ANTICA SARTORIA NAPOLETANA – Assenza di carattere distintivo. Euipo 01.12.2016

ANTICA-SARTORIA-NAPOLETANA

ANTICA SARTORIA NAPOLETANA – Assenza di carattere distintivo.  Euipo 01.12.2016

 

L’Ufficio ritiene che, seppure il segno in esame contenga degli elementi figurativi, essi non posseggano una caratteristica tale da dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo.

 

 

Rifiuto di una domanda di marchio dell’Unione europea ex articolo 7, RMUE, e regola 11, paragrafo 3, REMUE

Alicante, 01/12/2016

FRANCESCO MUSELLA  VIA MIGUEL CERVANTES DE SAAVEDRA N.64 I-80133 NAPOLI  ITALIA
Fascicolo nº: 015402332

Vostro riferimento: ANTICASARTORIA Marchio: Antica Sartoria Napoletana

Tipo de marchio: Marchio figurativo

Nome del richiedente: AERRE GROUP S.R.L.S.  Corso Novara n°36 I-80143 Napoli  ITALIA

In data 23/06/2016 l’Ufficio, dopo aver riscontrato che il marchio in questione è descrittivo e privo di carattere distintivo, ha sollevato un’obiezione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b)-c) e dell’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, per i motivi esposti nella lettera allegata.
In data 04/08/2016 il richiedente ha presentato le sue osservazioni, che possono essere sintetizzate come segue:

1. L’Ufficio non ha analizzato adeguatamente la veste grafica del segno.

2. La dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” non è immediatamente e meramente descrittiva dei prodotti, poiché innesca nel consumatore un ulteriore slancio cognitivo, dovuto alla mancata specifica menzione dei prodotti. Vi sono segni che possono esprimere un messaggio obiettivo, ma necessitano di un minimo sforzo interpretativo da parte del pubblico. Il nesso fra la dicitura e i prodotti è troppo vago e indeterminato. Il carattere manifatturiero e di pregio che si può inferire dal sintagma “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” rientra in una dinamica promozionale ed elogiativa dei prodotti e servizi contraddistinti.

3. L’attività manifatturiera non può essere realizzata seguendo unicamente antiche pratiche, a causa dell’industrializzazione dei processi di produzione. In particolare, per i servizi di vendita online la tradizione manifatturiera si scontra con l’innovazione, in special modo con Internet.
Avenida de Europa, 4 • E – 03008 • Alicante, Spagna Tel. +34 965139100 • www.euipo.europa.eu

4. Rispetto ad “abiti” la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” non indica le caratteristiche dei prodotti, ovvero se si tratti di abiti da sera, casual o fabbricati con l’antico metodo manifatturiero o seguendo una produzione industriale.

5. Il segno è stato valutato in modo diverso rispetto ad altri marchi già registrati dall’Ufficio (v. elenco trasmesso).
Ai sensi dell’articolo 75 RMUE, l’Ufficio è tenuto a prendere una decisione fondata su motivi in ordine ai quali il richiedente ha potuto presentare le proprie deduzioni.
Dopo un’attenta analisi delle argomentazioni presentate dal richiedente, l’Ufficio ha deciso di mantenere la propria obiezione.
Questi i motivi.
L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE stabilisce che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.
È giurisprudenza consolidata che i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’articolo 7, paragrafo 1, RMUE sono indipendenti l’uno dall’altro ed esigono un esame separato. Inoltre i vari impedimenti alla registrazione vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi. L’interesse generale preso in considerazione deve rispecchiare considerazioni diverse, a seconda dell’impedimento in esame (16/09/2004, C-329/02 P, SAT/2, EU:C:2004:532, § 25).
Vietando la registrazione quale marchio dell’Unione europea di tali segni o indicazioni, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE
persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle caratteristiche di prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi.
(23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 31).
“I segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione” (26/11/2003, T-222/02, Robotunits, EU:T:2003:315, § 34).
Di conseguenza, l’Ufficio fa notare che nel caso di specie si deve stabilire se il segno
rappresenti, nella mente del consumatore interessato di lingua italiana, una descrizione delle caratteristiche dei prodotti e servizi o se sia ragionevole ritenere che ciò possa avvenire in futuro (12/03/2004, C-363/99, POSTKANTOOR).
Poiché il marchio in questione è composto da più elementi, al fine di individuare la sua caratteristica distintiva esso va considerato nel suo complesso, il che non è incompatibile con una valutazione di ciascuno dei singoli elementi che lo compongono.
L’Ufficio ha innanzitutto provveduto ad un esame dettagliato della parte verbale del segno.
Come già indicato nella precedente comunicazione, la dicitura in questione contiene tre termini, “antica”, “sartoria” e “napoletana”, rintracciabili in dizionari di uso comune, che l’Ufficio ha provveduto ad esaminare.
In base alle definizioni date (v. lettera allegata), è evidente che si tratta di vocaboli del tutto correnti, che danno origine ad un sintagma indicante un laboratorio di sarto/produzione artigianale o industriale di abiti proveniente da un passato lontano/secondo le vecchie tradizioni della città di Napoli. La dicitura è inoltre grammaticalmente corretta e non è pertanto percepita come inusuale dal consumatore di riferimento.

