, C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

Anche se i consumatori distinguessero i due segni grazie all’elemento “GIUSEPPE” del marchio contestato, che non ha un equivalente nel marchio anteriore, penserebbero comunque a una linea specifica di prodotti o a una forma estesa del nome del marchio. Potrebbero dunque ritenere che i marchi appartengano alla medesima impresa o a imprese economicamente legate tra loro.

Considerato quanto precede, la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione e che pertanto l’opposizione sia parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio dell’Unione europea dell’opponente

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati identici o simili a quelli del marchio anteriore

I restanti prodotti contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti prodotti non può essere accolta

L’opponente ha basato l’opposizione anche sul seguente marchio anteriore:

  • Registrazione di marchio italiano n. 749 443 per il marchio denominativo “LE ZANOTTI”, avente ad oggetto di protezione prodotti nella classe 25, ossia articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria.

L’altro diritto anteriore invocato dall’opponente è meno simile al marchio contestato, alla luce del fatto che contiene un elemento verbale aggiuntivo. Inoltre, gli ulteriori prodotti coperti da questo marchio che non sono stati oggetto di comparazione, ovvero articoli di abbigliamento e cappelleria che sono anch’essi chiaramente dissimili da quelli, rimanenti, rivendicati dal marchio contestato, ovvero cuoio e sue imitazioni; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste, finimenti e articoli di selleria. Pertanto, il risultato non può essere diverso in relazione ai prodotti per i quali l’opposizione è già stata respinta. Di conseguenza, riguardo a tali prodotti, il rischio di confusione non sussiste.

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 2, RMUE, ove le parti risultino soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni, o qualora l’equità lo richieda, la Divisione d’Opposizione decide una ripartizione differente.

Poiché l’opposizione è stata accolta solo per una parte dei prodotti contestati, entrambe le parti sono risultate soccombenti rispettivamente su una o più statuizioni. Di conseguenza, ciascuna parte sopporterà le proprie spese

La Divisione d’Opposizione

Karin KUHL Andrea VALISA Mauro BUFFOLO

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 




FANTASY contro FANTASY SANDALS – Prima Commissione di ricorso EUIPO 18.08.2016

FANTASY SHOES contro FANTASY SANDALS – Prima Commissione di ricorso EUIPO 18.08.2016

Marchio anteriore  è Fantasy Shoes Srl la cui azienda di riferimento si oppone alla registrazione del marchio  Fantasy Sandals. Il marchio “FANTASY” dell’opponente è utilizzato per contraddistinguere calzature che vengono vendute in tutto il mondo; l’elemento “SANDALS” del segno impugnato è associato a una particolare tipologia di calzature estive e si ritiene privo di capacità distintiva per “scarpe, sandali; solette; zoccoli [calzature]; scarpe; scarpe da spiaggia”.  La Divisione di Opposizione  accoglieva  l’opposizione  e  respingeva la  domanda di  marchio dell’Unione europea  per tutti  i  prodotti  contestati.  La decisione era fondata sul fatto che tutti  i  prodotti  contestati  coincidono  (“scarpe”)  o  rientrano  nella categoria  a generale  “calzature”  (“sandali;  solette;  zoccoli  [calzature]; scarpe;  scarpe da spiaggia”) di  cui al  marchio  anteriore.  I  prodotti  sono  dunque identici.

 

DECISIONE

della Prima Commissione di ricorso del 18 agosto 2016

Nel procedimento R 2765/2014-1

Georgios Alysandratos
Litous 11, Koropi
GR-19400 Atene
Grecia

Richiedente / Ricorrente
rappresentato da Anastasia Chronopoulou, 7 Sotiros Dios str, 18535, Piraeus, Grecia

contro

FANTASY SHOES S.R.L.
Piazza Martiri di Marzabotto, 63
I-51015 Monsummano Terme (Pistoia)
Italia

Opponente / Resistente
rappresentata da Antonio Petruzzelli, Corso Italia, 43, 20122, Milano, Italia

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. 2 281 544 (domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 014 619)

LA PRIMA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da Th. M. Margellos (Presidente), M. Bra (Relatore) e C. Rusconi (Membro)
Cancelliere: H. Dijkema
ha pronunciato la seguente

Decisione

Sintesi dei fatti

Con domanda del 25 luglio 2013, Georgios Alysandratos (in prosieguo “il richiedente”) chiedeva la registrazione del seguente marchio figurativo: in colore grigio e blu, per contraddistinguere i seguenti prodotti, in seguito alla limitazione richiesta nel corso del procedimento:
Classe 25 – Scarpe; Sandali; Solette; Zoccoli [calzature]; Scarpe; Scarpe da spiaggia.

La domanda veniva pubblicata nel Bollettino dell’Ufficio n. 164/2013 del 30 agosto 2013.

In data 26 novembre 2013 la FANTASY SHOES S.R.L. (in appresso “l’opponente”) presentava opposizione alla registrazione del marchio in oggetto, relativamente ai suddetti prodotti, sul fondamento dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 5, RMUE.
L’opposizione era fondata sui seguenti marchi anteriori: Marchio figurativo seguente, oggetto delle seguenti registrazioni:
• registrazione italiana n. 489 837 [sic n. 338 048] concessa il 5 dicembre 1984, e successivamente rinnovata, nelle Classi 18 e 25 per “calzature, articoli di pelletteria e borsetteria”;
• registrazione internazionale n. 489 837, concessa il 5 dicembre 1984 e successivamente rinnovata ed estesa all’Unione europea, nelle Classi 18 e  per “borse, valigie, portafogli, porta monete, borse di pelle, cuoio e loro imitazioni, scarpe, pantofole, scarponi”.

Marchio figurativo seguente, oggetto delle seguenti registrazioni:
• registrazione italiana n. 502 110, concessa il 21 dicembre 1988 e successivamente rinnovata, nella Classe 25 per “calzature, compresi gli stivali e le pantofole”;
• registrazione internazionale, n. 533 032, concessa il 21 dicembre 1988, successivamente rinnovata, nella Classe 25 per “stivali, scarpe e pantofole”.
L’opponente faceva valere che i marchi in conflitto sono letteralmente e foneticamente identici tralasciata la dicitura descrittiva “sandals”, perché entrambi sono composti dalla parola “FANTASY” e presentano righe orizzontali. I prodotti sono in parte identici (“scarpe” e “calzature”) e in parte simili (“abbigliamento e cinture”). Il marchio “FANTASY” dell’opponente è utilizzato per contraddistinguere calzature che vengono vendute in tutto il mondo, anche tramite licenziatari e siti internet di e-commerce. Sulla base di un’impressione complessiva, sussiste un rischio di confusione. A riprova l’opponente depositava vari allegati (copie dei certificati di registrazione, tabella del fatturato per stagione della collezione FANTASY in vari paesi; copia della domanda di partecipazione alla fiera “THE MICAM” tenutasi a Milano dal 15 al 18 settembre 2013 e alla fiera “International Event for Shoes & Accessories”,tenutasi a Düsseldorf il 13 settembre 2013; estratto dal sito internet della fiera “THE MICAM”; diversi estratti da siti di e-commerce e dal sito “ brands4friends” ).
Con trasmissioni in data 5 e 6 giugno 2014 (ripetute il 23 giugno), il richiedente presentava le proprie osservazioni in lingua inglese, accompagnate da vari allegati. Il 15 luglio 2014 l’Ufficio informava il richiedente che le sue osservazioni non sarebbero state prese in considerazione poiché non erano state tradotte nella lingua del procedimento (regola 96, paragrafo 1, REMC) e ne trasmetteva copia alla opponente solo a titolo informativo. Il 18 luglio 2014 il richiedente presentava le sue osservazioni in lingua italiana, che venivano trasmesse all’opponente a titolo informativo.
Con decisione in data 1 settembre 2014 (in appresso “la decisione impugnata”) la divisione di Opposizione accoglieva l’opposizione e respingeva la domanda di marchio dell’Unione europea per tutti i prodotti contestati. La decisione era fondata sui seguenti motivi:
Per motivi di economia procedurale, si esamina in primo luogo l’opposizione in relazione al marchio italiano anteriore n. 502 110.
Tutti i prodotti contestati coincidono (“scarpe”) o rientrano nella categoria generale “calzature” (“sandali; solette; zoccoli [calzature]; scarpe; scarpe da spiaggia”) di cui al marchio anteriore. I prodotti sono dunque identici.

Il territorio di riferimento è l’Italia.

Comparazione dei segni

Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nella dicitura “FANTASY”, dato che il cavalluccio marino stilizzato di colore azzurro con righe orizzontali bianche, del marchio contestato, sarà agevolmente percepito come “S”. I segni differiscono, invece, nelle loro ulteriori componenti: la stilizzazione grafica del componente verbale “FANTASY”; lo sfondo rettangolare del marchio anteriore; la combinazione di lettere “ANDALS”, scritta in caratteri stilizzati e molto piccoli, vicino alla parte superiore del cavalluccio marino azzurro; i due puntini posizionati alle estremità della parola “FANTASY” nel marchio impugnato.
Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono della parola “FANTASY” presente identicamente in entrambi i segni, posto che- come rilevato sopra- la lettera collocata tra “FANTA-” e “Y” nel marchio impugnato sarà agevolmente intesa quale “S”. Entro questi limiti i segni sono simili dal punto di vista fonetico. La pronuncia dei segni differisce nel suono della dicitura “SANDALS” del marchio impugnato, che non trovano corrispondenza nel marchio anteriore. Come detto, il cavalluccio marino sarà oggetto di autonoma pronuncia nella trasmissione orale del segno, in quanto percepito e pronunciato quale mera lettera “S”.

Sotto il profilo concettuale, la dicitura “FANTASY” comune ai marchi, pur se in lingua inglese, sarà percepita dal pubblico di riferimento nel proprio significato di “facoltà della mente umana di creare immagini, di rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no a una realtà”, attesa la sua quasi identità rispetto all’equivalente linguistico italiano “fantasia”. La combinazione “SANDALS” di cui al marchio impugnato sarà intesa nel significato di “calzatura estiva leggera, maschile e femminile, costituita da una sola fermata al piede da strisce o fasce di cuoio, pelle o altro materiale, variamente sagomate, che lasciano più o meno liberi e scoperti le dita e il tallone” , anche in questo caso in virtù della presenza nel vocabolario italiano di termine equivalente molto simile (“sandalo/i”, v. Vocabolario della Lingua Italiana Treccani). La rappresentazione stilizzata del cavalluccio marino richiamerà l’omonimo pesce marino scientificamente noto come ippocampo. Poiché i segni saranno associati a un significato simile, essi sono concettualmente simili.
Tenuto conto delle summenzionate coincidenze visive, fonetiche e concettuali, si ritiene che i segni oggetto della comparazione siano simili.
Elementi distintivi e dominanti dei segni
La dicitura “FANTASY”, comune ai due segni, potrebbe essere percepita dal pubblico del territorio di riferimento come un’allusione alle caratteristiche dei prodotti rilevanti, nel senso che si tratta di calzature, lato sensu intese, fantasiose, bizzarre, originali, arbitrarie, fuori dal comune.
L’elemento “SANDALS” del segno impugnato è associato a una particolare tipologia di calzature estive e si ritiene privo di capacità distintiva per “scarpe, sandali; solette; zoccoli [calzature]; scarpe; scarpe da spiaggia”. Il pubblico capisce il significato dell’elemento e non presterà la stessa attenzione a tale elemento privo di capacità distintiva, ma si rivolgerà agli altri elementi, più distintivi del marchio. Di conseguenza, l’impatto di tale elemento privo di capacità distintiva è limitato in sede di valutazione del rischio di confusione.
In entrambi i marchi la componente “FANTASY” costituisce l’elemento dominante, in quanto dotato di maggiore impatto visivo, in virtù della sua posizione centrale e delle sue maggiori dimensioni rispetto agli altri elementi figurativi e denominativi.

Carattere distintivo del marchio anteriore
Ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto. Tuttavia, per motivi di economia procedurale, non è necessario valutare le prove presentate e la valutazione si baserà sul carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore. Il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale, nonostante la presenza in esso di un elemento verbale che una parte dei consumatori potrebbe percepire come allusivo.
Rischio di confusione
I prodotti che risultano identici sono diretti al grande pubblico, avente un livello di attenzione medio.
I segni presentano significative analogie. Essi condividono la medesima componente verbale “FANTASY”, che, pur potendo essere intesa da una parte dei consumatori quale allusiva  delle caratteristiche  di originalità e arbitrarietà dei prodotti rilevanti, costituisce l’elemento dominante di entrambi i segni. Inoltre, occorre rilevare che le componenti grafiche dei due marchi, quali lo sfondo rettangolare nel marchio anteriore e i due puntini posizionati alle estremità della parola “FANTASY” nel marchio stilizzato, cosi come la stilizzazione grafica delle due componenti verbali “FANTASY” svolgono un ruolo decisamente ancillare, poiché si tratta di elementi tutt’affatto ordinari e non suscettibili di colpire l’attenzione visiva del consumatore. A tal riguardo, cale rammentare che quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi dovrebbero, in linea di principio, essere oggetto di maggior attenzione rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in questione citando il nome piuttosto che descrivendo  l’elemento figurativo del marchio (14/07/2005, T 312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289).
Ne discende che l’opposizione basata sulla registrazione italiana anteriore n. 502 110 è fondata e il marchio impugnato è respinto per tutti i prodotti contestati. Di conseguenza, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori, né il motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

In data 29 ottobre 2014, il richiedente proponeva ricorso, facendo pervenire la memoria contenente i relativi motivi in data 30 dicembre 2014.
L’opponente presentava osservazioni di risposta in data 16 marzo 2015.

Conclusioni e argomenti delle parti

Il richiedente chiede l’annullamento della decisione impugnata e l’accoglimento della domanda di registrazione per i prodotti in contestazione, facendo valere i seguenti motivi:
La decisione impugnata è viziata di errori e contraddizioni nei motivi e nella sua valutazione del rischio di confusione.
È contestato che i prodotti in paragone siano identici. Il marchio anteriore è registrato per sottocategorie differenti della Classe 25, in particolare “calciature, tra cui compresi: stivali e pantofole” , mentre il marchio contestato è registrato per “ scarpe, sandali, suole, zoccoli, scarpe da spiaggia” . La decisione impugnata non ha preso in considerazione la destinazione e la finalità dell’utilizzo dei prodotti rispettivi.
La decisione impugnata ammette che l’unico punto di somiglianza fra i marchi è l’uso del termine “FANTASY” e che i marchi differiscono nel resto. Nonostante ciò ritiene, in modo contradittorio, che i marchi siano simili, allorché l’unico punto di somiglianza, ossia la dicitura “FANTASY”, è privo di carattere distintivo, in quanto concetto generico e comunemente utilizzato, persino in Classe 25.
Sotto il profilo visivo, il marchio contestato è caratterizzato da vari elementi distintivi che lo differiscono notevolmente dal marchio anteriore: 1. L’etichetta con la parola “Fantasy” , differenziandosi completamente in modo visivo e sonoro dal marchio richiesto con la parola “Sandals”; 2. La lettera “S”, comune nei termini “Fantasy” e “Sandals”;

La forma di un ippocampo, che viene percepito principalmente come ippocampo e poi come la lettera “S”, ciò che rende il marchio singolare e distintivo; 4. Il marchio è in colore e di contrasto blu; 5. I due puntini; 6. L’assenza di sfondo. I marchi differiscono sostanzialmente in tutti i loro elementi: il marchio anteriore è in bianco e nero, in corsivo, con uno sfondo di linee orizzontali, ove spiccano le lettere “F”, “N , “T” e “Y”. La conclusione che siano simili è infondata.
Sotto il profilo orale, la dicitura “SANDALS”, verrà letta e pronunciata, dato che su lettera iniziale “S” è comune ad entrambi le parole “Fantasy” e “Sandals”. Non vi è somiglianza sonora tra il marchio anteriore costituito da una parola ed il marchio richiesto, costituito da due parole che a causa della loro posizione e illustrazione, si pronuncino insieme.
Sotto il profilo semantico, il marchio richiesto include elementi distintivi, che lo circoscrivono  concettualmente, differenziandolo da quello anteriore, come ad esempio la parola “SANDALS” e l’ippocampo – la  lettera  “S”  – che rinvia all’omonima specie marina. Di conseguenza, non vi è coincidenza sul piano concettuale. La diciture “FANTASY” , l’unico elemento in comune, è priva di carattere distintivo inerente giacché si tratta di un termino generico. Visto su debole carattere distintivo, non può godere di un ampio ambito di protezione. Un termino così generico, corrente e comune, usato in numerosi marchi, non può creare confusione. Ammettere il contrario, sarebbe in contradizione alla volontà del legislatore, che non era di conferire tutela di uso esclusivo a diciture, tali come la parola “FANTASY”, utilizzata in numerosissimi marchi. È pertanto infondata la conclusione di somiglianza concettuale tra i marchi.
In conclusione, i marchi si differenziano in tutto, mentre l’unico elemento in comune, ossia l’elemento verbale “FANTASY”, viene illustrato in modo completamente diverso. Il fatto che i marchi coincidono oralmente in parte, non è sufficiente di per sé per concludere che i marchi, visti ognuno in modo globale, siano simili (v. 23/10/2002, T-6101, Matratzen); devono essere anche presi in considerazione, fra altri, le peculiarità intrinseche di ogni componente, comparandole con le peculiarità intrinseche di altri elementi. Il marchio richiesto è composto da più elementi figurativi in vari colori (ippocampo, punti, caratteri colorati), di modo ché valutati globalmente, i marchi sono visualmente dissimili (v. 23/10/2002, T 104/01, Fifties, EU:T:2002:262, § 35 38). In una valutazione globale trattasi di due marchi completamente diversi, che non presentano nessuna somiglianza visuale, verbale o raffigurativa, anche se includono la stessa parola (“FANTASY”).

La decisione impugnata è viziata da errore nella motivazione, giacché, mentre menziona la maggior parte delle differenze fra i marchi e ammette che l’unico punto in comune è il termine “FANTASY”, non procede alla valutazione globale dei marchi e ritiene in modo contradittorio che siano simili (v. 30/01/2014, C 422/12 P, Cloralex, EU:C:2014:57).
Riguardo all’elemento distintivo dei marchi: la dicitura “SANDALS” è uno degli elementi essenziali e non trascurabili del marchio richiesto, trattandosi della seconda componente dell’elemento verbale, con posizione distintiva autonoma. L’elemento “SANDALS” è determinante nella percezione globale del marchio richiesto e la decisione impugnata ha errato nel ritenere che sia privo di capacità distintiva, e nell’ ignorarlo nella valutazione visuale, fonetica e semantica e nella valutazione globale del rischio di confusione.
Riguardo all’elemento dominante: la decisione impugnata ha errato nel ritenere che l’elemento verbale “FANTASY” sia l’elemento dominante dei marchi “per le sue dimensioni e posizione” , ignorando tutti gli altri elementi del marchio (inclusa la parola “SANDALS”), per basare la comparazione solamente sul lemma comune “FANTASY”. Pur supponendo che tale elemento sia dominante, la comparazione dei segni non può trascurare gli altri elementi (la parola “SANDALS”, la tipografia peculiare, i colori, l’ippocampo, ecc.), importanti nell’impressione generale che genera il marchio richiesto.
La parola “FANTASY” non è dotata di carattere distintivo intrinseco forte. Trattandosi di un termine avente un significato generico laudativo, che viene usato in centinaia di marchi registrati in tutte le classi, incluso nella Classe 25, non può godere di ampio ambito di protezione.
La decisione impugnata è anche viziata da errore e contraddizione laddove ritiene, da una parte, che la componente “FANTASY” sia l’elemento dominante di forte carattere distintivo e di maggior risonanza, in quanto il consumatore percepirebbe i prodotti tutelati come “ …vivaci, splendidi, originali, fuori dall’ordinario…” (pagina 3/6, punto c, paragrafo 2), dunque come allusiva delle peculiarità dei prodotti, e d’altra parte, nell’affermare che il marchio anteriore goda “di un carattere distintivo normale”. Secondo la giurisprudenza, si dovrebbe ritenere che la combinazione del termine “FANTASY” (concetto generico e indefinito, di debole carattere distintivo e di un impatto ridotto sulla percezione dei consumatori), con scarsi elementi figurativi, rende il marchio anteriore privo di carattere distintivo. In relazione ad elementi di debole carattere distintivo, anche il rischio di associazione o di confusione è debole (v. 30/01/2014, C 422/12 P, Cloralex, EU:C:2014:57).
Viene contestata anche l’affermazione della decisione impugnata in relazione alle “proprietà ausiliari”  delle altre caratteristiche, in particolare la parola “sandals”. La dissomiglianza dei segni risulta dalle numerose differenze sostanziali, in parte menzionate nella decisione impugnata (lo sfondo, i punti, la peculiare illustrazione grafica e la parola “SANDALS”), e in parte omessi (la rappresentazione della lettera “S” a forma di ippocampo). I marchi sono dissimili, poiché si differenziano in tutti elementi, con eccezione della parola “FANTASY”, comune a centinaia di marchi registrati in tutte le classi.
Nella fattispecie, gli elementi verbali non hanno maggior impatto nella percezione del consumatore. Non esiste una regola generale sul primato degli elementi verbali rispetto a quelli figurativi. La sentenza 14/07/2005, T 312/03, Selenium-Ace, citata nella decisione impugnata, non può applicarsi nella fattispecie. In effetti, nel marchio anteriore gli elementi figurativi sono potenti, e nel marchio richiesto sono addirittura indissolubili da quelli verbali, poiché la lettera “S” delle parole “FANTASY” e “SANDALS”, raffigurata da un ippocampo, fa parte dell’elemento verbale e di quello figurativo, in modo ché l’elemento verbale e gli elementi figurativi sono indissolubilmente correlati. Conseguentemente, i marchi in esame non sono confondibili.
La memoria imperfetta dei marchi che manterrà il consumatore non determinerà un rischio di confusione, bensì una chiara differenziazione fra i marchi, viste le numerose e importanti  differenze che li distinguono.
Il principio d’interdipendenza trova applicazione solo nel caso vi sia un basso livello di similarità fra i marchi. Nella fattispecie, viste le numerose differenze fra i marchi che hanno in comune solo l’elemento “Fantasy”, si deve ritenere che non sussiste somiglianza alcuna fra i marchi. Pertanto, si deve concludere che non sono riunite le condizioni cumulative dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, anche se i prodotti fossero altamente similari.
La richiedente presentava, tra altri, la lista delle esportazioni e dei paesi di attività commerciale per gli anni 2012 e 2013, l’opuscolo e il catalogo dei suoi prodotti per l’estate 2014, e brani tratti dal suo sito web con l’elenco dei prodotti offerti.
L’opponente chiede alla Commissione di respingere il ricorso, e di confermare integralmente la decisione contestata, per le seguenti ragioni:
I prodotti “scarpe” del marchio impugnato sono identici alle “calzature” del marchio anteriore, non solo poiché appartengono alla medesima classe, ma piuttosto perché trattasi di categorie merceologiche identiche, venduti attraverso i medesimi canali distributivi, al medesimo pubblico di riferimento. Tale conclusione è valida anche per gli altri prodotti del marchio impugnato: “sandali; scoffe; zoccoli [calzature]; scarpe; scarpe da spiaggia” .
Dal punto di vista visivo, l’elemento comune ai due marchi è la dicitura “FANTASY”, che rappresenta il cuore di entrambi i marchi, ed il loro elemento principale e distintivo. La dicitura “SANDALS” del marchio richiesto – oltre ad essere in caratteri piccoli, situata a destra e in alto rispetto alla parola “FANTASY” e quindi di poca leggibilità – è di natura descrittiva, e dunque totalmente priva di capacità distintiva e incapace da differenziare i marchi. Salvo alcune differenze grafiche, l’impressione generale determinata dal confronto grafico dei due marchi appare molto simile.
Dal punto di vista fonetico, anche laddove la S della parola “FANTASY” del marchio impugnato fosse rappresentata dalla stilizzazione di un ippocampo, la parola nel suo complesso sarebbe letta e pronunciata come “FANTASY”, e quindi del tutto identica al marchio anteriore.
Dal punto di vista concettuale, il significato che il pubblico di riferimento attribuisce alla dicitura comune “FANTASY” sarà simile. L’argomento del richiedente, quando afferma che il termine “FANTASY” sia “un termine generico senza alcun elemento descrittivo dei prodotti o servizi, che non può godere di ampio ambito di protezione causa del suo debole carattere distintivo”, vale invece per la parola “SANDALS” del marchio impugnato, totalmente descrittiva, pertanto priva di carattere distintivo. La dicitura “SANDALS” è solo una inutile aggiunta descrittiva al cuore del marchio “FANTASY”, parola di spiccata originalità, proprio perché evoca concetti di fantasia e di arbitrarietà, collocandosi al di fuori di quelle che fanno riferimento alle caratteristiche dei prodotti contraddistinti.
Riguardo agli elementi distintivi e dominanti dei marchi, la parola descrittiva “SANDALS” non può conferire originalità al marchio. La decisione impugnata ha giustamente sottolineato che “(S)andals” è priva di carattere distintivo per i prodotti e dotata di un impatto visivo molto limitato in virtù delle piccole dimensioni e della posizione decentrata. Complessivamente i segni appaiono quindi quasi identici, posto che l’elemento distintivo per entrambi è la parola “FANTASY” che, salvo piccole variazioni grafiche, compare in entrambi i marchi.
Sussiste rischio di confusione per il consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento, che deve affidarsi all’immagine imperfetta conservata nella propria memoria.

Motivazione

Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60 RMUE e alla regola 48 REMC, ed è pertanto ammissibile.
La decisione impugnata ha dapprima esaminato il rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, rispetto al marchio anteriore italiano, n. 502 110. La Commissione procederà nello stesso modo.
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE
L’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE dispone che, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione «se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato», in quanto il «rischio di confusione» include il «rischio di associazione con il marchio anteriore».
Infatti, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate.
Pubblico di riferimento
La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Occorre, altresì, prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (v. 11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 25 e 26).
Nel caso di specie, il territorio rilevante è l’Italia, poiché il marchio anteriore è registrato in tale Stato membro. Peraltro, atteso che i prodotti di cui trattasi nella specie si dirigono al grande pubblico e sono acquistati in negozi di grande distribuzione, ma anche presso negozi più specializzati, il consumatore di riferimento è il consumatore medio italiano, normalmente informato nonché ragionevolmente attento e avveduto. Il suo livello di attenzione sarà di un grado medio in relazione a questi prodotti.

Comparazione dei prodotti
Con riguardo al raffronto dei prodotti di cui trattasi, va ricordato che esso va effettuato tenendo conto di tutti fattori pertinenti che caratterizzano la relazione tra i prodotti in questione. Tali fattori comprendono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, le loro modalità d’utilizzazione, nonché la loro possibile intercambiabilità o complementarità (v. 29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 23). Altri fattori da considerare includono l’origine dei prodotti e le relative reti di distribuzione e vendita. È necessario stabilire se il pubblico possa ritenere che essi provengono dalla medesima impresa (v. 04/11/2003, T 85/02, Castillo, EU:T:2003:288, § 33).
Il marchio anteriore è registrato per la categoria generale “calzature” della Classe 25, e, tra altri, per le sottocategorie “ stivali e pantofole” .
La Commissione conferma che i prodotti contestati “Scarpe” sono identici a quelli del marchio anteriore, non perché appartengono alla stessa classe, ma perché coincidono con la categoria merceologica generale “ calzature” .
Gli altri prodotti, “Sandali; Zoccoli [calzature]; Scarpe da spiaggia” rientrano nella stessa categoria merceologica generale, trattandosi di varie tipologie di calzature estive.
I prodotti “Solette”, sono accessori di calzature, venduti attraverso i medesimi canali distributivi, al medesimo pubblico di riferimento, e sono pertanto, per lo meno altamente simili alle “calzature” del marchio anteriore.

Comparazione dei segni
Passando al raffronto dei marchi, si rileva che, quanto alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, la valutazione globale del rischio di confusione dev’essere fondata sull’impressione d’insieme da essi prodotta, tenuto conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (v. 11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).
Inoltre, secondo la giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico pertinente, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti (v. 23/10/2002, T-6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 30).
Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando ciascun marchio nel suo complesso, anche se ciò non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante. Per esempio quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva in memoria, di guisa che tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (v. 12/11/2008, T-7/04, Limoncello, EU:T:2008:481, § 40, e giurisprudenza ivi citata).
Quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più determinate componenti di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso (v. 23/10/2002, T-6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 35).
I segni da porre a confronto sono i seguenti:

Domanda di marchio contestata Marchio anteriore italiano
Il segno oggetto della domanda è un marchio figurativo che consiste nella dicitura “Fantasy Sandals”, scritta in caratteri leggermente stilizzati, ove la lettera “S”, comune a “Fantasy” e “Sandals”, è rappresentata da un ippocampo di dimensioni più grandi e di colore azzurro contrastante con righe orizzontali bianche, cosi come la parola “Sandals”, scritta in caratteri più piccoli, situata nella parte superiore destra della parola “Fantasy”. Posizionati alle estremità della parola “FANTASY” , ci sono due puntini.
È pacifico fra le parti che la dicitura “FANTASY”, comune ai marchi, pur se in lingua inglese, sarà percepita dal pubblico di riferimento nel proprio significato di “facoltà della mente umana di creare immagini, di rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no a una realtà”, attesa la sua quasi identità rispetto all’equivalente linguistico italiano “fantasia”. È  pure pacifico che la dicitura comune “FANTASY”, potrebbe essere percepita dal pubblico del territorio di riferimento come un’allusione alle caratteristiche positivi dei prodotti rilevanti, nel senso che si tratta di calzature, lato sensu intese, fantasiose, bizzarre, originali, arbitrarie, fuori dal comune. La dicitura “FANTASY”, comune ai due segni, potrebbe dunque essere percepita dal pubblico di riferimento come una evocazione laudativa di caratteristiche dei prodotti rilevanti. Trattandosi di un elemento laudativo, questo elemento sarà anche percepito, in una certa misura, come descrittivo di caratteristiche dei prodotti de quibus (13/09/2010, T-366/07, P&G PRESTIGE BEAUTE, § 65).
È  anche pacifico fra le parti che l’elemento “SANDALS” del segno impugnato sarà associato a una particolare tipologia di calzature estive , anche in questo caso in virtù della presenza nel vocabolario italiano di termine equivalente molto simile (“sandalo/i”). La dicitura si riterrà descrittiva di caratteristiche dei prodotti in questione, motivo per il quale il pubblico non presterà la stessa attenzione a tale concetto di per se privo di capacità distintiva intrinseca. Tuttavia, pur inerentemente privo di capacità distintiva, tale elemento può avere un impatto nella percezione d’insieme del marchio contestato, indotto accessoriamente dal suo posizionamento o delle sue caratteristiche grafiche.
Dal punto di vista visivo, non è possibile individuare nel marchio contestato una parte o elemento che prevalga sull’altra in modo da dominare l’impressione d’insieme. Da un lato, infatti, i caratteri utilizzati per gli elementi verbali “Fantasy” della parte centrale sono più nitidi e facilmente leggibili rispetto alla parola “Sandals”, in caratteri più piccoli. La rappresentazione di un ippocampo, in dimensioni più grandi degli altri caratteri, è un elemento grafico e verbale, dato che sarà agevolmente percepito come la lettera “S” e che, a causa della sua dimensione e del colore contrastante azzurro, catturerà immediatamente l’attenzione del pubblico. D’altro canto, proprio per la combinazione grafico-verbale del suo colore azzurro contrastante e dell’ ippocampo, la parola “Sandals”, presente nella parte superiore destra del segno in questione, nonostante le dimensioni ridotte dei caratteri che ne rendano la leggibilità meno agevole, guadagna in originalità e capacità distintiva, in modo da essere inclusa, in certa misura, nella percezione del pubblico.
Se ne deve pertanto concludere che è la combinazione dei vari elementi a conferire carattere distintivo al segno, senza che nessuno dei suoi elementi ne determina da solo l’impressione d’insieme memorizzata dal consumatore in modo che tutti gli altri elementi siano trascurabili (v., in tal senso, 19/05/2011, T 81/10, Air Force, EU:T:2011:229, § 30).
Il marchio anteriore consiste, secondo il suo verbale di deposito, “nella figura di un rettangolo formato da linee parallele all’interno del quale vi è iscritta a caratteri di fantasia la dicitura FANTASY”. I caratteri sono in corsivo, molto stilizzati, ove spiccano le lettere “F”, “N”, “T” e “Y”.
Se ne deve pertanto concludere che anche per il marchio anteriore, l’elemento figurativo consistente in una etichetta con righe parallele orizzontali, pur banale in se stesso, cosi come la stilizzazione grafica, sono elementi non trascurabili nell’impressione d’insieme, che devono essere presi in considerazione per la valutazione del rischio di confusione.
In quanto al raffronto visivo dei segni, occorre segnalare che vi sono degli elementi figurativi e denominativi del marchio contestato che non trovano corrispondenza nel marchio anteriore, ovverosia l’espressione “SANDALS”, la particolare stilizzazione e il posizionamento degli elementi verbali, nonché i puntini e i colori nero e azzurro contrastanti, e infine, la lettera “S” raffigurante il disegno di un ippocampo, che costituisce il nesso fra le parole “FANTASY” e “SANDALS” . D’altra parte, l’etichetta rettangolare formata da linee parallele e la stilizzazione dei caratteri di fantasia del marchio anteriore non trovano corrispondenza nel marchio richiesto.
Tuttavia, questa Commissione è dell’avviso che, date le loro dimensioni e soprattutto la loro posizione centrale all’interno dei due marchi in paragone, le rappresentazioni, pur diverse, della dicitura “FANTASY” , comune ai marchi in questione, nonostante il carattere evocativo di tale parola, saranno percepite immediatamente dal pubblico destinatario, il quale non le ignorerà e, al contrario, le serberà nel proprio ricordo imperfetto.
Allo stesso modo, anche se gli rispettivi elementi figurativi addizionali entreranno a far parte della percezione del consumatore medio dei prodotti considerati, non è possibile concludere che l’attenzione di questi si concentrerà unicamente e in un primo momento su questi elementi, in modo da eliminare tutta somiglianza visiva fra le marchi in paragone, risultante dall’elemento comune “FANTASY”. Quindi, anche se l’elemento comune denominativo “Fantasy”, è di scarso carattere distintivo, occorre ammettere che tra essi esiste un grado di somiglianza visiva, estremamente basso.
Tenuto conto di quanto sopra, la Commissione considera che, nonostante la presenza di elementi figurativi visualmente significativi, la presenza dell’ elemento denominativo comune “FANTASY” conferisce ai segni un certo grado di somiglianza visiva, sebbene non si tratti, certo, di una somiglianza di grado elevato.
Sotto il profilo fonetico, la componente figurativa del marchio impugnato non è soggetta a valutazione fonetica. La pronuncia dei segni coincide nel suono della dicitura “FANTASY”, che è l’unico elemento verbale del marchio anteriore. È vero che la struttura sillabica e il ritmo del marchio richiesto è allungato se si pronuncia anche la dicitura “SANDALS”. Tuttavia, è anche vero che i segni coincidono nella pronuncia della dicitura FANTASY e sono dunque simili ad un certo punto dal punto di vista fonetico, anche se il marchio contestato verrebbe pronunciato “FANTASY SANDALS”, come fa valere il richiedente.
Sotto il profilo concettuale, gli elementi denominativi “FANTASY” e “FANTASY SANDALS” hanno un significato chiaro per il consumatore italiano, “Fantasy sandals” facendo, precisamente, riferimento ad una tipologia di scarpe fantasiose. Anche se si volesse ritenere nel paragone concettuale la figura dell’ ippocampo, è giocoforza notare che questa figura, in sé, evoca il concetto di mare, spiaggia, in modo ché il consumatore vedrebbe un’allusione alla natura delle calzature, ossia calzature estive, sandali di spiaggia, dunque  un richiamo alla natura delle calzature in oggetto. I segni in conflitto presentano, dunque, una certa affinità logica, nella misura in cui entrambi evocano il concetto di “fantasia”, anche se questo concetto, che evoca in modo laudativo caratteristiche dei prodotti, non è particolarmente distintivo, in quanto comunemente usato nel mercato.
Dalle suesposte considerazioni, la Commissione conclude che la somiglianza fra i segni è certo limitata ad un elemento non particolarmente distintivo, ossia il termine “Fantasia”. Tuttavia, visivamente, foneticamente e concettualmente, questo ricopre una posizione significativa e non del tutto subordinata in entrambi i marchi. Nonostante le differenze non trascurabili in quanto ai loro rispettivi elementi costitutivi e figurativi, questa Commissione ritiene che essi non siano in grado da annullare completamente una certa somiglianza tra i marchi, certo ridotta, sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale.

Valutazione globale del rischio di confusione
L’esistenza di un rischio di confusione dal punto di vista del pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. 11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).
Questa valutazione globale implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, e in particolare tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (v. 29/09/1998, C 39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17; 22/06/1999, C 342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 19).
Per quanto concerne i segni, questa Commissione ha ritenuto che tra essi è possibile ammettere che esiste un grado di somiglianza visuale, auditiva e concettuale rilevante, pur limitata alla presenza in entrambi dell’elemento denominativo non particolarmente distintivo “Fantasy” che, da un lato, costituisce l’unico elemento verbale del marchio anteriore e uno degli elementi centrali del marchio figurativo del richiedente.
Con riguardo al carattere distintivo del marchio anteriore, la richiedente sostiene, in primo luogo, che il termine “Fantasy” sarebbe intrinsecamente descrittivo per tutti i prodotti in oggetto e che, di conseguenza, la presenza di un elemento simile nel marchio posteriore non determinerà un rischio di confusione. Tuttavia, la Commissione ritiene che, sebbene la parola “fantasy” abbia una connotazione evocativa e laudativa, essa non può ritenersi direttamente descrittiva e conserva un certo grado di capacità distintiva, certo limitato, per i prodotti oggetto del ricorso.
Va poi richiamato che la Commissione è chiamata, in questa sede, a pronunciarsi sul rischio di confusione tra i marchi in conflitto nella fattispecie, vale a dire, da un lato, il marchio anteriore figurativo “Fantasy” e, dall’altro, il marchio contestato figurativo “Fantasy Sandals”. Se il carattere distintivo del marchio anteriore va preso in considerazione per valutare il rischio di confusione, esso è solo uno degli elementi considerati in tale valutazione. Così, anche in presenza, da un lato, di un marchio anteriore a debole carattere distintivo e, dall’altro, di un marchio richiesto che non ne è la riproduzione completa, può esistere un rischio di confusione, in particolare, a causa di una somiglianza dei segni e dei prodotti o servizi considerati (v. 07/07/2010, T 557/08, M Pay, EU:T:2010:287, § 42 43; 16/03/2005, T 112/03, Flexi Air, EU:T:2005:102, § 62; 13/12/2007, T 134/06, Pagesjaunes.com, EU:T:2007:387, § 70).
Nella fattispecie, tanto per dimensione quanto per posizione centrale, la dicitura “FANTASY” occupa, in entrambi i marchi, una posizione significativa, e ciò può determinare un rischio di confusione a prescindere dalla sua eventualmente limitata capacità distintiva (15/07/2015, T-333/13, BambinoLÜK / BAMBINO ea, EU:T:2015:490, § 40).
Alla luce delle precedenti considerazioni, nel caso di specie, la Commissione rileva che, data la identità e alta affinità dei prodotti in paragone, nonché la pur limitata somiglianza visiva, fonetica e concettuale tra i segni in conflitto per il pubblico italiano, esiste un rischio che tale pubblico, che deve fare affidamento sull’immagine non perfetta dei marchi che ha mantenuto nella memoria e che non è solito prestare un’attenzione particolarmente elevata nell’acquisto dei prodotti rilevanti, possa essere indotto a credere che i questi ultimi provengano dalla stessa impresa o, se del caso, da imprese tra loro economicamente collegate.
Anche se si supponga, quod non, che il marchio anteriore “FANTASY”, sia di scarso carattere distintivo in relazione ai prodotti in paragone, questo non è, nella fattispecie, sufficiente a scongiurare tale rischio. Tale termine, infatti, costituisce, nel marchio anteriore, l’unico elemento denominativo e, nel segno richiesto, l’elemento iniziale del componente verbale, che occupa una posizione centrale nel marchio impugnato, essendo in posizione più impattante e in caratteri di maggiori dimensioni, dal lemma “Sandals” e per lo meno tanto visibile quanto la raffigurazione dell’ ippocampo.
Tenuto conto di quanto sopra, pur ammettendo lo scarso carattere distintivo della parola “FANTASY”, visto il principio di interdipendenza, la coincidenza delle componenti verbali dei marchi nella medesima parola è comunque tale da indurre i consumatori italiani a ritenere che detti segni, apposti su prodotti identici o altamente affini, provengano dalla medesima impresa o da imprese economicamente collegate.
In effetti, anche in questo caso, il pubblico italiano, già esposto al marchio anteriore, potrebbe ragionevolmente pensare che il marchio posteriore ne rappresenti una versione ammodernata o una linea di scarpe estive, del marchio dell’opponente.
Dal momento che l’opposizione merita d’essere integralmente accolta nella misura in cui si fonda sul marchio anteriore italiano n. 502 110, la Commissione non reputa opportuno, per ovvie ragioni di economia procedurale, procedere all’esame delle prove di reputazione addotte dall’opponente, né all’esame del rischio di confusione sulla base degli altri diritti anteriori, o sulla base dei motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.
Spese
La richiedente, in quanto parte soccombente ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, dovrà sopportare le spese del procedimento di ricorso. Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 6, RMUE, e della regola 94, paragrafo 3, ultima frase, REMC, il richiedente è pertanto tenuta a rimborsare le spese di rappresentanza sostenute dall’opponente nel procedimento di ricorso per l’importo specificato nella regola 94, paragrafo 7, lettera d), REMC (550 euro). Quanto al procedimento di opposizione, la determinazione delle spese stabilita nella decisione impugnata è confermata.

Dispositivo
Per questi motivi,

LA COMMISSIONE
così decide:
1. Il ricorso è respinto.
2. La richiedente è tenuta a rifondere all’opponente la somma di 550 EUR.

 




NEON contro NEOX VISION – Divisione di Opposizione EUIPO 04.10.2016

NEON  – NEOX VISION – Divisione di Opposizione EUIPO 04.10.2016

Neon contro Neox Vision

Il marchio anteriore è un marchio figurativo costituito dalla parolaneon’ in caratteri stilizzati ricurvi. Si ritiene che i segni siano simili in ridotta misura in particolare in considerazione dell’impatto nettamente diverso sotto il profilo auditivo dell’ultima lettera ‘N’ del marchio anteriore e ‘X’ del marchio impugnato.
Sotto il profilo concettuale, la parola ‘NEON’ del marchio anteriore sarà associata a un elemento chimico del gruppo dei gas nobili e che ha largo impiego nella fabbricazione di lampade e fluorescenza e di tubi per insegne luminose o a qualcosa attinente all’illuminazione. I marchi concettualmente non sono simili. Il marchio anteriore sarà associato a un concetto mentre l’elemento dominante del marchio impugnato ‘NEOX’ non sarà associato a nessun significato. Tale circostanza contribuisce a differenziare ulteriormente i marchi e a escludere così un rischio di confusione.

OPPOSIZIONE N. B 2 322 736

Neotric di Stefanini Gabriele, Via Mottarone, 36/A, 28041 Arona (NO), Italia (opponente), rappresentata da Studio Legale Avv. Laura Turini, Viale Matteotti, 25, 50121 Firenze (FI), Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Antonio Cairoli, Via San Zefferino Papa, 41, 00167 Roma, Italia (titolare), rappresentato da Giambrocono & C. S.P.A., Via Zambianchi, 3, 24121 Bergamo, Italia (rappresentante professionale).

Il 04/10/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1. L’opposizione n. B 2 322 736 è totalmente respinta.

2. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della registrazione internazionale che designa l’Unione Europea n. 1 160 522. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 9 518 648. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.
a) I prodotti

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 9: Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici ed ottici, compresi occhiali da sole ed occhiali da vista, parti ed accessori relativi, tranne microscopi elettronici e parti relative; apparecchi e strumenti di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti atti a condurre, interrompere, trasformare, accumulare, regolare e controllare elettricità; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori d cassa, macchine calcolatrici, estintori.

Classe 25: Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.

Classe 28: Articoli per la ginnastica e lo sport non compresi in altre classi; decorazioni per alberi di Natale; tranne puzzle.

I prodotti contestati sono i seguenti:

Classe 9: Occhiali di protezione e/o anti-riflesso, occhiali da sole, occhiali, occhiali di protezione e loro parti e accessori, ovvero lenti sostitutive, asticelle per le orecchie, montature, placchette; custodie specialmente adattate per occhiali di protezione e/o antiriflesso, occhiali da sole e occhiali, e loro parti e accessori; guanti sportivi; apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti per la conduzione, la commutazione, la trasformazione, l’accumulazione, la regolazione o il controllo dell’elettricità; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; compact disk, DVD e altri supporti di registrazione digitale; meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, materiale informatico, computer; software; estintori.
Alcuni dei prodotti contestati sono identici ai prodotti sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti sopra elencati. L’esame dell’opposizione sarà quindi effettuato come se tutti i prodotti contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore.
b) Pubblico di riferimento –grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti ritenuti essere identici sono diretti sia al grande pubblico sia a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione possa variare da medio ad alto in particolare per alcuni prodotti di carattere tecnico/scientifico e specialistico o relazionati con la sicurezza.

c) I segni

 

Marchio anteriore
Marchio impugnato
Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il marchio anteriore è un marchio figurativo costituito dalla parola ‘neon’ in caratteri stilizzati ricurvi. Tale parola è preceduta da un elemento figurativo che consiste di un circolo all’interno del quale si trova un elemento stilizzato ricurvo verso il basso che con molta probabilità sarà associato alla lettera ‘n’ essendo graficamente simile alla ‘n’ della parola ‘NEON’.

Il segno contestato è un marchio figurativo che consiste della parola ‘NEOX’ in caratteri stilizzati squadrati e angolosi. La lettera ‘X’ è parzialmente sovrapposta alla lettera ‘O’ e una delle due stanghette è allungata e va quasi a unirsi a una linea che si trova al di sotto delle lettere ‘NEO’ puntellata nella sua parte iniziale e al cui interno è rappresentata la parola ‘VISION’.

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri. Inoltre, il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

L’elemento “VISION” del segno contestato sarà associato almeno da una parte del pubblico rilevante a “visione” dato che la parola esiste come tale in alcune lingue del territorio rilevante (per esempio in inglese, spagnolo, francese, tedesco) o perché è molto simile alla corrispondente parola nella lingua nazionale (per esempio in italiano visione, in portoghese visão, in polacco wizjia, ecc.). Tenendo in considerazione che i prodotti relativi sono, tra gli altri, occhiali e loro parti ed accessori, strumenti ottici si ritiene che questo elemento è debole per questi prodotti.

L’elemento “NEOX” nel segno contestato è l’elemento dominante in quanto dotato di maggiore impatto visivo.

Visivamente, entrambi i segni includono le lettere ‘N-E-O’. Tuttavia, essi differiscono nella lettera finale ‘N’ del marchio anteriore e ‘X’ del marchio impugnato cosi come nella parola ‘vision’ del marchio impugnato (che tuttavia si ritiene passerà inosservato in considerazione della ridotta dimensione e della posizione secondaria), nell’elemento figurativo del marchio anteriore e nella stilizzazione che è completamente diversa. In particolare, nel marchio anteriore le lettere hanno una grafia molto curva e tonda priva di angoli e le lettere sono spaziate tra loro. Nel caso del marchio impugnato, invece, le lettere sono molto angolose e appuntite e appaiono più unite tra loro. Nel marchio anteriore la lettera ‘N’ appare come una curva continua mentre nel marchio contestato è costituita da tre stanghette e i raccordi che le uniscono ai due estremi (in alto ed in basso) sono angolosi e spigolosi. La lettera ‘E’ del marchio contestato è priva della stanghetta verticale ed è costituita unicamente dalle tre linee verticali ravvicinate tra loro e dove quella nel mezzo, ha l’estremità esterna tagliata. Nel marchio anteriore, invece, la lettera ‘E’ ha la stanghetta verticale e le tre linee sono molto spaziate tra loro. La lettera ‘O’ del segno impugnato è simile a un quadrato ed è parzialmente coperta da una stanghetta della lettera ‘X’. La lettera ‘X’ inoltre è una lettera meno comune e pertanto non passerà inosservata. Nel caso invece del marchio anteriore la lettera ‘O’ ha una forma ovalare ed è priva di angoli.

L’opponente argomenta che l’inizio dei marchi è la parte più importante dove il consumatore tende a centrare la sua attenzione. I marchi oggetto di esame, tuttavia, sono piuttosto corti e pertanto si notano maggiormente le differenze tra di essi. Nel presente caso, i marchi non solo presentano una veste grafica totalmente diversa ma hanno anche una differenza nell’ultima lettera che non passerà inosservata in considerazione del numero limitato di lettere di cui sono composti.

L’opponente inoltre sostiene che la lettera ‘n’ all’interno del cerchio dell’elemento figurativo del marchio anteriore è privo d’originalità e il pubblico non le darà importanza poiché si tratta solamente di una ripetizione della lettera iniziale della parola che segue ‘neon’. Sebbene, si ritiene probabile che la lettera ‘n’ dell’elemento figurativo venga percepita come la prima lettera di ‘NEON’, tale circostanza, tuttavia, non toglie che i marchi siano graficamente molto diversi in ragione delle osservazioni più sopra esposte.

Pertanto, in considerazione delle summenzionate differenze si ritiene che i marchi siano simili visualmente in misura ridotta.

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere ‘N-E-O’ presenti in entrambi i segni. La pronuncia differisce nell’ultima lettera ‘N’ del marchio anteriore e nell’ultima lettera ‘X’ del segno impugnato e nella parola ‘VISION’ del marchio contestato che, tuttavia, date le sue ridotte dimensioni e la sua posizione secondaria, si ritiene probabile non verrà pronunciata dal consumatore. Si ritiene, inoltre, che la lettera ‘n’ identificabile nell’elemento figurativo del marchio anteriore non sarà articolata posto che sarà percepita come la ripetizione della prima lettera della parola ‘neon’. Sebbene la pronuncia dei marchi coincida nel suono delle lettere ‘NEO’ il suono dell’ultima lettera ‘N’ del marchio anteriore e ‘X’ del marchio impugnato è molto diverso e chiaramente riconoscibile in particolare nel caso di parole relativamente corte come nei marchi in oggetto.

