YAMAMAY contro MAIMAI MADE IN ITALY- Divisione d’Opposizione 21.10.2016

YAMAMAY contro MAIMAI MADE IN ITALY– Divisione d’Opposizione 21.10.2016

marchio YAMAMAY contro marchio MAIMAI MADE IN ITALY

 

Entrambi i marchi sono marchi denominativi. Il marchio anteriore “YAMAMAY” è privo di significato. Al contrario, l’espressione in lingua inglese “MADE IN ITALY” del marchio contestato sarà compresa dalla pressoché totalità del pubblico rilevante, sia per la sua semplicità che l’uso assai vasto che se ne fa in relazione a prodotti di largo consumo di qualsivoglia natura, come avente il significato di “fatto in Italia”.

OPPOSIZIONE N. B 2 138 652

 

Inticom S.p.A., Via Carlo Noè, 22, 21013 Gallarate (VA), Italia (opponente), rappresentata da Barzanò & Zanardo Milano S.p.A., Via Borgonuovo, 10, 20121 Milano, Italia (rappresentante professionale)

 

c o n t r o

 

Calzaturificio Emmegiemme Shoes S.r.l., S.S. 275 KM 12,950, 73030 Surano (LE), Italia (richiedente), rappresentata da Riccardo Fragalá, Piazzale Clodio 18, 00195 Roma, Italia (rappresentante professionale).

 

Il 21/10/2016, la Divisione d’Opposizione emana la seguente

 

 

DECISIONE:

 

  1. L’opposizione n. B 2 138 652 è totalmente respinta.

 

  1. L’opponente sopporta l’onere delle spese, fissate a 300 EUR.

 

 

MOTIVAZIONE:

 

L’opponente ha presentato opposizione contro tutti i prodotti della domanda di marchio dell’Unione europea n. 11 266 624. L’opposizione si basa sulla registrazione di marchio dell’Unione Europea n. 5 343 769. L’opponente ha invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE.

 

 

RISCHIO DI CONFUSIONE – ARTICOLO 8, PARAGRAFO 1, LETTERA b), RMUE

 

Sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

 

 

  1. a) I prodotti

 

I prodotti sui quali si basa l’opposizione sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, e articoli in queste materie e non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e finimenti, articoli di selleria.

 

Classe 25:      Articoli di abbigliamento, calzature, cappelleria.

 

Classe 26:       Merletti, pizzi e ricami, nastri e lacci; bottoni, ganci e occhielli, spille ed aghi; fiori artificiali.

 

A seguito di una limitazione rivendicata dalla richiedente, i prodotti contestati sono i seguenti:

 

Classe 18:       Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali.

 