2. Per quanto concerne, in particolare, il termine “sartoria”, contrariamente a quanto affermato dal richiedente che lo ritiene inadeguato ad indicare un tipo di fabbricazione industriale come quella odierna, l’Ufficio non può che rimandare alla definizione del vocabolo estratta dal dizionario Sabatini Colletti, all’indirizzo http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/S/sartoria.shtml , come peraltro già indicato nella notifica del 23/06/2016: SARTORIA “1 Laboratorio di sarto (…) 2 Produzione artigianale o industriale di abiti; il settore di attività dei sarti”
(sottolineatura aggiunta).
Come si può notare, la produzione di una sartoria può seguire sia dei metodi di produzione artigianale sia industriale. Non esiste pertanto alcuno “scarto” nel messaggio trasmesso dal termine, che inneschi un fattore “sorpresa” nel consumatore.

4. Inoltre, per quanto riguarda la disquisizione del richiedente secondo la quale una sartoria si dedicherebbe al confezionamento di “abiti” (essendo questi ultimi un unico prodotto merceologico), l’Ufficio non può che manifestare la propria discordanza. L’Ufficio ritiene che il madrelingua italiano di cultura media sia perfettamente in grado di riconoscere nel termine “abito” tout court, oltre che un “vestito” anche un sinonimo di “capo di abbigliamento”, senza dover ricorrere a particolari sforzi cognitivi. Ciò peraltro è confermato anche dalle definizioni di “abito” del dizionario De Mauro (ricerca effettuata in data 01/12/2016 all’indirizzo http://dizionario.internazionale.it/parola/abito ): “1a. vestito, capo di abbigliamento”. Lungi dall’essere una percezione soggettiva, l’Ufficio si è limitato a riportare i significati dei termini che compongono il marchio così come appaiono nei dizionari e ad attribuire alla dicitura, nel suo insieme, l’unica interpretazione che, di primo acchito e spontaneamente, le verrebbe con tutta probabilità attribuita dal pubblico di riferimento, senza che ciò comporti nessun particolare sforzo interpretativo e senza la necessità di intraprendere complicati processi mentali.
Ciò premesso, se applicata a prodotti quali “Abbigliamento; Abbigliamento casual; Abbigliamento da donna; Abiti da cerimonia per donna; Abiti da sera; Abiti da sera da uomo; Articoli di abbigliamento tessuti; Biancheria personale; Scialli e stole; Abbigliamento da uomo; Camicie; Panciotti; Corredini per neonati (abbigliamento);
Vestiti; Cappelleria; Calzature [tranne le calzature ortopediche]; Guanti [abbigliamento]; Borse; Borsette [borsette]; Cinghie di cuoio; Cinture” ecc. la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” non fa che informare direttamente i consumatori del fatto che essi provengono da un antico laboratorio di sarto con sede a Napoli o seguono i dettami dell’antica produzione artigianale/industriale napoletana.
A titolo esemplificativo e non esaustivo l’Ufficio ritiene del tutto ragionevole pensare che la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA”, se applicata ad un abito da cerimonia o da sera da uomo o da donna, ad una camicia, ad uno scialle, ad un gilet ecc. non faccia che definire più concretamente quale sia l’origine o il fornitore del prodotto. Il fatto che il laboratorio di sarto abbia sede a Napoli da lunga data o segua le norme della produzione napoletana tradizionale, sia essa artigianale o industriale, sarà con tutta probabilità un richiamo promozionale importante, che il consumatore di riferimento saprà tenere in debita considerazione.
Va peraltro ricordato che anche prodotti quali “cappelleria, calzature, borse” ecc. possono essere commercializzati da/in un’antica sartoria con sede a Napoli, trattandosi di accessori che completano un capo di abbigliamento.

3. Infine, se applicata a “servizi di vendita al dettaglio on-line di abbigliamento; servizi di vendita al dettaglio in materia di abbigliamento e accessori per abbigliamento; servizi di vendita al dettaglio in materia di abbigliamento” ecc. il sintagma in esame non fa che indicare che essi sono forniti da un antico laboratorio di sarto con sede a Napoli o sono specializzati nell’antica produzione artigianale o industriale napoletana. Contrariamente a quanto affermato dal richiedente, il fatto che i servizi di vendita possano anche essere resi online non rende di per sé il marchio descrittivo. Anche ammesso e non concesso che una sartoria fosse esclusivamente un laboratorio artigianale, ciò non risulterebbe essere un impedimento per commercializzare i propri prodotti nel web. Va sottolineato che nel mercato globale attuale è sempre più usuale vendere prodotti artigianali mediante piattaforme informatiche: si tratta di un dato di comune esperienza che chiunque navighi in Internet può facilmente verificare.
Alla luce di quanto sopra esposto, l’Ufficio non comprende quale sarebbe lo “slancio cognitivo/ricognitivo” che si innescherebbe nel consumatore al confrontarsi con la dicitura in esame.
L’Ufficio ritiene di avere motivato sufficientemente le ragioni secondo le quali la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” sarebbe descrittiva dei prodotti e servizi richiesti. Va inoltre ricordato che
qualora lo stesso impedimento venga opposto per una categoria o un gruppo di prodotti, l’autorità competente può limitarsi ad una motivazione globale riguardante tutti i prodotti interessati. Questa possibilità può estendersi solo a prodotti che presentino tra di loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, tanto da formare una categoria sufficientemente omogenea per consentire che tutte le considerazioni di fatto e di diritto che formano la motivazione della decisione in questione, da una parte, chiariscano a sufficienza l’iter logico seguito dalla commissione di ricorso per ciascuno dei prodotti appartenenti a tale categoria e, dall’altra, possano essere applicate indistintamente a ciascuno dei prodotti interessati [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 2 aprile 2009, causa T-118/06, Zuffa/UAMI (ULTIMATE FIGHTING CHAMPIONSHIP), non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 27-28].
(19/05/2010, T-464/08, ‘SUPERLEGGERA’, ECLI:EU:T:2010:212, § 49).
Il marchio designa in modo chiaro e diretto l’origine/il fornitore e la qualità dei prodotti e servizi in oggetto.
Perché l’EUIPO possa opporre il diniego di registrazione ex articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE,
Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della detta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi.
(23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32, sottolineatura aggiunta).