Pertanto, alla luce delle considerazioni più sopra esposte si ritiene che i segni siano simili in ridotta misura in particolare in considerazione dell’impatto nettamente diverso sotto il profilo auditivo dell’ultima lettera ‘N’ del marchio anteriore e ‘X’ del marchio impugnato.
Sotto il profilo concettuale, la parola ‘NEON’ del marchio anteriore sarà associata a un elemento chimico del gruppo dei gas nobili e che ha largo impiego nella fabbricazione di lampade e fluorescenza e di tubi per insegne luminose o a qualcosa attinente all’illuminazione. Tale termine è presente come tale in una parte sostanziale delle lingue del territorio di riferimento (spagnolo, francese, italiano, inglese, tedesco, sloveno, ceco, polacco, ungaro, ecc.) o è molto simile al corrispondente termine nazionale (neonas in lituano, neons in Lettone, neoon in Estone, ecc.). La parola ‘NEOX’ del marchio impugnato è priva di significato nel territorio di riferimento. La parola ‘VISION’ del marchio impugnato sarà associata almeno da una parte del pubblico rilevante a “visione” dato che la parola esiste come tale in alcune lingue del territorio rilevante (per esempio in inglese, spagnolo, francese, tedesco) o perché è molto simile alla corrispondente parola nella lingua nazionale (per esempio in italiano visione, in portoghese visão, in polacco wizjia, ecc.). Come indicato in precedenza, tuttavia,  si ritiene che tale elemento passerà inosservato dal consumatore.

I segni, pertanto,  non sono concettualmente simili.

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, procederà l’esame del rischio di confusione.
d) Carattere distintivo del marchio anteriore

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.
e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

Sussiste un rischio di confusione (compreso un rischio di associazione) quando il pubblico può essere indotto a ritenere che i prodotti o servizi in questione, nell’ipotesi che rechino i marchi considerati, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese tra loro economicamente collegate. È sufficiente che una parte significativa del pubblico di riferimento che utilizza i prodotti o servizi in questione provi confusione in merito alla provenienza dei prodotti o servizi; non occorre pertanto accertare che tutti i consumatori effettivi o potenziali dei prodotti o servizi considerati potrebbero provare confusione.

La Corte ha affermato che il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti per le circostanze del caso in specie; tale valutazione dipende da numerosi fattori e, in particolare, dal grado di riconoscibilità del marchio sul mercato, dall’associazione che il pubblico può fare tra i due marchi e dal grado di somiglianza tra i segni e i prodotti o servizi (sentenza dell’11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22).

I marchi sono simili dal punto di vista visivo e fonetico in misura ridotta. Dal punto di vista concettuale essi non sono simili. In particolare, i marchi sono simili nella misura in cui entrambi includono le lettere ‘NEO’. I marchi, tuttavia, presentano importanti differenze nella loro veste grafica. Occorre rilevare che sebbene, in principio, l’inizio dei marchi è particolarmente rilevante e l’elemento figurativo è meno importante che l’elemento verbale, è necessario, tuttavia, procedere ad una valutazione complessiva dei marchi. Nel presente caso, trattandosi di marchi relativamente corti, le differenze sono più evidenti. In particolare, oltre alle lettere finali diverse ‘N’ (nel marchio anteriore) e ‘X’ (nel segno impugnato), si percepiscono nettamente altre differenze quali l’altissima stilizzazione dei marchi che appare in netta contrapposizione: linee curve e smussate (nel marchio anteriore) versus linee squadrate e spigolose (nel segno impugnato). Inoltre, la presenza dell’elemento figurativo nel marchio anteriore contribuisce a differenziare ulteriormente i marchi sul piano visivo. Anche alla luce del fatto che la lettera ‘n’ in esso presente venga associata alla prima lettera di ‘NEON’, tale circostanza non è sufficiente ad escludere che tale elemento sia  perfettamente riconoscibile e percettibile e che, pertanto, non passerà inosservato.  Sul piano fonetico, inoltre, il suono dell’ultima lettera ‘N’ del marchio anteriore e ‘X’ del marchio impugnato è molto diverso e chiaramente riconoscibile in particolare nel caso di parole relativamente corte come nei marchi in oggetto.
Va altresì osservato che, i marchi concettualmente non sono simili. Il marchio anteriore sarà associato a un concetto mentre l’elemento dominante del marchio impugnato ‘NEOX’ non sarà associato a nessun significato. Tale circostanza contribuisce a differenziare ulteriormente i marchi e a escludere così un rischio di confusione.

Gli elementi aggiuntivi e differenti più sopra descritti sono chiaramente percettibili e sufficienti a escludere ogni rischio di confusione fra i marchi.

Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti fossero identici non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal titolare nel corso del procedimento.

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al titolare sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.
La Divisione d’Opposizione

Martina GALLE Francesca CANGERI SERRANO Michele M.
BENEDETTI-ALOISI

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




STAY WHITE – EUIPO 27.06.2016

STAY WHITE – EUIPO 27.06.2016

 

Inizialmente il marchio Stay White viene ritenuto dall’Ufficio preposto un marchio denominativo privo di carattere distintivo.

Il richiedente presenta le sue osservazioni in base alle quali afferma che i prodotti i questione nascono colorati quindi il collegamento tra il colore bianco e il materiale richiesto è arbitrario. L’ufficio ritiene che la dicitura “STAY WHITE” non può che essere considerata come un messaggio elogiativo promozionale, destinato a evidenziare gli aspetti positivi dei prodotti in oggetto, ossia che essi si mantengono bianchi. Ciò è applicabile anche ai servizi, che indicano con tale dicitura la loro capacità di mantenere bianco l’oggetto a cui sono rivolti.

TESTO DELLA DECISIONE

Rifiuto di una domanda di marchio dell’Unione europeaex articolo 7, RMUE, e regola 11, paragrafo 3, REMUE

Alicante, 27/06/2016

Alessandra Vitagliano  Via Larga, 16 I-20122 Milano  ITALIA

Fascicolo nº: 015010556 Vostro riferimento: 16024AA13 Marchio: STAY WHITE Tipo de marchio: Marchio denominativo

Nome del richiedente: ISKO S.r.l.  Viale Papa Giovanni XXIII n.48 I-24121 Bergamo  ITALIA

In data 11/02/2016 l’Ufficio, dopo aver riscontrato che il marchio in questione è privo di carattere distintivo, ha sollevato un’obiezione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) e dell’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, per i motivi esposti nella lettera allegata.

In data 04/04/2016 il richiedente ha presentato le sue osservazioni, che possono essere sintetizzate come segue:

1. Il richiedente ha già registrato/pubblicato presso l’EUIPO altri marchi simili.

2. I prodotti della classe 24 non si caratterizzano per essere, nascere o rimanere bianchi, bensì nascono “colorati”. Ciò è noto sia al pubblico specializzato, che conosce come si presenta il prodotto allo stato naturale, sia al consumatore meno esperto. Il collegamento tra il colore bianco e i materiali richiesti è arbitrario. “STAY WHITE” non indica una proprietà del prodotto, caratterizzato da altre peculiarità quali la morbidezza, la leggerezza, la trasparenza, la resistenza ecc.

3. Pur accettando il significato di “white” fornito dall’Ufficio, il richiedente sottolinea che il termine “stay” ha altre accezioni che danno origine a un “nonsignificato” in collegamento con il vocabolo “white”.

4. Per quanto concerne i prodotti della classe 25 essi non sono solo bianchi, ma di qualsiasi colore. Essi presentano caratteristiche particolari non raggruppabili in una sola categoria, ovvero quella di “rimanere bianchi”. Ciò è evidente per il pubblico di riferimento (professionale e meno esperto), con un  elevato livello di attenzione.

Questi sono trattati per varie ragioni, quali ad esempio renderli lisci, leggeri, sottili, morbidi, colorati, ecc.
Ai sensi dell’articolo 75 RMUE, l’Ufficio è tenuto a prendere una decisione fondata su motivi in ordine ai quali il richiedente ha potuto presentare le proprie deduzioni.

Dopo un’attenta analisi delle argomentazioni presentate dal richiedente, l’Ufficio ha deciso di revocare la propria obiezione per i seguenti servizi:

Classe 40 Affitto di macchine per maglieria; Apposizione di monogrammi su indumenti; Controllo dell’inquinamento dell’acqua; Cucito; Cucito (realizzazione personalizzata); Demineralizzazione dell’acqua; Depurazione dell’acqua; Depurazione delle acque di scarico industriali; Depurazione di solventi; Elaborazione di immagini fotografiche; Elaborazione fotografica di stampe e diapositive; Estrazione di elementi contenuti in residui di scarto; Filtraggio di liquidi; Gestione dei rifiuti [riciclaggio]; Lavori ad uncinetto e cucito; Lavori di cucito [produzione su richiesta]; Lavori di cucito [produzione su richiesta]; Noleggio di macchine da cucire; Noleggio di macchine e apparecchi per la stampa; Noleggio di macchine per la fabbricazione di scarpe; Ricami; Ricamo; Rigenerazione dell’acqua; Rigenerazione delle acque di scarico; Servizi di cucitura; Servizi di depurazione dell’acqua sul posto; Sovracucitura a macchina di tessuti; Taglio di modelli; Taglio di stoffe; Taglio di tessuti; Trattamento dell’acqua; Trattamento delle acque reflue.
L’obiezione viene mantenuta per i rimanenti prodotti e servizi.
L’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE stabilisce che sono esclusi dalla registrazione “i marchi privi di carattere distintivo”.
È giurisprudenza consolidata che i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’articolo 7, paragrafo 1, RMUE sono indipendenti l’uno dall’altro ed esigono un esame separato. Inoltre i vari impedimenti alla registrazione vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi. L’interesse generale preso in considerazione deve rispecchiare considerazioni diverse, a seconda dell’impedimento in esame (16/09/2004, C-329/02 P, SAT/2, EU:C:2004:532, § 25).
I marchi contemplati all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) RMUE sono, in particolare, quelli reputati inidonei a consentire al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio in questione di fare, in occasione di un acquisto successivo, la medesima scelta, qualora l’esperienza si riveli positiva, oppure un’altra scelta, ove l’esperienza si riveli negativa (27/02/2002, T-79/00, Lite, EU:T:2002:42, § 26). Tale è il caso, in particolare, dei segni comunemente utilizzati per la commercializzazione dei prodotti o dei servizi interessati (15/09/2005, T-320/03, Live richly, EU:T:2005:325, § 65).
La registrazione di un marchio composto da segni o indicazioni che siano peraltro utilizzati quali slogan commerciali, indicazioni di qualità o espressioni incitanti ad acquistare i prodotti o i servizi cui detto marchio si riferisce non è esclusa in quanto tale in ragione di una siffatta utilizzazione (04/10/2001, C-517/99, Bravo, EU:C:2001:510, § 40). “Inoltre, occorre rilevare come agli slogan non si debbano applicare criteri più restrittivi di quelli applicabili agli altri tipi di segno” (11/12/2001, T-138/00, Das Prinzip der Bequemlichkeit, EU:T:2001:286, § 44).

Pur essendo i criteri di valutazione del carattere distintivo gli stessi per le diverse categorie di marchi, può diventare evidente, in sede di applicazione di tali criteri che le aspettative del pubblico interessato non sono necessariamente le stesse per tutte le categorie di marchi e che, quindi, per determinate categorie di marchi l’accertamento del carattere distintivo può rivelarsi più difficile che per altre (29/04/2004, C-456/01 P & C-457/01 P, Tabs, EU:C:2004:258, § 38).
È altresì giurisprudenza consolidata che la percezione del marchio da parte del pubblico interessato, nel caso di specie del consumatore medio, è influenzata dal suo livello di attenzione, che può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (05/03/2003, T-194/01, Soap device, EU:T:2003:53, §  42; e 03/12/2003, T-305/02, Bottle, EU:T:2003:328, § 34).
Un segno, come ad esempio uno slogan, che svolge funzioni diverse da quella di marchio commerciale nel senso tradizionale del termine “è distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE soltanto a condizione che possa essere percepito immediatamente come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi in questione, in modo tale da consentire al pubblico di distinguere senza possibilità di confusione i prodotti o i servizi del proprietario del marchio da quelli aventi un’altra origine commerciale” (05/12/2002, T-130/01, Real People, Real Solutions, EU:T:2002:301, § 20 ; e 03/07/2003, T-122/01, Best Buy, EU:T:2003:183, § 21).
Poiché il marchio in questione è composto da più elementi (marchio composito), al fine di individuare la sua caratteristica distintiva va considerato nel suo complesso, il che tuttavia non è incompatibile con una valutazione di ciascuno dei singoli elementi che lo compongono (19/09/2001, T-118/00, Tabs (3D), ECLI:EU:T:2001:226, § 59).
L’Ufficio pertanto ha proceduto all’esame dei termini inglesi che formano il segno, ovvero “stay” e “white”. Si tratta di vocaboli del tutto comuni, il cui significato è reperibile in dizionari generici, non specializzati.
La dicitura è inoltre grammaticalmente corretta e non è pertanto percepita come inusuale dal consumatore di riferimento.
Essa è traducibile in italiano come “rimanere bianco/che si mantiene bianco”.
L’Ufficio si è limitato ad attribuire alla dicitura in esame gli unici significati che le verrebbero possibilmente conferiti di primo acchito e spontaneamente dal consumatore, senza necessità di complicati sforzi mentali.
3. Per quanto concerne l’ulteriore significato del verbo “stay” a cui fa riferimento il  richiedente (“to continue to be in a particular place for a period of time without moving away”), esso si rivela alquanto lontano dal contesto di cui trattasi e quindi, con ogni probabilità, non verrà preso in considerazione dal pubblico di riferimento.
Considerando la natura del marchio, i prodotti e servizi richiesti, nonché il pubblico di riferimento (ovvero sia il pubblico specializzato, sia il consumatore medio di lingua inglese), l’Ufficio ritiene che la dicitura “STAY WHITE” non può che essere considerata come un messaggio elogiativo promozionale, destinato a evidenziare gli aspetti positivi dei prodotti in oggetto, ossia che essi si mantengono bianchi. Ciò è applicabile anche ai servizi, che indicano con tale dicitura la loro capacità di mantenere bianco l’oggetto a cui sono rivolti.

2., 4. Se applicata a prodotti quali “Materie plastiche [succedanei del tessuto]; Materie tessili; Panni di stampa in materie tessili; Tessuti elastici; Tessuti rivestiti per la fabbricazione di indumenti impermeabili; Materiali tessili compositi; Denim [tessuto]; Materiali tessili in stoffa elasticizzata; Stoffe per la produzione di abbigliamento da uomo; Stoffe per la produzione di abbigliamento da donna; Tessuti per la fabbricazione di borse, Tessuti in fibre naturali, non per isolamento; Prodotti tessili in pezze per la confezione di indumenti; Tessuti per abbigliamento; Tessuti per abbigliamento” ecc. (classe 24), nonché a “Articoli di abbigliamento; Articoli di abbigliamento impermeabili; Articoli d’abbigliamento per lo sport; Articoli di abbigliamento per bambini; Cappelleria; Maglie per l’atletica; Magliette da jogging; Magliette e pantaloncini per lo sport; Maglieria; Indumenti per l’atletica; Uniformi” ecc. (classe 25), l’espressione “STAY WHITE” non sarà interpretata dal consumatore come marchio, bensì come un’indicazione di una caratteristica positiva dei prodotti.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, il fatto che un tessuto, un capo di abbigliamento per bambini o sportivo, un’uniforme, ecc. siano in grado di rimanere “bianchi” più a lungo rispetto agli altri (ad esempio perché repellono le macchie, perché non si sporcano o si sporcano con più difficoltà, perché non ingialliscono con i frequenti lavaggi ecc.) sarà con tutta probabilità un richiamo promozionale importante, che il consumatore di riferimento saprà tenere in debita considerazione, sia che si tratti del pubblico professionale con elevato livello di attenzione, sia del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.
L’argomento secondo il quale i tessuti e i capi di abbigliamento “non sono, non nascono e non restano bianchi” è, di per sé, discutibile. L’Ufficio non comprende perché nel mercato di riferimento non possano esistere tessuti quali lino, canapa, cotone, flanella ecc. o magliette, pantaloncini, maglieria intima ecc. di colore bianco, a prescindere dal fatto che il bianco sia il loro colore “originale” o dovuto a tintura.
È peraltro del tutto irrilevante che i prodotti delle classi 24 e 25, a detta del richiedente, siano caratterizzati da altre caratteristiche quali la morbidezza, la sofficità, la trasparenza, la resistenza ecc.
Va ricordato che l’obiezione dell’Ufficio non si basa sul carattere descrittivo del marchio, bensì si fonda sul fatto che il pubblico di riferimento, specializzato o meno, non percepirà l’espressione “STAY WHITE” sui prodotti di cui trattasi come un segno distintivo.
L’Ufficio ricorda che “il consumatore non si aspetta che questi tipi di espressioni promozionali siano precise o che descrivano le caratteristiche dei prodotti e/o servizi. Piuttosto, questo genere di espressioni promozionali sono accomunate dalla medesima caratteristica di fornire unicamente un’informazione di carattere astratto che permetta a qualsiasi consumatore di apprezzare che i suoi bisogni individuali vengono considerati” (2 dicembre 2014, R1068/2014-5, Free, §23).
5. Per quanto concerne i servizi della classe 40, quali ad esempio “Apprettatura di tessili, Candeggio di tessuti; Colorazione; Conciatura del cuoio; Decolorazione di stoffe; Fabbricazione di merci su ordinazione; Preparazione e trattamento di tessuti; Finitura e rivestimenti per tessuti; Follatura di stoffe; Servizi di tintoria; Tintura; Trattamento chimico di prodotti tessili; Trattamento antimuffa” ecc., il segno “STAY WHITE” è un semplice messaggio promozionale, indicante che i servizi aspirano a mantenere bianco l’oggetto a cui sono destinati, ad esempio applicando determinati trattamenti o prodotti chimici ecc.
L’Ufficio è dell’avviso che la pubblicità abbia da tempo abituato il consumatore a messaggi elogiativi/promozionali di tale tipo, senza che per tale ragione il consumatore identifichi tali diciture come un’indicazione dell’origine commerciale del prodotto o del servizio in questione.
Alla luce di quanto sopra esposto, il marchio in esame è quindi, prima facie, privo di carattere distintivo.
Ad avviso dell’Ufficio, il consumatore di riferimento sarebbe in grado di riconoscere nel messaggio in questione l’elemento identificativo di una ben determinata origine imprenditoriale unicamente qualora fosse “educato” a farlo attraverso un lungo processo di “familiarizzazione” con i prodotti e servizi di cui trattasi.
Tuttavia, la richiedente non ha trasmesso prova alcuna al riguardo.
1. Per quanto riguarda l’argomento del richiedente in base a cui diverse registrazioni simili sono state accettate dall’EUIPO, va rilevato che si tratta di marchi diversi, non comparabili con il segno in esame. Inoltre, secondo la giurisprudenza consolidata le decisioni relative alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, “rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale”. Pertanto, la registrabilità di un segno come marchio dell’Unione europea dev’essere valutata unicamente sulla base di questo regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non sulla base di una prassi decisionale precedente dell’Ufficio (15/09/2005, C-37/03 P, BioID, EU:C:2005:547, § 47; e 09/10/2002, T-36/01, Glass pattern, EU:T:2002:245, § 35).
“Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, l’osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità, secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri” (27/02/2002, T-106/00, Streamserve, EU:T:2002:43, § 67).
Per le ragioni di cui sopra, e ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, la domanda di marchio dell’Unione europea n. 15 010 556 è respinta per i seguenti prodotti e servizi:
Classe 24 Etichette in tessuto; Flanella [tessuto]; Jersey [tessuti]; Materie filtranti [materie tessili]; Materie plastiche [succedanei del tessuto]; Materie tessili; Panni di stampa in materie tessili; Rivestimenti per mobili in materie tessili; Stoffe da fodera per scarpe; Tela di canapa; Tessuti adesivi incollabili a caldo; Tessuti elastici; Tessuti imitanti la pelle di animali; Tessuti per calzature; Tessuti ricoperti di motivi disegnati per ricamo; Tessuti lavorati a maglia; Tessuti non tessuti; Prodotti tessili per la confezione di articoli di abbigliamento; Etichette stampate in tessuto; Prodotti tessili utilizzati come fodere per articoli di abbigliamento; Materiali adesivi sotto forma di etichette adesive [materie tessili]; Tessuti impermeabili traspiranti; Tessuti misti in fibre chimiche; Tessuti rivestiti per la fabbricazione di articoli in pelle; Tessuti rivestiti per la fabbricazione di articoli di valigeria; Tessuti rivestiti per la fabbricazione di indumenti impermeabili; Materiali tessili compositi; Denim [tessuto]; Materiali tessili in stoffa elasticizzata; Stoffe per la produzione di abbigliamento da uomo; Stoffe per la produzione di abbigliamento da donna; Tessuti per la fabbricazione di borse; Tessuti per la fabbricazione di portamonete; Fodere per indumenti in tessuto; Tessuti in rotoli; Tessuti ovvero prodotti tessili in rotoli; Stoffe in pezze; Stoffe in pezze per ricamo; Prodotti tessili ovvero prodotti tessili in pezze destinati al settore manifatturiero; Stoffe ovvero articoli in pezza per patchwork; Tessuti ovvero prodotti tessili in pezze costituiti da fibre miste; Stoffe con motivi da ricamare; Stoffe d’arredamento; Tessuti per uso industriale; Tessuti per decorazione di interni; Tessuti per camicie; Stoffa per camiceria; Tessuti per la fabbricazione di arredi; Stoffe da utilizzare come fodere per indumenti; Tessuti per il rivestimento di poltrone; Tessuti per la confezione di maglie; Tessuti per la fabbricazione di rivestimenti esterni per sedie; Tessuti in fibre artificiali [non per isolamento]; Tessuti in fibre ceramiche, non per isolamento; Tessuti in cotone, non per isolamento; Tessuti in lino, non per isolamento; Tessuti in fibre naturali, non per isolamento; Tessuti in nylon, non per isolamento; Tessuti in poliestere, non per isolamento; Stoffe in fili sintetici; Tessuti in lana, non per isolamento; Tessuti in fibre miste sintetiche e naturali, non per isolamento; Tessuti in fibre prodotte chimicamente, non per isolamento; Stoffe in fibre artificiali, ovvero articoli tessili in pezza; Tessuti in fibre organiche, non per isolamento; Tessuti in fibre per la produzione di articoli di abbigliamento; Tessuti in fibre per la produzione di rivestimenti interni di borse; Tessuti in fibre per la produzione di rivestimenti interni di scarpe; Stoffe vellutate; Materiali a nido d’ape [tessuti]; Tessuti industriali; Etichette per tessuti da applicare a caldo; Tessuti elasticizzati lavorati a maglia per indumenti sportivi; Materiali per la confezione di indumenti; Mussola; Tessuto non tessuto in fibra artificiale; Tessuti stampati; Prodotti tessili stampati; Tessuti imbevuti di resina; Etichette in tessuto autoadesive; Fodere per divani; Tessuti per la confezione di abiti; Materiali per abiti [stoffe]; Pezze di tessuto a quadri scozzesi [tartan]; Prodotti tessili in pezze per la confezione di indumenti; Articoli tessili (rivestiti di poliuretano) per la confezione di indumenti impermeabili; Tessuti in pezze per articoli di abbigliamento; Prodotti tessili in pezze per la confezione di articoli di abbigliamento; Prodotti tessili per la confezione di scarpe; Articoli tessili di cotone in pezze; Tessuti impermeabili all’acqua ma permeabili all’umidità; Articoli tessili di cotone; Articoli tessili di raso; Articoli tessili in materiali sintetici; Articoli tessili di velluto; Tessuti vinilici; Tessuti di viscosa; Tessuti impermeabili per la fabbricazione di giacche; Tessuti impermeabili per la fabbricazione di pantaloni; Tessuti per il confezionamento di articoli di abbigliamento; Tessuti di imitazione del cuoio; Prodotti tessili in pezze; Tessuti ovvero prodotti tessili in pezze; Tessuti in fibre chimiche; Tessuti misti a base di cotone; Tessuti elastici per abbigliamento; Tessuti misti in filati elastici; Tessuti misti a base di canapa; Stoffe di filato di canapa; Tessuti misti canapa-cotone; Tessuti misti canapa-seta; Tessuti misti canapa-lana; Tessuti in jersey per abbigliamento; Tessuti lavorati a maglia in filati di fibre chimiche; Stoffe lavorate a maglia in filati di cotone; Tessuti in fibre miste; Tessuti stretti; Tessuti misti seta-cotone; Tessuti misti seta-lana; Tessuti in fibre sintetiche; Tessuti impermeabili; Stoffe impermeabili; Prodotti tessili impermeabili; Tessuti per abbigliamento; Fodere per calzature; Tessuti in cotone; Tessuti in maglia di cotone; Articoli tessili di lino; Tessuti in lino; Lino; Tessuti di lana; Articoli tessili di lana; Stoffe per uso tessile; Pezze (Di tessuto -); Stoffe [tessuti]; Tessuti; Tessuti di canapa; Velluti; Tessuti per uso tessile; Materiali tessili in stoffa elasticizzata; Tessuti al pezzo; Prodotti tessili per la fabbricazione di abbigliamento sportivo; Prodotti tessili in pezze per fabbricare articoli di abbigliamento; Articoli tessili di cotone in pezze; Articoli tessili di cotone; Articoli tessili di raso; Articoli tessili di velluto; Tessuti rinforzati [in materie tessili]; Articoli tessili trattati con appretti ignifughi; Stoffe in filati di fibre rigenerate; Tessuti in fibre semisintetiche; Tessuto gommato; Materiali tessili; Tela; Tessuti di vera canapa; Tessuti adesivi incollabili a caldo; Tessuti di raion; Tessuti per la confezione di abiti; Materiali per abiti [stoffe]; Prodotti tessili in pezze per la confezione di indumenti protettivi; Tessuti impermeabili all’acqua ma permeabili all’umidità; Tessuti misti in fibre inorganiche; Prodotti tessili impermeabilizzati in pezze; Prodotti tessili per confezionare scialli per il capo e veli (indossati dalle donne musulmane); Pantaloni di flanella; Articoli tessili di flanella; Tessuti a maglia; Etichette adesive (In tessuto-); Etichette (In tessuto -) per l’identificazione di indumenti; Etichette (In tessuto -) per contrassegnare indumenti; Materiali (Tessili -) per la fabbricazione di fodere per calzature.
Classe 25 Articoli di abbigliamento; Articoli di abbigliamento impermeabili; Articoli d’abbigliamento per lo sport; Articoli di abbigliamento per bambini; Cappelleria; Abbigliamento in finta pelle; Abbigliamento in pelle; Abbigliamento per automobilisti; Abbigliamento per ciclisti; Abbigliamento per ginnastica; Abbigliamento casual; Abbigliamento per il tempo libero; Abbigliamento sportivo; Abbigliamento per gestanti; Abbigliamento premaman; Abbigliamento da uomo; Abbigliamento per ragazzi; Abiti; Abiti da cocktail; Abiti per il tempo libero; Abiti scamiciati; Articoli di abbigliamento; Articoli di abbigliamento per bambini; Articoli di abbigliamento per signora (tranne la biancheria intima); Articoli d’abbigliamento per il tempo libero; Articoli di abbigliamento impermeabili; Abbigliamento da esterno resistente alle intemperie; Articoli tessili in maglia; Abbigliamento per ragazzi; Bandane [foulards]; Bermuda; Blazer; Berretti; Body [giustacuori]; Boleri; Bretelle; Busti; Caffetani; Calzature; Calzature per il tempo libero; Calzoni; Calzoni larghi; Camicette; Camicette a maniche corte; Camicie; Camicie da golf; Camicie a maniche corte; Camicie da tennis; Camicie sportive a maniche corte; Camiciotti; Camiciuole; Canotte; Cappe; Cappotti; Cappotti di cotone; Cappucci [indumenti]; Cappucci [abbigliamento]; Cardigan; Cinture in materie tessili; Cinture in tessuto; Colletti [indumenti]; Colli finti [colletti staccabili]; Completi per motociclisti; Completi in un pezzo solo; Completi in tre pezzi [abbigliamento]; Completi da uomo; Completi pantalone; Corpetti prendisole; Coprispalle [abbigliamento]; Felpe; Fazzoletti da taschino [abbigliamento]; Giacche; Giacche in denim; Giacche, ovvero abbigliamento sportivo; Giacche sahariane; Giacche per la pesca; Giacche impermeabili; Giacche in denim; Giacche da equitazione; Giacche termiche; Giacche di felpa; Giacche lunghe; Giacche a vento con cappuccio; Giacche impermeabili; Gilet; Gilet antivento; Giacconi; Giacconi da sci; Giubbotti; Gonne; Gonne pantalone; Gonne da tennis; Grembiuli abiti; Grembiuli [indumenti]; Grembiuli senza maniche; Guanti da sci; Jeans; Jeans in denim; Impermeabile; Indumenti in denim; Indumenti resistenti alle intemperie; Impermeabili; Indumenti confezionati; Indumenti per donna; Indumenti per la ginnastica; Indumenti per l’atletica; Indumenti da infilare [abbigliamento]; Indumenti per bambini; Leggings; Leggings [pantaloni]; Maglie; Maglie senza maniche; Magliette termiche; Magliette scollate senza maniche; Maglie per tute da ginnastica; Maglie per l’atletica; Magliette da jogging; Magliette e pantaloncini per lo sport; Maglieria; Maglioni; Maglioni polo; Manicotti [abbigliamento]; Mantelle; Mantelline; Minigonne; Pagliaccetti; Panciotti; Pantaloni; Pantaloni corti; Pantaloni casual; Pantaloni da pirata; Pantaloni termici; Pantaloni impermeabili; Pantaloni per bambini; Pantaloni da jogging; Pantaloni da sci; Pantaloni di tute; Pantaloni per esercizio fisico; Pantaloni di tute da ginnastica; Pantaloni di felpa; Pantaloni alla zuava; Pantaloni da golf; Pantaloncini [abbigliamento]; Pantaloncini da ginnastica; Pantaloni da Jogging [abbigliamento]; Papillon; Pareo; Parka; Petti di camicie; Polsini [abbigliamento]; Poncho; Poncho impermeabili; Polo; Pullover; Pullover da tennis; Pullover senza maniche; Pullover a manica lunga; Salopette; Sari; Scarpe; Scarpe per il tempo libero; Scarpe per abbigliamento casual; Scarpe da ginnastica; Scarpe per lo sport; Scarpe da donna; Scialli; Sciarpe; Soprabiti; Sopravvesti; Sopravesti per ragazze; Sopravesti per uomo; Tailleur da donna; T-shirt; T-shirt stampate; T-shirt a maniche lunghe o a maniche corte; Toghe; Trench; Tute impermeabili per motociclisti; Tute da jogging [abbigliamento]; Tute [indumenti]; Tute [non sportive]; Tute da snowboard; Tutine da ginnastica; Twin-sets; Uniformi; Veli [indumenti]; Vestiti a tubino; Vestiti da tennis; Visiere [cappelleria]; Uniformi per uso commerciale.
Classe 40 Abrasione; Abrasione pneumatica di superfici; Applicazione di decorazioni ad indumenti; Applicazione di finiture su tessuti; Applicazione di motivi ad indumenti; Applicazione di motivi in rilievo su superfici in cartone; Applicazione di rivestimenti resistenti all’usura mediante processi autocatalitici; Applicazione di rivestimenti resistenti all’usura mediante processi elettrolitici; Applicazione di rivestimenti resistenti all’ usura a componenti tecnici; Applicazione di rivestimenti protettivi al cuoio; Apprettatura di tessili; Apprettatura di tessuti; Assemblaggio di materiali (su ordinazione per conto terzi); Calandratura della lana; Calandratura di stoffe; Calandratura di tessuti; Candeggio di tessuti; Colorazione; Conciatura del cuoio; Conversione catalitica di composti chimici; Costruzione di macchine conformi alle richieste del cliente; Decolorazione di stoffe; Decolorazione di tessuti; Fabbricazione di merci su ordinazione; Finitura di tessuti; Finitura e rivestimenti per tessuti; Follatura di stoffe; Fornitura d’informazioni riguardanti il trattamento di materiali; Fotoincisione; Fotoincisione di articoli di abbigliamento; Fotoincisione di materiale stampato; Fotoincisione di tessuti; Galvanizzazione; Ignifugazione; Ignifugazione della lana; Ignifugazione di stoffe; Ignifugazione di tessili; Ignifugazione di tessuti; Ignifugazione [per tessuti o pellicce]; Impermeabilizzazione di articoli tessili; Impermeabilizzazione di tessili; Impermeabilizzazione di tessuti; Impermeabilizzazione [per tessuti o pellicce]; Incisione; Indumenti (Bordature per -); Laminazione di tessuti; Lavorazione del cuoio; Lavori di sartoria [produzione su ordinazione]; Levigazione [abrasione]; Lisciatura di tessuti; Modifica di abbigliamento (produzione su ordinazione); Modifica di articoli di abbigliamento (produzione su richiesta); Orditura; Orlatura di stoffe; Orlatura di tessuti; Placcatura al cadmio; Placcatura di superfici; Polimerizzazione; Pre-restringimento di tessuti; Preparazione e trattamento di tessuti; Prerestringimento della lana; Produzione di calzature; Prova termoretraibile [per tessuti o pellicce]; Restringimento di articoli d’abbigliamento; Restringimento di stoffe; Restringimento di tessuti; Rifinitura di strutture acriliche; Ritocco di abiti; Ritocco di indumenti; Rivestimento [placcatura] mediante elettrolisi; Sanforizzazione di articoli d’abbigliamento; Sartoria o confezione di articoli di abbigliamento; Sbiancamento di abbigliamento; Sbiancamento di tessuti; Servizi di consulenza in materia di tintura; Servizi di finitura di stampa; Servizi di galvanizzazione; Servizi di incisione al laser; Servizi di sabbiatura; Servizi di sarti; Servizi di sartoria; Servizi di tintoria; Servizi di tintoria [per tessuti o pellicce]; Servizi di tintura stoffe; Spazzolatura di tessuti; Stampa a corrosione; Stampa della lana; Stampa di disegni; Stampa di disegni su tessuti; Stampa di fotoincisioni; Stampa di materiale pubblicitario; Stampa di motivi su stoffe; Stampa di T-shirt; Stampa litografica; Stampa offset; Stampa personalizzata di abbigliamento con disegni decorativi; Stampa su tessuti; Stampaggio a caldo di articoli di abbigliamento [formazione di indumenti]; Stampaggio a caldo [profilatura] di articoli di abbigliamento; Stampaggio di tessuti; Tessitura; Tintura; Tintura del cuoio; Tintura della lana; Tintura di calzature; Tintura di indumenti; Tintura di pellicce; Tintura di stoffe; Tintura di stoffe non tessute; Tintura di tessili; Tintura di tessuti; Tintura di tessuti o di indumenti; Tinture di tessuti; Tinture per tappeti; Trasformazione d’indumenti; Trattamenti anti-piegatura; Trattamenti antimuffa per tessuti; Trattamenti antimuffa per abbigliamento; Trattamenti antitarme; Trattamento antipieghe di tessuti; Trattamento antitarme per tessuti; Trattamento antitarmico di stoffe; Trattamento antitarmico delle stoffe; Trattamento antitarmico di tessuti; Trattamento chimico di prodotti tessili; Trattamento con sabbiatura; Trattamento della lana; Trattamento di materiali tessili; Trattamento di materiali tessili; Trattamento di tessili; Trattamento di tessili e tessuti; Trattamento di tessuti; Trattamento di tessuti, ovvero impermeabilizzazione; Trattamento di tessuti per conferimento di proprietà antistatiche; Trattamento di tessuti per conferire proprietà anti-macchia; Trattamento per l’ingualcibilità dei tessuti.

La domanda è accolta per i rimanenti prodotti e servizi.

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, Lei ha facoltà di proporre un ricorso contro la presente decisione. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.
Annalisa GIACOMAZZI




HYPNOSI contro HYPNOSE – Divisione d’Opposizione EUIPO 26.09.2016

HYPNOSI contro HYPNOSE  – Divisione d’Opposizione EUIPO 26.09.2016

marchio HYPNOSI  contro marchio HYPNOSE

Il marchio anteriore è un marchio denominativo composto dal termine “HYPNOSI”. Il segno contestato è un marchio figurativo composto dal termine “HYPNOSE” scritto in grassetto e in caratteri “arial” stampatelli maiuscoli. Visivamente, i segni coincidono nella sequenza letterale “H-Y-P-N-O-S-”. Tuttavia, essi differiscono nell’ultima lettera, che è una “i” nel caso del marchio anteriore ed una “e” nel caso del marchio impugnato. Ulteriore differenza è imputabile alla caratterizzazione grafica del segno oggetto di opposizione così come sopra descritta.  Nessuno dei due segni presenta elementi dominati o maggiormente distintivi. Entrambi i segni comunicano al consumatore di lingua italiana il concetto di “ipnosi” (stato fisiologico, in genere indotto artificialmente, apparentemente simile al sonno, che permette una grande varietà di risposte comportamentali alla stimolazione verbale v.) Nel presente caso i marchi sono molto simili dal punto di vista visivo e fonetico e identici dal punto di vista concettuale. I prodotti in comparazione sono identici.

TESTO DELLA DECISIONE

 

OPPOSIZIONE N. B 2 583 899

 

Club Couture S.R.L., Via San Faustino, 53, 56025 Pontedera (PI),  Italia (opponente), rappresentata da Italbrevetti S.R.L., Via Salvo D’Acquisto, sn, 56025, Pontedera (PI)  Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Umberto Ammendola , Via Zabatta, 2, Terzigno, 80040,  Napoli, Italia (richiedente),

Il 26/09/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

 

L’opposizione n. B 2 583 899 è accolta per tutti i prodotti contestati.

La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 297 527 è totalmente respinta.

Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in 650 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 297 527. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 10 420 181. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettere b), RMUE e  2, lettera c per il marchio notoriamente conosciuto  in Belgio, Paesi Bassi, Italia, Germania, Lussemburgo e Francia in classe 18 e 25.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono, inter alia, i seguenti:

Classe 25:  Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.

I prodotti contestati sono i seguenti:

Classe 25:  Abbigliamento, cappelleria.

Abbigliamento e cappelleria sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti e servizi

 

b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici sono diretti  al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione possa variare da medio ad alto a seconda della fascia di prezzo in cui i medesimi si collocan

c) I segni

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C‑514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.

 

Il marchio anteriore è un marchio denominativo composto dal termine “HYPNOSI”.

 

Il segno contestato è un marchio figurativo composto dal termine “HYPNOSE” scritto in grassetto e in caratteri “arial” stampatelli maiuscoli. La caratterizzazione grafica del medesimo è ascrivibile alla circostanza che all’interno della vocale “o” vi è un circolo pieno che riempie la quasi totalità della medesima.

 

Nessuno dei due segni presenta elementi dominati o maggiormente distintivi.

 

Entrambi i segni comunicano al consumatore di lingua italiana il concetto di “ipnosi” (stato fisiologico, in genere indotto artificialmente, apparentemente simile al sonno, che permette una grande varietà di risposte comportamentali alla stimolazione verbale v. http://www.treccani.it/enciclopedia/ipnosi/), stante l’elevata somiglianza dei medesimi con tale termine. Tale significato non presenta nessun tipo di relazione con i prodotti in questione: pertanto la capacità distintiva intrinseca di entrambi i segni è normale.

 

Visivamente, i segni coincidono nella sequenza letterale “H-Y-P-N-O-S-”. Tuttavia, essi differiscono nell’ultima lettera, che è una “i” nel caso del marchio anteriore ed una “e” nel caso del marchio impugnato. Ulteriore differenza è imputabile alla caratterizzazione grafica del segno oggetto di opposizione così come sopra descritta.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

 

Le prime parti dei marchi in conflitto sono identiche. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore.

 

Pertanto, i segni sono visivamente molto simili.

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “H-Y-P-N-O-S-” presenti in modo identico in entrambi i segni. Essi differiscono nell’ultima lettera, che è una “i” nel caso del marchio anteriore ed una “e” nel caso del marchio impugnato.

 

Pertanto, i segni sono molto simili sotto il profilo fonetico.

 

Sotto il profilo concettuale, per le ragioni dinanzi menzionate, il pubblico nel territorio di riferimento percepirà  entrambi i segni come indicativi dell’ipnosi nel senso sopra indicato. L’elemento grafico del marchio impugnato non comunicherà nessun concetto.

 

I segni sono identici dal punto di vista concettuale.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere per lo meno simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

  1. Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

Nel valutare il rischio di confusione i marchi debbono essere comparati tramite una valutazione globale basata sull’ analisi della somiglianza visiva, fonetica e concettuale in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. sentenza del 11 novembre 1997, C-251/95, “Sabèl”,  § 22 e ss.).

 

In tal senso, una maggiore somiglianza fra i marchi può compensare una minore somiglianza fra i prodotti e servizi e viceversa (Sentenza del 29 settembre 1988, C39/97 ‘Canon’ §17).

 

Nel presente caso i marchi sono molto simili dal punto di vista visivo e fonetico e identici dal punto di vista concettuale. I prodotti in comparazione sono identici.

 

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua italiana. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

 

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione Europea n. 10 420 181 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati.

 

Poiché l’opposizione è stata pienamente accolta in base al motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, non è necessario procedere all’esame dei rimanenti motivi invocati, ovvero quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 4, RMUE, ne degl’atri diritti anteriori invocati.

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




MARCHIO FIGURATIVO – MANCANZA DI CAPACITA’ DISTINTIVA Prima Commissione di Ricorso EUIPO 07.07.2016

MARCHIO FIGURATIVO NO MILK – Prima Commissione EUIPO 07.07.2016

Nella fattispecie si tratta della volontà di registrare il marchio NO MILK per pubblicizzare preparati, polveri, estratti per  bevande.  L’esaminatore, dopo aver osservato che la dicitura inglese “no milk” significa, in italiano, “senza latte”, affermava che il marchio comunicava al pubblico anglofono dell’Unione che i prodotti in contestazione “non contengono latte”. E aggiungeva che la forma quadrangolare bicolore disegnata all’interno di un quadrato nero e la stilizzazione delle lettere erano talmente “minimi” da non poter conferire alcuna capacità distintiva al segno.    D’altro canto la richiedente afferma, in primo luogo, che il marchio non informa il consumatore sulle caratteristiche dei prodotti, vale a dire il contenuto in frutta o alcool o se la bevanda è gassata o contiene integratori alimentari. La richiedente rileva, in proposito, che le bevande della classe 32 sono (contrariamente alle bevande della classe 29) necessariamente quelle prive di latte e che il marchio “NO MILK” ha quindi un carattere fantasioso.

TESTO DELLA DECISIONE

DECISIONE della Prima Commissione di ricorso del 7 luglio 2016

Nel procedimento R 2415/2015-1 NUTRAFOOD di Fabio Aliotta Via Marinoni, 25 IT 33031 Basiliano Italia richiedente / ricorrente rappresentata da ALL STUDIO, Viale Venezia, 277, IT–33100 Udine, Italia

RICORSO concernente la domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea n. 1 4249 445 PRIMA COMMISSIONE DI RICORSO composta da C. Rusconi in qualità di membro unico ai sensi dell’articolo 135, paragrafi 2 e 5, RMUE, dell’articolo 1 quater, paragrafo 2, RP-CdR e dell’articolo 10 della decisione del Presidium sull’organizzazione delle Commissioni di ricorso nella versione attualmente in vigore e ai sensi della decisione della Prima Commissione di ricorso n. 3 del 9 marzo 2012 sulle decisioni monocratiche Cancelliere: H. Dijkema ha pronunciato la seguente Decisione

Sintesi dei fatti

Con domanda depositata in data 16 giugno 2015, NUTRAFOOD di Fabio Aliotta (“la richiedente”) chiedeva la registrazione nell’Unione europea del marchio figurativo, nei colori nero, bianco e grigio per i seguenti prodotti: Classe 32 – Preparati per fare bevande; Concentrati per la preparazione di bevande analcoliche; Essenze per la preparazione di acque minerali aromatizzate [non sotto forma di oli essenziali]; Essenze per la preparazione di bevande; Estratti per la preparazione di bevande; Pastiglie per bevande gassate; Polveri per bevande gassate; Polveri per la preparazione di bevande a base di frutta; Preparazioni per fare liquori; Sciroppi per bevande; Sciroppi per bevande non alcoliche; Sciroppi per fabbricare bevande al gusto di frutta; Sciroppi per fare acque minerali aromatizzate; Sciroppi per la preparazione di bevande; Sciroppi per la preparazione di bevande analcoliche; Succhi concentrati [analcolici]; Latte di mandorle [bevande]; Bevande isotoniche; Bevande analcoliche; Bevande analcooliche gassate; Bevande analcoliche ipocaloriche; Bevande dealcolizzate; Acque [bevande]; Sorbetti [bevande]; Succhi vegetali [bevande]; Acque minerali [bevande]; Bevande contenenti vitamine; Sciroppi per bevande; Bevande di frutta; Bevande analcooliche gassate; Bevande gassate aromatizzate; Bevande per lo sport; Succhi di verdure [bevande]; Bevande di frutta analcooliche; Granite (bevande) parzialmente gelate; Preparati per fare bevande; Bevande sportive contenenti elettroliti; Bevande aromatizzate alla frutta; Bevande a base di verdure; Bevande analcoliche contenenti succhi di frutta; Bevande a base di succhi di frutta; Bevande costituite principalmente da succhi di frutta; Succhi di frutta da usare come bevande; Concentrati per la preparazione di bevande analcoliche; Bevande a base di frutta e succhi di frutta; Bevande a base di frutta o di ortaggi misti [frullati]. La richiedente forniva la seguente descrizione del marchio: Il marchio consiste in un’impronta quadrata su fondo nero, leggermente ruotata e avente angoli raccordati, con cornice bianca e inferiormente con andamento ondulato su fondo nero, all’interno della quale si trovano le parole “NO” “MILK” disposte su due righe in colore grigio.

In data 6 giugno 2015 l’esaminatore contestava la registrabilità del marchio per i seguenti prodotti (“i prodotti in contestazione”): Classe 32 – Preparati per fare bevande; Concentrati per la preparazione di bevande analcoliche; Essenze per la preparazione di bevande; Estratti per la preparazione di bevande; Pastiglie per bevande gassate; Polveri per bevande gassate; Polveri per la preparazione di bevande a base di frutta; Preparazioni per fare liquori; Sciroppi per bevande; Sciroppi per bevande non alcoliche; Sciroppi per fabbricare bevande al gusto di frutta; Sciroppi per la preparazione di bevande; Sciroppi per la preparazione di bevande analcoliche; Succhi concentrati [analcolici]; Latte di mandorle [bevande]; Bevande isotoniche; Bevande analcoliche; Bevande analcooliche gassate; Bevande analcoliche ipocaloriche; Bevande dealcolizzate; Sorbetti [bevande]; Succhi vegetali [bevande]; Bevande contenenti vitamine; Sciroppi per bevande; Bevande di frutta; Bevande analcooliche gassate; Bevande gassate aromatizzate; Bevande per lo sport; Succhi di verdure [bevande]; Bevande di frutta analcooliche; Granite (bevande) parzialmente gelate; Preparati per fare bevande; Bevande sportive contenenti elettroliti; Bevande aromatizzate alla frutta; Bevande a base di verdure; Bevande analcoliche contenenti succhi di frutta; Bevande a base di succhi di frutta; Bevande costituite principalmente da succhi di frutta; Succhi di frutta da usare come bevande; Concentrati per la preparazione di bevande analcoliche; Bevande a base di frutta e succhi di frutta; Bevande a base di frutta o di ortaggi misti [frullati].

L’esaminatore, dopo aver osservato che la dicitura inglese “no milk” significa, in italiano, “senza latte”, affermava che il marchio comunicava al pubblico anglofono dell’Unione che i prodotti in contestazione “non contengono latte”. L’esaminatore aggiungeva che la forma quadrangolare bicolore disegnata all’interno di un quadrato nero e la stilizzazione delle lettere erano talmente “minimi” da non poter conferire alcuna capacità distintiva al segno. L’esaminatore concludeva che al marchio erano opponibili i motivi di rifiuto assoluto di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c) in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. 4 La richiedente non rispondeva alla contestazione e l’esaminatore, con decisione del 3 novembre 2015 (“la decisione impugnata”) e rifacendosi alla motivazione comunicata il 6 giugno 2015, rifiutava la domanda per i prodotti in contestazione, accogliendola tuttavia per i “rimanenti” prodotti (che non venivano identificati).

In data 3 dicembre 2015 la richiedente presentava motivato ricorso avverso la decisione. 6 Non veniva concessa la revisione di cui all’articolo 61 RMUE e il ricorso veniva deferito alla Commissione di ricorso per la decisione. Motivi del ricorso 7 La richiedente chiede alla Commissione di ricorso di annullare la decisione nella parte in cui viene rifiutata la domanda. La richiedente afferma, in primo luogo, che il marchio non informa il consumatore sulle caratteristiche dei prodotti, vale a dire il contenuto in frutta o alcool o se la bevanda è gassata o contiene integratori alimentari. La richiedente rileva, in proposito, che le bevande della classe 32 sono (contrariamente alle bevande della classe 29) necessariamente quelle prive di latte e che il marchio “NO MILK” ha quindi un carattere fantasioso. La richiedente fa valere, in secondo luogo, che l’Ufficio ha accettato di registrare molti marchi figurativi parimenti descrittivi quali “MILK” (n. 1017614), “WINEZERO” (n. 8929002), “GLUTEN FREE” (n. 12731162), “ZERO LACTOSE” (n. 5757315), ragione per la quale dovrebbe accettare il marchio in questione. In terzo luogo, la richiedente afferma che la capacità distintiva del proprio marchio è altresì attribuibile agli elementi figurativi, vale a dire l’impronta quadrata, le forme geometriche, la disposizione e il carattere tipografico delle parole “NO” e “MILK”. Motivazione 8 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 and 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile. Il ricorso, tuttavia, è infondato perché al marchio manca la capacità distintiva di cui all’art. 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE. Segue la motivazione. Sull’ambito della revisione assegnata alla Commissione di ricorso

L’esaminatore ha respinto la domanda di registrazione del marchio comunitario per “Preparati per fare bevande; Concentrati per la preparazione di bevande analcoliche; Essenze per la preparazione di bevande; Estratti per la preparazione di bevande; Pastiglie per bevande gassate; Polveri per bevande gassate; Polveri per la preparazione di bevande a base di frutta; Preparazioni per fare liquori; Sciroppi per bevande; Sciroppi per bevande non alcoliche; Sciroppi per fabbricare bevande al gusto di frutta; Sciroppi per la preparazione di bevande; Sciroppi per la preparazione di bevande analcoliche; Succhi concentrati [analcolici]; Latte di mandorle [bevande]; Bevande isotoniche; Bevande analcoliche; Bevande analcooliche gassate; Bevande analcoliche ipocaloriche; Bevande dealcolizzate; Sorbetti [bevande]; Succhi vegetali [bevande]; Bevande contenenti vitamine; Sciroppi per bevande; Bevande di frutta; Bevande analcooliche gassate; Bevande gassate aromatizzate; Bevande per lo sport; Succhi di verdure [bevande]; Bevande di frutta analcooliche; Granite (bevande) parzialmente gelate; Preparati per fare bevande; Bevande sportive contenenti elettroliti; Bevande aromatizzate alla frutta; Bevande a base di verdure; Bevande analcoliche contenenti succhi di frutta; Bevande a base di succhi di frutta; Bevande costituite principalmente da succhi di frutta; Succhi di frutta da usare come bevande; Concentrati per la preparazione di bevande analcoliche; Bevande a base di frutta e succhi di frutta; Bevande a base di frutta o di ortaggi misti [frullati]”, ma l’ha accolta per i rimanenti prodotti che, tuttavia, non ha identificato. 10 La Commissione ritiene opportuno, per elementari esigenze di certezza del diritto, identificare quei prodotti.