Classe 25:       Calzature; sandali da bagno; berretti; maglieria ad eccezione di abbigliamento intimo; stivali; stivaletti; punte di calzature [spunterbi]; stivaletti con lacci; scaldacolli; sciarpe da collo; girocollo [sciarpe]; cappucci [indumenti]; visiere di berretto; cinture [abbigliamento]; scialli; maglioni ad eccezione di abbigliamento intimo; pullover; casule; gambali di stivali; solette; camicie, ad eccezione di abbigliamento intimo; sparati di camicie; camicie a maniche corte, ad eccezione di abbigliamento intimo, pigiameria e costumi; articoli di abbigliamento, ad eccezione di abbigliamento intimo, pigiameria e costumi; cappelli; copricapo [cappelleria]; ferramenti per calzature; colli finti [colletti staccabili]; tute [indumenti]; abiti [completi]; indumenti confezionati; cravatte; tomaie; ghette; pantaloni, ad eccezione di abbigliamento intimo; guanti [abbigliamento]; foulards [fazzoletti]; sciarpe; indumenti lavorati a maglia, ad eccezione di abbigliamento intimo; scarpe con suola di sparto; sotto-piedi; cappotti; abbigliamenti impermeabili; jerseys [indumenti], ad eccezione di abbigliamento intimo; gonne, ad eccezione di abbigliamento intimo; polsini [abbigliamento]; pantofole; scarpe da spiaggia; abiti, esclusi costumi da bagno per uomo, donna e bambino; zoccoli [calzature]; sandali; soprabiti; talloniere; guardoli per calzature; giacche; suole; scarpe; tacchi; scarpe per lo sport; tacchetti per scarpe da calcio; calzature per lo sport; fasce per la testa [abbigliamento]; parka; bandane [foulards]; abbigliamento per ginnastica, ad eccezione di abbigliamento intimo; abbigliamento in finta pelle, ad eccezione di abbigliamento intimo; abbigliamento in pelle, ad eccezione di abbigliamento intimo; sari; tee-shirt, ad eccezione di abbigliamento intimo; turbanti; cravatte lavallière; cinture portafoglio [abbigliamento]; fazzoletti da taschino [abbigliamento]; cappelli di carta [abbigliamento]; minigonne a pantalone, ad eccezione di abbigliamento intimo e esclusi costumi da bagno per uomo, donna e bambino; poncho; sarong; abiti scamiciati, ad eccezione di abbigliamento intimo; grembiuli abiti; visiere [cappelleria]; canottiere da sport, ad eccezione di abbigliamento intimo; valenki [stivali in feltro].

 

Classe 26:      Fibbie per calzature.

 

Alcuni dei prodotti contestati sono identici ai prodotti sui quali si basa l’opposizione. Per motivi di economia procedurale, la Divisione d’Opposizione non procederà a una comparazione esaustiva dei prodotti sopra elencati. L’esame dell’opposizione sarà quindi effettuato come se tutti i prodotti contestati fossero identici a quelli del marchio anteriore.

 

 

  1. b) Pubblico di riferimento – grado di attenzione

 

Si ritiene che il consumatore medio dei prodotti o dei servizi in questione sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche prendere in considerazione il fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione del settore merceologico cui appartengono tali prodotti o servizi.

 

Nel presente caso, i prodotti che sono stati presupposti essere identici sono diretti al grande pubblico. Si ritiene che il grado di attenzione sia medio.

 

 

  1. c) I segni

 

YAMAMAY  MAIMAI MADE IN ITALY 
Marchio anteriore Marchio impugnato

 

Il territorio di riferimento è l’Unione Europea.

 

La valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

 

Entrambi i marchi sono marchi denominativi. Il marchio anteriore “YAMAMAY” è privo di significato. Al contrario, l’espressione in lingua inglese “MADE IN ITALY” del marchio contestato sarà compresa dalla pressoché totalità del pubblico rilevante, sia per la sua semplicità che l’uso assai vasto che se ne fa in relazione a prodotti di largo consumo di qualsivoglia natura, come avente il significato di “fatto in Italia”.

 

Inoltre, se per una parte del pubblico rilevante, quale ad esempio il pubblico di lingua spagnola o bulgara, l’elemento ‘MAIMAI’ del segno contestato è privo di significato, non si può escludere che per altre parti del pubblico rilevante questa espressione sarà associata ad un contenuto semantico ben preciso. Ad esempio, per i consumatori di lingua italiana “MAIMAI” sarà inteso come la ripetizione dell’avverbio “mai”, che tra gli altri significati possiede quello di “in nessun altro tempo” mentre al tempo stesso non si può escludere che almeno alcuni tra i consumatori di lingua inglese lo associno all’espressione di origine neozelandese “mai mai”, la quale indica un riparo o nascondiglio, specie utilizzato con fini venatori.

 

Inoltre, mentre il marchio anteriore non presenta elementi che potrebbero essere considerati chiaramente più distintivi rispetto ad altri, l’espressione ‘MADE IN ITALY” del segno contestato sarà associata ad una semplice informazione relativa  al luogo di produzione ed origine dei prodotti. Questo elemento è pertanto non distintivo per tutti i prodotti nelle Classi 18, 25 e 26.