1. Per quanto concerne gli elementi figurativi presenti nel segno , l’Ufficio non può che ribadire quanto affermato nella precedente comunicazione, ovvero che esso
“è rappresentato in caratteri di stampa maiuscoli alquanto comuni e perfettamente leggibili. Il fatto che i termini siano disposti su righe diverse non è che un espediente grafico dei più frequenti e noti da tempo, che non è in grado di sviare l’attenzione del consumatore dal messaggio trasmesso dagli elementi verbali”.
Contrariamente a quanto affermato, l’Ufficio ritiene di aver eseguito un esame esaustivo, soffermandosi su ciascuna delle caratteristiche degli elementi figurativi che compongono il marchio, peraltro piuttosto semplici.
L’Ufficio ritiene pertanto che, seppure il segno in esame contenga degli elementi figurativi, essi non posseggano una caratteristica tale da dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo.
Nessuno degli elementi costitutivi del marchio possiede autonoma carica distintiva, e lo stesso giudizio è estensibile all’insieme. In quanto descrittivo di una caratteristica dei prodotti e servizi obiettati, il marchio in esame è, prima facie, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a tali prodotti/servizi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE (1203/2004, C363/99, Postkantoor, EU:C:2004:86, § 86).
Per quanto riguarda l’argomento in base a cui diverse registrazioni simili sono state accettate dall’EUIPO, va rilevato che si tratta di marchi diversi, non comparabili con il segno in esame.

5. In particolare, l’Ufficio sottolinea che buona parte dei marchi elencati dal richiedente possiedono una veste grafica rimarchevole che li rende distintivi, come nel caso dei marchi citati nn. 7 088 561, 14 788 467, 14 795 819, 10 013 043, 11 395 341 e 13 846 951. L’Ufficio ricorda inoltre che la prassi relativa ai marchi figurativi si è sviluppata nel corso del tempo, fino ad assumere, nell’attualità, criteri più restrittivi rispetto al passato, così come richiesto dalla giurisprudenza comunitaria.
Ciò premesso, secondo la giurisprudenza consolidata le decisioni relative alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, “rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale”. Pertanto, la registrabilità di un segno come marchio dell’Unione europea dev’essere valutata unicamente sulla base di questo regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non sulla base di una prassi decisionale precedente dell’Ufficio (15/09/2005, C-37/03 P, BioID, EU:C:2005:547, § 47; e 09/10/2002, T-36/01, Glass pattern, EU:T:2002:245, § 35).
“Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, l’osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità, secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri” (27/02/2002, T-106/00, Streamserve, EU:T:2002:43, § 67).

Per le ragioni di cui sopra, e ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b)-c), e dell’articolo 7, paragrafo 2 RMUE, la domanda di marchio dell’Unione europea n. 15 402 332 è respinta per tutti i prodotti e servizi oggetto della domanda.
Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, Lei ha facoltà di proporre un ricorso contro la presente decisione. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

Annalisa GIACOMAZZI




BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO Quinta Commissione 14.11.2016

bio-bono

BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO Quinta Commissione 14.11.2016

marchio BIO BONO – MARCHIO DESCRITTIVO

In particolare, l’esaminatore riteneva che il consumatore medio di lingua italiana avrebbe percepito l’espressione contenuta nel marchio come “ottenuto con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Pertanto, l’esaminatore ravvisava che il segno richiesto, considerato nel suo insieme, avrebbe informato immediatamente il consumatore di riferimento, senza che fosse necessaria ulteriore riflessione alcuna, che i prodotti oggetto della domanda sono ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata.

L’esaminatore concludeva che il marchio, valutato nel suo insieme, è costituito essenzialmente da un’espressione che, senza tenere conto di taluni elementi stilizzati trasmette informazioni ovvie e dirette sul genere, qualità, quantità, valore e metodo di produzione dei prodotti, nonché l’oggetto dei servizi richiesti nella Classe 43.

Alla luce del suo carattere puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi obiettati, l’esaminatore riteneva che il segno fosse altresì carente di capacità distintiva, dato che gli elementi figurativi erano stati ritenuti essere così minimi per natura da poter permettere all’espressione contenuta nel marchio di svolgere la sua funzione essenziale di indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e servizi obiettati.

Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE 10 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, recita che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.

COMMISSIONI DI RICORSO

DECISIONE della Quinta Commissione di ricorso del 14 novembre 2016

Nel procedimento R 1357/2016-5

PROGETTI E SAPORI S.R.L. Via dei Banchi 6 50123 Firenze Italia Richiedente / Ricorrente rappresentata da Stefano Fanfani, Viale Fratelli Rosselli, 57, 50144 Firenze, Italia

RICORSO concernente la domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea n. 15 236 532

LA QUINTA COMMISSIONE DI RICORSO
composta da G. Humphreys quale membro unico ai sensi dell’articolo 135, paragrafi 2 e 5, RMUE, dell’articolo 1 quater, paragrafo 2, RP-CdR e dell’articolo 10 della decisione del Presidium sull’organizzazione delle Commissioni di ricorso nella versione attualmente in vigore e ai sensi della decisione della Quinta Commissione di ricorso n. 1 del 2 febbraio 2015 sulle decisioni monocratiche
Cancelliere: H. Dijkema

ha pronunciato la seguente
Lingua del procedimento: italiano
14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

Decisione

Sintesi dei fatti

1 Con domanda depositata in data 18 marzo 2016, PROGETTI E SAPORI S.R.L. (“la richiedente”) chiedeva la registrazione del seguente marchio figurativo dell’Unione europea
per i prodotti e servizi nelle classi 3, 4, 8, 21, 24, 25, 31, 33 e 43.

2 In data 1 aprile 2016 l’esaminatore emetteva un rifiuto provvisorio di registrazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere (b) e (c), RMUE, entrambe in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, relativamente a una parte dei prodotti e servizi rivendicati, ovverosia i seguenti:

Class 3 – Saponi per la cura del corpo; Saponette; Sapone da barba; Sapone profumato; Sapone da bagno; Saponi per uso personale; Profumi; Oli profumati; Creme e lozioni profumate per il corpo; Deodoranti per uso umano o animale [profumeria]; Cosmetici; Oli cosmetici; Tinture cosmetiche; Creme cosmetiche; Nécessaires di cosmetica; Gel per uso cosmetico; Tonici per uso cosmetico; Matite per uso cosmetico; Ovatta per uso cosmetico; Cosmetici per uso personale; Creme e lozioni cosmetiche; Prodotti cosmetici per la cura della pelle; Preparati cosmetici per la cura del corpo; Creme per il viso per uso cosmetico; Dentifrici e collutori; Lozioni per la pulizia dei denti; Polvere dentifricia; Preparati cosmetici per l’igiene orale e dentaria; Prodotti per la pulizia dei denti; Prodotti rinfrescanti per l’alito; Spray per la bocca, non per uso medico; Spray per la gola [non medicati]; Acqua di colonia; Creme profumate; Fragranze; Prodotti di profumeria; Salviette profumate.

Classe 4 – Candele e stoppini per l’illuminazione; Candele profumate.

Classe 31 – Frutta e ortaggi freschi; Legumi freschi; Funghi freschi; Erbaggi freschi; Granaglie [cereali].
14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

Classe 33 – Acquavite; Alcoolici; Bevande distillate; Gin [acquavite]; Grappa; Idromele; Kirsch; Liquori; Vini; Vodka; Whisky; Vermut; Rum; Aperitivi; Bevande alcoliche; Bourbon; Digestivi [alcooli e liquori].

Classe 43 – Fornitura di alimenti e bevande; Catering; Servizi di ristorazione; Somministrazione di bevande alcoliche; Somministrazione di cibi e bevande in ristoranti e bar; Gastronomie [ristoranti]; Pizzerie; Pub [bar]; Servizi di bar-ristoranti; Servizi di ristorazione mobili.

3 In particolare, l’esaminatore riteneva che il consumatore medio di lingua italiana avrebbe percepito l’espressione contenuta nel marchio come “ottenuto con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Pertanto, l’esaminatore ravvisava che il segno richiesto, considerato nel suo insieme, avrebbe informato immediatamente il consumatore di riferimento, senza che fosse necessaria ulteriore riflessione alcuna, che i prodotti oggetto della domanda sono ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata. Anche in relazione con i servizi della Classe 43 l’esaminatore considerava che il marchio indicasse che detti servizi hanno per oggetto la somministrazione di prodotti ottenuti mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata. Da tutte queste considerazioni l’esaminatore concludeva che il marchio, valutato nel suo insieme, è costituito essenzialmente da un’espressione che, senza tenere conto di taluni elementi stilizzati trasmette informazioni ovvie e dirette sul genere, qualità, quantità, valore e metodo di produzione dei prodotti, nonché l’oggetto dei servizi richiesti nella Classe 43.

Alla luce del suo carattere puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi obiettati, l’esaminatore riteneva che il segno fosse altresì carente di capacità distintiva, dato che gli elementi figurativi erano stati ritenuti essere così minimi per natura da poter permettere all’espressione contenuta nel marchio di svolgere la sua funzione essenziale di indicatore dell’origine commerciale dei prodotti e servizi obiettati.