Dal confronto tra l’enunciato della domanda e quello a fronte del quale la domanda è stata respinta, emerge che i prodotti per i quali la domanda non è stata respinta sono: “Essenze per la preparazione di acque minerali aromatizzate [non sotto forma di oli essenziali]; sciroppi per fare acque minerali aromatizzate; acque [bevande]; acque minerali [bevande]”.

Questa parte del provvedimento, favorevole alla richiedente, è divenuta definitiva.

Oggetto del riesame assegnato alla Commissione non può che essere, quindi, la parte della decisione che ha respinto la domanda. Questa parte è quella che concerne i prodotti elencati ai paragrafi 2 e 9 della presente decisione, d’ora in avanti definiti “i prodotti in contestazione”. Sulla registrabilità del marchio per i prodotti in contestazione 14 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMC, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo. Il paragrafo 2 del medesimo articolo sancisce l’applicabilità del paragrafo 1 anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.

I marchi contemplati dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMC sono, in particolare, quelli che non consentono al pubblico interessato di ripetere un’esperienza di acquisto, se essa si rivela positiva, o di evitarla, se essa si rivela negativa, in occasione dell’acquisto successivo dei prodotti o servizi in parola (27/02/2002, T 79/00, Lite, EU:T:2002:42, § 26; 30/06/2004, T 281/02, Mehr für Ihr Geld, EU:T:2004:198, § 34). Tale è il caso, in particolare, dei segni comunemente utilizzati per la commercializzazione dei prodotti o dei servizi interessati (15/09/2005, T 320/03, Live richly, EU:T:2005:325, § 65; 31/03/2004, T 216/02, Looks like grass…, EU:T:2004:96, § 34). 16 Ciò non toglie che la registrazione di un marchio composto di segni o indicazioni che siano peraltro utilizzati come slogan pubblicitari, indicazioni di qualità o espressioni che incitano ad acquistare i prodotti o servizi cui tale marchio si riferisce, non sia esclusa in quanto tale in ragione di una siffatta utilizzazione (15/09/2005, T 320/03, Live richly, EU:T:2005:325, § 66). Tuttavia, un segno che soddisfi funzioni diverse da quelle del marchio in senso classico è distintivo, nel senso di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMC, solo se può essere percepito prima facie come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi considerati, per consentire al pubblico destinatario di distinguere senza possibilità di confusione i prodotti o i servizi del titolare del marchio da quelli aventi un’altra origine commerciale(13/01/2011, C 92/10 P, Best Buy, EU:C:2011:15, § 42; 23/09/2011, T 251/08, Passion for better food, EU:T:2011:526, § 14).

Il carattere distintivo dev’essere valutato, da un lato, in relazione al modo di percepire del pubblico destinatario, costituito dai consumatori di tali prodotti o servizi e, dall’altro, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali viene richiesta la registrazione (27/02/2002, T 34/00, Eurocool, EU:T:2002:41, § 38; 27/02/2002, T-79/00 Lite, EU:T:2002:42, § 27).

Per quanto riguarda il pubblico di riferimento, i prodotti in contestazione sono bevande e preparati per realizzarle, vale a dire generi di largo consumo destinati al consumatore medio normalmente informato, ragionevolmente attento e avveduto. Inoltre, poiché gli elementi denominativi (“no” e “milk”) del marchio sono espressi in lingua inglese, il pubblico di riferimento è principalmente quello dei paesi anglofoni dell’Unione Europea (22/06/1999, C 342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26). In ogni caso, si tratta di parole ampiamente conosciute anche al di fuori di quelle aree linguistiche. 19 Il marchio per cui si chiede la registrazione è un marchio complesso, formato da un quadrato nero all’interno del quale è visibile un altro quadrato, inclinato e dagli angoli smussati, che contiene a sua volta la dicitura “no milk” scritta in caratteri stampatello minuscolo di colore chiaro su fondo nero.

Al fine di determinarne il carattere distintivo, il marchio complesso dev’essere considerato secondo un approccio sintetico. Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, ciò non osta a un esame preliminare della distintività di ciascun elemento (09/07/2003, T 234/01, Orange und Grau, EU:T:2003:202, § 32).

L’elemento denominativo, costituito dall’espressione in lingua inglese “no milk”, è traducibile in italiano come “senza latte” e verrà compreso dal consumatore come indicazione che i prodotti in contestazione non contengono latte.

La richiedente fa presente, al riguardo, che, ai sensi della Classificazione di Nizza, le proprie bevande (appartenenti alla classe 32) non devono contenere latte e che, di conseguenza, il consumatore percepirà l’indicazione “no milk” come fantasiosa.

La Commissione non è d’accordo. Il marchio verrà apposto sulle etichette delle bottiglie, lattine o brik che contengono, ad esempio, le bevande ed il consumatore che vede tali confezioni sugli scaffali di un supermercato non può sapere che, per esigenze di classificazione amministrativa, queste bevande non devono contenere latte. Il consumatore non conosce le classi merceologiche e ciò che vede sugli scaffali sono “preparati per fare bevande”, “concentrati per fare bevande”, “bevande alla frutta”, ecc. Non è ragionevole affermare, quindi, che il pubblico interpreterà l’indicazione “no milk”, letta su, ad esempio, una bottiglia di succo di frutta, come un’espressione di fantasia.

Come la stessa richiedente riconosce a pagina 4 della propria memoria di ricorso, alcuni consumatori sono intolleranti al latte e prestano, quindi, attenzione alla presenza/assenza di quell’ingrediente, anche solo a livello di traccia, negli alimenti e, naturalmente, le bevande, che acquistano.

L’indicazione “no milk”, contenuta nel marchio, non verrà, quindi, percepita dal consumatore come segno distintivo di una determinata azienda produttrice, ma come informazione circa l’assenza di un ingrediente – peraltro potenzialmente dannoso alla salute – dai prodotti in contestazione.

La richiedente aggiunge che l’indicazione “no milk” sarebbe distintiva giacché non informa il consumatore circa la presenza, nella bevanda, di frutta, alcool, integratori vitaminici o anidride carbonica. I messaggi privi di capacità distintiva non sono solo quelli che informano della presenza di una sostanza in un prodotto ma anche quelli che informano dell’assenza di tale sostanza. La parola “milk” indica che tale sostanza è il latte e l’avverbio “no” ne indica l’assenza. Il consumatore comprenderà pertanto il messaggio veicolato dall’espressione “no milk” alla stregua di “no sugar”, “no alcohol”, “no salt”, “no gluten”, ecc., vale a dire come un’informazione che il prodotto non contiene la sostanza menzionata. 27 Ne consegue che l’elemento denominativo del segno richiesto è privo di carattere distintivo perché verrebbe immediatamente percepito dal consumatore di riferimento come un semplice messaggio informativo circa l’assenza, in ognuno dei prodotti in contestazione, di un determinato ingrediente.

Passando ora a considerare la veste grafica del segno, la Commissione rileva, per quanto concerne la parte denominativa, che la stilizzazione impiegata non è tale da impressionare visivamente il consumatore, che è notoriamente esposto a scritte pubblicitarie realizzate con una grande varietà di caratteri tipografici. L’aver sottolineato il termine “no” con il grassetto, al contrario di “milk”, che è stato scritto in caratteri di minori dimensioni, poi, rappresenta un espediente grafico banale che non aggiunge distintività al segno (19/05/2010, T 464/08, Superleggera, EU:T:2010:212, § 33, 34, 35, 36). 29 Per quanto riguarda la parte puramente figurativa del segno, va osservato che la sovrapposizione di due quadrati leggermente sfalsati tra loro non contribuisce a conferire capacità distintiva al segno nel suo insieme. Il quadrato è una forma geometrica banale, incapace, pertanto, di imprimersi nella memoria del consumatore. Il fondo dei due quadrati ha un colore scuro, adatto, quindi, a sopportare una scritta in lettere chiare. La base del quadrato interno è colorata di bianco – il colore emblematico del latte – e richiama, quindi, il concetto espresso dalla parola “milk”. 30 La parte figurativa del segno è, alla luce di quanto precede, banale e non distoglie minimamente l’attenzione del consumatore dal messaggio, del tutto privo di capacità distintiva, veicolato dall’espressione “no milk”.

Globalmente considerato, quindi, il marchio è privo, relativamente ai prodotti in contestazione, della capacità distintiva richiesta ai sensi dell’art. 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

La Commissione prende nota dell’argomento della richiedente circa l’avvenuta accettazione, da parte dell’Ufficio, di marchi che, come quello in esame, contengono messaggi informativi circa l’assenza di un determinato ingrediente. Tuttavia, questi precedenti non esimono l’Ufficio dall’esaminare con il necessario rigore i marchi di cui viene chiesta la registrazione. La stessa Corte di Giustizia non manca di ricordare, quando questo argomento viene sollevato, che ogni marchio fa storia a sé e che la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (Agencja Wydawnicza Technopol v OHIM, C-51/10 P, EU:C:2011:139, paragrafi 74 a 77). Dispositivo Per questi motivi, LA COMMISSIONE così decide: Il ricorso è respinto. Signed C. Rusconi




Take your time Pay after – Prima Commissione di ricorso EUIPO 04.08.2016

TAKE YOUR TIME PAY AFTER – Prima Commissione di ricorso EUIPO 04.08.2016

Si tratta della volontà di registrare un marchio per la fornitura di servizi finanziari, monetari e bancari. Il consumatore di riferimento, secondo l’esaminatore, percepirà il segno come un’espressione dotata di significato come a dire “pagate dopo, non abbiate fretta”. A sostegno del rifiuto alla registrazione, si adduce che gli elementi grafici del marchio siano così minimi da non dotare di carattere distintivo il marchio nel suo insieme. I caratteri usati per rappresentare la dicitura “Take your time Pay After” sono caratteri di stampa non particolarmente originali né gli elementi grafici aggiuntivi sono sufficientemente peculiari da conferire carattere distintivo al segno richiesto. Si deve tener conto che quando l’elemento verbale è privo di carattere distintivo, occorre accertare, in particolare, se l’elemento figurativo è stupefacente e/o sorprendente, e/o inaspettato, e/o inusuale, e/o arbitrario; in grado di creare nella mente dei consumatori un ricordo immediato e duraturo del segno distogliendo l’attenzione dal messaggio descrittivo/non distintivo trasmesso dall’elemento denominativo; di natura tale da richiedere uno sforzo d’interpretazione da parte del pubblico di riferimento, al fine di comprendere il significato dell’elemento denominativo.

 

DECISIONE

Nel procedimento R 406/2016-1

Alessandro La Rocca
Via degli Elci 12A
00042 Anzio (Roma)
Italia

Richiedente / Ricorrente
rappresentato da PERANI & PARTNERS SPA, Piazza San Babila, 5, 20122, Milano, Italia
RICORSO concernente la domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea n. 14 396 031

 

La Prima COMMISSIONE DI RICORSO

composta da M. Bra in qualità di membro unico ai sensi dell’articolo 135, paragrafi 2 e 5, RMUE, dell’articolo 1 quater, paragrafo 2, RP-CdR e dell’articolo 10 della decisione del Presidium sull’organizzazione delle Commissioni di ricorso nella versione attualmente in vigore e ai sensi della decisione della Prima Commissione di ricorso  n. 3 del 9 marzo 2012 sulle decisioni monocratiche

Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente

Decisione

Sintesi dei fatti

  • 1 Con domanda depositata in data 20 luglio 2015, il Signor Alessandro La Rocca (d’ora innanzi, “il richiedente”) chiedeva la registrazione quale marchio dell’Unione europea del segno figurativo

per i seguenti servizi:

Class 36 – Affari finanziari; Affari monetari; Affari bancari; Consulenza in materia finanziaria; Home banking; Informazioni (finanziarie-); Informazioni in materia di assicurazioni; Sponsorizzazione (finanziaria-); Stime finanziarie [assicurazioni, banche, immobili]; Amministrazione di affari in materia di assicurazioni; Amministrazione di assicurazioni; Assicurazioni bancarie; Assicurazioni bancarie per mutui; Assicurazioni contro i rischi creditizi; Assicurazioni di garanzia; Assicurazioni su mutui; Assicurazioni sui crediti; Consulenza assicurativa; Consulenza e informazioni in materia di assicurazioni; Consulenza finanziaria e consulenza in materia di assicurazioni; Garanzie assicurative; Servizi attuari; Servizi bancari e assicurativi telefonici; Servizi di consulenza in materia assicurativa; Servizi di gestione di assicurazioni; Servizi finanziari offerti da società assicurative; Servizi finanziari relativi alle assicurazioni; Acquisizione di beni immobili [per conto terzi]; Amministrazione di immobili; Gestione di proprietà (Beni immobili -); Locazione di beni immobiliari; Servizi di acquisizione di beni immobiliari; Servizi di consulenza in materia di investimenti in ambito immobiliare; Servizi di credito immobiliare; Servizi di depositi a garanzia relativi a beni immobili; Servizi di gestione di beni immobiliari; Servizi fiduciari immobiliari; Valutazione e gestione relative di beni immobiliari; Buoni di valore (Emissione di -); Emissione di assegni di viaggio; Emissione di buoni contante; Emissione di buoni di valore; Emissione di carte prepagate; Deposito di valori; Acquisizione e trasferimento di crediti monetari; Addebito ed accredito di conti finanziari; Affari bancari; Affari finanziari; Affari monetari; Agevolazione ed organizzazione di finanziamenti; Allocazione degli investimenti; Amministrazione di affari finanziari; Amministrazione di conti di risparmio; Amministrazione di patrimoni; Amministrazione di piani pensione; Amministrazione fiduciaria; Assistenza finanziaria; Associazioni di risparmio e prestito; Banca commerciale (Servizi di una -); Banking (Home -); Brokeraggio; Capitale (Formazione di -); Collocamento privato e servizi di investimento di capitali di rischio; Consulenza in materia di fondi fiduciari; Consulenza in materia di gestione del rischio [finanziario]; Consulenza indipendente in materia di pianificazione finanziaria; Consulenze fiscali [non relative alla contabilità]; Costituzione di società di investimento (Servizi per la -); Finanziamenti (Fornitura di -); Finanziamenti per vendite; Finanziamenti (Raccolta di -); Finanziamento azionario; Finanziamento conto clienti; Finanziamento di acquisizioni; Formazione di capitale; Fornitura di capitale di investimento; Fornitura di conti correnti; Fornitura di finanziamenti; Fornitura di servizi finanziari tramite una rete informatica globale o Internet; Fornitura di titoli finanziari; Garanzia di fondi; Gestione del rischio finanziario; Gestione del rischio in materia di tassi di interesse; Gestione del rischio in materia di prezzi; Gestione dell’amministrazione fiduciaria; Gestione di attivi; Gestione di beni; Gestione di beni finanziari; Gestione di capitali di rischio; Gestione di finanze aziendali; Gestione di fondi di società; Gestione di fondi finanziari; Gestione di fondi immobiliari; Gestione di piani pensione; Gestione e pianificazione finanziaria; Gestione (Finanziaria -); Gestione finanziaria di bilanci di cassa; Gestione finanziaria di conti correnti; Gestione finanziaria di pensioni; Gestione finanziaria in materia di servizi bancari; Gestione finanziaria via Internet; Home banking; Informazione finanziaria, fornitura di dati, servizi di consulenza; Informazioni su conti bancari; Internet banking; Investimenti a rendita fissa; Investimenti finanziari; Investimenti in piani di investimento azionario individuali; Investimento di capitali di rischio e di capitali per progetti; Mediazione di servizi finanziari; Mediazione in servizi bancari; Merchant banking; Online banking; Operazioni di fondi finanziari; Organizzazione della fornitura di finanziamenti; Organizzazione di aperture di credito; Organizzazione di finanziamenti; Pianificazione e gestione finanziaria; Prestiti e crediti, servizi di leasing finanziario; Protezione finanziaria; Raccolta di finanziamenti; Servizi bancari; Servizi bancari attraverso Internet; Servizi bancari computerizzati; Servizi bancari e finanziari; Servizi bancari elettronici; Servizi bancari elettronici mediante una rete globale di computer [Internet banking]; Servizi bancari finanziari per il ritiro di denaro; Servizi bancari finanziari personali; Servizi bancari finanziari per il deposito di denaro; Servizi bancari finanziari; Servizi bancari internazionali; Servizi bancari on-line; Servizi bancari per il prelievo di depositi; Servizi bancari personali; Servizi bancari privati; Servizi bancari telematici; Servizi di addebitamento su conto; Servizi di affari finanziari; Servizi di affari monetari; Servizi di amministrazione fiduciaria; Servizi di assegno di conto corrente; Servizi di conti bancari; Servizi di conti di deposito; Servizi di conti di risparmio; Servizi di conto assegni; Servizi di conto corrente; Servizi di deposito; Servizi di finanziamento; Servizi di finanziamento e di prestito; Servizi di gestione finanziaria relativi ad istituti bancari; Servizi di gestione finanziaria; Servizi di intermediazione finanziaria; Servizi di piani di risparmio; Servizi di piani pensionistici; Servizi di pianificazione finanziaria; Servizi di risparmio e prestito; Servizi di tesoreria; Servizi di transazioni finanziarie relative a tassi d’interesse; Servizi fiduciari; Servizi finanziari; Servizi finanziari computerizzati; Servizi finanziari di risparmio; Servizi finanziari personali; Servizi finanziari riguardanti i patrimoni; Servizi in materia di investimenti; Servizi monetari; Servizi pensionistici; Servizi relativi a conti bancari e conti di risparmio; Servizi telefonici bancari; Trasferimenti e transazioni finanziarie; Servizi di pagamento e, in particolare, servizi di pagamento on-line effettuati tramite tabaccherie; Servizi di pagamento e, in particolare, servizi di pagamento che consentono il trasferimento di denaro tra privati; Servizi di sponsorizzazione finanziaria; Servizi di carte di credito; Emissione di carte di credito; Fornitura di carte di credito e carte di debito, fornitura di bancomat e carte di prelievo; Servizi relativi a carte bancomat, carte di credito, carte di addebito e carte di pagamento elettronico; Servizi di carte di credito e carte di pagamento; Servizi di gestione di carte di credito; Servizi di consulenza in materia di carte di credito, carte di debito, carte di prelievo; Servizi di apertura e servizi di chiusura di conti bancari; Assicurazioni; Agenzie di credito; Analisi (finanziaria -); Assicurazioni; Consulenza in materia finanziaria; Costituzione di capitali; Informazioni (finanziarie-); Informazioni in materia di assicurazioni; Investimento di capitali; Leasing; Mediazione in assicurazioni; Mediazione in beni immobiliari; Mediazione in borsa; Operazioni di cambio; Operazioni di compensazione [cambio]; Pagamento a rate; Prestiti contro sicurezza; Prestiti [finanziamenti]; Prestito su garanzia di beni mobili; Quotazione di borsa; Servizi di carte di debito; Stime finanziarie [assicurazioni, banche, immobili]; Trasferimento elettronico di fondi; Verifica degli assegni.

2          In data 31 agosto 2015, l’esaminatore emetteva un rifiuto provvisorio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, relativamente a tutti i servizi rivendicati. In particolare, l’esaminatore adduceva le seguenti argomentazioni a sostegno del rifiuto provvisorio:

–           I servizi non registrabili coperti dal marchio oggetto della domanda sono servizi di consumo di massa e specialistici e sono destinati sia al consumatore medio che a un pubblico professionale. Data la natura dei servizi in questione, la consapevolezza del pubblico di riferimento sarà sia elevata che quella del consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Inoltre, il pubblico di riferimento rispetto al quale deve essere esaminato l’impedimento assoluto alla registrazione è il consumatore di lingua inglese nell’Unione.

–           Il consumatore di riferimento percepirà i termini come un’espressione dotata di significato nel senso di non avere/abbiate fretta, paga/pagate dopo.

–           Il pubblico di riferimento percepirà il marchio come un messaggio elogiativo promozionale, il cui proposito è quello di comunicare una dichiarazione del servizio clienti e/o comunicare un messaggio motivante o che sia d’ispirazione e non tenderà a percepire nel segno alcuna particolare indicazione di origine commerciale che vada oltre il contenuto promozionale veicolato, che serve unicamente a rimarcare che i servizi forniti dal richiedente non necessitano di un pagamento immediato e consentono di non avere fretta.

  • 3 In data 28 Ottobre 2015, il richiedente rispondeva al rifiuto provvisorio rilevando sostanzialmente quanto segue:

–           l’esaminatore non ha motivato per quale ragione l’elemento figurativo non sia inidoneo, di per sé, a svolgere la funzione di indicatore di provenienza;

–           l’espressione contenuta nella domanda di marchio non può in alcun modo essere considerata segno divenuto di uso comune nel commercio;

–           anche qualora il pubblico di riferimento sia in grado di intendere agevolmente il messaggio contenuto nelle singole parole in relazione ai servizi rivendicati, la veste grafica che connota il marchio conferisce al segno, nel suo insieme considerato, la necessaria distintivitá. In particolare, le parole presentano differenti dimensioni di stampa, appaiono raffigurate in posizione obliqua e su distinti livelli e, dunque, sono, di per sé, in grado di rimanere impresse nel ricordo nel consumatore per la loro singolare disposizione. Inoltre, l’elemento di maggior caratterizzazione è ravvisabile nella figura che contiene le diciture, che può richiamare alla memoria un foglio di calendario.

  • 4 Con decisione del 22 dicembre 2015 (d’ora innanzi, “la decisione impugnata”), l’esaminatore confermava il rifiuto alla registrazione del marchio richiesto per tutti i servizi rivendicati. La decisione impugnata ribadiva sostanzialmente le argomentazioni già addotte in sede di rifiuto provvisorio e, in aggiunta, rilevava quanto segue:

–           Gli elementi grafici del marchio sono così minimi da non dotare di carattere distintivo il marchio nel suo insieme. I caratteri usati per rappresentare la dicitura “Take your time Pay After” sono caratteri di stampa non particolarmente originali né gli elementi grafici aggiuntivi sono sufficientemente peculiari da conferire carattere distintivo al segno richiesto.

–           Si deve tener conto che quando l’elemento verbale è privo di carattere distintivo, occorre accertare, in particolare, se l’elemento figurativo è stupefacente e/o sorprendente, e/o inaspettato, e/o inusuale, e/o arbitrario; in grado di creare nella mente dei consumatori un ricordo immediato e duraturo del segno distogliendo l’attenzione dal messaggio descrittivo/non distintivo trasmesso dall’elemento denominativo; di natura tale da richiedere uno sforzo d’interpretazione da parte del pubblico di riferimento, al fine di comprendere il significato dell’elemento denominativo.

–           Neppure il quadrato irregolare che contiene gli elementi verbali del marchio pare in grado di sviare l’attenzione del consumatore. Come anche suggerito dal richiedente, esso potrebbe in ipotesi rappresentare un foglio di calendario, dotato di gancio, e non una semplice cornice. È evidente che il richiedente stesso suggerisce una interpretazione di detto elemento grafico che non fa altro che richiamare il contenuto semantico fornito dagli elementi verbali del marchio. I termini “Take your time Pay  After” ricordano infatti una dilazione nel tempo rispetto ad un pagamento. È giocoforza che il concetto di calendario sia strettamente collegato ad un contenuto semantico che, per l’appunto, richiama tempistica, scadenze e quant’altro possa essere associato ad un pagamento per il quale il momento dell’esazione sia un aspetto, generalmente, di notevole rilevanza.

–           Gli elementi figurativi del marchio richiesto non possiedono una caratteristica, per quanto riguarda il modo in cui sono combinati, che consenta al marchio di svolgere la sua funzione essenziale.

  • 5 In data 19 febbraio 2016, la richiedente presentava ricorso avverso la decisione impugnata, chiedendo l’annullamento totale della stessa e l’ammissione a pubblicazione della domanda di marchio oggetto di rifiuto. L’Ufficio riceveva la memoria contenente i motivi di ricorso in data 19 aprile 2016.

6          La revisione di cui all’articolo 61 RMUE non veniva concessa e il ricorso veniva deferito alla Commissione di ricorso per la decisione.

Motivi del ricorso

  • 7 Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue:

–           L’Ufficio ha ritenuto di rifiutare il marchio per tutti i servizi rivendicati, ma non ha fornito adeguate motivazioni per cui il segno non sia distintivo per ognuno di essi. Questa carenza di motivazione non rispetta il disposto di cui all’articolo 75 RMUE. I servizi rivendicati dalla domanda sono stati definiti complessivamente ed indirettamente relativi al “pagamento”, ma sono ben più diversificati, comprendendo anche attività di consulenza, servizi di amministrazione, assicurativi e gestionali.

–           L’analisi dell’Ufficio deve distinguere i diversi livelli di attenzione del pubblico in relazione ai differenti servizi rivendicati, dal momento che se alcuni di essi si rivolgono al comune consumatore, altri sono chiaramente rivolti ad un pubblico specializzato.

–           Il marchio presenta, in una valutazione complessiva, il gradiente sufficiente di distintivitá richiesto per la registrazione. Il segno è, infatti, costituito non solo dalle espressioni “TAKE YOUR TIME” e “PAY AFTER”, posizionate su diversi livelli ed in differenti dimensioni, ma anche da una componente grafica peculiare.

–           Le espressioni di cui sopra non sono denominazioni generiche dei servizi in questione, soprattutto in considerazione del fatto che gran parte dei servizi rivendicati non riguardano attività di pagamento, cui potrebbe rimandare la dicitura “PAY” nel segno contestato.

–           Per quanto riguarda gli ulteriori elementi grafici, gli stessi sono costituiti da una figura di forma quadrangolare, posizionata obliquamente e leggermente incurvata verso l’interno, in modo da disegnare un’ombra netta lungo il bordo inferiore. In alto, in parziale sovrapposizione con la figura quadrata, si trova una piccola forma tondeggiante, aperta sul lato sinistro. Tali elementi grafici sono volutamente stilizzati e, pertanto, contribuiscono a formare una rappresentazione in stile “cartoon”, irrealistica e basata su forti contrasti di luci ed ombre. L’ombra stessa, infatti, non essendo sfumata ma ben definita, sembra conferire alla figura tridimensionalità ed uno spessore, che va progressivamente a ridursi da sinistra verso destra. Gli elementi figurativi sopra descritti, a parere del Richiedente, presentano caratteri di originalità sufficienti a imprimersi nella mente del consumatore, soprattutto in virtù dei differenti livelli di attenzione del pubblico di riferimento.

–           In applicazione di questo principio, sono stati concessi dall’Ufficio numerosi marchi aventi un elemento figurativo dotato di un sufficiente gradiente di distintivitá in relazione ai servizi in Classe 36, quali:

  • registrazione di marchio dell’Unione europea n. 14 826 473;
    • registrazione di marchio dell’Unione europea n. 4 815 247 concessa in data 2 febbraio 2007;
    • registrazione di marchio dell’Unione europea n. 10 396 802 concessa in data 1 agosto 2012;
    • registrazione di marchio dell’Unione europea n. 4 817 524 concessa in data 1 aprile 2008;
    • registrazione di marchio dell’Unione europea n. 4 815 891 concessa in data 25 gennaio 2007;
    • registrazione di marchio dell’Unione europea n. 4 829 065 concessa in data 21 settembre 2007.

–           Gli esempi sopra riportati dimostrano come elementi grafici non stupefacenti e/o inaspettati possano essere ritenuti idonei a conferire al marchio il necessario carattere distintivo, sufficiente ad accedere alla registrazione, anche in presenza di diciture descrittive o generiche.

Motivazione

  • 8 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 and 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.
  • 9 Il ricorso è, purtuttavia, infondato, perché, come correttamente concluso dalla decisione impugnata, il marchio difetta della sufficiente capacità distintiva di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE per le motivazioni delineate in appresso.

Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE

Principi generali applicabili al caso di specie

  • 10 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo. Il paragrafo 2 del medesimo articolo sancisce l’applicabilità del paragrafo 1 anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.
  • 11 I marchi contemplati dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE sono, in particolare, quelli inidonei a svolgere la funzione essenziale del marchio, cioè quella di identificare l’origine del prodotto o del servizio (21/01/2011, T‑310/08, executive edition, EU:T:2011:16, § 22; 12/05/2016, T‑32/15, MARK1 (fig.), EU:T:2016:287, § 25) al fine di consentire così al consumatore che acquista tale prodotto o  servizio di operare, in occasione di un ulteriore acquisto, la stessa scelta qualora l’esperienza si rivelasse positiva o di fare un’altra scelta se la stessa si rivelasse negativa (27/02/2002, T‑79/00, Lite, EU:T:2002:42, § 26; 20/11/2002, T‑79/01 & T‑86/01, Kit Pro / Kit Super Pro, EU:T:2002:279, § 19; 05/12/2002, T‑130/01, Real People, Real Solutions, EU:T:2002:301, § 18, 30/04/2003, T‑324/01 & T‑110/02, Forma di sigaro dal colore bruno e forma di lingotto dorato, EU:T:2003:123, § 23). Tale è il caso, in particolare, dei segni comunemente utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi (15/09/2005, T‑320/03, Live richly, EU:T:2005:325, § 65; 31/03/2004, T‑216/02, Looks like grass…, EU:T:2004:96, § 34).
  • 12 Per costante giurisprudenza, il carattere distintivo di un marchio deve essere valutato, da una parte, rispetto ai prodotti o ai servizi per cui viene richiesta la registrazione e, dall’altra, rispetto alla percezione che ne ha il pubblico destinatario (29/04/2004, C‑473/01 P & C‑474/01 P, Tabs (3D), EU:C:2004:260, § 33; 22/06/2006, C‑25/05 P, Confezione di caramella di colore dorato, EU:C:2006:422, § 25; 27/02/2002, T‑79/00, Lite, EU:T:2002:42, § 20; 31/03/2004, T‑216/02, Looks like grass…, EU:T:2004:96, § 24).

13      Con specifico riferimento ai marchi composti da segni o da indicazioni che siano utilizzati come slogan commerciali, indicazioni di qualità o espressioni che invitano ad acquistare i prodotti o i servizi cui i detti marchi si riferiscono, occorre rilevare che la relativa registrazione non è esclusa, di per sé, a motivo di una siffatta utilizzazione (15/09/2005, T‑320/03, Live richly, EU:T:2005:325, § 66). Quanto alla valutazione del carattere distintivo di tali marchi, la Corte ha già avuto occasione di acclarare che agli slogan non vanno applicati criteri più restrittivi di quelli utilizzabili per altri tipi di segni (21/10/2004, C‑64/02 P, Das Prinzip der Bequemlichkeit, EU:C:2004:645, § 32 e § 44; 08/02/2011, T‑157/08, Insulate for life, EU:T:2011:33, § 47).

  • 14 Risulta, tuttavia, dalla giurisprudenza che, pur se i criteri di valutazione del carattere distintivo sono i medesimi per le varie categorie di marchi, in sede di applicazione di tali criteri può risultare che le aspettative del pubblico del settore interessato non siano necessariamente le stesse per ognuna di tali categorie e che, pertanto, potrebbe risultare più difficile stabilire il carattere distintivo dei marchi di alcune categorie rispetto a quelli appartenenti ad altre categorie (29/04/2004, C‑473/01 P & C‑474/01 P, Pasticche di forma tridimensionale per lavabiancheria o per lavastoviglie (3D), EU:C:2004:260, § 36).
  • 15 Pertanto, non si può esigere che uno slogan pubblicitario presenti un “carattere di fantasia” o “un campo di tensione concettuale in grado di produrre come conseguenza un effetto di sorpresa e, quindi, di risveglio dell’attenzione”, affinché tale slogan sia provvisto del minimo carattere distintivo postulato dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE (21/10/2004, C‑64/02 P, Das Prinzip der Bequemlichkeit, EU:C:2004:645, § 31-32; 12/02/2014, T‑570/11, La qualité est la meilleure des recettes, EU:T:2014:72, § 25; 29/01/2015, T‑59/14, INVESTING FOR A NEW WORLD, EU:T:2015:56, § 22; 12/05/2016, T‑32/15, MARK1 (fig.), EU:T:2016:287, § 31).
  • 16 Inoltre, il semplice fatto che un marchio sia percepito dal pubblico di riferimento come una formula promozionale e che, tenuto conto del suo carattere laudativo, esso possa in linea di principio essere utilizzato da altre imprese, non è di per sé sufficiente a concludere che tale marchio sia privo di carattere distintivo (12/02/2014, T‑570/11, La qualité est la meilleure des recettes, EU:T:2014:72, § 26; 21/01/2010, C‑398/08 P, Vorsprung durch Technik, EU:C:2010:29, § 44).
  • 17 Al riguardo occorre in particolare sottolineare che la connotazione elogiativa di un marchio denominativo non esclude che quest’ultimo sia comunque adatto a garantire ai consumatori la provenienza dei prodotti o dei servizi da esso designati. Pertanto, un siffatto marchio può contemporaneamente essere percepito dal pubblico di riferimento come una formula promozionale e come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi. Ne consegue che, nei limiti in cui il pubblico pertinente percepisca il marchio come un’indicazione di tale origine, il fatto che quest’ultimo venga simultaneamente, se non addirittura in primo luogo, percepito come una formula promozionale, non influisce sul suo carattere distintivo (C‑398/08 P, Vorsprung durch Technik, EU:C:2010:29, § 45; 03/06/2015, T‑448/13, essence, EU:T:2015:357, § 36; 24/11/2015, T‑190/15, meet me (fig.), EU:T:2015:874, § 20; 12/07/2012, C‑311/11 P, Wir machen das Besondere einfach, EU:C:2012:460, § 20-30).
  • 18 Inoltre, per quanto concerne i segni figurativi, al fine di valutarne il carattere distintivo, è necessario esaminare se, dal punto di vista del consumatore di riferimento, gli elementi figurativi permettono al marchio richiesto di divergere dalla mera percezione degli elementi verbali in esso contenuti (24/11/2015, T‑190/15, meet me (fig.), EU:T:2015:874, § 30).
  • 19 È alla luce di tali principi che occorre analizzare la fattispecie oggetto del presente procedimento.

Pubblico di riferimento

  • 20 Come già anticipato, il carattere distintivo dev’essere valutato in funzione, da un lato, dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento.
  • 21 In merito al pubblico di riferimento, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti o servizi interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (31/03/2004, T‑216/02, Looks like grass…, EU:T:2004:96, § 26; 21/01/2011, T‑310/08, executive edition, EU:T:2011:16, § 24), tenendo, altresì, conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi (05/03/2003, T‑194/01, Soap device, EU:T:2003:53, § 42).
  • 22 La comunicazione di rifiuto provvisorio del 31 agosto 2015 indicava che i servizi rilevanti sono servizi di consumo di massa e specialistici e sono destinati sia al consumatore medio che a un pubblico professionale e che, data la loro natura, la consapevolezza del pubblico di riferimento sarà sia elevata che quella del consumatore medio che è normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. La decisione contestata, per converso, reca esclusivo riferimento al consumatore medio.
  • 23 La Commissione ritiene che i servizi de quibus siano rivolti tanto al consumatore medio che ad un pubblico professionale dotato di competenze specialistiche, che, in entrambi i casi, prestano un’attenzione particolare all’acquisto e fruizione di tali servizi posto che gli stessi possono avere conseguenze nella sfera patrimoniale dei soggetti coinvolti (20/07/2016, T‑745/14, easy Credit, EU:T:2016:423, § 20).
  • 24 A tal proposito, però, è d’uopo rammentare che, per giurisprudenza consolidata, il livello di attenzione del pubblico di riferimento può essere relativamente basso quando si tratta di indicazioni di carattere promozionale, quando ad essere coinvolti sono sia consumatori finali medi (17/11/2009, T‑473/08, Thinking ahead, EU:T:2009:442, § 33; 25/03/2014, T‑291/12, Passion to perform, EU:T:2014:155, § 32) che, come nel caso di specie, un pubblico più attento composto da specialisti o consumatori medi spiccatamente avveduti (05/12/2002, T‑130/01, Real People, Real Solutions, EU:T:2002:301, § 24; 03/07/2003, T‑122/01, Best Buy, EU:T:2003:183, § 25; 15/09/2005, T‑320/03, Live richly, EU:T:2005:325, § 74). Il Tribunale ha avuto modo in più occasioni di confermare tale principio proprio in relazione a servizi finanziari e monetari (in terminis, 15/09/2005, T‑320/03, Live richly, EU:T:2005:325, § 73-74; 25/03/2014, T‑291/12, Passion to perform, EU:T:2014:155, § 33; 29/01/2015, T‑59/14, INVESTING FOR A NEW WORLD, EU:T:2015:56, § 27; 29/01/2015, T‑609/13, SO WHAT DO I DO WITH MY MONEY, EU:T:2015:688, § 27).
  • 25 Inoltre, atteso che il marchio contiene termini tratti dalla lingua inglese, il pubblico di riferimento rispetto al quale deve essere esaminato l’impedimento assoluto alla registrazione è il consumatore anglofono nell’Unione (22/06/1999, C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26). Ne consegue che il pubblico in questione include il pubblico degli Stati Membri in cui l’inglese è lingua ufficiale, cioè Regno Unito, Irlanda e Malta. A tal proposito, è d’uopo rilevare che il marchio può, invero, avere un significato non solo per un pubblico anglofono nativo, ma anche per un pubblico che ha una conoscenza sufficiente della lingua inglese. A questo proposito, è stata riconosciuta una conoscenza di base della lingua inglese da parte del pubblico dei paesi scandinavi, dei Paesi Bassi e della Finlandia cosi come del pubblico di Cipro (09/12/2010, T‑307/09, attive per natura, EU:T:2010: 509, § 26 e 27; 22/05/2012  T-60/11 Suisse Premium, EU:T:2012:252, § 50), della Germania (13/05/2015, T‑608/13, easyAir-tours (fig.) / international airtours (fig.) et al., EU:T:2015:282, § 38), e, pur in misura meno capillare, in relazione al pubblico portoghese (16/01/2014, T‑528/11, Forever, EU:T:2014:10, § 68).
  • 26 Alla luce di quanto precede, il pubblico anglofono rilevante nella specie è costituito da una parte significativa del pubblico di riferimento di tutta l’Unione europea. Ciononostante, la Commissione limiterà, in prima battuta, la propria valutazione agli Stati membri in cui l’inglese è una lingua ufficiale, astenendosi in questa fase dal considerare la conoscenza della lingua del pubblico di riferimento e/o l’uso comune delle singole parole in altri Stati.

Analisi del marchio richiesto in relazione ai servizi rivendicati

  • 27 Il marchio richiesto è il seguente:
  • 28 Lo stesso si compone dei seguenti elementi:
  • un quadrato dal bordo nero e sfondo bianco avente una sorta di piccolo gancio ubicato al centro del lato orizzontale superiore, che ricorda un foglio da attaccare o appendere;
  • inserite all’interno del quadrato, in posizione centrale, le seguenti componenti denominative: l’espressione “TAKE YOUR TIME” in un’unica linea, scritta in caratteri lievemente stilizzati neri, di dimensioni ridotte, con la “T” maiuscola e le altre lettere minuscole; sotto tale espressione, la parola “PAY” in caratteri lievemente stilizzati ma di dimensioni significativamente maggiori e in grassetto, con la lettera “P” maiuscola e le altre lettere minuscole; sotto “PAY, la parola “AFTER” avente le medesime caratteristiche grafiche di “PAY”.
  • 29 Al fine di determinarne il carattere distintivo, il marchio complesso dev’essere considerato secondo un approccio sintetico, che tenga conto dell’impressione globale prodotta e non si limiti a ciascun elemento preso isolatamente (21/05/2015, T‑203/14, Splendid, EU:T:2015:301, § 30; 20/07/2016, T-308/15, keep it easy, EU:T:2016:420, § 23). Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, ciò non osta a un esame preliminare della distintività di ciascun elemento (09/07/2003, T‑234/01, Arancione e grigio, EU:T:2003:202, § 32; 25/10/2007, C‑238/06 P, Forma di una bottiglia di plastica, EU:C:2007:635, § 82).
  • 30 Per quanto attiene agli elementi denominativi, il marchio è costituito dall’espressione “Take your time” e dai termini “Pay” and “After” posti in sequenza, che hanno i seguenti significati (come correttamente indicato nella decisione impugnata):
  • TAKE YOUR TIME: (take one’s time) “not hurry”
  • PAY: “Give (someone) money that is due for work done, goods received, or a debt incurred ”
  • AFTER: “In the time following (an event or another period of time)”

(Collins English Dictionary)

  • 31 I termini in questione sono termini tratti dalla lingua inglese grammaticalmente corretti e sintatticamente comuni, avuto riguardo alle regole sintattiche, grammaticali, fonetiche e semantiche di tale lingua (06/06/2013, T‑126/12, Inspired by efficiency, EU:T:2013:303, § 30; 14/07/2016, T-491/15, ConnectedWork, EU:T:2016:407, § 30). Pertanto, il consumatore di riferimento percepirà agevolmente e senza alcuno sforzo cognitivo l’espressione “TAKE YOUR TIME” quale esortazione a “non aver fretta”, a prendersi tutto il tempo di cui ha bisogno e i termini “PAY AFTER”, letti congiuntamente, come un’indicazione che il pagamento di quanto dovuto potrà essere effettuato in un momento successivo.
  • 32 La Commissione rileva che il richiedente non ha confutato, né in sede di esame della domanda né in sede di ricorso, l’interpretazione sopra proposta della componente verbale del marchio. Lo stesso si è solo limitato ad addurre un supposto difetto di motivazione ex articolo 75 RMUE, lamentando che la decisione contestata non abbia indicato specificamente le ragioni per le quali tali componenti verbali non sono distintive in relazione a tutti i servizi rilevanti.
  • 33 La decisione contestata cosi come la comunicazione di rifiuto provvisorio hanno indicato che il marchio richiesto sarà inteso come un messaggio meramente promozionale teso ad evidenziare che tutti i servizi forniti non necessitano di pagamento immediato e consentono di non avere fretta.
  • 34 Merita, pertanto, procedere all’analisi dei significati sopra delineati in relazione ai servizi per cui è causa, cioè i servizi elencati sub paragrafo 1.
  • 35 La Commissione ritiene che il, pur esteso, elenco di servizi de quo possa agevolmente ricondursi alle categorie generali e più ampie “affari finanziari”, “affari monetari”, “affari bancari”, “assicurazioni” e servizi immobiliari. All’interno di tali indicazioni generali è, infatti, possibile sussumere i vari e dettagliati servizi di consulenza e informazione, gestione, amministrazione, mediazione, organizzazione relativi a ciascuna delle categorie principali testé citate. In particolare, malgrado alcuni dei servizi in questione abbiano una natura ibrida e presentino caratteristiche proprie di più categorie o implichino la commistione di aspetti propri di più categorie (vedi, ad esempio, i servizi bancari e finanziari; i servizi finanziari e assicurativi), pare potersi effettuare la suddivisione di cui in appresso:
  • i seguenti servizi possono annoverarsi tra gli affari finanziari: consulenza in materia finanziaria; sponsorizzazione (finanziaria-); stime finanziarie [assicurazioni, banche, immobili]; informazioni (finanziarie-); consulenza finanziaria; servizi finanziari offerti da società assicurative; servizi finanziari relativi alle assicurazioni; agevolazione ed organizzazione di finanziamenti; allocazione degli investimenti; amministrazione di affari finanziari; amministrazione di conti di risparmio; amministrazione di patrimoni; amministrazione di piani pensione; assistenza finanziaria; collocamento privato e servizi di investimento di capitali di rischio; consulenza in materia di fondi fiduciari; consulenza in materia di gestione del rischio [finanziario]; consulenza indipendente in materia di pianificazione finanziaria; consulenze fiscali [non relative alla contabilità]; costituzione di società di investimento (servizi per la -); finanziamenti (fornitura di -); finanziamenti per vendite; finanziamenti (raccolta di -); finanziamento azionario; finanziamento conto clienti; finanziamento di acquisizioni; formazione di capitale; fornitura di capitale di investimento; fornitura di finanziamenti; fornitura di servizi finanziari tramite una rete informatica globale o internet; fornitura di titoli finanziari; garanzia di fondi; gestione del rischio finanziario; gestione del rischio in materia di tassi di interesse; gestione del rischio in materia di prezzi; gestione dell’amministrazione fiduciaria; gestione di attivi; gestione di beni; gestione di beni finanziari; gestione di capitali di rischio; gestione di finanze aziendali; gestione di fondi di società; gestione di fondi finanziari; gestione di fondi immobiliari; gestione di piani pensione; gestione e pianificazione finanziaria; gestione (finanziaria -); gestione finanziaria di bilanci di cassa; gestione finanziaria di conti correnti; gestione finanziaria di pensioni; gestione finanziaria in materia di servizi bancari; gestione finanziaria via internet; investimenti a rendita fissa; investimenti finanziari; investimenti in piani di investimento azionario individuali; investimento di capitali di rischio e di capitali per progetti; mediazione di servizi finanziari; informazione finanziaria, fornitura di dati, servizi di consulenza; operazioni di fondi finanziari; organizzazione della fornitura di finanziamenti; organizzazione di aperture di credito; organizzazione di finanziamenti; pianificazione e gestione finanziaria; prestiti e crediti, servizi di leasing finanziario; protezione finanziaria; raccolta di finanziamenti; servizi di affari finanziari; servizi di finanziamento; servizi di finanziamento e di prestito; servizi di gestione finanziaria relativi ad istituti bancari; servizi di gestione finanziaria; servizi di intermediazione finanziaria; servizi di piani di risparmio; servizi di piani pensionistici; servizi di pianificazione finanziaria; servizi di risparmio e prestito; servizi di tesoreria; servizi di transazioni finanziarie relative a tassi d’interesse; servizi fiduciari; servizi finanziari; servizi finanziari computerizzati; servizi finanziari di risparmio; servizi finanziari personali; servizi finanziari riguardanti i patrimoni; servizi in materia di investimenti; servizi pensionistici; trasferimenti e transazioni finanziarie; servizi di sponsorizzazione finanziaria; agenzie di credito; analisi (finanziaria -); consulenza in materia finanziaria; costituzione di capitali; informazioni (finanziarie-); investimento di capitali; leasing; mediazione in borsa; prestiti contro sicurezza; prestiti [finanziamenti]; prestito su garanzia di beni mobili; quotazione di borsa; stime finanziarie [assicurazioni, banche, immobili]; servizi attuari;
  • i seguenti servizi possono annoverarsi tra gli affari bancari e gli affari monetari: home banking; servizi bancari telefonici; servizi di credito immobiliare; servizi di depositi a garanzia relativi a beni immobili; buoni di valore (emissione di -); emissione di assegni di viaggio; emissione di buoni contante; emissione di buoni di valore; emissione di carte prepagate; deposito di valori; acquisizione e trasferimento di crediti monetari; addebito ed accredito di conti finanziari; associazioni di risparmio e prestito; banca commerciale (servizi di una -); banking (home -); brokeraggio; capitale (formazione di -); fornitura di conti correnti; mediazione in servizi bancari; merchant banking; online banking; informazioni su conti bancari; internet banking; servizi bancari; servizi bancari attraverso internet; servizi bancari computerizzati; servizi bancari e finanziari; servizi bancari elettronici; servizi bancari elettronici mediante una rete globale di computer [internet banking]; servizi bancari finanziari per il ritiro di denaro; servizi bancari finanziari personali; servizi bancari finanziari per il deposito di denaro; servizi bancari finanziari; servizi bancari internazionali; servizi bancari on-line; servizi bancari per il prelievo di depositi; servizi bancari personali; servizi bancari privati; servizi bancari telematici; servizi di addebitamento su conto; servizi di affari monetari; servizi di amministrazione fiduciaria; servizi di assegno di conto corrente; servizi di conti bancari; servizi di conti di deposito; servizi di conti di risparmio; servizi di conto assegni; servizi di conto corrente; servizi di deposito; amministrazione fiduciaria; servizi monetari; servizi relativi a conti bancari e conti di risparmio; servizi telefonici bancari; servizi di pagamento e, in particolare, servizi di pagamento on-line effettuati tramite tabaccherie; servizi di pagamento e, in particolare, servizi di pagamento che consentono il trasferimento di denaro tra privati; servizi di carte di credito; emissione di carte di credito; fornitura di carte di credito e carte di debito, fornitura di bancomat e carte di prelievo; servizi relativi a carte bancomat, carte di credito, carte di addebito e carte di pagamento elettronico; servizi di carte di credito e carte di pagamento; servizi di gestione di carte di credito; servizi di consulenza in materia di carte di credito, carte di debito, carte di prelievo; servizi di apertura e servizi di chiusura di conti bancari; operazioni di cambio; operazioni di compensazione [cambio]; pagamento a rate; servizi di carte di debito; trasferimento elettronico di fondi; verifica degli assegni.
  • i seguenti servizi possono annoverarsi all’interno della categoria assicurazioni: informazioni in materia di assicurazioni; amministrazione di affari in materia di assicurazioni; amministrazione di assicurazioni; assicurazioni bancarie; assicurazioni bancarie per mutui; assicurazioni contro i rischi creditizi; assicurazioni di garanzia; assicurazioni su mutui; assicurazioni sui crediti; consulenza assicurativa; consulenza e informazioni in materia di assicurazioni; consulenza in materia di assicurazioni; garanzie assicurative; servizi assicurativi telefonici; assicurazioni; informazioni in materia di assicurazioni; mediazione in assicurazioni;
  • i seguenti servizi possono considerarsi tutti rientranti nell’ampia dizione dei servizi immobiliari: acquisizione di beni immobili [per conto terzi]; amministrazione di immobili; gestione di proprietà (beni immobili -); locazione di beni immobiliari; servizi di acquisizione di beni immobiliari; servizi di consulenza in materia di investimenti in ambito immobiliare; servizi di gestione di beni immobiliari; servizi fiduciari immobiliari; valutazione e gestione relative di beni immobiliari; mediazione in beni immobiliari.
  • 36 Orbene, in merito alle doglianze del richiedente, la Commissione rileva che, secondo una giurisprudenza costante, se è vero che la decisione di diniego di registrazione di un marchio deve, in linea di principio, essere motivata per ciascuno dei prodotti o dei servizi interessati, l’autorità competente può, tuttavia, limitarsi a una motivazione globale allorché lo stesso motivo di diniego è opposto per una categoria o un gruppo di prodotti o di servizi che presentano tra loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, al punto da formare una categoria o un gruppo di prodotti o di servizi di omogeneità sufficiente (02/04/2009, T‑118/06, Ultimate fighting championship, EU:T:2009:100, § 28; 09/12/2010, T‑282/09, Quadrato convesso verde, EU:T:2010:508, § 37-40; 30/04/2013, T‑61/12, Slim belly, EU:T:2013:226, § 33; 14/07/2016, T–491/15, ConnectedWork, EU:T:2016:407, § 41; 14/01/2016, C–278/15 P, Royal County of Berkshire POLO CLUB (fig.) / BEVERLEY HILLS POLO CLUB et al., EU:C:2016:20, § 44 e giurisprudenza ivi citata; 31/05/2016, T–301/15, Du bist, was du erlebst, EU:T:2016:324, § 47).
  • 37 Premesso quanto sopra, la Commissione concorda con la decisione contestata che il contenuto semantico della componente verbale del segno richiesto evoca nel pubblico di riferimento, chiaramente e senza richiedere un particolare sforzo cognitivo o un’approfondita riflessione analitica, una qualità desiderabile dei servizi in questione, e cioè che la fruizione di tali servizi non implica un pagamento immediato, bensì il consumatore potrà beneficiare di una dilazione nel tempo dell’esborso monetario e prendersi il tempo di cui ha bisogno per riflettere e ponderare meglio la propria scelta di acquisto dei servizi stessi (anche, in vista, ad esempio, di una possibile recessione). Tale caratteristica positiva e indubbiamente rilevante sotto il profilo commerciale può indistintamente riferirsi a tutti i servizi in questione, sia che essi coincidano con servizi di pagamento (v., ad esempio, molti dei servizi bancari) sia che essi abbiano ad oggetto servizi che implicano un pagamento (ad esempio, i vari servizi di consulenza, gestione, amministrazione o mediazione). A tal proposito, è cruciale osservare che tali servizi non presentano tra loro differenze concernenti la loro natura, le loro caratteristiche, la loro destinazione e le loro modalità di fornitura tali da non poterli considerare come costituenti categorie o gruppi di servizi dotati di sufficiente omogeneità da giustificare una valutazione globale degli stessi (21/03/2014, T‑81/13, BigXtra, EU:T:2014:140, § 46; 14/07/2016, T-491/15, ConnectedWork, EU:T:2016:407, § 45). Inoltre, si rileva che il richiedente – al di là di generiche affermazioni anapodittiche – non ha fornito alcuna argomentazione tesa a dimostrare che il messaggio veicolato dal marchio, cosi come sopra delineato e non confutato dal richiedente stesso, non possa applicarsi a buon diritto a tutti i servizi di interesse (21/03/2014, T‑81/13, BigXtra, EU:T:2014:140, § 45).
  • 38 In virtù di quanto sopra, anche laddove la caratteristica positiva evidenziata dalla componente denominativa del segno non si palesi come particolarmente specifica, essa deriva da una informazione, rilevante sotto il profilo commerciale, tesa a promuovere e pubblicizzare i servizi in questione che il pubblico di riferimento capterà istintivamente ed immediatamente come tale (30/06/2004, T‑281/02, Mehr für Ihr Geld, EU:T:2004:198, § 31; 23/09/2009, T‑396/07, Unique, EU:T:2009:353, § 17; 25/05/2016, T‑422/15 and T–423/15, THE DINING EXPERIENCE, EU:T:2016:314, § 76) e non come una indicazione dell’origine commerciale dei servizi stessi (05/12/2002, T‑130/01, Real People, Real Solutions, EU:T:2002:301, § 28-30), e ciò indipendentemente dall’essere un pubblico specializzato.
  • 39 Per quanto riguarda la componente figurativa, il richiedente si è a lungo soffermato sulle caratteristiche grafiche del segno, che gli conferirebbero quel sufficiente grado di distintivitá tale da poter accedere ad una valida registrazione, anche laddove la componente denominativa si dimostrasse priva di capacità distintiva in relazione ai servizi per cui è causa.
  • 40 La Commissione non conviene con tale argomento del richiedente e ritiene che la veste grafica non sia suscettibile di distogliere l’attenzione del consumatore dal messaggio veicolato dall’espressione denominativa, di per sé non distintiva.
  • 41 La stilizzazione adottata non è certo in grado di impressionare visivamente il consumatore, che è notoriamente esposto a scritte pubblicitarie realizzate con una grande varietà di caratteri tipografici. I caratteri tipografici sono estremamente ordinari, l’uso di lettere maiuscole all’inizio di un termine non è inconsueto in titoli, indipendentemente dal tipo di prodotto o servizio, cosi come non inconsueta nella comunicazione pubblicitaria è l’adozione di frasi brevi composte di pochi termini (24/11/2015, T‑190/15, meet me (fig.), EU:T:2015:874, § 31; 25/03/2014, T‑291/12, Passion to perform, EU:T:2014:155, § 51-52). L’aver sottolineato i termini “PAY AFTER” con il grassetto e avergli attribuito maggiori dimensioni rispetto all’espressione “TAKE YOUR TIME” costituisce un mero espediente grafico banale, teso solo a conferire maggior enfasi al messaggio veicolato dai due termini “PAY AFTER” rispetto all’espressione che li precede, ma che non apporta alcun contributo di distintività al segno nel suo complesso (19/05/2010, T‑464/08, Superleggera, EU:T:2010:212, § 33-36).
  • 42 Per quanto attiene specificamente al quadrato nero, occorre premettere che si tratta di una forma geometrica abbastanza banale e di comune utilizzazione per evidenziare ciò che è compreso all’interno dei relativi bordi (per analogia, 15/12/2009, T–476/08, Best Buy, EU:T:2009:508, § 27). Né il bordo nero enfatizzato nella parte inferiore o il gancio nella parte superiore conferiscono all’insieme una connotazione peculiare. Come indicato dallo stesso richiedente nelle sue osservazioni in risposta al rifiuto provvisorio, tali espedienti grafici richiamano alla mente un foglio attaccato ad una superficie (quale, ad esempio, un calendario), cioè un mero supporto per il messaggio trasmesso dalle parole in esso contenute (e non particolarmente articolato da avere un impatto visivo, di per sé,  significativo). Vieppiù, se percepito quale calendario, lo stesso richiama perspicuamente il concetto di tempo e del procrastinarsi dell’azione di pagamento veicolato dalla componente verbale, ergo palesandosi quale meramente descrittivo o fortemente allusivo.