 

Infine, i marchi non presentano elementi che potrebbero essere considerati più dominanti (visivamente di maggiore impatto) rispetto ad altri.

 

Visivamente, i segni coincidono nelle lettere “MA” e “MA” dei termini “YAMAMAY” e “MAIMAI”, benché vada tenuto in conto che dette lettere sono collocate in posizioni diverse e separate, precedute e seguite da lettere diverse. I marchi differiscono infatti nella prime due lettere “YA” del marchio anteriore nonché nella sua ultima lettera “Y”, nelle lettere “I” che seguono le due lettere “MA” in “MAIMAI”, nonché nelle lettere che compongono l’espressione “MADE IN ITALY”, benché, come visto poc’anzi, facciano parte di un elemento non distintivo del marchio impugnato.

 

Pertanto, i segni sono visivamente simili in ridotta misura.

 

Sotto il profilo fonetico, indipendentemente dalle diverse regole di pronuncia in diverse parti del territorio di riferimento, la pronuncia del marchio anteriore e dell’unico elemento distintivo (MAIMAI) del marchio impugnato solo coincide in alcune lettere, ovvero “MA” e “MAI/MAY”. I segni presentano un diverso numero di sillabe, tre nel caso del marchio anteriore e due nel caso del marchio contestato, sempre non tenendo in considerazione l’espressione non distintiva “MADE IN  ITALY” del segno impugnato. Inoltre, il marchio anteriore presenta una sillaba al principio, ovvero “YA”, che non ha nessuna controparte nel marchio impugnato mentre il marchio impugnato la terza lettera “I” del termine “MAIMAI”, che neppure presenta una controparte fonetica nel marchio sul quale si basa l’opposizione.

 

Pertanto, i segni sono foneticamente simili in media misura.

 

Sotto il profilo concettuale, per una parte del pubblico rilevante nessuno degli elementi distintivi dei due segni ha un significato. Poiché non è possibile procedere alla comparazione concettuale e data l’irrilevanza dell’espressione “MADE IN ITALY” del marchio contestato, l’aspetto concettuale è, per una parte del pubblico, ininfluente ai fini dell’esame della somiglianza fra segni.

 

Tuttavia, per un’altra parte del pubblico rilevante, quale ad esempio quella di lingua italiana o inglese, mentre il termine “MAIMAI” segno impugnato sarà percepito come avente un significato, l’altro segno è privo di qualsiasi significato. Pertanto, poiché uno dei due segni non sarà associato ad alcun significato, i marchi in questione non sono concettualmente simili.

 

Dato che i segni sono stati rilevati essere simili in almeno un aspetto del confronto, l’esame del rischio di confusione procederà.

 

 

  1. d) Carattere distintivo del marchio anteriore

 

Il carattere distintivo del marchio anteriore è uno dei fattori di cui si deve tenere conto nella valutazione globale del rischio di confusione.

 

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà.

 

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso presente, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

 

 

  1. e) Valutazione globale, altri argomenti e conclusione

 

I prodotti coperti dai marchi in disputa sono stati presupposti essere identici nella loro totalità.

I marchi sono visivamente e foneticamente simili rispettivamente in ridotta misura e in media misura. Da un punto di vista concettuale, se per una parte del pubblico i marchi, e nella fattispecie il marchio anteriore e l’unico elemento distintivo del marchio impugnato, ovvero il termine “MAIMAI”, sono privi di significati, vi è pure una parte del pubblico rilevante che assocerà a quest’ultimo elemento del marchio impugnato un significato, e quindi sarà in possesso di un elemento, ovvero una differenziazione concettuale, in gradi di aumentare la loro distinguibilità.

 

Se infatti l’espressione “MADE IN ITALY”, per la sua mancanza di carattere distintivo, è da considerarsi incapace di svolgere alcun ruolo di una anche minima rilevanza nel marchio contestato, la Divisione d’Opposizione ritiene che le differenze tra il termine “YAMAMAY” e il termine “MAIMAI” siano comunque notevoli.

