ANTICA SARTORIA NAPOLETANA – Assenza di carattere distintivo. Euipo 01.12.2016
L’Ufficio ritiene che, seppure il segno in esame contenga degli elementi figurativi, essi non posseggano una caratteristica tale da dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo.
Rifiuto di una domanda di marchio dell’Unione europea ex articolo 7, RMUE, e regola 11, paragrafo 3, REMUE
Alicante, 01/12/2016
FRANCESCO MUSELLA VIA MIGUEL CERVANTES DE SAAVEDRA N.64 I-80133 NAPOLI ITALIA
Fascicolo nº: 015402332
Vostro riferimento: ANTICASARTORIA Marchio: Antica Sartoria Napoletana
Tipo de marchio: Marchio figurativo
Nome del richiedente: AERRE GROUP S.R.L.S. Corso Novara n°36 I-80143 Napoli ITALIA
In data 23/06/2016 l’Ufficio, dopo aver riscontrato che il marchio in questione è descrittivo e privo di carattere distintivo, ha sollevato un’obiezione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b)-c) e dell’articolo 7, paragrafo 2, RMUE, per i motivi esposti nella lettera allegata.
In data 04/08/2016 il richiedente ha presentato le sue osservazioni, che possono essere sintetizzate come segue:
1. L’Ufficio non ha analizzato adeguatamente la veste grafica del segno.
2. La dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” non è immediatamente e meramente descrittiva dei prodotti, poiché innesca nel consumatore un ulteriore slancio cognitivo, dovuto alla mancata specifica menzione dei prodotti. Vi sono segni che possono esprimere un messaggio obiettivo, ma necessitano di un minimo sforzo interpretativo da parte del pubblico. Il nesso fra la dicitura e i prodotti è troppo vago e indeterminato. Il carattere manifatturiero e di pregio che si può inferire dal sintagma “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” rientra in una dinamica promozionale ed elogiativa dei prodotti e servizi contraddistinti.
3. L’attività manifatturiera non può essere realizzata seguendo unicamente antiche pratiche, a causa dell’industrializzazione dei processi di produzione. In particolare, per i servizi di vendita online la tradizione manifatturiera si scontra con l’innovazione, in special modo con Internet.
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4. Rispetto ad “abiti” la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” non indica le caratteristiche dei prodotti, ovvero se si tratti di abiti da sera, casual o fabbricati con l’antico metodo manifatturiero o seguendo una produzione industriale.
5. Il segno è stato valutato in modo diverso rispetto ad altri marchi già registrati dall’Ufficio (v. elenco trasmesso).
Ai sensi dell’articolo 75 RMUE, l’Ufficio è tenuto a prendere una decisione fondata su motivi in ordine ai quali il richiedente ha potuto presentare le proprie deduzioni.
Dopo un’attenta analisi delle argomentazioni presentate dal richiedente, l’Ufficio ha deciso di mantenere la propria obiezione.
Questi i motivi.
L’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE stabilisce che sono esclusi dalla registrazione “i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica, ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio”.
È giurisprudenza consolidata che i singoli impedimenti alla registrazione indicati all’articolo 7, paragrafo 1, RMUE sono indipendenti l’uno dall’altro ed esigono un esame separato. Inoltre i vari impedimenti alla registrazione vanno interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi. L’interesse generale preso in considerazione deve rispecchiare considerazioni diverse, a seconda dell’impedimento in esame (16/09/2004, C-329/02 P, SAT/2, EU:C:2004:532, § 25).
Vietando la registrazione quale marchio dell’Unione europea di tali segni o indicazioni, l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE
persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle caratteristiche di prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti. Tale disposizione osta, quindi, a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi.
(23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 31).
“I segni e le indicazioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico interessato, possono servire a designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui è richiesta la registrazione” (26/11/2003, T-222/02, Robotunits, EU:T:2003:315, § 34).
Di conseguenza, l’Ufficio fa notare che nel caso di specie si deve stabilire se il segno
rappresenti, nella mente del consumatore interessato di lingua italiana, una descrizione delle caratteristiche dei prodotti e servizi o se sia ragionevole ritenere che ciò possa avvenire in futuro (12/03/2004, C-363/99, POSTKANTOOR).
Poiché il marchio in questione è composto da più elementi, al fine di individuare la sua caratteristica distintiva esso va considerato nel suo complesso, il che non è incompatibile con una valutazione di ciascuno dei singoli elementi che lo compongono.
L’Ufficio ha innanzitutto provveduto ad un esame dettagliato della parte verbale del segno.
Come già indicato nella precedente comunicazione, la dicitura in questione contiene tre termini, “antica”, “sartoria” e “napoletana”, rintracciabili in dizionari di uso comune, che l’Ufficio ha provveduto ad esaminare.
In base alle definizioni date (v. lettera allegata), è evidente che si tratta di vocaboli del tutto correnti, che danno origine ad un sintagma indicante un laboratorio di sarto/produzione artigianale o industriale di abiti proveniente da un passato lontano/secondo le vecchie tradizioni della città di Napoli. La dicitura è inoltre grammaticalmente corretta e non è pertanto percepita come inusuale dal consumatore di riferimento.