Conclusioni

  • 43 Alla luce degli elementi rilevati sopra, risulta che, nel suo insieme, il marchio richiesto è costituito solo di componenti che, considerate separatamente, si rivelano prive di carattere distintivo allorché utilizzate per la commercializzazione dei servizi di cui trattasi. Inoltre, non esiste interazione tra questi diversi elementi atta a conferire un carattere distintivo all’insieme (03/07/2003, T‑122/01, Best Buy, EU:T:2003:183, § 36; 12/05/2016, T‑32/15, MARK1 (fig.), EU:T:2016:287, § 44), che non presenta alcuna pregnanza semantica atta ad escludere un nesso immediato e diretto con i servizi rilevanti (06/06/2013, T‑515/11, Innovation for the real world, EU:T:2013:300, § 40; 29/01/2015, T‑59/14, INVESTING FOR A NEW WORLD, EU:T:2015:56, § 33) e neppure elementi grafici capaci di imprimersi nella memoria dei consumatori.
  • 44 Per concludere, attesi i servizi richiesti, il marchio de quo consiste in un’espressione banale, che non costituisce né un gioco di parole né presenta alcun elemento sorprendente, inatteso o frutto di immaginazione da conferirgli il sufficiente grado di capacità distintiva per aspirare ad una valida registrazione di marchio dell’Unione europea (29/01/2015, T‑59/14, INVESTING FOR A NEW WORLD, EU:T:2015:56, § 34). Lo stesso, infatti, sarà percepito esclusivamente come un chiaro messaggio promozionale teso a sottolineare le caratteristiche positive dei servizi prestati, senza, però, indicarne la provenienza imprenditoriale (02/12/2015, T‑528/14, Growth Delivered, EU:T:2015:920, § 45; 31/05/2016, T‑301/15, Du bist, was du erlebst, EU:T:2016:324, § 51).
  • 45 Da ultimo, la Commissione rileva di aver attentamente valutato l’argomento del richiedente circa l’avvenuta accettazione, da parte dell’Ufficio, di marchi che conterrebbero messaggi informativi assimilabili a quello di cui al marchio richiesto e che darebbero, quindi, luogo ad un trattamento discriminatorio. Tuttavia, a tal riguardo, è d’uopo ribadire, come d’altronde riconosciuto dallo stesso richiedente, che la legittimità delle decisioni dell’Ufficio (e delle Commissioni di ricorso) si deve valutare unicamente in base al RMUE, quale interpretato dal giudice comunitario, e non in base ad una precedente prassi decisionale dell’Ufficio stesso (05/12/2000, T‑32/00, Electronica, EU:T:2000:283, § 47; 05/12/2002, T‑130/01, Real People, Real Solutions, EU:T:2002:301, § 31; 03/07/2003, T‑129/01, Budmen, EU:T:2003:184, § 61). Del resto, per motivi di certezza del diritto e, specificamente, di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione di marchi carenti dei prescritti requisiti. Tale esame deve prendere in debito conto le specificità del caso di specie, posto che la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso in questione, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (10/03/2011, C‑51/10 P, 1000, EU:C:2011:139, § 74-77). A tal riguardo, come risulta dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale, l’osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri (10/03/2011, C‑51/10 P, 1000, EU:C:2011:139, § 77 e la giurisprudenza ivi citata).
  • 46 Nel merito, in ogni caso, la Commissione osserva che i marchi indicati specificamente dal richiedente non paiono comparabili rispetto a quello in esame, atteso che gli stessi combinano insieme elementi denominativi non del tutto privi di capacità distintiva (quali, ad esempio, GESCONSULTING, EUROBANK EFG, CREDITARIA) a componenti grafiche e figurative che risultano capaci di catturare l’attenzione del consumatore.
  • 47 Pertanto l’argomento che deduce un’eventuale discordanza della decisione impugnata con la prassi decisionale dell’Ufficio non merita accoglimento.
  • 48 In virtù di quanto sopra, il ricorso è respinto e la decisione contestata è confermata.

Dispositivo

Per questi motivi,

LA COMMISSIONE

così decide:

Il ricorso è respinto.




OLTRE contro OLTREMARE – Prima Commissione di ricorso EUIPO 11.08.2016

OLTRE contro OLTREMARE – Prima Commissione di ricorso EUIPO 11.08.2016

marchio OLTRE contro marchio OLTREMARE

Nella specie la comparazione deve essere condotta tra il termine “OLTRE” del marchio anteriore e il termine “OLTREMARE” del marchio contestato. La richiedente chiede alla Commissione di accogliere il ricorso in ragione delle seguenti argomentazioni:  la categoria di prodotti rivendicata dalla domanda di marchio contestata del marchio Oltremare è più “settoriale” rispetto ai prodotti del marchio anteriore in quanto si riferisce ad abbigliamento intimo. La Commissione conclude che sussiste il rischio che i consumatori di lingua italiana siano indotti a ritenere che gli articoli di abbigliamento recanti il marchio figurativo contestato “OLTREMARE” provengano dalla medesima impresa produttrice dei prodotti identici contraddistinti dal marchio anteriore “OLTRE” o da imprese economicamente collegate per cui il ricorso è respinto.

TESTO DELLA DECISIONE

DECISIONE della Prima Commisione di ricorso del 11 agosto 2016
Nel procedimento R 765/2015-1

LIFE INTIMO S.R.L. Via Luigi Cadorna, 37 76123 Andria (Bt) Italia Richiedente / Ricorrente rappresentato da DIMITRI RUSSO S.R.L., Via G. Bozzi, 47A, 70121 Bari, Italia contro MIROGLIO FASHION S.R.L. Via Santa Margherita, 23 12051 Alba (Cuneo) Italia Opponente / Resistente rappresentato da JACOBACCI & PARTNERS S.p.A., Corso Emilia, 8, 10152, Torino, Italia
RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 315 003 (domanda di marchio dell’Unione europea n. 12 211 298)

LA PRIMA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da Th. M. Margellos (Presidente), M. Bra (Relatore) e C. Rusconi (Membro)
Cancelliere: H. Dijkema
ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
11/08/2016, R 765/2015-1, oltremare (fig.) / OLTRE

Decisione
Sintesi dei fatti

Con domanda del 10 ottobre 2013, LIFE INTIMO S.R.L. (d’ora innanzi, “la richiedente”) chiedeva la registrazione come marchio dell’Unione europea del seguente marchio figurativo (con rivendicazione dei seguenti colori: giallo, blu):
per contraddistinguere i seguenti prodotti: Classe 25 – Abbigliamento intimo per uomo, donna e bambino, mutande, boxer uomo, reggiseni, slip, coulotte, brasiliano, t-shirt, canotta, calze, pigiami, camicie da notte, vestaglie, sottoveste.  La domanda veniva pubblicata nel Bollettino dell’Ufficio n. 216/2013 del 13 novembre 2013. 3 Il 7 febbraio 2014, MIROGLIO FASHION S.R.L. (d’ora innanzi, “l’opponente”) presentava opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea (d’ora innanzi, “il marchio contestato”) e invocava il motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE. In particolare, l’opponente adduceva il rischio di confusione con il seguente marchio anteriore:  Marchio dell’Unione europea  n. 7 065 907 (denominativo)

OLTRE
depositato il 14 luglio 2008 e registrato il 11 maggio 2009 per contraddistinguere i seguenti prodotti e servizi:
Classe 9 – Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti per la conduzione, commutazione, trasformazione, accumulazione, regolazione o controllo dell’elettricità; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, corredo per il trattamento dell’informazione e gli elaboratori elettronici; estintori;
Classe 14 – Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati non compresi in altre classi; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici;
Classe 18 – Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria;
Classe 24 – Tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi; coperte da letto e copritavoli;
11/08/2016, R 765/2015-1, oltremare (fig.) / OLTRE

Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria;
Classe 35 – Servizi di vendita al dettaglio relativi alla vendita di vestiti, scarpe, borse, prodotti in cuoio, profumeria, cosmetici, occhiali, orologi, occhiali da sole, gioielleria, bigiotteria; servizi intermediari in affari commerciali relativi alla vendita di vestiti, scarpe, borse, prodotti in cuoio, profumeria, cosmetici, occhiali, orologi, occhiali da sole, gioielleria, bigiotteria. 4 L’opposizione era basata sui soli prodotti della Classe 25 del marchio anteriore elencati sub paragrafo 3. 5 In data 27 giugno 2014, l’opponente presentava i motivi della sua opposizione. 6 In data 15 settembre 2014, la richiedente presentava le osservazioni in risposta all’atto d’opposizione. 7 In data 1°dicembre 2014, l’opponente presentava la sua contro-replica. 8 Con decisione del 18 febbraio 2015 (d’ora innanzi, “la decisione impugnata”) la divisione di Opposizione accoglieva l’opposizione per tutti i prodotti contestati e ordinava alla richiedente di sopportare l’onore delle spese, fissate in 650 EUR. 9 La motivazione della decisione è, sostanzialmente, la seguente:  I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:
Classe 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria. I prodotti contestati sono i seguenti:
Classe 25 – Abbigliamento intimo per uomo, donna e bambino, mutande, boxer uomo, reggiseni, slip, coulotte, brasiliano, t-shirt, canotta, calze, pigiami, camicie da notte, vestaglie, sottoveste.  I prodotti contestati sono compresi nell’ampia categoria degli “articoli di abbigliamento” dell’opponente. Pertanto, sono considerati identici.  Il territorio di riferimento è l’Unione europea. Per motivi di economia procedurale, la divisione di Opposizione incentrerà la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.  Il marchio anteriore è un marchio verbale che consiste nella parola “OLTRE”. Il marchio contestato è un marchio figurativo composto dalla parola “oltremare” in caratteri blu quasi standard e da una componente figurativa rappresentata da un rettangolo con gli angoli smussati contenente la rappresentazione di un’ancora e un’onda blu su un fondo giallo.  Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nella combinazione di lettere “OLTRE”. Essi differiscono, invece, nella combinazione di lettere “mare” e nel elemento grafico incluso nel marchio impugnato, già descritto qui sopra.  Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “OLTRE” presenti in entrambi i segni. Entro questi limiti i segni sono
11/08/2016, R 765/2015-1, oltremare (fig.) / OLTRE simili dal punto di vista fonetico. La pronuncia dei segni differisce nel suono delle lettere “mare” del marchio impugnato che non trovano alcuna coincidenza nel marchio anteriore.  Sotto il profilo concettuale, il segno anteriore “OLTRE” sarà percepito nel significato di “più là (o più qua) di un certo limite, spaziale, temporale o ideale; anche, semplicemente, più avanti.” (v. Vocabolario Treccani della Lingua Italiana online, http:llwww.treccani.it/vocabolariol taqloltre). La parte verbale del marchio impugnato ‘oltremare’ sarà percepita come “oltre il mare, con riferimento generico a paesi situati al di là del mare o degli oceani” (v. Vocabolario Treccani della Lingua Italiana online: http:llwww.treccani.it! vocabolario/oltremare/J. La percezione del termine ‘mare’ in ‘oltremare’ risulta corroborata dalla rappresentazione grafica di un’ancora e di un’onda blu. Poiché i segni saranno associati a un significato simile in quanto si riferiscono alla parola ‘OLTRE’, che in ‘oltremare’ si percepisce anche se con un significato più preciso (qualificando ‘mare’), essi sono concettualmente simili. I segni oggetto della comparazione siano simili.  I marchi oggetto della comparazione non contengono elementi che potrebbero essere considerati né chiaramente più distintivi rispetto ad altri né chiaramente più dominanti (ovvero dotati di maggiore impatto visivo) rispetto ad altri.  L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà. Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.  I prodotti sono diretti al grande pubblico con un livello di attenzione medio.  I prodotto sono identici e il livello di attenzione del pubblico è medio. I segni presentano significative somiglianze sotto il profilo fonetico e concettuale, posto che la componente verbale del marchio anteriore “OLTRE” è interamente riprodotta nel marchio contestato, in seno al quale mantiene il suo ruolo distintivo autonomo per il pubblico italiano in grado di capire il suo significato come il significato di “oltremare” (composto dall’addizione di “oltre” e “mare”).  Deve ammettersi che, per accertare l’esistenza di un rischio di confusione, è sufficiente che, a causa della posizione distintiva autonoma conservata dall’elemento comune nel marchio contestato, il pubblico italiano attribuisca altresì al titolare di tale marchio l’origine dei prodotti o dei servizi contrassegnati dal segno anteriore (v. sentenza del 06/10/2005, C-120/04, Thomson Life, EU:C:2005:594). Pertanto, è altamente probabile che il consumatore di riferimento italiano percepisca il segno impugnato come il marchio di, inter alia, una nuova linea di prodotti dell’opponente richiamando il mare con la parola “oltremare” insieme agli elementi figurativi (ancora e onda).
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Malgrado i due segni presentino delle indubbie differenze sotto il profilo visivo, date dalla maggiore articolazione del marchio contestato e dalla presenza in esso di ulteriori componenti grafico-cromatiche del tutto assenti nel marchio anteriore, occorre tenere a mente che quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi dovrebbero, in linea di principio, essere oggetto di maggior attenzione rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in questione citando il nome piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio (v. sentenza del 14/07/2005, T-312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289). Pertanto, i due marchi saranno ricordati dai consumatori con gli elementi verbali di riferimento rispettivamente “OLTRE” e “oltremare”.  Le prime parti verbali dei marchi in conflitto sono identiche. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento verbale di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore. Di conseguenza, i primi elementi identici dei marchi in questione devono essere presi in considerazione in sede di valutazione del rischio di confusione.  Il pubblico solo di rado ha la possibilità di confrontare direttamente i marchi, mentre solitamente, per distinguere un segno distintivo da un altro, deve basarsi su di un ricordo vago ed impreciso degli stessi (si veda sentenza del 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).  Debitamente considerato ogni fattore di rilevanza nel presente caso, ivi incluso il principio d’interdipendenza a mente del quale un minor grado di somiglianza tra i marchi può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i prodotti e/o servizi (e viceversa), la divisione di Opposizione ritiene che, anche in virtù dell’identità dei prodotti e delle significative analogie riscontrate tra i segni, sussista un rischio di confusione per tutti i prodotti.  Dal carattere unitario del marchio dell’Unione europea, sancito dall’articolo 1, paragrafo 2, RMUE, discende che un marchio dell’Unione anteriore produce i medesimi effetti in tutti gli Stati membri. I marchi dell’Unione europea anteriori possono, pertanto, essere invocati per contestare una domanda di marchio successiva che pregiudichi la loro protezione anche quando ciò avvenga unicamente in relazione alla percezione dei consumatori di una parte dell’Unione europea. Ne consegue che il principio di cui all’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, secondo cui è sufficiente l’esistenza di un impedimento assoluto soltanto per una parte dell’Unione perché una domanda di marchio sia respinta, si applica per analogia all’impedimento relativo di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.  Sussiste un rischio di confusione da parte del pubblico e il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti contestati. 10 In data 14 aprile 2015, la richiedente presentava ricorso avverso la decisione nella sua interezza. In data 11 giugno 2015, la richiedente depositava le argomentazioni a sostegno del ricorso.
11/08/2016, R 765/2015-1, oltremare (fig.) / OLTRE Il 17 agosto 2015, nel termine concessole (spirante il 15 agosto 2015, sabato), l’opponente presentava le sue osservazioni di replica.
Conclusioni e argomenti delle parti

La richiedente chiede alla Commissione di accogliere il ricorso in ragione delle seguenti argomentazioni:  La categoria di prodotti rivendicata dalla domanda di marchio contestata è più “settoriale” rispetto ai prodotti del marchio anteriore in quanto si riferisce ad abbigliamento intimo.  Da punto di vista visivo, i due marchi presentano una rappresentazione grafica del tutto differente, tanto più laddove si consideri che il segno della richiedente è un marchio figurativo, caratterizzato dalla presenza dei colori tipici del “mondo marino” e dalla raffigurazione dì un’ancora ed un’onda blu su sfondo color giallo.  La differenza grafica e visiva tra i due segni risulta “indubbia” anche a parere della stessa divisione di Opposizione, che evidenzia dettagliatamente come il marchio della richiedente , presenti in realtà una “maggiore articolazione sotto il profilo visivo” ed altresì ‘‘ulteriori componenti grafico-cromatiche del tutto assenti nel marchio anteriore”.  Da un punto di vista fonetico, il marchio della richiedente risulta formato da un’unica parola “OLTREMARE”, di chiaro ed indubbio riferimento al “mondo marittimo”.  Da un punto di vista concettuale, “la mera somiglianza concettuale può generare confusione ma solo nel caso in cui il marchio anteriore possieda distintività grazie alla notorietà” (11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528) e ciò non può ritenersi sussistente nel caso di specie.  È altamente improbabile che il consumatore di riferimento italiano percepisca il segno   della richiedente come una nuova linea di prodotti dell’opponente, richiamando il mare con la parola “oltremare” insieme agli elementi figurativi (ancora e onda).  Risulta non pertinente il riferimento alla sentenza del 06/10/2005, C-120/04, Thomson Life, EU:C:2005:594, in quanto in tale pronuncia la Corte si è espressa sul particolare caso in cui un marchio anteriore complesso, che contiene la denominazione dell’impresa, mantiene una posizione distintiva autonoma, pur senza costituirne l’elemento dominante. Ma tale pronuncia della Corte non può essere afferibile alla questione che ci occupa, sia perché l’elemento verbale “oltre” non ha alcuna posizione distintiva autonoma all’interno del marchio “oltremare”, sia in quanto non coincide di certo con la denominazione di una impresa.
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È difficile pensare che il consumatore non dedichi alla scelta e successivo acquisto il tempo sufficiente a valutare le caratteristiche del prodotto, il tessuto, la qualità e, per logica conseguenza, il fabbricante e la marca. Perciò è ragionevole ascrivere al consumatore del territorio di riferimento un grado di attenzione e una capacità di discernimento superiore alla media.  I marchi in questione sono concettualmente simili solo nella misura in cui entrambi contengono il termine “oltre”, che nella lingua italiana è una preposizione che significa “di là, al di là”. Tale parola è largamente utilizzata nel linguaggio corrente della lingua italiana ed è piuttosto usuale, risultando pertanto poco distintiva. Di conseguenza, la presenza nel segno contestato dell’ulteriore concetto legato alla parola “mare” (peraltro richiamato nell’elemento figurativo) è sufficiente a neutralizzare detta somiglianza concettuale tra i segni legata al termine “oltre”.  D’altra parte, per il pubblico europeo di riferimento che non conosce la lingua italiana e pertanto non sarà in grado di percepire la differenza concettuale tra i due marchi in questione, è più probabile che la parola venga memorizzata dal consumatore in funzione del suono che produce e dell’aspetto che presenta.  Attese le marcate differenze visive e fonetiche tra i marchi in questione e tenuto conto del livello di attenzione che caratterizza il consumatore di riferimento dei prodotti in questione, che è superiore alla media trattandosi di prodotti scelti con particolare attenzione, non sussiste alcun rischio che il consumatore possa confondere o anche stabilire una correlazione commerciale tra i due marchi.  L’opponente chiede alla Commissione di respingere il ricorso e di confermare integralmente la decisione impugnata in virtù delle seguenti argomentazioni:  La richiedente non contesta (anzi ammette) che i prodotti rispettivamente protetti e rivendicati dal marchio anteriore e dal marchio contestato sono identici.  La richiedente sottolinea la rilevanza della totale identità fra i prodotti nella valutazione del rischio di confusione. Comunque, un eventuale tenue grado di somiglianza fra i marchi deve essere considerato compensato da un elevato grado di somiglianza (nel caso di specie, di assoluta identità) fra i prodotti.  Il marchio anteriore è integralmente ricompreso nel marchio contestato e il carattere distintivo del termine “MARE” (e di conseguenza anche dell’elemento figurativo raffigurante un’ancora) è limitatissimo. Infatti, il significato di tale termine sarà percepito dal consumatore di riferimento, quantomeno in Italia, come descrittivo, poiché è di uso comune, nel settore dell’abbigliamento, definire come “linea mare” o, più semplicemente “mare” i prodotti o le collezioni di prodotti destinati ad un utilizzo “marino” e, per estensione, ad un utilizzo durante la stagione estiva.  A tal riguardo, sussiste un elevato numero di marchi, a nome di diversi titolari, nella classe 25, tutti caratterizzati dalla presenza, al proprio interno,
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del termine “MARE”  (v. documentazione depositata in sede di opposizione).  Il marchio anteriore “OLTRE” è dotato di un forte carattere distintivo, posto che il termine “OLTRE” non ha alcuna attinenza concettuale in relazione ai prodotti d’abbigliamento rivendicati, né può essere considerato descrittivo di una qualche caratteristica o destinazione di tali prodotti.  A fronte, anche, dell’elemento figurativo che richiama il concetto del mare, risulta che, quantomeno per il consumatore di lingua italiana, il marchio contestato verrebbe automaticamente considerato come una “declinazione” del marchio “OLTRE” dell’opponente, destinata appunto a contraddistinguere una linea di prodotti di abbigliamento e abbigliamento intimo con caratteristiche “marine” o “estive”.

Motivazione

Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60 RMUE e alla regola 48 del REMC ed è, pertanto, ammissibile. Il ricorso, tuttavia, è infondato e dev’essere respinto. La decisione con la quale la divisione di Opposizione ha respinto la domanda di registrazione in ragione della sussistenza di un rischio di confusione, a mente dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, tra il marchio contestato e il marchio anteriore è corretta e dev’essere confermata per le motivazioni delineate nel prosieguo.
Rischio di confusione 16 L’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE dispone che, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o eventualmente da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione nella mente del pubblico deve essere valutato globalmente, in base alla percezione dei segni e dei prodotti e servizi di cui trattasi da parte del pubblico interessato e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22), in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati. Ne consegue che un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e vice versa (29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17; 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 19; 09/07/2003, T-162/01, Giorgio Beverly Hills, EU:T:2003:199, § 30-33 e giurisprudenza ivi citata).
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La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (12/06/2007, C-334/05 P, Limoncello, EU:C:2007:333, § 35 e giurisprudenza ivi citata).  Si deve, altresì, rilevare che la percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o dei servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Orbene, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (23/10/2002, T-104/01, Fifties, EU:T:2002:262, § 28; 03/03/2004, T-355/02, Zirh, EU:T:2004:62, § 41; e, per analogia, 11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23, 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 25). 20 Ai fini di tale valutazione globale occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria dei prodotti o servizi di cui trattasi (22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26; 23/10/2002, T-104/01, Fifties, EU:T:2002:262, § 28).
Territorio e pubblico di riferimento 21 Ai fini dell’analisi del rischio di confusione, occorre individuare il territorio e il pubblico rilevanti alla luce dell’estensione territoriale e merceologica del marchio anteriore sul quale si basa l’opposizione. Il marchio anteriore è un marchio dell’Unione europea la cui protezione, quindi, si estende all’insieme dell’Unione. Ne consegue che è d’uopo prendere in considerazione la percezione dei marchi in conflitto da parte del consumatore (dei prodotti di cui trattasi) dell’Unione. Dal carattere unitario del marchio dell’Unione europea, sancito dall’articolo 1, paragrafo  2, RMUE, discende che un marchio dell’Unione europea anteriore è protetto in modo identico in tutti gli Stati membri. I marchi dell’Unione europea anteriori sono pertanto opponibili a qualsiasi domanda di marchio successiva che leda la loro tutela, anche solo con riguardo alla percezione dei consumatori di una parte del territorio dell’Unione. Da ciò consegue che il principio sancito all’articulo 7, paragrafo 2, RMUE, secondo il quale è sufficiente, per rifiutare la registrazione di un marchio, che un impedimento assoluto alla registrazione esista solo in una parte dell’Unione, cioè anche in un solo Stato Membro, si applica, per analogia, anche al caso di un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’ articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE (23/10/2002, T-6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 59; 14/12/2006, T-81/03, T-82/03 & T-103/03, Venado, EU:T:2006:397, § 76). La divisione di Opposizione ha circoscritto la comparazione dei segni alla parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana. La Commissione condivide e aderisce anch’essa a tale approccio. 24 Nella specie, tanto il marchio anteriore che il marchio contestato proteggono prodotti della classe, i quali sono da intendersi prodotti  di consumo corrente
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e destinanti al consumatore medio mediamente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, come confermato da consolidata giurisprudenza (v., ex pluribus, 07/10/2015, T-227/14, Trecolore / FRECCE TRICOLORI et al., EU:T:2015:760, § 27-28; 10/05/2011, T-187/10, G, EU:T:2011:202, § 55; 19/04/2016, T–198/14, 100% Capri / CAPRI (fig.), EU:T:2016:222, § 41). A tal riguardo, la Commissione non condivide l’argomentazione addotta dalla richiedente in merito ad un supposto livello di attenzione superiore alla media in quanto prodotti destinati a creare o migliorare l’immagine e il look del loro fruitore. Si tratta di ipotesi più volte espressamente confutata dal Tribunale (20/10/2009, T-307/08, 4 OUT Living, EU:T:2009:409, § 21; 22/09/2011, T-174/10, A, EU:T:2011:519, § 24) e che, nella specie, la richiedente non ha supportato da alcuna evidenza. Comparazione dei prodotti 25 I prodotti da comparare sono i seguenti:
Class 25 – Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria.
Classe 25 – Abbigliamento intimo per uomo, donna e bambino, mutande, boxer uomo, reggiseni, slip, culotte, brasiliano, t-shirt, canotta, calze, pigiami, camicie da notte, vestaglie, sottoveste.
Come correttamente concluso dalla divisione di Opposizione, tutti i prodotti contestati rientrano nell’ampia categoria degli “articoli di abbigliamento” del marchio anteriore. A tal riguardo, la Commissione conviene con la richiedente che l’“abbigliamento intimo” costituisce uno specifico segmento dell’“abbigliamento” lato sensu inteso, ma ciò non implica che lo stesso presenti caratteristiche che possano farlo ritenere dissimile rispetto ad altri articoli di abbigliamento. 27 Atteso che, qualora i prodotti oggetto del marchio anteriore ricomprendono i prodotti oggetto del marchio richiesto, tali prodotti sono considerati identici (inter alia, 23/10/2002, T-104/01, Fifties, EU:T:2002:262, § 32-33), ne consegue che i prodotti contestati sono identici ai prodotti del marchio anteriore (come d’altronde riconosciuto dalla stessa richiedente avanti la divisione di Opposizione, con memoria del 15 settembre 2014).

Comparazione dei segni
La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti (12/06/2007, C-334/05 P, Limoncello, EU:C:2007:333, § 35 e giurisprudenza ivi citata). 29 A tale riguardo, occorre rilevare che la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel
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suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (12/06/2007, C-334/05 P, Limoncello, EU:C:2007:333, § 41 e giurisprudenza ivi citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (12/06/2007, C-334/05 P, Limoncello, EU:C:2007:333, § 42; 20/09/2007, C-193/06 P, Quicky, EU:C:2007:539, § 42). Ciò potrebbe verificarsi, segnatamente, quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di detto marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, di modo che tutte le altre componenti del marchio risultano trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (20/09/2007, C-193/06 P, Quicky, EU:C:2007:539, § 43). 30 In considerazione dell’incidenza della questione relativa all’elemento dominante sulla valutazione della somiglianza dei segni in conflitto, occorre esaminare tale argomento prima di procedere al confronto dei segni (17/02/2011, T-10/09, F1-Live, EU:T:2011:45, § 37). Di conseguenza, occorre procedere al raffronto dei marchi in esame identificando anzitutto per il marchio anteriore e, successivamente, per il marchio richiesto, i loro eventuali elementi dominanti o trascurabili (03/09/2010, T-472/08, 61 a nossa alegria, EU:T:2010:347, § 57). 31 I segni da comparare sono i seguenti:

OLTRE
Marchio anteriore Marchio contestato

Il marchio anteriore è un marchio verbale costituito dalla parola “OLTRE”.

Il marchio contestato è un marchio complesso composto della parola “OLTREMARE” scritta in caratteri quasi standard minuscoli e di colore blu, a sinistra della quale è posizionato un elemento figurativo rettangolare aventi gli angoli smussati – con sfondo in gran parte giallo e, per una minore sezione curvilinea nella parte inferiore, blu –  contenente una ancora stilizzata blu.
Elementi distintivi e dominanti  Quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, le qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso (23/10/2002, T-6/01, Matratzen, EU:T:2002:261, § 35, confermata da 28/04/2004, C-3/03 P, Matratzen, EU:C:2004:233).
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Per la valutazione del carattere distintivo di un elemento costitutivo di un marchio, occorre esaminare la maggiore o minore idoneità di tale elemento a concorrere ad identificare i prodotti per i quali il marchio è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e, quindi, a distinguere tali prodotti da quelli di altre imprese. In tale contesto vanno prese in considerazione in particolare le qualità intrinseche dell’elemento di cui trattasi per accertare se esso sia o meno privo di qualsiasi carattere descrittivo dei prodotti per i quali il marchio è stato registrato (03/09/2010, T-472/08, 61 a nossa alegria, EU:T:2010:347, § 47 e giurisprudenza ivi citata). Nella specie, il marchio anteriore consiste in un unico elemento denominativo privo di alcuna stilizzazione grafica di talché lo stesso non presenta alcun elemento che possa catturare maggiormente l’attenzione del consumatore. Lo stesso non presenta neppure elementi o componenti maggiormente distintivi, posto che la parola di cui si compone ha un significato compiuto (“più là (o più qua) di un certo limite, spaziale, temporale o ideale; anche, semplicem., più avanti; di là da un luogo determinato: o. il fiume, o. il mare”, Dizionario della Lingua italiana Treccani) che non ha alcuna aderenza concettuale specifica con i prodotti contraddistinti.   Per quanto concerne il marchio contestato, lo stesso è costituito da un elemento denominativo, la parola “OLTREMARE”, e un elemento iconico che richiama i concetti di mare (la sezione blu), ancora (la relativa riproduzione) e sole (il giallo dello sfondo). La Commissione ritiene che l’elemento figurativo presenti un impatto distintivo minore rispetto all’elemento verbale, posto che lo stesso si limita a richiamare il contenuto semantico veicolato dalla parola “OLTREMARE”. Tale termine, infatti, nella lingua italiana, sarà percepito nell’accezione di “oltre il mare, con riferimento generico a paesi situati al di là del mare o degli oceani, che riguarda prodotti, manufatti, attività di paesi d’oltremare;  colore azzurro intenso, anche in funzione di agg., spec. per qualificare una particolare sfumatura di colore in espressioni quali azzurro, blu, verde oltremare” (v. Dizionario della Lingua italiana Treccani) o quale giustapposizione dell’avverbio “OLTRE” (v. significato indicata al paragrafo 36) alla parola “MARE” (“la parte della superficie terrestre coperta d’acqua (ad eccezione delle acque continentali: laghi, fiumi, ecc.), e quindi, in generale, il complesso delle acque salate che circondano i continenti e le isole, oppure una parte qualsiasi di tale complesso”, Dizionario della Lingua italiana Treccani). Ne consegue che gli elementi iconici di cui al marchio contestato non faranno altro che corroborare il richiamo al mare contento nella componente verbale. A tal riguardo, posto che i prodotti contestati sono vari articoli di abbigliamento, non può escludersi che il consumatore di riferimento percepisca l’associazione al concetto di mare come descrittiva della specifica linea di prodotti dedicata al mare o più genericamente estiva (per design, tessuti prescelti, ecc.).  In questo contesto, occorre, altresì, ricordare il principio secondo il quale, se un marchio è composto da elementi verbali e figurativi, i primi sono in genere più distintivi rispetto ai secondi, perché il consumatore medio fa più facilmente riferimento ai prodotti/servizi contraddistinti citando il nome che descrivendo l’elemento figurativo del marchio (22/05/2008, T-205/06, Presto! Bizcard Reader, EU:T:2008:163, § 54, e giurisprudenza ivi menzionata).
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Ne consegue che, in seno al marchio contestato, l’elemento dominante e maggiormente distintivo è rappresentato dalla componente denominativa “OLTREMARE”, benché l’elemento figurativo non possa considerarsi trascurabile.  Comparazione. Per quanto attiene alla comparazione dei due marchi sul piano visivo, cale rilevare, preliminarmente, che nulla osta a che sia verificata l’esistenza di una somiglianza visiva tra un marchio denominativo ed un marchio figurativo, “dato che questi due tipi di marchi hanno una configurazione grafica che può dar luogo ad un’impressione visiva” (04/05/2005, T-359/02, Star TV, EU:T:2005:156, § 51).  Nella specie, i marchi in conflitto condividono l’elemento “OLTRE”, mentre differiscono per gli ulteriori elementi del marchio contestato, quali la componente “MARE” di cui alla parola “OLTREMARE”, la stilizzazione grafico-cromatica di tale parola e l’elemento figurativo. La stilizzazione e colorazione della parola “OLTREMARE” hanno un impatto decisamente ancillare, posto che i caratteri utilizzati sono quasi standard, non inficiano la chiara leggibilità del termine e non risultano avere un impatto di significativo momento nella percezione visiva della parola in quanto tale. L’elemento figurativo crea una certa differenziazione, malgrado il suo perspicuo richiamo al concetto trasmesso dall’elemento verbale ne ridurrà, agli occhi dei consumatori, il ruolo autonomo rispetto a tale termine. Per quanto riguarda la componente verbale, la stessa presenta la componente “OLTRE-” posta nella parte inziale e identica all’intero marchio anteriore e si differenzia per le quattro lettere poste in posizione successiva. Orbene, a tal proposito, è principio consolidato che la parte iniziale delle componenti denominative è quella che ha il maggior impatto visivo e che cattura maggiormente l’attenzione del consumatore, posto che il consumatore legge da sinistra verso destra (26/02/2016, T-210/14, Gummi Bear-Rings / GUMMY et al., EU:T:2016:105, § 44 e la giurisprudenza ivi citata). 43 Peraltro, occorre considerare che il fatto che il marchio anteriore sia interamente compreso nel marchio contestato implica che i segni in conflitto presentino una certa somiglianza sul piano visivo (26/01/2006, T-317/03, Variant, EU:T:2006:27, § 46, 08/09/2010, T-369/09, Porto Alegre, EU:T:2010:362, § 21; più recentemente, 19/04/2016, T-198/14, 100% Capri / CAPRI (fig.), EU:T:2016:222, § 99). 44 Pertanto, malgrado la presenza della componente figurativa, degli elementi grafico-cromatici e delle lettere “-MARE” nel solo marchio contestato, che non sono trascurabili nell’impressione complessiva prodotta dai marchi de quibus, dette differenze non sono tuttavia sufficienti a neutralizzare la somiglianza visiva creata dalla coincidenza dell’elemento “OLTRE”. 45 Ne consegue che i segni in conflitto presentano un livello medio di somiglianza visiva.
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In relazione alla comparazione fonetica, occorre rilevare che la riproduzione fonetica di un segno complesso corrisponde a quella di tutte le sue componenti denominative, indipendentemente dalle loro specificità grafiche, che ricadono piuttosto nell’analisi del segno sul piano visivo (25/05/2005, T-352/02, PC Works, EU:T:2005:176, § 42; T-198/14, 100% Capri / CAPRI (fig.), EU:T:2016:222, § 104). 47 Nella specie, pertanto, la comparazione deve essere condotta tra il termine “OLTRE” del marchio anteriore e il termine “OLTREMARE” del marchio contestato. È di perspicua evidenza che i due termini coincidono nella parte “OLTRE”, che rappresenta la parte inziale della componente dominante e maggiormente distintiva del marchio contestato. A tal proposito, è principio consolidato che il suono della parte iniziale di un marchio verbale è più importante in virtù del suo maggior impatto su colui che percepisce il marchio foneticamente (13/10/2009, T–146/08, Redrock, EU:T:2009:398, § 72). 48 Ne consegue che i segni in conflitto presentano un livello medio di somiglianza fonetica. 49 Dal punto di vista concettuale, tenuto conto dell’analisi semantica condotta supra (v. paragrafi 36 e 37) e in virtù dell’identità della componente “OLTRE” in seno all’elemento denominativo “OLTREMARE” del marchio contestato, il pubblico di riferimento di lingua italiana percepirà un nesso concettuale tra i due segni derivante dal comune richiamo al concetto di “al di la di qualcosa”. 50 Ne consegue che i segni in conflitto presentano un livello medio di somiglianza concettuale. Distintivitá del marchio anteriore

Secondo costante giurisprudenza, il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (11/11/1997, C-251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 24). I marchi aventi un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della loro notorietà sul mercato, godono quindi di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (29/09/1998, C-39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 18; 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 20).  Per determinare il carattere distintivo di un marchio e quindi valutare se esso abbia un carattere distintivo elevato, occorre valutare globalmente i fattori che possano dimostrare che il marchio è divenuto atto a identificare i prodotti o servizi per i quali è stato registrato come provenienti da un’impresa determinata e, quindi, a distinguere tali prodotti o servizi da quelli di altre imprese (04/05/1999, C-108/97 & C-109/97, Chiemsee, EU:C:1999:230, § 49; 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 22). Nell’effettuare tale valutazione, occorre prendere in considerazione, in particolare, le qualità intrinseche del marchio, ivi compreso il fatto che esso sia o meno privo di qualsiasi elemento descrittivo dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuale degli
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ambienti interessati che identifica i prodotti o i servizi come provenienti da un’impresa determinata grazie al marchio nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni di categoria (04/05/1999, C-108/97 & C-109/97, Chiemsee, EU:C:1999:230, § 51, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 23).  Il carattere distintivo del marchio anteriore, e in particolare la sua notorietà, costituisce quindi un elemento che va preso in considerazione per valutare se la somiglianza tra i segni o tra i prodotti o i servizi sia sufficiente per provocare un rischio di confusione. 55 Nella specie, l’opponente non ha rivendicato un carattere distintivo particolarmente elevato del marchio anteriore azionato, in virtù dell’uso protratto nel tempo. Come già detto (v. paragrafo 36), il marchio anteriore risulta dotato di un gradiente di capacità distintiva intrinseco per i prodotti contraddistinti medio, atteso che il termine “OLTRE” non presenta alcuna aderenza concettuale rispetto ad articoli di abbigliamento.
Valutazione complessiva 56 Nella specie, dall’analisi condotta risulta che i prodotti contestati sono identici rispetto ai prodotti rilevanti del marchio anteriore e che i segni presentano somiglianze visive, fonetiche e concettuali in grado medio, dovute in particolare alla presenza in seno al marchio contestato dell’intero marchio anteriore “OLTRE”, che costituisce l’elemento maggiormente distintivo e dominate del segno contestato. 57 Occorre, altresì, tenere in debito conto il principio d’interdipendenza dei fattori sopra citato e che il consumatore medio solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine non perfetta che ne ha conservato nella memoria.

Alla luce delle considerazioni che precedono, la Commissione conclude, concordemente alla decisione impugnata, che sussiste il rischio che i consumatori di lingua italiana siano indotti a ritenere che gli articoli di abbigliamento recanti il marchio figurativo contestato “OLTREMARE” provengano dalla medesima impresa produttrice dei prodotti identici contraddistinti dal marchio anteriore “OLTRE” o da imprese economicamente collegate, anche in virtù del livello di attenzione medio che il pubblico è suscettibile di prestare nell’acquisto dei prodotti in questione. A tal proposito, la Commissione conviene con la decisione impugnata che il termine “OLTRE” mantiene una posizione distintiva autonoma in seno la marchio contestato. A tal riguardo, la Corte di Giustizia ha, infatti, acclarato che non può escludersi che un marchio anteriore, utilizzato da un terzo nell’ambito di un segno composto, conservi una posizione distintiva autonoma nel segno composto, pur senza costituirne l’elemento dominante (06/10/2005, C-120/04, Thomson Life, EU:C:2005:594, § 30). La circostanza che il segno composto successivo possa includere la denominazione dell’impresa del terzo, come nel rinvio pregiudiziale de quo che ha portato la Corte ad enunciare il suddetto
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principio, non inficia l’applicabilità dello stesso alla fattispecie che qui ci occupa.  A tal proposito, merita, altresì, osservare che nel settore dell’abbigliamento è frequente che il medesimo marchio presenti diverse configurazioni, a seconda del tipo di prodotti che esso contraddistingue. In tale settore è altresì usuale che la stessa impresa di abbigliamento utilizzi marchi secondari, ossia segni derivanti da un marchio principale e che condividono con questo un elemento dominante comune, per distinguere le sue differenti linee di prodotti (06/10/2004, T-117/03 – T-119/03 & T-171/03, NL, EU:T:2004:293, § 51 e giurisprudenza ivi citata; più recentemente, 30/04/2014, T-170/12, Beyond Vintage, EU:T:2014:238, § 78 e giurisprudenza ivi citata). Nella fattispecie, il contenuto concettuale del marchio contestato può rafforzare la sua percezione, da parte del consumatore di lingua italiana, come marchio secondario del marchio anteriore “OLTRE”. La chiara percezione da parte del consumatore italofono della componente “OLTREMARE” come composta dai termini “OLTRE” e “MARE”, termine quest’ultimo atto ad evocare l’idea di capi di abbigliamento “marittimi”, potrebbe portare il consumatore di riferimento a identificare il marchio contestato come un marchio secondario del marchio anteriore. Pertanto, non è escluso che il consumatore percepisca il marchio richiesto come una speciale linea di produzione proveniente dall’impresa titolare del marchio anteriore. 61 Pertanto, sussiste il rischio di confusione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE tra il marchio contestato e il marchio anteriore per tutti prodotti contestati per il pubblico di riferimento di lingua italiana. Ne consegue che, amente di quanto indicato al paragrafo 23, la percezione del pubblico non italofono, addotta dalla richiedente, risulta irrilevante.  62 In virtù di quanto sopra, la decisione contestata è confermata e il ricorso respinto. Spese 63 La richiedente, quale parte soccombente nel procedimento di ricorso, è tenuta a rifondere all’opponente le spese sostenute per la rappresentanza professionale per il procedimento di ricorso, che ammontano a 550 EUR (articolo 85, RMUE). Tale importo, sommato a quanto già previsto dalla decisione contestata, pari a 650 EUR, implica che la richiedente debba rifondere all’opponente la somma complessiva di 1 200 EUR.
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Dispositivo Per questi motivi,

LA COMMISSIONE
così decide: 1. Il ricorso è respinto. 2. La richiedente è tenuta a rifondere all’opponente la somma di 1 200 EUR, comprensiva delle spese sostenute nel procedimento di ricorso e delle tasse e spese sostenute nel procedimento di opposizione.




DECADENZA PER NON USO – Divisione d’Annullamento EUIPO 09.09.2016

GRAN PREMIO MILANO 1906 contro  MIGONE MANIFATTURA PROFUMI  – Divisione d’Annullamento EUIPO 09.09.2016

marchio GRAN PREMIO MILANO 1906  contro marchio MIGONE MANIFATURA PROFUMI

Il titolare del marchio dell’Unione Europea decade dai suoi diritti se il marchio per un periodo ininterrotto di cinque anni non è stato oggetto di un uso effettivo all’interno dell’unione europea per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato e non ci sono ragioni legittime per il suo non utilizzo. L’onere della prova spetta al titolare del marchio. In assenza di prova d’uso o di presentazione di ragioni legittime per mancato uso, il marchio decade per non uso.

ANNULLAMENTO N. 12186 C (DECADENZA)

Industria Ceraria Migone S.r.l., Via Sangallo 23 Loc. Sambuca, 50028 Tavarnelle Val di Pesa (FI), Italia (richiedente), rappresentata/o da Società Italiana Brevetti S.P.A., Corso dei Tintori, 25, 50122 Firenze, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Sergio Momo, Via Monte Ortigara, 33, Torino, Italia (titolare del marchio dell’Unione europea, rappresentata/o da Simona Calò, Corso Galileo Ferraris N. 123 bis, 10128 Torino, Italia (rappresentante professionale).

Il 09/09/2016, la divisione di annullamento emana la seguente

DECISIONE

1. La domanda di decadenza è accolta.

2. Il titolare del marchio dell’Unione europea è decaduto interamente dai suoi diritti in relazione al marchio dell’Unione europea n. 6 959 911 a decorrere dal 04/12/2015.