4 L’Ufficio non riceveva osservazione di risposta alcuna da parte della richiedente.

5 Con decisione del 16 giugno 2016 (“la decisione impugnata”), l’esaminatore confermava la sua obiezione ed emetteva un rifiuto definitivo rispetto alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti e servizi menzionati al punto 2 della presente decisione.

6 In data 25 luglio 2016 la richiedente presentava ricorso avverso la decisione impugnata, chiedendone l’annullamento nella misura in cui l’esaminatore aveva rifiutato i prodotti e servizi obiettati (“i prodotti e servizi oggetto del ricorso”). L’Ufficio riceveva la rispettiva memoria contenente i motivi di ricorso in data 25 luglio 2016.

Motivi del ricorso

7 Gli argomenti presentati a sostegno del ricorso possono essere sintetizzati come segue: – Si allega che nel caso di specie il marchio, considerato nel suo complesso (parole, elementi figurativi e colori), non trasmette informazioni ovvie,

14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

univoche e dirette circa le caratteristiche dei prodotti e dei servizi oggetto del ricorso. – È infatti possibile ammettere che, al massimo, l’espressione contenuta nel marchio potrebbe essere allusiva. Nonostante, l’esaminatore non ha tenuto debita considerazione del fatto che il segno in esame è costituito non solo da elementi denominativi, bensì anche da elementi figurativi che non sono minimali o semplici figure geometriche. Inoltre, il segno include il colore rosso, bianco e verde. – L’espressione “BIO BONO” può essere soggetta a varie interpretazioni e, quindi, non è descrittiva come argomentato dall’esaminatore. – In particolare, il termine “BIO” è un’abbreviazione di almeno due parole diverse, vale a dire “biologico” e “biografia”. – Inoltre, il termine “BONO” si tratta di una parola popolare-dialettale che creerà un effetto sorprendente presso il pubblico di riferimento. Non è quindi un’espressione banale, bensì insolita. Il pubblico di riferimento la considererà insolita o quantomeno sorprendente. – Si aggiunge che, per una parte del pubblico residente in Toscana ed Emilia Romagna, l’espressione contenuta nel marchio desterà ancor più sorpresa giacché i consumatori in dette regioni percepiranno l’espressione “BIO BONO” come una chiara allusione ad un’imprecazione tipica nei loro dialetti, ovverosia “DIO BONO”. – Contrariamente a quanto ritenuto dall’esaminatore, nel caso in esame, se anche per assurdo non si prendessero in considerazione gli elementi figurativi del marchio, solamente una piccola parte del pubblico di riferimento (gli abitanti di alcune regioni dell’Italia centrale) potrebbe percepire un significato descrittivo nell’espressione “BIO BONO”, e comunque limitatamente ai soli prodotti oggetto del ricorso. – Nello specifico si pone risalto che le caratteristiche figurative del segno che contribuiscono a dotare questo di capacità distintiva sono le seguenti: • Il termine “BIO” è riprodotto in caratteri di dimensioni visibilmente maggiori rispetto al termine “BONO”. • Sopra al termine “BIO” appare la rappresentazione di un cerchio bianco che sarebbe il punto in cima alla lettera “I”. Tuttavia, le regole della ortografia italiana non prevedono un punto sopra alla lettera “I” quando questa è in carattere maiuscolo. • Il cerchio in questione è in dimensioni sproporzionate rispetto alla stessa lettera “I” ed intersecandosi con il bordo del disco rosso crea un effetto di discontinuità. • La stilizzazione della foglia verde include un contorno bianco che anch’esso crea un effetto di discontinuità nel bordo del disco rosso.

14/11/2016, R 1357/2016-5, BIO BONO (fig.)

• Il disco rosso è in secondo piano e non è qualificabile come un cerchio vero e proprio.

Motivazione

8 Il ricorso è conforme agli articoli 58, 59 and 60, paragrafo 1, RMUE e alle regole 48 e 49 REMC. Pertanto, il ricorso è ammissibile.

9 Tuttavia, il ricorso è infondato. Le ragioni di questa Commissione sono esposte in seguito. Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE

10 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.

11 Secondo il paragrafo 2, di tale disposizione, il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione.

12 Per costante giurisprudenza, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti (v., per analogia, 04/05/1999, C-108/97 & C-109/97, Chiemsee, EU:C:1999:230, § 25, 12/02/2004, C-265/00, Biomild, EU:C:2004:87, § 35, e anche 27/02/2002, T219/00, Ellos, EU:T:2002:44, § 27).

13 I segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE, sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione (v. 29/04/2004, C-468/01 P – C-472/01 P, Tabs, EU:C:2004:259, § 39; 26/11/2003, T-222/02, Robotunits, EU:T:2003:315, § 34; e 22/06/2005,T-19/04, Paperlab, EU:T:2005:247, § 24).

14 Non è neppure necessario, affinché l’Ufficio opponga un simile diniego, che il segno in questione sia effettivamente utilizzato a fini descrittivi, ma occorre unicamente che esso possa essere utilizzato a tali fini (v. 23/10/2003, C191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32).

15 Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della suddetta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o dei servizi di cui trattasi (v. 23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32).