2. Per quanto concerne, in particolare, il termine “sartoria”, contrariamente a quanto affermato dal richiedente che lo ritiene inadeguato ad indicare un tipo di fabbricazione industriale come quella odierna, l’Ufficio non può che rimandare alla definizione del vocabolo estratta dal dizionario Sabatini Colletti, all’indirizzo http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/S/sartoria.shtml , come peraltro già indicato nella notifica del 23/06/2016: SARTORIA “1 Laboratorio di sarto (…) 2 Produzione artigianale o industriale di abiti; il settore di attività dei sarti”
(sottolineatura aggiunta).
Come si può notare, la produzione di una sartoria può seguire sia dei metodi di produzione artigianale sia industriale. Non esiste pertanto alcuno “scarto” nel messaggio trasmesso dal termine, che inneschi un fattore “sorpresa” nel consumatore.
4. Inoltre, per quanto riguarda la disquisizione del richiedente secondo la quale una sartoria si dedicherebbe al confezionamento di “abiti” (essendo questi ultimi un unico prodotto merceologico), l’Ufficio non può che manifestare la propria discordanza. L’Ufficio ritiene che il madrelingua italiano di cultura media sia perfettamente in grado di riconoscere nel termine “abito” tout court, oltre che un “vestito” anche un sinonimo di “capo di abbigliamento”, senza dover ricorrere a particolari sforzi cognitivi. Ciò peraltro è confermato anche dalle definizioni di “abito” del dizionario De Mauro (ricerca effettuata in data 01/12/2016 all’indirizzo http://dizionario.internazionale.it/parola/abito ): “1a. vestito, capo di abbigliamento”. Lungi dall’essere una percezione soggettiva, l’Ufficio si è limitato a riportare i significati dei termini che compongono il marchio così come appaiono nei dizionari e ad attribuire alla dicitura, nel suo insieme, l’unica interpretazione che, di primo acchito e spontaneamente, le verrebbe con tutta probabilità attribuita dal pubblico di riferimento, senza che ciò comporti nessun particolare sforzo interpretativo e senza la necessità di intraprendere complicati processi mentali.
Ciò premesso, se applicata a prodotti quali “Abbigliamento; Abbigliamento casual; Abbigliamento da donna; Abiti da cerimonia per donna; Abiti da sera; Abiti da sera da uomo; Articoli di abbigliamento tessuti; Biancheria personale; Scialli e stole; Abbigliamento da uomo; Camicie; Panciotti; Corredini per neonati (abbigliamento);
Vestiti; Cappelleria; Calzature [tranne le calzature ortopediche]; Guanti [abbigliamento]; Borse; Borsette [borsette]; Cinghie di cuoio; Cinture” ecc. la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” non fa che informare direttamente i consumatori del fatto che essi provengono da un antico laboratorio di sarto con sede a Napoli o seguono i dettami dell’antica produzione artigianale/industriale napoletana.
A titolo esemplificativo e non esaustivo l’Ufficio ritiene del tutto ragionevole pensare che la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA”, se applicata ad un abito da cerimonia o da sera da uomo o da donna, ad una camicia, ad uno scialle, ad un gilet ecc. non faccia che definire più concretamente quale sia l’origine o il fornitore del prodotto. Il fatto che il laboratorio di sarto abbia sede a Napoli da lunga data o segua le norme della produzione napoletana tradizionale, sia essa artigianale o industriale, sarà con tutta probabilità un richiamo promozionale importante, che il consumatore di riferimento saprà tenere in debita considerazione.
Va peraltro ricordato che anche prodotti quali “cappelleria, calzature, borse” ecc. possono essere commercializzati da/in un’antica sartoria con sede a Napoli, trattandosi di accessori che completano un capo di abbigliamento.
3. Infine, se applicata a “servizi di vendita al dettaglio on-line di abbigliamento; servizi di vendita al dettaglio in materia di abbigliamento e accessori per abbigliamento; servizi di vendita al dettaglio in materia di abbigliamento” ecc. il sintagma in esame non fa che indicare che essi sono forniti da un antico laboratorio di sarto con sede a Napoli o sono specializzati nell’antica produzione artigianale o industriale napoletana. Contrariamente a quanto affermato dal richiedente, il fatto che i servizi di vendita possano anche essere resi online non rende di per sé il marchio descrittivo. Anche ammesso e non concesso che una sartoria fosse esclusivamente un laboratorio artigianale, ciò non risulterebbe essere un impedimento per commercializzare i propri prodotti nel web. Va sottolineato che nel mercato globale attuale è sempre più usuale vendere prodotti artigianali mediante piattaforme informatiche: si tratta di un dato di comune esperienza che chiunque navighi in Internet può facilmente verificare.
Alla luce di quanto sopra esposto, l’Ufficio non comprende quale sarebbe lo “slancio cognitivo/ricognitivo” che si innescherebbe nel consumatore al confrontarsi con la dicitura in esame.