3. Il titolare del marchio dell’Unione europea sopporta l’onere delle spese, fissate in 1 150 euro.

MOTIVAZIONI

Il richiedente ha presentato una domanda di decadenza per il marchio dell’Unione europea n. 6 959 911   (marchio figurativo) (il marchio dell’Unione europea). La richiesta è diretta contro tutti i prodotti coperti dal marchio dell’Unione europea ossia:

Classe 3: Saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per capelli.
Il richiedente ha invocato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), RMUE.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), RMUE, il titolare del marchio dell’Unione europea decade dai suoi diritti su domanda presentata all’Ufficio se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione.

Nei procedimenti di decadenza che si basano sulla mancata utilizzazione, l’onere della prova spetta al titolare del marchio dell’Unione europea poiché il richiedente non può essere tenuto a fornire la prova di un fatto negativo, ossia che il marchio non è stato utilizzato per un periodo ininterrotto di cinque anni. Spetta pertanto al titolare del marchio dell’Unione europea dimostrare l’uso effettivo nell’Unione europea o presentare le ragioni legittime per la mancata utilizzazione.

In questo caso il marchio dell’Unione europea è stato registrato in data 15/04/2009. La richiesta di decadenza è stata depositata il 04/12/2015. Di conseguenza, alla data di deposito della domanda il marchio dell’Unione europea era registrato da oltre cinque anni.

Il 15/12/2015, la divisione di annullamento ha debitamente notificato al titolare del marchio dell’Unione europea la domanda di decadenza concedendo un termine di tre mesi per presentare la prova dell’uso del marchio dell’Unione europea per tutti i prodotti per cui è registrato.

Il 15/03/2016, il titolare del marchio dell’Unione europea chiese una proroga del termine per presentare la prova dell’uso. La citata richiesta fu concessa e confermata dall’Ufficio in data 16/03/2016.

Il titolare del marchio dell’Unione europea non ha presentato osservazioni o prove dell’uso in risposta alla domanda di decadenza entro il termine prestabilito.

Secondo la regola 40, paragrafo 5, RMUE, se il titolare del marchio dell’Unione europea non fornisce la prova dell’effettiva utilizzazione del marchio contestato entro il termine fissato dall’Ufficio, il marchio dell’Unione europea sarà dichiarato decaduto.

In mancanza di risposta da parte del titolare del marchio dell’Unione europea, non sussiste alcuna prova dell’effettiva utilizzazione del marchio dell’Unione europea nell’Unione europea per uno qualsiasi dei prodotti per cui è registrato né alcuna indicazione di ragioni legittime per la mancata utilizzazione.

Ai sensi dell’articolo 55, paragrafo 1, RMUE, il marchio dell’Unione europea deve essere considerato, a decorrere dalla data della domanda di decadenza, privo degli effetti specificati nel regolamento RMUE nella misura in cui il titolare sia dichiarato decaduto dai suoi diritti.

Di conseguenza, il titolare del marchio dell’Unione europea deve decadere interamente dai suoi diritti, che sono considerati privi di effetti a decorrere dal 04/12/2015.
SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in una procedura di annullamento sopporta l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché risulta soccombente, il titolare del marchio dell’Unione europea deve sopportare l’onere delle tasse di annullamento nonché tutte le spese sostenute dal richiedente nel corso di tale procedimento.

Secondo la regola 94, paragrafi 3, 6 e 7, lettera d), punto iii), REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le tasse di annullamento e le spese di rappresentanza, che devono essere determinate sulla base degli importi massimi ivi stabiliti.

 

La divisione di annullamento
María INFANTE SECO DE HERRERA Graziella MEDDE

Martina GALLE

 




CREMONA contro CREMONA – Divisione d’Opposizione EUIPO 07.09.2016

CREMONA contro CREMONA – Divisione d’Opposizione EUIPO 07.09.2016

marchio CREMONA  contro marchio CREMONA

I contestati gelati; dolci surgelati sono prodotti contenenti zucchero. I prodotti dell’opponente sbiancanti non-caseari per caffè, quali ad esempio le panne in polvere, hanno una funzione assai specifica, ovvero macchiare il caffè. In entrambi i casi si tratta di prodotti destinati al consumo umano. Se è vero che essi sono normalmente distribuiti attraverso canali diversi, ciò anche dovuto al fatto che nel caso dei prodotti contestati si tratta di prodotti che necessitano di refrigerazione, non si può escludere che essi abbiamo la medesima origine, ovvero il medesimo produttore. D’altro canto, è anche vero che essi non sono né prodotti in competizione né complementari. Alla luce di ciò, la Divisione d’Opposizione ritiene che i suddetti prodotti presentino un basso grado di somiglianza.

È indubbio che nel presente caso la bassa somiglianza tra i prodotti possa essere compensata dall’alta somiglianza tra i marchi, In particolare, la Divisione d’Opposizione ritiene si debba tenere in conto quella parte del pubblico polacco per la quale non solo i marchi sono visivamente simili, ma anche identici sia dal punto di vista fonetico che concettuale.

Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati simili in basso grado a quelli del marchio anteriore. I restanti prodotti contestati sono dissimili.

TESTO DELLA DECISIONE

OPPOSIZIONE N. B 2 499 104

Grupa Maspex Sp. z o.o. Sp. k., Legionow 37, 34-100 Wadowice, Polonia (opponente), rappresentata da Katarzyna Komala-Wójcik, ul. Twardowskiego 111a, 30-346 Cracovia, Polonia (rappresentante professionale)

c o n t r o

“Sladoledena Fabrika”, ul. “Ulitsa na uslugite” 3, 5000 Veliko Tarnovo, Bulgaria (richiedente), rappresentata da Snezhana Traychova Krasteva, 129 Dondukov blvd. 1504 Sofia, Bulgaria (rappresentante professionale).

 

Il 07/09/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

L’opposizione n. B 2 499 104 è accolta parzialmente, ossia per i seguenti prodotti contestati:

 

Classe 30:  Gelati; dolci surgelati.

 

  1. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 445 747 è respinta per tutti i prodotti suindicati. Si può procedere per i restanti prodotti e servizi.
  2. Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

 

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 13 445 747, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 30. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio polacco n. 152 883. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

PROVA DELL’USO

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio polacco n. 152 883.

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, RMUE, su istanza del richiedente, il titolare di un marchio anteriore che abbia presentato opposizione deve addurre la prova che nel corso dei cinque anni che precedono la pubblicazione del marchio impugnato, il marchio anteriore è stato seriamente utilizzato nei territori in cui è tutelato per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e sui quali si fonda l’opposizione, o che vi sono legittime ragioni per la non utilizzazione.

Secondo la medesima disposizione, in mancanza di tale prova l’opposizione è respinta

Il richiedente ha chiesto all’opponente di presentare la prova dell’uso della registrazione di marchio polacco n. 152 883.

La richiesta è stata presentata a tempo debito ed è ammissibile, dato che il marchio anteriore era stato registrato più di cinque anni prima della pubblicazione della domanda contestata.

Il marchio contestato è stato pubblicato il 30/12/2014. L’opponente doveva pertanto dimostrare che il marchio sul quale si basa l’opposizione ha formato oggetto di un uso effettivo e serio in Polonia dal 30/12/2009 al 29/12/2014 compreso. Le prove devono altresì dimostrare l’uso del marchio in relazione ai prodotti sui quali si basa l’opposizione, in particolare:

Classe 29:  Marmellate, marmellate, conserva di frutta e verdura, confetture, gelatine commestibili.

 

Classe 30:  Sbiancanti non-caseari per caffè, tè, zuppe e salse, caffè, bevande a base di caffè, miele, tè, cacao, cioccolato, bevande a base di cacao, bevande a base di cioccolato, dolci, caramelle, caramelle dure, caramelle, caramelle con vitamine, confetti lucidi, confetti con ripieno di cioccolato ricoperti di zucchero, biscotti, torta in polvere, riempimenti pasticceri, dolci, yogurt, prodotti di cacao, muesli, gelati, gelati in polvere, corn flakes, caramelle, glasse di frutta, glassa cioccolato glassa di cacao, glasse aromatizzate, additivi per dolci, salse di frutta, salse di cioccolato, salse di cacao, creme di frutta, creme di cioccolato, salse aromatizzate.

 

Classe 32:  Bevande solubili, bevande non alcoliche, gassate e non gassate acque minerali succhi, nettari di frutta, sciroppi di frutta, polvere per la preparazione di bevande, compresse per la preparazione di bevande, succhi di frutta, succhi di verdura, succhi di frutta e verdura, succhi multifrutta, succhi multi-vegetali, bevande di frutta, bevande vegetali, bevande multi-frutta, bevande multi-vegetali.

 

Conformemente alla regola 22, paragrafo 3, REMUE, le prove relative all’uso consistono in indicazioni riguardanti il luogo, il tempo, l’estensione e la natura dell’utilizzazione del marchio dell’opponente, per i prodotti e i servizi rispetto ai quali esso è stato registrato e sui quali si basa l’opposizione.

Ai sensi della regola 22, paragrafo 2, REMUE, l’Ufficio, ha concesso all’opponente fino al 27/12/2015 per presentare le prove dell’uso del marchio anteriore. L’opponente ha presentato alcune prove d’uso il 20/12/2015 (entro il termine)

Poiché l’opponente ha richiesto che vengano mantenuti confidenziali, rispetto a terzi, alcuni dei dati commerciali contenuti nel materiale probatorio, la Divisione di Opposizione fornirà una descrizione delle prove in termini generali, senza divulgare tali dati

Le prove d’uso da prendere in considerazione sono le seguenti:

  • Estratti di cataloghi dell’opponente in lingua polacca che contengono, tra gli altri, fotografie di prodotti “Cremona”, tra le quali confezioni di sacchetti richiudibili di cosiddetti sbiancanti per il caffè, tra i quali le panne in polvere. Questi documenti non sono datati. I marchi vi rappresentati sono, inter alia, i seguenti: ; ; ; .

 

  • Estratto di un rapporto della conosciuta società britannica di ricerca commerciale  “Millward Brown contenente informazioni relative a ricerche di mercato sul marchio Cremona nel mercato polacco relative all’uso, diffusione e commercializzazione delle panne in polvere per caffè. “Cremona” risulta essere la marca più conosciuta nonché più utilizzata nell’anno 2014 e, più generalmente, nel periodo 2008-2014.

 

  • Esempi di vari tipi di promozione, in lingua polacca, dei prodotti “Cremona” destinati a catene di negozi o supermercati datati nel periodo compreso tra gli anni 2010 e 2014. I marchi rappresentanti corrispondono ai seguenti: ; .

 

  • Pagine di presentazione del programma di promozione del 2010 facenti parte del materiale interno della società, contenenti, tra le altre, informazioni sullo sviluppo del mercato delle panne e sulla presenza del marcio “CREMONA” nei negozi polacchi.

 

  • Copie di fatture comprese nel periodo 2010-2014 emesse dall’opponente in favore di clienti siti in Polonia e l’ammontare delle quali è espresso in moneta nazionale polacca. Tra i prodotti oggetto di vendita figurano significativi gruppi di unità di “Cremona zabielazc do kaway i herbaty”, ovvero prodotti per macchiare caffè e tè.

 

  • Dichiarazione, datata 24/112015, sottoscritta dell’Amministrazione del Gruppo Maspex sulle spese per la promozione dei prodotti “Cremona” negli anni dal 2010 al 2014.

 

  • Estratti dal catalogo aziendale dell’opponente in lingua polacca contenente informazioni sulla storia commerciale dell’opponente e in particolare riguardo il marcio “CREMONA” per prodotti per lo sbiancamento del caffè.

 

In via preliminare, si rileva che il richiedente contesta la prova dell’uso presentata dall’opponente adducendo, tra le altre cose che essa non proviene dall’opponente stesso, ma da un’altra impresa.

Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, RMUE, l’uso del marchio dell’Unione europea con il consenso del titolare è considerato come effettuato dal titolare. Sebbene questa disposizione riguardi i marchi dell’Unione europea, essa può essere applicata per analogia ai marchi anteriori registrati negli Stati membri

Il fatto che l’opponente abbia presentato la prova dell’uso effettuato anche da terzi del proprio marchio dimostrerebbe, implicitamente, che l’opponente ha acconsentito a tale uso (08/07/2004, T‑203/02, Vitafruit, EU:T:2004:225)

Di conseguenza, poiché può presumersi che le prove presentate dall’opponente costituiscono un’indicazione implicita che l’uso del marchio è stato effettuato con il suo consenso, l’affermazione del richiedente circa la mancanza di definizione del propeitario dei marchi e di conseguenza di “autenticità”, è da considerarsi infondata

In questo senso, e conformemente all’articolo 15, paragrafo 2, RMUE, la Divisione d’Opposizione ritiene che l’uso effettuato da tali altre imprese sia avvenuto con il consenso dell’opponente. Pertanto esso equivale all’uso effettuato dall’opponente.

Il richiedente sostiene altresì che non tutti gli elementi di prova attestano un uso effettivo e serio in termini di tempo, luogo, estensione, natura dei prodotti per i quali il marchio anteriore è registrato

L’affermazione del richiedente si basa su di una valutazione individuale di ciascun elemento di prova relativo ai fattori rilevanti. Tuttavia, in sede di valutazione dell’uso effettivo e serio del marchio, la Divisione d’Opposizione deve considerare il materiale probatorio nella sua interezza. Anche qualora alcuni dei fattori rilevanti risultino mancanti in taluni degli elementi di prova, la combinazione di tutti i fattori rilevanti in tutti gli elementi di prova può comunque indicare un uso effettivo e serio del marchio/dei marchi

Al contrario, è opinione della Divisione d’Opposizione che i documenti presentanti dall’opponente attestino il suddetto uso. Innanzitutto, le fatture e i cataloghi dimostrano che il luogo in cui l’uso è avvenuto è la Polonia. Tale circostanza può essere dedotta dalla lingua in cui sono redatti i documenti, ovvero il polacco, dalla valuta menzionata, ovvero la valuta nazione polacca (złoty) , e dagli indirizzi dei clienti riscontrabili nelle fatture, che corrispondono tutti a località polacche. Pertanto, le prove si riferiscono al territorio di riferimento

La maggior parte delle prove, e in particolare le fatture, recano una data che rientra nel periodo di riferimento

Inoltre, le suddette fatture forniscono alla Divisione d’Opposizione informazioni sufficienti sul volume commerciale, sull’ambito territoriale, sulla durata e sulla frequenza dell’us

Nel contesto della regola 22, paragrafo 3, REMUE, l’espressione “natura dell’utilizzazione” comprende la prova dell’uso in commercio del segno come marchio, o, dell’uso del marchio nella forma in cui è stato registrato, o di una sua variante in conformità all’articolo 15, paragrafo 1, comma 2, lettera a), RMUE, e del suo uso per i prodotti e i servizi per i quali è registrato

Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, comma 2, lettera a), RMUE, si considera come “uso” ai sensi del paragrafo 1 l’utilizzazione del marchio dell’Unione europea in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato, a prescindere dal fatto che il marchio sia o no registrato nella forma in cui è usato a nome del titolare. Qualora di debba valutare l’uso di una registrazione anteriore ai fini dell’articolo 42, paragrafi 2 e 3, RMUE, è possibile applicare in via analogica l’articolo 15 per verificare se, dal punto di vista della natura dell’utilizzazione, l’uso del segno costituisce o meno un uso effettivo e serio del marchio anteriore

Nel presente caso, il marchio sul quale si basa l’opposizione che per primo è stato preso in considerazione, è la registrazione di marchio polacco n. 152 883 per il marchio figurativo .

In generale, occorre valutare se l’uso del marchio costituisce una «variante» accettabile o inaccettabile della sua forma registrata.

Pertanto le questioni a cui dare risposta sono due. In primo luogo, occorre chiarire che cosa debba intendersi per carattere distintivo del marchio così come è stato registrato (2). In secondo luogo, occorre valutare se il marchio quale viene usato alteri tale carattere distintivo. Tali questioni devono essere valutate caso per caso. Vi è un’interdipendenza tra la forza del carattere distintivo di un marchio e gli effetti delle alterazioni a esso apportate. I marchi dotati di carattere altamente distintivo possono risultare meno influenzati dai cambiamenti rispetto ai marchi dotati di carattere distintivo limitato. Gli elementi aggiunti o omessi del marchio altereranno con più facilità il carattere distintivo dei marchi che lo posseggono in modo limitato.

Nel caso di marchi composti come nel presente caso il marchio   (vale a dire marchi composti di elementi denominativi e figurativi), generalmente le modifiche ad alcuni elementi figurativi non incidono sul carattere distintivo dei marchi.

È vero che l’uso del marchio è stato fatto in forme non identiche, ovvero, tra le altre, le seguenti: ; ; ; ;  ; . Tuttavia, la Divisione d’Opposizione ritiene che le differenze riscontrabili non alterino il carattere distintivo del marchio registrato

Per quanto riguarda specificamente le alterazioni di colore, si ritiene che la modifica chiaramente riscontrabile nel caso de quo non altera il carattere distintivo del marchio considerando che gli elementi denominativi coincidono nella loro interezza, essendo i principali elementi distintivi e non avendo il colore o la combinazione di colori non carattere distintivo in sé

Alla luce di quanto precede, la Divisione d’Opposizione ritiene che le prove presentate dimostrino l’uso del segno nella forma in cui esso è stato registrato, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1), secondo comma, lettera a), RMUE

La Corte di Giustizia ha statuito che si ha “uso effettivo” del marchio allorché questo assolve alla sua funzione essenziale che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio. Inoltre, il requisito relativo all’uso effettivo del marchio richiede che questo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l’esterno (11/03/2003, C‑40/01, Minimax, EU:C:2003:145, e 12/03/2003, T‑174/01, Silk Cocoon, EU:T:2003:68)

Tenendo conto delle prove nel loro complesso, la documentazione fornita dall’opponente, sebbene non possa considerarsi particolarmente esaustiva, raggiunge il livello minimo necessario per dimostrare un uso effettivo e serio del marchio anteriore durante il periodo di riferimento e nel territorio di riferimento

Tuttavia, le prove presentate dall’opponente non dimostrano un uso effettivo e serio del marchio in relazione a tutti i prodotti da esso coperti

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 2, RMUE, se il marchio dell’Unione europea anteriore è stato utilizzato solo per una parte dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, ai fini dell’esame dell’opposizione si intende registrato solo per tale parte dei prodotti o dei servizi.

Nel presente caso le prove addotte dall’opponente dimostrano l’uso effettivo e serio del marchio soltanto in relazione ai seguenti prodotti:

Classe 30:  Sbiancanti non-caseari per caffè.

 

Per dovere di completezza, si deve precisare che in lingua italiana il termine sbiancante non viene normalmente utilizzato se non per prodotti chimici dotati di propeoità sbiancanti. È evidente che si tratti di una traduzione letterale dal polacco di bezmleczne środki do zabielania kawy, prodotti che in italiano sono definiti come prodotti per macchiare il caffè.

 

Di conseguenza, nell’esame dell’opposizione la Divisione d’Opposizione prenderà in considerazione unicamente i prodotti summenzionati.

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 30:      Sbiancanti non-caseari per caffè.

 

I prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 30:      Gelati; dolci surgelati; ghiaccio.

 

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

 

I contestati gelati; dolci surgelati sono prodotti contenenti zucchero, che possono o meno avere il latte tra i loro ingredienti. I prodotti dell’opponente sbiancanti non-caseari per caffè, quali ad esempio le panne in polvere, hanno una funzione assai specifica, ovvero macchiare il caffè. In entrambi i casi si tratta di prodotti destinati al consumo umano. Se è vero che essi sono normalmente distribuiti attraverso canali diversi, ciò anche dovuto al fatto che nel caso dei prodotti contestati si tratta di prodotti che necessitano di refrigerazione, non si può escludere che essi abbiamo la medesima origine, ovvero il medesimo produttore. D’altro canto, è anche vero che essi non sono né prodotti in competizione né complementari. Alla luce di ciò, la Divisione d’Opposizione ritiene che i suddetti prodotti presentino un basso grado di somiglianza.

 

Il prodotto contestato ghiaccio deve intendersi come “ghiaccio di refrigerazione”, Lo scopo, la natura e i canali di distribuzione del ghiaccio da un lato e degli  sbiancanti non-caseari per caffè dall’altro sono diversi. Inoltre, essi non sono complementari né concorrenti. Di conseguenza i prodotti in questione sono dissimili.

 

  1. b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere simili in basso grado sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

  1. c) I segni

Il territorio di riferimento è la Polonia.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Il marchio anteriore è un figurativo composto dal termine “CREMONA” riprodotto in caratteri di fantasia di colore blu dai contorni, come fossero un’ombreggiatura, di colore bianco. Detto elemento verbale è posto su di uno sfondo rettangolare del medesimo colore blu. Il segno contestato è un marchio denominativo composto dal termine “CREMONA”.

 

I marchi in disputa non presentano elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono, in una certa qual misura, nel termine distintivo “CREMONA”, per quanto nel caso del marchio anteriore riprodotto in caratteri di fantasia. A distinguere i marchi entrano in gioco, per l’appunto, la particolare caratterizzazione del termine “CREMONA” del marchio anteriore nonché lo sfondo di colore blu del medesimo.

 

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T‑312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011‑4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011‑5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

 

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

 

Sotto il profilo fonetico, i segni sono identici, in considerazione del fatto che entrambi presentano un unico elemento verbale, ossia “CREMONA”.

 

Sotto il profilo concettuale, nessuno dei due segni è una parola della lingua polacca. Per una parte del pubblico del territorio di riferimento, poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Tuttavia, non si può escludere che una parte del pubblico di lingua polacca riconosca in “CREMONA” il nome di una città lombarda, conosciuta nel mondo per la produzione di strumenti musicali. Per questa parte del pubblico i marchi sono concettualmente identici.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I prodotti coperti dai marchi in disputa sono stati considerati simili in basso grado. Il livello di attenzione è medio mentre la distintività dei marchi, e in particolare del marchio anteriore, è da considerarsi normale.

 

Valutare il rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori di riferimento che entrano in considerazione e, in particolare, una somiglianza dei marchi e tra i prodotti o servizi. Pertanto, un minor grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi può essere compensato da un maggiore grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (29/09/1998, C 39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 17).

 

È indubbio che nel presente caso la bassa somiglianza tra i prodotti possa essere compensata dall’alta somiglianza tra i marchi, In particolare, la Divisione d’Opposizione ritiene si debba tenere in conto quella parte del pubblico polacco per la quale non solo i marchi sono visivamente simili, ma anche identici sia dal punto di vista fonetico che concettuale. È evidente che per questo gruppo di consumatori, i quali, in quanto consumatori medi, raramente hanno la possibilità di fare un confronto diretto tra diversi marchi, ma devono fidarsi del ricordo imperfetto che hanno degli stessi (22/06/1999, C 342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26), i due marchi ora in esame sono difficilmente distinguibili. Ciò anche alla luce della caratterizzazione grafica del marchio anteriore, che non presenta elementi di particolare originalità.

 

A causa dell’identità fonetica e concettuale e della somiglianza visiva e in assenza di elementi dominanti o non distintivi nei segni, sussiste un rischio di confusione.

 

Pertanto l’opposizione è parzialmente fondata sulla base della registrazione del marchio polacco dell’opponente. Ne discende che il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati simili in basso grado a quelli del marchio anteriore.

 

I restanti prodotti contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti prodotti non può essere accolta.

 

L’opponente ha basato l’opposizione anche sul seguente marchio anteriore:

 

  • La registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 7 453 871per il marchio figurativo in relazione a sostanze senza contenuto di latte per macchiare il caffè, da aggiungere a tè, minestre, salse; preparati per macchiare bevande in polvere nella classe 29.

 

Quest’altro marchio anteriore invocato dall’opponente copre prodotti che sono anch’essi chiaramente dissimili da quelli rimanenti rivendicati dal marchio contestato, ovvero ghiaccio nella classe 30. Pertanto, il risultato non può essere diverso per quanto concerne prodotti per i quali l’opposizione è già stata respinta. Di conseguenza, in relazione a tali prodotti, il rischio di confusione non sussiste. In considerazione di ciò, non si rende necessario analizzare la richiesta di prova d’uso avanzata dalla richiedente anche riguardo a quest’ultimo marchio anteriore.




ZANOTTI contro GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN – Divisione d’Opposizione 03.08.2016

ZANOTTI contro GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN – Divisione d’Opposizione 03.08.2016

marchio ZANOTTI contro GIUSEPPE ZANOTTI DESIGN

Il marchio anteriore è un marchio denominativo costituito unicamente dal termine “ZANOTTI”, che sarà inteso come un cognome di origine italiana, presente in particolare nelle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna da almeno una parte del pubblico rilevante. L’elemento “DESIGN” del segno contestato sarà associato al concetto di forma di un oggetto, rispondente in particolare a criteri estetici. Tenendo a mente che i prodotti relativi sono tutti prodotti che possiedono un nesso, più o meno importante, con l’estetica, questo elemento non è distintivo per questi nelle classi 18 e 25.  I segni non sono né concettualmente, né visivamente, né foneticamente simili e ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, la somiglianza dei segni è una condizione necessaria per una risultanza a favore del rischio di confusione. Pertanto, poiché i segni sono dissimili, una delle condizioni necessarie enunciate dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE non è soddisfatta e  l’opposizione deve quindi essere respinta.

OPPOSIZIONE N. B 271 876

Società Italiana Calzature S.r.l., Viale VIII Marzo 7, 63813 Monte Urano (Fermo), Italia (opponente), rappresentata da Giuliana Cantaluppi, Via Donizetti, 20, 20122 Milano, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Di Zanotti S.a.s. di Giuseppe Zanotti e C., Corso Vendemini 30/e, 47039 Savignano Sul Rubicone (FC), Italia (richiedente), rappresentata da Porta Checcacci & Associati S.p.A., Via Trebbia 20, 20135 Milano, Italia (rappresentante professionale).

Il 03/08/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1. L’opposizione n. B 271 876 è totalmente respinta.

2. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti nelle classi 18 e 25 della domanda di marchio dell’Unione europea n. 1 224 039. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 244 277, sulla registrazione di marchio italiano n. 749 443 per il marchio denominativo “LE ZANOTTI” e sulla registrazione di marchio italiano n. 723 754 del marchio figurativo . L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.
PROVA DELL’ESISTENZA E VALIDITÀ DEL MARCHIO ITALIANO N. 749 443 E DEL MARCHIO ITALIANO N. 723 754

Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE, nel corso del procedimento l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, nei procedimenti concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.

Ne discende che l’Ufficio non può tenere conto di diritti asseriti per i quali l’opponente non abbia prodotto prove adeguate.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 1, REMUE, l’Ufficio dà alla parte opponente l’opportunità di presentare i fatti, le prove e le osservazioni a sostegno della sua opposizione o di completare eventuali fatti, prove od osservazioni che siano già stati presentati insieme con l’atto di opposizione entro un termine fissato dall’Ufficio.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 2, REMUE, entro il termine di cui sopra, l’opponente deposita inoltre le prove dell’esistenza, della validità e della portata della protezione del suo marchio anteriore o diritto anteriore, nonché la prova del suo diritto a proporre opposizione.

In particolare, se l’opposizione è basata su un marchio registrato che non è un marchio dell’Unione europea, l’opponente deve presentare una copia del relativo certificato di registrazione ed eventualmente dell’ultimo certificato di rinnovo, da cui risulti che il periodo di protezione del marchio si estende oltre il termine di cui al paragrafo 1, e le eventuali proroghe, o i documenti equivalenti, rilasciati dall’amministrazione dalla quale il marchio è stato registrato [regola 19, paragrafo 2, lettera a), punto ii), REMUE].

Nel presente caso, la prova presentata dall’opponente consiste in un certificato di registrazione dell’Ufficio Marchi e Brevetti italiano relativo ai suddetti marchi, ovvero la registrazione di marchio italiano n. 723 754, depositata in data 14/02/1995 e registrata in data 19/09/1997 e la registrazione di marchio italiano n. 749 443, depositata in data 26/04/1996 e registrata in data 19/05/1998.

In data 16/02/2016 l’Ufficio ha stabilito il termine del 16/03/2016, in favore dell’opponente al fine di permettergli di presentare eventuali certificati di rinnovo dei due marchi poc’anzi citati.

L’opponente non ha tuttavia presentato, nel termine di cui sopra, alcuna prova dalla quale risulti che i suddetti marchi sui quali, inter alia, si basa l’opposizione siano stati oggetto di rinnovo e si sia pertanto esteso il periodo di protezione dei marchi.

Conformemente alla regola 20, paragrafo 1, REMUE, se, entro il termine di cui alla regola 19, paragrafo 1, RMUE l’opponente non ha provato l’esistenza, la validità e la portata della protezione del suo marchio anteriore o del suo diritto anteriore, nonché il suo diritto a proporre l’opposizione, l’opposizione viene respinta in quanto infondata.

L’opposizione deve pertanto essere respinta, in quanto infondata, in relazione ai suddetti marchi anteriori.
RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

L’opposizione si basa su anche su di un ulteriore marchio, ovvero la registrazione di marchio dell’Unione europea n. 244 277, che qui di seguito sarà oggetto di esame.

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.
a) I segni

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il marchio anteriore è un marchio denominativo costituito unicamente dal termine “ZANOTTI”, che sarà inteso come un cognome di origine italiana, presente in particolare nelle regioni Lombardia ed Emilia-Romagna da almeno una parte del pubblico rilevante, non necessariamente solo quella di lingua italiana.

Il segno contestato è un marchio figurativo formato dal termine “DESIGN” riprodotto in caratteri neri maiuscoli posto all’interno di un rettangolo orizzontale stretto e lungo. Al di sopra di questo elemento, nella parte sinistra del marchio, si trova la rappresentazione di una firma scritta a mano, di assai difficile decifrazione come sono solite essere le firme.

Il termine “DESIGN”, di origine anglosassone, sarà inteso, non solo dal pubblico di lingua inglese, come la “progettazione di un oggetto che si propone di sintetizzare funzionalità ed estetica: […]; anche, la forma di un oggetto, rispondente a criteri estetici e funzionali” (per quest’ultima definizione vedasi, tra le varie lingue e a titolo esemplificativo, il significato in lingua italiana come si trova nel Dizionario di Italiano il Sabatini Coletti, edizione online).

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

Il marchio contestato non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

L’elemento “DESIGN” del segno contestato sarà associato al concetto di forma di un oggetto, rispondente in particolare a criteri estetici. Tenendo a mente che i prodotti relativi sono tutti prodotti che possiedono un nesso, più o meno importante, con l’estetica, questo elemento non è distintivo per questi nelle classi 18 e 25.

Visivamente, i segni differiscono in tutti gli elementi che li compongono, sia verbali che, nel caso del marchi contestato, figurativi. Considerato che non sussiste alcuna coincidenza visiva tra i segni, si conclude che i marchi non sono simili sotto il profilo visivo.

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni differisce in tutti gli elementi che li compongono (e che siano chiaramente leggibili), ovvero il termine “ZANOTTI” per quanto riguarda il marchio sul quale si basa l’opposizione e la parola “DESIGN” per quanto riguarda il marchio impugnato. Come visto sopra, la Divisione d’Opposizione ritiene che la firma del marchio contestato sia fondamentalmente illeggibile.

Pertanto i segni sono foneticamente diversi.

Sotto il profilo concettuale, i marchi sono dissimili, dato che il marchio anteriore sarà riconosciuto come un cognome di origine italiana, o inteso come privo di significato, mentre il termine “DESIGN” verrà inteso nel senso esplicitato poc’anzi.

Poiché i segni non coincidono in alcun elemento, essi sono diversi.

b) Conclusione

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, la somiglianza dei segni è una condizione necessaria per una risultanza a favore del rischio di confusione. Poiché i segni sono dissimili, una delle condizioni necessarie enunciate dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE non è soddisfatta. L’opposizione deve quindi essere respinta.

 




CAVALLI contro DOLCE CAVALI – Divisione d’Opposizione 17.08.2016

CAVALLI contro DOLCE CAVALI – Divisione d’Opposizione 17.08.2016

marchio CAVALLI contro marchio DOLCE CAVALI

Siamo di fronte a un marchio, CAVALLI, il cui carattere distintivo risulta , nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione.  La somiglianza dei segni è dovuta all’identità fonetica fra il segno anteriore “CAVALLI” e il secondo termine del segno impugnato “CAVALI” e alla somiglianza visiva fra il segno anteriore e detto elemento del marchio impugnato.  Se a quanto sopra si aggiunge che:

1. la rappresentazione grafica del segno impugnato non è particolarmente caratterizzante e che non vi sono ulteriori elementi in grado di differenziare i segni, oltre al termine “DOLCE” il consumatore che non ha presenti entrambe i segni al momento dell’atto dell’acquisto sarà indotto a dare più peso alle somiglianze piuttosto che alle differenze dei segni, generando così una sicura associazione o richiamo reciproco che non è adeguatamente controbilanciato dalle differenze concettuali e nemmeno visive o fonetiche dei segni a confronto

2. che i prodotti sono identici

l’ufficio ritiene che sussista rischio di confusione da parte del pubblico di lingua bulgara e quindi decide che il marchio impugnato debba essere respinto per tutte le classi di prodotti e servizi a cui si fa riferimento.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 608 761

Roberto Cavalli S.P.A., Piazza San Babila, 3, 20122, Milano, Italia (opponente), rappresentata/o da Jacobacci & Partners S.P.A. ,Via Senato, 8, 20121 Milano, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Jianle Jin , Piazza Dei Re Di Roma 3, 00183, Roma, Italia (richiedente),

Il 17/08/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1. L’opposizione n. B 2 608 761 è accolta per tutti i prodotti e servizi contestati.

2. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 105 571 è totalmente respinta.

3. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in 650 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 105 571. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 779 639. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.
RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 8 779 639.

a) I prodotti e servizi

I prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 18: Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi, pelli di animali; bauli e valige; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio.

Classe 25: Articoli di abbigliamento, copricapo, escluse calzature

Classe 35: Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori d’ufficio; diffusione di annunci pubblicitari; diffusione di materiale pubblicitario; locazione di spazi pubblicitari; assistenza e consulenza nella direzione di imprese commerciali ed industriali, servizi di indossatrici a fini pubblicitari o per la promozione di affari; franchising, ossia servizi resi da un franchisor consistenti nell’aiuto, nella direzione e nello sviluppo di un’impresa commerciale (servizi per conto terzi); servizi di vendita al dettaglio, all’ingrosso ed on-line in relazione ad articoli di abbigliamento, calzature, copricapo, gioielleria, bigiotteria, orologeria, articoli di profumeria, cosmetici, saponi, deodoranti, occhiali da vista e da sole, montature per occhiali, custodie per occhiali, valigeria, pelletteria, cinture, articoli di carta, cartoleria, stampati, giochi, giocattoli, articoli sportivi, articoli di telefonia, strumenti per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono e delle immagini, posateria, lampade, sanitari, passeggini, automobili, piastrelle, mobili, specchi, cornici, complementi di arredamento, utensili per la cucina ed il bagno, stoviglie, vasellame, filati, tessuti, biancheria da casa, tappeti, prodotti alimentari, alimenti freschi, bevande analcoliche, birre.

I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

Classe 18: Ombrelli, ombrelloni

Classe 25: Articoli di abbigliamento, cappelleria

Classe 35: Assistenza negli affari, servizi gestionali ed amministrativi; servizi di analisi degli affari, di ricerca e di informazione; servizi di scambi commerciali ed informazione ai consumatori.

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

Prodotti contestati in classe 18

Gli ombrelli, ombrelloni sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti e servizi.

Prodotti contestati in classe 25

Gli articoli di abbigliamento, cappelleria sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti e servizi (inclusi i sinonimi).

Servizi contestati in classe 35

I servizi di assistenza negli affari, servizi gestionali ed amministrativi; servizi di analisi degli affari, di ricerca e di informazione; servizi di scambi commerciali; contestati sono compresi nell’ ampia categoria di assistenza e consulenza nella direzione di imprese commerciali ed industriali dell’opponente. Pertanto, sono identici.

I servizi di informazione ai consumatori in classe 35 si sovrappongono con i servizi diffusione di annunci pubblicitari; diffusione di materiale pubblicitario dell’opponente. Pertanto sono identici.

b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione
Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti e servizi che risultano essere identici sono diretti sia al grande pubblico che a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C 514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua bulgara.

Il marchio anteriore è un marchio denominativo composto da un unico elemento, il termine “CAVALLI”. Detto termine è privo di significato per il pubblico di riferimento.

Il marchio contestato è un marchio figurativo composto da due rettangoli di forma irregolare e di colore grigio fra loro sovrapposti all’interno dei quali sono rappresentati rispettivamente i termini “DOLCE” e “CAVALI”. Entrambi gli elementi sono privi di significato per il pubblico di riferimento. Nessuno degli elementi che compongono il segno è chiaramente più distintivo o dominante rispetto all’altro.

Visivamente, i segni coincidono nella misura in cui il termine “CAVALLI” del marchio anteriore include il secondo termine “CAVALI” del marchio contestato. Quest’ultimo si differenzia dal marchio anteriore per la mancanza di una lettera, la consonante “L”. Ulteriori differenze fra i segni sono ascrivibili al termine “DOLCE” e alla rappresentazione grafica del marchio impugnato che non trova un corrispettivo nel segno anteriore.

Quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T 312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011 4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011 5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)
Pertanto, i segni sono simili in media misura.

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere “C-A-V-A-L-I”, presenti in modo identico in entrambi i segni. La mancanza della consonante “L” nel segno impugnato non verrà percepita dal consumatore di ferimento. Di contro i segni si differenziano nel suono delle lettere che compongono il termine “DOLCE” del segno contestato che non hanno controparte nel segno anteriore.

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

Sotto il profilo concettuale, nessuno dei (due) segni ha un significato per il pubblico del territorio di riferimento. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale, l’aspetto concettuale è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra i segni.

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.
d) Carattere distintivo del marchio anteriore

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente ha affermato che il marchio anteriore possiede un carattere distintivo accresciuto, ma non ha presentato alcuna prova a sostegno di tale rivendicazione.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta , nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

Nel valutare il rischio di confusione i marchi debbono essere comparati tramite una valutazione globale basata sull’ analisi della somiglianza visiva, fonetica e concettuale in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. sentenza del 11 novembre 1997, C-251/95, “Sabèl”, punti 22 e ss.).

Inoltre, secondo il c.d. “principio d’interdipendenza” una maggiore somiglianza fra i marchi può compensare una minore somiglianza fra i prodotti e servizi e viceversa (Sentenza del 29 settembre 1988, C39/97 ‘Canon’ punto 17).

La somiglianza dei segni è dovuta all’identità fonetica fra il segno anteriore “CAVALLI” e il secondo termine del segno impugnato “CAVALI” e alla somiglianza visiva fra il segno anteriore e detto elemento del marchio impugnato.

Sebbene non si possa non considerare il ruolo del termine “DOLCE” all’interno del segno oggetto di rifiuto, e benché sia altresì vero che normalmente il pubblico presta maggior attenzione alla parte inziale dei segni, la Divisione d’Opposizione precisa che tale principio non può ritenersi applicabile in maniera sistematica, ma deve essere valutato rispetto al caso concreto (si veda sentenza del 16/05/2007, T-158/05, ‘ALL TREK’).

Nel presente caso, oltre alle similitudini già rilevate e argomentate, si deve considerare che il secondo elemento del segno impugnato “CAVALI” ha una sua posizione autonoma all’interno di esso.

Se a quanto sopra si aggiunge che: 1) il livello di attenzione sarà medio, 2) la rappresentazione grafica del segno impugnato non è particolarmente caratterizzante 3) non vi sono ulteriori elementi in grado di differenziare i segni, oltre al termine “DOLCE” 4) il consumatore che non ha presenti entrambe i segni al momento dell’atto dell’acquisto, ma decide sulla base di una memoria incompleta ed incerta, sarà indotto a dare più peso alle somiglianze piuttosto che alle differenze dei segni, generando così una sicura associazione o richiamo reciproco che non è adeguatamente controbilanciato dalle differenze concettuali e nemmeno visive o fonetiche dei segni a confronto 5) i prodotti sono identici, l’ufficio ritiene che sussista rischio di confusione da parte del pubblico di lingua bulgara.

Come in precedenza precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione del marchio dell’Unione Europea n. 8 779 639 deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti e servizi contestati.

Poiché il diritto anteriore marchio dell’Unione Europea n. 8 779 639 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti e servizi contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare gli altri diritti anteriori invocati dall’opponente (16/09/2004, T 342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).




RES contro R.E.S ALL IN ONE – Divisione d’Opposizione 10.08.2016

marchio RES contro marchio R.E.S ALL IN ONE

Nella fattispecie siamo di fronte a due marchi che rappresentano entrambi prodotti e servizi nell’ambito dell’informatica. Il marchio R.E.S ALL IN ON, marchio posteriore contestato, può essere confuso con il marchio anteriore RES in quanto il Software del marchio contestato è pure incluso nella lista di prodotti dell’opponente e quindi questi prodotti sono identici.  I servizi contestati Installazione di software; Aggiornamento di software; Manutenzione di software; Locazione di software informatici presentano vari punti di contatto con i servizi di progettazione di software del marchio sul quale si basa l’opposizione. Questi programmi non solo sono destinati ai medesimi consumatori, ma possono avere la medesima origine ed essere distribuiti attraverso gli stessi canali. In considerazione di ciò, la Divisione d’Opposizione ritiene che questi servizi siano simili. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene altresì opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua inglese. Se a ciò si aggiunge il fatto che l’elemento verbale aggiuntivo del marchio contestato possiede un carattere debole, almeno per la parte del pubblico di lingua inglese, la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione in quanto le differenze esistenti tra i segni sono limitate ad elementi ed aspetti deboli o, come visto poc’anzi, secondari.

 

OPPOSIZIONE N. B 2 617 309

Real Enterprise Solutions Nederland BV, Het zuiderkruis 33, 5215 MV Den Bosch, The Netherlands (opponente), rappresentata da Novagraaf Nederland B.V., Hoogoorddreef 5, 1101 BA Amsterdam, The Netherlands (rappresentante professionale)

c o n t r o

Carlo Della Coletta, strada Zagazulu 13-19 bloc B etaj 3 ap. 326 sector 1, 012829, Bucarest, Romania (richiedente).

Il 10/08/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

DECISIONE:

1. L’opposizione n. B 2 617 309 è accolta per tutti i prodotti e servizi contestati.

2. La domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 494 199 è totalmente respinta.

3. Il richiedente sopporta l’onere delle spese, fissate in 650 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti e servizi della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 494 199. L’opposizione si basa, inter alia, sulla registrazione di marchio internazionale n. 933 329 che designa l’Unione europea. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

L’opposizione si basa su più di un marchio anteriore. La Divisione d’Opposizione ritiene opportuno, in primo luogo, esaminare l’opposizione in relazione alla registrazione di marchio internazionale n. 933 329 che designa l’Unione europea.

a) I prodotti e servizi

I prodotti e servizi sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 9: Hardware e software; software per l’assistenza e la regolazione dello schermo a distanza, nonché per la ricerca e lo scaricamento di informazioni, file e documenti; software per lo scaricamento di messaggi, immagini e suono.

Classe 42: Servizi di specialisti informatici nel campo dei computer e dei database informatizzati; programmazione per computer; progettazione di software; informazioni in materia di (automazione/informatizzazione di) hardware e software per computer; servizi di specialisti informatici sul posto e non, servizi, anche relativi all’inventariazione o alla sicurezza dei sistemi, anche tramite reti di computer; servizi di specialisti informatici nel campo del commercio elettronico; programmazione per l’elaborazione elettronica dei dati; sviluppo e tecnica dei computer; gestione di progetti informatici (servizi di automazione); consulenza in materia di automazione e consulenza in materia di informatizzazione relativa a hardware e software di computer; analisi di consulenza in materia di informatizzazione; servizi di specialisti informatici nel campo della protezione del traffico dei dati tra computer.

I prodotti e servizi contestati sono i seguenti:

Classe 9: Software; Software specializzati; Software compilatori; Driver software; Software per tablet; Software bioinformatico; Software per le comunicazioni; Software di decodifica; Software per giochi; Software video interattivi; Software di screening del credito; Software per rappresentazione di tabelle; Cartucce [software] per computer; Software per realtà virtuale.

Classe 42: Sviluppo di software; Installazione di software; Locazione di software informatici; Ingegneria informatica; Progettazione di software informatici; Creazione di software; Aggiornamento di software; Manutenzione di software.

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

Prodotti contestati in classe 9

Il Software del marchio contestato è pure incluso nella lista di prodotti dell’opponente. Questi prodotti sono quindi identici.

I prodotti Software specializzati; Software compilatori; Driver software; Software per tablet; Software bioinformatico; Software per le comunicazioni; Software di decodifica; Software per giochi; Software video interattivi; Software di screening del credito; Software per rappresentazione di tabelle; Cartucce [software] per computer; Software per realtà virtuale sono compresi nell’ampia categoria di software dell’opponente. Pertanto, sono identici.

Servizi contestati in classe 42

I servizi contestati di Sviluppo di software; Progettazione di software informatici; Creazione di software sono sinonimi di progettazione di software dell’opponente. Questi servizi sono identici.

I servizi contestati di Ingegneria informatica includono, in quanto categoria più ampia i servizi di progettazione di software dell’opponente. Dal momento che la divisione d’opposizione non può scorporare ex officio la ampia categoria di servizi contestati, essi sono considerati identici ai servizi dell’opponente.

I servizi contestati Installazione di software; Aggiornamento di software; Manutenzione di software; Locazione di software informatici presentano vari punti di contatto con i servizi di progettazione di software del marchio sul quale si basa l’opposizione. Questi programmi non solo sono destinati ai medesimi consumatori, ma possono avere la medesima origine ed essere distribuiti attraverso gli stessi canali. In considerazione di ciò, la Divisione d’Opposizione ritiene che questi servizi siano simili.

b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti e servizi che risultano essere identici o simili sono diretti sia al grande pubblico che a una clientela commerciale composta da soggetti dotati di conoscenze e competenze specifiche di tipo professionale. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

c) La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il carattere unitario del marchio dell’Unione europea comporta che un marchio dell’Unione europea anteriore può essere fatto valere in un procedimento di opposizione contro qualsiasi domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea che comprometta la protezione del primo marchio, anche se solo in relazione alla percezione dei consumatori in una parte dell’Unione europea (18/09/2008, C 514/06 P, Armafoam, EU:C:2008:511, § 57). Pertanto, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata. Nel presente caso, la Divisione d’Opposizione ritiene opportuno incentrare la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua inglese.

Il marchio anteriore è un marchio denominativo formato dal termine “RES”, il quale in lingua inglese è un termine, in se, privo di significato.

Il segno contestato è un marchio figurativo composto da un quadrato di colore rosso ad effetto sfumato e dagli angoli arrotondati all’interno del quale si trovano, nella parte inferiore, le lettere “R.E.S.” riprodotte in caratteri di fantasia di colore blu dal contorno bianco seguite dai termini “ALL IN ONE”, anch’essi in caratteri di fantasia ma di colore bianco e dalle dimensioni leggermente inferiori. Questi elementi verbali sono posti sopra una linea orizzontale bianca. Il marchio presenta poi quattro elementi figurativi distinti posti nella parte superiore del quadrato rosso sopramenzionato. Dall’alto a sinistra e in senso orario si trovano un elemento rotondo giallo, due linee bianche dall’estremità destra arrotondata, sette rettangoli di varie dimensioni e colori e tre linee di colore blu a forma di onde. Questi elementi possono ricordare, rispettivamente, il sole, delle nuvole, il profilo assai stilizzato di una città e le onde del mare o di un lago. Per quanto riguarda il contenuto semantico dei termini inclusi nel marchio contestato, mentre l’acronimo “R.E.S.” non possiede nessun significato, la breve espressione “ALL IN ONE” sarà intesa come l’equivalente inglese dell’italiano “tutto/tutti in uno”.

Il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi o più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

L’elemento “ALL IN ONE” del segno contestato sarà associato a una espressione che denota un singolo oggetto o sistema che consiste o funziona di o con diversi elementi (per la definizione in lingua inglese, si veda il dizionario Collins, Edizione online, alla pagina http://www.collinsdictionary.com/dictionary/english/all-in-one).

Tenendo a mente che i prodotti e servizi relativi sono software e servizi informatici che possono avere varie funzioni, questo elemento è debole per questi prodotti e servizi, in quanto costituisce una espressione che ne descrive caratteristiche positive.

Il marchio contestato non presenta elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “RES”, per quanto nel caso del marchio contestato seguite da punti e riprodotte in caratteri stilizzati. Tuttavia, essi differiscono nei restanti elementi verbali deboli del marchio impugnato, ovvero “ALL IN ONE” nonché nella totalità degli elementi figurativi del medesimo.

Per quanto riguarda quest’ultimo, si rammenta che quando i segni sono costituiti tanto da elementi verbali quanto da elementi figurativi, in linea di principio, l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi (14/07/2005, T 312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289, § 37; decisioni del 19/12/2011, R 233/2011 4 Best Tone (fig.) / BETSTONE (fig.), § 24; 13/12/2011, R 53/2011 5, Jumbo(fig.) / DEVICE OF AN ELEPHANT (fig.), § 59)

Pertanto, i segni sono simili in media misura.

Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nelle lettere “RES”. La pronuncia differisce nel suono delle lettere “ALL IN ONE” del marchio contestato, che non hanno controparte nel segno anteriore. Si tenga tuttavia in considerazione il fatto che quest’ultima espressione ha carattere debole. Alla luce di ciò i segni sono foneticamente molto simili.

Sotto il profilo concettuale, mentre il segno contestato sarà percepito come dotato di un certo contenuto semantico, derivante dalla presenza dell’elemento verbale “ALL IN ONE” e dai possibili significati attribuibili ai quattro elementi figurativi visti sopra, l’altro segno è privo di qualsiasi significato in tale territorio. Poiché uno dei due segni non sarà associato ad alcun significato, i marchi in questione non sono concettualmente simili.

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.
d) Carattere distintivo del marchio anteriore

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti e servizi in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.
e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

I prodotti e servizi nelle classi 9 e 42 coperti dai marchi in disputa sono in parte identici e in parte simili. Il livello di attenzione sarà medio. I marchi presentano in particolare un elemento in comune, ovvero l’elemento verbale “RES”, per quanto, come specificato nella sezione c) della presente decisione, rappresentato in forma di acronimo e con caratteri stilizzati nel caso del marchio contestato.

Tuttavia, come visto sopra, il fatto che la raffigurazione dell’elemento verbale sia diversa nel caso del marchio impugnato non svolge un ruolo di particolare importanza. Lo stesso vale per i restanti elementi figurativi del marchio contestato, alla luce del fatto che l’elemento denominativo del segno di solito ha un impatto più forte sul consumatore rispetto all’elemento figurativo. Ciò è dovuto al fatto che il pubblico non tende ad analizzare i segni e farà più facilmente riferimento ai segni in questione utilizzando i loro elementi verbali piuttosto che descrivendone gli elementi figurativi.