16 È inoltre indifferente che le caratteristiche dei prodotti o dei servizi che possono essere descritte dal segno in questione siano essenziali o accessorie sul piano
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commerciale, oppure che esistano o meno sinonimi che consentano di designare le stesse caratteristiche (v., per analogia, 12/02/2004, C-363/99, Postkantoor, EU:C:2004:86, § 101 e 102; v. altresì 16/12/2010, T-281/09, Chroma, EU:T:2010:537, § 29).

17 Ne consegue che, perché un segno ricada nel divieto enunciato dalla detta disposizione, occorre che esista una relazione sufficientemente diretta e concreta tra il segno ed i prodotti o servizi in questione, tale da consentire al pubblico interessato di percepire immediatamente e direttamente una descrizione dei prodotti e servizi di cui trattasi o di una delle loro caratteristiche (v. 22/06/2005, T-19/04, Paperlab, EU:T:2005:247, § 25; e, in questo senso, anche 27/02/2002, T-106/00, Streamserve, EU:T:2002:43, § 40).

18 Il carattere distintivo o descrittivo di un marchio deve essere valutato, da una parte, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali la registrazione del segno è richiesta e, dall’altra, in relazione alla percezione da parte del pubblico cui ci si rivolge (v. 07/06/2005, T-316/03, MunichFinancialServices, EU:T:2005:201, § 26).

19 La Commissione ritiene che nel caso di specie il pubblico pertinente sia composto soprattutto da consumatori medi, normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti (v. 27/02/2002, T-219/00, Ellos, EU:T:2002:44, § 30; v. altresì, per analogia, 22/06/1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, EU:C:1999:323, § 26).

20 Il segno consiste nell’espressione “BIO BONO”, accompagnata da certi elementi figurativi. I termini che compongono il segno appartengono alla lingua italiana. Pertanto, in linea con quanto stabilito dall’esaminatore, la sussistenza dell’impedimento assoluto ex articolo 7, paragrafo 1, lettera c), del RMUE deve essere valutata tenendo in conto la percezione del pubblico italofono dell’Unione europea.

21 D’accordo con quanto citato dall’Enciclopedia e dal Vocabolario della Lingua Italiana online “Treccani”, gli elementi del marchio oggetto della domanda significano: BIO “…si sono sviluppati successivamente i significati di ‘relativo alla scienza della biologia’ (bioarcheologia, bioinformatica e bioinformatico) e di ‘prodotto, ottenuto con processi naturali, che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente’ (biocombustibile, bioedilizia, bioplastica). Da ultimo, al confisso bio- si è sovrapposto anche il valore di ‘biotecnologico, relativo alle biotecnologie’ (bioattacco, biobanca, biochirurgia, biodiritto, biosicurezza, bioterrorismo e bioterrorista)” (http://www.treccani.it/enciclopedia/bio_%28Lessico-del-XXISecolo%29/). BONO “agg. – Variante popolare di buono. È forma frequente anche in molti composti, nei quali si oscilla tuttavia tra bono- e buono- (per es. bongustaio e buongustaio, bonavoglia e buonavoglia)” (http://www.treccani.it/vocabolario/bono/). BUONO Dei prodotti della terra o dell’industria di qualità pregiata, che possiedono requisiti commerciali apprezzabili: zona che produce b. vini (con
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riferimento al vino, è frequente l’uso ellittico, allusivo: un litro, un bicchiere di quello b.; mi porti un fiaschetto, ma di quello b., mi raccomando!); una b. tela; b. lana (per il sign. iron., v. buonalana); una b. camicia; un buon dentifricio (http://www.treccani.it/vocabolario/buono1/).

22 Alla luce dei significati sopracitati, la Commissione ritiene che l’espressione contenuta nel marchio, valutata nel suo insieme, sarà compresa dal pubblico di riferimento come un riferimento a un prodotto “ottenuto mediante processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente, e che sono di qualità pregiata”. Tale considerazione conferma la conclusione dell’esaminatore che ha pertanto attribuito correttamente un significato compiuto all’espressione contenuta nel marchio.

23 I prodotti e servizi oggetto del ricorso sono, da un lato, prodotti cosmetici e certi prodotti per la casa quali candele e simili, e, dall’altro lato, sono cibo, bevande e i loro relativi servizi di ristorazione, fornitura e somministrazione.

24 La Commissione concorda appieno con l’esaminatore nel ritenere che, effettivamente, data la natura e le caratteristiche dei prodotti e servizi di cui trattasi, il messaggio convogliato dall’accostamento dei termini “BIO” e “BONO” permetterà a quantomeno una parte consistente del pubblico di riferimento di percepire nel segno una connotazione puramente descrittiva.

25 Infatti, tutti i prodotti oggetto del ricorso possono essere ottenuti mediante processi di lavorazione naturali e rispettosi per l’ambiente, così come possono contenere ingredienti di origine biologica. Tale considerazione trova riscontro anche relativamente ai prodotti oggetto del ricorso della classe 4, i quali possono essere ottenuti attraverso l’uso di cere e fibre di origine naturale.

26 Dunque, l’esaminatore ha a giusto titolo concluso che il pubblico di riferimento percepirà l’espressione contenuta nel segno come un’indicazione diretta e immediata circa il fatto che i prodotti oggetto del ricorso sono stati ottenuti con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente e che essi sono di qualità pregiata.