 

Dette differenze, che da un punto di vista fonetico sono in una qual certa misura minori, data l’identità fonetica tra le lettere “Y” ed “I”, sono al contrario dal punto di vista visivo assai chiare e nette. Ciò è dovuto non solo ai singoli elementi che le compongono, ma anche e soprattutto alla struttura dei marchi, all’ordine in cui detti elementi sono riprodotti nonché alla lunghezza complessiva dei termini “YAMAMAY” da un lato e “MAIMAI” dall’altro.

 

Per quanto riguarda i prodotti in questione, o almeno una parte di essi, ovvero quelli nella Classe 25, si deve poi tenere presente che in genere, nei negozi di abbigliamento, i clienti possono scegliere da soli i capi che desiderano acquistare oppure possono farsi assistere dal personale preposto alla vendita. Benché la comunicazione orale relativa al prodotto e al marchio non sia esclusa, la scelta del capo di abbigliamento avviene, generalmente, su base visiva. Pertanto, la percezione visiva dei marchi in questione interverrà, di norma, prima dell’atto di acquisto. L’aspetto visivo riveste, quindi, maggiore importanza nella valutazione globale del rischio di confusione (06/10/2004, T‑117/03 – T‑119/03 & T‑171/03, NL, EU:T:2004:293, § 50). Di conseguenza, le notevoli differenze visive esistenti tra i segni, dovute alla presenza di elementi diversi, assumono uno speciale rilievo nella valutazione del rischio di confusione e fanno da contraltare alle maggior somiglianze fonetiche.

 

Considerato quanto precede, anche qualora i prodotti fossero identici, non sussisterebbe alcun rischio di confusione da parte del pubblico. Pertanto, l’opposizione deve essere respinta.

 

Poiché l’opposizione è priva di fondamento ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, RMUE, non è necessario esaminare la prova dell’uso presentata dall’opponente.

 

 

SPESE

 

Ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 1, RMUE, la parte soccombente in un procedimento d’opposizione deve sopportare l’onere delle tasse e delle spese sostenute dall’altra parte.

 

Poiché l’opponente è la parte soccombente, deve farsi carico delle spese sostenute dal richiedente nel corso del procedimento.

 

Conformemente alla regola 94, paragrafi 3 e regola 94 paragrafo 7, lettera d), punto ii) REMUE, le spese da rimborsare al richiedente sono le spese di rappresentanza, fissate sulla base dell’importo massimo ivi stabilito.

 

 

 

 

La Divisione d’Opposizione

 

María ClaraIBÁÑEZ FIORILLO Andrea VALISA Michele M.BENEDETTI-ALOISI

 

Ai sensi dell’articolo 59 RMUE, ognuna delle parti di un procedimento conclusosi con una decisione può ricorrere contro questa decisione a condizione che quest’ultima non abbia accolto le sue richieste. Ai sensi dell’articolo 60 RMUE il ricorso deve essere presentato per iscritto all’Ufficio entro due mesi a decorrere dal giorno della notifica della decisione. È presentato nella lingua della procedura in cui è stata redatta la decisione impugnata. Inoltre deve essere presentata una memoria scritta con i motivi del ricorso entro quattro mesi da tale data. Il ricorso si considera presentato soltanto se la tassa di ricorso di 720 EUR è stata pagata.

 

L’importo fissato nell’atto di determinazione delle spese potrà essere rivisto solo su richiesta mediante decisione della Divisione d’Opposizione. Ai sensi della regola 94, paragrafo 4, REMUE, tale richiesta dovrà essere presentata entro un mese dalla data di notifica dell’atto di determinazione delle spese e si considererà presentata solo dietro pagamento della tassa per il riesame della determinazione delle spese di 100 EUR (Allegato I A paragrafo 33 RMUE).