L’Ufficio ritiene di avere motivato sufficientemente le ragioni secondo le quali la dicitura “ANTICA SARTORIA NAPOLETANA” sarebbe descrittiva dei prodotti e servizi richiesti. Va inoltre ricordato che
qualora lo stesso impedimento venga opposto per una categoria o un gruppo di prodotti, l’autorità competente può limitarsi ad una motivazione globale riguardante tutti i prodotti interessati. Questa possibilità può estendersi solo a prodotti che presentino tra di loro un nesso sufficientemente diretto e concreto, tanto da formare una categoria sufficientemente omogenea per consentire che tutte le considerazioni di fatto e di diritto che formano la motivazione della decisione in questione, da una parte, chiariscano a sufficienza l’iter logico seguito dalla commissione di ricorso per ciascuno dei prodotti appartenenti a tale categoria e, dall’altra, possano essere applicate indistintamente a ciascuno dei prodotti interessati [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 2 aprile 2009, causa T-118/06, Zuffa/UAMI (ULTIMATE FIGHTING CHAMPIONSHIP), non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 27-28].
(19/05/2010, T-464/08, ‘SUPERLEGGERA’, ECLI:EU:T:2010:212, § 49).
Il marchio designa in modo chiaro e diretto l’origine/il fornitore e la qualità dei prodotti e servizi in oggetto.
Perché l’EUIPO possa opporre il diniego di registrazione ex articolo 7, paragrafo 1, lettera c) RMUE,
Un segno denominativo dev’essere quindi escluso dalla registrazione, ai sensi della detta disposizione, qualora designi, quantomeno in uno dei suoi significati potenziali, una caratteristica dei prodotti o servizi di cui trattasi.
(23/10/2003, C-191/01 P, Doublemint, EU:C:2003:579, § 32, sottolineatura aggiunta).
1. Per quanto concerne gli elementi figurativi presenti nel segno , l’Ufficio non può che ribadire quanto affermato nella precedente comunicazione, ovvero che esso
“è rappresentato in caratteri di stampa maiuscoli alquanto comuni e perfettamente leggibili. Il fatto che i termini siano disposti su righe diverse non è che un espediente grafico dei più frequenti e noti da tempo, che non è in grado di sviare l’attenzione del consumatore dal messaggio trasmesso dagli elementi verbali”.
Contrariamente a quanto affermato, l’Ufficio ritiene di aver eseguito un esame esaustivo, soffermandosi su ciascuna delle caratteristiche degli elementi figurativi che compongono il marchio, peraltro piuttosto semplici.
L’Ufficio ritiene pertanto che, seppure il segno in esame contenga degli elementi figurativi, essi non posseggano una caratteristica tale da dotare il marchio di un livello sia pur minimo di carattere distintivo.
Nessuno degli elementi costitutivi del marchio possiede autonoma carica distintiva, e lo stesso giudizio è estensibile all’insieme. In quanto descrittivo di una caratteristica dei prodotti e servizi obiettati, il marchio in esame è, prima facie, necessariamente privo di carattere distintivo in relazione a tali prodotti/servizi ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE (1203/2004, C363/99, Postkantoor, EU:C:2004:86, § 86).
Per quanto riguarda l’argomento in base a cui diverse registrazioni simili sono state accettate dall’EUIPO, va rilevato che si tratta di marchi diversi, non comparabili con il segno in esame.
5. In particolare, l’Ufficio sottolinea che buona parte dei marchi elencati dal richiedente possiedono una veste grafica rimarchevole che li rende distintivi, come nel caso dei marchi citati nn. 7 088 561, 14 788 467, 14 795 819, 10 013 043, 11 395 341 e 13 846 951. L’Ufficio ricorda inoltre che la prassi relativa ai marchi figurativi si è sviluppata nel corso del tempo, fino ad assumere, nell’attualità, criteri più restrittivi rispetto al passato, così come richiesto dalla giurisprudenza comunitaria.
Ciò premesso, secondo la giurisprudenza consolidata le decisioni relative alla registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, “rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non in quello di un potere discrezionale”. Pertanto, la registrabilità di un segno come marchio dell’Unione europea dev’essere valutata unicamente sulla base di questo regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non sulla base di una prassi decisionale precedente dell’Ufficio (15/09/2005, C-37/03 P, BioID, EU:C:2005:547, § 47; e 09/10/2002, T-36/01, Glass pattern, EU:T:2002:245, § 35).
“Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, l’osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità, secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri” (27/02/2002, T-106/00, Streamserve, EU:T:2002:43, § 67).
Per le ragioni di cui sopra, e ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b)-c), e dell’articolo 7, paragrafo 2 RMUE, la domanda di marchio dell’Unione europea n. 15 402 332 è respinta per tutti i prodotti e servizi oggetto della domanda.
Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, Lei ha facoltà di proporre un ricorso contro la presente decisione. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.
Annalisa GIACOMAZZI