27 Conseguentemente, almeno per una parte consistente del grande pubblico italofono l’espressione contenuta nel segno avrà una valenza meramente descrittiva circa il genere, qualità, valore e metodo di produzione dei prodotti.

28 Dette considerazioni sono altresì valide in relazione ai servizi oggetto del ricorso poiché essi hanno come oggetto principale cibi e bevande, in relazione a cui, come visto sopra, l’espressione contenuta nel segno trasmette un’informazione che descrive il loro genere, la loro qualità e le loro caratteristiche.

29 In quanto alle doglianze mosse dalla ricorrente circa il fatto che il termine “BIO” avrebbe più di un significato, la Commissione ritiene che sia doveroso notare che lo stesso Tribunale ha in precedenza chiarito il significato di tale parola, che, nel senso stretto del termine, è derivante dal greco e significa “vita” o “vivente”. Nella sua sentenza, il Tribunale ha altresì puntualizzato che il termine “BIO” costituisce l’abbreviazione dell’aggettivo “biologico”, aggettivo del quale il termine “organico” è sinonimo. Il Tribunale ha anche osservato che, nel commercio, il termine “BIO” può eventualmente essere percepito in modo
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differente a seconda del prodotto offerto in vendita cui il detto termine si ricollega, ma che, in linea generale, rinvia all’idea di rispetto dell’ambiente, di utilizzo di materie naturali o, addirittura, di procedimenti di fabbricazione ecologici (v., in questo senso, 29/04/2010, T-586/08, BioPietra, EU:T:2010:171, § 24-25). Inoltre, il significato correttamente attribuito dall’esaminatore è stato individuato tenendo conto dei prodotti e servizi di cui trattasi, per i quali, contrariamente il termine in esame risulta essere assai rilevante. Quindi, l’argomento della richiedente che il termine “BIO” può essere soggetto a più interpretazioni deve essere rigettato.

30 Inoltre, la Commissione riconosce che, come d’altronde correttamente rilevato anche dall’esaminatore, il termine “BONO” è una variante popolare, ovverosia forma dialettale che corrisponde all’aggettivo “buono” (http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=bono). Ciò nonostante, la Commissione ritiene che, contrariamente a quanto sostenuto dalla richiedente, il pubblico pertinente percepirà senz’altro la dicitura in esame pressoché identica al vocabolo “buono”. Infatti, anche relativamente a quest’elemento del segno, il significato del vocabolo individuato dall’esaminatore deve essere valutato nel contesto merceologico dei prodotti rivendicati e non in astratto. Anche l’argomento sollevato dalla richiedente che il pubblico in certe regioni dell’Italia centrale (Emilia Romagna e Toscana) assocerebbe l’intera espressione contenuta nel marchio come “dio bono” non è solo di per sé del tutto infondato dato che le due espressioni si differenziano giusto nelle loro lettere iniziali, che sono le parti a cui i consumatori presteranno una maggiore attenzione data la loro brevità, ma è anche irrilevante nel contesto merceologico dei prodotti e servizi oggetto del ricorso. Non è nemmeno accettabile ritenere che solo una parte residuale del pubblico italofono possa riconoscere immediatamente il vocabolo “buono” quando vedrà il termine “bono”. Anche solo tenendo conto dell’Italia centrale, la quale include anche la capitale Roma (2,675.000 abitanti circa) ed ha una popolazione di circa 12 milioni di abitanti residenti, è possibile concludere che una parte sostanziale del pubblico di riferimento in Italia associa queste due parole al medesimo significato (v. in questo senso, 13/09/2012, T-72/11, Espetec, EU:T:2012:424, § 35-36)

31 Inoltre, la prossimità tra questi due vocaboli appartenenti all’italiano basico è così lampante che il pubblico italiano nel suo complesso, e non solo quello dell’Italia centrale, non avrà inconveniente alcuno a considerarli come sinonimi.

32 Per tutte queste ragioni, la Commissione è in disaccordo con la richiedente secondo cui l’espressione in esame sarebbe composta di elementi che sono inaspettati e che creano un certo effetto sorpresa. Invece, non trattandosi di una dicitura suggestiva, bensì descrittiva, l’espressione “BIO BONO” esprime in un linguaggio chiaro e immediato informazioni ovvie e dirette circa il fatto che i prodotti oggetto del ricorso sono stati ottenuti con processi naturali che rispettano il ciclo vitale e l’ambiente e che essi sono di qualità pregiata e che i servizi oggetto del ricorso erogano e distribuiscono prodotti aventi siffatte caratteristiche. Si ricorda, in ogni caso, che la questione se l’espressione in esame sia effettivamente usata a tali fini descrittivi in relazione ai citati prodotti e servizi è indifferente, posto che è sufficiente che possa essere usata a tali fini (v. 09/12/2009, T-486/08, Superskin, EU:T:2009:487, § 34).
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33 In quanto all’elemento figurativo del segno, la Commissione concorda con l’esaminatore sul fatto che detto elemento non sarà in grado di modificare in maniera significativa l’impatto puramente descrittivo dato dall’elemento denominativo in modo da rendere il segno, nel suo complesso, capriccioso agli occhi del consumatore di riferimento.