Se a ciò si aggiunge il fatto che l’elemento verbale aggiuntivo del marchio contestato possiede un carattere debole, almeno per la parte del pubblico di lingua inglese, la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione in quanto le differenze esistenti tra i segni sono limitate ad elementi ed aspetti deboli o, come visto poc’anzi, secondari.

Il rischio di confusione riguarda infatti situazioni nelle quali il consumatore confonde direttamente i marchi tra di loro oppure nelle quali il consumatore effettua un collegamento tra i segni in conflitto e presuppone che i prodotti designati appartengano alla stessa impresa o a imprese economicamente collegate.

Considerato quanto sopra, sussiste un rischio di confusione per la parte del pubblico di riferimento di lingua inglese. Come precedentemente precisato nella sezione c) della presente decisione, un rischio di confusione solo per una parte del pubblico di riferimento dell’Unione europea è sufficiente per respingere la domanda contestata.

Pertanto, l’opposizione basata sulla registrazione di marchio internazionale n. 933 329 che designa l’Unione europea deve considerarsi adeguatamente fondata. Ne discende che il marchio impugnato deve essere respinto per tutti i prodotti e servizi contestati.

Poiché la registrazione di marchio internazionale n. 933 329 porta all’accoglimento dell’opposizione e al rigetto del marchio impugnato per tutti i prodotti e servizi contro i quali essa era diretta, non è necessario esaminare l’altro diritto anteriore invocato dall’opponente (16/09/2004, T 342/02, Moser Grupo Media, S.L., EU:T:2004:268).
SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento di opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché il richiedente è la parte soccombente, deve farsi carico della tassa d’opposizione così come delle spese sostenute dall’opponente nel corso del procedimento.

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 6 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto i) REMUE, le spese da rimborsare all’opponente sono la tassa d’opposizione e le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.
La Divisione d’Opposizione

Karin KUHL Andrea VALISA
Michele M.
BENEDETTI-ALOISI

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




SIME contro SIME – Divisione d’Opposizione 09.08.2016

SIME contro SIME – Divisione d’Opposizione 09.08.2016

marchio SIME contro marchio SIME

 

I prodotti e i servizi non sono considerati simili o diversi tra loro per il solo fatto che figurino nella stessa classe o in classi distinte. La Divisione d’opposizione ha affermato che i prodotti – stiamo parlando di prodotti appartenenti al settore irrigazione da un lato e prodotti che appartengono al settore termoidraulico dall’altro – pur appartenendo alla stessa classe e pur avendo nella fattispecie concreta in comune l’utilizzo dell’acqua e dei tubi, siano considerabili simili  limitatamente a tali circostanze in  quanto un prodotto ha la funzione termoregolatrice e l’altro serve ad apportare nutrimento a colture agricole di vario tipo. Infatti il proposito dei prodotti è differente per cui non sono in competizione tra di loro e sebbene  il pubblico interessato possa essere lo stesso, tale circostanza non è un elemento di per sé sufficiente a riconoscere una similitudine tra i prodotti.

 

TESTO DELLA DECISIONE

OPPOSIZIONE N. B 2 153 909

Sime S.P.A.

c o n t r o

SIME – Idromeccanica S.R.L.

Il 09/08/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente
DECISIONE:

1. L’opposizione n. B 2 153 909 è totalmente respinta.

2. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 11 298 213 . L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 1 062 132 . L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), RMUE, e l’articolo 8, paragrafo 4, RMUE.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza.. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.
a) I prodotti

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

Classe 11: Radiatori e caldaie in ghisa per impianti di riscaldamento a gas, gasolio e carbone; impianti di riscaldamento, caldaie per impianti di riscaldamento; bruciatori per impianti di vapore; impianti ed apparecchi per la refrigerazione ed il condizionamento; impianti di essiccamento e di ventilazione; depuratori non automatici per impianti di riscaldamento; impianti di riscaldamento ad acqua calda; umidificatori per radiatori di riscaldamento centrale; apparecchi di riscaldamento a combustione solido, liquido, gassoso; radiatori per riscaldamento centrale; apparecchi riscaldatori d’acqua; riscaldatori d’acqua; caldaie di bollitori; alimentori di caldaie di riscaldamento; canne fumarie di caldaie di riscaldamento; tubi di caldaie di riscaldamento.

I prodotti contestati sono i seguenti:

Classe 11: Irrigatori per impianti di irrigazione e ricambi.

In via preliminare, occorre osservare che, secondo l’articolo 28, paragrafo 7, RMUE, i prodotti e i servizi non sono considerati simili o diversi tra loro per il fatto che figurano nella stessa classe o in classi distinte della classificazione di Nizza.

I fattori pertinenti per la comparazione dei prodotti o dei servizi includono, inter alia, la natura e la destinazione dei prodotti o dei servizi, i loro canali di distribuzione e punti vendita, i produttori, il metodo d’uso nonché la loro concorrenzialità o complementarità.

Se così, l’affermazione dell’opponente secondo cui i prodotti inclusi nella medesima classe sono per lo meno simili deve essere rigettata. Se così non fosse, si arriverebbe a comparazioni assurde come, ad esempio, una somiglianza fra estintori e software solo perché entrambi i prodotti sono inclusi nella classe 9.

I prodotti dell’opponente appartengono al settore della termoidraulica che è il settore che si occupa degli impianti termici ed idraulici di un edificio nel loro complesso. In altre parole si tratta sostanzialmente di apparecchi di regolazione termica (aria condizionata, radiatori e delle loro parti come i bruciatori, caldaie alimentate in differenti maniere, etc.).

I prodotti impugnati appartengono al settore dell’irrigazione che è il settore che si occupa di provvedere all’approvvigionamento di acqua per colture agricole o domestiche ad esempio giardini o anche solo terrazze e balconi in cui sono presenti piante.

Sebbene non si possa negare che entrambi i settori abbiano in comune l’utilizzo dell’acqua e di tubi, le similitudini fra i due settori sono limitate a tali circostanze.
Si rileva, infatti, che:

– il proposito dei prodotti è differente. I primi hanno una funzione termoregolatrice, mentre i secondi servono ad apportare nutrimento a colture di vario tipo;
– i canali di distribuzione sono differenti, gli installatori sono differenti ed hanno bisogno di know- how differenti;
– le aziende che realizzano i prodotti sono differenti e sfruttano know- how differenti;
– i prodotti non sono in competizione fra loro poiché soddisfano diversi bisogni, né complementari in quanto non esiste tra loro alcuna correlazione di impiego;
– sebbene il pubblico interessato possa essere lo stesso, poiché ad esempio il proprietario di un edificio può avere bisogno di entrambi i prodotti, tale circostanza non è sufficiente a trovare un elemento di somiglianza. La possibile identità del consumatore finale non è un elemento di per sé sufficiente a riconoscere una similitudine fra prodotti e/o servizi in comparazione.
b) Conclusione

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, la somiglianza dei prodotti o dei servizi è una condizione necessaria per la sussistenza del rischio di confusione. Poiché i prodotti sono chiaramente dissimili, una delle condizioni necessarie enunciate dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE non è soddisfatta. L’opposizione deve quindi essere respinta. Per la stessa ragione l’opposizione deve altresì essere respinta nella misura in cui è basata sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera a) RMUE

Poiché i prodotti sono dissimili non è necessario analizzare la prova d’uso presentata dall’opponente del segno anteriore. Allo stesso modo è irrilevante la rivendicazione di capacità distintiva accresciuta tramite l’uso dell’opponente poiché ai sensi dell’articolo 8, pargarafo,1 lettera b) la somiglianza dei prodotti/servizi è uno dei due requisiti cumulativi del rischio di confusione.

L’esame dell’opposizione continuerà sulla base dell’articolo 8, paragrafo 4 RMUE.

MARCHIO NON REGISTRATO O UN ALTRO SEGNO USATO NELLA PRASSI COMMERCIALE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 4, RMUE
Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, RMUE, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio non registrato o di un altro segno utilizzato nella normale prassi commerciale e di portata non puramente locale, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se e in quanto, conformemente a una normativa dell’Unione o alla legislazione dello Stato membro che disciplina detto segno:
(a) sono stati acquisiti diritti a detto contrassegno prima della data di presentazione della domanda di marchio dell’Unione europea, o della data di decorrenza del diritto di priorità invocato per presentare la domanda di marchio dell’Unione europea;
(b) questo contrassegno dà al suo titolare il diritto di vietare l’uso di un marchio successivo.
I motivi del rifiuto previsti dall’articolo 8, paragrafo 4, RMUE sono quindi soggetti ai seguenti requisiti:
• il segno anteriore dev’essere stato utilizzato nella normale prassi commerciale e aver avuto una portata non puramente locale prima del deposito del marchio impugnato;
• conformemente alla legislazione che lo disciplina, prima del deposito del marchio impugnato l’opponente ha acquisito diritti sul segno sul quale si fonda l’opposizione, compreso il diritto di vietare l’uso di un marchio successivo;
• le condizioni alle quali l’uso di un marchio successivo può essere proibito sono soddisfatte in relazione al marchio impugnato.
Poiché tali condizioni sono cumulative, qualora un segno non soddisfi una di tali condizioni, l’opposizione fondata sull’esistenza di un marchio non registrato o di un altro segno utilizzato nella normale prassi commerciale, secondo il significato attribuito dall’articolo 8, paragrafo 4, RMUE, non può essere accolta.
In concreto l’opponente invoca la denominazione sociale FONDERIE SIME (S.p.A.) che in base alla visura camerale presentata è stata fondata nel 1980.
Le prove presentate dall’opponente, provando che detta denominazione sociale esiste, non soddisfino il requisito minimo di “portata non puramente locale” come previsto dall’articolo 8, paragrafo 4, RMUE.
Il contrassegno in questione ha una portata che non è puramente locale sul territorio rilevante qualora il suo impatto non sia circoscritto a una parte limitata del suddetto territorio, come in via generale è nel caso di una città o di una provincia
(24/03/2009, T 318/06 – T 321/06, General Optica, EU:T:2009:77, § 41).
Il requisito di un utilizzo nella normale prassi commerciale di portata non puramente locale può essere dimostrato in base all’esistenza di una rete di succursali economicamente attive su tutto il territorio interessato, ma anche in modo più semplice, per esempio producendo fatture rilasciate al di fuori della regione in cui si trova la sede, articoli di stampa che mettano in evidenza il grado di notorietà del contrassegno fatto valere tra il pubblico o dimostrando che si fa riferimento all’esercizio commerciale nelle guide di viaggio (24/03/2009, T 318/06 – T 321/06, General Optica, EU:T:2009:77, § 43). Il segno deve essere utilizzato in una parte rilevante del territorio di protezione (29/03/2011, C 96/09 P, Bud, EU:C:2011:189, § 159).
Nel caso in questione, i documenti presentati, ovvero “la visura camerale della Società “FONDERIE SIME S.p.A.”, non forniscono alla Divisione d’Opposizione informazioni sufficienti sul volume commerciale, sulla durata e sulla frequenza dell’uso.
Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE, nel corso del procedimento l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, nei procedimenti concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.
Ne discende che l’Ufficio non può tenere conto di diritti asseriti per i quali l’opponente non abbia prodotto prove adeguate.
Conformemente alla regola 19, paragrafo 1, REMUE, l’Ufficio dà alla parte opponente l’opportunità di presentare i fatti, le prove e le osservazioni a sostegno della sua opposizione o di completare eventuali fatti, prove od osservazioni che siano già stati presentati insieme con l’atto di opposizione entro un termine fissato dall’Ufficio.
Conformemente alla regola 19, paragrafo 2, REMUE, entro il termine di cui sopra, l’opponente deposita inoltre le prove dell’esistenza, della validità e della portata della protezione del suo marchio anteriore o diritto anteriore, nonché la prova del suo diritto a proporre opposizione.
Il 22/03/2013 sono stati concessi all’opponente due mesi, a decorrere dalla scadenza del periodo di riflessione (cooling-off) per presentare il suddetto materiale. Tale termine è scaduto, a seguito di un’estensione, il 03/06/2015.
Le sole prove presentate dall’opponente in grado di completare l’unica prova prodotta sono le prove d’uso che l’Ufficio ha ricevuto in data 04/12/2015, cioè dopo la scadenza del suddetto limite di tempo (03/06/2015)
Ai sensi della regola 19, paragrafo 4, REMUE, l’Ufficio non tiene conto delle osservazioni o dei documenti scritti, o di loro parti, che non siano stati presentati o non siano stati tradotti nella lingua della procedura entro il termine stabilito dall’Ufficio.
Dal momento che non si può tener conto delle suddette prove, l’opponente non ha potuto dimostrare l’utilizzo nella normale prassi commerciale del segno sul quale si fonda l’opposizione.
Poiché uno dei necessari requisiti dell’articolo 8, paragrafo 4, RMUE non viene soddisfatto, l’opposizione dev’essere respinta in quanto infondata.
Ad abundantiam si rileva che ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE, nel corso della procedura l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti; tuttavia, in procedure concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’esame si limita agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.
Ai sensi della regola 19, paragrafo 2, lettera d), REMUE, se l’opposizione si basa su un diritto anteriore nel senso indicato all’articolo 8, paragrafo 4, RMUE, l’opponente deve fornire, la prova della sua acquisizione, della sua attuale esistenza e della portata della protezione di tale diritto.
Pertanto, spetta all’opponente presentare tutte le informazioni necessarie ai fini della decisione, anche attraverso l’individuazione della legge applicabile e fornendo tutte le informazioni necessarie per la sua corretta applicazione. Ai sensi della Giurisprudenza, spetta all’opponente “…l’onere di presentare all’EUIPO non soltanto gli elementi comprovanti che egli soddisfa le condizioni prescritte, ai sensi della normativa nazionale di cui chiede l’applicazione, … ma anche gli elementi che dimostrano il contenuto di tale normativa” (05/07/2011, C 263/09 P, Elio Fiorucci, EU:C:2011:452, § 50). Gli elementi di prova da presentare devono consentire alla Divisione d’Opposizione di stabilire con certezza che uno specifico diritto è previsto dalla legge in questione nonché quali siano le condizioni per l’acquisizione di tale diritto. Gli elementi di prova devono altresì chiarire se il titolare del diritto ha la facoltà di vietare l’uso di un marchio posteriore nonché quali siano le condizioni in base alle quali il diritto può prevalere ed essere applicato nei confronti di un marchio posteriore.
Per quanto concerne la legislazione nazionale, l’opponente è tenuto a citare le disposizioni della legislazione applicabile relative ai presupposti che disciplinano l’acquisizione di diritti nonché le disposizioni relative alla portata della protezione del diritto. L’opponente è tenuto a fornire un riferimento alla disposizione giuridica pertinente (numero dell’articolo, unitamente al numero e al titolo della norma) e il contenuto (testo) della disposizione giuridica, riportandolo nella documentazione presentata o mettendolo in evidenza in una pubblicazione allegata alla presentazione (ad esempio estratti da una gazzetta ufficiale, contributi giuridici o sentenze giudiziali). Poiché l’onere di provare il contenuto della normativa applicabile ricade sull’opponente, egli è tenuto a presentarne il testo in lingua originale. Qualora non si trattasse della lingua del procedimento, dovrà inoltre produrre una traduzione completa delle disposizioni giuridiche richiamate, in conformità alle norme standard di prova.

L’opponente è altresì tenuto a fornire elementi probatori adeguati comprovanti il rispetto delle condizioni di acquisizione e la portata della tutela del diritto invocato, nonché elementi probatori comprovanti l’effettivo soddisfacimento dei presupposti della protezione rispetto al marchio contestato. In particolare, ha l’obbligo di addurre argomentazioni convincenti a sostegno della tesi che la legislazione applicabile impedirebbe efficacemente l’uso del marchio contestato.

Qualora l’opponente invochi la Giurisprudenza nazionale per dimostrare la fondatezza delle proprie domande, questi deve altresì fornire all’Ufficio la relativa Giurisprudenza pertinente in modo sufficientemente dettagliato e non solo con generici riferimenti a pubblicazioni nella letteratura giuridica.
Nel caso di specie, l’opponente non ha fornito informazione sulla protezione giuridica accordata al tipo di segno commerciale invocato dall’opponente, vale a dire la denominazione sociale FONDERIE SIME S.P.A.. L’opponente non ha fornito alcuna informazione sul possibile contenuto dei diritti invocati o sulle condizioni che l’opponente stesso deve rispettare per potere vietare l’uso del marchio contestato ai sensi delle legislazioni in ciascuno degli Stati membri citati dall’opponente.
L’opposizione è quindi infondata anche ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, RMUE e deve essere rigettata nella sua interezza

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.
La Divisione d’Opposizione

Karin KUHL Michele M.
BENEDETTI – ALOISI
Andrea VALISA

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




MARCHIO NOTORIO contro MARCHIO SIMILE A NOTORIO – Quinta commissione di ricorso 14.07.2016

MARCHIO NOTORIO contro MARCHIO SIMILE A NOTORIO – Quinta commissione di ricorso 14.07.2016

marchio NORCINERIA FIORUCCI DAL 1850  contro marchio VINI FIORUCCI

La Quinta commissione di ricorso si è espressa rispetto alla complessa vicenda intercorsa tra il noto marchio NORCINERIA FIORUCCI DAL 1850 , storico marchio conosciuto specie nelle regioni di Umbria e Lazio, per la produzione di salumi e insaccati e VINI FIORUCCI, marchio  successivamente registrato, il cui ambito principale di applicazione è quello delle bevande alcoliche. Secondo la giurisprudenza,  quando un terzo tenta, mediante l’uso di un marchio simile a un marchio notorio, di porsi nel solco tracciato da quest’ultimo, al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, nonché di sfruttare, senza alcun corrispettivo economico e senza dover operare sforzi propri a tale scopo, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio anteriore per creare e mantenere l’immagine di detto marchio, si deve considerare il vantaggio derivante da siffatto uso come indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio in parola.  Nel nostro caso  il settore della salumeria non trova la sua naturale espansione in quello delle bevande alcoliche e viceversa, e l’azienda che fa capo al marchio notorio non ha presentato nessun argomento convincente per confutare tale conclusione.
Dunque, il pubblico non vincolerà, né stabilirà un nesso tra i due marchi poiché, conscio dell’attuale pratica nel mercato, questo non sarà propenso a ritenere che il marchio notorio, per quanto reputato nel settore della salumeria, abbia deciso di estendere la sua attività al settore delle bevande alcoliche,  tenendo altresì conto dell’elevata reputazione e notorietà dei marchi anteriori, visto che esse si riferiscono solo a salumi ed insaccati.

TESTO DELLA DECISIONE

Nel procedimento R 939/2015-5

CESARE FIORUCCI S.p.A.
Viale Cesare Fiorucci, 11
00040 Pomezia (RM)
Italia
Opponente / Ricorrente
rappresentato da BARZANÒ & ZANARDO, via Piemonte, 26, 00187 Roma, Italia

contro

Daniele Fiorucci
Via PIERSANTI N.58
NORCIA (PG)
Italia
Richiedente / Resistente
rappresentato dall’AVV. F. MUSELLA, via Miguel Cervantes de Saavedra n. 64, 80133 Napoli, Italia

RICORSO relativo al procedimento di opposizione n. B 2 248 931 (domanda di marchio dell’Unione europea n. 11 814 571)

LA QUINTA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da G. Humphreys (Presidente e Relatore), A. Pohlmann (Membro) e V. Melgar (Membro)
Cancelliere: H. Dijkema
ha pronunciato la seguente

Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda del 14 maggio 2013, Daniele Fiorucci (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del marchio denominativo
VINI FIORUCCI

per i seguenti prodotti e servizi
Class 33 – Bevande alcoliche (escluse le birre); Acquaviti; Alcool di menta; Alcool di riso; Alcoolici; Amari [liquori]; Anice [liquore]; Anisetta; Aperitivi; Arack; Bevande alcooliche ad eccezione delle birre; Bevande alcooliche contenenti frutta; Bevande alcooliche premiscelate, tranne che a base di birra; Bevande distillate; Cocktails; Curaçao; Digestivi [alcooli e liquori]; Essenze alcooliche; Estratti alcoolici; Estratti di frutta con alcool; Gin [acquavite]; Idromele; Kirsch; Liquori; Nira [bevanda alcolica a base di canna da zucchero]; Rum; Saké; Sidro; Sidro di pere; Vinello; Vini; Vodka; Whisky.
Classe 43 – Bar-ristoranti; Caffetterie.

2 La domanda di marchio veniva pubblicata dall’Ufficio in data 18 giugno 2013.

3 In data 16 settembre 2013, CESARE FIORUCCI S.p.A. (“l’opponente”) presentava un’opposizione alla registrazione del marchio in questione per tutti i summenzionati prodotti e servizi.

4 L’opponente basava l’opposizione sui seguenti marchi anteriori:
– Marchio dell’Unione europea n. 10 862 878 , depositato il 7 maggio 2012 e registrato il 18 settembre 2012 per i seguenti prodotti:
Classe 29 – Carne, pesce, pollame e selvaggina; Estratti di carne; Frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; Gelatine, marmellate, composte; Uova; Latte e prodotti derivati dal latte; Olii e grassi commestibili.
Classe 30 – Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè; Riso; Tapioca e sago; Farine e preparati fatti di cereali; Pane, pasticceria e confetteria; Gelati; Zucchero, miele, sciroppo di melassa; Lievito, polvere per fare lievitare; Sale; Senape; Aceto, salse (condimenti); Spezie; Ghiaccio.
– Marchio italiano n. 1 097 202 FIORUCCI, depositato il 25 novembre 1974, registrato il 06 gennaio 1979 e rinnovato il 25 febbraio 2008 per prodotti della Classe 29.
– Marchio italiano n. 1 524 975 , depositato in data 8 giugno 2012 e registrato il 9 gennaio 2013 per i seguenti prodotti e servizi:
Classe 29 – Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili.
Classe 30 – Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè; riso; tapioca e sago; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria; gelati; zucchero, miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale; senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio.

5 Con decisione del 16 marzo 2015 (“la decisione impugnata”), la Divisione di Opposizione accoglieva l’opposizione solo per una parte dei prodotti in contestazione e la rigettava per i seguenti prodotti e servizi:
Classe 33 – Acquaviti; Alcool di menta; Alcool di riso; Alcoolici; Amari [liquori]; Anice [liquore]; Anisetta; Aperitivi; Arack; Bevande alcooliche contenenti frutta; Bevande distillate; Cocktails; Curaçao; Digestivi [alcooli e liquori]; Essenze alcooliche; Estratti alcoolici; Estratti di frutta con alcool; Gin [acquavite]; Idromele; Kirsch; Liquori; Nira [bevanda alcolica a base di canna da zucchero]; Rum; Saké; Sidro; Sidro di pere; Vodka; Whisky.
Classe 43 – Bar-ristoranti; Caffetterie.
in quanto riteneva che in relazione a detti prodotti e servizi in contestazione non sussistesse rischio di confusione alcuno. In particolare, la

Divisione di Opposizione ravvisava quanto segue:

– L’opposizione basata sul marchio italiano anteriore n. 1 097 202 deve essere respinta in quanto infondata giacché l’opponente non ha provato l’esistenza, la validità e la portata della protezione di questo marchio anteriore entro il termine di cui alla regola 19, paragrafo 1, RMUE. L’esame dell’opposizione inizierà pertanto tenendo in conto il marchio dell’Unione europea anteriore n. 10 862 878.
– I prodotti contestati “vinello e vini e le bevande alcoliche (escluse le birre); bevande alcooliche ad eccezione delle birre; bevande alcooliche premiscelate, tranne che a base di birra” , queste ultime essendo categorie più ampie che comprendono anche prodotti quali i vini, presentano alcuni punti di contatto con l’aceto in Classe 30 dell’opponente. È vero che i prodotti contestati sono bevande alcoliche, mentre l’aceto non contiene alcool e serve per insaporire, condire o conservare i cibi; di qui il diverso metodo d’uso di questi prodotti. Inoltre, questi prodotti hanno normalmente una diversa origine. Tuttavia, la natura di questi prodotti è la medesima, essendo tutti frutto della lavorazione dell’uva. Inoltre, il pubblico rilevante è pure il medesimo. Pertanto, si ritiene che questi prodotti siano simili in basso grado.
– Parte dei prodotti contestati in Classe 33, ossia “acquaviti; alcool di menta; alcool di riso; alcoolici; amari [liquori]; anice [liquore]; anisetta; aperitivi; arak; bevande alcooliche contenenti frutta; bevande distillate; cocktails; curaçao; digestivi [alcooli e liquori]; essenze alcooliche; estratti alcoolici; estratti di frutta con alcool; gin [acquavite]; idromele; kirsch; liquori; nira [bevanda alcolica a base di canna da zucchero]; rum; sakè; sidro; sidro di pere; vodka; whisky”, questi prodotti non solo hanno diversi produttori, natura e canali di distribuzione rispetto ai prodotti nelle Classi 29 e 30 dell’opponente ma anche un diverso metodo d’uso e una diversa destinazione. Neppure tra di essi presentano alcun grado di concorrenzialità o complementarità. Pertanto, la Divisione di Opposizione li ritiene dissimili.
– I servizi contestati di “bar-ristoranti; caffetterie” comprendono essenzialmente la fornitura di cibi e bevande. Questi servizi sono destinati a servire cibo e bevande direttamente per il consumo. Il semplice fatto che i cibi e le bevande siano consumati in un ristorante non è una ragione sufficiente per individuare una somiglianza tra loro.
– La realtà del mercato dimostra che alcuni produttori di alimenti e/o bevande forniscono anche servizi di ristorazione sotto il loro marchio (ad es. il caffè e le relative caffetterie, il gelato e le relative gelaterie, la birra e i relativi pub); tuttavia questa non è una consuetudine commerciale consolidata e si applica più che altro ad aziende (economicamente) di successo. Queste circostanze debbono essere provate caso per caso. In altre parole debbono essere forniti elementi probatori convincenti che in una determinata realtà, anche nazionale, determinati produttori di cibi e bevande forniscono altresì direttamente servizi di ristorazione tramite il medesimo segno distintivo.
– Nel presente caso la Divisione di Opposizione ritiene che, in assenza di tale prova, non si può non concludere che i suddetti servizi e i prodotti dell’opponente nelle Classi 29 e 30 non presentino caratteristiche tali da permettere di giungere a una conclusione in senso positivo in tema di somiglianza tra di essi. La natura, la destinazione, la modalità d’uso e i canali di distribuzione sono diversi. L’origine abituale, come detto sopra, non è una consuetudine commerciale consolidata. Inoltre, a riguardo, l’opponente non ha fornito argomenti incontrovertibili di sorta. Pertanto, i prodotti e servizi ora oggetto di comparazione sono da ritenersi dissimili.
– Il territorio di riferimento è l’Unione Europea. Per motivi di economia procedurale, la Divisione di Opposizione incentrerà la comparazione dei segni su quella parte del pubblico di riferimento dotata di una sufficiente conoscenza della lingua italiana.
– Sotto il profilo visivo, i segni sono simili nella misura in cui coincidono nelle lettere “F-I-O-R-U-C-C-I”, per quanto, nel caso del marchio impugnato, con la limitazione dovuta all’uso di caratteri di fantasia. Essi differiscono negli elementi verbali aggiuntivi “NORCINERIA” e “DAL 1850” del marchio anteriore, nella parola “VINI” posta prima di “FIORUCCI” nel caso del marchio impugnato e, ancora per quanto concerne il marchio anteriore, negli elementi figurativi rappresentati dall’ovale di colore marrone e dal fiocco rossoverde.
– Sotto il profilo fonetico, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere che compongono il termine “F-I-O-R-U-C-C-I”, comune a entrambi i segni. Entro questi limiti essi sono simili dal punto di vista fonetico. La pronuncia dei segni differisce nel suono delle lettere “N-O-R-C-I-N-E-R-I-A” e “D-A-L”, oltre che nel suono derivante dalla pronuncia del numero “1850”, elementi questi del marchio anteriore e nel suono delle lettere della prima parola “V-I-N-I” del marchio impugnato.
– Sotto il profilo concettuale, il termine “FIORUCCI” che i segni hanno in comune sarà percepito dal pubblico di lingua italiana come un cognome, in special modo diffuso nelle regioni italiane dell’Umbria e del Lazio (vedasi l’informazione fornita a riguardo nella pagina web www.cognomix.it). Entro questi limiti, i segni sono concettualmente simili. Essi differiscono invece per quanto riguarda i rimanenti elementi presenti nei due segni, ossia, nel segno anteriore, la parola “NORCINERIA”, che sarà intesa come il “nome dato un tempo in Roma al locale in cui si macellava, si lavorava e si vendeva la carne di maiale e i prodotti di salumeria, rimasto più a lungo (e vivo ancora oggi) come insegna della bottega di vendita” (si veda la voce del Dizionario Treccani, Edizione online), l’espressione “DAL 1850”, che sarà percepita con il significato di “a partire dall’anno 1850” e, nel segno impugnato, il termine “VINI”, come il plurale della parola ‘VINO’, con il significato di ‘prodotto derivato dalla fermentazione alcolica, completa o parziale, del mosto di uve fresche o lievemente appassite, in presenza o in assenza delle parti solide, il cui titolo alcolico, secondo la regolamentazione vigente, non deve essere inferiore all’8,5% in volume (ad eccezione di alcune zone nelle quali è consentito, per diversità climatologiche e ambientali, un tenore non inferiore al 7%) […] (ibidem).
– Tenuto conto delle coincidenze visive, fonetiche e concettuali, si ritiene che i segni oggetto della comparazione siano simili.
– Il segno impugnato non ha elementi che potrebbero essere considerati dominanti (ovvero dotati di maggiore impatto visivo) rispetto ad altri.
– L’elemento “VINI” del segno impugnato è associato invariabilmente al concetto di prodotto derivato dalla fermentazione alcolica, completa o parziale, del mosto di uve fresche o lievemente appassite. Tenendo conto che i prodotti rilevanti sono bevande alcoliche, vino e vinello, si considera che questo elemento è privo di capacità distintiva per questi prodotti. La parte del pubblico di riferimento che comprende il significato dell’elemento non presterà la stessa attenzione a tale elemento privo di capacità distintiva che rivolgerà all’altro elemento più distintivo del marchio. Di conseguenza, l’impatto di tale elemento è da considerarsi limitato in sede di valutazione del rischio di confusione fra i marchi in questione. L’elemento “DAL 1850” del marchio anteriore sarà associato alla data di stabilimento dell’attività produttiva e commerciale. Si considera che questo elemento sia dotato di una limitata capacità distintiva, considerando che un’associazione verrà stabilita con la data di inizio dell’attività. La parte del pubblico di riferimento che comprende il significato dei detti elementi non presterà la stessa attenzione a tali elementi di limitata capacità distintiva che rivolgerà agli altri elementi più distintivi del marchio. Di conseguenza, l’impatto di tali elementi di limitata capacità distintiva è da considerarsi limitato in sede di valutazione del rischio di confusione fra i marchi in questione. L’elemento “FIORUCCI” nel marchio anteriore è l’elemento dominante in quanto dotato di maggiore impatto visivo. In virtù della sua posizione centrale e delle sue dimensioni, esso fa passare in secondo piano gli altri elementi verbali del marchio.
– Per quanto riguarda il marchio anteriore, va osservato che esso è composto da almeno un elemento verbale distintivo, ossia “FIORUCCI” e da elementi figurativi di natura prettamente decorativa dotati di capacità distintiva minore. È per questa ragione che l’elemento verbale “FIORUCCI” è considerato maggiormente distintivo rispetto agli elementi figurativi.
– Ad avviso dell’opponente, il marchio anteriore è stato usato in modo intensivo e gode di un ambito di protezione accresciuto. Tuttavia, per motivi di economia procedurale, nel caso presente non è necessario valutare le prove presentate dall’opponente a sostegno della sua rivendicazione.
– Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco che nella fattispecie deve essere considerato normale, nonostante la presenza in esso di alcuni elementi di modesta capacità distintiva.
– Nel presente caso, i prodotti che risultano essere simili in basso grado sono diretti al grande pubblico. Il livello di attenzione sarà medio.
– La Divisione di Opposizione ritiene che la parte del pubblico di lingua italiana si riferirà a entrambi i marchi principalmente attraverso il termine “FIORUCCI”, che non solo è visivamente assai simile e foneticamente identico, ma sarà anche associato ad un cognome diffuso specialmente nelle regione dell’Umbria e del Lazio.
– Posto quanto sopra, debitamente considerato ogni fattore di rilevanza nel presente caso, ivi incluso il principio d’interdipendenza a mente del quale un minor grado di somiglianza tra i marchi può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i prodotti (e viceversa), la Divisione d’Opposizione ritiene che sussista un rischio di confusione da parte del pubblico di riferimento di lingua italiana per i prodotti reputati identici e simili. Infatti, il marchio contestato deve essere respinto per i prodotti considerati simili in basso grado a quelli del marchio anteriore, data la corrispondenza tra l’elemento dominante del marchio anteriore e l’unico elemento distintivo del marchio impugnato.
– I restanti prodotti e servizi contestati sono dissimili. Poiché la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, l’opposizione basata su tale articolo e diretta contro i suddetti servizi non può essere accolta.
– Le stesse considerazioni sono valide anche in relazione al marchio italiano anteriore n. 1 524 975, che protegge prodotti identici a quelli che copre l’altro marchio anteriore considerato.
– In quanto all’articolo 8, paragrafo 5, RMUE, si ritiene che l’opponente non sia stato in grado di dimostrare che il pregiudizio o l’indebito vantaggio sono probabili, ossia prevedibili nel normale corso degli eventi. Infatti, l’opponente non ha presentato prove né ha svolto una coerente argomentazione da cui emerga in che cosa consisterebbero il pregiudizio o l’indebito vantaggio e come potrebbero verificarsi, in maniera che sia possibile concluderne prima facie che tale evento è effettivamente probabile nel normale corso degli eventi.
– Nel caso specifico, la Divisione di Opposizione non può che costatare come, oltre ad affermare la notorietà e a sostenere che i consumatori stabiliranno un nesso tra i marchi a causa delle somiglianze che si riscontrano fra essi, l’opponente non ha fornito alcun fatto, osservazione o prova, di carattere incontrovertibile, a sostegno della conclusione che l’uso del marchio contro cui viene proposta opposizione trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi.
– L’opponente non mostrato con dovizia di particolari, l’esistenza di casi reali estrapolati da concrete situazioni di mercato riguardanti una “espansione naturale del settore alimentare”, e quindi, nel caso presente, di un percorso effettivo di un qualsivoglia operatore commerciale che, a partire dal settore della salumeria, sia poi giunto a quello della fornitura di servizi di bar-ristoranti o caffetterie e della produzione di bevande alcoliche.
– L’opponente non ha presentato prove o almeno svolgere una coerente argomentazione da cui emergesse in che cosa consisterebbero il pregiudizio o l’indebito vantaggio e come potrebbero verificarsi, in maniera che fosse possibile concluderne prima facie che tale evento è effettivamente probabile nel normale corso degli eventi.
– Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMUE, nel corso della procedura l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, in procedure concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’esame si limita agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti. Dal momento che l’opponente non è stato in grado di fornire ragioni valide da cui si possa concludere che l’uso del segno impugnato possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori o recare pregiudizio agli stessi, l’opposizione è considerata infondata ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

6 In data 14 maggio 2015 l’opponente presentava un ricorso avverso la decisione impugnata chiedendone l’annullamento nella misura in cui l’opposizione era stata respinta per i prodotti e servizi summenzionati al punto 5 della presente decisione (“i prodotti e servizi oggetto del ricorso”). L’Ufficio riceveva la memoria contenente i motivi di ricorso in data 16 luglio 2015.

7 Nelle sue osservazioni in risposta ricevute dall’Ufficio in data 2 ottobre 2015, la richiedente chiedeva il rigetto del ricorso.
Conclusioni e argomenti delle parti

8 Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue:
– Si ritiene che la Divisione di Opposizione abbia errato nel considerare che “aceto” coperto dal marchio anteriore non fosse simile ai prodotti oggetto del ricorso.
– In particolare, si reputa che la Divisione di Opposizione sia incorsa in una contraddizione affermando che non esiste somiglianza alcuna tra questi prodotti in conflitto quando, invece, tutti i prodotti oggetto del ricorso rientrano nella categoria di bevande alcoliche, le quali sono state ritenute simili all’“aceto”.
– Inoltre, in termini generali, si considera che esista una certa affinità tra i prodotti oggetto del ricorso e i prodotti delle Classi 29 e 30 poiché sono frequentemente consumati allo stesso tempo ed abbinati tra loro.
– La Divisione di Opposizione è incorsa in errore anche nel ritenere che i servizi oggetti del ricorso non fossero dissimili dai prodotti protetti dal marchio anteriore nella Classe 30.
– Il pubblico è infatti a conoscenza del fatto che produttori di alimenti e/o bevande forniscono anche servizi di ristorazione. Questa è, contrariamente a quanto affermato dalla Divisione di Opposizione, una consuetudine commerciale consolidata nel mercato. Si citano indirizzi di pagine web a sostegno di tale argomento.
– La Divisione di Opposizione avrebbe dovuto riconoscere che i prodotti e servizi in conflitto possono essere offerti dalla medesima impresa.
– Inoltre, non è infrequente che certi esercizi che offrono i servizi di bar e ristorazione offrano altresì la possibilità di ordinare e portare via i prodotti.
– Quindi, dato l’elevato grado di somiglianza tra i segni a raffronto e l’accresciuto carattere distintivo del marchio anteriore, esiste, contrariamente a quanto erroneamente concluso dalla Divisione di Opposizione, un rischio di confusione in relazione ai prodotti e servizi oggetto del ricorso.
– La decisione impugnata è altresì viziata da errore nella misura in cui l’Ufficio si è limitato unicamente a richiamare le argomentazioni presentate dall’opponente, concludendo aprioristicamente che esse non fossero sufficienti per dimostrare quanto richiesto dall’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.
– Infatti, la Divisione id Opposizione avrebbe dovuto tenere conto della circostanza che i marchi anteriori godono di notorietà e prestigio in Italia per salumi insaccati. L’opponente ha investito ingenti somme di denaro per promuovere i suoi prodotti contraddistinti dia marchi anteriori. Infine, la richiedente non ha fornito una giusta causa per usare il marchio impugnato.
– Alla luce di ciò, così come del fatto che i segni sono molto simili e che i prodotti e servizi in conflitto sono quantomeno affini, è altamente probabile che, alla luce delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, si possa produrre vantaggio indebito e/o arrecare un pregiudizio del carattere distintivo di questi marchi anteriori.

9 Gli argomenti presentati in risposta al ricorso possono essere sintetizzati come segue:
– I segni, nonostante coincidano nel termine “FIORUCCI”, presentano numerose differenze verbali e grafiche che permettono al pubblico di riferimento di distinguerli come appartenenti a distinte imprese.
– I prodotti e servizi in conflitto non sono simili così come dimostra la loro appartenenza a classi differenti. Inoltre, l’opponente non usa il marchio anteriore per i servizi della Classe 43.
– Dunque, poiché i prodotti e servizi designati dai marchi non sono simili, la Divisione di Opposizione ha concluso correttamente che, nel caso di specie, non sussiste rischio di confusione alcuno in relazione ai servizi oggetto del ricorso.
– In effetti, i prodotti e servizi di cui trattasi non sono complementari tra loro e quindi, anche qualora il marchio godesse di un elevato carattere distintivo, non si presentano le condizioni necessarie per accogliere l’opposizione relativamente ai servizi oggetto del ricorso.
– Inoltre, in quanto all’opposizione fondata sull’articolo 8, paragrafo 5, RMUE, non si comprende quale indebito vantaggio potrebbe mai ottenere il marchio impugnato visto che i marchi in conflitto operano in porzioni di mercato diverse.
– L’opponente è incorsa in un’evidente contraddizione nell’affermare che l’uso del marchio impugnato potrebbe arrecare pregiudizio al carattere distintivo del marchio anteriore. Infatti, l’opponente afferma che quella dei servizi di ristorazione rappresenterebbe un’espansione naturale della sua attività, per poi invece rivendicare che un uso del marchio in relazione ai detti servizi sarebbe pregiudiziale per il carattere distintivo del marchio anteriore. L’attività di ristorazione-bar-caffetteria sarebbe piuttosto un pregio e, in quanto tale, non apporta alcun detrimento alla rinomanza del marchio anteriore.
– È altresì doveroso aggiungere che l’opponente non pe stata in grado di fornire la prova di una concreta modifica del comportamento economico del consumatore di riferimento.
– L’esistenza di un giustificato motivo all’uso del marchio impegnato è dato dal fatto che esso corrisponde al cognome della richiedente.
Motivazione

10 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 e 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.

11 Il ricorso è altresì parzialmente fondato e, nello specifico, in relazione ai servizi oggetto del ricorso nella Classe 43.
Questione preliminare

12 In via preliminare, è doveroso osservare che in sede di ricorso l’opponente non ha contestato la conclusione della Divisione di Opposizione che l’opposizione basata sul marchio italiano n. 1 097 202 è da ritenersi infondata. Pertanto, detto diritto anteriore resta escluso dal presente ricorso.

13 Inoltre, dato che la Divisione di Opposizione ha ravvisato che non sussiste un rischio di confusione con riguardo ai prodotti e servizi oggetto del ricorso tenendo prevalentemente in considerazione il marchio dell’Unione europea anteriore n. 1 062 878 (“il marchio anteriore considerato”), questa Commissione inizierà il riesame del caso valutando se il marchio impugnato e questo diritto anteriore su cui si basa l’opposizione possono indurre pubblico di riferimento in un rischio confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE.
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b,) RMUE

14 L’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE dispone che, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

15 Infatti, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico creda che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate.
Pubblico di riferimento

16 La percezione dei marchi da parte del consumatore medio dei prodotti di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale del rischio di confusione. Il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. 11/11/1997, C 251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 25).

17 Nel caso in esame il territorio rilevante è costituito dall’Unione europea nel suo complesso e anche dall’Italia, poiché i marchi anteriori che devono essere considerati nella valutazione del rischio di confusione sono una registrazione di marchio dell’Unione europea e una registrazione italiana.

18 Con riguardo al marchio anteriore registrato presso l’Ufficio, occorre ricordare che per rifiutare la registrazione di un marchio dell’UE, è sufficiente che un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE esista in una parte dell’Unione (v. 21/03/2011, T 372/09, Gold Meister, EU:T:2011:97, § 20 e giurisprudenza ivi citata).

19 Pertanto, la Commissione in principio limiterà la sua valutazione del rischio di confusione ex articolo 8, paragrafo 1, lettera b) RMUE tenendo in conto la percezione della parte del pubblico di lingua italiana.

20 Occorre, altresì, prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del pubblico può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi (v. 22/06/1999, C 342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

21 Le parti convengono sul fatto che i prodotti e servizi coperti dai marchi in conflitto sono diretti al grande pubblico, cui consumatore medio si ritiene normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto. Tale valutazione è confermata dalla Commissione.
Comparazione dei prodotti e servizi

22 Con riguardo al raffronto dei prodotti e servizi di cui trattasi, va ricordato che esso va effettuato tenendo conto di tutti fattori pertinenti che caratterizzano la relazione tra i prodotti e servizi in questione. Tali fattori comprendono, in particolare, la loro natura, la loro destinazione, le loro modalità d’utilizzazione, nonché la loro possibile intercambiabilità o complementarità (v. 29/09/1998, C 39/97, Canon, EU:C:1998:442, § 23). Altri fattori da considerare includono l’origine dei prodotti e le relative reti di distribuzione e vendita.

23 Come risulta da una giurisprudenza costante, sono complementari quei prodotti o servizi tra i quali esiste una stretta correlazione, nel senso che l’uno è indispensabile o importante per l’uso dell’altro, di modo che i consumatori possano supporre che la responsabilità della fabbricazione di tali prodotti o della fornitura di questi servizi sia riconducibile a una stessa impresa (v. 22/01/2009, T 316/07, easyHotel, EU:T:2009:14, § 57, 58, e giurisprudenza ivi citata).

24 Nel caso di specie i seguenti prodotti e servizi oggetto del ricorso:
Classe 33 – Acquaviti; Alcool di menta; Alcool di riso; Alcoolici; Amari [liquori]; Anice [liquore]; Anisetta; Aperitivi; Arack; Bevande alcooliche contenenti frutta; Bevande distillate; Cocktails; Curaçao; Digestivi [alcooli e liquori]; Essenze alcooliche; Estratti alcoolici; Estratti di frutta con alcool; Gin [acquavite]; Idromele; Kirsch; Liquori; Nira [bevanda alcolica a base di canna da zucchero]; Rum; Saké; Sidro; Sidro di pere; Vodka; Whisky.
Classe 43 – Bar-ristoranti; Caffetterie.
devono essere raffrontati con i seguenti prodotti protetti dai marchi anteriori:
Classe 29 – Carne, pesce, pollame e selvaggina; Estratti di carne; Frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti; Gelatine, marmellate, composte; Uova; Latte e prodotti derivati dal latte; Olii e grassi commestibili.
Classe 30 – Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè; Riso; Tapioca e sago; Farine e preparati fatti di cereali; Pane, pasticceria e confetteria; Gelati; Zucchero, miele, sciroppo di melassa; Lievito, polvere per fare lievitare; Sale; Senape; Aceto, salse (condimenti); Spezie; Ghiaccio.

25 L’opponente afferma essenzialmente che i summenzionati prodotti e servizi a confronto sarebbero simili in quanto, a suo avviso, è possibile che il pubblico di riferimento stabilisca una connessione tra essi. Inoltre, l’opponente argomenta che i prodotti oggetto del ricorso, essendo bevande alcoliche, sono comunque simili all’“aceto”, protetto dai marchi anteriori.

26 La Commissione, anche se riconosce che i prodotti in conflitto di cui sopra possono essere consumati nello stesso momento, non può tuttavia condividere la conclusione allegata dall’opponente circa una loro somiglianza rilevante ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

27 Infatti, tenendo conto dei criteri giurisprudenziali menzionati in precedenza, la Commissione ritiene che i prodotti in questione presentino numerosi aspetti differenti che li rendono dissimili agli occhi del pubblico destinatario.

28 In particolare, la Commissione reputa che la Divisione di Opposizione non sia incorsa in contraddizione alcuna nel non rilevare una similitudine rilevante tra questi prodotti e che abbia fornito valide ragioni a sostegno di questa valutazione.

29 In questo senso, è doveroso notare che nella dicitura “bevande alcoliche” rientrano non solo i prodotti oggetto del ricorso, ma anche i “vini” che, come correttamente rilevato nella decisione impugnata, presentano alcuni punti di contatto con l’“aceto”. Quindi, poiché la definizione generale appena menzionata contiene anche i “vini”, la Divisione di Opposizione ha lecitamente ritenuto che esiste una somiglianza tra questi ultimi e l’“aceto”. Tale somiglianza, tuttavia, non è apprezzabile con riguardo ai prodotti oggetto di ricorso, i quali sono differenti in natura dai “vini”.

30 Tenuto conto di quanto sopra e visto che la giurisprudenza ha chiaramente stabilito che per apprezzare una somiglianza rilevante tra i prodotti è necessario che i consumatori ritengano normale che i essi siano commercializzati con il medesimo marchio, il che comporta, di regola, che gran parte dei produttori o dei distributori rispettivi di tali prodotti siano i medesimi (v. 11/07/2007, T 150/04, Tosca Blu, EU:T:2007:214, § 37), la Commissione conclude che la Divisione di Opposizione ha a ragione ritenuto che questi prodotti in conflitto sono dissimili.

31 In quanto ai servizi oggetto del ricorso, l’opponente allega che, oggigiorno, macellerie e pescherie offrono servizi di ristorazione e che, inoltre, esistono caffetterie in cui è possibile acquistare le proprie miscele di caffè. L’opponente fornisce in supporto di quest’argomento gli indirizzi di alcune pagine web italiane. Si citano, a titolo di esempio, le seguenti:
www.amanowine.it/il-fornello-pronto/;
www.pescheriadaclaudio.it/pescheria-da-claudio-milano/;
www.ristorantepescheriamobydick.it/il-ristorante/ristorante-pescheria;
www.facebook.com/www.lagrigliata.it.

32 Secondo l’opponente, la Divisione di Opposizione avrebbe dovuto riconoscere che i servizi oggetto del ricorso e i prodotti protetti dal marchio anteriore considerato possono essere vincolati alla stessa impresa, o allo stesso gruppo di imprese, e che quindi sono simili come inteso dalla giurisprudenza.

33 La Commissione si trova d’accordo con tale linea di ragionamento che, come si espone in seguito, è confermata dalla recente giurisprudenza del Tribunale.

34 In effetti, anche se i prodotti e servizi di cui sopra non condividono la stessa natura, finalità e metodo d’uso e che quindi, stante questi criteri, non vi sarebbe, in principio, una somiglianza rilevante tra essi (v. 13/04/2011, T 345/09, Puerta de Labastida, EU:T:2011:173, § 51), essi sono complementari e, pertanto, in certa misura simili.

35 In particolare, i prodotti dell’opponente vengono necessariamente impiegati per servire cibo e bevande con la conseguenza che i prodotti e servizi in questione, al contrario di quanto ribadito dalla richiedente in sede di ricorso, sono complementari. Inoltre, il cibo e le bevande possono essere offerto in vendita negli stessi stabilimenti che servono cibo e bevande. Gli indirizzi di pagine web presentati dall’opponente offrono, in questo senso, evidenti esempi d’intersecazione e di sovrapposizione commerciale tra i settori a cui appartengono detti prodotti e servizi. Ne consegue che i servizi in contestazione presentano un nesso sufficientemente stretto con i prodotti dell’opponente (v. 18/02/2016, T 711/13 and T 716/13, HARRY’S BAR / PUB CASINO Harrys RESTAURANG (fig.) et al., EU:T:2016:82, § 59, 13/04/2011, T 345/09, Puerta de Labastida, EU:T:2011:173, § 52 e 15/02/2011, T 213/09, Yorma’s, EU:T:2011:37, § 46).

36 Pertanto, il pubblico destinatario potrebbe avere l’impressione che i prodotti e servizi in questione possano avere la medesima origine commerciale (v. 04/11/2003, T 85/02, Castillo, EU:T:2003:288, § 33). Quindi, la Commissione conclude che nel caso in esame esiste un certo grado di somiglianza, anche se non elevato, tra i prodotti e servizi a confronto (v. 18/02/2016, T 711/13 and T 716/13, HARRY’S BAR / PUB CASINO Harrys RESTAURANG (fig.) et al., EU:T:2016:82, § 60).

37 La Commissione considera come irrilevante l’affermazione della richiedente che l’opponente non avrebbe usato, né avrebbe intenzione di usare i marchi anteriori per i servizi che sono in contestazione. Infatti, la richiedente non aveva richiesto la prova dell’uso dei marchi anteriori dell’opponente innanzi alla Divisione di Opposizione e, inoltre, il raffronto dei prodotti e servizi deve tenere in considerazione il loro enunciato come rivendicato nella domanda o nella registrazione del marchio e non le loro reali condizioni di utilizzo o l’intenzione d’uso del titolare (v. 15/02/2011, T 213/09, Yorma’s, EU:T:2011:37, § 46, 22/03/2007, T 364/05, Pam Pluvial, EU:T:2007:96, § 61 e giurisprudenza ivi citata). È altresì irrilevante che i prodotti e servizi sono rivendicati in differenti classi, giacché secondo la regola 2, paragrafo 4, REMC, la classificazione di Nizza serve esclusivamente a fini amministrativi.
Comparazione dei segni

38 I segni da porre a confronto sono i seguenti:
VINI FIORUCCI
marchio impugnato marchio anteriore

39 In linea con la decisione impugnata, anche la Commissione focalizzerà il raffronto dei marchi in relazione alla percezione dei medesimi da parte del pubblico italiano.

40 Il segno contestato è un marchio puramente denominativo che è composto dalle parole “VINI” e “FIORUCCI”. Il segno dell’opponete è invece un marchio figurativo che include elementi verbali, ovverosia l’espressione “NORCINERIA FIORUCCI DAL 1850”, e grafici, vale a dire la rappresentazione di un ovale di colore marrone scuro che contiene gli elementi verbali e la rappresentazione di un fiocco di colore verde e rosso, coperto in parte dalla figura ovale appena menzionata.

41 Per quanto concerne la presenza nei segni a confronto di elementi maggiormente distintivi e dunque più rilevanti agli occhi del pubblico destinatario, la Commissione nota che entrambi contengano la parola “FIORUCCI”, la quale corrisponde a un cognome italiano che come giustamente puntualizzato dalla Divisione di Opposizione è diffuso prevalentemente nelle regione del Lazio e dell’Umbria.

42 Secondo la giurisprudenza, il consumatore italiano attribuisce, in generale, maggior carattere distintivo al cognome rispetto al nome (v. 28/06/2012, T 134/09, B. Antonio Basile 1952, EU:T:2012:328, § 45, e giurisprudenza ivi citata).

43 A tale riguardo, la Corte ha precisato che occorre prendere in considerazione, in particolare, la circostanza che il cognome di cui trattasi sia raro o, invece, molto comune, perché essa può influire sul suo carattere distintivo (v. 24/06/2010, C 51/09 P, Barbara Becker, EU:C:2010:368, § 36). Nel caso in esame “FIORUCCI” è, in linea con quanto esposto nella decisione impugnata, un cognome diffuso prevalentemente nelle regioni dell’Umbria e del Lazio. Pertanto, non è possibile ritenere che, in termini generali, il cognome “FIORUCCI” sia estremamente diffuso in tutto il territorio italiano. Quindi, l’elemento in questione possiede un gradiente distintivo in relazione ai prodotti e servizi designati dai marchi.

44 In quanto agli altri elementi dei segni, la Commissione reputa che gli elementi verbali siano descrittivi e dunque deboli, e che gli elementi figurativi abbiano una funzione ornamentale e allo stesso tempo rafforzativa del messaggio convogliato dal segno dell’opponente. In particolare, per ciò che riguarda gli elementi verbali “VINI”, “NORCINERIA” e “DAL 1850”, tutti descrittivi rispettivamente della qualità dei prodotti, dell’origine dei prodotti e della data di fondazione dell’impresa produttrice, la Commissione ricorda che, in genere, il pubblico non considera un elemento descrittivo facente parte di un marchio complesso come l’elemento distintivo e dominante dell’impressione d’insieme che tale marchio complessivo produce (v. 05/04/2006, T–202/04, Echinaid, EU:T:2006:106, § 54).

45 Per quanto attiene alla componente figurativa del marchio anteriore considerato, giova ricordare che quando un marchio è composto da elementi denominativi e figurativi, i primi sono, in linea di principio, oggetto di maggior attenzione rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in questione citando il nome piuttosto che descrivendo l’elemento figurativo del marchio (v. 14/07/2005, T–312/03, Selenium-Ace, EU:T:2005:289). Inoltre, come anticipato sopra, gli elementi del segno in questione hanno una funzione meramente ornamentale e, secondo questa Commissione, l’impiego del tricolore serve meramente a informare il pubblico destinatario che i prodotti dell’opponente provengono dall’Italia.

46 Alla vista di queste considerazioni, la Commissione ritiene che l’elemento verbale “FIORUCCI” sia l’elemento maggiormente distintivo dei segni.

47 Tenuto in conto di quanto sopra, la commissione trova che sotto il profilo visivo i segni generino impressioni d’insieme simili nella misura in cui entrambi contengono la parola “FIORUCCI”. Questo elemento possiede una certa distintività ed è posizionato nella parte centrale del marchio anteriore considerato. Invece, nel marchio in contestazione, questo elemento è anticipato dalla parola “VINI”.

48 La Commissione nota che i segni presentano varie differenze, che sono state elencate ai punti precedenti. Tuttavia, queste differenze, date basicamente dalla presenza di elementi verbali dispari e di elementi figurativi che sono propri del marchio anteriore, non sono in grado di controbilanciare, e quindi di annullare, una moderata similitudine visiva tra i segni. Infatti, detti elementi o sono deboli, o sono ornamentali.
49 Con riguardo alla circostanza allegata dalla richiedente che la principale differenza tra i rispettivi elementi verbali riguardi la parte iniziale dei medesimi, si ricorda che la regola in base alla quale il consumatore attribuisce maggior importanza alla prima parte di una parola non è applicabile a qualsiasi caso (v. 23/09/2015, T–193/14, AERONAUTICA / NAUTICA et al., EU:T:2015:668, § 24, e giurisprudenza citata). Nel caso di specie, gli elementi verbali iniziali dei segni sono caratterizzati da una connotazione descrittiva e pertanto, il loro impatto sarà limitato.

50 Ne consegue che i segni devono essere ritenuti moderatamente simili dal punto di vista visivo.

51 Sotto il profilo fonetico, i segni coincidono nel suono fatto dalla pronuncia della parola “FIORUCCI”. I segni invece differiscono foneticamente nella misura in cui la parola “VINI” sarà pronunciata per prima nel marchio impugnato, mentre, in quello anteriore, saranno pronunciate le parole “NORCINERIA”, per prima, e “DAL 1850”, per ultima.

52 Quindi, fatta eccezione per la parola “FIORUCCI”, i segni presentano elementi verbali dispari, così com’è dispari il numero di sillabe. Ciò nonostante, è stato giudicato che il fatto che il numero di sillabe sia differente, non basta per scartare la sussistenza di una somiglianza fonetica fra i segni (v. 19/05/2011, T–580/08, Pepequillo, EU:T:2011:227, § 79, e giurisprudenza ivi citata), che nel caso di specie è data dalla presenza in entrambi dell’elemento verbale “FIORUCCI”.

53 La Commissione riconosce che il suono iniziale dato dalla pronuncia degli elementi verbali dei segni è differente (“VINI” vs. “NORCINERIA”). Ciononostante, occorre ricordare ancora una volta che, secondo la giurisprudenza, se è pur vero che la parte iniziale dei marchi potrebbe catturare maggiormente l’attenzione del consumatore rispetto alle parti seguenti, tale considerazione non può valere in tutti i casi (v. 28/06/2012, T–134/09, B. Antonio Basile 1952, EU:T:2012:328, § 57). Nella fattispecie, come precedentemente osservato, presso la parte del pubblico di lingua italiana le espressioni “VINI” e “NORCINERIA” sono carenti di capacità distintiva per i prodotti e servizi coperti dai marchi.

54 Concettualmente, i segni presentano una somiglianza nei limiti che entrambi fanno riferimento al cognome “FIORUCCI”, suggerendo pertanto che si tratti di persone tra le quali intercorrono rapporti di parentela (v., per analogia, 28/06/2012, T–134/09, B. Antonio Basile 1952, EU:T:2012:328, § 60).

55 Dunque, in entrambi i casi, l’origine commerciale dei prodotti e servizi contraddistinti dai marchi in conflitto sarà percepita dal consumatore di riferimento come legata ad una persona che porta tale cognome. Di conseguenza, in tale misura, i due marchi sono simili dal punto di vista concettuale (per analogia, v. 28/06/2012, T–133/09, B. Antonio Basile 1952, EU:T:2012:327 e 28/06/2012, T–134/09, B. Antonio Basile 1952, EU:T:2012:328, § 60).

56 I segni differiscono nei restanti concetti convogliati dai loro elementi dispari. Ciononostante, questi elementi non sono sufficienti da distogliere l’attenzione del consumatore dall’elemento comune “FIORUCCI” in base al quale il pubblico stabilirà un nesso concettuale tra i segni.

57 Pertanto, secondo questa Commissione, non può essere scartata una certa somiglianza concettuale tra i segni.

58 Alla luce di tutte queste considerazioni, la Commissione ritiene che i segni, valutati nel loro complesso, siano simili.
Valutazione globale del rischio di confusione

59 L’esistenza di un rischio di confusione dal punto di vista del pubblico deve essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. 11/11/1997, C–251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 22). Occorre altresì ricordare che il rischio di confusione è tanto più elevato quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore (v. sentenza “Sabèl”, citata, punto 24), e viceversa.

60 Nel caso di specie, la richiedete non ha contestato l’affermazione che i marchi anteriori godono di una certa fama e reputazione presso i consumatori in Italia per prodotti quali salumi ed insaccati. Tale circostanza è d’altronde dimostrata dalla documentazione depositata dall’opponente (rassegna stampa relativa agli anni 2010-2013, l’attività di sponsorizzazione nel calcio in Italia, i dati relativi alla quota di mercato detenuta, ecc.). Pertanto, la Commissione ritiene che per questi prodotti il marchio anteriore considerato sia altamente distintivo e che, per i restanti prodotti, esso sia intrinsecamente distintivo in un grado normale.

61 Nel presente caseo, è stato confermato che i segni, considerati nel loro complesso, sono simili. Inoltre, diversamente da quanto ritenuto dalla Divisione di Opposizione, è stato stabilito che alla luce della recente giurisprudenza del Tribunale, effettivamente, esiste un’affinità rilevante tra i servizi oggetto del ricorso e i prodotti dell’opponente.

62 Per queste ragioni, è corretto ritenere che l’uso del marchio in contestazione per servizi affini e complementari ai prodotti contraddistinti dal marchio anteriore considerato è in grado di generare confusione, o quanto meno associazione, tra le attività del richiedente e quelle dell’opponente. L’identità dell’elemento, sicuramente distintivo, “FIORUCCI” sorprenderà inevitabilmente il consumatore italiano e lo indurrà a ritenere, erroneamente, che entrambe le diciture fanno capo allo stesso imprenditore o ad imprese collegate.

63 Conseguentemente, occorre concludere che per il pubblico italiano dell’Unione europea esiste un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE relativamente ai servizi oggetto del ricorso.

64 Invece, detto rischio non è ravvisabile per i prodotti oggetto del ricorso che, come visto sopra, sono dissimili da quelli dell’opponente.

65 Infatti, la somiglianza dei prodotti e servizi è una condizione necessaria perché il motivo di rifiuto di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE possa trovare applicazione, anche quando il marchio anteriore è altamente distintivo e/o quando i segni sono identici (07/05/2009, T 185/07, CK Creaciones Kennya, EU:T:2009:147, § 54; 19/11/2008, T 6/07, Nanolat, EU:T:2008:515, § 49; 11/11/2009, T 162/08, Green by missako, EU:T:2009:432, § 51-54; 14/10/2009, T 140/08, TiMiKinderjoghurt, EU:T:2009:400, § 53, 61 as confirmed by 24/03/2011, C 552/09 P, TiMiKinderjoghurt, EU:C:2011:177, § 65-68; 23/01/2014, C 558/12 P, Western Gold, :EU:C:2014:22, § 50).

66 Poiché l’opposizione basata sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE risulta essere fondata solo per i servizi oggetto del ricorso, la Commissione è tenuta ad esaminare se, in relazione ai prodotti oggetto del ricorso, le condizioni necessarie per ammettere l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE sono soddisfatte.
Articolo 8, paragrafo 5, RMUE

67 Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, RMUE, a seguito dell’opposizione del titolare di una marchio anteriore, la registrazione di una domanda di marchio impugnata è denegata se il marchio della Unione europea e il marchio anteriore sono identici o simili e se il marchio della Unione europea è registrato per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio dell’Unione europea anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione europea o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.

68 Tale norma permette che un marchio possa beneficiare di una tutela ampliata a prodotti e servizi non simili, qualora l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi.

69 La tutela estesa accordata dall’articolo 8, paragrafo 5, del RMUE presuppone il ricorrere di varie condizioni. “In primo luogo, il marchio anteriore che si pretende notorio dev’essere registrato. In secondo luogo, tale marchio e il marchio dell’Unione europea di cui si richiede la dichiarazione di nullità devono essere identici o simili. In terzo luogo, il marchio anteriore deve godere di notorietà nell’Unione europea, ove si tratti di un marchio dell’Unione europea anteriore, o nello Stato membro interessato, nel caso di un marchio nazionale anteriore. In quarto luogo, l’uso del marchio dell’Unione europea impugnato senza giusto motivo deve condurre al rischio che sia tratto indebitamente un vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o che sia arrecato un pregiudizio al carattere distintivo o alla notorietà del marchio anteriore.

70 Poiché tali condizioni sono cumulative, la mancanza di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile la disposizione in questione” (v. 07/12/2010, T 59/08, Nimei La Perla Modern Classic, EU:T:2010:500, § 28).

71 La Commissione osserva che le argomentazioni dell’opponente sono principalmente volte a dimostrare come l’uso senza giusta causa del marchio impugnato per i servizi oggetto del ricorso (“bar e ristoranti”) possa costituire un vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo dei marchi anteriori.

72 Non sono state tuttavia presentate valide argomentazioni volte a far ritenere che l’uso del marchio impugnato per le bevande alcoliche oggetto del ricorso possa rappresentare un vantaggio indebito o possa arrecare un danno alla reputazione dei marchi anteriori che, come visto sopra, si riferisce ad insaccati e salumi.

73 A tale riguardo, la Commissione conferma le valutazioni effettuate dalla Divisione di Opposizione circa l’assenza di una linea di argomentazione coerente e convincente da parte dell’opponente per dimostrare l’esistenza di un percorso effettivo, anche di un qualsivoglia operatore commerciale, che, a partire dal settore della salumeria, sia poi giunto a quello della produzione bevande alcoliche di alta gradazione.

74 In questo senso, la Commissione reputa che la distanza tra i prodotti in conflitto e soprattutto l’attuale pratica nel mercato non permettano di concludere che possa verificarsi un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori. Conseguentemente, è doveroso concludere che il pubblico di riferimento non sarà in grado di stabilire un nesso tra ai marchi.

75 Infatti, l’esistenza di un nesso deve essere valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (v. 18/06/2009, C 487/07, L’Oréal, EU:C:2009:378, § 45). Tra questi fattori è possibile annoverare: il grado di somiglianza tra i marchi in conflitto; la natura dei prodotti o dei servizi per i quali i marchi in conflitto sono rispettivamente registrati, compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza di tali prodotti o servizi nonché il pubblico interessato; il livello di notorietà del marchio anteriore; la distintività, intrinseca o acquisita grazie all’uso, del marchio anteriore; l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico (v. 27/11/2008, C 252/07, Intel, EU:C:2008:655, § 42).

76 Quando un terzo tenta, mediante l’uso di un marchio simile a un marchio notorio, di porsi nel solco tracciato da quest’ultimo, al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, nonché di sfruttare, senza alcun corrispettivo economico e senza dover operare sforzi propri a tale scopo, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio anteriore per creare e mantenere l’immagine di detto marchio, si deve considerare il vantaggio derivante da siffatto uso come indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio in parola (v., per analogia, 18/06/2009, C 487/07, L’Oréal, EU:C:2009:378, § 45).

77 Orbene, nella fattispecie i prodotti per cui i marchi anteriori sono notori e le bevande alcoliche, tra cui non rientrano prodotti vinicoli e birre, della richiedente non sono fabbricati dalle stesse imprese. Ancor più importante, il settore della salumeria non trova la sua naturale espansione in quello delle bevande alcoliche e viceversa, e l’opponente non ha presentato nessun argomento convincente per confutare tale conclusione.

78 Dunque, il pubblico non vincolerà, né stabilirà un nesso tra i due marchi poiché, conscio dell’attuale pratica nel mercato, questo non sarà propenso a ritenere che l’opponente, per quanto reputato nel settore della salumeria, abbia deciso di estendere la sua attività al settore delle bevande alcoliche e, più in particolare, a quello dei prodotti oggetto del ricorso, il quale si tratta di un settore assai specifico.

79 Tale situazione non si produrrà nemmeno tenendo conto dell’elevata reputazione e notorietà dei marchi anteriori, visto che esse si riferiscono solo a salumi ed insaccati.

80 Infine, l’opponente non ha fornito ragioni per cui l’immagine di qualità associata ai suoi marchi dovrebbe trasferirsi al marchio impugnato per i prodotti in oggetto del ricorso.

81 Quindi, nonostante la reputazione e notorietà dei marchi anteriori, si deve concludere che l’opponente non sia stato in grado di stabilire che, nel caso di specie, vi siano i presupposti necessari per considerare prima facie, anche mediante deduzioni logiche, che l’uso del marchio impugnato per bevande alcoliche di altra gradazione come sono i prodotti oggetto del ricorso possa rappresentare una situazione di vantaggio indebito della reputazione e della notorietà dei marchi anteriori per insaccati e salumi. Nemmeno la presenza di un grado medio di somiglianza tra i segni può inficiare questa conclusione.

82 Inoltre, ad avviso di questa Commissione, l’uso del marchio impugnato per i prodotti oggetto del ricorso non è nemmeno suscettibile di arrecare un pregiudizio alla reputazione dei marchi anteriori.

83 A tale riguardo si deve rammentare che, relativamente al pregiudizio arrecato alla notorietà del marchio, detto anche “annacquamento” o “degradazione”, tale pregiudizio si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso. Il rischio di un tale pregiudizio può scaturire, in particolare, dalla circostanza che i prodotti o servizi offerti dal terzo possiedano una caratteristica o una qualità tali da esercitare un’influenza negativa sull’immagine del marchio (v. 18/06/2009, C 487/07, L’Oréal, EU:C:2009:378, § 40).

84 Tuttavia, tale situazione non si verificherà nella fattispecie. Infatti, la giurisprudenza ha stabilito che le bevande alcoliche non sono per sé dannose per la salute, ma che solo un loro consumo eccessivo può provocare effetti negativi per l’essere umano. Pertanto, i prodotti alcolici non conferiscono nessuna connotazione negativa che contrasti con l’immagine di alta qualità che secondo l’opponente il pubblico di riferimento associa con i marchi anteriori (v., per analogia, 29/10/2015, T 517/13, “QUO VADIS” / QUO VADIS, EU:T:2015:816, § 43).

85 Alla luce di tutte queste ragioni, la Commissione conclude che il pubblico di riferimento non stabilirà un nesso tra i marchi in relazione ai prodotti in conflitto e che, inoltre, le argomentazioni dell’opponente non sono in grado di dimostrare che l’uso del marchio impugnato per i prodotti oggetto del ricorso è suscettibile di dar luogo ad un vantaggio indebito della notorietà dei marchi anteriori o di arrecare pregiudizio a tale notorietà.

86 Pertanto, non è necessario esaminare le altre condizioni cumulative stabilite dall’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

87 Ne consegue che l’opposizione non può essere accolta sulla base del motivo di cui all’articolo 8, paragrafo 5, RMUE.

Conclusione

88 L’opposizione deve essere accolta nella misura in cui esiste un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE per i servizi oggetto del ricorso. L’opposizione è deve essere rigettata per il resto.
Spese

89 Ai sensi dell’articolo 85(2), paragrafo 2, RMUE, per motivi di equità, ciascuna parte sopporterà le proprie spese nell’ambito del procedimento di opposizione e nel procedimento di ricorso.

Dispositivo
Per questi motivi,
LA COMMISSIONE
così decide:
1. Il ricorso è accolto in parte.
2. La decisione impugnata è annullata nella misura in cui l’opposizione è stata rigettata per i servizi oggetto del ricorso.




FONTE ESSENZIALE contro GEMMA DI MARE ESSENZIALE – Divisione d’Opposizione EUIPO 25.07.2016

FONTE ESSENZIALE contro GEMMA DI MARE ESSENZIALE – Divisione d’Opposizione EUIPO 25.07.2016

marchio FONTE ESSENZIALE contro marchio GEMMA DI MARE ESSENZIALE

La Divisione di Opposizione dell’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale ritiene che l’uso di un aggettivo qualificativo debole, poiché associato ad una caratteristica di due o più prodotti indispensabile o che contiene la loro essenza, usato per identificare due o più prodotti  appartenenti a settori merceologici diversi ed afferenti ad aziende economicamente non collegate tra di loro, non crea nel pubblico di riferimento confusione di alcun tipo, né sul piano visuale, né sul piano fonetico né concettuale. Il segno non comunicherebbe nessun significato e, pertanto, è un elemento distintivo.  L’impatto visivo, concettuale e fonetico verrebbe assicurato dalla struttura, dalla lunghezza e da elementi addizionali precipui del settore di riferimento di ciascun prodotto.

TESTO DELLA DECISIONE

OPPOSIZIONE N. B 2 574 773

 Ferrarelle S.p.A., Via di Porta Pinciana, 4, 00187 Roma, Italia (opponente), rappresentata da De Simone & Partners S.p.A., Via Vincenzo Bellini, 20, 00198 Roma, Italia (rappresentante professionale)

c o n t r o

Compagnia Italiana Sali S.p.A., Via Vittor Pisani, 16, 20124 Milano, Italia (richiedente), rappresentata da Silvia Locatelli, Corso Mazzini, 3, 27100 Pavia, Italia (rappresentante professionale).

Il 25/07/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1.       L’opposizione n. B 2 574 773 è totalmente respinta.

2.       L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE:

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 14 061 758. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione europea n. 11 707 551. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettere  b), RMC.

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

a)          I prodotti

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono, inter alia, i seguenti:

Classe 30:       Caffè, tè, cacao e succedanei del caffè; riso; tapioca e sago; farine e preparati fatti di cereali; pane, pasticceria e confetteria; gelati; zucchero, miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale; senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio; aceto; aceto di birra; acqua di mare per la cucina; additivi al glutine per uso culinario; alghe [condimenti]; alimenti a base di avena; alimenti a base di farina; amido per uso alimentare; anice [chicchi]; anice stellato; aromatizzanti; aromi al caffè; aromi diversi dagli olii essenziali; aromi per bevande diversi dagli olii essenziali; aromi per dolci diversi dagli olii essenziali; avena frantumata; avena mondata; barrette ai cereali ad alto contenuto proteico; barrette di cereali; bastoni di liquerizia [confetteria]; bevande a base di cacao; bevande a base di caffè; bevande a base di cioccolato; bevande a base di tè; bicarbonato di sodio per la cottura; biscotti; biscotti di malto; biscottini; bonbons; brioches; budini; cacao; cacao e latte; caffè; caffè e latte; caffè verde; cannella [spezia]; capperi; caramelle; caramelle alla menta; cheeseburger [panini]; chiodi di garofano; chow-chow [spezia]; chutney [condimenti]; cialde; cicoria [succedaneo del caffè]; cioccolato; cioccolato e latte [bevanda]; composti aromatici per uso alimentare; condimenti; confetteria; confetteria a base di arachidi; confetteria a base di mandorle; confetti; corn flakes; coulis di frutta [salse]; crackers; crema di tartaro per uso culinario; crema inglese; crêpes; croccanti [pasticceria]; curcuma per uso alimentare; curry [spezia]; cuscus [semolino]; dolci; dolcificanti naturali; dolciumi per la decorazione dell’albero di natale; erbaggi conservati [condimenti]; essenze per l’alimentazione eccetto le essenze eteriche e gli oli essenziali; estratti di malto per l’alimentazione; farina di fave; farina di grano; farina di granturco; farina di orzo; farina di patate per uso alimentare; farina di senape; farina di soia; farina di tapioca per uso alimentare; farinata a base di latte; farinata di mais con acqua o latte; farine alimentari; fermenti per paste; fiocchi di avena; fiocchi di cereali essiccati; fior di farina per l’alimentazione; focacce; fondenti [confetteria]; gelati; gelatina di frutta [confettura]; gelatina per prosciutto; germi di grano per l’alimentazione umana; ghiacci alimentari; ghiaccio, naturale o artificiale; ghiaccio per rinfrescare; glasse per torte; glucosio per uso culinario; glutine per uso alimentare; gomme da masticare; granturco macinato; granturco tostato; granturco tostato e soffiato [popcorn]; halvah; impasto per il pane; infusioni non medicinali; involtini di primavera; ispessenti per la cottura di prodotti alimentari; ketchup [salsa]; leganti per gelati; leganti per salsicce; lievito; lievito in polvere; lievito [naturale]; liquirizia [confetteria]; maccheroni; maionese; malto per l’alimentazione umana; maltosio; marinate; marzapane; melassa; menta per l’industria dolciaria; miele; mousse al cioccolato; mousse [dessert ] dolci; muesli; nigella; noce moscata; orzo frantumato; orzo mondato; pan pepato; pane; pane biscottato; pane d’azzimo; pangrattato; panini; pappa reale per l’alimentazione umana, non per uso medico; pasta di mandorle; pasta di semi di soia [condimento]; pasta per dolci; paste alimentari; paste [pasticceria]; pasti preparati a base di noodle; pasticceria; pasticche [confetteria]; pasticcini [pasticceria]; pasticcio di carne; pepe; pesto [salsa]; pizze; polvere per dolci; polveri per gelati; preparati fatti di cereali; preparati vegetali succedanei del caffè; prodotti della macinazione; prodotti per render tenera la carne per uso domestico; prodotti per stabilizzare la panna montata; propoli; quiche; rafano [spezia]; ravioli; riso; sago; sale di cucina; sale di sedano; sale per conservare gli alimenti; salsa di pomodoro; salsa piccante alla soia; salse [condimenti]; salse per insalata; salse per pasta; sandwiches; sapori [condimenti]; sciroppo di melassa; semi di lino per l’alimentazione umana; semola di avena; semolino; semolino di mais; senape; snack a base di cereali; snack a base di riso; sorbetti [ghiacci edibili]; spaghetti; spezie; succedanei del caffè; sughi di carne [salse]; sushi; taboulé; tacos; tagliatelle; tapioca; tè; tè ghiacciato; torte; torte di riso; tortillas; vaniglia [aroma]; vaniglina [succedaneo della vaniglia]; vermicelli; yoghurt ghiacciato; zafferano [condimenti]; zenzero [spezia]; zucchero; zucchero candito; zucchero di palma.

I prodotti contestati sono i seguenti:

Classe 30:       Sale per uso alimentare, composti a base di cloruro di sodio per uso alimentare.

Prodotti contestati in classe 30

I prodotti contestati sale per uso alimentare sono identicamente contenuti in entrambe le liste di prodotti e servizi sebbene tramite una formulazione leggermente diversa. Conseguentemente, questi prodotti sono identici.

I prodotti contestati composti a base di cloruro di sodio per uso alimentare includono altri elementi oltre al cloruro di sodio per uso alimentare, chiamato anche sale, per tanto, essi includono in quanto categoria più ampia il sale di cucina dell’opponente. Dal momento che la Divisione d’Opposizione non può scorporare ex officio la ampia categoria di prodotti contestati, essi sono considerati identici ai prodotti dell’opponente. Per tanto, questi prodotti sono identici.

b)          Pubblico di riferimento –grado di attenzione

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

Nel presente caso, i prodotti che risultano essere identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia da medio sia variabile da medio a basso, giacché, anche se oggi giorno ci sono molti tipi di sali di diversi prezzi, di solito si tratta di un prodotto economico destinato al consumo quotidiano.

c)          I segni

FONTE ESSENZIALE
GEMMA DI MARE ESSENZIALE

Marchio anteriore

Marchio impugnato

Il territorio di riferimento è l’Unione europea.

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

Il marchio anteriore è un marchio denominativo composto da due parole, “FONTE” ed “ESSENZIALE”. Il segno contestato è un marchio denominativo composto da quattro parole “GEMMA”, “DI”, “MARE” ed “ESSENZIALE”.

La parola “ESSENZIALE”, compresa in entrambi i marchi, sarà intesa avente il seguente significato che costituisce o contiene l’essenza di una cosa, oppure, con il significato di sostanziale, indispensabile da una gran parte del pubblico di riferimento, come il pubblico di lingua italiana e dai consumatori di altre lingue, tenendo conto che gli equivalenti nelle loro lingue sono molto simili, come ad esempio “essential” in inglese, “essentiel” in francese, “essentieel” in tedesco, “essencial” in portoghese, “esencial” in spagnolo, ecc. Poiché, i prodotti rilevanti fanno riferimento a sali e composti a base di cloruro di sodio per uso alimentare si considera che questa parola è debole riguardo ai prodotti della classe 30, dato che fa riferimento a una delle caratteristiche dei prodotti di cui trattasi, sia alla loro essenza che alla loro condizione di indispensabile.

La parola “FONTE” del marchio anteriore sarà intesa da una parte del pubblico di riferimento come vena d’acqua a getto continuo e luogo da cui l’acqua scaturisce (vedasi il Vocabolario online Treccani). Ciò vale sia per i consumatori di lingua italiana che per i consumatori di altre lingue, tenendo conto che gli equivalenti in altre lingue europee sono identici o molto simili, come per esempio il termine “fonte” in portoghese e “fuente” in spagnolo. Nonostante ciò, poiché, i prodotti rilevanti riguardano sale di cucina, in classe 30, questa parola si considera distintiva, per il pubblico di riferimento, giacché è priva di qualsiasi significato riguardo a tali prodotti.

La parola “GEMMA” e l’espressione “DI MARE” del marchio impugnato saranno intese da una parte del pubblico di riferimento, cioè dal pubblico italiano, come “GEMMA” pietra preziosa e “DI MARE” proveniente dal mare, la massa d’acqua che circonda la terraferma e ricopre gran parte della superficie terrestre (vedasi il Vocabolario online Treccani). Inoltre, saranno intese anche dai consumatori di altre lingue, in considerazione dal fatto che gli equivalenti in altre lingue europee sono molto simili, come per esempio, “gema” in spagnolo, “gemme” in francese, eppure “de mar” in spagnolo e “de mer” in francese, rispettivamente.  Tenendo conto che i prodotti rilevanti sono sale per uso alimentare, composti a base di cloruro di sodio per uso alimentare, in classe 30, l’espressione “DI MARE” si considera debole per questa  parte del pubblico di riferimento e, invece, distintiva per il resto del pubblico. Tuttavia, la parola “GEMMA”, poiché è priva di qualsiasi significato riguardo ai prodotti menzionati della classe 30, si considera distintiva per il pubblico di riferimento.

Nonostante ciò, non si può escludere che per una parte del pubblico appena menzionato, l’espressione “GEMMA DI MARE” suggerisca il concetto di salgemma, detto anche alite o halite, o sale di miniera, costituito da cloruro sodico (vedasi il Vocabolario online Treccani), giacché gli equivalenti nelle loro lingue sono termini simili che evocano lo stesso concetto. È vero che siccome, i prodotti rilevanti riguardano sale per uso alimentare, composti a base di cloruro di sodio per uso alimentare, in classe 30, questa espressione si considera allusiva, ma è anche vero che non lo è sino al punto da influire materialmente sul suo carattere distintivo. Ciò significa che il suo grado di distintività deve essere considerato normale.

Tuttavia, per quanto riguarda la restante parte del pubblico rilevante, anche se si tratta di una parte ridotta, per la quale nessuno dei termini che compongono entrambi i marchi hanno alcun significato, per tanto, non presentano elementi che potrebbero essere considerati più distintivi di altri.

Il marchio anteriore e quello contestato non presentano elementi che potrebbero essere considerati dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

Visivamente, i marchi coincidono principalmente nelle lettere dell’elemento “E-S-S-E-N-Z-I-A-L-E” considerato debole per una gran parte del pubblico di riferimento e distintiva per il resto. Tuttavia, essi differiscono nella loro struttura e lunghezza (due termini versus quattro) e nelle lettere degli elementi del marchio anteriore che formano il termine distintivo, “F-O-N-T-E” e le lettere che formano l’espressione del marchio impugnato “GEMMA DI MARE” (distintiva, anche se per la parte del pubblico che riconosce comprende tutti i termini “GEMMA” si considera elemento distintivo e “DI MARE” elementi deboli).

Le prime parti dei marchi sono dissimili “FONTE” vs. ”GEMMA”/“GEMMA DI MARE”. I consumatori tendono in genere a focalizzare la propria attenzione sul primo elemento di un segno quando si trovano di fronte a un marchio. Tale circostanza è giustificata dal fatto che il pubblico legge da sinistra verso destra, il che fa sì che la parte del segno collocata a sinistra (la parte iniziale) sia quella che per prima cattura l’attenzione del lettore. Di conseguenza, i primi elementi dissimili dei marchi in questione (che inoltre sono anche distintivi) devono essere presi in considerazione in sedi di valutazione del rischio di confusione.

Ne discende che per una gran parte del pubblico di riferimento, come il pubblico di lingua italiana e di altre lingue, per la quale, la parola coincidente, “ESSENZIALE” è debole e l’inizio dei marchi e composto da diversi termini addizionali sono distintivi, i segni sono simili in ridotta misura.

Per il resto del pubblico di riferimento, anche se si tratta di una ridotta parte di questo pubblico, i segni si considerano simili in grado medio.

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia dei segni coincide nel suono delle lettere del termine “E‑S-S-E-N-Z-I-A-LE”, presenti in modo identico in entrambi i segni, le quali fanno parte di un termine da considerarsi per una gran parte dei consumatori debole. La pronuncia differisce nel suono delle lettere “F-O-N‑T-E” del marchio anteriore e “G-E-M-M-A” “D-I” “M-A-R-E” del marchio impugnato, che non hanno controparte nel marchio anteriore.

Sotto questo profilo si applicano le stesse considerazioni anteriori, per tanto, per una gran parte del pubblico di riferimento, i segni sono simili in ridotta misura.

Per il resto del pubblico di riferimento, i segni si considerano simili in grado medio.

Sotto il profilo concettuale,  i marchi coincidono nel contenuto semantico del termine “ESSENZIALE”, il quale è tuttavia, come visto nei paragrafi anteriori, un termine debole per una gran parte del pubblico di riferimento e un termine distintivo per una ridotta parte di questo pubblico. Essi differiscono nel contenuto semantico (indicato in precedenza) dei restanti termini, “FONTE” del marchio anteriore e “GEMMA” del marchio impugnato (entrambi distintivi) e “DI MARE” (debole per una parte del pubblico di riferimento) oppure, come già spiegato prima, per alcuni consumatori di una parte del pubblico di riferimento nell’espressione distintiva, anche se allusiva, “GEMMA DI MARE” del marchio impugnato.

In ogni caso, per la gran parte del pubblico di riferimento che comprende il significato del termine “ESSENZIALE”, indipendentemente dal fatto che comprendano tutti, alcuni degli elementi addizionali di entrambi i marchi, i segni sono concettualmente simili in ridotta misura, in quanto che coincidono nel concetto del termine “ESSENZIALE”, considerato debole in relazione con i prodotti rilevanti.

Per il resto del pubblico di riferimento, anche se si tratta di una ridotta parte del pubblico, dato che nessuno dei marchi nel suo complesso e nemmeno nessuno dei loro componenti ha un significato, non è possibile procedere alla comparazione concettuale, per tanto, questo aspetto è irrilevante ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto l’esame del rischio di confusione procederà.

d)          Carattere distintivo del marchio anteriore

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale, nonostante la presenza in esso di un elemento debole, per una gran parte del pubblico di riferimento, come il termine “ESSENZIALE” secondo quanto più sopra esposto nella sezione c) della presente decisione.

e)          Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

I prodotti oggetto di protezione dei marchi in disputa sono stati ritenuti identici.

Per una gran parte del pubblico di riferimento, i marchi sono simili in ridotta misura, sia sul piano visuale, che sul piano fonetico e concettuale. Tuttavia, per il resto del pubblico di riferimento, anche se si tratta di una ridotta parte di questo pubblico, i marchi sono simili in grado medio sul piano visuale e fonetico,  nella misura in cui il termine “ESSENZIALE” non verrà compreso da detta parte di pubblico, ma non sono comparabili  su piano concettuale.

I marchi hanno in comune l’elemento “ESSENZIALE”, indipendentemente dal fatto che, (i) per una gran parte del pubblico di riferimento, sarà riconosciuto come un termine debole, poiché il medesimo sarà associato ad una caratteristica dei prodotti in questione, “indispensabile” oppure “che contiene la loro essenza” e, (ii) per il resto del pubblico di riferimento, anche se si tratta di una ridotta parte, il segno non comunica  nessun significato e, pertanto, è un elemento distintivo. Inoltre, in entrambi i marchi, questo termine occupa la stessa posizione, ossia l’ultima.

I marchi si differenziano nella loro struttura, lunghezza e nei loro elementi addizionali che formano il loro inizio “FONTE” e “GEMMA”/ “GEMMA DI MARE” termini distintivi per la totalità del pubblico di riferimento. Questi elementi iniziali svolgono un ruolo decisivo sull’impatto visivo, fonetico e concettuale creando una distanza significativa tra i marchi in conflitto, giacché sono gli elementi che causeranno un maggiore impatto nel consumatore (anche nel consumatore che percepirà  l’espressione del marchio impugnato “GEMMA DI MARE” come  allusiva, giacché, nel suo complesso, la sua capacità di identificare i prodotti non viene diminuita)

Tuttavia, anche per la ridotta parte del pubblico di riferimento per cui i termini che compongono i segni sono privi di significato, e sono dunque distintivi, si ritiene che la differenza tra i marchi relativa alla struttura dei segni, alla loro lunghezza e alla posizione dell’elemento coincidente sia un fattore decisivo in sede di valutazione del rischio di confusione.

Le differenze visive tra i marchi così come indentificate nel corso della presente decisione, sono particolarmente rilevanti, poiché i prodotti in questione sono di consumo quotidiano (sale ed altri componenti per uso alimentare) normalmente acquistati in supermercati o stabilimenti in cui i prodotti sono presentati in scaffali e, pertanto, la componente visiva del segno presenta un importanza maggiore. Per tali prodotti, le differenze visive determinate principalmente dalla struttura e lunghezza dei marchi (quattro elementi nel caso del marchio impugnato e due nel caso del marchio anteriore) e i diversi termini iniziali addizionali, considerati distintivi per la totalità del pubblico di riferimento,  sono rilevanti per determinare l’assenza di rischio di confusione. Queste considerazioni si applicano altresì nell’ipotesi in cui l’elemento che i marchi hanno in comune, “ESSENZIALE”, non sia compreso da una parte del pubblico di riferimento e non sia considerato, quindi, un elemento debole. A quanto detto deve aggiungersi che il grado di attenzione del consumatore in questi casi, si considera basso trattandosi di prodotti alimentari di consumo quotidiano e in generale di costo ridotto.

In virtù di tutto quanto sopra esposto, l’Ufficio ritiene che gli elementi di differenziazione tra i marchi in conflitto, siano sufficienti per contrastare l’unico elemento coincidente tra di loro, “ESSENZIALE” situato alla fine di entrambi i segni e considerato distintivo soltanto per una ridotta parte del pubblico di riferimento che in ogni caso presterà più attenzione agli elementi iniziali che, come detto sono dotati di carattere distintivo per tutto il pubblico di riferimento.

Per dovere di completezza, si sottolinea altresì che l’opponente richiama, a sostegno delle proprie argomentazioni, precedenti decisioni emesse dall’Ufficio. Tuttavia, tali decisioni non sono vincolanti per l’Ufficio, in quanto ciascuna fattispecie deve essere trattata separatamente, tenendo conto delle specifiche caratteristiche che la contraddistinguono.

Tale prassi è stata confermata dal Tribunale, il quale ha dichiarato che la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la legittimità delle decisioni dev’essere valutata unicamente sulla base del RMUE e non sulla base di una precedente prassi decisionale dell’EUIPO (30/06/2004, T‑281/02, Mehr für Ihr Geld, EU:T:2004:198).

Sebbene, le precedenti decisioni dell’Ufficio non abbiano carattere vincolante, le motivazioni ivi espresse e le conclusioni raggiunte dovrebbero comunque essere prese nella dovuta considerazione al momento di adottare una decisione relativa ad un caso particolare.

Nel caso in esame, i precedenti richiamati dall’opponente, ovvero:

·                La decisione della Quarta Commissione di Ricorso dell’EUIPO del 16/11/2015, R 3221/2014-4 “ ” vs. “THE MASTERS SPRUCE MEADOWS MASTERS”;

·                La decisione della Quarta Commissione di Ricorso dell’EUIPO del 11/11/2015, R 1419/2014-4 “ ” vs. “RAW”;

·                La decisione della Quinta Commissione di Ricorso dell’EUIPO del 05/10/2015, R 2827/2014-5 “CROWN EASYCLEAN” vs. “ ”;

·                La decisione della Commissione di Ricorso allargata dell’EUIPO del 18/09/2013, R 1462/2012-G “ULTIMATE GREENS” vs. “ ” and “ ”;

·                La decisione della Quarta Commissione di Ricorso dell’EUIPO del 22/05/2002, R 252/2001-4 “THEESSENTIALS”; Le prime quattro decisioni non sono rilevanti ai fini del presente procedimento, poiché i segni non sono comparabili con quelli del caso in specie, giacché, nel caso in esame si tratta di due marchi denominativi, di diversa struttura, composti da più di un elemento verbale, tra i quali i primi sono diversi e distintivi. Per quanto riguarda l’ultima decisione, si tratta di una decisione ex parte, riguardo la distintività del segno “THEESSENZIALS” (non “ESSENZIALE”), classi 3, 5, 7, 8, 9, 10, 11 e 16 e, inoltre, come ben sottolineato dalla parte opponente dipende principalmente dalle circostanze della fattispecie.

Alla luce di quanto precede, ne consegue che, anche qualora le precedenti decisioni trasmesse alla Divisione d’Opposizione riguardino fatti simili al caso in oggetto, le conclusioni raggiunte potrebbero non essere le stesse.

Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti fossero identici non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

La Divisione d’Opposizione

Michele M.

BENEDETTI-ALOISI
María Clara

 IBÁÑEZ FIORILLO
Andrea VALISA

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).




Uso del cognome come marchio – Cassazione 25.02.2015

Alessi vs Alessi Giacinto

Uso del cognome come marchio quando è già stato registrato da altri

marchio ALESSI contro marchio ALESSI GIACINTO

E’ convinzione diffusa che sia possibile l’uso del cognome come marchio (o il proprio nome e cognome come marchio) anche se qualcun altro ha in precedenza depositato lo stesso cognome come marchio.

Purtroppo la corte dei cassazione non la pensa così ed in molti casi, come in quello della sentenza 25.02.2015 n. 3806, ha vietato l’uso del cognome come marchio a chi lo ha depositato successivamente ad altri affermando che una volta che un segno costituito da un certo nome anagrafico sia stato validamente registrato come marchio, neppure la persona che legittimamente porti quel nome può più adottarlo (come marchio) in settori merceologici identici o affini. Il diritto al nome trova, perciò, una chiara compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, rispetto all’avvenuta sua registrazione da parte di altri

Cassazione civile  sezione I, 25.02.2015, n. 3806 “uso del cognome come marchio”

marchio ALESSI contro marchio ALESSI GIACINTO

di seguito la sentenza integrale “uso del cognome come marchio”

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 13956/2007 proposto da:
ALESSI   S.P.A.   – ricorrente –
contro
EXCLUSIVE  DI  ALESSI GIACINTO S.R.L. – controricorrente –
avverso  la  sentenza n. 497/2006 della CORTE D’APPELLO  di  PALERMO, depositata il 26/04/2006;

Fatto “uso del cognome come marchio”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Alessi Spa, titolare della omonima ditta e del marchio comunitario “Alessi”, operante nel settore della pubblicità, premesso che altra società, la Exclusive di Alessi Giacinto srl, operante nello stesso settore, aveva fatto uso del suo marchio nella propria denominazione sociale, in tal modo operando una contraffazione dello stesso, ha chiesto le che fosse inibito l’uso illecito di tale segno, sia come marchio, sia come cuore della ditta, sia come insegna, con la conseguente condanna alla rimozione di esso ed al risarcimento dei danni.

1.1. La convenuta si è costituita contestando la confondibilità dei segni ed il Tribunale di Palermo, sul rilievo del fatto che l’inserimento nei segni complessi del cognome ” A.” aveva funzione meramente descrittiva e non distintiva e che non sussisteva il rischio di confusione tra le due imprese (che, in quanto operanti nel settore della pubblicità, si rivolgevano a operatori capaci di scelte selettive), ha respinto tutte le domande.

2. L’appello proposto dalla Alessi Spa è stato rigettato dalla Corte territoriale (di Palermo) che ha confermato la sentenza impugnata e condannato l’appellante al pagamento delle spese processuali.

2.1. Secondo il giudice di appello, alla luce delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 480 del 1992, art. 6, (avvenute con la recezione in Italia della direttiva CEE n. 88/104 e l’introduzione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis), che hanno escluso il precedente regime di tutela esclusiva ed assoluta al segno patronimico, andava compiuta una verifica in concreto in ordine al carattere distintivo o semplicemente descrittivo dell’inserimento del patronimico (nella specie: il nome ” A.”) nel segno distintivo successivo, sebbene di pertinenza di un imprenditore sociale. Nel caso esaminato, il nucleo centrale del secondo segno (il vero e proprio “cuore del marchio”), secondo il giudice distrettuale, per l’ampiezza dei caratteri, l’uso di una doppia colorazione e l’originale intreccio di alcune lettere, era costituito dal logo “Esclusive”, non dal patronimico. Di conseguenza, il marchio complesso così formato indicherebbe semplicemente che la società denominata “Exclusive” si appartiene al signor ” A.G.”.

2.2. In conclusione, le differenze grafiche, stilistiche e di sostanza tra i due marchi dimostrerebbero l’originalità di quello della società Esclusive e la sua certa differenziazione rispetto al preesistente. Inoltre, la destinazione del prodotto offerto dalle due imprese di pubblicità a una cerchia selezionata di utenti, aventi sicure capacità di discriminazione del prodotto, impedirebbe ogni possibile confusione o associazione tra i segni.

3. Avverso tale decisione la Alessi Spa ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi di censura, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c., contro cui resiste la Excluslve di Alessi Giacinto srl, con controricorso e memoria illustrativa.

Diritto “uso del cognome come marchio”
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 227 c.p.c., e del R.D. n. 929 del 1942, art. 13, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente ha formulato il seguente duplice quesito di diritto: “a) Se sia violazione degli artt. 112 e 277 c.p.c., omessa pronuncia su una specifica domanda di una parte, e se questa violazione si riverberi sull’intera decisione, determinandone la nullità, quando l’omessa disamina della domanda in questione costituisca il presupposto della sentenza; b) e se l’inserimento nella denominazione sociale di una società di capitali del marchio altrui costituisca violazione dell’art. 13 L.M. (ora 22 CPI)”.

Secondo la ricorrente, il giudice distrettuale avrebbe omesso di esaminare la domanda di inibitoria richiesta anche nella parte riguardante la denominazione o ragione sociale, sulla base dell’art. 13 L.M. (ora art. 22 CPI), che consentirebbe di esaminare il conflitto marchio-ditta allo stesso modo del conflitto marchio- marchio. E poichè non è consentito adottare come ditta, denominazione sociale o insegna un segno uguale o simile all’altrui marchio, nella specie il giudice distrettuale avrebbe omesso di rilevare anche una violazione dell’art. 13 menzionato. Tale omissione, anche motivazionale, avrebbe gravemente condizionato tutto il giudizio.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto: “Se la limitazione dei diritti di marchio di impresa registrato, di cui all’art. 1 bis, comma 1, lett. a), LM possa essere applicata solo in relazione all’uso nell’attività economica di nome e indirizzo di terzi persone fisiche, ovvero possa esserlo anche all’uso di denominazioni o ragioni sociali di società”.

La ricorrente, pur non ignorando l’esistenza di un diverso orientamento, dottrinale e giurisprudenziale (espresso anche dalla Corte di Giustizia UE, nel caso Anheuser – Busch Inc. – Budejovicky budvar, narodni podnik del 16 nov. 2004), afferma l’erroneità di tale indirizzo e la correttezza di quell’altro secondo cui l’art. 1- bis, lett. a) LM (ora 22, lett. a), CPI) andrebbe interpretato come applicabile solo alle persone fisiche e non alle società. Ciò in quanto: i) è il nome personale che rispecchia i caratteri più propri, intimi e pubblici dell’individuo, caratteristiche mancanti nei nomi delle società (salvo eccezioni, riferibili a società aventi una lunga storia); ii) il patronimico non è frutto della scelta di colui che ne è titolare, diversamente che per gli enti;

iii) l’opposta interpretazione finirebbe per legittimare il comportamento di chi mira a sfruttare, mettendosi nella sua scia, di un marchio preesistente.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente ha formulato il seguente quesito di diritto: “Se nel regime dell’art. 1 bis, comma 1, lett. a), LM, ed in quello successivo dell’art. 21.1.a) CPI, la liceità dell’uso da parte del terzo del proprio nome che collida con un anteriore marchio registrato altrui, sia subordinata alla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi del terzo”.

Assume la ricorrente che, ove anche si ritenesse applicabile l’art. I- bis, lett. a), LM al nome di società, la sentenza sarebbe errata.

Infatti, la condizione richiesta dalla norma (ossia la conformità ai principi della correttezza professionale, in funzione solo descrittiva) per l’affievolimento del diritto del titolare del marchio registrato (qualificato come di diritto di proprietà) è costituita dall’esistenza di una reale esigenza descrittiva, nella specie mancante di ogni motivazione.

1.4. Con il quarto motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione del R.D. n. 929 del 1942, art. 1 bis, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente, in relazione alla presunta violazione di legge, ha formulato il seguente doppio quesito di diritto: “Se l’inserimento del marchio forte altrui nella propria denominazione sociale e nel proprio marchio complesso di fatto possa considerarsi oppure no legittimo sotto il profilo sia della tutela del marchio registrato, sia della correttezza professionale; e se la disciplina dell’art. 1 bis, lett. a), LM, ed in particolare il diritto ivi configurato di uso dell’attività economica del loro nome e indirizzo, sia applicabile anche alla denominazione sociale di società di capitali in quanto contengano il nome di un socio eguale o simile al marchio del titolare”.