34 Al contrario, in contrasto con quanto asserito dalla richiedente, gli elementi del segno non solo sono caratterizzati da una certa semplicità, ma hanno anche la funzione di esaltare il messaggio descrittivo convogliato dall’elemento denominativo del segno. In particolare, i colori verde, bianco e rosso ricordano immediatamente il tricolore della bandiera italiana e quindi il pubblico di riferimento potrà percepire che i prodotti della richiedente, oltre ad essere biologici e di qualità, provengono dall’Italia. Allo stesso modo, la rappresentazione dell’elemento circolare e quello della foglia stilizzata costituiranno nella percezione del consumatore la rappresentazione di un frutto.

35 In quanto alle caratteristiche di tutti questi elementi su cui si sofferma la richiedente per argomentare che la vertente grafica del segno avrebbe di per sé un certo gradiente distintivo, la Commissione osserva come dette caratteristiche siano minime e riconducibili a dettagli su cui l’attenzione del consumatore non si soffermerà in modo particolare. L’impiego del punto sulla lettera “I” e l’impressione di discontinuità dei bordi dell’elemento circolare avranno un impatto pressoché nullo nella percezione del pubblico.

36 Pertanto, tutti gli elementi del segno, valutati individualmente e nel loro insieme, producono un messaggio puramente descrittivo in relazione ai prodotti e servizi oggetto del ricorso.

37 Ne consegue che il segno oggetto della domanda di marchio è descrittivo per i consumatori di lingua italiana relativamente a tutti i prodotti e servizi oggetto del ricorso. Alla luce di ciò, la Commissione conferma che, con riguardo a questi prodotti e servizi, la domanda di marchio della richiedente deve essere rifiutata ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), RMUE, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) RMUE

38 Anche se come emerge dall’articolo 7, paragrafo 1, RMUE, è sufficiente che sia applicabile uno degli impedimenti assoluti elencati in questa disposizione affinché il segno di cui trattasi non possa essere registrato come marchio della UE (v. 16/12/2010, T-281/09, Chroma, EU:T:2010:537, § 51), questa Commissione conferma che la domanda di marchio deve essere rigettata per i prodotti e servizi richiesti non solo in vista del suo carattere esclusivamente descrittivo, ma anche poiché il segno in oggetto non sarà percepito come un segno distintivo dal pubblico pertinente in relazione ai tali prodotti e servizi. Le ragioni di questa Commissione sono le seguenti.

39 Infatti, in base a una giurisprudenza costante, sussiste un’evidente intersecazione degli ambiti di applicazione delle diverse cause di impedimento indicate alle lettere b) e c) di tale disposizione, il che implica, in particolare, che un marchio che sia descrittivo delle caratteristiche di determinati prodotti o servizi è, per tale motivo, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a questi
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stessi prodotti o servizi, senza pregiudizio di altri eventuali motivi che possano giustificare l’assenza di carattere distintivo (v., in tal senso, 12/02/2004, C-265/00, Biomild, EU:C:2004:87, § 18-19).

40 Nel caso di specie, la carenza di capacità distintiva del marchio relativamente ai servizi richiesti risulta altresì in tutta la sua evidenza se si tiene conto che il segno in oggetto, la cui evidente connotazione descrittiva è stata innanzi evidenziata, si riduce a un messaggio informativo ordinario circa il genere, la qualità e le caratteristiche dei prodotti oggetto del ricorso, prodotti a cui si riferiscono i servizi oggetto del ricorso. Tale messaggio dal carattere meramente informativo non necessita di alcuno sforzo interpretativo, ancorché minimo, né innesca un processo cognitivo presso il pubblico di riferimento (v. 21/01/2010, C-398/08 P, Vorsprung durch Technik, EU:C:2010:29, § 57).

41 Per ultimo, ancora con riguardo alla veste grafica del segno, che, secondo la richiedente, catturerebbe in maniera particolare l’attenzione del pubblico destinatario, la Commissione ribadisce che, tuttavia, essa risulta un espediente grafico dalla connotazione descrittiva ed altresì banale. L’aspetto figurativo del segno non aggiunge distintività alcuna e non è in grado di alterarne il carattere puramente descrittivo del marchio, bensì non fa altro che rafforzare i concetti espressi dagli elementi denominativi a cui è associato. Ne consegue che quello usato nel segno della richiedente non si tratta di un espediente grafico di impatto sufficiente (v. 21/05/2015, T-203/14, Splendid, EU:T:2015:301, § 24-34).

42 Pertanto la veste grafica del segno non è suscettibile di dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo. Il segno è conseguentemente privo di qualsiasi elemento di caratterizzazione in grado di imprimersi in modo duraturo e diretto nella mente del consumatore (v., per analogia, 28/06/2011, T-487/09, ReValue, EU:T:2011:317, § 39 e 15/12/2009, T-476/08, Best Buy, EU:T:2009:508, § 27-29, confermata dalla sentenza del 13/01/2011, C-92/10 P, Best Buy, EU:C:2011:15). 43 Per queste ragioni, il segno della richiedente manca altresì di carattere distintivo intrinseco rispetto ai prodotti e servizi oggetto del ricorso ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera b), RMUE in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, RMUE. Conclusione 44 Alla luce di tutti gli argomenti innanzi esposti, il ricorso deve essere respinto.
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Dispositivo
Per questi motivi,
LA COMMISSIONE
così decide: Il ricorso è respinto.