Infatti, essendo il patronimico un marchio forte (o, addirittura, fortissimo), in quanto dotato di capacità distintiva (specie quando sia privo di significato di linguaggio comune e sia comunque inidoneo a richiamare l’attività del titolare), il suo inserimento in un marchio complesso (qual è quello della società resistente, secondo la motivazione del giudice distrettuale) costituirebbe sempre fattispecie confusoria e, quindi, illecita. Ciò in quanto, anche l’impossessamento di un singolo elemento dell’altrui marchio complesso, ove dotato di capacità distintiva, costituirebbe contraffazione del marchio, quantomeno per associazione o agganciamento (entrambe pratiche scorrette sotto il profilo professionale).

1.5. Con il quinto motivo di ricorso (violazione degli artt. 2564, 2567 e 2598 c.c., e dell’art. 17, comma 1, lett. c) LM, e omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) la ricorrente, in relazione alla presunta violazione di legge, ha formulato il seguente quesito di diritto: “Se la previsione dell’art. 1 bis, lett. a), LM (ora art. 21, comma 1, lett. a CPI), possa applicarsi anche all’ipotesi di contraffazione di ditta, specificamente se il diritto su di una ditta e/o denominazione sociale permetta al titolare di esso di vietare ai terzi l’uso nella attività economica del loro nome e indirizzo quando consistano in, o comprendano, quella ditta e/o denominazione sociale”.

Secondo la ricorrente, il giudice distrettuale avrebbe considerato come assorbite, dal rigetto della domanda basata sull’art. 1 bis LM, le richieste di inibitoria svolte, anche ai sensi degli artt. 2564, 2567 e 2598 c.c., con riferimento alla ditta ed alla denominazione sociale, entrambe costituite dal nome “Alessi”. Tale omissione, anche motivazionale, riguarderebbe anche l’applicabilità dell’art. 1 bis LM alla ditta.

2.1. Il primo motivo di ricorso può essere esaminato assieme al quinto, in quanto ne condivide la sorte, risultando del pari inammissibili.

2.2. Infatti, i due motivi difettano di autosufficienza non avendo il ricorrente indicato nè il quando nè il dove, ma soprattutto il come, siano stati proposti e posti nella fase di merito, specie quando – come nella specie – la sentenza di appello abbia trascurato di specificare ciò che il ricorrente presume di aver fatto.

2.3. In particolare, il primo motivo (con particolare riferimento al primo quesito proposto) pur facendo riferimento alle conclusioni rassegnate nel giudizio di appello (senza ulteriori specificazioni: data, udienza, verbale, ecc.) nulla aggiunge in ordine alla domanda introduttiva ed alla sua formulazione, con ciò rendendosi non autosufficiente ai fini dello scrutinio da parte di questa Corte.

2.4. Quanto alla seconda parte del quesito avanzato con il primo motivo (se l’inserimento nella denominazione sociale di una società di capitali del marchio altrui costituisca violazione dell’art. 13 L.M.), esso, al di là della indicazione della disposizione di legge (che è comunque compito del giudice: iura novit curia), è sostanzialmente assorbita dalla quarta censura di cui si passerà a dire tra breve.

2.5. Con riferimento al quinto motivo, invece, il ricorrente non può rimediare, come ha cercato di fare, alla stessa mancanza che ha afflitto anche il primo, attraverso il richiamo a luoghi e momenti del processo della fase di merito, con la memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c., che consente solo di meglio argomentare quanto già svolto ma non di rispondere alle eccezioni avversarie, tempestivamente sollevate (nella specie: l’eccezione di novità della questione sollevata solo nella fase di legittimità). Infatti, (per tutte, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7260 del 2005), questa Corte ha già chiarito che la memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ. ha la sola funzione di illustrare i motivi del ricorso, e non è pertanto idonea a far venire meno una causa di inammissibilità dei motivi stessi, sostituendosi, quoad effectum, ad essi.

3. I restanti motivi, invece, sono pienamente ammissibili, risultando chiaro dal combinato tra il testo del ricorso e quello della sentenza di merito, il tenore delle domande e delle questioni poste.

3.1. Queste, infatti, per il tramite della tutela accordata al marchio registrato, attengono anzitutto all’interpretazione dell’art. 1 bis, comma 1, lett. a) della legge marchi (LM) del 1942 (R.D. n. 929 del 1942), inserito, a seguito della riforma del 1992 (D.Lgs. n. 480 del 1992, emanato con la recezione in Italia della direttiva CEE n. 88/104), non più in vigore, essendolo ora l’art. 21 del Codice della proprietà industriale (CPI), di cui al D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30. Ma, come si è già accennato sopra, riguardano anche il problema della denominazione sociale e dei limiti che ad essa pone l’art. 13 L.M. (ora 22 CPI).

In particolare, attengono alle questioni che seguono, tra loro strettamente connesse:

a) se la limitazione dei diritti di marchio di impresa registrato possa essere applicata solo in relazione all’uso, nell’attività economica, di nome e indirizzo di terzi persone fisiche, ovvero possa esserlo anche riguardo all’uso di denominazioni o ragioni sociali di società (ed in particolare il diritto di uso dell’attività economica del “loro nome e indirizzo”, sia applicabile anche alla denominazione sociale di società di capitali in quanto contengano il nome di un socio eguale o simile al marchio del titolare);

b) se la liceità dell’uso da parte del terzo del proprio nome, che collida con un anteriore marchio registrato altrui, sia subordinata alla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi del terzo;

c) se l’inserimento del marchio forte altrui nella propria denominazione sociale e nel proprio marchio complesso di fatto possa considerarsi oppure no legittimo, sotto il profilo sia della tutela del marchio registrato, sia della correttezza professionale.

3.2. Con riferimento al marchio, in sè e per sè (ed in relazione al conflitto marchio-marchio), le questioni sollevate con i tre motivi di ricorso sopra menzionati trovano una risposta nel precedente di questa stessa sezione n. 29879 del 2011.

Con esso, infatti, si è esaminata una fattispecie concreta del tutto analoga, affrontandola e risolvendola nell’identico stadio della legislazione (ossia alla luce del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 1 bis, in materia di marchi registrati, nel testo aggiunto dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, art. 2).

In base a tale previgente articolazione normativa (ma, nella specie, applicabile ratione temporis), in una fattispecie in cui questa Corte ha ravvisato il cuore del secondo marchio (“AVC by Adriana V. Campanile”), nel patronimico comune ai due (“Campanile”), ritenendo insufficiente la differenziazione rispetto al primo marchio (“Campanile”), già registrato dal ricorrente e contrassegnante la produzione ed il commercio degli stessi prodotti, questa Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui “l’utilizzazione commerciale del nome patronimico, deve essere conforme ai principi della correttezza professionale e, quindi, non può avvenire in funzione di marchio, cioè distintiva, ma solo descrittiva, in ciò risolvendosi la preclusione normativa per il titolare del marchio di vietare ai terzi l’uso nell’attività economica del loro nome; ne consegue che sussiste la contraffazione quando il marchio accusato contenga il patronimico protetto, pur se accompagnato da altri elementi”.

3.2.1. Tale enunciato, peraltro, è stato ribadito anche nel quadro della legislazione attualmente vigente (ossia nel vigore del Codice della proprietà industriale, ai sensi del menzionato D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 21) dalla sentenza n. 6021 del 2014, con la quale è stato affermato che l’avvenuta modifica normativa, rispetto alla previsione del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 1 bis (con la soppressione dal testo normativo delle parole “e quindi non in funzione di marchio, ma solo in funzione descrittiva”), ha lasciato ferma la necessità che l’uso del marchio debba essere conforme ai principi della correttezza professionale (e, a tal proposito, si veda altresì il riferimento contenuto nella recentissima sentenza di questa sezione n. 23648/14 depositata il 6 novembre 2014).

3.3. Invero, una volta che un segno costituito da un certo nome anagrafico sia stato validamente registrato come marchio, neppure la persona che legittimamente porti quel nome può più adottarlo (come marchio) in settori merceologici identici o affini (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7482 del 1995). Il diritto al nome trova, perciò, una chiara compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, rispetto all’avvenuta sua registrazione da parte di altri.

E tuttavia, il rigore di tale previsione è attenuato dalla facoltà, consentita dalla legge, di far uso del proprio nome anagrafico (o del proprio indirizzo) che sia coincidente con un marchio registrato anteriore.

3.4. Tale limitazione, in apparenza, maggiore sotto il vigore del menzionato art. I-bis LM rispetto all’attuale tenore dell’art. 21 del CPI, è rimasto sostanzialmente immutato (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6021 del 2014), dovendosi avere riguardo al principio della correttezza professionale, come del resto richiede la stessa giurisprudenza comunitaria in tema di malafede nella registrazione dei marchi patronimici (da ultimo: Tribunale dell’Unione Europea, 11/07/2013, causa T-321/10; Corte giustizia dell’Unione Europea, 05/07/2011, causa C-263/09).

3.5. Nel caso che ci occupa, tuttavia, vi è stato l’inserimento di un marchio forte altrui (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4839 del 2000: è da escludere che il marchio costituito dall’uso di un patronimico possa essere considerato debole, sempre che il nome utilizzato non abbia alcuna relazione col prodotto e non venga usato nella consuetudine di mercato per designare una categoria di prodotti) nella propria denominazione sociale (conflitto marchio- ditta), oltre che nel proprio marchio complesso di fatto.

3.5.1. Infatti, il giudice di merito non ha correttamente considerato che il marchio patronimico ha generale valenza di marchio forte (così la dottrina prevalente e la stessa giurisprudenza di questa Corte: Sentenze nn. 4839 del 2000 e 29879 del 2011).

3.5.2. Per questa sola ragione il suo inserimento in altro marchio o in altra ragione sociale non può considerarsi nè legittimo nè lecito salvo che l’uso da parte del terzo del proprio nome (che collida con un anteriore marchio registrato altrui), sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi del terzo.

3.5.3. Nella specie, come illustrano le premesse fattuali del caso, l’inserimento nel marchio complesso e nella denominazione sociale della del cognome ” A.” – secondo la Corte territoriale – avrebbe avuto funzione meramente descrittiva e non distintiva e, perciò, non sussisterebbe il rischio di confusione tra le due imprese.

2.5.4. In tal modo, però, come osserva la ricorrente, la pretesa descrittività dell’addizione del patronimico al presunto cuore del marchio (la parola “Exlusive”) ha comportato una modificazione della denominazione sociale di una società di capitali con l’inserimento del nome di un socio eguale (o simile) a quello contenuto nel marchio anteriore, appartenente al suo titolare.

2.6. Non è tanto, quindi, un problema di inapplicabilità dell’uso del patronimico in ambito societario, come opina la ricorrente (pur consapevole del diverso indirizzo adottato dalla giurisprudenza comunitaria che, con quella sopra menzionata al p.3.4., mostra, quantomeno in tema di marchio di società, di non restringersi al solo caso citato nel ricorso), ma di valutazione della correttezza dell’uso del patronimico di un socio sia nel marchio e sia nella stessa denominazione sociale di una società di capitali. Ciò che non appare corretto in quanto (salvo, quantomeno nel regime antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, che nelle società di persone: cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9154 del 1997: l’inserimento nella ragione sociale di una società in accomandita semplice di un nome patronimico facente parte di un marchio brevettato da altro imprenditore è lecito, purchè l’uso dello stesso nome non importi confondibilità nel mercato ovvero non determini il presupposto dell’illecito concorrenziale) un socio di una tale compagine non connota affatto i beni o servizi offerti dalla stessa società in modo che sorga l’esigenza e l’interesse ad aggiungere una nota descrittiva nella sua ragione sociale. E ciò, in quanto, il soggetto che utilizza o finalizza beni e servizi 2: nel proprio ciclo economico è il soggetto-società, non i titolari (ad es.: persone fisiche) delle sue partecipazioni sociali. E, del resto, come correttamente nota la società ricorrente, tali partecipazioni possono essere cedute senza che la denominazione sociale debba mutare in corrispondenza della vicenda traslativa delle dette partecipazioni.

2.6.1. Si possono, al riguardo, concordandosi con il PG di udienza, corroborare le innanzi citate conclusioni, richiamando il “case” già scrutinato da questa Corte con un remoto, ma assai autorevole, precedente, quello offerto da Cass. Sez. 1, nella Sentenza n. 6678 del 1987: “Qualora due società di capitali inseriscano, nella propria denominazione, lo stesso cognome, il quale assuma per entrambe efficacia identificante, e si verifichi possibilità di confusione, in relazione all’oggetto ed al luogo delle rispettive attività, l’obbligo di apportare integrazioni o modificazioni idonee a differenziare detta denominazione, posto dall’art. 2564 c.c., a carico della società che per seconda abbia usato quella uguale o simile, non trova deroga nella circostanza che detto inserimento sia legittimo e riguardi il cognome di imprenditore individuale la cui impresa sia stata conferita nella società, poichè anche in tale ipotesi la denominazione della società può essere liberamente formata, nè nel fatto che il suddetto uso sia stato praticato per cinque anni ed in buona fede, senza contestazione, non essendo analogicamente applicabile, in tema di confondibilità fra ditte, il R.D. 21 giugno, n. 929, art. 48, sui marchi d’impresa (trattandosi di norma speciale circa la convalida, per effetto dell’indicato uso quinquennale, del brevetto viziato)”.

2.7. In conclusione, i tre motivi di ricorsi sono fondati (sia con riferimento ai profili del conflitto marchio-marchio che a quelli del conflitto marchio-denominazione sociale) e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio affinchè il giudice di merito (in uno con la liquidazione delle spese di questa fase) compia un nuovo esame dei fatti e delle domande proposte dalla ricorrente, facendo applicazione dei seguenti principi di diritto:

Un segno distintivo costituito da un certo nome anagrafico e validamente registrato come marchio, non può essere di regola adottato, in settori merceologici identici o affini, nè come marchio nè come denominazione sociale, salvo il principio di correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, atteso che il diritto al nome trova, se non una vera e propria elisione, una sicura compressione nell’ambito dell’attività economica e commerciale, ove esso sia divenuto oggetto di registrazione da parte di altri;

L’inserimento nella denominazione sociale del patronimico di uno dei soci, coincidente con il nome proprio precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, non è conforme alla correttezza professionale, se non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi offerti, esigenza non ravvisabile per la sola circostanza che il nome sia patronimico di un socio.

PQM

Accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, dichiara inammissibili i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Palermo, in altra composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte di Cassazione, il 8 gennaio 2015.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2015

Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015

 uso del cognome come marchio

Alessi vs Alessi Giacinto

Alessi vs Alessi Giacinto




Marchio fiere RIMINI FIERA

marchio fiere Rimini

Uso di nome e cognome come marchio

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
F.LLI CAMPANILE S.P.A. – ricorrente –
contro
GIULIA INVEST S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), AVC S.R.L (C.F.
(OMISSIS)), – controricorrenti –
contro
avverso la sentenza n. 2612/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 06/06/2005;

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE1. Il 10 luglio 1992 la F.lli Campanile s.p.a. citò la Lipar s.r.l., l’AVC s.r.l. e la Giulia Invest s.p.a. davanti al Tribunale di Roma.

Espose che la Giulia Invest s.p.a. aveva registrato il marchio “Adriana V. Campanile” per la produzione e il commercio di scarpe, messe in commercio dalle tre società, e che il marchio era nullo per difetto di novità, avendo essa in precedenza registrato il marchio “Campanile” per gli stessi prodotti. L’attrice chiese che fosse inibita alle società convenute la vendita delle scarpe recanti il marchio in questione, oltre al risarcimento dei danni.

Le società convenute resistettero alla domanda, deducendo che il marchio della società attrice è debole, essendo costituito da patronimico coincidente con quello contenuto in altri marchi usati per le stesse categorie di prodotti; che il marchio contestato conteneva il patronimico della stilista, che aveva lo stesso cognome, ed era stato differenziato con l’aggiunta il doppio nome della stilista, ” A.V.”.

2. La domanda attrice è stata respinta nel doppio grado del giudizio di merito. La corte d’appello di Roma, con la sentenza 6 giugno 2005, ha ritenuto che il patronimico dei F.lli Campanile non è un marchio talmente forte, per la grande capacità di identificare i prodotti della società, da non consentire ad altri di fare successivamente uso dello stesso patronimico per contraddistinguere i suoi prodotti negli stessi settori merceologici; che sebbene tra i consumatori più attenti e qualificati il nome in questione evochi immediatamente quello dei noti produttori di cuoio e di scarpe e affini, in una fascia molto ampia di consumatori, meno esperti ed informati, lo stesso nome non è associato immediatamente alla produzione della società appellante; che quel nome è molto diffuso, e non esclude qualsiasi uso successivo da parte di altri che abbia lo stesso nome, quando questo sia adeguatamente diversificato per evitare confusione, come previsto dalla L. marchi, art. 1 bis, introdotto dalD.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480 in ottemperanza alla direttiva CEE 21 dicembre 1988; che perciò le società appellate avevano rinunciato al marchio depositato, e avevano fatto registrare il nuovo marchio “AVC by Adriana V. Campanile”; che in questo nuovo marchio le lettere AVC sono riportate in caratteri maiuscoli e in grassetto, con sensibile intervallo, con completa autonomia grafica e visiva dell’acronimo;

che in esso, infatti, l’acronimo AVC costituisce il cuore del marchio, assegnando agli altri elementi “by Adriana V. Campanile” funzione meramente descrittiva.

3. Per la cassazione di questa sentenza, notificata alla parte personalmente il 17 gennaio 2006, ricorre la F.lli Campanile s.p.a.

per due motivi, illustrati anche con memoria.

Resistono Giulia Invest s.r.l. e AVC. S.r.l. con controricorso il 21 aprile 2006.

La ricorrente ha depositato una memoria dichiarando l’intervenuto fallimento ma ha poi partecipato alla discussione chiedendo l’accoglimento del ricorso.

4. Il ricorso non è stato notificato alla Lipar s.r.l., ed è pertanto inammissibile nei confronti di questa parte. La natura della controversia, che ha ad oggetto l’accertamento della contraffazione e la condanna di diversi soggetti al risarcimento dei danni conseguiti, esclude la sussistenza di un litisconsorzio necessario anche solo processuale, e non pone la necessità di integrare d’ufficio il contraddittorio.

L’intervenuto fallimento della società ricorrente non ha alcun riflesso nel presente giudizio, essendo ben noto che, per antica e costante giurisprudenza, nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto dell’interruzione del processo per uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c. e segg., onde, una volta instauratosi il giudizio, l’evento altrimenti interruttivo concernente la parte, comunicato dal suo difensore, non produce l’interruzione del giudizio. (Sez. un. 21 giugno 2007 n. 14385).

5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione del R.D. 21 giugno 1942, n. 929, artt. 17 e 18 e succ. mod..

Si censura l’affermazione che il patronimico “Campanile” sarebbe un marchio debole, a causa della sua diffusione, e si oppone che il marchio patronimico è per ciò stesso un marchio forte.

Con il secondo motivo di ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione della L. Marchi, artt. 1 bis e 13. Si censura l’affermazione che l’adozione del marchio “AVC by Adriana Campanile”, il luogo del precedente “Adriana V. Campanile”, sarebbe sufficiente a differenziare i marchi e i prodotti nella mente dei consumatori, perchè il cuore del marchio sarebbe l’acronimo “AVC”. Si oppone che il nuovo marchio ha il suo cuore non già nell’acronimo “AVC”, impronunciabile in italiano, ma nel cognome Campanile, e che in caso di marchio forte sono illegittime tutte le variazioni e modificazioni che lascino sussistere l’identità sostanziale del cuore del marchio, ovvero il nucleo ideologico che ne esprime l’idea fondamentale (Cass. 16 luglio 2004 n. 13178).

Il ricorso è fondato sotto entrambi i profili prospettati.

6. Come questa corte ha avuto altra volta occasione di affermare, è da escludere che il marchio costituito dall’uso di un patronimico possa essere considerato debole, sempre che il nome utilizzato non abbia alcuna relazione col prodotto e non venga usato nella consuetudine di mercato per designare una categoria di prodotti (Cass. 14 aprile 2000 n. 4839).

E’ conseguentemente errata l’affermazione contraria alla quale la corte di merito è pervenuta, negando il carattere forte del marchio non già per la sua relazione con il prodotto, ma per il grado di diffusione del nome.

7. E’ altresì errata l’affermazione che il marchio accusato sarebbe stato utilmente differenziato da quello protetto, perchè avrebbe usato il patronimico di quello solo in funzione descrittiva, avendo invece il suo cuore nell’acronimo AVC. Secondo l’insegnamento di questa corte in tema di marchi di impresa, è preclusa, per difetto di novità, la registrazione di un successivo marchio che riproduca il cuore del marchio anteriore costituito dal patronimico, nonostante l’aggiunta di elementi differenziatori di contorno, potendosi determinare un rischio di confusione per il pubblico, quale rischio di un erroneo riferimento dell’attività dell’una all’altra impresa, soprattutto qualora tale eventualità sia resa altamente probabile dall’identità, o quantomeno affinità, dei prodotti (Cass. 21 maggio 2008 n. 13067; Cass. 3 aprile 2009 n. 8119).

8. E’ errato l’assunto che in forza della L. 21 giugno 1942, n. 929, art. 1 bis, comma 1 introdotto dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480 in ottemperanza alla direttiva CEE 21 dicembre 1988 (materia oggi regolata dal D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, art. 21), sarebbe consentito l’inserimento dello stesso patronimico, quantunque già registrato da altri come marchio, nel proprio marchio, purchè ciò avvenga in modo conforme ai principi della correttezza professionale.

La testuale disposizione della norma, che autorizza l’uso del proprio patronimico “nell’attività economica”, non lascia margini di dubbio in proposito: ciò è consentito purchè l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale “e quindi non in funzione di marchio”, ma solo in funzione descrittiva. Ciò significa che il patronimico, in questi casi, non può essere inserito nel marchio, che ha funzione distintiva (attraverso tutti gli elementi di cui è composto) e non già descrittiva (Cass. 22 novembre 1996 n. 10351;

Cass. 22 aprile 2003 n. 6424).

9. In conclusione il ricorso è accolto e la sentenza è cassata. La causa è rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla stessa corte territoriale la quale, nel riesaminare – in altra composizione – la domanda dell’appellante, si atterrà ai seguenti principi di diritto:

– ai fini della qualificazione del marchio patronimico come marchio forte deve aversi riguardo non già alla diffusione del nome, bensì alla sua relazione con i prodotti o servizi contrassegnati;

– in tema di tutela del marchio patronimico, non vale ad escludere la contraffazione la circostanza che nel marchio accusato il patronimico protetto sia accompagnato da altri elementi;

in tema di marchio patronimico registrato, la L. 21 giugno 1942, n. 929, art. 1 bis, comma 1 introdotto dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, nel consentire ai terzi l’uso dello stesso patronimico nell’attività economica in funzione descrittiva, esclude che esso possa essere inserito nel proprio marchio.
PQM
P.Q.M.La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti della Lipar s.r.l.; accoglie il ricorso nei confronti delle altre parti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla corte d’appello di Roma in altra composizione.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 29 dicembre 2011




Prova del diritto a presentare opposizione

prova del diritto a presentare opposizione

Prova del diritto a presentare opposizione

L’opponente deve dare prova del diritto a presentare l’opposizione, se non dà prova di essere titolare o licenziatario del marchio l’opposizione è respinta.

Se l’opposizione contro la registrazione di un marchio comunitario è basata su un marchio registrato che non è un marchio comunitario, l’opponente deve dare prova del diritto a presentare opposizione presentando una copia del relativo certificato di registrazione ed eventualmente dell’ultimo certificato di rinnovo, da cui risulti che il periodo di protezione del marchio si estende oltre il termine di cui al paragrafo 1, e le eventuali proroghe, o i documenti equivalenti, rilasciati dall’amministrazione dalla quale il marchio è stato registrato regola 19, paragrafo 2, lettera a), punto ii), REMC

Nel caso in esame l’opponente non ha dato prova del diritto e quindi non ha dimostrato di essere titolare nè licenziatario del marchio sul quale si fondava l’opposizione, quindi l’opposizione è stata respinta.

UFFICIO PER L’ARMONIZZAZIONE NEL MERCATO INTERNO (MARCHI, DISEGNI E MODELLI)

Divisione di opposizione

OPPOSIZIONE N. B 2 544 123 – prova del diritto

FIN.ING. S.R.L., Italia (opponente)

c o n t r o

Manifatture di Fiammetta Pancaldi S.R.L., Italia (richiedente)

Il 30.11.2015, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

DECISIONE:

1.       L’opposizione n. B 2 544 123 è totalmente respinta.

2.       L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

MOTIVAZIONE (prova del diritto)

L’opponente ha presentato opposizione contro una parte dei prodotti e servizi della domanda di marchio comunitario n. 13 815 196, vale a dire contro tutti i prodotti compresi nella classe 25. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio comunitario n. 4 095 741 nella classe 25 e sulla registrazione di marchio italiano n. 480 716 nella classe 25. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMC.

PANCALDI & B
(Marchio comunitario n. 4 095 741)

PANCALDI
(Marchio italiano n. 480 716)
Marchi anteriori

vs 

FIAMMETTAPANCALDI
Marchio impugnato

PROVA DELL’ESISTENZA E VALIDITÀ DEI DIRITTI ANTERIORI (prova del diritto)

Ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, RMC, nel corso del procedimento l’Ufficio procede d’ufficio all’esame dei fatti. Tuttavia, nei procedimenti concernenti impedimenti relativi alla registrazione, l’Ufficio si limita, in tale esame, ai fatti, alle prove e agli argomenti addotti e alle richieste presentate dalle parti.

Ne discende che l’Ufficio non può tenere conto di diritti asseriti per i quali l’opponente non abbia prodotto prove adeguate.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 1, REMC, l’Ufficio dà alla parte opponente l’opportunità di presentare i fatti, le prove e le osservazioni a sostegno della sua opposizione o di completare eventuali fatti, prove od osservazioni che siano già stati presentati insieme con l’atto di opposizione entro un termine fissato dall’Ufficio.

Conformemente alla regola 19, paragrafo 2, REMC, entro il termine di cui sopra, l’opponente deposita inoltre le prove dell’esistenza, della validità e della portata della protezione del suo marchio anteriore o diritto anteriore, nonché la prova del suo diritto a proporre opposizione.

Ai sensi dell’articolo 41 RMC possono fare opposizione nei casi di cui all’articolo 8, paragrafi 1 e 5,  i titolari di marchi anteriori di cui all’articolo 8, paragrafo 2, così come i licenziatari autorizzati dai titolari di tali marchi.

Ai sensi della regola 15, paragrafo 2, lettera h), lettere iii) REMC se l’opposizione viene proposta da un licenziatario o da una persona che, secondo la corrispondente normativa nazionale, può esercitare un diritto anteriore, l’opponente deve produrre una dichiarazione a tal fine con indicazioni relative alla autorizzazione o al diritto di proporre un’opposizione.

In particolare, se l’opposizione è basata su un marchio registrato che non è un marchio comunitario, l’opponente deve presentare una copia del relativo certificato di registrazione ed eventualmente dell’ultimo certificato di rinnovo, da cui risulti che il periodo di protezione del marchio si estende oltre il termine di cui al paragrafo 1, e le eventuali proroghe, o i documenti equivalenti, rilasciati dall’amministrazione dalla quale il marchio è stato registrato regola 19, paragrafo 2, lettera a), punto ii), REMC.

Nel presente caso, in relazione al marchio anteriore italiano n. 480 716, l’opponente ha presentato l’ultimo certificato di rinnovo rilasciato dall’UIBM. In detto certificato appare indicato come titolare del marchio: ‘IN.PRO.DI. – INGHIRAMI PRODUZIONE DISTRIBUZIONE S.P.A.’.  Pertanto, il nome del titolare del marchio che appare nel certificato di rinnovo non corrisponde al nome dell’opponente, FIN.ING. S.R.L.

Con riferimento al marchio anteriore comunitario n. 4 095 741 anch’esso risulta essere a nome della  ‘IN.PRO.DI. – INGHIRAMI PRODUZIONE DISTRIBUZIONE S.P.A.’.

In data 09/07/2015 sono stati concessi all’opponente due mesi, a decorrere dalla fine del periodo di riflessione, per presentare il materiale probatorio di cui sopra. Questo termine è scaduto in data 14/11/2015.

Nel presente caso, l’opponente non ha presentato nessuna prova del suo diritto a proporre un’opposizione.

Conformemente alla regola 20, paragrafo 1, REMC, se, entro il termine di cui alla regola 19, paragrafo 1, RMC l’opponente non ha provato l’esistenza, la validità e la portata della protezione del suo marchio anteriore o del suo diritto anteriore, nonché il suo diritto a proporre l’opposizione, l’opposizione viene respinta in quanto infondata.

L’opposizione deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

SPESE

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMC, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e 7, lettera d), punto ii) REMC, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

La Divisione d’Opposizione

Prova del diritto a presentare opposizione – MARCHIO PANCALDI

prova del diritto a presentare opposizione

proova del diritto a presentare opposizione




Marchio fiere RIMINI FIERA

marchio fiere Rimini

Il marchio fiere RIMINI FIERA vince il round in cassazione contro il marchio RIMINI FIERE

marchio fiere RIMINI FIERA contro marchio RIMINI FIERE

Attraverso l’uso diffuso nel mercato, un marchio originariamente debole (se non addiritttura nullo) in quanto descrittivitivo del servizio che deve contraddistinguere e neppure formalmente registrato, può diventare forte, celebre (quindi tutelabile anche in altri settori merceologici) e prevalere come marchio di fatto anche su marchi registrati successivamente.

Il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione.

Cassazione civile  sezione I, 16.11.2015, n. 23393 “marchio fiere”

RIMINI  FIERA  S.P.A. contro RIMINIFIERE  S.R.L.

di seguito la sentenza integrale Marchio fiere – Rimini Fiera

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA CIVILE “marchio fiere”

ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso 15802/2011 proposto da:

RIMINIFIERE  S.R.L.  – ricorrenti –

contro

RIMINI  FIERA  S.P.A. – controricorrenti –

avverso  la  sentenza n. 1714/2010 della CORTE D’APPELLO  di  NAPOLI, depositata il 07/05/2010 “marchio fiere”

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO “marchio fiere”

Con citazione notificata il 12/3/2005, a seguito di pronuncia di incompetenza del Tribunale di Roma preventivamente adito, la s.p.a. Rimini Fiera già Ente Autonomo Fiera di Rimini, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli la Riminifiere srl per ottenere la pronuncia di nullità del marchio Riminifiere depositato dalla convenuta il 12.10.01 e della relativa registrazione.

Si costituiva la convenuta, chiedendo il rigetto della domanda ed avanzando domanda riconvenzionale perchè fosse dichiarata la nullità del marchio nazionale e comunitario “RiminiFiera” dell’attrice, successivamente registrato.

Rigettata istanza di sospensione del giudizio in attesa dell’esito di altro giudizio promosso dalla convenuta dinnanzi al Tribunale di Rimini, culminato con sentenza di rigetto della domanda ed oggetto di gravame, il Tribunale di Napoli, con sentenza del l’17/3/2007- 13/4/2007, in accoglimento della domanda attrice dichiarava la nullità del marchio “Riminifiere” della convenuta, registrato il 24/3/2003, dichiarava la litispendenza della domanda riconvenzionale di nullità del marchio italiano “Riminifiera” dell’attrice rispetto al giudizio all’epoca pendente dinnanzi alla Corte di Appello di Bologna, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale di nullità del marchio comunitario dell’attrice, provvedeva sulle spese di lite e altri provvedimenti accessori.

Il Tribunale riteneva provato il preuso del marchio di fatto dell’attrice con notorietà nazionale non limitata in ambito locale almeno fin dagli anni 90, in base alla documentazione prodotta, rilevando l’esistenza di siti internet registrati dall’attrice dal 1997 e fino al 2001, quali segni distintivi autonomi. Rilevava, inoltre, che il marchio di fatto “Riminifiera” era sicuramente valido con capacità distintiva, laddove quello della convenuta era del tutto simile e confondibile, essendo l’unica differenza la vocale finale, “e” invece di “a” di scarsissimo rilievo, atteso anche lo scarso valore dell’aspetto grafico di entrambi i marchi e l’affinità dei settori, anzi la parziale coincidenza dei servizi assicurati dalle parti. Riconosceva, infine il carattere di rinomanza al marchio dell’attrice onde la tutela ultramerceologica, nonchè l’esclusione della novità del marchio registrato dalla convenuta, stigmatizzando il carattere nullo del domain name corrispondente al marchio usato dalla convenuta, di carattere decettivo, generante,cioè confusione negli utenti sulla qualità dei servizi di riferimento, con ulteriore profilo di nullità.

Avverso tale decisione proponeva appello la convenuta, lamentando il mancato accoglimento dell’istanza di sospensione del giudizio in attesa della definizione di quello pendente tra le parti presso la Corte di Appello di Bologna, nonchè la pronuncia di litispendenza sulla sua domanda riconvenzionale e la pronuncia di inammissibilità della domanda concernente il marchio comunitario, ritenuta erroneamente priva di connessione con le domande svolte in giudizio.

Nel merito, l’appellante ribadiva la piena validità del proprio marchio, come segno nuovo ed originale, che doveva qualificarsi come marchio forte. L’appellante ribadiva che il segno della appellata non poteva considerarsi marchio valido o marchio di fatto nonchè l’assenza di rischio confusorio anche, con riferimento al domain name e che l’attività svolta su internet era del tutto lecita, essendosi essa limitata, nel suo sito a pubblicare un elenco delle manifestazioni organizzate a Rimini.

Riprendeva poi le difese in materia di abuso di posizione dominante da parte dell’appellata di violazione del diritto al nome e sosteneva che il marchio di fatto di quest’ultima non poteva considerarsi di rinomanza al fine del riconoscimento di una tutela ultramerceologica, ribadendo la sua assenza di mal fede.

Si costituiva l’appellata, deducendo la pretestuosità nonchè l’infondatezza del gravarne chiedendo la conferma della sentenza.

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza 1714/10 rigettava l’appello. “marchio fiere”

Avverso la detta decisione ricorre per cassazione la Riminifiere srl sulla base di sei motivi cui resiste con controricorso la Riminifìera spa.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto “marchio fiere”

MOTIVI DELLA DECISIONE “marchio fiere”

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 300 c.p.c., per la mancata interruzione del processo a seguito della trasformazione dell’Ente autonomo Fiera di Rimini,parte originaria nel giudizio, in Rimini Fiera spa.

Con il secondo motivo nega che l’espressione Riminifiera costituisca un marchio di fatto, e per di più “forte”, con capacità distintiva acquisita grazie alla registrazione come nome a dominio.

Con il terzo motivo contesta la tesi sostenuta dalla sentenza secondo cui il termine “fiera” non potesse essere utilizzato se non dagli enti e dalla imprese la cui attività consistesse nella organizzazione di manifestazioni fieristiche e non da imprese che svolgessero un diverso tipo di attività.

Con il quarto motivo deduce nuovamente con più approfondite argomentazioni che l’espressione Riminifiera non riveste natura di marchio forte.

Con quinto ed il sesto motivo contesta il carattere di rinomanza riconosciuto al marchio Riminifiera e l’esistenza di un rischio di confusione tra i due marchi oggetto di controversia anche in ragione delle diverse classi merceologiche cui essi si riferiscono.

Va preliminarmente esaminata la questione di nullità del processo sollevata in udienza dal PG per non essere stato il PM parte nei giudizi di primo e secondo grado con conseguente richiesta di rinvio della causa in primo grado per l’integrazione del contraddittorio.

L’eccezione non può essere accolta. “marchio fiere”

Questa Corte ha già chiarito in via generale che nei procedimenti in cui sia previsto l’intervento obbligatorio del P.M., la nullità derivante dalla sua omessa partecipazione al giudizio si converte in motivo di gravame ai sensi degli artt. 158 e 161 c.p.c., secondo un orientamento consolidato, il rinvio contenuto nell’ultima parte dell’art. 158 c.p.c., al successivo art. 161, comporta la conversione, anche con riferimento all’ipotesi della nullità derivante dalla mancata partecipazione del pubblico ministero, in mezzo di impugnazione (Cass., 31 marzo 2011, n. 7423; Cass., 3 maggio 2000, n. 5504; Cass., 23 febbraio 2000, n. 2073).

Avuto riguardo anche alla disposizione contenuta nell’art. 397 c.p.c., n. 1, che prevede l’ipotesi specifica della revocazione proponibile dal solo pubblico ministero nelle cause in cui il proprio intervento è obbligatorio, deve ritenersi che le altre parti non siano legittimate, in via concorrente, a proporre impugnazione in relazione a tale omissione (Cass., 2 dicembre 1993, n. 11960; Cass. 16361/14).

Nella presente causa nessuna impugnazione è stata proposta da nessuna delle parti nè dal PM. Si aggiunge peraltro che nel caso di specie, in cui si verte in tema di proprietà industriale, è stato altresì chiarito che l’art. 122 del codice della proprietà intellettuale (D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) prevede che “in deroga all’art. 70 c.p.c., l’intervento in causa del P.M. non è obbligatorio” nelle cause che vertono sulla decadenza o nullità di un titolo di proprietà industriale, nè il successivo art. 245, che contiene le disposizioni di carattere transitorio, ha introdotto alcun elemento di novità nell’ordinamento, con la conseguenza che le nuove disposizioni processuali trovano immediata applicazione ai processi in corso relativamente agli atti da compiere successivamente alla loro entrata in vigore, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 preleggi. Pertanto, non essendo più obbligatoria la partecipazione del P.M. al giudizio, a partire dal 19 marzo 2005 (data in cui è entrato in vigore il predetto codice), questi non acquista la qualità di parte necessaria, ove, come nella specie, non sia intervenuto in giudizio, sicchè non sussiste, in grado di appello, la necessità d’integrare il contraddittorio nei suoi confronti, (Cass. 9548/12).

E’ appena il caso di rilevare che alla fattispecie in esame è applicabile ratione temporis il citato art. 122 c.p.i, poichè il giudizio è iniziato con citazione del 12.3.05 onde lo stesso si è svolto sotto il vigore della nuova normativa.

Il primo motivo è infondato. “marchio fiere”

Nel caso di specie si è verificata la privatizzazione di un ente pubblico in società per azioni.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che in caso di c.d. privatizzazione degli enti pubblici realizzata senza l’estinzione del preesistente soggetto a fronte della costituzione di quello nuovo, con trasferimento a quest’ultimo dei rapporti attivi e passivi di cui il primo era in precedenza titolare, si ha mera trasformazione del soggetto preesistente in un diverso tipo di persona giuridica. (Cass. 27139/06).

Nel caso di specie, la legge regionale Emilia Romagna 12/2000 non contiene espressa menzione dell’estinzione dell’Ente, nè ne prevede la soppressione e la liquidazione per cui il medesimo risulta meramente trasformato in società di capitali, senza estinzione nè mutamento di stato – bensì solo di forma di organizzazione – a tale vicenda pertanto sopravvivendo senza soluzione di continuità con mantenimento della propria identità soggettiva.

Ne consegue che nessun evento interruttivo si è verificato ancorchè la detta trasformazione sia intervenuta in corso di causa. (Cass. sez. un 6841/96).

Si osserva, in particolare, che l’art. 8, della citata legge regionale, laddove prevede che “gli entri autonomi fieristici di Bologna, Parma, Piacenza e Rimini sono tenuti a trasformarsi in distinte società per azioni “entro il termine di 730 giorni dalla entrata in vigore della legge”, lascia persistere la soggettività dell’ente non prevedendone l’estinzione o la liquidazione bensì la semplice trasformazione.

Nel caso di specie peraltro il motivo risulta manifestamente infondato poichè la causa è stata iniziata nel 2004 dalla Rimini Fiera spa ben quattro anni dopo l’avvenuta trasformazione onde nessun problema di estinzione del soggetto processuale sussiste.

Il secondo motivo con cui si contesta il carattere forte del marchio della contro ricorrente è in parte inammissibile ed in parte infondato. “marchio fiere”

Occorre preliminarmente rammentare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all’uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l’invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare (fatta salva la convalidazione di cui al R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 48) il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione. (Cass. 14342/03).

Nel caso di specie la Corte d’appello di Napoli ha accertato il preuso a carattere nazionale del Marchio Riminifiera della contro ricorrente essendo lo stesso stato adoperato in occasione di fiere, saloni internazionali,inserito in pubblicazioni internazionali e adoperato su siti internet registrati dal 1997.

La Corte di appello ha rilevato con la motivazione dianzi descritta la sussistenza del secondary meaning per cui il marchio, di per sè descrittivo, in ragione della sua diffusione non solo a livello nazionale ma anche internazionale ha acquisito per effetto della predetta divulgazione un carattere distintivo particolarmente intenso tal da doversi considerare non solo un marchio forte ma addirittura un marchio notorio tale da ottenere un tutela ultramerceologica.

Il motivo non contesta tali circostanze ma si limita a contestare il carattere forte del marchio in esame sostenendo che, essendo lo stesso puramente descrittivo e generico, sarebbe in realtà un marchio debole.

Ciò rende in primo luogo la censura inammissibile in quanto non censura la ratio decidendi non contestando la rilevanza delle argomentazioni circa la acquisita notorietà del marchio.

La stessa sarebbe comunque priva di fondamento.

Questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la tutela del cosiddetto “secondary meaning“, prevista dal R.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 47 bis, introdotto dal D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 480, si riferisce ai casi in cui un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintive per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, acquisti in seguito tali capacità, in conseguenza del consolidarsi del suo uso sul mercato, così che l’ordinamento si trova a recepire il “fatto” della acquisizione successiva di una “distintività” attraverso un meccanismo di “convalidazione” del segno (Cass. 8119/09).

Va ulteriormente osservato che il principio del secondary meaning è estensibile anche al caso di trasformazione di un marchio originariamente debole in un marchio forte.

Questa Corte ha infatti già chiarito che, la distinzione tra marchi forti e marchi deboli non si specifica ulteriormente, quanto ai marchi forti, a seconda che tale natura sia originaria oppure acquisita con l’uso di mercato, onde, in presenza di un fenomeno di “secondary meaning”, va riconosciuta al marchio “originariamente” debole la stessa tutela accordata ai marchi “originariamente” forti e l’accertamento della relativa contraffazione va effettuato secondo i criteri che presiedono alla tutela del marchio forte, atteso che il segno risultante in origine caratterizzato da una minor capacità individualizzante, una volta pervenuto alla convalidazione dovuta all’uso, abbisogna della più rigorosa tutela riconosciuta al marchio forte, in mancanza della quale anche le lievi modificazioni che il marchio debole deve invece tollerare otterrebbero l’effetto di frustrare il risultato conseguito attraverso l’uso di mercato. (Cass. 5091/00 – Cass. 12940/03 – v. anche Cass. 10071/08).

Anche il terzo motivo risulta infondato. “marchio fiere”

La società ricorrente contesta in sostanza che al marchio della sua controparte non poteva essere riconosciuta la protezione ultramerceologica.

Tuttavia il motivo non si incentra in termini specifici sulla questione della rinomanza attribuita al marchio della controricorrente dalla Corte d’appello sostenendo, invece, la diversa argomentazione secondo cui, non svolgendo essa attività di carattere fieristico, non le si poteva precludere l’uso del marchio recanti i nomi Fiera e Rimini.

Tale censura non coglie in alcun modo la ratio decidendi della sentenza che ha fatto discendere dalla natura di marchio celebre della controricorrente il fatto che lo stesso godesse di protezione ulteramerceologica.

E’ fin troppo nota la giurisprudenza sul punto di questa Corte secondo cui in relazione ai marchi cosiddetti “celebri”, infatti, deve accogliersi una nozione più ampia di “affinità” la quale tenga conto del pericolo di confusione in cui il consumatore medio può cadere attribuendo al titolare del marchio celebre la fabbricazione anche di altri prodotti non rilevantemente distanti sotto il piano merceologico e non caratterizzati – di per sè – da alta specializzazione. (Cass. 14315/99) cosicchè il prodotto meno noto si avvantaggi di quello notorio e del suo segno.. (Cass. 13090/13).

Del tutto correttamente quindi la Corte d’appello ha ritenuto che il carattere di rinomanza del marchio della contro ricorrente escludesse la possibilità di una sua utilizzazione anche per merci e servizi non affini e la censura, non cogliendo siffatta ratio, deve ritenersi inammissibile.

Il quarto motivo è infondato. “marchio fiere”

L’assunto della ricorrente secondo cui il proprio marchio Rimini Fiere sarebbe un marchio forte perchè, non svolgendo essa attività fieristica, costituirebbe un marchio di fantasia.

L’infondatezza di tale assunto discende da quanto affermato in occasione del motivo precedente e, cioè che, essendo il marchio della contro ricorrente un marchio notorio, non è consentito ad altri soggetti l’utilizzo dello stesso marchio anche per prodotti o servizi non affini, a prescindere che il marchio della ricorrente possa in astratto essere considerato un marchio forte.

Infondato è poi l’assunto secondo cui il marchio della contro ricorrente sarebbe un marchio denominativo mentre quello della ricorrente sarebbe un marchio complesso in cui è inserito anche il termine Riminifiere.

E’ fin troppo nota sul punto la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il marchio complesso è costituito da una composizione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante, il cui esame da parte del giudice deve effettuarsi in modo parcellizzato per ciascuno di essi, pur essendone la forza distintiva affidata all’elemento costituente il c.d. cuore del marchio. Esso si distingue dal marchio d’insieme, in cui manca l’elemento caratterizzante e tutti i vari elementi sono singolarmente privi di distintività, derivando il valore distintivo, più o meno accentuato, soltanto dalla loro combinazione o, appunto, dal loro “insieme”. Ne deriva che, mentre nel marchio complesso ogni singolo segno in esso incluso che abbia capacità distintiva è tutelabile autonomamente come marchio, in quello d’insieme i singoli segni non sono autonomamente tutelabili come privative. (Cass. 24610/10).

In primo luogo la ricorrente non precisa quali sarebbero gli ulteriori elementi distintivi inseriti nel proprio marchio complesso dotati di autonoma capacità distintiva. Va inoltre rammentato che, di regola e salvo diversa espressa allegazione e prova, il carattere distintivo di un marchio complesso va di regola individuato nella sua parte denominativa onde nel caso di specie deve ritenersi che,in assenza di ogni ulteriore allegazione della ricorrente, il termine Riminifiere sia quello avente capacità distintiva, ma per quanto in precedenza detto tale segno risulta contraffazione del marchio della ricorrente.

La ricorrente deduce anche una violazione del diritto al nome ai sensi dell’art. 7 c.c..

Tale assunto è manifestamente infondato poichè tale norma è inerente ai diritti della personalità della persona fisica mentre la ditta rientra nella protezione dei “segni distintivi” nell’ambito del diritto commerciale, ossia quella della L. n. 929 del 1942, art. 21, (Cass. 16022/00; Cass. 2735/98; 24620/10).

Infondato è anche il quinto motivo che si basa sull’assunto che il marchio della Rimini Fiere spa sia un marchio debole quando invece lo stesso è stato riconosciuto forte e di rinomanza come evidenziato in occasione dell’esame del secondo motivo.

Valgono sul punto le argomentazioni in precedenza espresse.

Il sesto motivo è inammissibile prima ancora che infondato. “marchio fiere”

Con tale motivo si contesta la ritenuta confondibilità tra i due marchi.

La censura risulta invero del tutto generica.

Non vengono invero addotti argomenti specifici per cui la valutazione della Corte d’appello sarebbe inadeguata limitandosi a sostenere che non era stata analizzata la documentazione prodotta, di cui peraltro, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, non viene indicato di quali documenti si trattasse e dove gli stessi siano rinvenibili tra la documentazione della fase di merito e facendo addirittura invito a questa Corte di analizzare il contenuto del sito web; attività preclusa in questa sede di legittimità.

In ogni caso, si rileva che sul punto la Corte d’appello ha osservato che la veste grafica dei due marchi era irrilevante e che la confondibilità risultava dal fatto che i due marchi divergevano solo per la lettera finale.

Tale motivazione risulta del tutto corretta anche se sintetica e sul punto ci si riporta a quanto espresso in occasione del quarto motivo circa i marchi complessi ed i marchi denominativi.

E’ infatti evidente che la Corte d’appello ha ritenuto che nel caso specie l’elemento qualificante e distintivo del marchio della ricorrente fosse il termine Riminifiera avente carattere determinante mentre gli altri elementi grafici non avevano alcun carattere distintivo autonomo.

Non sussistono infine le condizioni per la rimessione alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del TFUE. La questione di cui il ricorrente chiede la rimessione alla Corte di giustizia è la seguente “si chiede all’Ecc.mo Collegio di trasmettere gli atti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee alfine di verificare se la registrazione da parte di una società di un marchio corrispondente alla propria denominazione possa essere considerata nulla in ragione peraltro del fatto che il segno distintivo sia in grado di assumere i connotati del marchio forte, non essendo direttamente ricollegabile all’attività svolta dalla società stessa”.

In primo luogo la richiesta è del tutto priva di argomentazioni illustrative ed esplicative non essendo tra l’altro neppure indicato in relazione a quale articolo della direttiva comunitaria 89/104 CE si richiede l’interpretazione della Corte di Giustizia.

Inoltre, la stessa è del tutto irrilevante in relazione alla decisione adottata.

Il principio affermato è che il marchio della controricorrente è un marchio di rinomanza con estensione della protezione ultramerceologica. Posto che il marchio della ricorrente è successivo, vale il principio generale di cui all’art. 4, n. 2, della direttiva 89/104 CEE secondo cui è escluso dalla registrazione o se registrato può essere dichiarato nullo il marchio se questo è identico o simile ad un marchio anteriore e l’identità o la somiglianzà dei prodotti o dei servizi crea un rischio di confusione per il pubblico in ragione anche del rischio di associazione tra i due marchi.

Vale poi nel caso di specie il principio specifico di cui all’art. 4, comma 4, della citata direttiva secondo cui il marchio identico o simile ad altro già registrato non è suscettibile di registrazione anche in relazione a prodotti non affini rispetto a quelli cui si riferisce il marchio già registrato se quest’ultimo gode di notorietà.

In siffatte previsioni normative è del tutto irrilevante il carattere forte o debole del marchio successivo.

Il ricorso va in conclusione respinto. “marchio fiere”

La società ricorrente va di conseguenza condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 8000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre spese forfettarie ed accessori di legge. Manda alla cancelleria per la comunicazione del dispositivo della presente sentenza all’UIBM. Così deciso in Roma, il 25 settembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2015 “marchio fiere”

Centro Elaborazione Dati Cassazione, 2015

marchio fiere

marchio fiere – RIMINI FIERA